Varie
"Altro che svendita, così valorizziamo i musei di Tolentino": la Giunta presenta la nuova gestione
L'amministrazione comunale di Tolentino ha presentato ufficialmente il nuovo gestore dei Musei Civici, della Sala di Lettura e dello IAT: si tratta della Cooperativa L’Orologio, selezionata tramite una gara pubblica nazionale. L’affidamento, della durata di quattro anni e dal valore complessivo di circa 500mila euro, è stato assegnato sulla base di un progetto culturale valutato in maniera trasparente e imparziale. "Abbiamo voluto una progettualità pluriennale che garantisse stabilità, programmazione e una visione professionale del nostro patrimonio culturale", ha spiegato l’assessore Diego Aloisi, che ha seguito l'intero iter. Il bando prevedeva l’80% del punteggio dedicato al progetto e solo il 20% al ribasso economico, assicurando così la qualità della proposta e tutelando i livelli occupazionali. La Cooperativa L’Orologio, attraverso la business unit "Sistema Museo", opera da oltre trent’anni nel settore della valorizzazione dei beni culturali. È presente in numerose realtà italiane e radicata anche nelle Marche, dove gestisce, tra gli altri, i Musei Civici di Pesaro, il Museo Nazionale Rossini, il portale MyRecanati e l’intero sistema museale di Macerata. Una rete ampia e qualificata che, secondo l’assessore alla Cultura Fabio Tiberi, rappresenterà un valore aggiunto per Tolentino: "La città deve guardare oltre i propri confini. Il Museo Internazionale dell'Umorismo e il Castello della Rancia sono asset strategici che meritano una promozione piena e coordinata, insieme alla Basilica di San Nicola e al Teatro Vaccaj". Il piano gestionale presentato dalla cooperativa prevede una revisione degli orari, un maggiore utilizzo del Castello della Rancia per il turismo scolastico, e una programmazione culturale capace di rendere i musei luoghi dinamici, accessibili e in dialogo con tutto il territorio. Sul fronte del personale, l’Orologio ha selezionato nuovi operatori tramite avviso pubblico, affiancandoli agli addetti delle precedenti gestioni tutelati da clausole di salvaguardia. La scelta, sottolinea l’Amministrazione, ha privilegiato figure qualificate e in gran parte di Tolentino, così da valorizzare competenze locali e garantire continuità. Nel corso della presentazione, l'amministrazione ha risposto anche alle recenti critiche emerse sul tema dell’affidamento. Secondo il sindaco Mauro Sclavi, le accuse di “svendita” dei musei sarebbero infondate: "Affermare che una cooperativa toscana gestirà tutto a distanza dimostra scarsa conoscenza delle procedure pubbliche e del contenuto del bando. C’è chi preferirebbe scelte discrezionali o confonde i cittadini parlando di concorsi pubblici per figure che il Comune di Tolentino - come la maggior parte dei Comuni - non ha mai avuto in organico". "Abbiamo scelto la strada più trasparente - ha concluso il sindaco - basata su un bando pubblico, su un progetto valutato da una commissione indipendente e su un gestore altamente qualificato, che lavorerà a stretto contatto con l'amministrazione. Solo così si tutela davvero il patrimonio culturale e si costruisce una città più moderna e attrattiva". Alla conferenza stampa erano presenti, oltre agli assessori Aloisi e Tiberi, Luca Covarelli (responsabile project financing Cooperativa Orologio), Barbara Rossi e Luca Forconi (coordinatori di zona Cooperativa Orologio), Samanta Casali (consigliere comunale), Piercarlo Guglielmi (vicesegretario comunale), le funzionarie dell'Ufficio Cultura Maura Gallenzi e Agnese Paoloni.
Alberi per i nuovi nati: grande partecipazione alla Festa dell'Albero di Sarnano
Si è svolta con grande partecipazione e coinvolgimento la Festa dell'Albero, promossa dai carabinieri della forestale che hanno coinvolto il comune di Sarnano e l'Istituto Omnicomprensivo Leopardi-Frau-De Magistris. L'iniziativa, tenutasi nella mattinata di venerdì 21 novembre, in occasione della giornata della Festa dell’Albero, al campo sportivo Maurelli, ha visto la piantumazione di alberi per celebrare i nuovi nati a Sarnano, in un gesto simbolico che unisce la bellezza della natura al valore della vita. L’evento ha rappresentato un momento di grande significato per l’intera comunità: bambini, famiglie, insegnanti e cittadini hanno partecipato attivamente a una mattinata dedicata all’ambiente, alla sostenibilità e all'amore per il territorio. Un gesto semplice ma profondo, che rafforza il legame tra le nuove generazioni e il paesaggio che le circonda. L'amministrazione comunale ringrazia i carabinieri della Forestale per l'idea dell’iniziativa e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione della giornata rinnovando così il proprio impegno per la promozione di manifestazioni volte alla tutela dell’ambiente e alla valorizzazione del patrimonio naturale del territorio. Un grazie particolare ai carabinieri della Forestale e all’Istituto Omnicomprensivo Leopardi-Frau-De Magistris per il loro prezioso supporto.
Macerata - Fedora e Francesca, il volto femminile dell’Arma: "Mai sottovalutare il primo gesto violento"
Nel silenzio di una caserma che si anima presto al mattino, il lavoro delle donne dell'Arma dei carabinieri che ogni giorno si occupano di violenza di genere non è fatto solo di procedure, ma di sguardi, parole, ascolto. In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, abbiamo incontrato due di loro, in servizio presso il Comando Provinciale Carabinieri di Macerata, per capire meglio cosa significhi operare in prima linea contro uno dei fenomeni più complessi e dolorosi della nostra società Ne parliamo con il Maresciallo Maggiore Fedora Oppido, Comandante del Nucleo Comando della Compagnia Carabinieri di Civitanova Marche e con il Maresciallo Ordinario Francesca Nuzzi, addetta alla Stazione Carabinieri di Recanati. Il Maresciallo Maggiore Fedora Oppido è sposata e mamma di due bambini di 3 e 6 anni. Dopo aver completato il suo percorso di studi presso la Scuola Allievi Marescialli di Firenze, ha prestato servizio in Calabria, poi in Lombardia, nell’ambito di reparti investigativi, quindi, a Roma, in un reparto interforze che opera in ambito internazionale e, dal 2013, è rientrata nella sua regione di origine, le Marche. Proprio nella sua terra ha avuto la possibilità di essere impiegata dapprima in un reparto a diretto contatto con i cittadini, la Stazione Carabinieri del bellissimo comune di Cingoli, dove ha avuto modo di poter affrontare la quotidianità di una comunità viva e dinamica, tuttavia, non estranea a problematiche connesse alla violenza di genere. Ha vissuto, poi, un’esperienza altrettanto significativa presso il Comando Provinciale di Fermo, dove è stata referente per la rete di contrasto alla violenza di genere, partecipando a numerosi incontri con altre Forze di Polizia ed Enti locali, finalizzati a creare un fronte comune e coordinato per la gestione degli episodi connessi alla violenza sotto ogni suo profilo. Da due anni è Comandante del Nucleo Comando della Compagnia di Civitanova Marche ma, anche nel nuovo incarico, continua a seguire con interesse e partecipazione le iniziative promosse in favore delle vittime vulnerabili, cercando di fornire il massimo supporto ai colleghi impiegati sul campo e promuovendo incontri presso enti esterni, le scuole in primis, finalizzati alla diffusione della cultura della legalità e, in essa, quella della lotta alla violenza contro le donne. - Mar. Magg. Oppido, quello della violenza di genere è un fenomeno attuale che si ripete con preoccupante frequenza. Quali sono gli strumenti che, secondo la sua esperienza professionale, sarebbe opportuno adottare per prevenirlo e contrastarlo efficacemente? "Il fenomeno della violenza di genere comprende un orizzonte molto ampio che, dalle molestie, ai maltrattamenti, sino alle privazioni economiche ed alle dinamiche di potere e ricatto, culmina nei femminicidi e negli episodi più cruenti di cui ai noti fatti di cronaca. Nonostante sia difficile stabilire quali siano gli strumenti più idonei per contrastare questo fenomeno, ritengo che monitorare e non sottovalutare tutti questi "reati spia" che precedono e fanno da apripista agli episodi più gravi, possa rivelarsi una strategia valida, se valutati in stretta correlazione ai "fattori di rischio" sottesi ad ogni singola situazione, come, ad esempio, l’abuso di alcol o di sostanze stupefacenti o contesti di isolamento e disuguaglianza. Allo stesso tempo è assolutamente necessaria una strategia a lungo termine che coinvolga tutte le Istituzioni, con interventi formativi e di sensibilizzazione su questo tema. E’ necessario interessare tutte le fasce di età e coinvolgere tutte le agenzie educative, affinché si formi una nuova cultura della legalità che abitui i giovani a un approccio sano e rispettoso alle relazioni affettive, libero da dinamiche di discriminazione e denigrazione". - Mar. Magg. Oppido, quali sono, in concreto, i campanelli di allarme che le potenziali vittime possono cogliere? "La violenza ha diverse forme e si manifesta talora con modalità del tutto subdole e spesso si nasconde dietro convincimenti e pregiudizi culturali. E’ necessario cambiare il modo in cui si percepisce la violenza poiché questo fenomeno non è un’emergenza estemporanea, ma è un problema strutturale e duraturo nella nostra società. In tal senso, ogni comportamento che possa essere ricondotto a indifferenza, ricatto, controllo, gelosia, senso di colpa, isolamento o manipolazione deve esser valutato quale segno d’allerta ed è necessario saperlo riconoscere come tale, per capire se si sta vivendo un rapporto sano oppure si è intrappolati in una relazione tossica. Se da un lato è compito dei professionisti del settore cogliere quei segnali anticipatori nascosti dietro ai "reati spia" denunciati dalle vittime inconsapevoli, allo stesso tempo, nessun cittadino dovrebbe voltarsi dall’altra parte quando, direttamente o indirettamente, si trovi ad affrontare un campanello d’allarme che coinvolga se stesso o chi gli sta accanto. Bisogna creare una rete intorno alle persone più vulnerabili e non aver paura di chiedere aiuto e rivolgersi alle Forze dell’Ordine, proprio per essere vicini a coloro che da soli non ce la fanno. Le porte delle nostre stazioni carabinieri sono sempre aperte e vi si potranno trovare professionisti seri e competenti, pronti ad ascoltare e ad assistere chi ne ha bisogno". Il Mar. Ord. Francesca Nuzzi ha 32 anni ed è originaria della provincia di Foggia. Da luglio 2025 è sottufficiale in sottordine presso la Stazione Carabinieri di Recanati, una comunità che le permette, nonostante la modesta vastità del territorio, di rapportarsi con un buon numero di cittadini i quali, per esigenze disparate, abbisognano di aiuto. Il suo obiettivo principale è quello di rispondere ad ogni esigenza, con prontezza, determinazione e comprensione, così che ogni persona, ogni cittadino, si senta costantemente accompagnato nei momenti di maggiore difficoltà. - Quando una donna dovrebbe chiedere aiuto e a chi dovrebbe rivolgersi? "Ogni donna, che sia o meno vittima di violenza, ha la possibilità di rivolgersi a noi, Arma dei Carabinieri, in ogni genere di contesto, che sia esso attinente ad un reato come quello rientrante nella categoria del “codice rosso”, o che sia anche soltanto per un semplice consiglio, legato magari ad una situazione di difficoltà emotiva nella quale versa, od ancora ad una qualunque situazione disagevole che possa ingenerare timore o preoccupazione, o ansia. Nel caso in cui una donna fosse vittima di violenza, fisica o psichica, è fondamentale che la stessa non vaghi nel buio, che non abbia la sensazione di non poter essere compresa da nessuno, ma che si lasci seguire, supportare ed anche, per certi versi, consolare. L’ausilio dell’Arma dei Carabinieri non si limita difatti ad un mero accertamento giuridico, dunque i Carabinieri non espletano semplicemente le "indagini", ma ascoltano, cercano di comprendere, prospettano soluzioni e forniscono un supporto umano necessario a far sì che si crei un rapporto di fiducia tale che la vittima di violenza si senta a casa, in famiglia, e mai sola. Il nostro compito è quello di esserci, il nostro obiettivo è quello di porre un rimedio, se possibile, alla “paura”, che è facile avere in contesti di questo tipo". - Mar. Ord. Nuzzi, qual è il momento in cui la presunta vittima non può più rimandare? "Ritengo che non si possa più rimandare quando la presunta vittima arriva alla piena ed assoluta consapevolezza di non essere più al sicuro, di non essere più sé stessa nella propria quotidianità, nel proprio stile di vita, nella delineazione dei propri obiettivi futuri, non può e non deve più rimandare quando al primo eventuale gesto violento, ne consegue una serie di "scuse" e di "giustificazioni" che non vogliono dire "amare", ma “possedere”, convincere che non accadrà mai più. La donna non deve tornare indietro ma deve andare avanti, senza mai voltarsi, quando le sue parole diventano dolore, umiliazione, frustrazione, vergogna; lei deve riuscire a vedere il sole, anche dopo un’impetuosa tempesta". - Mar. Ord. Nuzzi, cosa succede dopo la denuncia? "Prima della denuncia è importante accogliere la vittima di violenza nel modo migliore possibile, dandole l’opportunità di “vincere” la vergogna e l’insicurezza che spesso si provano, dandole l’opportunità di raccontare la sua storia in completa serenità, ecco perché l’ascolto avviene in locali dedicati, ove è possibile far sentire la vittima al sicuro. La denuncia è la fase sicuramente più delicata, quella dove la vittima pensa al dopo, al come affrontare tutto ed al con chi affrontare tutto, e le verranno dunque chiarite tutte le fasi successive, assicurandole ausilio in ogni istante ed illustrandole la possibilità di contattare ad esempio strutture protette, i cui obiettivi sono quelli di fornire un ambiente sicuro e confortevole, oltre che assicurare una quotidianità serena e stimolante. La fase della denuncia è sicuramente quella più complicata, ma è certamente la prima strada coraggiosa, e necessaria, che la vittima deve intraprendere per ritrovare sé stessa, per trasformare il suo dolore in forza e tornare, finalmente, a vivere". - Mar. Ord. Nuzzi, esiste un modo adeguato per comportarsi con una vittima di violenza? "È importante a mio avviso non perdere mai il contatto visivo con la vittima, la quale durante il suo racconto proverà sicuramente rabbia, vergogna, penitenza, auto deprecazione, tutte emozioni che si possono cogliere solo guardando la vittima negli occhi. Gli occhi, spesso, esprimono sentimenti che le parole non riescono a comunicare. Una donna che subisce abusi è una donna che si sente svalutata e ferita, ed il nostro compito è quello di farla sentire ascoltata e 'guardata', e non semplicemente 'vista'. A volte alle donne manca il coraggio di denunciare per il timore delle conseguenze, il nostro obiettivo, la nostra battaglia, il nostro traguardo, è quello di infondere coraggio, forza, convinzione, è quello di far capire ad ogni donna che l’amore non è dolore e sofferenza, ma è speranza e luce". Tra emergenze, ascolto e delicatezza, queste Donne Carabinieri rappresentano ogni giorno una presenza concreta accanto alle donne che trovano il coraggio di rompere il silenzio. La loro voce è un invito alla consapevolezza e alla responsabilità: la violenza di genere si combatte insieme, con competenza, empatia e una rete che sostiene, protegge e non giudica.
Civitanova, prosegue il programma per il 25 novembre: spettacolo-concerto “Polifema” all’hotel Ghibli
Prosegue il programma di riflessioni organizzato dall’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Civitanova Marche in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Dopo “Oltre – inno alla forza e alla luce delle donne”, la serata di stasera al teatro Annibal Caro di Civitanova Alta organizzata in collaborazione con l’Azienda Teatri di Civitanova, giovedì 27 novembre, alle ore 21.15, l'Assessorato alle Pari Opportunità propone lo spettacolo-concerto "Polifema – quando l’amore acceca", tratto dall’omonimo romanzo di Gabriella Cinti, che sarà presente all’iniziativa. L’appuntamento sarà ospitato all’hotel Ghibli di viale Vittorio Veneto 30. Sul palco si esibiranno Snezana Tintor (violino), Fausto Palmieri (tastiera) e Viviana De Marco (voce recitante), che proporranno una fusione di recitazione, accompagnamento musicale e brani concertistici. Nella cornice dell’unione tra elemento narrativo e lirico interiore, suggestioni sonore e intermezzi melodici guideranno il pubblico nel percorso di Marzia-Polifema, protagonista reale e al tempo stesso archetipo dell’eterno femminile nella sua capacità di amare oltre la misura. La messa in scena è curata dall’Associazione "Verso l’armonia". "Vogliamo veicolare contenuti di riflessione in una forma artistica e di intrattenimento, certi che la cultura della cura e della prevenzione si favorisca anche attraverso questi canali. Ringrazio gli artisti e l’autrice del volume, che si mettono a disposizione per questa sinergia virtuosa. Siamo certi che questa forma comunicativa diventerà ricaduta concreta per la cittadinanza", spiega Barbara Capponi, assessore alle pari opportunità del comune di Civitanova. Ingresso libero.
La flessibilità del calore: la stufa policombustibile
La ricerca di un sistema di riscaldamento domestico efficiente e affidabile si confronta oggi con uno scenario energetico in rapida evoluzione. L'instabilità dei costi dei combustibili e una crescente attenzione verso la sostenibilità spingono a valutare soluzioni che offrano maggiore autonomia gestionale. In questo contesto, la dipendenza da un unico vettore energetico può rappresentare una rigidità. La stufa policombustibile emerge come una risposta tecnologica avanzata a questa esigenza, superando la tradizionale scelta tra legna e pellet. Questo tipo di generatore di calore offre infatti la libertà di utilizzare combustibili diversi, adattandosi alle convenienze del momento. Individuare la migliore stufa policombustibile da Climamarket, ad esempio, significa esaminare una soluzione progettata per massimizzare la flessibilità e l'indipendenza energetica. Il concetto di flessibilità operativa Il tratto distintivo di una stufa policombustibile, nota anche come multicombustibile, risiede nella sua capacità di bruciare diverse tipologie di biomasse solide all'interno della stessa camera di combustione. La configurazione più diffusa sul mercato è quella che permette di alternare l'uso del pellet a quello della legna in pezzi. Esistono, tuttavia, modelli più sofisticati in grado di gestire efficacemente anche altri combustibili granulari, come il nocciolino di sansa o il mais. Questa versatilità permette di unire i vantaggi di mondi diversi: da un lato, la praticità del pellet, con la sua gestione automatizzata, la programmabilità e l'alimentazione controllata; dall'altro, il fascino della legna, che offre una fiamma ampia e tradizionale e, in alcuni modelli a convezione naturale, la possibilità di funzionare anche in assenza di alimentazione elettrica. La tecnologia costruttiva sottostante Consentire una combustione efficiente per materiali così diversi (il pellet compresso e la legna in ceppi) richiede una progettazione meccanica e tecnologica complessa. La sfida ingegneristica sta nel creare una camera di combustione e un braciere che possano adattarsi a processi di combustione molto differenti. Il pellet richiede un afflusso d'aria forzato e calibrato e un'alimentazione costante dal basso, mentre la legna brucia con un tiraggio diverso e una fiamma più irregolare. Le stufe policombustibili più evolute sono dotate di centraline elettroniche e sensori capaci di riconoscere il combustibile inserito, o di facilitare il passaggio manuale, adattando automaticamente i parametri dell'aria comburente per ottimizzare il rendimento e contenere le emissioni in entrambi gli scenari operativi. Indipendenza economica e sicurezza gestionale Il vantaggio senza dubbio più tangibile per l'utente finale è di natura economica e strategica. Avere la possibilità di scegliere quale combustibile utilizzare significa non essere più ostaggio delle fluttuazioni di mercato di una singola materia prima. Se il prezzo del pellet dovesse aumentare notevolmente a causa di una forte domanda stagionale, l'utente può decidere di passare all'utilizzo della legna, magari autoprodotta o reperita localmente a un costo inferiore, e viceversa. Questa intercambiabilità si traduce in una garanzia di continuità del riscaldamento. In caso di difficoltà di approvvigionamento di un combustibile, o persino in caso di blackout elettrico (per i modelli che gestiscono la legna a tiraggio naturale), la stufa può continuare a svolgere la sua funzione, assicurando il comfort domestico.
Bassetti lo ammette: metà dei morti non erano per Covid-19
La commissione d'inchiesta sul cosiddetto nemico invisibile ha nei giorni scorsi interrogato il dottor Bassetti, protagonista indiscusso della stagione virologica superstar, con epifanie catodiche costanti garantite a tutte le ore su tutti i canali. Al cospetto di una domanda sollevata da Alberto Bagnai, il noto medico genovese ha candidamente ammesso che almeno il 50% dei dichiarati deceduti a causa del nemico invisibile in verità sono morti con il nemico invisibile ma non a causa di esso. Quod erat demonstrandum! Al tempo dell'emergenza, ogni persona deceduta con il nemico invisibile in corpo veniva ipso facto certificata come morta a causa del nemico invisibile, con effetti spesso sorprendenti e demenziali, come, tra i tanti, quello del signore affogato nel mare di Termoli nel 2020, registrato come morto a causa del nemico invisibile, da cui pure era infetto. Avevamo segnalato questa anomalia nel nostro studio "Golpe globale. Capitalismo terapeutico e grande reset": la logica aberrante sottesa a quella narrazione era quella per cui il “post hoc, ergo propter hoc” veniva fatto valere sempre e comunque senza distinguo, con il malcelato scopo di alimentare il clima di panico e di emergenza e indurre la popolazione impaurita ad accettare l’inaccettabile. Su “Il Corriere della Sera” (28.8.2020) si leggeva, con un titolo altamente esplicativo, "Mio padre morto di morte naturale, ma è stato classificato come Covid". Sulla “Attestazione Covid salme” che risponde alle esigenze dell’emergenza epidemiologica, vi è scritto che non è stato eseguito alcun tampone, e dunque non si è in attesa del referto, né si dichiara che il defunto sia risultato negativo o positivo. Al contrario – così leggiamo – è "indeterminato (salma da considerarsi positiva)". Ora, che l’indeterminato sia da considerarsi positivo è quanto meno problematico. Quante salme “indeterminate” sono state egualmente conteggiate come “decessi a causa di Covid-19”? È anche alla luce di questa non innocente e palesemente non responsabile informazione che si spiega il clima di terrore psicologico vissuto dalla popolazione. Resterà un enigma il modo in cui milioni di persone si siano lasciate manipolare e terrorizzare da siffatta narrazione contraddittoria, superficiale, incoerente e approssimativa: narrazione che, com’è evidente, è essa stessa stata, nei mesi di marzo e aprile, la sola realtà esperita dai cittadini reclusi agli arresti domiciliari. Il principio generale, forse, potrebbe essere quello che desumiamo da 1984 di Orwell: "se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera". Il nuovo regime sanitario, con i suoi docili schiavi marchiati con la mascherina, potrebbe anche ribattezzarsi: Covid-1984. Nella piena attuazione dell’esse est percipi di Berkeley, la realtà si risolve nella sua narrazione, nella quale nulla è neutro o imparziale. Non esistono fatti sciolti da interpretazioni: e la scelta di enunciare certi fatti a esclusione di altri non può certo dirsi neutrale. Si dà sempre – come bene sapeva Foucault – un reticolo di sapere e potere: reticolo in grazia del quale non vi è sapere che non veicoli potere e non vi è potere che non produca un suo specifico sapere. Così, ad esempio, le migliaia di morti per Covid-19 sono una cifra certo sorprendente, che assume un aspetto radicalmente differente se posta in connessione con i dati statistici annuali. È questa, come sappiamo, la cifra dell’emergenza come stile di governo: si fa in modo che la popolazione impaurita sia disposta ad accettare ciò che nella normalità mai accetterebbe, come ad esempio confinamenti domiciliari coatti o la tessera verde. Come diceva Seneca, la verità, anche se sommersa, viene presto o tardi a galla. Ed è ciò che sta accadendo. Sta emergendo con limpido profilo come ciò che abbiamo vissuto nel 2020 fosse un grande laboratorio sociale di produzione dei nuovi assetti del turbocapitalismo dell'emergenza perpetua, come nuova normalità.
Tolentino in lutto: si è spenta Alida Ferrara, moglie del maresciallo Trisolini
La comunità di Tolentino piange la scomparsa di Alida Ferrara, 83 anni, moglie del maresciallo maggiore Francesco Trisolini, comandante della stazione dei carabinieri di Tolentino dal 1983 al 1997. Alida Ferrara è deceduta questa mattina, lasciando un profondo vuoto nella famiglia e tra quanti la conoscevano. I funerali si terranno presso la chiesa dello Spirito Santo di Tolentino, con orario ancora da definire. Trisolini aveva guidato la stazione dei carabinieri di Tolentino per oltre quattordici anni, distinguendosi per il suo eccezionale spirito di servizio, l’attaccamento ai valori dell’Arma e della famiglia, e l’impegno costante per il bene comune. Era molto amato dai cittadini, che ricordano il suo contributo prezioso alla sicurezza e alla comunità locale. Il loro legame, consolidato da decenni di vita insieme, ha rappresentato un esempio di dedizione e di valori condivisi. La scomparsa di Alida lascia un segno indelebile nella famiglia.
Il gesto invisibile dell'amore: non fare per proteggere l'altro. La vulnerabilità come dono da custodire
Quando nasce un amore, non offriamo soltanto la nostra luce, ma consegniamo anche la nostra fragilità, ponendo nelle mani dell’altro uno strumento di potere che, se mal riposto, potrebbe generare dolore. È un atto di fiducia estremo, donato senza alcuna garanzia, che merita attenzione e sensibilità. In ogni relazione esiste un momento che si consuma nel silenzio e nell’arco di un solo secondo, che appartiene alla zona più nobile dei legami umani; è quell’attimo in cui uno dei due potrebbe dire o fare qualcosa che ferirebbe l’altro e invece sceglie di non farlo. È in quella frase non pronunciata, nel sarcasmo trattenuto, nel ricordo doloroso non riportato alla luce, che l’amore si rivela: nell’istante in cui avremmo potuto colpire e non lo abbiamo fatto. Lo psicologo argentino, Gabriel Rolòn, dice che il vero amore si misura nella consapevolezza del potere che possiamo avere sull’altro e nella scelta di non usarlo per ferirlo. Così l’amore non si definisce soltanto da ciò che facciamo, ma anche da ciò che scegliamo di non fare per proteggere chi amiamo. L’intimità costruisce un ponte che apre l’accesso ai nostri punti più sensibili: alle paure, ai bisogni affettivi, alle fragilità e ai traumi. Quando si ama ci si affida all’altro con la fiducia che non farà mai un cattivo uso di quel potere, che non strumentalizzerà le nostre debolezze per ottenere forza, nei momenti di conflitto, con umiliazioni o manipolazioni. Il vero gesto d’amore consiste nel scegliere di non usare questo potere per controllare l’altro, ma per proteggerlo; nel custodire con cura il dono che l’altro ci fa della propria vulnerabilità. L’amato non è un semplice oggetto d’amore, ma un essere umano che desideriamo salvaguardare, verso il quale sentiamo una responsabilità affettiva. Una relazione non è fatta solo di sentimenti, ma è anche il frutto di decisioni consapevoli, che richiedono rispetto, soprattutto nella ricerca di un equilibrio per il bilanciamento del potere: il potere emotivo, il potere di dare o negare affetto, di andare o restare, di parlare o di tacere. In ogni legame convivono due persone diverse: chi è più coraggioso e chi più timoroso, chi porta traumi pregressi e chi invece ha una storia solida alle spalle; uno può essere più riflessivo, l’altro più impulsivo. L’amore non cancella, ma rivela queste asimmetrie, l’essenziale è non usarle mai come arma per colpire l’altro. Quindi è fondamentale riconoscere che questo potere esiste, ed ancor più importante è decidere di utilizzarlo come cura e non come dominio, scegliendo ogni giorno l’altro, invece del proprio ego. L’amore, così, si gioca in un gesto appena percettibile: nell’istante in cui potremmo ferire per una sterile rivalsa, ma scegliamo invece il silenzio che salva.
"Giardini Diaz riaperti, ma restano le perplessità. Scelte discutibili, servono risposte"
Dopo le recenti dichiarazioni dell’assessore ai lavori pubblici Paolo Renna sui cantieri dei giardini Diaz – "Più che i tempi sono importanti i risultati" –, continuano a susseguirsi osservazioni e dubbi da parte dei cittadini. Tra questi, anche quello di Fabrizio Giorgi, maceratese, che ha inviato alla redazione di Picchio News una lunga riflessione corredata da alcune fotografie, con l’obiettivo – spiega – "di ottenere risposte chiare da chi amministra la città". Giorgi racconta di essersi recato personalmente nell’area dei lavori, parlando ironicamente di “luogo del misfatto”. Da quella passeggiata sono nate una serie di domande, rivolte all’amministrazione, su scelte progettuali e risultati ottenuti fino a oggi. Il primo interrogativo riguarda la scelta di reimpiantare numerosi ippocastani, una specie che – osserva Giorgi – "soffre a vivere in contesti urbani, penalizzata anche dalle mutate condizioni climatiche". Un altro aspetto che solleva perplessità è la concezione complessiva dei giardini: "Si è tenuto conto che si tratta prima di tutto di giardini storici, vissuti da persone di tutte le età, e non solo di un parco giochi?", chiede. Proprio rispetto ai giochi installati, Giorgi sottolinea come questi sembrino rivolti "quasi esclusivamente alla fascia 6-10 anni", oltre che caratterizzati da "colori poco gioiosi". Ed è il tema dei materiali a far emergere ulteriori critiche: dalle superfici sotto i giochi all’anello perimetrale, realizzato in cemento e "reso impermeabile", soluzione che – afferma – "mal si concilia con le esigenze di chi pratica nordic walking" e che potrebbe creare problemi in caso di piogge. Giorgi evidenzia anche la scelta delle nuove sedute: "Tutte in marmo, con spigoli vivi e senza schienale. Qualche panchina in legno sarebbe stata indispensabile sia per i bambini che per gli adulti". Un’altra perplessità riguarda l’assenza di installazioni ludiche "più semplici e inclusive", come la classica campana per i percorsi psicomotori, o l’idea di inserire scacchiere e altri giochi da tavolo su tavoli e panchine. Sul piano ambientale, Giorgi critica l’eliminazione delle siepi e delle essenze aromatiche "con la motivazione della sicurezza", scelta che – afferma – “dimentica completamente la biodiversità e le peculiarità del nostro territorio”. A suo avviso, piuttosto che rimuovere vegetazione, sarebbe stato opportuno "incrementare la presenza delle forze dell’ordine, anche in borghese". Un’altra questione riguarda gli ingressi dei giardini. Giorgi ricorda infatti il divieto di accesso ai veicoli, in vigore dalle 7 alle 21, evidenziando come "non siano state installate telecamere né agli ingressi di piazza Garibaldi né a quelli di via Morbiducci", con il rischio di transiti irregolari “anche a velocità sostenuta”. Ma la critica più ampia riguarda la mancanza di una visione urbanistica unitaria: "Perché non è stato elaborato un progetto unico che comprendesse giardini Diaz, Terrazza dei Popoli, l’area tra il Mu.Bi. e l’anello ciclopedonale? Quest’ultimo presenta già diversi avvallamenti che si riempiono d’acqua alla prima pioggia". Nella parte finale del suo intervento, il cittadino esprime due ulteriori considerazioni: la prima riguarda il rischio di ritardi nelle ristrutturazioni in corso – dai giardini a Fonte Scodella, dal parco delle Vergini a Sasso d’Italia – tutte con scadenza lavori prevista per il 13 dicembre. “Faranno la stessa fine infinita di via dei Velini?”, domanda. La seconda riflessione è rivolta al tema dei controlli: ricordando che al R.U.P. spetta “l’1,6% netto sull’importo di aggiudicazione”, Giorgi auspica "maggiore attenzione nell’uso dei fondi, che siano PNRR, europei, regionali o mutui: sempre soldi nostri sono". Il messaggio di Giorgi, pur critico, si chiude con un augurio ai concittadini e con una punta di amarezza: "Nell’attesa che ci si svegli da questo lungo letargo… buona domenica a tutti i maceratesi". E aggiunge, in dialetto: "Me voli cojonà ma minga simo tutti tandalocchi".
Omicidio colposo e medico sportivo: quando il certificato di idoneità causa la morte dell’atleta
Torna, come ogni domenica, la rubrica curata dall’avv. Oberdan Pantana, "Chiedilo all'avvocato". Questa settimana, le numerose mail arrivate hanno interessato maggiormente le problematiche relative alla responsabilità medica, e nello specifico in ambito sportivo. Ecco la risposta dell’avv. Oberdan Pantana alla domanda posta da un lettore di Macerata: "Il medico sportivo può essere responsabile della morte di un atleta per infarto?". A tal proposito risulta utile portare una recente vicenda risolta poi in Cassazione, che ha riguardato proprio un atleta al quale era stato rilasciato il certificato di idoneità sportiva agonistica nonostante alcune anomalie riscontrate durante la visita cardiologica specialistica. I giudici di merito hanno evidenziato che già gli esiti degli ECG avrebbero dovuto generare nel medico il sospetto della presenza di una cardiopatia ischemica, per cui sarebbe stato necessario svolgere esami strumentali più specifici rispetto a un semplice ecocardiogramma. È stato sottolineato che, stante la presenza di elementi diagnostici indicativi di ischemia miocardica inducibile e di aritmie ventricolari complesse, il medico avrebbe dovuto astenersi dal rilasciare nel 2012 e nel 2013 il certificato di idoneità sportiva sulla base dei Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico. Quanto alla sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva colposa e il decesso, si è chiarito che, a fronte di un tracciato ECG patologico, il medico non avrebbe dovuto rilasciare il certificato di idoneità alla pratica agonistica, ma indirizzare il paziente a una completa valutazione cardiologica, in modo da prevenire future aritmie. L'omesso riconoscimento dell'idoneità avrebbe impedito all’atleta di proseguire gli allenamenti intensi, che avrebbero potuto provocare discrepanze ossigenative nel muscolo scheletrico. Si è quindi attribuita la morte dell’atleta, avvenuta per arresto cardiaco improvviso durante attività sportiva, alla scarsa ossigenazione di una parte del tessuto miocardico, circostanza ascrivibile a ischemia non diagnosticata, aggravata dal superamento di una certa soglia di sforzo fisico che ha innescato aritmie ventricolari maligne. L’impiego della media diligenza e perizia medica avrebbe dovuto comportare, non la superficiale diagnosi che aveva portato al rilascio del certificato, bensì l’effettuazione di esami approfonditi, che avrebbero evitato, con alta probabilità, la morte dell’atleta. In altri termini, i giudici di merito hanno accertato che la morte improvvisa dell’atleta poteva essere scongiurata mediante un diligente e oculato comportamento professionale del medico. La condotta diversa tenuta nel caso concreto si palesa, sotto il duplice profilo della negligenza e dell’imperizia, colposa ed eziologicamente incisiva sull’evento mortale, avendo consentito l’automatica ammissione del soggetto all’attività sportiva, incompatibile con la sua situazione clinica. Secondo le sentenze citate (Sez. 4, n. 38154 del 05/06/2009, R.C., Rv. 245781-2; Sez. 4, n. 18981 del 09/03/2009, Giusti, Rv. 243993), risponde di omicidio colposo il cardiologo che attesta l’idoneità alla pratica sportiva agonistica di un atleta, poi deceduto, in seguito a patologia cardiaca non diagnosticata, per omessa effettuazione di esami strumentali di secondo livello. Pertanto, in risposta al nostro lettore, si può affermare che: "È responsabile di omicidio colposo il medico sportivo che rilascia un certificato di idoneità sportiva agonistica nonostante le anomalie cardiache riscontrate nell’atleta deceduto a seguito di infarto durante un allenamento" (Cass. Pen., Sez. IV, sentenza n. 20943/2023). Rimango in attesa, come sempre, delle vostre richieste via mail, dandovi appuntamento alla prossima settimana.
Matelica, consegnati i diplomi ai partecipanti ai corsi di potatura della vite e dell’ulivo
Consegnati oggi (sabato 22 novembre) i diplomi del 4° corso di potatura della vite e 1° corso della potatura dell’ulivo. Due corsi teorici-pratici organizzati dall’Assessorato all’Agricoltura del Comune di Matelica, in collaborazione con l’Associazione Produttori Verdicchio di Matelica e l’Istituto Tecnico Agrario di Macerata. Il corso di potatura della vite è stato di 25 ore suddivise in sei lezioni, di cui una in aula e le altre cinque direttamente in vigna, per apprendere le molteplici nozioni teoriche e pratiche sul tema della potatura della vite, in particolare sulle principali forme di allevamento presenti nell’area di Matelica e delle Marche, ovvero il cordone speronato, il guyot e il doppio capovolto. Il primo corso di potatura dell’ulivo invece è stato anch’esso di 25 ore divise in cinque lezioni, quatto di pratica ed una in aula. I partecipanti sono pertanto stati omaggiati con il diploma di fine percorso, il sindaco della Città di Matelica ha sottolineato l’importanza di questi corsi: “Si è conclusa la quarta edizione del corso di potatura della vite, quest’anno ad esso si è aggiunto quello dedicato all’ulivo. Sono soddisfatto perché c’è stata molta partecipazione, devo dire che è un’iniziativa di primo livello a sostegno delle aziende che si occupano di viti ed ulivi nel nostro territorio, i quali sono costantemente alla ricerca di manodopera qualificata”. Sulla stessa lunghezza d’onda l’assessore all’Agricoltura Barbara Cacciolari che ha avuto il piacere di effettuare la consegna degli attestati: “L’adesione a questa iniziativa è stata significativa, ciò conferma quanto il nostro territorio sia ricco di persone motivate ad approfondire e custodire i saperi agricoli. Il corso ha permesso ai corsisti di acquisire competenze aggiornate e tecniche corrette per interventi di potatura efficaci e rispettosi della fisiologia delle piante. Conoscenze indispensabili per garantire la salute delle colture, migliorare la qualità delle produzioni e valorizzare il nostro paesaggio rurale. La potatura della vite e dell’ulivo non è solo un intervento agronomico, ma un patrimonio di tradizioni che contribuisce a preservare l’identità e l’eccellenza del nostro territorio. Desidero ringraziare i docenti, i tecnici e tutti i partecipanti che hanno reso possibile il successo del corso con il loro impegno e la loro partecipazione attiva. Continueremo su questa strada - ha concluso -, promuovendo nuove opportunità di lavoro e formative e progetti capaci di rafforzare la nostra comunità agricola e di sostenere uno sviluppo rurale sempre più consapevole, competente e sostenibile”.
Omega-3: benefici, fonti migliori e come integrarli per cuore e cervello in salute
Gli omega-3 sono tra i nutrienti più studiati e apprezzati per il loro ruolo nella prevenzione e nel supporto della salute cardiovascolare, cerebrale e infiammatoria. Conoscerli meglio e capire come funzionano e come integrarli in modo equilibrato permette di fare scelte alimentari più consapevoli e davvero efficaci. Gli omega-3 comprendono tre principali forme: ALA (acido alfa-linolenico), EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico). L’ALA è di origine vegetale ed è presente in semi di lino, semi di chia e noci. EPA e DHA, invece, si trovano quasi esclusivamente nel mondo animale, in particolare nei pesci grassi come salmone, sgombro, aringa, sardine e alici. La differenza più rilevante è biologica: l’ALA è un precursore, ma il corpo lo converte in EPA e DHA in percentuali molto basse (generalmente inferiori al 10%, spesso anche meno). Questo significa che, pur essendo preziose, le fonti vegetali da sole non sempre garantiscono livelli ottimali delle forme metabolicamente attive. EPA e DHA rappresentano la forma più biodisponibile, cioè quella immediatamente utilizzabile dal nostro corpo. Svolgono funzioni specifiche e complementari: l’EPA è particolarmente coinvolto nella modulazione dell’infiammazione, nella fluidità delle membrane cellulari e nel supporto cardiovascolare; il DHA rappresenta un componente strutturale fondamentale delle membrane nervose e oculari, con un ruolo chiave nello sviluppo cerebrale, nella memoria e nella protezione neurodegenerativa. Non a caso, numerosi studi confermano che un adeguato apporto di EPA e DHA riduce il rischio cardiovascolare, migliora i markers infiammatori e sostiene la funzione cognitiva lungo tutto l’arco della vita. Quando si parla di omega-3, il pensiero va spesso al salmone. Tuttavia, gran parte del salmone reperibile oggi proviene da allevamenti intensivi, con un contenuto variabile di omega-3 e della quantità di grassi. Per questo, all’interno di una dieta equilibrata, è più vantaggioso scegliere il pescato locale, in particolare il pesce azzurro come alici, sgombro e sardine. Oltre a essere ricchi in EPA e DHA, sono sostenibili, più accessibili e generalmente meno contaminati. Un gesto che fa bene alla salute ma anche all’ambiente e alle economie locali.E gli integratori? La letteratura scientifica è concorde: non sostituiscono una dieta equilibrata, ma possono essere utili in situazioni specifiche. Per chi consuma poco pesce, per donne in gravidanza (in cui il DHA è essenziale per lo sviluppo neurologico del feto), per anziani o per chi ha esigenze cardiovascolari mirate, EPA e DHA in forma concentrata possono offrire un supporto efficace.Integrare omega-3 nella quotidianità non richiede cambiamenti drastici: bastano due o tre porzioni settimanali di pesce azzurro, una manciata di noci al giorno, l’uso regolare di semi di lino o chia e una riduzione degli oli vegetali ricchi di omega-6 (come l’olio di girasole, di mais e di soia). Si tratta di scelte semplici, ma capaci di influenzare in modo significativo infiammazione, salute cardiovascolare, umore e benessere generale. Gli omega-3, quindi, non sono soltanto un trend: sono una componente essenziale dell’alimentazione moderna, uno strumento di prevenzione riconosciuto e una risorsa preziosa che ci ricorda quanto ciò che mangiamo possa dialogare in profondità con la nostra salute.
Presentati i lavori di riqualificazione dei Giardini Diaz: oggi la riapertura
Nuova vita per i Giardini Diaz di Macerata che oggi sono stati riaperti durante la presentazione dei lavori di riqualificazione. L’intervento, del valore di oltre 500mila euro, è stato finanziato attraverso le risorse PNRR del progetto “Rigenerata Macerata Go Green” ed era iniziato a febbraio. Gli interventi principali hanno permesso di risolvere le criticità legate al cattivo drenaggio delle acque piovane intervenendo sui due viali che dividono i quadranti del giardino e sull’anello e sistemando i sottoservizi. È stata completamente riqualificata l’area giochi - anche a seguito del confronto con il Consiglio dei Bambini e delle Bambine - seguendo i criteri di inclusività, sostenibilità e sicurezza con l’utilizzo di materie completamente riciclabili. Sono state sistemate 30 nuove piantumazioni intorno al laghetto per migliorare l’ombreggiamento delle aree di sosta ed è stato ripristinato il roseto. È stato implementato l’impianto di irrigazione a goccia, sono stati aggiunti nuovi arredi per rafforzare la funzione di sosta e lettura (tavolo da pic-nic, panchine, cestini, cartelloni) ed è stato riqualificato lo stemma di Macerata. “I Giardini Diaz rappresentano per i maceratesi uno dei luoghi del cuore e l’Amministrazione, grazie alle risorse ministeriali, ha deciso di promuoverne una profonda riqualificazione, orientata a garantire maggiore sicurezza, fruibilità e bellezza degli spazi – ha dichiarato il sindaco Sandro Parcaroli. – I lavori, che hanno riguardato anche aspetti di inclusività e sostenibilità, ci permettono oggi di restituire ai maceratesi uno spazio ludico, ricreativo e di aggregazione che tutti saranno in grado di apprezzare”. “Durante l’esecuzione dei lavori ci siamo resi conto di quanto fosse necessario intervenire in maniera complessiva e definitiva sulle tante criticità che i Giardini Diaz avevano e questo ha portato a un prolungarsi dei lavori che hanno messo al primo posto la sicurezza e la fruibilità di un luogo simbolo per Macerata - ha aggiunto l’assessore con delega ai Parchi Pubblici Paolo Renna -. Nello specifico, mi riferisco alle piante malate, alle fognature rotte, all’installazione di nuove telecamere e alla volontà, da parte dell’Amministrazione, di rendere i Giardini Diaz ancora più verdi e di potenziare l’illuminazione”. “Abbiamo presentato oggi il frutto di un progetto importante nato da un dialogo costante con l’Amministrazione e basato sulla condivisione di idee che potessero restituire alla città un giardino bello e vivo - ha aggiunto il progettista, l’architetto Filippo Martines -. Abbiamo avvertito con grande senso di responsabilità il fatto di intervenire sui Giardini Diaz con risorse pubbliche, impegnandoci per garantire qualità e lunga durata alle opere realizzate”.
Giubileo Diocesano degli Operatori di Giustizia: il 28 novembre incontro con il magistrato Pino Morandini
Appuntamento con il Giubileo Diocesano degli Operatori di Giustizia il 28 novembre presso la Cattedrale dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista di Macerata. L’evento in programma alle ore 18 vedrà la presenza di Pino Morandini, già magistrato del Tar Marche, membro della Giunta del Movimento per la Vita nazionale e vice presidente dell’Associazione Family Day-Difendiamo i Nostri Figli. “La giustizia, servizio alla speranza” sarà il tema sul quale Morandini relazionerà alla platea di invitati, tra autorità di Governo e Sicurezza, autorità Giudiziarie, ordini professionali, personale del Tribunale; autorità Civili e Amministrative, oltre che accademiche e impegnate, a ogni livello, nel mondo universitario. Dalla cattedra di Giurisprudenza al servizio per la Vita, uomo di diritto, Morandini si laurea a Padova a 23 anni discutendo una tesi in diritto civile. Dal 1984, è Magistrato del Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.) della Lombardia, in servizio presso la Sezione Staccata di Brescia. Dal 1988 al 2013, ha portato il suo rigore giuridico nel servizio pubblico ricoprendo incarichi amministrativi all'interno del Consiglio Regionale della Regione Trentino – Alto Adige. In campo etico, Il suo servizio si è distinto per la promozione di leggi regionali che riflettono un'attenzione concreta alla dignità della persona e al bene comune. Nello svolgimento del suo ruolo istituzionale è stato promotore di numerose leggi regionali a tutela della famiglia e della vita, in particolare quella più fragile. Tra le iniziative più significative ci sono le leggi regionali che costituiscono il cosiddetto “Pacchetto Famiglia” e il “Pacchetto Lavoro”. Inoltre, ha dato risposte concrete nei settori della scuola e per i soggetti più deboli, ed è stato precursore nell'assicurare l'immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica. Morandini ha anche promosso attivamente iniziative per la formazione etica del personale sanitario. Il suo impegno nel mondo associativo si è distinto nella fondazione del primo Movimento per la vita nel Trentino ed è stato Vice Presidente del Movimento per la Vita nazionale, in cui ne è attualmente membro della Giunta. Morandini è vicepresidente del Family Day ed è membro del Consiglio Direttivo dell'Associazione Family Day-Difendiamo i Nostri Figli. Non ultimo, è stato cofondatore del Centro Trentino di Solidarietà, un programma terapeutico per persone con problemi di tossicodipendenza. Al termine dell’incontro avrà luogo la Santa Messa presieduta dal vescovo di Macerata mons. Nazzareno Marconi. L’incontro è accreditato dall’Ordine degli Avvocati di Macerata con n. 1 credito formativo in materia deontologica.
Arriva "The Watchman": il convegno sul ruolo dell'amministratore di sostegno nel gioco d’azzardo patologico
Il prossimo mercoledì 26 novembre 2025 presso il Teatro Lauro Rossi di Macerata, si terrà l’evento formativo "The Watchman - il ruolo dell'Amministratore di Sostegno nel Gioco d’azzardo patologico" promosso dal Dipartimento Dipendenze Patologiche Ast Macerata e dall’Università di Macerata, in collaborazione con Ordine degli Avvocati di Macerata e patrocinato da Comune di Macerata, UNIMC, AST Macerata, Ordine degli Avvocati di Macerata, Sipad. L’evento, accreditato ECM ma anche per l’Ordine degli Avvocati e per la figura dell’Assistente Sociale, è previsto tra le azioni del Piano Triennale 2023/2025 per il contrasto, la prevenzione e la riduzione del rischio da gioco d’azzardo patologico (ex DGR 1288/2023) e intende approfondire il ruolo e le responsabilità dell’amministratore di sostegno nella tutela di soggetti vulnerabili, con particolare riferimento al DGA (Disturbo da Gioco d’Azzardo). Nella mattina, di taglio scientifico, si approccerà al tema del DGA come una dipendenza comportamentale che determina gravi disagi personali e familiari connessi a conseguenze mediche, sociali, economiche e legali. Tale condizione comporta di fatto pesanti ricadute non solo sulla salute psichica e fisica della persona, ma anche sull'equilibrio socio-relazionale ed economico del nucleo familiare. Nel pomeriggio verrà analizzata da vicino la figura dell'amministratore di sostegno, introdotta dalla Legge 9 gennaio 2004, n. 6 e vero e proprio strumento giuridico fondamentale per coniugare la tutela della persona vulnerabile e il rispetto della sua autodeterminazione. Particolare attenzione sarà rivolta alle prassi applicative nei tribunali e alla delicata questione del bilanciamento tra libertà individuale e protezione. L'obiettivo è promuovere un confronto costruttivo tra istituzioni, operatori del diritto, professionisti delle dipendenze e della salute mentale, assistenti sociali, amministratori pubblici, associazionismo e famiglie, per costruire modelli d’intervento efficaci, sostenibili e rispettosi della dignità della persona.

pioggia moderata (MC)



