di Vanessa Carletti

Cibo e infiammazione: come mangiare per stare bene davvero

Cibo e infiammazione: come mangiare per stare bene davvero

Ci sentiamo spesso stanchi, con una fastidiosa sensazione di pesantezza addominale o dolori ricorrenti, e tendiamo a dare la colpa allo stress, al cambio di stagione o semplicemente all’età. Ma se alla base di questi disturbi ci fosse un “fuoco silenzioso” che arde dentro di noi ogni giorno? È ciò che molti scienziati definiscono infiammazione cronica di basso grado: uno stato persistente e silente dell’organismo che, nel tempo, può favorire l’insorgenza di patologie come diabete, obesità, disturbi cardiovascolari e persino malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. La buona notizia è che, secondo numerose ricerche scientifiche, ciò che mangiamo ogni giorno può davvero aiutare a spegnere questo fuoco. L’infiammazione, infatti, è una risposta naturale e utile del nostro corpo, attivata per proteggerci da infezioni o traumi. Tuttavia, quando questa risposta diventa continua e sproporzionata, può provocare danni ai tessuti e creare le condizioni ideali per lo sviluppo di malattie croniche. Studi pubblicati su riviste internazionali come Nature Reviews Immunology e The Lancet hanno evidenziato come un’alimentazione squilibrata, ricca di zuccheri e grassi industriali, possa alterare profondamente la composizione del microbiota intestinale, contribuendo a mantenere attivo uno stato infiammatorio nel tempo. Una revisione recente pubblicata sul British Medical Journal ha identificato alcuni alimenti di largo consumo che possono contribuire in modo significativo all’infiammazione cronica, specialmente se assunti con regolarità. Tra questi vi sono gli zuccheri raffinati, presenti in dolci, bibite e snack confezionati; i cereali ultra-raffinati, poveri di fibra; gli oli vegetali ad alto contenuto di omega-6, come quello di mais o girasole; le carni lavorate e insaccate, così come l’alcol in eccesso. Non si tratta di demonizzare questi cibi, ma di limitarne il consumo e fare spazio a scelte alimentari più sane e bilanciate. Fortunatamente, la natura ci mette a disposizione numerosi alleati contro l’infiammazione, molti dei quali appartengono alla nostra tradizione mediterranea. Non servono alimenti esotici o di moda: ciò che fa davvero la differenza sono le abitudini quotidiane. Frutta e verdura colorata, ricca di polifenoli e antiossidanti, pesce azzurro come alici, sgombro e sardine, fonte preziosa di omega-3, noci e semi oleosi, olio extravergine di oliva, spezie come curcuma e zenzero, legumi e cereali integrali sono tutti cibi capaci di nutrire l’intestino e modulare i processi infiammatori in modo naturale. Uno studio condotto dall’Università di Harvard e pubblicato su JAMA Internal Medicine ha dimostrato che chi segue regolarmente un’alimentazione ricca di alimenti vegetali e povera di cibi ultra-processati presenta livelli più bassi di marcatori infiammatori nel sangue, come la proteina C-reattiva, un indicatore chiave dello stato infiammatorio sistemico. L’alimentazione anti-infiammatoria non è una moda passeggera né una dieta rigida: è un ritorno consapevole a una cucina semplice, stagionale, varia e gustosa. È adatta a ogni età e può migliorare l’energia, la digestione, l’umore e persino l’aspetto della pelle. Sempre più medici sottolineano che uno dei modi migliori per ridurre l’infiammazione non si trova in farmacia, ma nel frigorifero. Cambiando ciò che mettiamo ogni giorno nel piatto, possiamo davvero agire alla radice dell’infiammazione, migliorando il nostro benessere in modo concreto e duraturo.  

17/05/2025 15:23
Non solo buono: il carciofo tra tradizione, scienza e benessere

Non solo buono: il carciofo tra tradizione, scienza e benessere

Spesso protagonista delle nostre tavole primaverili, il carciofo non è soltanto un ortaggio gustoso e versatile, ma anche un concentrato di benefici per la salute. Originario del bacino del Mediterraneo e coltivato fin dai tempi degli Etruschi, vanta una lunga tradizione in Italia, che oggi è sia il primo produttore sia il primo consumatore al mondo. Negli ultimi anni, questa pianta è stata al centro di numerosi studi scientifici che ne confermano le proprietà nutrizionali e terapeutiche. Ricco di antiossidanti, fibre, vitamine e composti bioattivi come la cinarina, il carciofo si rivela un alleato prezioso per la salute del fegato, il controllo del colesterolo, la regolazione della glicemia e la prevenzione cardiovascolare. Una delle sue caratteristiche nutrizionali più rilevanti è l’elevato contenuto di fibre: bastano due carciofi per coprire circa la metà del fabbisogno giornaliero raccomandato. Tra queste spicca l’inulina, una fibra solubile che trattiene acqua e contribuisce al senso di sazietà. Ma l’inulina è anche una fibra prebiotica, in grado di nutrire selettivamente i batteri “buoni” dell’intestino, come i bifidobatteri, aiutando così a mantenere un microbiota equilibrato e funzionale. I benefici sono numerosi: digestione più efficiente, rafforzamento del sistema immunitario, maggiore assorbimento di minerali come calcio e magnesio, e un migliore controllo della glicemia. Non sorprende quindi che diversi studi abbiano osservato un miglioramento dei livelli di zucchero nel sangue e una maggiore sensibilità all’insulina in soggetti che consumano regolarmente carciofi. Inoltre, grazie al senso di sazietà che favorisce, l’inulina può contribuire anche alla perdita di peso e alla riduzione della circonferenza addominale. Un altro protagonista tra i composti attivi del carciofo è la cinarina, un polifenolo presente soprattutto nelle foglie. Nota per le sue proprietà coleretiche e colagoghe, stimola la produzione e il flusso della bile, facilitando la digestione dei grassi e favorendo l’eliminazione delle tossine. Gli effetti protettivi della cinarina sul fegato sono ben documentati: numerose ricerche hanno evidenziato un miglioramento significativo dei livelli degli enzimi epatici (come ALT e AST), suggerendo una funzione di protezione cellulare. Inoltre, la cinarina ha mostrato di contribuire alla riduzione del colesterolo totale e LDL, migliorando così il profilo lipidico e riducendo il rischio cardiovascolare. E se ti stai chiedendo se queste virtù siano note anche fuori dalla medicina… beh, lo sono eccome! Sapevi che il famoso amaro Cynar è a base di carciofo? E no, non è uno scherzo. Il suo nome deriva proprio da Cynara scolymus, il nome latino del carciofo, e l’estratto utilizzato è apprezzato non solo per il sapore caratteristico, ma anche per le sue proprietà digestive. Certo, l’alcol non lo rende un’alternativa alle verdure al vapore, ma dopocena può dare un piccolo aiuto (o almeno una buona scusa!). Infine, una nota culinaria rassicurante: i carciofi conservano buona parte della loro capacità antiossidante anche dopo la cottura — che sia bollitura, cottura a vapore, alla griglia o persino frittura. Tuttavia, meglio preferire le tecniche meno aggressive come la bollitura o la pentola a pressione, per ridurre il rischio di formazione di composti potenzialmente dannosi dovuti alle alte temperature dell’olio. Visti i numerosi benefici nutrizionali e la ricca tradizione agricola che ci vede primi produttori al mondo, forse dovremmo riscoprire più spesso il valore di questa verdura antica, che da oltre duemila anni fa parte della nostra cultura alimentare. In fondo, non capita tutti i giorni di portare a tavola un fiore… e per di più così prezioso per la salute.

10/05/2025 17:30
Sani nonostante l’obesità? La realtà complessa della MHO

Sani nonostante l’obesità? La realtà complessa della MHO

È possibile trovarsi in condizione di obesità e allo stesso tempo essere in salute? A prima vista può sembrare una contraddizione, ma la scienza ci invita a guardare oltre i numeri sulla bilancia. Il concetto di "Metabolically Healthy Obesity" (MHO), ovvero “obesità metabolicamente sana”, sta guadagnando crescente attenzione tra ricercatori e professionisti della salute. Si riferisce a persone con un indice di massa corporea (BMI) superiore a 30, che tuttavia non presentano alterazioni metaboliche tipiche dell’obesità, come ipertensione, insulino-resistenza, colesterolo elevato o infiammazione cronica. In pratica, individui che, almeno temporaneamente, sembrano protetti dalle malattie croniche spesso associate all’eccesso di peso. Tuttavia, le evidenze scientifiche suggeriscono prudenza. Studi recenti, come quello pubblicato su Nature Reviews Endocrinology, indicano che questa condizione non è sempre stabile. Circa la metà di chi soffre di obesità metabolicamente sana sviluppa nel giro di pochi anni problematiche metaboliche. Ciò fa pensare che l’MHO rappresenti più uno stadio intermedio che una condizione duratura, e che non debba essere considerata priva di rischi. Questa complessità sottolinea i limiti del BMI come unico indicatore di salute. Una persona normopeso può comunque presentare squilibri metabolici, mentre chi vive con obesità può mostrare un profilo metabolico sorprendentemente favorevole. Come ricordato da Harvard Medical School, è fondamentale valutare la salute in modo più ampio, includendo fattori come la pressione arteriosa, la glicemia, il profilo lipidico e lo stile di vita complessivo. Alcuni elementi sembrano proteggere chi è in condizione di obesità dallo sviluppo di patologie metaboliche. L’attività fisica costante, una dieta equilibrata e ricca di alimenti naturali, una buona qualità del sonno e una gestione efficace dello stress possono fare la differenza. Inoltre, recenti ricerche indicano che la distribuzione del grasso corporeo e la composizione del microbiota intestinale influenzano profondamente la salute metabolica. È interessante notare come non esista una definizione universale di MHO: i criteri variano, rendendo difficile identificare con precisione chi rientra in questa categoria. Ma il messaggio centrale è chiaro: la salute non può essere ridotta a un numero sulla bilancia. Parlare di obesità metabolicamente sana ci aiuta a comprendere la complessità dell’organismo umano, senza cedere a semplificazioni o stigmatizzazioni. Tuttavia, è importante ricordare che trovarsi in una fase “metabolicamente favorevole” oggi non garantisce protezione domani. Ecco perché la prevenzione resta essenziale, con scelte di vita sostenibili, personalizzate e orientate al benessere complessivo. In un’epoca in cui le condizioni legate all’eccesso di peso sono sempre più diffuse, riflettere sull’MHO significa anche ripensare il modo in cui parliamo di salute: con maggiore precisione, empatia e attenzione all’individuo.  

03/05/2025 16:59
Composizione corporea: la chiave per una salute su misura

Composizione corporea: la chiave per una salute su misura

Quando si parla di salute e forma fisica, spesso l’attenzione si concentra esclusivamente sul peso corporeo. Tuttavia, questo dato da solo fornisce un'informazione limitata e non riflette in modo accurato la reale composizione del nostro corpo. I parametri antropometrici, infatti, sono numeri “sterili” se non vengono integrati con un'analisi più approfondita, come quella della composizione corporea. Due persone con lo stesso peso possono avere strutture corporee profondamente diverse: una può presentare una maggiore quantità di massa muscolare, l’altra una prevalenza di massa grassa. Per comprendere davvero come siamo fatti e per monitorare il nostro stato di salute, è quindi fondamentale valutare la composizione corporea in modo semplice, affidabile e accessibile. Tra le metodiche più diffuse per farlo troviamo la bioimpedenziometria (BIA), un esame non invasivo e indolore che utilizza un impedenziometro per far passare una corrente elettrica a bassa intensità attraverso i tessuti corporei. Poiché il corpo umano è costituito in media per il 65% da acqua, e i diversi tessuti si comportano come conduttori o isolanti in base al loro contenuto idrico, la BIA sfrutta queste proprietà per ottenere informazioni dettagliate. I tessuti magri, come i muscoli, conducono bene l’elettricità grazie all’elevata presenza di acqua ed elettroliti, mentre i tessuti adiposi e le ossa si comportano da isolanti. Attraverso la misurazione di resistenza e reattanza, e l'elaborazione dei dati tramite software dedicati, è possibile ottenere una stima accurata dello stato nutrizionale, idrosalino e metabolico della persona. La BIA consente, ad esempio, di valutare la massa grassa, la massa magra, il contenuto di acqua corporea totale, e la sua distribuzione tra compartimenti intracellulare ed extracellulare. Questi dati permettono anche di individuare condizioni cliniche specifiche, come l’obesità sarcopenica – caratterizzata dalla presenza di massa grassa in eccesso e ridotta massa muscolare, spesso non evidente guardando il solo peso. È inoltre possibile rilevare ritenzione idrica, edema, e perfino situazioni più gravi come la cachessia, una marcata perdita di massa muscolare legata a malattie croniche. Anche per chi pratica sport, la bioimpedenziometria rappresenta uno strumento prezioso. Monitorare la massa muscolare è fondamentale per prevenire eventuali riduzioni, che possono verificarsi in seguito ad allenamenti troppo intensi o prolungati, oppure a causa di un’alimentazione non adeguata al tipo di sforzo fisico sostenuto e al livello di idratazione. Valutare regolarmente la composizione corporea consente quindi di ottimizzare sia la performance atletica che il recupero, riducendo il rischio di infortuni e sovraccarichi. Conoscere la propria composizione corporea è quindi un passaggio fondamentale prima di intraprendere un programma alimentare o un percorso di attività fisica. Questo consente di stimare in modo personalizzato il metabolismo basale, il fabbisogno energetico e di monitorare con precisione le variazioni dei diversi compartimenti corporei. La BIA si configura così come uno strumento essenziale per pianificare interventi efficaci e realmente su misura, che puntano al miglioramento della salute e del benessere complessivo.  

26/04/2025 16:50
Dolcificanti acalorici e regolazione dell'appetito: cosa succede nel nostro corpo?

Dolcificanti acalorici e regolazione dell'appetito: cosa succede nel nostro corpo?

Nel tentativo di mantenere la linea o di seguire una dieta più sana, molte persone scelgono di sostituire lo zucchero con dolcificanti "light", noti anche come dolcificanti acalorici. Li troviamo nelle bibite, nei dessert, nei chewing gum e persino in alcuni farmaci. Il loro vantaggio? Forniscono un sapore dolce senza calorie, o quasi. Ma è davvero tutto oro quel che luccica? Alcuni studi recenti stanno cercando di capire meglio come questi dolcificanti influenzano il nostro corpo, in particolare l’appetito. E i risultati non sono uguali per tutti: il modo in cui rispondiamo ai dolcificanti può cambiare a seconda del nostro peso corporeo. Uno studio pubblicato sulla rivista Nature Metabolism ha esplorato gli effetti del sucralosio, uno dei dolcificanti più usati, su un gruppo di volontari con peso normale, sovrappeso e obesità. I ricercatori hanno analizzato come cambiava l’attività cerebrale dopo aver bevuto bevande dolcificate con sucralosio, saccarosio (zucchero comune) o solo acqua. Il risultato? Il sucralosio stimolava maggiormente una parte del cervello chiamata ipotalamo, che ha un ruolo chiave nella regolazione della fame, soprattutto nelle persone con obesità. Questo potrebbe significare che, paradossalmente, il sucralosio aumenta la sensazione di fame proprio in chi cerca di controllarla. Il nostro senso di fame e sazietà è controllato anche da alcuni ormoni. La grelina, ad esempio, stimola l’appetito, mentre la colecistochinina (o CCK) contribuisce a farci sentire sazi. Alcune ricerche hanno mostrato che il sucralosio, a differenza dello zucchero, non provoca una risposta significativa di questi ormoni. In altre parole, può darci un gusto dolce, ma senza attivare i segnali che dicono al nostro cervello: "Hai mangiato abbastanza". Questo potrebbe rendere più difficile controllare l’appetito, anche se stiamo assumendo poche calorie. Inoltre, esistono molti tipi di dolcificanti e non tutti funzionano allo stesso modo. Uno studio ha confrontato, ad esempio, l’effetto di due sostanze molto comuni: l’eritritolo e l’aspartame. I risultati hanno evidenziato che l’eritritolo è più efficace nel ridurre la grelina, l’ormone della fame, e nel farci sentire sazi rispetto all’aspartame. Questo suggerisce che la scelta del tipo di dolcificante può fare una differenza concreta nel nostro comportamento alimentare. I dolcificanti acalorici sono sicuramente un’opzione utile per ridurre l’assunzione di zuccheri e calorie. Tuttavia, come dimostrano gli studi più recenti, non sono una soluzione "magica" per dimagrire. Anzi, in alcune persone – specialmente chi ha già un peso elevato – possono addirittura aumentare l'appetito. È quindi importante farne un uso consapevole e, allo stesso tempo, imparare a ridurre la dipendenza da sapori eccessivamente dolci. Come sempre, le fondamenta del benessere restano una dieta equilibrata, ricca di ingredienti semplici e poco lavorati, e uno stile di vita attivo e sostenibile.

19/04/2025 16:00
Carboidrati e longevità: ecco che cosa dicono i dati

Carboidrati e longevità: ecco che cosa dicono i dati

Quando si decide di intraprendere una dieta, spesso si tende a eliminare alimenti come pane, pasta, pizza e patate. Tuttavia, la Dieta Mediterranea - riconosciuta a livello internazionale come modello alimentare promotore di longevità, anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) - pone i carboidrati al centro, considerandoli la principale fonte di energia. Ma è davvero possibile vivere a lungo e, se necessario, dimagrire consumando carboidrati? Uno studio pubblicato nel 2018 sulla prestigiosa rivista The Lancet, condotto su oltre 15.000 adulti, ha rilevato che il rischio di mortalità è più basso con un apporto di carboidrati pari al 50-55% delle calorie totali, esattamente quanto previsto dalle linee guida della Dieta Mediterranea. Al contrario, il rischio aumenta sia con un'assunzione troppo bassa (<40%) sia con una troppo elevata (>70%) di carboidrati. Non a caso, nelle cinque Blue Zone - le aree del mondo con la più alta aspettativa di vita - l’apporto di carboidrati si attesta generalmente tra il 50 e il 60%. A Okinawa (Giappone), ad esempio, i carboidrati rappresentano il 58% dell’apporto calorico e provengono soprattutto da alimenti a basso indice glicemico, come le patate dolci, abbinate a verdure e legumi (soprattutto soia). In Ogliastra, Sardegna, la quota di carboidrati arriva fino al 67%, grazie al consumo di grano duro, orzo e patate. A Nicoya (Costa Rica), fagioli e mais sono sempre presenti nei pasti, accompagnati da abbondanti verdure, e a Ikaria (Grecia) i protagonisti sono i legumi, consumati con regolarità. I benefici dei carboidrati, in particolare quelli complessi e ricchi di fibre, sono numerosi e ben documentati dalla letteratura scientifica. Una dieta equilibrata e ricca di carboidrati integrali si associa a una riduzione significativa del rischio di malattie cardiovascolari, grazie alla capacità di migliorare i livelli di colesterolo, di regolare la pressione arteriosa e di ridurre l’infiammazione sistemica. Inoltre, un apporto adeguato di fibre contribuisce a prevenire il diabete di tipo 2, poiché rallenta l’assorbimento degli zuccheri e migliora la sensibilità all’insulina. Anche la salute dell’intestino trae beneficio da un’alimentazione ricca di carboidrati complessi: le fibre, infatti, favoriscono il transito intestinale, nutrono il microbiota e svolgono un’importante funzione prebiotica. Questo si traduce anche in una maggiore efficienza del sistema immunitario, poiché la flora intestinale è strettamente legata alla risposta immunitaria dell’organismo. Infine, i carboidrati ricchi di fibre aumentano il senso di sazietà, aiutando a controllare l’appetito e a gestire meglio il peso corporeo. Attenzione, però: questo non significa che si possa eccedere con pane, pasta o pizza. I carboidrati raccomandati nella Dieta Mediterranea derivano principalmente da cereali integrali, legumi, verdura e frutta. L’approccio mediterraneo privilegia infatti alimenti a basso indice glicemico, ricchi di fibre o accompagnati da porzioni generose di verdure, in grado di attenuare i picchi glicemici post-prandiali. In altre parole, nel piatto dovrebbero prevalere fonti di carboidrati complessi e fibre (almeno 30 grammi al giorno) mentre gli zuccheri semplici vanno limitati. In conclusione, è importante sfatare alcuni falsi miti che ancora oggi circolano intorno ai carboidrati. Non è vero, ad esempio, che debbano essere evitati la sera: ciò che conta è il bilancio energetico complessivo e la qualità degli alimenti consumati, non l’orario. Allo stesso modo, non sono i carboidrati in sé a far ingrassare, ma l’eccesso calorico e la scarsa qualità della dieta. Inseriti nel contesto di un’alimentazione equilibrata e varia, soprattutto se provenienti da fonti integrali, verdure e legumi, i carboidrati rappresentano un alleato prezioso per la salute, il benessere e persino per il controllo del peso corporeo.

12/04/2025 17:10
Abbinamenti intelligenti in cucina: i segreti per una nutrizione ottimale

Abbinamenti intelligenti in cucina: i segreti per una nutrizione ottimale

Adottare un’alimentazione salutare non significa solo scegliere cibi sani nelle giuste quantità, ma anche imparare a combinarli correttamente. Una buona associazione degli alimenti consente infatti di ottimizzare l’assorbimento dei nutrienti e favorire il benessere generale. Abbinare gli ingredienti in modo consapevole è utile non solo per trarne il massimo beneficio nutrizionale, ma anche per migliorare la digeribilità dei pasti. Tra le combinazioni più efficaci troviamo quella tra legumi e cereali. Questi alimenti si completano a vicenda, poiché ciascuno è carente di alcuni aminoacidi essenziali che invece l’altro possiede, fornendo così proteine di elevato valore biologico. Non a caso, fanno parte di molte tradizioni culinarie antiche: rappresentano infatti un’alternativa economica e sostenibile alla carne, contribuendo alla tutela delle risorse naturali. Un altro abbinamento strategico riguarda la vitamina C e il ferro, un minerale fondamentale per l’organismo. Oltre alla carne rossa, il ferro è presente anche in alimenti vegetali come legumi, rucola o timo secco, ma in una forma meno facilmente assorbibile. Per migliorarne l’assimilazione, è utile consumare nello stesso pasto una fonte di vitamina C, come pomodori o peperoni crudi, oppure del succo di limone o di arancia. Al contrario, è bene evitare di accompagnare pasti ricchi di ferro con bevande contenenti tannini, come tè nero, caffè o vino rosso. Queste sostanze ostacolano l’assorbimento del minerale, motivo per cui chi ha un fabbisogno elevato di ferro dovrebbe consumare tali bevande lontano dai pasti. Anche il calcio può essere influenzato da alcune abitudini alimentari. Un’eccessiva assunzione di proteine animali, fosforo, sodio, caffeina o di ossalati (come quelli presenti negli spinaci) può comprometterne l’assorbimento. È quindi importante moderare il consumo di carni, bibite contenenti acido fosforico, alimenti troppo salati e caffè, soprattutto nelle donne in menopausa, il cui fabbisogno di calcio aumenta. Infine, l’aggiunta di olio extravergine di oliva ai piatti non serve solo a migliorarne il gusto. I grassi che contiene sono fondamentali per favorire l’assorbimento di vitamine liposolubili come la vitamina A e di carotenoidi — tra cui il licopene — presenti in ortaggi come carote, pomodori e peperoni rossi. In conclusione, saper combinare correttamente gli alimenti è un aspetto fondamentale di un’alimentazione equilibrata e consapevole. Non si tratta solo di scegliere cibi salutari, ma anche di valorizzarne il potenziale nutrizionale attraverso abbinamenti intelligenti. Piccoli accorgimenti, come unire legumi e cereali, accompagnare fonti vegetali di ferro con vitamina C o aggiungere un filo d’olio extravergine a verdure ricche di carotenoidi, possono fare una grande differenza per la nostra salute. Educarsi a queste buone pratiche alimentari significa prendersi cura del proprio benessere quotidiano in modo semplice, efficace e sostenibile.

05/04/2025 17:29
Addio colazioni "sbagliate": 5 trucchi per un inizio di giornata equilibrato

Addio colazioni "sbagliate": 5 trucchi per un inizio di giornata equilibrato

La colazione è il primo pasto della giornata e ha un ruolo essenziale nel fornire l'energia necessaria per affrontare le attività quotidiane. Un pasto equilibrato al mattino aiuta a migliorare concentrazione, metabolismo e benessere generale. Che sia dolce o salata, è importante scegliere alimenti nutrienti e bilanciati per iniziare al meglio la giornata. Nonostante la sua importanza, spesso viene consumata di fretta o addirittura saltata. Dedicare almeno 15-20 minuti a questo momento non solo favorisce una migliore digestione, ma influisce anche sul benessere mentale. Infatti, una colazione abbondante può ridurre il rischio di depressione, soprattutto nelle persone con problemi cardiovascolari, spesso associati a disturbi dell’umore. Uno degli errori più comuni è fare (troppo spesso) una colazione sbilanciata, ricca di zuccheri semplici ma povera di proteine e grassi buoni. Ad esempio, bere solo un caffè zuccherato accompagnato da un cornetto fornisce un’immediata carica di energia, seguita però da un rapido calo glicemico che causa stanchezza e fame improvvisa. Lo stesso accade con i cereali raffinati, spesso pubblicizzati come salutari ma in realtà poveri di fibre e ricchi di zuccheri, che portano a brusche oscillazioni della glicemia. Anche affidarsi esclusivamente a prodotti confezionati, come merendine industriali e biscotti lavorati, non è l’ideale: contengono spesso grassi di bassa qualità e additivi poco salutari. Bere solo un succo di frutta commerciale, seppur pratico, non è una scelta ottimale, poiché molti contengono zuccheri aggiunti e sono privi delle fibre essenziali della frutta intera, risultando meno sazianti. Per una colazione bilanciata, è fondamentale combinare carboidrati complessi, proteine e grassi sani, senza trascurare l’idratazione. Dopo il digiuno notturno, infatti, è importante reidratarsi con bevande ricche di minerali, vitamine e polifenoli, come tè, tisane, spremute fresche o acqua, evitando zuccheri aggiunti. I carboidrati forniscono l’energia necessaria per affrontare la giornata, ma è preferibile scegliere quelli a lento rilascio, come cereali integrali, pane con farine non raffinate o dolci fatti in casa con ingredienti scelti da noi. La frutta fresca o disidratata e gli estratti di frutta e verdura, invece, apportano zuccheri semplici, vitamine e sali minerali, essenziali per l’organismo. Anche le proteine e i grassi buoni non devono mancare. Latte, yogurt, ricotta, frutta a guscio e derivati della soia rendono il pasto più completo e saziante. Per una colazione salata, si possono scegliere uova, hummus di ceci o olio extravergine d’oliva, riducendo così il consumo di affettati. Infine, anche l’ambiente gioca un ruolo importante: una tavola apparecchiata con cura rende la colazione più invitante, soprattutto per chi fatica a mangiare appena sveglio. Offrire una varietà di alimenti stimola l’appetito e trasforma questo momento in un’occasione piacevole per tutta la famiglia. Prendersi il tempo per una colazione equilibrata è un piccolo gesto che può fare la differenza per il benessere quotidiano.  

29/03/2025 17:18
Fragole e Vitamina C: il segreto per rafforzare le difese immunitarie

Fragole e Vitamina C: il segreto per rafforzare le difese immunitarie

Le fragole non sono solo un frutto delizioso e profumato, ma anche un vero e proprio concentrato di nutrienti benefici per la salute. Ricche di vitamine, antiossidanti e fibre, queste piccole gemme rosse contribuiscono a rafforzare il sistema immunitario e a proteggere il cuore. Grazie al loro basso contenuto calorico e all’elevata percentuale di acqua, le fragole rappresentano una scelta ideale per chi segue un’alimentazione ipocalorica senza rinunciare al gusto. Scopriamo insieme le loro straordinarie proprietà nutrizionali e i benefici che apportano all’organismo. Composte per circa il 90% di acqua, le fragole sono perfette per favorire l’idratazione, soprattutto con l’arrivo dei primi caldi primaverili, e per stimolare la diuresi. Un’altra componente fondamentale di questo frutto è la fibra, essenziale per la salute intestinale. Le fibre, infatti, supportano il transito intestinale e nutrono il microbiota, influenzando positivamente diversi processi metabolici. Se pensiamo che con la fine della stagione delle arance potremmo essere carenti di vitamina C, è importante sapere che una porzione di fragole (circa 10 frutti) è sufficiente a coprire il fabbisogno giornaliero di questa vitamina! Inoltre, consumarle a fine pasto, soprattutto in presenza di alimenti ricchi di ferro, come i legumi, ne migliora l’assorbimento da parte dell’organismo. Uno dei principali protagonisti delle fragole sono gli antociani, una classe di polifenoli responsabile della loro vivace colorazione rossa. Queste molecole antiossidanti svolgono un ruolo chiave nella protezione contro l’invecchiamento cellulare e nel contrasto di malattie neurodegenerative e cardiovascolari. Numerosi studi hanno indagato l’effetto delle fragole sul profilo lipidico, dimostrando che il consumo di circa due porzioni al giorno di fragole o altri frutti rossi può migliorare i livelli di colesterolo nel sangue già dopo quattro settimane. Infine, le fragole potrebbero rivelarsi un’arma in più nella prevenzione del tumore al seno. Studi di laboratorio, che necessitano ulteriori conferme, hanno evidenziato come la fisetina, un flavonoide presente in questo frutto, sia in grado di inibire significativamente la crescita delle cellule tumorali. Grazie alla loro versatilità e ai numerosi benefici per la salute, le fragole sono un alimento prezioso da includere nella dieta quotidiana. Le fragole, quindi, non sono solo un piacere per il palato, ma anche un vero alleato per la salute. Approfittiamo della loro stagionalità per gustarle fresche e beneficiare delle loro straordinarie proprietà.

22/03/2025 16:40
Oltre 3 milioni di italiani con disturbi alimentari, età d'esordio sempre più bassa: Giornata del Fiocchetto lilla

Oltre 3 milioni di italiani con disturbi alimentari, età d'esordio sempre più bassa: Giornata del Fiocchetto lilla

Ogni anno, il 15 marzo, si celebra la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, un’occasione dedicata alla sensibilizzazione sui Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). Questa giornata nasce con l’obiettivo di diffondere una maggiore consapevolezza su patologie come anoressia nervosa, bulimia nervosa, binge eating disorder e altre forme di disagio legate all’alimentazione, promuovendo al contempo la prevenzione e l’informazione. I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione si manifestano attraverso un rapporto disfunzionale con il cibo, un'alterata percezione del proprio corpo e una costante preoccupazione per il peso e l’aspetto fisico. Le conseguenze possono essere molto serie, con impatti sulla salute che spaziano dai problemi gastrointestinali e cardiovascolari fino a gravi squilibri endocrini. Nei casi più estremi, purtroppo, possono portare anche alla morte. Questi disturbi sono una realtà che coinvolge oltre 55 milioni di persone nel mondo, di cui circa 3 milioni solo in Italia. Sebbene siano più comuni tra gli adolescenti (in particolar modo nelle ragazze), negli ultimi anni l’età di insorgenza si è abbassata drasticamente: se un tempo si manifestavano tra i 14 e i 16 anni, oggi si riscontrano già tra gli 11 e i 13 anni. La pandemia ha avuto un ruolo significativo nell’accentuare questa tendenza, contribuendo all’aumento dei casi e all’abbassamento dell’età di esordio. Chi soffre di DCA sviluppa comportamenti dannosi che compromettono seriamente la qualità della vita. Alcuni esempi includono diete estremamente rigide, la paura di determinati alimenti, abbuffate segrete seguite da episodi di vomito autoindotto, il conteggio ossessivo delle calorie, l’esercizio fisico eccessivo per "bruciare" ogni caloria ingerita, l’uso di lassativi o diuretici e il controllo costante del proprio peso o della propria immagine corporea. Tuttavia, i DCA non riguardano solo il cibo: chi ne soffre tende ad avere un'immagine distorta di sé stesso, accompagnata da pensieri svalutanti e un’autocritica incessante che va ben oltre l’alimentazione. Per affrontare questi disturbi è necessario un approccio multidisciplinare, che coinvolge il supporto medico, psicologico e nutrizionale. Il trattamento può includere cure specifiche per eventuali problemi di salute fisica, percorsi di terapia cognitivo-comportamentale o familiare, oltre a un supporto nutrizionale che aiuti a ristabilire un rapporto equilibrato con il cibo. La Giornata del Fiocchetto Lilla è un'opportunità per superare pregiudizi e stereotipi, ricordando che i DCA possono colpire chiunque, indipendentemente da età, genere o background culturale. Celebrare questa giornata significa sostenere chi sta affrontando il percorso di guarigione, offrendo ascolto, comprensione e vicinanza. È un momento per educare, sensibilizzare e diffondere un messaggio di speranza, ricordando quanto sia fondamentale prendersi cura della propria salute mentale.

15/03/2025 15:35
Alimentazione e benessere femminile: come nutrirsi in ogni fase della vita

Alimentazione e benessere femminile: come nutrirsi in ogni fase della vita

L’8 marzo si celebra la Giornata Internazionale della Donna, un’occasione non solo per ricordare le conquiste sociali, economiche e politiche del genere femminile, ma anche per riflettere sull’importanza della salute e del benessere. Tra i pilastri fondamentali di uno stile di vita sano, l’alimentazione gioca un ruolo essenziale nel supportare le esigenze del corpo femminile nelle diverse fasi della vita. Dall’adolescenza alla gravidanza, fino alla menopausa, ogni fase richiede attenzioni nutrizionali specifiche. Le pubblicazioni scientifiche evidenziano sempre più le differenze tra uomo e donna, in particolare per quanto riguarda i fabbisogni alimentari. Il corpo femminile attraversa numerosi cambiamenti nel corso della vita e adattare l’alimentazione a queste trasformazioni può favorire energia, benessere e contribuire alla prevenzione di alcune patologie. Se nei primi anni di vita le esigenze nutrizionali di bambine e bambini sono simili, le differenze emergono già con l’adolescenza. Con l’arrivo del ciclo mestruale, ad esempio, il fabbisogno di ferro aumenta. Questo minerale essenziale si trova non solo nella carne rossa, ma anche in alimenti di consumo più frequente, come frutta a guscio, legumi e verdure a foglia verde. Per migliorarne l’assorbimento, è utile abbinarlo a una fonte di vitamina C, presente negli agrumi, nel peperoncino fresco (da aggiungere a crudo a fine cottura) o in frutti come kiwi, arance e frutti di bosco. Un altro nutriente fondamentale per la salute femminile è il calcio. Poiché il rischio di osteoporosi aumenta dopo la menopausa, è importante costruire una buona riserva sin dall’infanzia, consumando regolarmente yogurt, latticini, ma anche legumi, spinaci, semi e frutta secca. Per la salute delle ossa, inoltre, non può mancare un adeguato apporto di vitamina D, che si assume in piccola parte con la dieta (presente soprattutto nel pesce azzurro, nel latte intero e nel tuorlo d’uovo) e si sintetizza principalmente grazie all’esposizione al sole. Anche la fertilità e la gravidanza sono fortemente influenzate dall’alimentazione. Già a partire dal periodo pre-concezionale, una dieta equilibrata aiuta a portare avanti la gravidanza nelle migliori condizioni, riducendo il rischio di parto pretermine e diabete gestazionale, con benefici anche per il nascituro. Mantenere un peso adeguato è fondamentale per la fertilità, poiché sia l’eccesso che la carenza di peso possono comprometterla. Inoltre, alcuni nutrienti svolgono un ruolo chiave, come l’acido folico, essenziale per la crescita e la riproduzione cellulare, in particolare per la formazione del sistema nervoso centrale nell’embrione e nel feto. Infine, durante la menopausa, è comune un aumento di peso accompagnato da una diversa distribuzione del grasso corporeo, che tende ad accumularsi soprattutto a livello addominale. Per mantenere un peso equilibrato, oltre a uno stile di vita attivo, potrebbe essere utile ridurre leggermente l’apporto calorico quotidiano, senza però sacrificare la qualità e la varietà della dieta. Il principio guida deve essere la moderazione nella scelta e nelle quantità degli alimenti, favorendo quelli ricchi di fibre, come cereali integrali, frutta e verdura, e prediligendo grassi insaturi, come l’olio extravergine d’oliva, limitando invece il consumo di grassi saturi e cibi eccessivamente salati. Adottare un’alimentazione equilibrata e consapevole è fondamentale per supportare il benessere femminile in ogni fase della vita. Prendersi cura della propria alimentazione non significa solo prevenire patologie, ma anche valorizzare il proprio benessere, celebrando ogni giorno la propria salute con scelte alimentari sane e bilanciate.

08/03/2025 16:45
I picchi glicemici sono una reale minaccia? Da cosa dipendono e come gestirli

I picchi glicemici sono una reale minaccia? Da cosa dipendono e come gestirli

Negli ultimi tempi si è parlato sempre più spesso di picchi glicemici e delle strategie per evitarli. Ma è davvero così importante preoccuparsene?  Il picco glicemico rappresenta il massimo livello di glucosio nel sangue dopo un pasto. Si verifica in risposta alla digestione e all’assorbimento dei macronutrienti energetici presenti negli alimenti, non solo zuccheri e amidi. Dopo l’assunzione di cibo, l’organismo risponde producendo insulina, un ormone che facilita l’immagazzinamento del glucosio nei tessuti, come il tessuto muscolare, riportando così la glicemia a livelli normali.  Questo processo di aumento e successiva riduzione della glicemia è del tutto fisiologico. Eppure, c’è chi lo teme al punto da strutturare la propria dieta cercando di evitarlo a ogni costo, un obiettivo che, peraltro, è quasi impossibile da raggiungere.  Il motivo per cui si discute così spesso dei picchi glicemici risiede nei loro possibili effetti negativi quando si verificano in maniera frequente e brusca, specialmente in associazione a una dieta sbilanciata e a uno stile di vita sedentario.  Un'eccessiva produzione di insulina nel tempo può portare a resistenza insulinica, una condizione in cui le cellule diventano meno sensibili all'azione dell'insulina, aumentando così il rischio di diabete di tipo 2. Inoltre, l'insulina favorisce l’accumulo di grasso, quindi picchi glicemici ricorrenti possono contribuire all’aumento di peso e all’obesità.  C’è poi un altro effetto da considerare. Dopo un picco glicemico, la glicemia può scendere rapidamente, causando fame improvvisa e inducendo a mangiare più spesso, con una predilezione per cibi dolci e raffinati. Questo può creare un circolo vizioso che porta a un consumo eccessivo di zuccheri e calorie.  Il picco glicemico in sé non è un problema e non rappresenta una condizione patologica, né va evitato a tutti i costi. Piuttosto, è importante monitorare situazioni specifiche, come l’iperglicemia a digiuno o livelli glicemici elevati per tempi prolungati dopo i pasti, una condizione nota come pre-diabete. Anche una produzione insufficiente di insulina o una sua iperproduzione inefficace, ovvero la resistenza insulinica, può essere un segnale da non sottovalutare. Inoltre, quando alcune proteine del sangue vanno incontro a glicazione, possono favorire l’invecchiamento cellulare e complicanze metaboliche.  Non è necessario ossessionarsi con il controllo dei picchi glicemici. La chiave per mantenere una glicemia stabile e un metabolismo sano è adottare uno stile di vita attivo e una dieta equilibrata, con un’adeguata presenza di carboidrati complessi e ricchi di fibre, come cereali integrali, legumi e verdure, e un corretto apporto di proteine e grassi sani, che rallentano l’assorbimento degli zuccheri nel sangue. Un’alimentazione varia e bilanciata, evitando eccessi di zuccheri raffinati e cibi ultraprocessati, permette di ridurre i rischi metabolici senza inutili restrizioni.  E se ogni tanto ci concediamo una fetta di torta? Nessun problema. I picchi glicemici occasionali non sono una minaccia per la salute.

01/03/2025 15:58
Diabete di tipo 2, lo zucchero non è l'unico colpevole: miti da sfatare e abitudini da preferire

Diabete di tipo 2, lo zucchero non è l'unico colpevole: miti da sfatare e abitudini da preferire

Il diabete di tipo 2 è una malattia cronica caratterizzata da livelli elevati di zucchero nel sangue, causati da una combinazione di insulino-resistenza (condizione in cui le cellule non rispondono bene all'insulina) e una ridotta produzione di insulina. Il numero di casi è in costante aumento a livello globale, rappresentando una sfida sempre più grande per la salute pubblica. Nonostante i numerosi studi, però, ci sono ancora molti falsi miti sul diabete. Ad esempio, si crede che colpisca solo chi è in sovrappeso, quando in realtà può svilupparsi anche in persone normopeso con una predisposizione genetica o abitudini poco salutari. Un altro errore comune è pensare che sia causato esclusivamente dal consumo eccessivo di dolci, quando in realtà i fattori in gioco sono molti di più. Le cause del diabete di tipo 2, infatti, sono multifattoriali, comprendendo sia fattori genetici che fattori ambientali modificabili (tra cui il fumo, la sedentarietà, una dieta non equilibrata). Proprio la dieta riveste un ruolo fondamentale, sia per la prevenzione che per la gestione di questa patologia. Al contrario di quello che si pensa, i carboidrati non vanno eliminati, ma devono essere bilanciati scegliendo fonti come cereali integrali. Ma gli zuccheri, come anticipato, non sono i soli protagonisti. Recenti ricerche hanno approfondito il legame tra il consumo di carne rossa e il rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Uno studio del 2024 pubblicato su The Lancet ha analizzato dati internazionali e ha rilevato che mangiare troppa carne rossa è associato a un rischio maggiore di questa patologia. Secondo lo studio, il consumo regolare di 50 grammi di carne lavorata al giorno (una porzione di salumi e affettati, pari a 3 o 4 fette medie di prosciutto) si associa un aumento del 15% del rischio di sviluppare diabete di tipo 2 nei 10 anni successivi. Mangiare 100 grammi di carne rossa al giorno (paria a una piccola bistecca, ovvero una porzione da linee guida), invece, è associato a un aumento del 10% di tale rischio. Questo potrebbe dipendere dalla presenza di grassi saturi e composti pro-infiammatori, che contribuiscono all’insulino-resistenza e all’infiammazione sistemica, condizioni alla base per lo sviluppo di diabete. Un altro studio, pubblicato sulla medesima rivista, ha esaminato anche l'impatto ambientale di una dieta ricca di carne rossa. Ridurne il consumo, oltre a portare benefici per la salute, potrebbe avere un effetto positivo sulla sostenibilità ambientale. Infatti, un'alimentazione più equilibrata, basata su un maggiore consumo di alimenti vegetali, potrebbe ridurre sia il rischio di diabete che l’impatto sull’ambiente. Queste ricerche confermano ancora una volta l’importanza di un’alimentazione consapevole: limitare la carne rossa e aumentare il consumo di alimenti vegetali può fare bene sia al nostro corpo che al pianeta.  

22/02/2025 15:00
Amare il proprio cuore: come proteggerlo con la giusta alimentazione

Amare il proprio cuore: come proteggerlo con la giusta alimentazione

Anche se passata, la festa di San Valentino è l'occasione perfetta per celebrare l'amore in tutte le sue forme, ma spesso dimentichiamo di dedicare un po' di attenzione al nostro cuore, non solo in senso metaforico ma anche fisico. Il cuore è il motore del nostro corpo, e mantenerlo in salute è fondamentale per una vita lunga e piena di energia. Stili di vita adeguati, con abitudini sane a tavola e movimento regolare possono contribuire a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e facilitare la ripresa in chi si è ammalato. Dopotutto, prendersi cura del proprio benessere e di quello delle persone che amiamo è uno dei gesti d’amore più autentici. Età, sesso maschile e familiarità sono solo una parte di fattori (quella non modificabile) che possono influenzare l’insorgenza delle malattie cardiovascolari. Spesso però, il cuore che fa le bizze è anche una responsabilità personale.  Il benessere del muscolo più importante del nostro corpo può essere preservato anche grazie all’alimentazione, ma non esiste una dieta ad hoc, esistono invece delle buone regole alimentari, da mettere in pratica con regolarità e costanza. In caso di sovrappeso o obesità, è fondamentale rivolgersi al medico o a un nutrizionista per impostare una dieta ipocalorica personalizzata. Un'attenzione particolare va riservata al consumo di sale: limitarsi a 3-5 grammi al giorno e ridurre l’uso di sale aggiunto nelle pietanze. È essenziale anche considerare il sodio nascosto negli alimenti industriali: pane e prodotti da forno sono fonti significative di sale. Allo stesso modo, è meglio evitare insaccati e carni lavorate, alimenti conservati sotto sale o sott’olio, cibi precotti, prodotti preconfezionati e salse come la maionese. Per quanto riguarda le bevande, è consigliabile abolire o ridurre al minimo quelle zuccherate, gli alcolici e i superalcolici. In cucina, invece, è preferibile scegliere condimenti semplici, come sughi di pomodoro o alle verdure. Le modalità di cottura giocano un ruolo importante: privilegiare cotture al vapore, ai ferri o al cartoccio per carni e pesci, e al forno, al vapore o lesso per le verdure; le fritture e le grigliate andrebbero evitate. Infine, per chi segue una terapia con anticoagulanti, è opportuno fare attenzione agli alimenti ricchi di vitamina K – come broccoli, cavoli, spinaci, verza, soia e tè verde – poiché questa vitamina può interferire con i farmaci. In ogni caso, prima di escludere o ridurre determinati alimenti, è indispensabile consultare il medico curante per evitare squilibri nutrizionali. Cosa preferire, invece? È importante privilegiare le carni bianche, come pollo, tacchino e coniglio, e aumentare il consumo di pesce a 3-4 volte alla settimana, dando la priorità al pesce azzurro ricco di acidi grassi Omega-3. Per quanto riguarda i grassi, meglio scegliere quelli di origine vegetale, come l’olio extravergine di oliva. Non bisogna poi dimenticare di consumare ogni giorno le famose 5 porzioni di frutta e verdura, variando i colori per garantire un apporto completo di vitamine e antiossidanti. Accanto alle regole di buona alimentazione, non vanno trascurate l’attività fisica regolare e l’astensione dal fumo. Ogni piccola scelta quotidiana può fare una grande differenza per il nostro benessere a lungo termine.

15/02/2025 17:00
Dopo i 50 anni, cambiamenti del corpo e come mantenere la salute e il benessere

Dopo i 50 anni, cambiamenti del corpo e come mantenere la salute e il benessere

Con il passare del tempo, il nostro organismo subisce inevitabili trasformazioni, inviandoci segnali che è essenziale riconoscere per adottare le giuste strategie, preservare la salute il più a lungo possibile e invecchiare in modo attivo. L’invecchiamento è un processo naturale, ma al tempo stesso estremamente complesso dal punto di vista biologico. Nel corso della vita, il corpo e la mente attraversano numerosi cambiamenti. Dopo i 50 anni, sia la statura sia il peso tendono a diminuire progressivamente. Con l’avanzare dell’età, si osservano inoltre un aumento della massa grassa, soprattutto a livello addominale, una riduzione della massa muscolare, una demineralizzazione delle ossa e una diminuzione della quantità di acqua corporea. Questi cambiamenti, nel loro insieme, possono compromettere la forma fisica e lo stato di salute generale. In questo contesto, l’alimentazione e lo stile di vita svolgono un ruolo cruciale nel modulare la salute e il benessere. Tuttavia, con l’età si tende a prestare meno attenzione alle proprie abitudini alimentari: la ridotta mobilità può rendere più difficile fare la spesa e cucinare, mentre problemi dentali possono ostacolare la masticazione e la deglutizione. Nonostante queste difficoltà, è fondamentale continuare a seguire una dieta equilibrata per mantenersi in salute. Una dieta varia e bilanciata è il pilastro dell’alimentazione anche in età avanzata. I pasti principali dovrebbero sempre includere cereali sotto forma di pasta, riso e pane, preferibilmente integrali. Nonostante con l’avanzare dell’età si registri spesso un progressivo calo dell’appetito, è fondamentale che la persona anziana assuma ogni giorno due porzioni di alimenti del gruppo "carne, pesce e uova". Occorre invece limitare il consumo di carne rossa e insaccati e privilegiare pesce, fonte naturale di omega-3, carni bianche e uova. In alcuni casi, i legumi possono sostituire un secondo piatto a base di carne o pesce, oppure costituire un piatto unico insieme ai cereali. Mantenere un adeguato apporto di proteine è infatti essenziale per preservare la salute dei muscoli e prevenire l’insorgenza della sarcopenia. Infine, frutta e verdura non dovrebbero mai mancare! Sono ideali per completare i pasti e apportare vitamine e sali minerali, specialmente se si scelgono prodotti di stagione. Un’attenzione particolare va posta anche all’idratazione: è importante bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno. Con l’età, infatti, la percezione della sete si riduce, mentre aumentano le perdite di liquidi dovute alla minore efficienza renale. Inoltre, una dieta meno abbondante può comportare un apporto idrico insufficiente. Per questo, oltre all’acqua, si possono integrare liquidi attraverso brodi, passati di verdura, tè e tisane non zuccherate. Infine, una regolare attività motoria, anche di lieve o moderata intensità, è in grado di migliorare il tono muscolare e la capacità di movimento. Meglio ancora se praticata all’aperto, per favorire la sintesi della vitamina D grazie all’esposizione ai raggi solari. Questa vitamina, spesso carente negli anziani, è fondamentale per il corretto metabolismo delle ossa e per prevenire l’osteoporosi. Seguire un’alimentazione sana e mantenere uno stile di vita attivo sono passi fondamentali per affrontare l’invecchiamento nel migliore dei modi, conservando energia, vitalità e benessere psicofisico.  

08/02/2025 16:10
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