L'Arte di Essere Felici

Fine di un matrimonio

Fine di un matrimonio

Lui la guardò. - “E’ finita”, le disse. Furono le ultime parole che pronunciò guardando negli occhi sua moglie. Un  silenzio denso piombò su di loro, riempiendo ogni angolo della casa, a colmare quel vuoto che si era fatto spazio tra di loro, che li stava svuotando di tutto, anche dell’aria. Da quel momento nel cuore di lui qualcosa smise di battere;  un corto circuito blocco’ ogni passaggio di emozione, ogni sentimento anestetizzato. In quell’istante lei venne cancellata dalla sua vita, depennata, proprio come si fa con lista della spesa. Non era contemplato altro modo per sopravvivere, lui aveva capito:  lei aveva già deciso. Quella cucina che per due decenni aveva custodito l’intimità della loro quotidianità tra risate e futili litigi, sarebbe diventata testimone di qualcosa che non sarebbe più esistito. Lei se ne sarebbe andata e avrebbe chiuso per sempre quella porta che l’aveva vista tornare infinite volte a casa, con la gioia ingenua di chi crede che il proprio amore sia speciale, invincibile.     Si guardarono intorno sbigottiti, una sensazione di ineluttabilità plasmava ogni oggetto che li circondava. Tutto ciò che fino a pochi istanti prima poteva ancora avere l’illusione di rassicurante familiarità, all’istante divenne la testimonianza di una vita che non sarebbe più stata.   Quel giorno la fine arrivò senza preavviso. Un banale litigio, apparentemente come gli altri, segnò per sempre la morte di un amore e con esso il destino  di entrambi.   Lei tacque, si diresse verso la  grande finestra del salone sulla cui soglia tante volte si era appoggiata per osservare quel mondo fuori, del quale ora anche lei avrebbe fatto parte. Quelle mura di certezze che per anni l’avevano protetta, si stavano sgretolando e lei doveva essere forte per ricominciare a camminare sola tra sconosciuti, ignari del peso che portava dentro. In quel momento avrebbe desiderato urlare e combattere per salvare quello che rimaneva del sogno di un amore che si stava frantumando, ma rimase immobile. Stava morendo una parte di lei, doveva lasciare andar la moglie che era stata e la donna che aveva scelto e creduto in  quella vita. Doveva lasciar andare lui.   Lo sentì alle sue spalle, si girò con la lentezza di chi sa di essere condannato ed aspetta il verdetto.   Si guardarono a lungo negli occhi; fu l’ultima volta come marito e moglie. Fu l’inizio della fine di un matrimonio.                    

16/03/2025 11:15
Dialogo con il nostro bambino interiore: come ascoltarlo per costruire relazioni sane

Dialogo con il nostro bambino interiore: come ascoltarlo per costruire relazioni sane

In ogni essere umano risiede un "bambino interiore" di cui spesso si ignora l’esistenza, la cui voce, invece, è importante, perchè ci racconta il nostro lato più sensibile. Qui vengono custodite le esperienze dell’infanzia che inconsapevolmente oggi ci condizionano, influenzando la nostra capacità di costruire relazioni sane. Può capitare che da bambini si sperimenti il rifiuto o l’abbandono emotivo, nonostante i nostri genitori abbiano fatto del loro meglio per garantirci una stabilità affettiva. Molteplici situazioni di vita quotidiana, impercettibili per un adulto, potrebbero risultare così significative per un bambino da restare sepolte nel suo inconscio, continuando ad influenzare il comportamento e le relazioni da grandi. Il nostro bambino può comunicare i suoi bisogni inespressi a volte con un atteggiamento di difesa, dettato dalla paura di fidarsi degli altri, oppure con eccessiva disponibilità credendo di non meritare un amore incondizionato. Chi ha avuto una presenza genitoriale incostante, dove l’amore è stato imprevedibile, tenderà a vivere relazioni nelle quali non mettersi completamente in gioco. Si rimane sulla soglia della porta, senza entrare del tutto, senza sentirsi mai pienamente scelti ed amati. Si cerca questa forma di amore perché è l’unica che si conosce: è un’ambivalenza che, per assurdo, ci fa sentire più a nostro agio che nella certezza. In maniera disfunzionale si rimane legati a queste situazioni perché si riagganciano alla speranza sempre alimentata fin da piccoli di poter passare dall’essere un'opzione ad una priorità. Oppure c’è chi fin da bambino "era già grande", perchè ha dovuto prendersi cura di un genitore emotivamente fragile. Questo sarà un adulto che tenderà ad assecondare le esigenze degli altri, senza riuscire a porre confini sani con un "no" per rispettare i propri bisogni e desideri. Il primo passo per guarire il nostro bambino interiore è fermarsi ad ascoltarlo, riconoscere la sua presenza ed accogliere le sue fragilità con amore. Da adulti, questo credito d’amore del bambino che non ha ricevuto le cure adeguate, non possiamo chiederlo all’esterno: in una relazione sana nessun adulto può amare un altro adulto come se fosse un bambino. Soltanto noi possiamo amarci con gentilezza e comprensione, regalandoci tutte le cure che daremmo ad un nostro figlio. Guarire il nostro fanciullo interiore ferito è un viaggio profondo di consapevolezza, impegnativo ma necessario per alleggerirci dal peso del passato, per aprirci alla possibilità di vivere legami solidi. Impariamo ogni mattina ad osservarci allo specchio con accoglienza, a riconoscere il nostro valore e a trattarci con amore e rispetto. Lasciamo andare vecchie convinzioni interne che ci mentono, convincendoci di non essere abbastanza. La gratitudine è un’arma potente che ci permette di vivere nell’abbondanza, di avere fiducia in noi stessi e nella vita, ricordando che ogni persona merita la felicità.  

09/03/2025 12:50
Il bambino della prima fila e quel giorno in cui conobbi la gioia

Il bambino della prima fila e quel giorno in cui conobbi la gioia

Era bello lui! Capelli castani dorati, occhi nocciola, caldi come il tepore di un camino acceso quando fuori è freddo. Così lo ricordo, lui, il bambino della prima fila, quello bravo, il prediletto dalla maestra, quello che con l’espressione seriosa e quasi scontrosa, sapeva già tutto. Io riservata, seduta al banco in fondo, in ultima fila; lo osservavo con una certa soggezione. Guardavo quel maglioncino di lana a righe nei toni della terra, che vestiva una schiena che, seppur ancora piccolina, si presentava dritta e fiera. La lontananza e la mia timidezza rendevano ogni giorno un vero inferno: c’era una distanza incolmabile tra il mio desiderio di chiedergli un temperino e tutti quei banchi tra di noi. La mattina percorrevo la strada che mi conduceva a scuola con una certa agitazione mista ad euforia, facevo di corsa le due rampe di scale fino alla mia classe, per poi bloccarmi sulla soglia della porta, sopraffatta dagli eventi e rassegnata mi sedevo al mio posto. Eravamo alla fine degli 70, in quel tempo la nostra Playlist musicale era: Isotta, Furia, Zorro, La bella lavanderina… Allora ebbi la fortuna di una maestra illuminata che, un giorno a ricreazione, chiuse la porta della nostra classe, fece spazio, accese un giradischi giallo e tempo qualche secondo fece partire la nostra canzone:  “Isotta Isotta dai che ce la fai, Strombetta, metti la marcia e vai!” Entusiasti cominciammo tutti a ballare! In una manciata di minuti avvenne la magia! Le tre file di banchi tra me e lui scomparvero, in un’istante conobbi la felicità! La gioia è l’emozione più desiderata dall’uomo a cui noi tutti tendiamo fin dalla prima infanzia. Credo che il suo significato più vero non sia tanto nell’emozione in sé nel momento stesso in cui la viviamo, che dura pochi istanti per poi dissolversi, ma nel percorso che viviamo per arrivare alla sua conquista. Quando siamo nel flusso, l’emozione che sperimentiamo è più profonda rispetto alla soddisfazione finale che otteniamo quando si avvera un desiderio. Durante il processo scopriamo noi stessi, acquisiamo nuove conoscenze, evolviamo, affrontiamo sfide e difficoltà fino ad arrivare al raggiungimento dell’obiettivo. Ogni passaggio di questo percorso ci dona gratificazione e fiducia conducendoci alla meta. La gioia non è legata solo al conseguimento del proprio sogno, ma alla capacità di vivere con consapevolezza e apprezzamento l’esperienza presente del viaggio, che porterà alla sua realizzazione.

02/03/2025 11:00
Difficoltà quotidiane, come affrontarle

Difficoltà quotidiane, come affrontarle

Quando abbiamo un malessere tendiamo ad arrovellarci alla ricerca della causa e di una soluzione immediata, la mente viene invasa da pensieri ed ipotesi alternative che possano condurci ad una risposta. Mettiamo in atto un’ immane fatica che ha come unico risultato di  aumentare la confusione. Se, invece, provassimo a fare il contrario? Se cominciassimo a fermarci ad ascoltare il vuoto dentro di noi?  Concedersi di non far niente per permettere di far emergere un’energia naturale che risiede in noi ma che soffochiamo spesso con pensieri tossici ripetitivi o con  preconcetti condizionati dalla cultura e dal contesto in cui viviamo. Proviamo ad abbandonare ogni sforzo, prendiamoci un momento per respirare profondamente, per ridurre l’attivazione del sistema nervoso simpatico, responsabile della risposta “lotta o fuga”. La respirazione lenta e profonda stimolerà il sistema parasimpatico che induce calma e rilassamento. Ora immaginiamo il nostro volto felice, soddisfatto; questo semplice esercizio può riattivare energie nascoste che spostano la visuale dal malessere presente ad un altro lato di noi che può condurci a nuove prospettive, sistemando in modo naturale le cose. Più continuiamo ad analizzare il problema, più ci perdiamo dentro, la  nostra mente ha il potere di ingigantire le difficoltà con scenari a volte autolimitanti. Prendere le distanze dalla nostra inquietudine, osservarci in modo diverso può ridimensionare la realtà circostante a cui riusciamo a dare un significato differente. Rimanere fermi su opinioni rigide può condurci lungo una strada chiusa dove non troviamo una via d’uscita. Dall’altro, abbracciare la flessibilità, lasciarsi condurre dal flusso della vita ci apre a nuove prospettive, allora cominciamo a fare ciò che ci viene naturale, in modo spontaneo perché lì troviamo la nostra reale identità a la risposta giusta per noi. Cedere all’energia naturale che sentiamo dentro di noi ci consente di manifestare la nostra essenza. Prendere un primo distacco dal problema presente ci permette di non identificarci con esso, comprendiamo che stiamo vivendo un momento difficile, ma è solo un momento, noi non siamo il nostro malessere. Così proviamo a sostituire i pensieri negativi con quelli positivi. L’insegnamento più potente è l’accettazione dell’incertezza come parte dell’esperienza umana, la nostra vita è piena di situazioni imprevedibili per cui agire senza aspettarsi che ogni cosa sia perfetta ci può donare una sensazione di libertà e serenità.  

23/02/2025 11:00
La forza nella fragilità: comunicare le nostre debolezze ci rende coraggiosi

La forza nella fragilità: comunicare le nostre debolezze ci rende coraggiosi

In quanto essere umani mortali viviamo una condizione di precarietà, nulla è scritto e per quanto cerchiamo di controllare, prevedere e pianificare la nostra esistenza, dobbiamo accettare la vulnerabilità e confrontarci con la nostra finitezza. La stessa filosofia stoica ha considerato la fragilità umana come un aspetto inevitabile della vita, una condizione naturale. Non possiamo gestire il destino e gli eventi esterni, ma solo la nostra reazione ad essi. L’uomo vive in una perenne tensione tra il voler raggiungere la perfezione ed il riconoscimento dei propri limiti. Gli eroi greci ci insegnano che  sebbene fossero dotati di eccellenti capacità erano pur sempre esposti ai fallimenti. Pensiamo ad Achille, nonostante fosse il guerriero più potente di tutti viene sconfitto da una freccia che lo colpisce proprio nel suo punto vulnerabile, il tallone. Lo stesso Ulisse, coraggioso e astuto combatte contro le sue stesse paure ed emozioni. Fragilità non significa debolezza, anzi quando l’accettiamo può diventare una risorsa potente che ci permette di crescere, di esprimere la nostra autenticità e di connetterci agli altri. Nel momento in cui riconosciamo ed accettiamo i nostri limiti costruiamo un legame profondo con le nostre emozioni e cominciamo un cammino di consapevolezza che ci permetterà di migliorare ed evolvere. Solo partendo dalle fragilità possiamo mettere in atto un percorso che ci insegni quella forza necessaria per affrontare ogni difficoltà e spingerci a rivedere vecchie convinzioni e a cercare nuove soluzioni per una realtà più solida. Nella nostra società si ostenta la perfezione e l’autosufficienza, mentre la fragilità viene spesso ignorata e nascosta. Questo approccio può avere gravi ripercussioni sulla nostra capacità di entrare in contatto con noi stessi e con la nostra reale natura.  Esternare le fragilità per condividerle con gli altri ci rende umani e ci avvicina agli altri. Nel momento in cui ci sveliamo all’altro senza maschere viviamo un senso di appartenenza, di maggiore intimità nelle relazioni e sperimentiamo un nuovo coraggio. Comprendere che la bellezza risiede anche nelle imperfezioni ci permette di essere vulnerabili ed apre la porta ad una comunicazione genuina. Accogliere la fragilità, nelle sue infinite potenzialità, ci dona l’opportunità di vivere con più intensità, in armonia con gli altri.    

16/02/2025 11:20
Il mito della caverna: il percorso dell'uomo dalle ombre dell'ignoranza alla luce della conoscenza

Il mito della caverna: il percorso dell'uomo dalle ombre dell'ignoranza alla luce della conoscenza

Immaginiamo un gruppo di prigionieri che fin dalla nascita sono rinchiusi in una caverna, legati in modo tale da poter vedere sulla parete di fronte solo ombre proiettate dalla luce di un fuoco. Questi poverini, non avendo mai visto null’altro nella loro vita, credono che queste ombre costituiscano la realtà. Un giorno, uno di loro si sveglia da questa illusione perché viene liberato e condotto fuori dalla caverna, dove scopre la vita reale con il cielo, il sole, la natura… Quando l’uomo torna dagli altri per liberarli, cercando di spiegare loro la verità, questi lo deridono e si rifiutano di credere alle sue parole. Per loro risulterà troppo difficile dubitare delle convinzioni nelle quali hanno sempre creduto e su cui hanno basato la loro esistenza. Con questa allegoria Platone, nel settimo libro della "Repubblica", rappresenta la prigionia psicologica di coloro che, vivendo nella propria realtà ristretta, sono incatenati da percezioni sensoriali limitate. In particolare, le ombre  simboleggiano le credenze ed i condizionamenti ricevuti, che accettiamo con schemi mentali rigidi senza alcun pensiero critico. Spesso ignorare costituisce uno status più comodo e rassicurante piuttosto che aprirsi ad una realtà più ampia. Questa tendenza della mente umana ad accontentarsi di ciò che è familiare, resistendo al cambiamento è evidente nel rifiuto di accettare la verità da parte degli altri prigionieri. Mettere in discussione la propria vita, benché misera ed infelice, per abbracciare l’ignoto, comporterebbe una grande dose di coraggio. L’ascesa alla luce del sole da parte del prigioniero, anche se inizialmente accecante e dolorosa rappresenta l’illuminazione intellettuale e filosofica a cui può ambire un uomo libero da preconcetti. Il processo di apprendimento è effettivamente spesso doloroso, perché ci porta a dover affrontare, a volte, un verità che non ci piace. Il Prigioniero che esce dalla caverna è l’uomo che compie un percorso evolutivo di consapevolezza interiore, che superando i propri pregiudizi riesce ad accedere alla luce di una conoscenza più ampia del mondo circostante e di sé stesso. Il filosofo greco ci invita a cercare un significato più profondo della realtà, a non accontentarsi delle ombre che sono immagini superficiali delle cose, per ambire ad apprendere la conoscenza, simboleggiata dal sole. 

09/02/2025 10:30
Il rituale: quel filo rosso invisibile che attraversa le generazioni

Il rituale: quel filo rosso invisibile che attraversa le generazioni

"Sogni d’oro e che Dio ti benedica". In una frase, l’intimità di un mondo familiare che inconsapevolmente si perpetua per generazioni. Ogni sera, da bambina, sotto le coperte attendevo impaziente quella promessa, sicura che non sarebbe mai stata disattesa. In una manciata di secondi si consumava un gesto d’amore che racchiudeva in sé un senso di eterno. Nel buio silente, che precedeva il sonno, la luce soffusa che filtrava dal corridoio portava con sé la voce calda e rassicurante di mia madre che, affacciata sull’uscio della porta della camera, mi avvolgeva come un mantello magico per condurmi nel mondo dei sogni. Un rituale che negli anni non ci ha mai lasciato, è stato sempre lì ogni giorno, assumendo forme diverse, accompagnando così la mia crescita. Un patto d’amore rinnovato ogni sera, lei non era una donna dai grandi abbracci, non li aveva mai ricevuti, così provava una sorta di pudore nel lasciarsi andare alle smancerie, ma in quelle poche parole mi svelava il suo universo intero. Ogni volta era come se mi dicesse: "dormi serena e sogna ...sogna caldi soli e cieli azzurri, fiori gialli e romantici tramonti...lasciati andare al sonno con dolci pensieri, io sarò sempre al tuo fianco e ti proteggerò". E così è stato finché ha potuto, poi un giorno non ce l’ha fatta e quella sera c’è stato il silenzio. Un silenzio assordante, nessuna parola, il vuoto, un buio freddo. Ho supplicato che quella porta si aprisse, che quella luce morbida arrivasse a me come miele per il cuore, ma non successe, in quel momento il mio mondo si spense. Ora sono una mamma e non c’è sera in cui non mi avvicini a mia figlia per sussurrarle all’orecchio: "Sogni d’oro amore mio e che Dio ti benedica". Ogni volta in cui pronuncio questa frase, sento la voce di mia madre che me la ripete dolcemente e nel pronunciarla io mi riconosco mamma e ritorno ad essere figlia. Sento la forza di un bene che prende intensità nel suo replicarsi e trasmettersi di generazione in generazione e comprendo che l’amore è un’energia che non conosce tempo e spazio. In questa nuova consapevolezza la sera, prima di abbandonarmi al sonno, lascio che la luce torni a riscaldarmi. La connessione che attraversa le generazioni è un sottile filo rosso invisibile che si tramanda di padre in figlio attraverso i secoli, intessuto nei gesti, nelle parole, nei rituali quotidiani, in ogni piega di una vecchia tovaglia stirata esattamente in quel modo. Un legame che contribuisce a delineare le dinamiche psicologiche che ci porteranno a ripercorrere gli stessi binari già tracciati moltissimo tempo prima di noi. Siamo un tutt’uno con il passato e conoscere la storia di chi ci ha preceduto ci può far ritrovare un senso di completezza ed un’armonia che nasce dal riconoscere il nostro posto in una trama senza fine. (Credit foto: Steve Allen / Shutterstock.com)

02/02/2025 11:40
"Koi no yokan: il presagio d'amore"

"Koi no yokan: il presagio d'amore"

"Koi no yokan" è una frase giapponese che con tre semplici parole riesce ad esprimere una sfumatura dell'anima. È quella intuizione del tutto illogica che sa di destino e che ci attraversa come un presagio, quando ci troviamo di fronte ad una situazione, ad una scelta o ad una persona per la prima volta. In amore è il momento esatto in cui, incrociando lo sguardo di uno sconosciuto, avvertiamo un legame profondo. Prende così forma una connessione alchemica, in cui il nostro cuore, con una sorta consapevolezza silenziosa, riconosce ciò che dovrà accadere. Prende vita una  promessa d'amore che non ha fretta, è un sentire superiore che si affida al destino. Si assiste al nascere di un legame emotivo che potrebbe ricordare un colpo di fulmine. Seppure sembrino eventi simili, in realtà il loro sviluppo segue strade molto diverse. Il Colpo di fulmine è una scintilla che si accende come un lampo improvviso, è un desiderio immediato ed illogico di conoscere una persona fino a quel momento estranea. È un'esperienza che, a volte, confonde fino ad idealizzare l'altro, rendendolo protagonista di un sogno che abbiamo costruito senza ben considerare la realtà. Il "koi no yokan" è invece un'intuizione che nasce con voce leggera dentro di noi e che matura con il tempo. È una sorta di conoscenza innata che non ha urgenza di esprimersi, fiduciosa in un senso di inevitabilità.  Si vive con forza calma la consapevolezza di un amore che ancora non esistente ma che sappiamo nascerà ed evolverà. Il colpo di fulmine è una questione di chimica, è simile ad una reazione immediata che può essere spiegata anche da fattori biologici ed ormonali; il koi no yokan è invece una connessione più profonda e misteriosa che implica la trasformazione di un incontro in qualcosa di prezioso. Come gli alberi spogli d’inverno accettano il vento gelido fiduciosi che la primavera arriverà portando con se la vita, i fiori ed i frutti, così un incontro tra anime non teme né il passare del tempo, né le distanza né situazioni momentaneamente avverse.  I due cuori pazienti sanno che la fioritura arriverà; è un'alchimia tra due essenze che non si consuma velocemente ma che si concede il tempo per conoscersi ed evolvere insieme. Come è possibile, in un mondo in cui la razionalità spesso domina, applicare questa sorta di sensazione sottile che si prova davanti ad una situazione che ci suggerisce che sta per accadere qualcosa di significativo, come se fosse già tutto scritto nel nostro destino? Considero importante affidarsi al proprio intuito, lasciare che gli eventi seguano il loro corso, senza forzare situazioni, accogliendo invece quei  momenti che sentiamo giusti. Penso sia essenziale vivere senza troppe aspettative rigide, per abbracciare  l’incertezza, consapevoli che alcune esperienze possano avere un significato non subito evidente.          

26/01/2025 10:50
Fiducia, quell'affidarsi che ci rende leggeri nel cuore e liberi nel cammino

Fiducia, quell'affidarsi che ci rende leggeri nel cuore e liberi nel cammino

Fiducia è il punto di resa totale, quando abbandoni le resistenze, la paura di vivere e compi un atto di coraggio, dettato dal cuore. Cominci, così, ad accogliere ogni esperienza, felice o dolorosa, come parte necessaria e giusta del tuo cammino evolutivo. In questo lasciare fluire c’è fiducia nel presente, essa dissolve le incertezze vincolanti, insegnandoci ad essere pronti al cambiamento e ad aprirci alle infinite possibilità che la vita ci offre. Ci dona le risorse necessarie per affrontare quelle trasformazioni che ci faranno crescere. Fiducia, dal latino "fidere" significa avere fede e in questo affidarsi ci rende leggeri, ci porta a riconoscere negli altri parti di noi stessi e a cogliere in loro ciò che di bello e prezioso possono donarci. Fiducia in se stessi vuol dire ascoltarsi senza paura del vuoto, liberi da ogni attaccamento, senza temere la solitudine; è lasciare andare i pregiudizi inculcati dall’educazione familiare che ci impongono di seguire modelli rassicuranti di coppia, famiglia e lavoro.  Avere confidenza con noi stessi significa ascoltare la nostra vocazione, il nostro sentire per non emulare una vita che non ci appartiene. Abbiamo bisogno di un tempo di qualità per entrare in contatto con il nostro nucleo più profondo, che ci guidi lungo l’esistenza. È fondamentale prestare attenzione all’intelligenza del cuore per non perderci nella frenesia e nello stress che alimentano insicurezza e senso di precarietà. L'esatto opposto della fiducia è la paura che spesso ci blocca, ci spinge ad erigere confini e ad evitare il confronto. Connettersi con le proprie paure, accettarle e affidarsi a qualcosa di più grande di noi, ci permette di essere presenti nel qui ed ora, consapevoli che ogni esperienza sarà una benedizione per la nostra crescita. Far scorrere la vita ci consente di guardare serenamente sia la realtà interiore che quella esteriore, di lasciare andare il controllo, le maschere, i giochi di potere, i conflitti e l’attaccamento. Sostituire l’Essere al Fare significa allontanarsi dai modelli di comportamento imposti, puntando alla realizzazione autentica della nostra esistenza in un viaggio di profonda conoscenza interiore.  

12/01/2025 10:50
La stanza dei sogni: il luogo dell’anima del nostro bambino interiore

La stanza dei sogni: il luogo dell’anima del nostro bambino interiore

Un tiepido pomeriggio d’estate in un giardino vicino al mare, la casa dei nonni, una bambina cammina curiosa accanto ad un’aiuola che costeggia il sentiero di sassolini che collega il cancello alla porta dell’ingresso. Ogni fiore celebra un colore e racconta storie di sogni che suo nonno ha seminato con mani pazienti. Lei avanza attratta dal profumo che l’avvolge, sente nell’aria un anelito di spensieratezza e di promesse. Sta per abbracciare i suoi nonni e varcherà la soglia della casa che per lei è un tempio sacro di ricordi e segreti, dove ogni stanza, seppur familiare, nasconde il fascino di ciò che resta da scoprire. Arriva alla grande cucina, il cuore pulsante dell’abitazione. Il luogo di emozioni espresse e taciute, di pensieri condivisi, di dolori, delusioni, aspettative tradite e gioie. Tutto intorno ad un tavolo, testimone silente di storie vissute. Nel passato che si intreccia al presente lei si muove con naturalezza, sente di far parte di questo mondo. C’è un richiamo antico che la spinge a salire i due scalini che separano il quotidiano dalla sala dei pranzi delle feste. In mezzo una scala, che come per magia la guida verso l’alto, al piano di sopra, dove l’attende la sua stanza preferita. La porta è semi aperta, le persiane socchiuse, nella penombra si intravede il pulviscolo che prende forma dalla luce dei pallidi raggi di un tramonto estivo. Nell’aria l’odore inconfondibile di carta ingiallita, rilegata in vecchi libri disposti ordinati uno dietro l’altro, pronti a raccontare storie di amori, di avventure e di misteri. Quelle mura l’attraggono e come in un incantesimo la guidano nel regno della fantasia dove illimitati mondi si dischiudono ed insieme a loro la possibilità di vivere infinite vite.  La bambina trova qui la sua quiete, circondata dai libri, in ognuno una promessa di emozioni, sogni e progetti. Un rifugio di parole ed immaginazione in cui poter volare con cuore leggero e curioso. Tornare indietro con la memoria alla stanza dei sogni della nostra infanzia, ci permette di riavvicinarci al luogo dell’anima del nostro bambino interiore. Qui possiamo ricontattare le nostre passioni più vere e comprendere gli interessi che ci appartengono nel profondo, che rappresentano la nostra essenza più autentica. Da bambini siamo stati magici, perchè connessi con la nostra parte più integra e non ancora contaminata dal mondo esterno. Allora, avevamo la purezza originaria dell’anima, l’unica in grado di svelarci le nostre attitudini e talenti. Provare a ricordare il modo in cui giocavamo da bambini ci potrebbe aiutare a comprendere molto di noi e dei nostri desideri, a volte, ancora inespressi.  

05/01/2025 11:00
"Il cuore sogna, la mente realizza"

"Il cuore sogna, la mente realizza"

"Il cuore il tuo comandante, la mente la tua arma più potente". Cuore e Mente possono essere complici e lavorare in armonia? Sono due mondi che coesistono dentro di noi, ognuno rivendica il primato sull’altro, creando, a volte, veri e propri conflitti. La confusione si insinua nei nostri pensieri, ci destabilizza, facendoci perdere di vista il vero cammino della nostra anima. Nella diatriba per la supremazia, il Cuore è il Re assoluto, è la forza motrice che guida la nostra esistenza. Quando iniziamo ad ascoltarci con il cuore abbiamo la possibilità di entrare in contatto con l’anima che ci indica la strada da seguire per la nostra realizzazione. In questo modo permettiamo alla vita di fluire, per arrivare a ciò a cui siamo destinati. Se priviamo il cuore del suo reale valore, rischiamo di seppellire le nostre emozioni più profonde e vere. Così, per paura di uscire dalla nostra comfort zone, garante di una quiete apparente, ci accontentiamo di una finta felicità. Accettiamo il compromesso, per non vedere una realtà che non ci piace o per timore di deludere le aspettative altrui. Quando è il cuore ad orientarci, ci lasciamo attraversare dalle emozioni, provando una nuova energia che vibra in ogni nostra azione. Esso ci mostra i nostri desideri più veri, le nostre passioni e ciò che ci motiva e ci stimola ogni giorno. Se il cuore ci fa luce sui nostri sogni, la mente ci aiuta a realizzarli. Quest’ultima ci permette di valutare con intelligenza le azioni necessarie per percorrere la strada che il cuore, come una bussola, ci ha indicato. La mente è preziosa perché ci invita a quella  riflessione che ci dà la possibilità di trasformare un’intuizione o una passione in scelte di successo. Il cuore è la fonte d’ispirazione per i nostri desideri, mentre la mente ci offre gli strumenti necessari al loro raggiungimento. Hanno bisogno l’uno dell’altro, una mente senza cuore non ci permette di sentire la nostra vera essenza e di assaporare la vita nelle sue molteplici sfumature, mentre un cuore senza mente porta al caos. Sono due risorse che, se ben armonizzate, ci donano una vita piena ed intensa, consentendoci di prendere decisioni con compassione e determinazione allo stesso tempo.

29/12/2024 11:20
"Le famiglie felici si somigliano"

"Le famiglie felici si somigliano"

"Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo". Così recita l’incipit del romanzo Anna Karenina di Lev Tolstoj. In poche parole la natura della felicità e dell’infelicità umana all’interno delle dinamiche familiari. Una famiglia felice è un concetto universale, un’immagine armonica di relazioni che si esprimono in una danza silenziosa di equilibri nascosti, fonte di benessere per i suoi partecipanti.  Non vi è alcuna condizione sociale che possa compromettere tale energia. Si respira un clima di rispetto reciproco, di collaborazione e di sostegno emotivo, si esce dal giudizio, l’unica cosa che conta è il benessere comune dove nessuno vuole prevalere sull’altro.  Non c’è competizione, ma desiderio di condividere la vita, lasciando gli altri liberi di svilupparsi come individui autonomi, senza alcuna aspettativa. I membri si sentono parte di un tutto e non entità separate. Una tale ritratto, dove i valori condivisi vengono supportati dalla fiducia, rappresenta una condizione facilmente riconoscibile, un’ideale di felicità che si esprime in modo simile nelle persone. Diversa è invece l’infelicità familiare che ha la capacità di assumere mille volti, che rispecchiano il vissuto di ogni componente in relazione all’altro. Possono essere molteplici le cause che portano dolore in una famiglia: mancanza di un reale legame emotivo, diversità di ideali, vedute e progetti distanti, problemi economici, malattie, tradimenti, traumi irrisolti, dipendenze, ruoli invischiati, manipolazioni, lutti. Ogni famiglia vive il proprio disagio con le sue sofferenze e traumi, frutto della molteplicità dell’esperienza umana. In questo contesto il Natale arriva impietoso per fare luce su ogni persona, illuminando le proprie dinamiche familiari, belle o meno belle che siano. È il momento in cui è vietato essere infelici, così la sofferenza si scioglie per magia intorno allo stesso tavolo e di fronte ad un brindisi si assiste alle resa momentanea delle armi.  La famiglia rappresenta una grande avventura per ogni essere umano dove poter mettere in scena la propria unicità per farla coesistere ed interagire più o meno felicemente con altre unicità.  Una possibilità di crescita se vissuta consapevolmente, con rispetto ed amore, dove ogni dinamica richiede empatia ed intelligenza.

22/12/2024 11:55
"L'inconscio in valigia e l'arte di viaggiare leggeri"

"L'inconscio in valigia e l'arte di viaggiare leggeri"

Quando nasciamo partiamo per un viaggio con la nostra personale valigia che, nel corso degli anni, diventa sempre più consistente, carica di esperienze gioiose e dolorose, ricca di sogni e rimpianti tutti lì stretti e compressi. Ogni cosa viene opportunatamente contenuta affinchè la valigia si possa chiudere. Camminiamo in mezzo agli altri con un bel trolley, spesso ben serrato con un codice segreto che rischiamo di dimenticare, perché noi quella valigia non l’apriamo mai! Completamente assuefatti al peso, crediamo che sia parte integrante di noi, così nel corso degli anni ci incurviamo sempre più. In questo modo ci sentiamo al sicuro. Poi accade un evento che ci costringe a fermarci per aprire la nostra valigia, in quel momento non c’è via d’uscita, dobbiamo osservare ciò che inconsapevolmente abbiamo riposto dentro nel tempo. Siamo liberi di non vedere e continuare a nascondere ciò che non ci piace oppure decidere di tirar fuori quel jeans ormai troppo stretto, strappato e consunto per ridargli nuova vita. La valigia può rappresentare il nostro Inconscio, non lo percepiamo consapevolmente, ma c’è ed ha un suo peso specifico! Secondo lo psicoanalista svizzero Carl Jung nell’essere umano coesistono due tipi di inconscio:  - L’inconscio personale che contiene tutti i ricordi, pensieri, emozioni e desideri strettamente legati alla storia individuale del soggetto, troppo dolorosi o scomodi, per cui sono stati in parte o completamente scacciati dalla coscienza. - L’inconscio collettivo è invece un concetto che appartiene a tutta l’umanità a prescindere dall’esperienza del singolo. Esso include: la nostra zona ombra, cioè tutte le parti di noi che rifiutiamo perché le percepiamo come negative e coincidono spesso con le nostre fragilità; l’anima che racchiude in sé l’energia maschile e femminile che coesistono in ognuno di noi; la nostra saggezza, rappresentata da Vecchio Saggio che con l’intuito e l’esperienza  ci guida; il Bambino che simboleggia l’innocenza, la trasformazione e la potenzialità. Tutte queste forze psichiche inconsce influenzano profondamente il nostro comportamento, le decisioni, le emozioni e la percezione della realtà.  Entrare in contatto e comprendere queste parti di noi così complesse significa alleggerire la nostra valigia per poter viaggiare liberi da pesi.      

15/12/2024 13:03
"Attese sospese nel tempo di una fermata"

"Attese sospese nel tempo di una fermata"

Apro gli occhi frastornata, credo di essermi addormentata per qualche istante, intorno a me movimenti concitati, un’energia colma di aspettative entra come una folata di vento a destabilizzare un’assonnata carrozza di un treno. Nella penombra della sera, quando la luce lascia il posto al buio con le sue innumerevoli possibilità, intravedo l’immagine di una donna che si sta sedendo proprio di fronte a me. Un’ansia silenziosa pervade lo spazio: il tempo di leggere qualche messaggio al cellulare ed eccola rialzarsi su come un grillo, estrae nervosamente un beauty dai meandri segreti della sua borsa e si dirige verso il bagno. Poco dopo sento riavvicinarsi il suo passo veloce, di chi non ha tempo da perdere, ed ancor prima arriva una scia di profumo, così intensa da poter inebriare tutte le undici carrozze del treno. Incuriosita osservo meglio la donna accennandole un sorriso, mi risponde quasi assente, è proiettata altrove, attenta a non sciupare il rossetto di fuoco appena ritoccato e l’intero make-up curato con l’attenzione di un pittore. Ha gli occhi brillanti di chi sta per vivere il suo Momento, quel credito con la vita a lungo atteso. Nella tensione del suo corpo longilineo avverto l’eccitazione per l’ignoto e la paura della delusione, ogni suo movimento è intriso di un’impazienza invisibile. Ha un volto magro e vissuto, di quelli che hanno affrontato diverse battaglie e che ora sono lì, presenti per rivendicare un’altra chance, forse una nuova possibilità d’amore? Chissà! Sono trascorsi appena trenta minuti, il treno rallenta, è la sua fermata! Con il cuore in tumulto si alza, afferra trepidante la borsa colma di speranze e va incontro al suo destino. Rimango affascinata da questa breve immagine in cui sento tutto il potere dell'Aspettativa. Una parola che racchiude in sé un grande significato, dal latino "expectare": aspettare. Composta a sua volta da "ex: fuori" e da "spectare: guardare". E’ un delegare fuori, all’altro la nostra felicità. Caricare un incontro di aspettative che rispecchino i nostri desideri più profondi ci può rendere fragili ed agitati, perché non abbiamo nessun controllo su ciò che è esterno a noi, portando, a volte, alla disillusione. In realtà non ti ha deluso la persona, ma ciò che tu ti aspettavi, ti delude l’immagine idealizzata che avevi costruito nella tua mente. Noi abbiamo la possibilità di liberarci da questo meccanismo Aspettativa - Delusione creato dalla mente. Ci viene richiesto di ascoltarci per entrare in contatto con i nostri desideri e quelle fragilità che vorremmo fossero compensate dall’altro in una sorta di proiezione.  Accettare con coraggio e consapevolezza la nostra imperfezione ci permette di migliorarci. Comprendiamo che solo noi possiamo donarci ciò che sentiamo mancare, allora cominciamo ad amarci e a riconoscerci il nostro valore. Questo ci regala quella centratura per vivere le nostre esperienze con leggerezza e serenità, accettando ogni evento serenamente, perché ciò che accade è esattamente l’esperienza di cui abbiamo bisogno.    

08/12/2024 12:00
"I giochi dell'anima: 10 minuti al giorno per fermarsi, respirare ed ascoltare la propria voce"

"I giochi dell'anima: 10 minuti al giorno per fermarsi, respirare ed ascoltare la propria voce"

È una giornata uggiosa, il cielo grigio ospita da giorni nuvole che sembrano non volersene più andare; le luci dei lampioni e dei negozi si riflettono sull’asfalto bagnato e la pioggia con il suo ritmo costante e pacato si mescola al brulichio di fondo dei passanti. Intorno a me respiro un’atmosfera malinconica, quasi struggente e affascinante allo stesso modo. Il saggio autunno è arrivato con il suo invito a riposare nel terreno caldo e accogliente della propria intimità. La quiete che mi avvolge è in contrasto con la mia eccitazione: sono emozionata, sento che sto andando ad un appuntamento importante con il mio destino. Quelle scelte inevitabili, fatte di pancia, delle quali non conosci esattamente il motivo, ma che sai dentro di te essere giuste. Decisioni che ti mostreranno nuovi orizzonti che fino a quel momento potresti non aver mai immaginato. Succede così, quando raggiungi una tale consapevolezza per cui ti senti centrato nel tuo essere, in cui non insegui nulla e nessuno e ti senti amore in tutto ciò che fai, a prescindere dalla presenza o meno di una relazione di coppia. È il momento di volare per avvicinarti ai tuoi sogni. In questo stato di pienezza acquisisci uno stato di pace, la tua anima è libera di esprimersi e di condurti verso il tuo destino. Invece trascorriamo troppo tempo a reprimerla perché scomoda. Presi dalle responsabilità e dai doveri che, a volte, ci siamo auto imposti, semplicemente perché ci avevano detto che andava fatto, reprimiamo i nostri bisogni ed i nostri slanci più veri in nome di qualcosa che nemmeno noi sappiamo bene cosa sia. Ci troviamo, ad un certo punto, a vivere come dei perfetti equilibristi in bilico. Questa vocina, può apparire dispettosa, perché ti invita a mettere in discussione quelle certezze sulle quali pensavi di poterti accomodare per il resto della tua vita. In alcuni casi, indomita, arriva a farsi strada con manie di grandezze, desiderosa di salire sul palco per ricevere i suoi applausi. Se ci mostriamo sordi ad ogni suo richiamo di attenzione, lei si vendica, lanciandoci messaggi attraverso il nostro corpo, ed ecco comparire quel prurito o un mal di testa. Nonostante ciò, spesso proseguiamo imperterriti per la nostra strada in nome di un concetto più alto e nobile: l’arte di sopportare!  Esiste un modo per lasciarla esprimere ed è fermarci un attimo. Dieci minuti al giorno in cui staccare con il mondo esterno, per entrare in contatto con la nostra realtà interna, nel completo silenzio. Cominciamo così a ringraziare per le cose belle della nostra vita, partendo dalle più semplici e scontate, per spostare l’ago della bilancia dalla scarsità del lamento alla pienezza della gratitudine.  

01/12/2024 11:10
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