di Vanessa Carletti
I rischi della dieta iperproteica "fai da te": di quante proteine abbiamo realmente bisogno?
Dalla pasta ai prodotti da forno, barrette, creme spalmabili, bevande… basta un veloce giro al supermercato per trovare sempre più prodotti arricchiti da proteine. Allora la domanda sorge spontanea: ma di quante proteine abbiamo bisogno? Cerchiamo di fare chiarezza. Per stare in salute, recuperare dall’allenamento, costruire massa muscolare, dimagrire, il “quante proteine assumere” è un punto fondamentale. Non l’unico, certo, perché contano anche altri fattori, ma è importante quanto la giusta quantità di carboidrati e grassi. Il fabbisogno proteico non è uguale per tutti, dipende da più fattori: età, composizione corporea, tipo di allenamento, stile di vita, stati particolari (ad esempio gravidanza o allattamento), obiettivi. Per tutti, però, la quantità proteica da assumere viene calcolata sul peso corporeo e deve rientrare all’interno del fabbisogno calorico giornaliero. I livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana (LARN) indicano 0.8g di proteine per ogni chilo di peso corporeo di una persona adulta, sia per gli uomini che per le donne. Questa quota, ovviamente, dovrà essere adattata alle esigenze di ognuno. Ma per un soggetto sano che fa una leggera attività fisica, come si traduce in una dieta quotidiana? In generale, prevedendo una fonte proteica a ogni pasto (colazione, pranzo e cena) il fabbisogno di proteine viene ampiamente soddisfatto. Bisogna considerare che le proteine si trovano anche in cereali e derivati e inserendo a ogni pasto anche questa categoria alimentare non si corre il rischio di avere un'alimentazione carente di proteine. Negli anni, però, la “demonizzazione” dei carboidrati e l’esaltazione delle proteine portata avanti da diversi protocolli dietetici, ha incrementato la percezione che un elevato apporto proteico aumenti automaticamente la massa e forza muscolare e favorisca la perdita di peso, portando a convincere un crescente numero di consumatori che una dieta iperproteica sia sana. La realtà, però, è un’altra. L’adozione di una dieta iperproteica “fai-da-te” soprattutto se seguita per diversi mesi, può infatti comportare seri effetti collaterali. Le proteine apportano le stesse calorie dei carboidrati, per cui, un eccesso di queste può determinare un eccessivo apporto di energia, con conseguente aumento di peso. Inoltre, quando le proteine sono in eccesso, devono essere “demolite”, e il prodotto di scarto che si genera viene eliminato attraverso l’urina. Se si eccede quindi con il consumo di proteine e non si assume abbastanza acqua, ci si può disidratare fortemente. Viene quindi da chiederci, sono davvero utili i prodotti proteici che tanto stanno spopolando sugli scaffali dei supermercati? Ricordiamo che si tratta di alimenti ultra-processati, che possiedono una lista di ingredienti lunghissima dove ritroviamo edulcoranti, addensanti e coloranti. Inoltre, la porzione standard suggerita dalla maggior parte di questi prodotti non apporta molte più proteine rispetto alla sua versione classica. Cosa farne quindi di tutti questi prodotti? È giusto o meno consumarli? Come sempre, non bisogna mai demonizzare un prodotto preso singolarmente. L’utilizzo occasionale di un budino proteico o di una crema spalmabile proteica per variare la nostra alimentazione è più che concesso, ricordiamo però di preferire sempre prodotti più semplici possibili.
La dieta chetogenica fa male? Che cos'è, come funziona e quando seguirla
Tra le diete più chiacchierate in circolazione c’è sicuramente la dieta chetogenica. Esaltata da alcuni come mezzo efficacissimo per il dimagrimento, demonizzata da altri per i rischi che le si attribuiscono, è in realtà uno strumento importante in una vasta gamma di situazioni; un regime alimentare particolare, sicuramente, che va utilizzato con le dovute precauzioni, ma che può garantire risultati rilevanti dove altri metodi spesso falliscono. Partiamo dal definire la dieta chetogenica: è importante premettere che non si tratta di una dieta iperproteica, ma di un regime alimentare che riduce in modo drastico i carboidrati (pochi grammi al giorno), aumenta di contro i grassi e mantiene l’apporto proteico in linea con le principali linee guida nutrizionali. Lo scopo principale di questo sbilanciamento delle proporzioni dei macronutrienti è costringere l’organismo a utilizzare i grassi come fonte di energia. I meccanismi fisiologici attivati in questa situazione riducono l’eventuale uso di proteine a scopo energetico, proteggendo la massa magra e riducendo in maniera notevole la sensazione di fame, rendendo quindi la dieta più facile da seguire. Il suo primo utilizzo risale agli anni '20, dove venne impiegata per controllare l’epilessia non trattabile con i farmaci. Negli ultimi anni si è visto un crescente interesse nei confronti di questo regime alimentare, non solo per il trattamento dell’epilessia, ma anche di altre patologie come obesità, alcune forme tumorali, diabete di tipo 2, sindrome metabolica e sindrome dell’ovaio policistico. Il termine “chetogenica” deriva dal fatto che l’assenza di carboidrati induce la produzione di corpi chetonici (che verranno utilizzati come energia) e l’insorgenza dello stato di chetosi. Questa chetosi indotta si rivela un processo fisiologico e non patologico, come succede nel diabete di tipo 1. Proprio per la capacità indurre uno stato di chetosi, la dieta chetogenica offre sicuramente dei vantaggi rilevanti nel campo del dimagrimento: per la rapidità dei risultati che accresce notevolmente la compliance, per la riduzione della sensazione di fame, per l’effetto di risparmio sul tessuto muscolare e per la maggior aderenza al piano alimentare che risulta in genere molto facile da seguire. Di contro, presenta sicuramente degli svantaggi, ovvero la sensazione di affaticamento che si avverte soprattutto nei primi giorni, la mancanza di un “pasto libero” e, se protratta nel tempo, il rischio che diventi monotona. Inoltre, si rivela controindicata in una serie di condizioni come gravidanza e allattamento, insufficienza renale, diabete di tipo 1 e disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. In conclusione, la dieta chetogenica non è pericolosa, purché si eviti il “fai da te” e ci si faccia seguire da un professionista della nutrizione. Lo stesso professionista dovrà accompagnare il paziente anche in una seconda fase di percorso, caratterizzata da una reintroduzione graduale (sì, perché la chetogenica non è una dieta a vita!) delle principali fonti di carboidrati in un organismo non più abituato, evitando così la possibilità di riacquisire il peso perso.
Dalla zucca allo yogurt, i cibi che rafforzano il nostro sistema immunitario: ecco quali sono
I ripetuti sbalzi di temperatura e le continue alternanze meteorologiche, tipici di questo periodo, mettono a dura prova il nostro organismo, a partire dal sistema immunitario. Non a caso, raffreddore, mal di gola e stati febbrili sono all'ordine del giorno. Cosa si può fare, quindi, per alzare le nostre difese? Quali sono i cibi “amici” che possono rafforzare il sistema immunitario? La prima indicazione è quella di seguire una dieta varia ed equilibrata, rispettosa della stagionalità, arricchita da frutta e verdura che apportano naturalmente vitamine e sali minerali. Quando si scelgono prodotti di stagione, infatti, la concentrazione di questi micronutrienti è maggiore. Molte delle vitamine e dei minerali presenti negli alimenti si comportano come antiossidanti, ovvero ci proteggono dallo stress ossidativo, neutralizzando i radicali liberi che danneggiano le cellule. Tra questi, la più celebre è sicuramente la vitamina C, presente principalmente negli agrumi, e nei kiwi, nei peperoni, pomodori, spinaci e cavoli. Non è un caso, infatti, che troviamo la maggior parte di questi alimenti proprio nel periodo invernale. Un altro potentissimo antiossidante è la vitamina A, che deriva dal beta-carotene, contenuto nella frutta e nella verdura di colore giallo/arancio e nelle verdure a foglia verde. Come non pensare subito alla zucca, tipica della stagione autunnale? Per completare la triade, non può mancare la vitamina E. Ne sono ricchi gli oli vegetali (tra cui l'olio extravergine di oliva), avocado e frutta secca. Accanto alle vitamine ci sono altri alleati utili a mantenere il sistema immunitario efficiente e pronto a reagire alle “aggressioni” esterne, come il glutatione (prodotto dal nostro organismo, ma presente anche in alcuni vegetali, tra cui l'asparago, l'avocado e gli spinaci), lo zinco e il selenio (metalli importanti per la loro attività antiossidante, presenti nel pesce, nel pollame, nei cereali e nei legumi). Delle difese immunitarie forti, però, passano anche da un intestino sano: è nota da tempo, infatti, la relazione tra l'efficacia della risposta immunitaria e lo stato di salute del microbiota intestinale. Per mantenere in equilibrio l'intestino è importante assumere regolarmente alimenti ricchi di probiotici (microorganismi, soprattutto batteri, viventi e attivi), come yogurt, kefir, tempeh e crauti. Questi probiotici, per vivere e proliferare, hanno bisogno di un corretto nutrimento: le fibre non digeribili presenti nei cereali integrali, nei legumi e nei vegetali sono le loro favorite. Non dimentichiamo l’acqua! Fa bene nelle giornate fredde o quando si è particolarmente stanchi anche il tè verde, ricco di antiossidanti. A tavola, invece, è di tutto rispetto il vecchio rimedio della nonna: un buon brodo. Se è sufficientemente caldo, crea vasodilatazione ed è quindi benefico per le vie aeree superiori irritate, creando un effetto fluidificante.
Dal peperoncino allo zafferano: le spezie non aumentano solo il gusto, ma anche la salute
Le spezie possono essere un grande alleato della nostra alimentazione. Oltre ad aiutare a dare quel tocco in più in cucina, molte contengono anche nutrienti dalle grandi proprietà benefiche, in grado di rafforzare il nostro sistema immunitario e migliorare i livelli di colesterolo e zuccheri. Ma facciamo un passo indietro. Sini dall’antichità, le spezie erano considerate sostanze preziose per le proprietà curative, per la capacità di prolungare la conservazione dei cibi e hanno trovato impiego in cucina, in medicina e nella cosmesi. Le loro proprietà aromatiche e terapeutiche si devono a particolari composti chimici presenti. Ad esempio, le proprietà anticancerogene, antiinfiammatorie e antiossidanti della curcuma sono da attribuire alla curcumina. Questa però risulta poco assorbibile dal nostro organismo, ma la sua disponibilità aumenta in presenza di piperina, contenuta nel pepe. Ci avevano visto lungo i popoli indiani che decisero di unirle nel curry! Un’altra spezia che arriva da lontano ma viene ampiamente utilizzata nelle cucine di tutto il mondo è la cannella. Se da una parte estimatori e pasticceri vogliono apprezzarne le qualità organolettiche, dall’altra gli scienziati sono interessati a scoprire le proprietà benefiche della spezia che non sembrano mancare. Numerosi studi, infatti, hanno evidenziato effetti antimicrobici, antinfiammatori, antiossidanti e capacità nel controllare i livelli di glicemia, rivelandosi un piacevole alleato nel trattamento del diabete di tipo 2. Dal Messico alla Calabria, ormai ci sembra incredibile immaginare il nostro mondo senza peperoncino piccante. In questa pianta troviamo la capsaicina: molecola responsabile della sensazione di fiamme all’interno della bocca. Oltre a determinare il piccante del peperoncino, però, la capsaicina svolge importanti funzioni sulla nostra salute. Il piccante, secondo alcune evidenze, può giocare un ruolo nella prevenzione cardiovascolare, limitando l’azione degli enzimi coinvolti nella digestione dei grassi. Un ulteriore alleato nella prevenzione cardiovascolare è lo zafferano, dove i carotenoidi presenti, che hanno attività antiossidante, migliorano il rapporto tra LDL (il cosiddetto colesterolo “cattivo”) e HDL, ovvero la frazione “buona”. Utilizzare le spezie in cucina, quindi, non solo dona colore e sapidità ai piatti (riducendo così il consumo di sale a tavola), ma arricchisce la nostra alimentazione di innumerevoli benefici.
Nutri-menti: come nutrirsi per studiare al meglio
Settembre è il momento in cui tutto riparte: il lavoro, lo sport, ma soprattutto la scuola! Riprendere lo studio dopo i mesi di vacanza può essere complicato; quindi, come rendere di più e essere maggiormente concentrati sui banchi di scuola grazie a ciò che si mangia? L’obiettivo di ogni studente, a prescindere dal grado di istruzione in cui si trova, è ottenere buoni risultati nello studio. Mangiare sano, seguendo una dieta equilibrata, è il presupposto fondamentale per stare bene fisicamente, ma anche per le funzioni e le prestazioni mentali. Partiamo sfatando un mito: studiando non consumiamo più energie di quante ne consumiamo leggendo un libro o guardando un film. Ciò significa che non dobbiamo mangiare più del nostro fabbisogno per garantire un corretto apprendimento, ma offrire il giusto apporto di energia e nutrienti è la base per poter affrontare sessioni di studio lunghe e intense. Per fornire energia costante, è bene scegliere fonti di carboidrati ricchi di fibra, minerali e vitamine, a partire dalla colazione. Aggiungere cereali o pane integrale e frutta, riducendo il consumo di merendine e biscotti, è il primo passo per costruire un pasto più bilanciato. A questi, per completare il piatto, si possono aggiungere yogurt, latte, frutta secca o uova, ricche di colina, che può svolgere un ruolo di rafforzamento della mente. Non solo la colazione ha un ruolo fondamentale, ma anche lo spuntino di metà mattina. Ricordiamo che lo spuntino dovrebbe fornire solo una piccola parte del fabbisogno giornaliero, il giusto per mantenere l’attenzione e le energie. Uno spuntino troppo abbondante, come un panino o una pizza, può portare sonnolenza! Anche in questo caso, con la frutta non si sbaglia mai, meglio ancora se accompagnata da frutta secca oleosa come le noci, ricche di grassi omega-3 per la salute cognitiva. Nel pomeriggio, invece, quando la sessione di studio si sposta a casa, evitiamo di tenere accanto buste o intere confezioni di biscotti o patatine da spizzicare in continuazione. Prendiamoci invece il tempo per una pausa e una merenda equilibrata: del pane tostato con olio o un quadratino di cioccolato fondente, dove i flavonoli presenti sembrerebbero migliorare la memoria. Ultimo, ma non per importanza, l’ingrediente fondamentale per un buono studio: il riposo. Il sonno, infatti, ha un ruolo essenziale per l’apprendimento, non solo per la memoria in generale. Dormire, dunque, è importante, e farlo bene lo è ancora di più.
Come conservare il cibo in frigo: la sicurezza alimentare dipende da noi
La giusta conservazione degli alimenti non va sottovalutata perché, dal momento dell’acquisto, la sicurezza alimentare dipende da noi. Ma perché la corretta gestione degli alimenti è così decisiva? Prima di tutto per la nostra salute: un alimento acquistato e trasportato fino a casa come si deve e poi ben manipolato e conservato ci mette al riparo da possibili malattie trasmesse dagli alimenti; inoltre, permette di mantenere le proprietà organolettiche dei cibi (sapore, odore, aspetto, consistenza) e di preservarne le caratteristiche nutrizionali. Per aumentare la sicurezza alimentare è indispensabile innanzitutto partire da una buona scelta delle materie prime durante l’acquisto e assicurare la giusta temperatura di conservazione fino a casa, garantendo il mantenimento della "catena del freddo" se il prodotto è refrigerato o surgelato (soprattutto in estate!). Ricordiamo che le temperature fredde non uccidono i microrganismi, ma ne bloccano la crescita; pertanto, è necessario portare a casa al più presto gli alimenti acquistati e metterli subito in frigorifero o eventualmente nel congelatore. Nel frigorifero la temperatura non è mai costante su tutti i ripiani, è importante quindi conoscere la giusta modalità di disposizione degli alimenti. In alto, dove la temperatura è leggermente più alta, andranno riposti uova, dolci, formaggi e latticini. In basso, sopra i cassetti della frutta e della verdura, è il punto più freddo. Qui andranno conservati gli alimenti più facilmente deperibili: carne, pesce e tutti i cibi crudi, evitando il contatto diretto tra questi per eventuali contaminazioni. Come comportarsi invece con prodotti surgelati? È fondamentale non scongelare gli alimenti a temperatura ambiente (per non favorire la crescita batterica), ma riporli in frigorifero fino a quando non saranno scongelati. Una volta decongelati, gli alimenti non possono essere ricongelati, ma devono essere consumati al più presto (sia per il rischio di deterioramento microbico, sia per l'impoverimento nutrizionale). Gestire al meglio gli alimenti non protegge solo la nostra salute ma anche il nostro portafoglio! Infatti, la corretta conservazione dei cibi ci permetterà di ridurre notevolmente gli sprechi. È consigliabile, perciò, leggere sempre la data di scadenza o il termine minimo di conservazione in etichetta, controllare il frigo e la dispensa prima fare la lista di cosa comprare e poi riporre gli alimenti acquistati più di recente dietro quelli già presenti nel frigorifero e consumare per primi questi (First-In-First-Out, cioè “primo dentro primo fuori”).
Guardare lo smartphone mentre si mangia: che effetti ha sul peso la distrazione a tavola?
Grazie a smartphone, computer e televisore, siamo costantemente connessi con il mondo esterno e molto spesso questo comportamento accompagna anche il momento dei pasti. Non è un caso, infatti, che negli ultimi 50 anni il tasso di sovrappeso e obesità sia quasi triplicato. Questo problema è stato in parte attribuito all’ambiente alimentare "obesogeno", che offre un’enorme varietà di cibi appetibili, densi di energia e facilmente fruibili, ma anche agli stili di vita delle persone che sono cambiati notevolmente negli ultimi decenni, portandoci sempre di più a diventare multitasking, soprattutto con i dispositivi elettronici. Ecco quindi che, mentre consumiamo un pasto, ascoltiamo il notiziario alla televisione, concludiamo un lavoro al PC o scrolliamo le pagine social dallo smartphone. Ma che effetto hanno questi atteggiamenti sul nostro modo di mangiare e sulla nostra salute? Il fatto di non essere concentrati sul pasto fa sì che i meccanismi di regolazione dell’appetito siano meno precisi: se impegniamo il cervello in altre cose, inevitabilmente non potrà concentrarsi correttamente su ciò che stiamo consumando, dandoci così l’impressione di non aver fatto un pasto adeguato e soddisfacente. Questo succede alle persone di ogni fascia di età: grandi e bambini, soprattutto quando distratte da tv, videogiochi, computer, smartphone o tablet. Questo modo di mangiare, che potremmo definire "mindless eating", porta a un’attenuazione della percezione del gusto e a consumare più cibo rispetto alle nostre reali necessità. Sugli stessi presupposti, però, si basa anche una soluzione: la "mindful eating". Questa pratica è incentrata sull’aumento della consapevolezza durante l’alimentazione e consiste nel prestare attenzione, con intenzione e in modo non giudicante, al momento presente. Inoltre, ci aiuta a diventare consapevoli dei nostri pensieri e delle sensazioni fisiche legate al nutrirsi, riconnettendoci alla nostra innata saggezza riguardo alla percezione di fame e di sazietà. Consumare i pasti prestando attenzione all’atto del mangiare e ai bisogni del proprio corpo, quindi, potrebbe essere una valida strategia per la prevenzione e il trattamento del sovrappeso.
Esiste davvero un’alimentazione specifica per il benessere della tiroide?
In Italia sono circa 6 milioni le persone affette da problemi alla tiroide, ghiandola dalla particolare forma a farfalla situata alla base del collo. Gli ormoni prodotti dalla tiroide (tiroxina e triiodotironina), sono coinvolti in numerose dinamiche essenziali, regolando i processi fisiologici per il mantenimento della salute e del benessere. Tra questi, spiccano le funzioni metaboliche, necessarie a adeguare il nostro corpo alle necessità energetiche. Negli ultimi anni, l’attenzione per questa importante ghiandola si è ampliata e con lei le notizie che circolano, e il rischio di incappare in informazioni scorrette, o vere e proprie fake news, è alto. Si parla infatti di “dieta della tiroide”, benefici dall’esclusione di particolari alimenti… Ma c’è davvero un fondamento scientifico? Iniziamo a precisare che non esiste una dieta specifica per la tiroide, ma ci sono nutrienti (quali iodio, selenio, ferro, zinco, rame, magnesio, vitamina A e vitamina B12) che influenzano la sintesi e la regolazione degli ormoni tiroidei durante tutta la vita. Lo iodio è sicuramente il primo elemento a cui pensiamo quando si parla di tiroide. Questo micronutriente è essenziale per il corretto funzionamento della ghiandola, lo possiamo assumere in quantità adeguate consumando (moderatamente!) sale iodato, pesce e frutti di mare. Per i soggetti affetti da ipertiroidismo invece il suo consumo dovrebbe essere controllato: sarebbe meglio utilizzare sale marino non iodato, mentre tutti gli altri alimenti, compresi pesci e frutti di mare, possono far parte della dieta. D’altra parte, invece, vengono spesso demonizzati soia, glutine e l’intera famiglia delle crucifere (composta da cavoli, broccoli, cavolfiori, cavolini di Bruxelles e compagnia), soprattutto in chi soffre di ipotiroidismo o tiroidite autoimmune. Perché questo accanimento? Soia e crucifere vengono accusate di interferire con l’assorbimento dello iodio, mentre il glutine viene erroneamente associato a un aumento dei livelli di infiammazione nel corpo. In realtà, si tratta di informazioni prive di fondamento scientifico, che finiscono per tradursi in vane restrizioni a tavola. Le uniche informazioni disponibili riguardano i cavoli, anche se le quantità che hanno dimostrato di rallentare la funzione tiroidea sono di circa un chilo e mezzo al giorno, mangiato crudo ogni giorno per parecchi mesi! Si tratta ovviamente di casi limite, evitabili seguendo una dieta varia, mai monotona. E se proprio vogliamo stare tranquilli, possiamo cuocere questi ortaggi per inattivare i glucosinolati, riducendo così la capacità di interferire con la sintesi di ormoni tiroidei. Al massimo, in caso di specifiche disfunzioni tiroidee, occorre seguire scrupolosamente la terapia indicata dall’endocrinologo, mai fare di testa propria e ricordare che si può mangiare di tutto. In linea generale vale sempre la regola del buon senso: una dieta varia, sana e bilanciata fa bene alla nostra salute, tiroide inclusa.
Che cosa mangiare in vacanza? Ecco qualche consiglio di viaggio
Le vacanze sono un momento di relax e divertimento, un’occasione per staccare la spina dalla routine quotidiana. Ma le buone abitudini non devono essere abbandonate! Ecco qualche consiglio per portarle in viaggio con noi. Dobbiamo però fare una doverosa premessa: non sarà una settimana di svago a compromettere la nostra salute, poiché un sano stile di vita deve accompagnarci tutto l’anno, e questo non è possibile senza la convivialità e la scoperta di nuovi sapori che caratterizzano proprio il concetto di vacanza. Inoltre, seguire una dieta troppo rigida a casa, privandosi di tutto ciò che ci piace, aumenta il rischio di esagerare nelle occasioni fuori dalla routine, con conseguente aumento del peso e difficoltà a tornare a seguire lo schema. È importante quindi conoscere e abbracciare l’arte del compromesso e dell’equilibrio. Detto questo, vediamo insieme come gestire l’alimentazione durante le vacanze fuori porta. Innanzitutto, non saltare i pasti per "risparmiare" calorie, perché spesso porta a mangiare troppo. È importante mantenere il più possibile orari regolari per gestire al meglio la fame, iniziando proprio dalla colazione! Anche al buffet, creiamo una colazione completa e variamo le nostre scelte con opzioni dolci e salate. Non dimentichiamoci della frutta, perfetta da consumare come snack tra un pasto e l’altro, e della verdura, per accompagnare i nostri pasti. Durante le vacanze poi è normale voler provare cibi tipici della destinazione o concedersi qualche vizio. Tuttavia, possiamo fare scelte consapevoli, optando per piatti leggeri a base di verdure, pesce o carni magre, e in generale cercando di non esagerare con le porzioni. Se si viaggia in compagnia, possiamo sempre condividere le pietanze. In questo modo, si può assaggiare una varietà di piatti senza eccedere. E lo sport? Anche in vacanza l’attività fisica non va trascurata. Ecco, quindi, che possiamo sfruttare l’opportunità per esplorare la destinazione a piedi o in bicicletta, partecipare a escursioni, nuotare e, perché no, ballare! Inoltre, non dimentichiamo l’idratazione. Portiamo sempre con noi una bottiglia d’acqua. Si può anche variare con tisane fredde senza zucchero, acqua aromatizzata con fette di limone, erbe aromatiche o acqua di cocco, che è ricca di minerali. E a proposito di bevande, specialmente quelle alcoliche, è importante bere in modo responsabile: non più di uno o due calici a pasto, evitando invece cocktail e superalcolici. Ultimo, ma non per importanza: ritornare alla normalità gradualmente. Dopo le vacanze, è importante riprendere la routine alimentare passo dopo passo. Evitiamo quindi approcci estremi come diete drastiche o digiuni per compensare gli eccessi delle vacanze.
Vitamina D: a cosa serve e dove trovare la "vitamina del sole"
«Fare scorta di vitamina D» è un invito che torna ogni estate, ma perché questa vitamina “del sole” è così importante e cos'è che la rende unica? Prima di tutto, la vitamina D è una vitamina liposolubile (vale a dire che si scioglie nei grassi), e questa caratteristica ci permette di immagazzinare delle vere e proprie riserve all’interno del nostro organismo. Chiamarla vitamina, però, è riduttivo: infatti si tratta di un vero e proprio ormone! Vediamo perché. Non tutti sanno che la vitamina D è coinvolta nel funzionamento del sistema immunitario, di quello endocrino e dell’apparato cardiovascolare, ma non solo: è anche essenziale nella regolazione dell’assorbimento di calcio e fosforo e di conseguenza nel processo di ossificazione. Tra i ruoli per cui è più riconosciuta, infatti, troviamo ai primi posti la salute ossea, poiché la vitamina D contribuisce alla fissazione del calcio rendendo le ossa più robuste e preservandole dalle fratture. Mantenere i suoi livelli al di sopra della soglia minima, quindi, diventa particolarmente importante in età matura e in menopausa, anche se evidenze recenti mostrano che la densità ossea ottimale si costruisce durante l’arco dell’intera vita, anche attraverso l’esercizio fisico, per cui il ricorso agli integratori resta un argomento controverso. La differenza principale tra la vitamina D e le altre emerge però quando si pensa alla fonte primaria della molecola. Infatti, il 90% circa del fabbisogno di questo composto si ottiene grazie all’esposizione al sole, mentre solo una percentuale nettamente inferiore proviene dall’alimentazione. Tuttavia, oltre ai cibi arricchiti a livello industriale, come molti cereali per la prima colazione, possiamo trovarla in alimenti come i pesci grassi (per esempio il salmone, lo sgombro e l’aringa), il fegato e il tuorlo d’uovo. In ogni caso, che sia prodotta nella pelle o introdotta con la dieta e assorbita nell’intestino, la vitamina D deve essere trasportata al fegato per essere attivata e svolgere tutte le sue funzioni. Purtroppo, il 70% degli italiani è sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente, con conseguente rischio di osteoporosi. Quindi, esponiamoci regolarmente al sole (sia pure con le dovute cautele!) perché è l’unico modo per garantire all'organismo il quantitativo di vitamina D necessario per mantenere in salute le ossa e l'intero organismo anche in inverno, quando il sole latita e le "scorte" che abbiamo immagazzinato si rivelano ancora più preziose.
Il sale: "Meno è meglio"
Per tenere a bada la pressione alta e ridurre il rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari, insieme al controllo del peso corporeo e allo svolgimento regolare di attività fisica, ridurre il consumo di sale è sicuramente una delle raccomandazioni più importanti. Secondo la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) è bene non superare i 2g di sodio al giorno, vale a dire circa un cucchiaino di sale da cucina (meglio se iodato per prevenire la carenza iodica e mantenere la salute della tiroide), tra quelli naturalmente presenti negli alimenti e quelli discrezionalmente aggiunti. Un buon compromesso tra soddisfazione del gusto e prevenzione dei rischi! Ma partiamo da una semplice domanda: abbiamo bisogno del sale? In condizioni di salute la quantità di sodio che dovremmo reintegrare con la dieta è bassissima. Pertanto, non abbiamo nessuna necessità di aggiungere sale ai cibi in quanto il sodio, già contenuto in natura negli alimenti, è sufficiente a coprire le necessità dell’organismo. In condizioni di estrema sudorazione però, i fabbisogni di questo minerale possono aumentare a causa delle maggiori perdite. Un consumo abbondante di sale, spesso presente tra le tavole degli italiani, favorisce l’instaurarsi dell’ipertensione arteriosa, un fattore di rischio importantissimo per molte malattie del cuore. Niente paura però, ridurre la quantità di sale è possibile e anche facile, soprattutto se la riduzione avviene gradualmente! Infatti, il nostro palato è molto versatile, ed è quindi possibile rieducarlo gradatamente a cibi meno salati. Bastano poche settimane per adattarsi a sapori meno sapidi e apprezzare appieno nuovi gusti. I consigli sono pochi ma efficaci: scolare e sciacquare verdure e fagioli in scatola e mangiare più frutta e verdure fresche; usare erbe, spezie, aglio e limone per aggiungere sapore ai tuoi piatti; non portare il sale a tavola in modo da non aggiungerne ulteriormente; controllare le etichette dei prodotti alimentari per scegliere quelli a minor contenuto di sale. È il caso di dire quindi che è proprio “cum grano salis” che dovremmo utilizzare il sale in cucina.
"Buon vino fa buon sangue", è vero?
Tutti sappiamo che "alzare il gomito" è un’abitudine dannosa per la salute. D'altro canto, concedersi qualche bicchiere di vino o qualche birra è invece un comportamento che non viene generalmente percepito come pericoloso per la salute, anzi: da qui il famoso detto “buon vino fa buon sangue”. Ma sarà vero? Le bevande alcoliche, soprattutto il vino e la birra, godono di grande popolarità nel nostro Paese e il loro consumo è parte integrante della cultura e della tradizione italiana. Se da una parte, però, un moderato consumo di alcol, in particolare di vino rosso, è stato associato a una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, dall’altro è stato osservato che un suo consumo (a qualsiasi livello, compreso quello morigerato) può anche causare gravi problemi alla salute ed aumentare il rischio di contrarre patologie importanti come il cancro. L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), infatti, classificava l'alcool come agente cancerogeno già nel 1988. Attenzione, però: ciò non significa che se si consuma alcol ci si ammalerà sicuramente di tumore! In ogni caso, la possibilità di sviluppare patologie oncologiche non è la prima preoccupazione da nutrire: nel breve periodo, infatti, il consumo di alcol può portare a infiammazioni e cirrosi che riducono la capacità del fegato di svolgere le proprie funzioni essenziali per il metabolismo. Concedersi con generosità bevande alcoliche, inoltre, pregiudica la corretta attività del sistema immunitario e può avere effetti sul sistema cardiocircolatorio, senza dimenticare che l’alcol è una sostanza tossica anche per il sistema nervoso centrale. A questo proposito, gli studi scientifici sul tema sembrerebbero suggerire che l’effetto dell’alcol sul cuore e sui vasi sanguigni e il rischio di ictus e infarto sono maggiori in chi non beve regolarmente rispetto a chi è abituato a consumare quantità modeste di alcol. Via via però che la quantità di alcol assunta aumenta, il rischio diventerebbe poi sempre più elevato.
Caffè, molto più di una bevanda: non oltre le cinque tazzine al giorno i benefici sono svariati
Caffè, per alcuni l'inizio della giornata, per altri una scusa per vedersi e per altri ancora una pausa e un momento di tranquillità da tutto. Il caffè non è solo una bevanda, ma ha anche un forte valore culturale e sociale, fino a diventare un vero e proprio rito, il “rito del caffè”, un momento immancabile nel corso della giornata per milioni di persone, non solo per gustare la bevanda in sé, ma per l’opportunità che esso offre di dare vita a momenti di socialità e condivisione. Negli anni però il caffè è stato anche oggetto di molti studi. Diversi sono i risultati ottenuti, accomunati da una conclusione: se non si va oltre il limite di quattro o cinque tazzine al giorno, i benefici per l'organismo sono svariati. Ricco di antiossidanti, oltre che in grado di stimolare il sistema nervoso centrale, il caffè può essere consumato in sicurezza fino a cinque tazzine al giorno (due invece per le donne incinte o in fase di allattamento). Con queste quantità, infatti, possiamo beneficiare delle proprietà di questa molecola, senza superare il limite di caffeina ritenuto sicuro per gli adulti sani sulla base delle evidenze disponibili. Non è un caso che usiamo il caffè come una “ricarica” durante la giornata: la caffeina è in grado di ridurre l'affaticamento, aumentare la vigilanza e accorciare i tempi di reazione. Proprietà note a tutti, ma soprattutto a chi è abituato a svolgere lavori lunghi e routinari. Attenzione però, non si può pensare che un elevato consumo di caffeina possa sostituire le necessarie ore di sonno. Quante volte avete sentito dire che il caffè alza la pressione? Se è vero che nel breve periodo può farne aumentare i livelli, mantenendo i consumi regolari, però, nel tempo l'organismo sviluppa una forma di tolleranza che pone i consumatori più assidui al riparo dal rischio di sviluppare l'ipertensione a causa del caffè. Il caffè non sembra quindi aumentare il rischio di ammalarsi di patologie cardiovascolari, tutt’altro! Il suo consumo moderato sembra proteggerci da malattie croniche, come il diabete di tipo 2, la cui incidenza sarebbe sfavorita da una serie di effetti indotti dalla caffeina: dalla riduzione dell'appetito e dell'apporto energetico alla conseguente gestione del peso corporeo. D’altra parte, un caffè preso un’ora prima dell’attività fisica sembrerebbe aumentare la performance sportiva migliorando la concentrazione e promuovendo la produzione di energia. Il caffè è senza dubbio una delle bevande più amate e consumate al mondo: espresso, americano, caldo, freddo… Ma qual è il modo migliore per consumarlo? Sicuramente senza zuccheri. Nelle giuste dosi e rispettando le esigenze di ognuno, soprattutto all'interno di una dieta Mediterranea, il caffè sembra avere un notevole effetto positivo sulla nostra salute… e sulle nostre giornate.
L'estate in tavola: cosa scegliere per affrontare il caldo
Con l’arrivo dell’estate le giornate diventano più lunghe, le temperature aumentano sensibilmente, si suda di più e quindi si perdono tanti sali minerali, guadagnando maggiore stanchezza e spossatezza. Pensiamoci, non è certo il momento giusto per darsi regole rigide o sottoporsi a regimi alimentari restrittivi! Ma è senz’altro una buona occasione per migliorare la propria alimentazione, mantenersi in forma e far fronte al tempo stesso alle alte temperature tipicamente estive. La parola d’ordine è “idratazione”! Con l’aumento della sudorazione dovuta al caldo sempre più estremo perdiamo più liquidi, aumentando il rischio di disidratazione. Durante la giornata è sempre bene preferire acqua - almeno dieci bicchieri al giorno, anche più se si fa sport - o infusi freddi. Evitare bevande zuccherate e birra per rinfrescarsi. Una bibita dissetante può essere una semplice acqua frizzante con succo di limone e foglie di menta. I ritmi delle giornate estive, soprattutto in vacanza, spesso si discostano da quelli della routine del resto dell’anno: si va a dormire più tardi e conseguentemente ci si sveglia ancora più tardi, dimenticandosi della colazione o optando per una al bar. Cosa mettere allora a tavola nelle prime ore della giornata? Un vasetto di yogurt al naturale, un pugno di cereali integrali e la frutta fresca tagliata al suo interno sono nella maggior parte dei casi la scelta ottimale. E a propositivo di frutta, non dimentichiamoci le famose cinque porzioni di frutta e verdura nella giornata! Proprio durante la stagione estiva la natura ci mette a disposizione una vasta gamma coloratissima di frutta e verdura, come ad accontentare i gusti di tutti e avvertirci della loro importanza. Infatti, quando sudiamo non perdiamo solo acqua, ma anche sali minerali e vitamine idrosolubili: per questo d’estate ci sentiamo maggiormente stanchi e spossati. La frutta e la verdura fresca sono ricchissime di acqua, sali minerali e vitamine: dei veri e propri integratori! Pertanto, è bene farne una bella scorta per reintrodurre i micronutrienti persi con il sudore e affrontare al meglio le giornate più calde. Attenzione però a non esagerare: il fruttosio (contenuto nella frutta) se assunto in dosi elevate può causare gonfiore e disturbi intestinali. E le proteine? È bene preferire pesce di stagione, come l’orata, la sogliola, la spigola e la sardina, e carni bianche. Evitare di consumare spesso formaggi e affettati: anche se pratici sono ricchi di grassi saturi e sale. Non dimentichiamo i legumi: possiamo optare per dei legumi già pronti in barattolo di vetro, che possono essere aggiunti alle insalate per creare dei piatti freschi e veloci. Anche i carboidrati non vanno abbandonati, altrimenti l’organismo andrà a utilizzare altre riserve energetiche del corpo, aumentando ancor di più la stanchezza e la spossatezza. E il gelato? Sì ma con moderazione. Un piccolo gelato ogni tanto può diventare una merenda, meglio ancora se accompagnato da una bella passeggiata, o abbinato ad una macedonia per un gustoso fine pasto.
Zucchero: quand'è che diventa "Troppo"?
Il nostro organismo è una macchina complessa e perfetta, e come tutte le macchine ha bisogno del suo carburante. Questo ruolo è svolto dagli zuccheri: sì, proprio gli stessi vengono additati come negativi e dannosi! Ma andiamo per gradi. Le cellule del nostro organismo utilizzano il glucosio come fonte di energia. In particolare, sono le cellule del cervello, del sistema nervoso e quelle dei muscoli a dipendere principalmente dal glucosio per svolgere le loro funzioni. Il metabolismo di questo zucchero, che può essere assunto con l’alimentazione o ricavato attraverso i processi metabolici nel nostro corpo, viene finemente regolato per evitare che le cellule rimangano senza. Ma cosa succede quando gli zuccheri introdotti con la dieta sono in eccesso e non vengono utilizzati per produrre energia? In assenza di un consumo adeguato, gli zuccheri extra vengono immagazzinati come riserve energetiche, ovvero sotto forma di grassi. Un eccesso di glucosio può quindi aumentare i depositi adiposi nell'organismo, sia come grasso sottocutaneo sia come grasso viscerale (ovvero il grasso localizzato intorno al cuore e nell'addome), quest’ultimo estremamente dannoso per la salute perché associato a un maggior rischio di malattie cardiovascolari e di diabete. Come fare quindi per limitare gli zuccheri nella dieta? Bere acqua invece di bibite zuccherate, per esempio, ma anche scegliere snack salutari al posto dei dolciumi e non dimenticare di leggere le etichette per sapere cosa si sta comprando, prestando attenzione a tutti i nomi dietro cui si “celano” gli zuccheri. Qualche esempio? Sciroppo di glucosio, fruttosio, saccarosio, maltosio. Ma come facciamo a capire quanto zucchero assumiamo e quanto ne dovremmo assumere? Prima di tutto è importante distinguere i diversi alimenti che contengono zuccheri. Molti dei cibi che consumiamo regolarmente infatti, come la frutta e il latte, ne contengono naturalmente in combinazione con altri nutrienti importanti come vitamine, fibra, sali minerali e proteine. Questi alimenti coprono circa la metà del totale degli zuccheri che assumiamo con la nostra dieta. Oltre a questi, però, ci sono cibi che invece sono composti prevalentemente da zucchero, come i dolciumi, le caramelle, la cioccolata, le bevande zuccherate. Se decidiamo di ridurre il totale degli zuccheri che ingeriamo, quindi, è bene iniziare a considerare questa seconda categoria di alimenti come una golosità da concedersi occasionalmente, oltre naturalmente a ridurre lo zucchero che utilizziamo in cucina o che aggiungiamo al caffè. Parliamo di dosi: l'Organizzazione mondiale della sanità consiglia di non superare 25 grammi di zucchero aggiunto (5 cucchiaini circa) al giorno, che corrispondono al 5% dell'energia totale di una dieta equilibrata da 2.000 Kcal, sia per mantenere la salute dei denti che per il controllo del peso. Troviamo questa quantità in soli tre cucchiaini di miele o di marmellata, in una fetta piccola di crostata e in meno di una lattina di cola, ma anche in un bicchiere di succo di frutta o in due ghiaccioli. Per introdurre meno zuccheri non serve scegliere un surrogato di questi alimenti, come le versioni senza zuccheri ma ricche in dolcificanti acalorici, bensì è necessario disabituarsi al dolce e favorire cibi più nutrienti... ma altrettanto gustosi!