
di Vanessa Carletti

Diabete di tipo 2, lo zucchero non è l'unico colpevole: miti da sfatare e abitudini da preferire
Il diabete di tipo 2 è una malattia cronica caratterizzata da livelli elevati di zucchero nel sangue, causati da una combinazione di insulino-resistenza (condizione in cui le cellule non rispondono bene all'insulina) e una ridotta produzione di insulina. Il numero di casi è in costante aumento a livello globale, rappresentando una sfida sempre più grande per la salute pubblica. Nonostante i numerosi studi, però, ci sono ancora molti falsi miti sul diabete. Ad esempio, si crede che colpisca solo chi è in sovrappeso, quando in realtà può svilupparsi anche in persone normopeso con una predisposizione genetica o abitudini poco salutari. Un altro errore comune è pensare che sia causato esclusivamente dal consumo eccessivo di dolci, quando in realtà i fattori in gioco sono molti di più. Le cause del diabete di tipo 2, infatti, sono multifattoriali, comprendendo sia fattori genetici che fattori ambientali modificabili (tra cui il fumo, la sedentarietà, una dieta non equilibrata). Proprio la dieta riveste un ruolo fondamentale, sia per la prevenzione che per la gestione di questa patologia. Al contrario di quello che si pensa, i carboidrati non vanno eliminati, ma devono essere bilanciati scegliendo fonti come cereali integrali. Ma gli zuccheri, come anticipato, non sono i soli protagonisti. Recenti ricerche hanno approfondito il legame tra il consumo di carne rossa e il rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Uno studio del 2024 pubblicato su The Lancet ha analizzato dati internazionali e ha rilevato che mangiare troppa carne rossa è associato a un rischio maggiore di questa patologia. Secondo lo studio, il consumo regolare di 50 grammi di carne lavorata al giorno (una porzione di salumi e affettati, pari a 3 o 4 fette medie di prosciutto) si associa un aumento del 15% del rischio di sviluppare diabete di tipo 2 nei 10 anni successivi. Mangiare 100 grammi di carne rossa al giorno (paria a una piccola bistecca, ovvero una porzione da linee guida), invece, è associato a un aumento del 10% di tale rischio. Questo potrebbe dipendere dalla presenza di grassi saturi e composti pro-infiammatori, che contribuiscono all’insulino-resistenza e all’infiammazione sistemica, condizioni alla base per lo sviluppo di diabete. Un altro studio, pubblicato sulla medesima rivista, ha esaminato anche l'impatto ambientale di una dieta ricca di carne rossa. Ridurne il consumo, oltre a portare benefici per la salute, potrebbe avere un effetto positivo sulla sostenibilità ambientale. Infatti, un'alimentazione più equilibrata, basata su un maggiore consumo di alimenti vegetali, potrebbe ridurre sia il rischio di diabete che l’impatto sull’ambiente. Queste ricerche confermano ancora una volta l’importanza di un’alimentazione consapevole: limitare la carne rossa e aumentare il consumo di alimenti vegetali può fare bene sia al nostro corpo che al pianeta.

Amare il proprio cuore: come proteggerlo con la giusta alimentazione
Anche se passata, la festa di San Valentino è l'occasione perfetta per celebrare l'amore in tutte le sue forme, ma spesso dimentichiamo di dedicare un po' di attenzione al nostro cuore, non solo in senso metaforico ma anche fisico. Il cuore è il motore del nostro corpo, e mantenerlo in salute è fondamentale per una vita lunga e piena di energia. Stili di vita adeguati, con abitudini sane a tavola e movimento regolare possono contribuire a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e facilitare la ripresa in chi si è ammalato. Dopotutto, prendersi cura del proprio benessere e di quello delle persone che amiamo è uno dei gesti d’amore più autentici. Età, sesso maschile e familiarità sono solo una parte di fattori (quella non modificabile) che possono influenzare l’insorgenza delle malattie cardiovascolari. Spesso però, il cuore che fa le bizze è anche una responsabilità personale. Il benessere del muscolo più importante del nostro corpo può essere preservato anche grazie all’alimentazione, ma non esiste una dieta ad hoc, esistono invece delle buone regole alimentari, da mettere in pratica con regolarità e costanza. In caso di sovrappeso o obesità, è fondamentale rivolgersi al medico o a un nutrizionista per impostare una dieta ipocalorica personalizzata. Un'attenzione particolare va riservata al consumo di sale: limitarsi a 3-5 grammi al giorno e ridurre l’uso di sale aggiunto nelle pietanze. È essenziale anche considerare il sodio nascosto negli alimenti industriali: pane e prodotti da forno sono fonti significative di sale. Allo stesso modo, è meglio evitare insaccati e carni lavorate, alimenti conservati sotto sale o sott’olio, cibi precotti, prodotti preconfezionati e salse come la maionese. Per quanto riguarda le bevande, è consigliabile abolire o ridurre al minimo quelle zuccherate, gli alcolici e i superalcolici. In cucina, invece, è preferibile scegliere condimenti semplici, come sughi di pomodoro o alle verdure. Le modalità di cottura giocano un ruolo importante: privilegiare cotture al vapore, ai ferri o al cartoccio per carni e pesci, e al forno, al vapore o lesso per le verdure; le fritture e le grigliate andrebbero evitate. Infine, per chi segue una terapia con anticoagulanti, è opportuno fare attenzione agli alimenti ricchi di vitamina K – come broccoli, cavoli, spinaci, verza, soia e tè verde – poiché questa vitamina può interferire con i farmaci. In ogni caso, prima di escludere o ridurre determinati alimenti, è indispensabile consultare il medico curante per evitare squilibri nutrizionali. Cosa preferire, invece? È importante privilegiare le carni bianche, come pollo, tacchino e coniglio, e aumentare il consumo di pesce a 3-4 volte alla settimana, dando la priorità al pesce azzurro ricco di acidi grassi Omega-3. Per quanto riguarda i grassi, meglio scegliere quelli di origine vegetale, come l’olio extravergine di oliva. Non bisogna poi dimenticare di consumare ogni giorno le famose 5 porzioni di frutta e verdura, variando i colori per garantire un apporto completo di vitamine e antiossidanti. Accanto alle regole di buona alimentazione, non vanno trascurate l’attività fisica regolare e l’astensione dal fumo. Ogni piccola scelta quotidiana può fare una grande differenza per il nostro benessere a lungo termine.

Dopo i 50 anni, cambiamenti del corpo e come mantenere la salute e il benessere
Con il passare del tempo, il nostro organismo subisce inevitabili trasformazioni, inviandoci segnali che è essenziale riconoscere per adottare le giuste strategie, preservare la salute il più a lungo possibile e invecchiare in modo attivo. L’invecchiamento è un processo naturale, ma al tempo stesso estremamente complesso dal punto di vista biologico. Nel corso della vita, il corpo e la mente attraversano numerosi cambiamenti. Dopo i 50 anni, sia la statura sia il peso tendono a diminuire progressivamente. Con l’avanzare dell’età, si osservano inoltre un aumento della massa grassa, soprattutto a livello addominale, una riduzione della massa muscolare, una demineralizzazione delle ossa e una diminuzione della quantità di acqua corporea. Questi cambiamenti, nel loro insieme, possono compromettere la forma fisica e lo stato di salute generale. In questo contesto, l’alimentazione e lo stile di vita svolgono un ruolo cruciale nel modulare la salute e il benessere. Tuttavia, con l’età si tende a prestare meno attenzione alle proprie abitudini alimentari: la ridotta mobilità può rendere più difficile fare la spesa e cucinare, mentre problemi dentali possono ostacolare la masticazione e la deglutizione. Nonostante queste difficoltà, è fondamentale continuare a seguire una dieta equilibrata per mantenersi in salute. Una dieta varia e bilanciata è il pilastro dell’alimentazione anche in età avanzata. I pasti principali dovrebbero sempre includere cereali sotto forma di pasta, riso e pane, preferibilmente integrali. Nonostante con l’avanzare dell’età si registri spesso un progressivo calo dell’appetito, è fondamentale che la persona anziana assuma ogni giorno due porzioni di alimenti del gruppo "carne, pesce e uova". Occorre invece limitare il consumo di carne rossa e insaccati e privilegiare pesce, fonte naturale di omega-3, carni bianche e uova. In alcuni casi, i legumi possono sostituire un secondo piatto a base di carne o pesce, oppure costituire un piatto unico insieme ai cereali. Mantenere un adeguato apporto di proteine è infatti essenziale per preservare la salute dei muscoli e prevenire l’insorgenza della sarcopenia. Infine, frutta e verdura non dovrebbero mai mancare! Sono ideali per completare i pasti e apportare vitamine e sali minerali, specialmente se si scelgono prodotti di stagione. Un’attenzione particolare va posta anche all’idratazione: è importante bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno. Con l’età, infatti, la percezione della sete si riduce, mentre aumentano le perdite di liquidi dovute alla minore efficienza renale. Inoltre, una dieta meno abbondante può comportare un apporto idrico insufficiente. Per questo, oltre all’acqua, si possono integrare liquidi attraverso brodi, passati di verdura, tè e tisane non zuccherate. Infine, una regolare attività motoria, anche di lieve o moderata intensità, è in grado di migliorare il tono muscolare e la capacità di movimento. Meglio ancora se praticata all’aperto, per favorire la sintesi della vitamina D grazie all’esposizione ai raggi solari. Questa vitamina, spesso carente negli anziani, è fondamentale per il corretto metabolismo delle ossa e per prevenire l’osteoporosi. Seguire un’alimentazione sana e mantenere uno stile di vita attivo sono passi fondamentali per affrontare l’invecchiamento nel migliore dei modi, conservando energia, vitalità e benessere psicofisico.

Omega-3, vitamina C, beta-carotene: ecco gli alleati indispensabili per una pelle sana
La pelle è l’organo più esteso del nostro corpo e svolge un ruolo fondamentale nella nostra salute. Oltre a costituire una barriera protettiva contro agenti patogeni come virus e batteri, contribuisce a mantenere l’equilibrio idrico, a regolare la temperatura corporea e a interagire con l’ambiente circostante attraverso la percezione tattile. Spesso si tende a evidenziare solo i fattori che compromettono l’aspetto e il benessere della pelle, come l’età, l’esposizione ai raggi UV, il fumo, il consumo di alcol, la mancanza di riposo e lo stress. Si parla meno, invece, dell’importanza dell’alimentazione e del suo impatto diretto sulla salute cutanea. La pelle è un tessuto a elevato potenziale proliferativo e necessita di un apporto costante di nutrienti. La regola fondamentale è l’equilibrio. Diete troppo restrittive o eccessivamente caloriche, così come l’abuso di cibi industrialmente raffinati ricchi di grassi nocivi e di zuccheri semplici, possono compromettere la rigenerazione cellulare e alterare il film idrolipidico protettivo, con conseguenze negative sull’aspetto e sulla salute della pelle. Alcuni alimenti, invece, possono diventare veri alleati di questo organo. Tra questi, i cibi ricchi di omega-3, come il salmone, il pesce azzurro (alici, acciughe, sgombro), le noci e i semi di lino, favoriscono l’elasticità cutanea e contrastano l’infiammazione. Per ottenere benefici concreti, il pesce dovrebbe essere consumato almeno tre volte a settimana! Anche i frutti rossi, come mirtilli, lamponi, ribes, more, e fragole, svolgono un ruolo importante nel contrastare l’invecchiamento precoce. Grazie al loro elevato contenuto di polifenoli, proteggono i piccoli vasi sanguigni e i capillari, migliorano la circolazione e favoriscono l’eliminazione dei liquidi in eccesso. Un altro elemento essenziale per la pelle è la vitamina C, presente in abbondanza negli agrumi, nel kiwi, nelle fragole, nei peperoni, nei pomodori e nelle verdure a foglia verde come spinaci, broccoli, cavoli, carciofi, basilico e asparagi. Questa vitamina stimola la formazione della barriera epidermica e del collagene, protegge le cellule dallo stress ossidativo, rallenta il processo di invecchiamento e contribuisce alla riparazione dei danni causati dai raggi UV e da altri fattori ambientali. Oltre alla vitamina C, non può mancare il beta-carotene, un potente antiossidante che aiuta a proteggere la pelle dai danni causati dai radicali liberi e dall’esposizione ai raggi UV, riducendo il rischio di invecchiamento precoce. Inoltre, il corpo lo converte in vitamina A, essenziale per la rigenerazione cellulare e il mantenimento di una pelle sana, elastica e luminosa, nonché un’abbronzatura naturale e uniforme. È presente in alimenti come carote, zucca, albicocche, patate dolci e verdure a foglia verde. Infine, l’acqua è l’elemento essenziale per mantenere la pelle idratata e in salute. Bere circa due litri di acqua al giorno aiuta a mantenere l’elasticità della pelle e a rallentare la comparsa di rughe e segni dell’invecchiamento. La disidratazione, infatti, porta a una perdita di tonicità e a una riduzione della produzione di collagene. Il primo passo per migliorare la salute della pelle è quindi aumentare l’assunzione di acqua e, contemporaneamente, ridurre il consumo di sale, che favorisce la ritenzione idrica. Un’ottima alternativa è sostituirlo con erbe aromatiche, che esaltano il sapore dei piatti senza compromettere l’equilibrio idrico dell’organismo.

Nutrizione personalizzata: la fine dell'approccio “una dieta valida per tutti”
La nutrizione personalizzata è emersa come una nuova tendenza nel fornire consigli nutrizionali e alimentari basati sulla singolarità dell'individuo. Questo approccio mira non solo a personalizzare le raccomandazioni giornaliere di nutrienti e alimenti funzionali di cui una persona potrebbe avere bisogno, ma anche a mantenere una dieta sostenibile per noi e per l’ambiente. Ma come spiegare il concetto di nutrizione personalizzata in semplici parole? Possiamo definire la dieta personalizzata come un vestito cucito su misura, pensato per adattarsi perfettamente a chi lo indossa. Ogni individuo è unico e, per questo, ha bisogno di un’alimentazione che rispecchi le sue caratteristiche personali e il suo stile di vita. Sebbene il nostro corpo condivida gli stessi meccanismi di base, ogni persona presenta differenze significative a livello metabolico, determinate da fattori come il peso corporeo, l’età, il sesso e le abitudini quotidiane. A questi si aggiungono aspetti più specifici e profondi, come le preferenze alimentari, le esigenze nutrizionali, la composizione del microbiota intestinale – una sorta di impronta digitale esclusiva del nostro intestino – e la predisposizione a determinate malattie o condizioni di salute. La nutrizione personalizzata si basa proprio su questa complessità individuale. Non si tratta di seguire schemi rigidi o soluzioni preconfezionate, ma di considerare ogni dettaglio che ci rende diversi, al fine di creare un piano alimentare su misura che si adatti a noi, anziché costringerci ad adattarci noi ad esso. Seguire una dieta personalizzata non è solo una questione di perdere peso o mantenere il peso forma ideale. È anche uno strumento potente per prevenire o gestire problemi di salute come il diabete, la sindrome dell’intestino irritabile e altre condizioni croniche. Una dieta ben strutturata può contribuire a migliorare il benessere generale, favorendo energia, vitalità e una migliore qualità di vita. Un aspetto fondamentale della nutrizione personalizzata è la flessibilità. Si costruiscono piani alimentari che si integrano nella routine quotidiana e rispondono alle esigenze specifiche della persona, mantenendo al tempo stesso l’equilibrio generale dell’alimentazione. Anche in situazioni in cui è necessario adottare diete più restrittive – come accade nel caso della dieta chetogenica o in presenza di intolleranze alimentari – è essenziale che il regime alimentare sia sostenibile. Non si dovrebbe mai percepire la dieta come una privazione, ma piuttosto come un percorso di scoperta verso un modo di nutrirsi piacevole e soddisfacente. L’obiettivo di una dieta personalizzata è, infatti, quello di garantire il benessere a lungo termine. Questo significa creare un rapporto sano e sereno con il cibo, evitando lo stress delle diete yo-yo o la sensazione di sacrificio che spesso accompagna le diete standardizzate. In questo modo, la persona può raggiungere risultati duraturi, coltivando al contempo abitudini alimentari che supportano uno stile di vita sano e felice.

Dopo le feste: come rimettersi in forma senza cedere a diete estreme
Durante il periodo natalizio, social media, televisione e giornali si concentrano spesso sulla condivisione di ricette per le festività, celebrando i momenti conviviali attorno alla tavola. Tuttavia, subito dopo, l’attenzione si sposta drasticamente su consigli per "rimettersi in forma", spesso puntando il dito verso gli "eccessi" commessi, e associando i pasti celebrativi a concetti negativi come “sgarri” o “abbuffate”. Questa narrazione rischia di alimentare sensi di colpa e rimorsi, spingendo molte persone a cercare rimedi miracolosi o “detox” per riparare ai presunti errori. È importante fare chiarezza: il nostro corpo è una macchina straordinariamente efficiente. Grazie all’azione degli organi emuntori – fegato, reni, intestino e anche pelle – è perfettamente in grado di eliminare metaboliti di scarto e sostanze nocive in completa autonomia. Non servono protocolli estremi o restrizioni eccessive per “purificarlo”. Adottare diete drastiche o non sostenibili non solo non velocizza i processi naturali del nostro organismo, ma può anche compromettere il nostro equilibrio fisico e mentale. Anziché concentrarci su cosa eliminare dalla nostra alimentazione, possiamo riflettere su cosa possiamo aggiungere per supportare il nostro benessere. Se durante le feste abbiamo messo da parte alimenti ricchi di fibre, vitamine e minerali come verdure, frutta, cereali integrali, legumi e acqua, questo è il momento ideale per reintrodurli con gradualità e consapevolezza nella nostra dieta. Questi alimenti non solo favoriscono il corretto funzionamento del nostro organismo, ma contribuiscono a ristabilire un rapporto equilibrato con il cibo. Ascoltiamo il nostro corpo: ha una straordinaria capacità di comunicarci ciò di cui ha bisogno. La chiave sta nel ritrovare un’alimentazione varia, bilanciata e gratificante, senza lasciarci condizionare da sensi di colpa o da messaggi allarmistici. Le festività sono momenti di condivisione e gioia, e non dovrebbero mai essere ridotte a un’occasione per giudicare noi stessi o il nostro stile di vita. E se abbiamo iniziato il nuovo anno con buoni propositi, come adottare uno stile di vita più sano, affidiamoci a professionisti qualificati che possano guidarci con competenza e personalizzazione. Abbandoniamo il fai da te e scegliamo un approccio consapevole, basato su consigli scientifici e strategie sostenibili, per costruire abitudini che ci accompagnino nel tempo.

"Natale senza stress e sensi di colpa": suggerimenti su come godersi al meglio una tavola festiva
Le festività natalizie rappresentano un momento speciale, ricco di gioia e condivisione, da trascorrere con la famiglia e le persone care. E quale modo migliore di celebrare, se non condividendo buon cibo? Tuttavia, nonostante siano brevi, le feste possono avere un impatto significativo. Ecco alcuni consigli su cosa evitare e cosa valorizzare a tavola durante questo periodo. Allontana osservazioni sulla quantità di cibo, sulle restrizioni alimentari o sul peso. Frasi come: "Mamma mia quanto stiamo mangiando! Da domani dieta ferrea!", "Tanto questa sera non cenerò!", o "Hai preso/perduto peso? Stai meglio!" rischiano di creare tensione e compromettere l’armonia del momento. Una tavola serena giova a tutti! Evita di cedere a pensieri di colpa che portano a riduzioni o compensazioni eccessive. Questi atteggiamenti possono innescare un circolo vizioso, allontanandoti dai reali bisogni del tuo corpo e lasciandoti con un senso di frustrazione e tristezza. Cosa, invece, offrire? Convivialità e tradizione: sono l’essenza delle feste e la base della piramide alimentare. Proponi ricette di vario tipo, dalle più elaborate alle più semplici, per offrire una scelta varia e inclusiva. Fai attenzione, però, alla quantità: ogni anno, durante le festività natalizie, si sprecano circa 500 mila tonnellate di cibo nelle case italiane! Concediti una pausa dai numeri e dal controllo. Un pasto più ricco non comprometterà i progressi fatti durante l’anno! Non c’è bisogno di diete drastiche o digiuni, ma nemmeno di eccessi: goditi i pasti natalizi con equilibrio, sentendoti sazio ma senza abbuffarti o sgranocchiare dolci per tutto il giorno. E se il menù prevede molte portate, inizia con piccole porzioni: questo ti permetterà di assaggiare tutto senza sentirti appesantito. E ricorda: puoi sempre fare il bis, se lo desideri. E soprattutto: non pesarti il giorno dopo un pasto abbondante!Eventuali variazioni sulla bilancia saranno legate ai liquidi o alla digestione, non al grasso corporeo. Evita di farti condizionare da numeri temporanei che potrebbero influire negativamente sul tuo umore. Se segui un’alimentazione sana ed equilibrata durante l’anno, puoi concederti senza problemi qualche sfizio durante le feste. Il Natale è un momento di festa, quindi goditi ogni attimo senza rammarichi o paura di ingrassare!

Broccoli, cavoli e cavolfiori: il potere anticancro delle "crucifere" che dovremmo mangiare di più
Broccoli, cavolfiori, verza, rape, cavoletti di Bruxelles e cavoli: la variopinta famiglia delle crucifere non è solo un’esplosione di sapori e colori in cucina, ma anche una miniera di benefici per la salute. Questi ortaggi, spesso sottovalutati e confinati al ruolo di contorni, meritano invece un posto d’onore nella nostra alimentazione quotidiana, grazie alle loro proprietà nutrizionali e agli effetti protettivi contro gravi patologie, come il cancro. Secondo numerosi studi scientifici, infatti, il consumo regolare di crucifere è associato a un ridotto rischio di sviluppare tumori, in particolare quelli che colpiscono l’apparato digerente. Chi evita questi alimenti, invece, sembra essere maggiormente predisposto a tali patologie. Il loro superpotere risiede nel sulforafano, un composto chimico naturale che non solo conferisce alle crucifere il tipico aroma pungente, ma si distingue anche per le sue molteplici azioni benefiche. Questa sostanza agisce principalmente come un potente antiossidante: combatte i radicali liberi, in particolare le specie reattive dell’ossigeno, molecole instabili che possono danneggiare cellule, tessuti e DNA, favorendo lo sviluppo di malattie croniche. Ma le sue virtù non si fermano qui: questa molecola è capace di ostacolare la proliferazione delle cellule cancerose, promuovere l’apoptosi (ovvero la morte cellulare programmata), inibire l’angiogenesi (la formazione di nuovi vasi sanguigni che nutrono i tumori) e bloccare la migrazione delle cellule tumorali, limitando così la formazione di metastasi. Oltre al potenziale effetto anticancro, le crucifere vantano un profilo nutrizionale di tutto rispetto. Sono ricche di fibre, che favoriscono la salute intestinale e aiutano a controllare i livelli di zucchero nel sangue, oltre a contenere vitamine (in particolare C, K e alcune del gruppo B) e minerali essenziali come potassio, calcio e ferro. Questi ortaggi contribuiscono inoltre al rafforzamento del sistema immunitario e al mantenimento della salute cardiovascolare. Nonostante il loro straordinario potenziale, le crucifere richiedono attenzione nella preparazione. I loro composti benefici sono infatti sensibili al calore e tendono a dissolversi facilmente in acqua. Per preservare al meglio il sulforafano e le altre sostanze bioattive, si consiglia di optare per cotture brevi e delicate, come la cottura al vapore o la bollitura in poca acqua. Quest’ultima, ricca di nutrienti, può essere riutilizzata per preparare zuppe, risotti o cous cous, evitando sprechi e valorizzando ogni elemento del pasto. In alternativa, il consumo a crudo di alcune varietà, come i broccoli o il cavolo riccio (kale), rappresenta un’ottima soluzione per massimizzare l’assunzione di sulforafano. Per esempio, i broccoli crudi possono essere aggiunti a insalate o frullati, offrendo un boost nutrizionale naturale. È importante sottolineare che nessun alimento, per quanto benefico, può agire da solo come soluzione miracolosa contro il cancro o altre malattie. La prevenzione si costruisce giorno dopo giorno attraverso un approccio complessivo che includa una dieta equilibrata, varia e ricca di vegetali, insieme a uno stile di vita sano. Evitare il fumo, praticare regolare attività fisica e mantenere un peso corporeo adeguato sono altrettanto fondamentali per tutelare la nostra salute a lungo termine. Integrare più crucifere nella nostra alimentazione non è solo una scelta gustosa, ma un investimento consapevole per il benessere futuro. Un semplice gesto, come scegliere questi ortaggi per arricchire il piatto quotidiano, può fare la differenza per la salute nostra e di chi amiamo.

Succhi di frutta: benefici e rischi per la salute, come regolarsi
I succhi di frutta sono tra le bevande più consumate, specialmente dai bambini, grazie al loro sapore gradevole e alla praticità di poterli portare facilmente nello zainetto per la merenda a scuola. Per molti, genitori e non, rappresentano un’alternativa salutare alle bevande dolci e gassate, oltre che un modo per arricchire la dieta quotidiana di grandi e piccoli con liquidi e frutta. Tuttavia, bere un succo di frutta, anche se di qualità, non equivale a consumare un frutto intero. La frutta fresca è ricca di vitamine, minerali, fibre e fitocomposti, un insieme di sostanze con effetti protettivi per la nostra salute. Al contrario, i succhi di frutta hanno una composizione molto diversa: sono più ricchi di zuccheri e poveri di fibre e altri micronutrienti. Un consumo eccessivo di succhi può infatti aumentare il rischio di obesità, malattie correlate e problemi ai denti. Ma qual è il consumo corretto? Esistono succhi migliori di altri? Il problema non è l’alimento, ma il consumo sbilanciato. I succhi di frutta non sono dannosi di per sé, ma è importante consumarli con moderazione. È preferibile scegliere prodotti senza zuccheri aggiunti e inserirli in una dieta varia ed equilibrata. È fondamentale ricordare che bere un succo non equivale a mangiare il frutto corrispondente, come spiegato in precedenza. Inoltre, è essenziale monitorare l’apporto giornaliero complessivo di zuccheri, educando soprattutto i più piccoli al gusto e alla consistenza della frutta intera, piuttosto che abituarli esclusivamente a succhi, spremute o bevande confezionate, spesso addolcite ulteriormente. Infatti, molti succhi di frutta in commercio contengono zuccheri aggiunti. Anche le diciture come “senza zuccheri aggiunti” o “contiene solo zuccheri della frutta” possono essere fuorvianti: un succo 100% frutta, pur senza edulcoranti, contiene comunque il fruttosio naturalmente presente nella frutta. In alcuni casi, per rendere il sapore più dolce, viene aggiunto succo d’uva, che, pur essendo frutta, aumenta ulteriormente la concentrazione di zuccheri semplici nella bevanda. Come regolarsi quindi? Bere succhi di frutta dovrebbe rimanere un’abitudine occasionale. Se graditi, possono essere consumati in quantità moderate, ma non sistematicamente e, soprattutto, mai come sostituti della frutta fresca o dell’acqua. E per i bambini? I pediatri di tutto il mondo raccomandano un consumo limitato di succhi di frutta per i bambini in età scolare, mentre è consigliato evitarli del tutto durante lo svezzamento.

Obesità e stigma, perché colpevolizzare non aiuta a perdere peso
Quando si parla di obesità, l’attenzione è spesso rivolta all’impatto che l’eccesso di peso può avere sulla salute fisica della persona. Tuttavia, uno degli aspetti più debilitanti del vivere con l’obesità è lo stigma associato a questa malattia cronica e a chi ne è affetto. Per stigma verso l’obesità si intende un giudizio negativo costante, pervasivo e ampiamente tollerato nei confronti di chi soffre di questa patologia. Questo atteggiamento non solo rende la vita di queste persone più difficile, ma ha anche effetti negativi, diretti e indiretti, sulla loro salute. Infatti, le persone con obesità sono spesso bersaglio di stereotipi negativi che le descrivono come golose, pigre, prive di forza di volontà e incuranti della propria salute; in altre parole, vengono considerate colpevoli della loro condizione. Lo stigma si manifesta in diversi modi: commenti (spesso rivolti all’aspetto fisico o alle abitudini alimentari), atteggiamenti di evitamento o marginalizzazione, e vere e proprie forme di discriminazione nelle aree più importanti della vita, come scuola, lavoro, cure sanitarie e relazioni interpersonali. Questo si traduce in penalizzazioni salariali, mancate assunzioni, valutazioni accademiche inferiori e cure mediche sommarie o frettolose. Le evidenze mostrano che i medici dedicano meno tempo ed educazione sanitaria ai pazienti con obesità rispetto a quelli normopeso. Inoltre, i pazienti che subiscono discriminazioni in ambito sanitario traggono meno beneficio dai trattamenti e hanno maggiori probabilità di evitare cure future. Ma da dove nasce questa ostilità? Spesso deriva da una visione semplicistica e poco realistica dell’obesità e delle sue cause, ridotte alla combinazione di iperalimentazione e sedentarietà. Questa visione porta a considerare l’individuo goloso e pigro, responsabile del proprio male, e suggerisce che la soluzione sia altrettanto semplice: mangiare meno e muoversi di più. Chi non riesce a farlo viene quindi percepito come poco determinato, incapace o dedito agli stravizi. Questi stereotipi, poi, sono amplificati dai mezzi di comunicazione, che mostrano spesso immagini di persone intente a mangiare eccessivamente, in atteggiamenti passivi, o mettono in evidenza corpi non conformi agli standard sociali. Ma colpevolizzare chi è in sovrappeso aiuta davvero a farlo dimagrire? Se così fosse, probabilmente oggi la popolazione mondiale sarebbe in peso forma. Al contrario, numerosi studi dimostrano che lo stigma e il giudizio negativo aumentano il consumo calorico e l’evitamento di comportamenti salutari, per paura di essere ulteriormente incolpati e stigmatizzati. Quali sono quindi le strategie efficaci? È necessario considerare l’obesità non solo come un problema medico, ma anche come una questione di diritti umani, riconoscendo che ogni individuo, indipendentemente dal proprio peso, merita dignità, rispetto e accesso a cure sanitarie di qualità. Inoltre, è importante promuovere la salute senza legarla esclusivamente alla perdita di peso, concentrandosi invece su comportamenti modificabili e ricordando che la perdita di peso non è, di per sé, un comportamento.

"Il diabete è la più diffusa tra le malattie metaboliche": come gestirlo e prevenirlo
In occasione della Giornata Mondiale del Diabete svoltasi il 14 novembre, è fondamentale promuovere la consapevolezza su questa patologia cronica, che colpisce milioni di persone nel mondo. Il diabete è la più diffusa tra le malattie metaboliche ed è caratterizzato da un aumento dei livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia), dovuto all’incapacità dell’organismo di metabolizzare correttamente i carboidrati. Questa condizione deriva, nella maggior parte dei casi, da una produzione insufficiente di insulina da parte del pancreas o da una ridotta sensibilità delle cellule all’ormone. Parlare di diabete a chi non lo conosce a fondo non è semplice, soprattutto perché si presenta in diverse forme, tra cui le principali sono il diabete di tipo 1 e quello di tipo 2. Riconoscere tempestivamente il tipo 1, particolarmente nei bambini e nei giovani, è cruciale per evitare ritardi nella diagnosi, mentre per il tipo 2 è altrettanto importante intervenire preventivamente sui fattori di rischio per ridurne l’insorgenza. Il diabete di tipo 2 rappresenta circa il 90% dei casi totali e si manifesta generalmente dopo i 40 anni. A differenza del tipo 1, che ha un’origine autoimmune, il tipo 2 è causato da una combinazione di fattori genetici e ambientali, tra cui spiccano la predisposizione familiare, il sovrappeso, l’obesità addominale, una dieta squilibrata e la sedentarietà. È importante sottolineare che il diabete di tipo 2 non si sviluppa improvvisamente, ma è il risultato di un processo graduale. Per questo motivo, adottare uno stile di vita sano è essenziale, sia per prevenirlo che per gestirlo. Dieta ed esercizio fisico non sono solo strumenti di prevenzione, ma costituiscono veri e propri pilastri della terapia. Una dieta bilanciata deve controllare i livelli di glicemia, permettere il raggiungimento e il mantenimento del peso corporeo ideale, prevenire e gestire i fattori di rischio cardiovascolare e promuovere uno stato di benessere fisico e psicologico. La dieta deve essere personalizzata, tenendo conto delle abitudini alimentari e delle esigenze di vita di ciascun individuo. Gli alimenti consigliati includono cereali integrali, verdure, legumi e frutta (in quantità moderate e con basso contenuto di zuccheri). Le fonti proteiche preferibili sono quelle magre, come il pollame e il pesce, accompagnate dall’olio extravergine d’oliva, ideale come condimento. Anche i carboidrati devono essere consumati con moderazione: meglio scegliere pasta e riso integrali, con condimenti semplici come sughi di pomodoro, verdure o legumi. È importante evitare di combinare nello stesso pasto più alimenti ricchi di amidi, come pane e pasta o pizza e riso. Attenzione, però, alle porzioni: un eccesso di cibo, anche sano, può contribuire all’aumento di peso, mentre quantità troppo ridotte possono causare ipoglicemia (abbassamento eccessivo del livello di zucchero nel sangue). L’attività fisica regolare è una componente essenziale nella gestione del diabete. Non solo aiuta a ridurre lo stress, ma migliora anche la sensibilità all’insulina e il metabolismo, contribuendo a un migliore controllo glicemico. In conclusione, affrontare il diabete richiede una combinazione di consapevolezza, prevenzione e interventi mirati. La corretta informazione è il primo passo per aiutare chi ne è affetto a vivere meglio e per ridurre il rischio di nuove diagnosi.

Uovo, colesterolo e i miti da sfatare: tutti i benefici racchiusi in un solo guscio
L'uovo è un alimento straordinario che racchiude in un guscio tutti i nutrienti essenziali per la vita, dalle proteine di alta qualità alle vitamine fondamentali. Da sempre elemento centrale nella nutrizione umana, è una fonte proteica eccellente e fornisce numerose vitamine, inclusa la B12, di cui un solo uovo può coprire oltre la metà del fabbisogno giornaliero, essenziale per il corretto funzionamento dell’organismo. Nonostante questi benefici, per anni le uova sono state evitate da chi soffre di ipercolesterolemia, a causa del loro elevato contenuto di grassi e colesterolo. Ma è davvero necessario eliminarle dalla dieta per tenere sotto controllo il colesterolo? Il colesterolo delle uova contribuisce solo in minima parte al colesterolo totale nel sangue, influenzando solo circa il 20% dei livelli ematici, poiché la maggior parte (l’80%) viene prodotta direttamente dal nostro organismo. A incidere negativamente sui livelli di colesterolo ematico sono infatti più l’eccesso di acidi grassi saturi e trans, presenti soprattutto in prodotti industriali, latticini e carne rossa, e il consumo di zuccheri raffinati. Anche una scarsa assunzione di grassi essenziali (contenuti nel pesce azzurro, nella frutta secca e nei semi) e di fibre può contribuire a uno squilibrio lipidico. Non da meno, la sedentarietà è un fattore chiave: uno stile di vita attivo aiuta infatti a mantenere il colesterolo sotto controllo. Oggi le uova sono state “riabilitate” all’interno di una dieta equilibrata: è possibile consumarne anche una al giorno senza rischi per la salute, purché si mantenga uno stile di vita bilanciato e attivo. Infatti, ciò che conta è l’equilibrio generale della dieta, non il singolo alimento. È fondamentale includere abbondanti verdure ricche di fibre, variare le fonti proteiche, preferendo alimenti vegetali come legumi e cereali, e optare per il pesce rispetto alla carne rossa. In sintesi, le uova possono far parte di un'alimentazione equilibrata, anche per chi soffre di ipercolesterolemia, ricordando sempre che è il complesso delle abitudini alimentari e dello stile di vita a fare la differenza per la salute.

Carenza di ferro, un problema che colpisce l'80% della popolazione: come ottimizzare l'assorbimento
Il ferro è un nutriente fondamentale per la nostra salute, indispensabile per la produzione di emoglobina, la proteina nei globuli rossi responsabile del trasporto dell’ossigeno in tutto il corpo. Nonostante la sua importanza, la carenza di ferro è sorprendentemente diffusa: secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, fino all'80% della popolazione globale potrebbe esserne colpita, con le ragazze in età fertile tra le categorie più vulnerabili a causa delle perdite ematiche mestruali. La carenza di ferro può portare all'anemia sideropenica, una condizione che si manifesta con sintomi quali stanchezza, indebolimento del sistema immunitario e difficoltà nella termoregolazione. Per valutare se si è carenti di ferro, il dosaggio della ferritina nel sangue è un metodo efficace e ampiamente utilizzato. Come affrontare la carenza di questo elemento? Mangiare più carne rossa è davvero sufficiente? È importante sapere che il ferro negli alimenti si presenta in due forme: il ferro eme e il ferro non eme. Il ferro eme, presente negli alimenti di origine animale come le carni rosse e i frutti di mare, è facilmente assorbibile dal nostro organismo. Al contrario, il ferro non eme, contenuto in alimenti vegetali come legumi, rucola, timo, cereali integrali, broccoli e carciofi, viene assimilato con maggiore difficoltà. È risaputo che una dieta ricca di fonti vegetali sia associata a numerosi benefici per la salute, mentre un consumo eccessivo di carni rosse può comportare rischi. Di conseguenza, è fondamentale imparare come ottimizzare l’assorbimento del ferro dai vegetali, senza compromettere il proprio benessere con un consumo eccessivo di carni rosse. Per migliorare l’assorbimento del ferro non eme, è utile combinare questi alimenti con fonti di vitamina C, come agrumi, kiwi, peperoni e pomodori, o con alimenti contenenti ferro eme. Ad esempio, condire vegetali e legumi con succo di limone o preparare una pasta integrale con un sugo di vongole e pomodorini freschi può essere un'ottima strategia. Inoltre, il ferro presente nei cereali integrali e nei legumi è spesso legato all’acido fitico, una molecola che ne riduce l’assimilazione. Un rimedio efficace per ovviare a questo problema è lasciare questi alimenti in ammollo per tutta la notte prima della preparazione. Anche la modalità di cottura gioca un ruolo cruciale: le alte temperature possono ridurre la biodisponibilità del ferro, quindi è preferibile consumare i vegetali crudi o cucinarli in modo breve e delicato per preservarne le proprietà nutrizionali. Al contrario, abbinamenti come quelli con latte, formaggi e bevande contenenti tannini, come tè e caffè, possono ostacolare l’assorbimento. Anche il vino rosso, spesso associato al consumo di carne, può limitare l’efficacia dell’assimilazione del ferro. In conclusione, contrariamente a quanto si possa pensare, una bistecca (soprattutto se accompagnata da un bicchiere di vino) non è necessariamente la soluzione ideale per affrontare una carenza di ferro. Prestare attenzione agli abbinamenti e alle tecniche di preparazione degli alimenti può fare una grande differenza nel migliorare l’apporto di ferro nella dieta, permettendo di sfruttare al meglio le fonti alimentari disponibili e mantenere un buono stato di salute.

Colore e Salute: i vantaggi della melagrana nella dieta autunnale
L’autunno tinge dei suoi colori l’atmosfera e porta su le nostre tavole uno dei suoi frutti più rappresentativi: la melagrana. Un frutto ricco di valori nutrizionali e un vero toccasana per la nostra salute. Scopriamo insieme tutte le proprietà di questo “superfood”. La parte edibile, ovvero i semi caratterizzati dal famoso colore rosso, contiene acqua e una quota significativa di zuccheri semplici, che le danno il suo sapore dolce. Questo aspetto è bene tenerlo in considerazione quando si consuma il succo di melagrana, ed è bene quindi evitare di aggiungere ulteriore zucchero alla bevanda. Le sue proprietà e virtù più importanti sono legate alla presenza di grandi quantità di antiossidanti, vitamina C e provitamina A, ma soprattutto a composti fenolici, che le conferiscono l’attraente colore rosso. Tra questi troviamo le antocianine, molecole in grado di proteggere il cuore, agendo nei confronti di diversi fattori di rischio cardiovascolari, tra cui il profilo lipidico e l’elasticità dei vasi sanguigni. Ma la ricchezza dei composti fenolici non si ferma qua. Gli ellagitannini, ad esempio, sono molecole che, nell’intestino, possono trasformarsi in acido ellagico, sostanza che presenta capacità antinfiammatorie e antiossidanti e che in molti studiano per le sue proprietà antitumorali. Grazie a queste sostanze, la melagrana può essere considerata un frutto ideale da inserire nella dieta per prevenire patologie cardio-vascolari, tumori e patologie neurodegenerative, ma anche un frutto “anti-invecchiamento” per il ruolo dell’acido ellagico nell’impedire la degradazione del collagene. Inoltre, la melagrana è anche un’ottima fonte di fibre solubili e insolubili, che la rendono “un ottimo cibo” per il nostro microbiota intestinale, oltre a ridurre la colesterolemia. Un’altra importante caratterista, soprattutto per le donne, è l’elevata quantità di fitoestrogeni, utili nel combattere i sintomi della menopausa, come le vampate di calore. Ma non finisce qui! Numerosi studi hanno evidenziato che l’estratto di melagrana migliora la resistenza e le prestazioni dopo l'esercizio fisico, ed è pertanto indicato per coloro che praticano sport sia a livello agonistico sia a livello dilettantistico. Inoltre, grazie alle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, l’assunzione di estratti di melagrana sembrerebbe ridurre la sensazione di fatica associata all’allenamento. Insomma, un frutto dalle mille proprietà! Ma come consumarlo per apprezzarlo appieno? Aggiunto allo yogurt per una merenda o una colazione, o nelle insalate, nei primi piatti (risotto alla melagrana), nelle pietanze (salmone alla melagrana) per arricchirle di sapore e di fitocomposti.

Il circolo virtuoso tra microbiota intestinale e sonno: ecco come dormire bene
Il sonno è una componente fondamentale della nostra vita quotidiana, anche se spesso non gli diamo l’attenzione che merita. Può influenzare i livelli ormonali, l’umore e il peso; dunque, questo stato di riposo non è solo un momento per ritrovare le energie, ma una componente essenziale per il nostro benessere fisico e mentale. Tuttavia, insonnia, difficoltà ad addormentarsi, risvegli notturni sono problematiche sempre più comuni e diffuse che gravano fortemente sulla qualità della vita. Le cause dell’insonnia e dei disturbi del sonno possono essere molteplici e complesse: lo stress, l’ansia e le preoccupazioni hanno sicuramente un impatto negativo, così come le cattive abitudini quali l’uso eccessivo di smartphone o tablet prima di dormire, con la loro luce blu che inibisce la produzione dell’ormone che regola i cicli sonno-veglia, la famosa melatonina, può rendere difficile l’addormentamento. E se vi dicessi che anche il microbiota intestinale può influenzare la qualità del sonno? Non solo, e che il riposo influisce sulla salute dell’intestino? Facciamo un passo indietro. Il microbiota intestinale è l’insieme dei microorganismi simbiotici che colonizza il nostro intestino senza danneggiarlo. Esso è in grado di influenzare l’ambiente intestinale e gli altri organi, attraverso il rilascio nella circolazione di sostanze da esso prodotte, creando delle vere e proprie “connessioni” con gli altri sistemi. A sua volta però risente dell’attività degli altri organi e, non meno importante, della dieta. Un’alimentazione sbilanciata, quindi, si ripercuote sull’intestino, creando una situazione di “disbiosi”. Si parla sempre più spesso di un “asse microbiota-intestino-cervello”, che gioca un ruolo sulla qualità del sonno e che sta suscitando un crescente interesse. Infatti, alcune recenti ricerche hanno dimostrato che specifici cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale possono essere all’origine di diversi disturbi del sonno. Lo sa bene chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile (una volta definita “colite”), che difficoltà ad addormentarsi, sonno più breve, risvegli frequenti o sonno non ristoratore sono le manifestazioni più comuni. Quest’associazione è, però, reciproca. Infatti, se da un lato tale sindrome sembra pregiudicare e condizionare il sonno, è vero anche il contrario, ovvero che sia l’insonnia stessa a giocare un ruolo nella comparsa dell’intestino irritabile. In particolare, alcuni ricercatori hanno evidenziato un legame tra una qualità del sonno più scadente e una maggiore gravità e frequenza dei sintomi gastrointestinali nei soggetti con intestino irritabile, già nel giorno successivo. Il legame tra insonnia e intestino irritabile sembra quindi essere bidirezionale, e così come questa sindrome può peggiorare la qualità del sonno, l’insonnia può a sua volta intensificare i sintomi, in un circolo vizioso difficile da interrompere. Dunque, come possiamo agire? Sicuramente avere una corretta igiene del sonno è il primo passo per migliorare il riposo. Oltre a ciò, sia l’attività fisica che la dieta possono influire significativamente. Non basta evitare pasti abbondanti e difficilmente digeribili alla sera, ma è necessario modificare la propria dieta per ripristinare la condizione di “eubiosi” intestinale. Come? Una buona base di partenza sarà ridurre i cibi ricchi in grassi e bilanciare l’apporto di fibre durante la giornata. Attenzione però, ogni disbiosi è differente, sarà compito quindi dello specialista della nutrizione individuare il piano alimentare più adatto all’esigenze del singolo. Prendetevi cura del vostro intestino e dormirete sonni tranquilli.