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Quando il corpo parla e si trasforma nel manifesto di un dolore silenzioso: cibo, emozioni e bisogno d’amore negli adolescenti

Quando il corpo parla e si trasforma nel manifesto di un dolore silenzioso: cibo, emozioni e bisogno d’amore negli adolescenti

Esistono molti modi per interagire con il mondo, uno di questi è il cibo. Ciò che mangiamo e come lo mangiamo può riflettere la nostra maniera di relazionarci con gli altri. 

Nei giovani il cibo può trasformarsi in uno strumento silenzioso ma potente per comunicarci che qualcosa nelle relazioni, soprattutto con la famiglia, non sta funzionando.

Il controllo sul cibo e quindi sul proprio corpo è lo strumento attraverso cui esprimere un dolore profondo. Quando questo accade, i genitori vengono travolti da uno stato di ansia e di frustrazione che, se non gestite, vanno ad alimentare sempre più la distanza.

In tale situazione i genitori hanno il compito di comprendere cosa sia successo all’interno delle dinamiche familiari che possano aver interrotto il dialogo ed incrinato la relazione. Le ossa che sporgono troppo dalla pelle, rappresentano una richiesta d’aiuto disperato.

I figli parlano attraverso il loro corpo quando le parole non trovano spazio o ascolto. Quel corpo che dovrebbe essere simbolo di libertà, vitalità  e  bellezza si trasforma nel manifesto di un dolore silenzioso.

Una sofferenza che si custodisce con determinazione, perché finché resta lì, impressa nella carne, riesce ad avere voce, una voce che esprime parole non dette e che ti pone al centro dell’attenzione.

In tal modo il sintomo di questa disfunzione nutre più di ogni cibo: alimenta il bisogno di essere visti, accolti e compresi. Nelle ragazze, soprattutto in una cultura che da sempre pone il corpo femminile al centro dei riflettori, la fisicità diventa un vero teatro di conflitto.

Il corpo si trasforma in un mezzo di comunicazione e, talvolta, di rappresaglia nei confronti dell’altro. L’anoressia può diventare un tentativo di riscatto: se sto male, esisto, se sto bene rischio di sparire. In questa caduta silenziosa e a volte invisibile si nasconde il bisogno di affermare la propria esistenza.

Così la sofferenza diventa lo strumento per ottenere uno sguardo, una risposta, una conferma. Il malessere è il grido di dolore che implora amore e la guarigione comincia quando ci si permette di chiedere affetto senza dover soffrire, quando si scopre che si può essere degni di attenzione e di cura anche nel benessere e che il diritto di esistere non è legato al dolore, ma semplicemente all’essere autentici e vulnerabili.

L’anoressia femminile, in particolare nell’adolescenza, può rappresentare un primo tentativo di riscatto, un gesto estremo, che nella sua drammaticità, può diventare il preludio ad un'emancipazione, ad una nuova relazione tra corpo ed identità.

Questa fragilità può essere una grande occasione di crescita, una parte da accogliere ed ascoltare per aprire ad una nuova consapevolezza di sé.

Come genitori, è fondamentale essere disposti a riconoscere le nostre stesse fragilità per entrare in connessione con i nostri figli, per ascoltarli con coraggio ed umiltà. Ciò che i ragazzi chiedono non è una soluzione immediata, desiderano piuttosto presenza, di essere lì con loro a contenere e reggere quel dolore, a supportarli con amore e forza anche quando sembrano volerci allontanare, ricordandoci con il loro corpo il nostro fallimento.

La grande scommessa è stare accanto per comprendere e cogliere quel dolore.  Stare dentro, senza fare. Il rapporto non si misura solo nella quantità di amore o di benessere che offriamo, ma anche nella profondità della connessione con la loro testa ed il loro cuore.

È, inoltre, urgente liberare i giovani dalla trappola della performance. Corrono il rischio di restare schiacciati da un’idea di sé che si costruisce solo sul fare, mentre manca lo spazio per ascoltarli nella loro essenza, per guidarli a coltivare desideri ed emozioni.

La società insegna molto a conoscere e poco ad essere. I ragazzi hanno infinite informazioni ma non sanno come organizzarle, perché manca loro un orientamento interiore che li conduca verso i loro desideri.

È qui che nasce la dissociazione tra ciò che sanno e ciò che non sanno desiderare, tra conoscenza ed identità. Per aiutare i nostri figli, dobbiamo imparare ad ascoltarli anche quando tacciono. Dobbiamo aiutarli a sentire che possono esistere anche senza soffrire e che meritano di essere amati anche nella gioia.

Ma in primo luogo dobbiamo essere noi disposti a guardarci dentro, ad accettare e a condividere le nostre fragilità per cambiare insieme.

 

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