
di Paola Pauri Instagram: @pauripaola2019

Il viaggio dell’eroe - "Rischio? la possibilità di far fiasco c’è sempre, ma c’è anche la possibilità della felicità"
"Penso che una buona vita sia un viaggio dell’eroe dopo l’altro. Ripetutamente siamo chiamati nel regno dell'avventura, verso nuovi orizzonti. Ogni volta si presenta lo stesso problema: rischio? Se si rischia, ci sono pericoli e aiuti, realizzazione e fallimento. La possibilità di far fiasco c’è sempre, ma c’è anche la possibilità della felicità". Così Joseph Campbell esprime la visione di una vita come il risultato di tanti viaggi, ognuno con un suo inizio ed una fine, tanti cicli che prevedono una sfida, fonte di un nuovo livello di consapevolezza. Il passaggio dall'adolescenza all’età adulta, potrebbe rappresentare uno dei primi viaggi dell’eroe che siamo chiamati ad affrontare. La nostra esistenza può contare tante fasi di vita più o meno lunghe. In ogni fase possiamo interpretare personaggi diversi con comparse, musiche e scenografie mutevoli. Unico comune denominatore siamo noi che, passo dopo passo, esprimiamo un nuova versione fino ad arrivare alla nostra reale identità. Il viaggio dell’eroe è un archetipo narrativo che, a livello universale, rappresenta la metafora del percorso della crescita interiore. Una musica interiore ci invita ad uscire dalla nostra comfort zone, per seguire il nostro destino. Siamo liberi di ascoltare o meno questa spinta interiore. Possiamo decidere di essere sordi, per paura di dover affrontare imprevisti e dolori, ignari del fatto che, in tal modo, corriamo il rischio di rinunciare alla felicità. Questo viaggio prevede delle vere e proprie tappe, si parte sempre da uno stato di apparente tranquillità, poi arriva una crisi che ci destabilizza, facendo nascere in noi un desiderio di cambiamento. All’inizio si avranno dubbi ed ansia perché l’essere umano tende a porre resistenza al nuovo, poi con l’aiuto di un mentore, un amico, uno psicologo o un libro...riusciamo a raccogliere il coraggio necessario per affrontare la nuova situazione. In questo momento avviene l'attraversamento di una soglia che ci permetterà di confrontarci con le nostre parti più nascoste e dolorose, ma che ci farà luce anche su nuove risorse che non credevamo di avere. Arriva allora una nuova consapevolezza, una sorta di rinascita interiore che ci svela un mondo circostante diverso. Si comprende che ogni difficoltà contiene un insegnamento, e si riesce a dare un senso a questo cammino Un cambiamento che ci consegna serenità, relazioni più sane e nuove opportunità di lavoro, di amicizie o d’amore. Ogni volta in cui conquisti una nuova idea di te stesso, stai vivendo un viaggio dell’eroe che ti consentirà di tornare alla tua quotidianità trasformato e con il desiderio di condividere ciò che hai imparato.

La dipendenza affettiva: perdonarsi per chi si è perso per amore
Cara me, Ti chiedo scusa per le volte in cui non mi sono ascoltata, in cui ho rivolto lo sguardo solo verso di lui. Per quelle volte in cui ho permesso che l’anima scomparisse dentro al mio corpo, ormai non più mio per quanto magra fossi diventata . Una sopravvissuta in un mondo nel quale credevo, dove non mi era permesso provare emozioni, bisogni, desideri. Incapace di urlare il mio dolore. Io, piccola, invisibile alla sua vita, Inghiottita dalla sua, di vita. Gli ho donato la corona, dimenticando fosse la mia. L’ho insignito di tutti gli onori. Gli ho fatto credere di essere immortale. Ho così vissuto in una giostra di felicità illusoria e di disperazione. Chiedo scusa a me stessa per aver dimenticato la dignità. Perdonami per la fragilità La paura di perderlo mi ha congelato. Ho permesso a lui di definire chi sono, spogliandomi dei miei vestiti color dell’oro. Il vampiro aveva riconosciuto la sua preda, il suo ricco pranzo su cui abbuffarsi. Lui si alimentava della mia energia, mentre io morivo dissanguata. Sono caduta in un oblio che mi ha fatto credere di non valere nulla, mi sono rimpicciolita per entrare nel suo mondo fino a ringraziarlo per essere in vita. Mi dispiace, mi dispiace tanto per aver trascorso anni senza sole, per non aver onorato la mia esistenza. Ti prego di scusarmi. Mi sono rinchiusa in un inferno di cui solo io detenevo le chiavi d'uscita. Oggi con il tuo perdono posso lasciare andare via il passato e rinascere libera, più forte e consapevole di prima. Oggi ho ritrovato la vita.

"Oltre, siamo l'insieme di istanti di vita aspiranti all'infinito"
Come l’onda del mare si infrange potente sulla riva, per poi ritrarsi, nutrirsi e ritentare più forte di prima l’ennesimo incontro con la terra, così l’uomo segue un impulso primordiale ad andare oltre ogni limite conosciuto, in un movimento costante verso l’ignoto. L’oltre rappresenta la tensione verso tutto ciò che non è finito, il desiderio di conoscere al di là di ogni limite spaziale temporale o ideale. È la risposta al mistero che ci svela la magia dietro la realtà. Siamo l'insieme di istanti di vita più o meno intensi, aspiranti all’infinito. Per poter andare oltre, accogliamo il nostro essere incompiuti e lo trasformiamo in una spinta creativa verso terre sconosciute e meno sicure. Ulisse è l’eroe che meglio incarna la brama di sapere ed il coraggio di sfidare i suoi limiti fisici morali e psicologici. Egli rappresenta la forza di volontà nel non cedere di fronte alle difficoltà, trasformandole in risorse. In lui il bisogno di conoscere Oltre ciò che è noto supera i momenti di fragilità che lo richiamano a casa. Nel suo viaggio egli sfida la precarietà dell’esistenza e fiducioso in una forza più grande a cui affidarsi, non smette di tendere verso l'inesplorato Come il nostro eroe anche noi nella quotidianità siamo chiamati costantemente ad andare oltre: Oltre le nostre paure. Oltre i pensieri ed i preconcetti che limitano l’azione. Oltre il nostro cuore quando teme l’amore. Oltre nell’osare a vivere diversamente, accettando il cambiamento. Oltre nel far sentire la nostra voce, senza preoccuparci del giudizio. Oltre ogni certezza del conosciuto per scegliere il nuovo che arriva. Oltre la propria terra. Oltre la vecchia versione di noi stessi che non riusciamo a lasciare andare. All’uomo è stato concesso dagli Dei uno strumento potente che gli consente di volare oltre i confini della logica per accedere ad intuizioni e visioni dell’assoluto. Questo ponte verso l’immensità è l’Arte in tutte le sue espressioni. La musica, la poesia, la pittura, il teatro sono forme divine che trascendono la realtà e la illuminano per farci perdere nel mistero dell’eternità. Esse ci guidano verso mondi già presenti in noi che attendevano di essere riconosciuti e svelati.

Gli amanti: l'attimo presente che, nella sua intensità, si veste di eterno
Il bacio nel dipinto "Les Amants" di Renè Magritte riesce a sublimare l’essenza della dicotomia tra vicinanza ed estraneità degli amanti. Il panno che copre il volto dei due protagonisti, che si baciano, è il simbolo della separazione nell’intimità, di quella distanza emotiva, frutto della paura di un disvelamento autentico della propria entità. Una difficoltà di connessione profonda, che, invece di allontanare, accende e ad alimenta il desiderio. Uno slancio nato dalla mancanza, una tensione all’altro placata solo dalle carezze del prescelto. Assenza e disponibilità rappresentano l’eterna danza su cui si muovono gli amanti. Una coreografia che si nutre di insicurezza, dove si impara a vivere la presenza nell’assenza, perché è nella lontananza che la relazione si nutre di intensità per un incontro che forse avverrà. Il confine tra il reale e l’ideale è labile, l’amante una proiezione del nostro sogno d’amore, un dialogo interiore con uno sconosciuto nel silenzio di un’esperienza non ancora vissuta. Nel non detto le loro parole, il noi l’illusione di pochi istanti. Non esiste il progetto, solo l’attimo presente che nella sua potenza si veste di eterno. Un mondo fragile, costruito tra due anime al di fuori di un tempo e di uno spazio, vita rubata, rituali che nel tempo scriveranno la loro storia. La precarietà la loro condizione. In ogni saluto il dubbio di un addio, poi subito dissipato dalla sete di rinnovare il patto silente. Rivoluzionari che sfidano il rischio, nessuna richiesta, solo dono. Esseri vulnerabili nell’incertezza del domani, l’impulso più tenace di ogni ragione. L’illusione di libertà li muove l’uno verso l’altro, per poi incontrarsi stretti in un mondo che esclude la realtà fuori, il segreto loro complice, il taciuto una presenza ingombrante. Il tempo dell’attesa si muove tra la nostalgia di quello che è stato ed il desiderio di ciò che sarà. Due esseri imperfetti nella loro fragilità, alla costante ricerca dell’ebrezza di nuove emozioni sopite nel tempo, ma inconsapevoli figli di una ferita da guarire.

"L'illusione della perfezione": amare le nostre imperfezioni ci rende perfetti
La tensione alla perfezione è un’esigenza umana che ha origini antichissime. Già nella Grecia classica con l’espressione “kalòs kai agathòs” raffiguravano l’ideale dell'uomo bello e buono. Un equilibrio perfetto tra corpo e anima. Oggi abbiamo dimenticato l’importanza di una crescita armonica dei due aspetti, virando verso il bisogno di dover rispondere ad alti canoni estetici e di successo professionale, dimenticando spesso il lato interiore, più umano. Tutti vogliamo apparire, mostrando spesso una maschera sterile per nascondere ciò che di noi non ci piace poi così tanto. Ci creiamo una finta perfezione fisica, in cui grandi sorrisi nascondono fragilità, perdiamo così di vista l’importanza di una reale armonia tra il mondo esterno ed interno. Vivere, cercando di controllare tutto per adempiere all’aspettativa di perfezione altrui ci allontana dalla nostra autenticità. Fin dalla nostra infanzia il bisogno di accettazione ci spinge a comportarci in modo conforme alle attese dei genitori e del contesto sociale. Cresciamo credendo che la bellezza, la bravura ed il rispetto delle regole ci garantiscano l'amore. I social media hanno potenziato questa divisione interna, creando una vetrina virtuale dove ogni vita si mostra levigata e la vulnerabilità va taciuta. La paura di non essere all’altezza ci spinge a mostrarci diversi, con una falsa immagine, fonte di ansia ed insicurezza. Trovo affascinate la forza di chi sa mostrarsi vero, con le proprie debolezze ed errori. Si, perché si può anche sbagliare, siamo esseri in cammino, possiamo concederci di essere imperfetti, di inciampare, rialzarci ed imparare, senza doverci identificare con i nostri errori. Come possiamo liberarci dal condizionamento di essere all’altezza dei canoni di perfezione esterni? La risposta è amarsi, sempre, a prescindere dal nostro peso, o da un qualsiasi altro difetto che noi riteniamo tale. L'amore non è mai sottoposto a condizione, solo amando le nostre imperfezioni, saremo perfetti. Accettare i nostri limiti, senza inseguire un ideale che ci allontana da noi stessi, ci permette di entrare in contatto con la nostra essenza e di mostrarci con coraggio. Solo la verità ci consente di esprimerci e di creare relazioni genuine.

Il tempo dell'estate
È aprile, l’aria ha un profumo diverso, tutti gli altri sentono la primavera, io vedo già l'estate! Mi guardano come se fossi pazza, forse lo sono...Avverto un'energia che risveglia i sensi, una gioia improvvisa mi pervade per l'imminente arrivo del momento più intenso dell’anno. È la fase della vita piena, quando tutto appare più chiaro fuori e dentro di te, è il momento dell'agire maturo! Ora sai che subito dopo arriverà inesorabile l'autunno e non hai tempo per procrastinare progetti e sogni, è l’istante per vivere e ritrovare i colori persi sotto la coperta invernale. È la stagione dei bagni al mare, un invito ad immergersi nelle acque delle nostre emozioni sopite, per nuotarci dentro fino a sentire scorrere la vita. Non è più tempo di coprirci dietro a vesti che ci proteggono dalle paure e dalle ansie. L'Estate è un sospiro di sollievo. È l'occasione per uscire allo scoperto e dell'incontro con l'altro dopo mesi di chiusura, è l'ora dei pensieri inespressi e dei baci non dati. La pioggia ci ha accompagnato con il pianto dei nostri dolori, ma ora non c’è più tempo, il sole ci reclama tutti, sotto il suo cielo e noi presenti godiamo del suo calore tanto anelato. È il momento per cadere, sbucciarsi le ginocchia e rialzarsi, voltarsi un attimo indietro, guardare bene lo scalino inatteso che ci ha fatto inciampare, per poi ripartire più forti di prima. È la stagione dei canti dispersi nell’aria leggera e dei balli scalzi tra la sabbia, complice il riflesso di una luna intrigante. È tempo di osservare le stelle che sapienti ci indicano la strada verso i nostri desideri. Una nuova luce illumina la realtà circostante, ci svela segreti e ci apre a verità nascoste. La libertà si fa strada, alleggerisce gli animi e ci rende coraggiosi.

Civitanova, a tu per tu con Nicola Porro: "Come essere un buon giornalista? Dare più notizie e meno opinioni" (FOTO)
Nella serata di martedì 8 aprile, un ambiente intimo, al Caffè Maretto di Civitanova Marche, ha accolto il giornalista Nicola Porro. Padroni di casa il sindaco di Civitanova Marche Fabrizio Ciarapica, il consigliere regionale Pierpaolo Borroni e il consigliere comunale Gianluca Crocetti che, con passione e determinazione, prosegue la sua rassegna di eventi con FilosofARTE. Il violino di Valentino Alessandrini ha contribuito, con la sua musica, ad allietare l'incontro. Dopo un lungo viaggio in auto da Roma, che poi ridendo ci confesserà essere durato ben otto ore, arriva Nicola Porro, un po' stanco, ma sempre disponile e motivato. Ci saluta con un sorriso aperto e rassicurante. Un volto familiare che ci accompagna in tv tutti i lunedì con Quarta Repubblica, vicedirettore del quotidiano Il Giornale, editore della casa editrice Liberilibri, saggista, nonché ideatore della rassegna stampa quotidiana la Zuppa di Porro "cucinata in diretta e trasmessa in streaming video". Quando gli chiedo in quali dei molteplici ruoli sente di esprimersi al meglio, senza esitazione, mi risponde che la cosa a cui tiene di più e che gli sta donando molte soddisfazioni è la 'Zuppa di Porro', che - ogni mattina - con tono pungente e propositivo ci regala nozioni puntuali di economia, politica e attualità; riuscendo ad arrivare in modo diretto e chiaro ai molti che lo seguono fedelmente. Confesso di essere anch’io una sua ascoltatrice e quando gli domando quali sono le sue previsioni sulla crisi economica del momento, mi rassicura, fiducioso sul fatto che le "forze potenti del mondo troveranno un accordo". Durante la cena, tra un boccone e l’altro proseguiamo la conversazione parlando delle sue origini pugliesi, nelle quali riconosce la sua parte più sana, legata alla terra e alla vita contadina. Mi racconta, poi, che essere nato e cresciuto a Roma gli ha trasmesso la giusta leggerezza, mentre Milano rappresenta per lui la città del business. Quando affrontiamo il tema della libertà mi dice che "non è soltanto quella economica, ma anche la possibilità di poter fare ciò che si vuole a casa propria, senza arrecare nocumento a terzi, ed essere poi libertari nel non giudicare con canoni propri ciò che fanno gli altri". Il nostro discorso prosegue sull’argomento trattato nel suo libro "La grande bugia verde", nel quale sostiene che il riscaldamento climatico non è responsabilità unica dell’uomo "e nel caso lo fosse - mi ribadisce -, lo sarebbe soltanto in misura ridotta". La finalità principale del suo saggio è di poter sviluppare un pensiero critico che vada oltre un’ideologia data per appurata, senza essere tacciato di negazionismo. Nicola Porro crede che, come ogni buon liberale dovrebbe fare, sia importante addurre argomenti fondati, che possano coltivare ragionevoli dubbi sulla reale responsabilità umana sul cambiamento del clima. Trovandomi di fronte ad un grande giornalista, di lunga esperienza, non posso non chiedergli quale consiglio darebbe ad un giovane che desidera intraprendere questa professione. Con molta semplicità mi risponde che per lui la cosa più importante è "stare per strada, trovare la notizia e raccontare una storia nella sua realtà, senza dover dare sempre le proprie opinioni, tutti vogliono commentare su come va il mondo, tante opinioni ma poche notizie!". Grata, per avermi dedicato con gentilezza ed umiltà il pochissimo tempo che aveva a disposizione per cenare, prima dell’incontro pubblico che lo attendeva all’Auditorium "F. Scarfiotti" di Potenza Picena, saluto non solo un professionista competente, ma anche una persona dotata di una bella umanità.

Incontri magici: quando il destino sussurra sottovoce
"Un incontro non è mai casuale", mi ripeteva mia nonna. Ero ancora una bambina e le sue parole, secche e morbide nel contempo, mi attraversavano con un senso di monito misto a magia. "Lucia ricorda, ogni persona che incrocerà la tua strada, non importa per quanto tempo, un giorno o una vita, sarà lì per un insegnamento. Angeli e, a volte, anche diavoli ti guideranno lungo il cammino. Fai attenzione, perchè dovrai essere tu brava a coglierne il messaggio!". Sono cresciuta con la sensazione che nella vita nulla sia mai avvenuto per caso, mi sono sempre sentita, in qualche modo, connessa agli altri. Ho creduto in un filo invisibile molto più sapiente di noi, in grado di legare avvenimenti, persone e luoghi, per condurci lungo il percorso che siamo destinati a seguire. Così accadde quel giorno in una mattina come tante. Il suono della sveglia mi riporta violentemente alla realtà, ancora prima di alzarmi, inizia una personale lotta quotidiana con la mia pressione bassa. Un passo dopo l’altro mi trascino alla moka , mia inseparabile alleata. Credo che il caffè sia la migliore droga legalizzata e con questa considerazione, un piccolo sorso alla volta, eccomi riconciliarmi con la vita! Milano, con la sua energia frenetica, mi risucchia nel vortice; a volte mentre cammino per strada ho la sensazione di dover essere sempre pronta ad afferrare pezzi di vita, come se mi sfuggissero di mano. Guardo l’orologio, no!! È tardi! Come al solito mi perdo nei pensieri, mi pongo domande alle quali riesco a dare almeno tre risposte diverse, completamente in antitesi tra di loro. Mente e cuore affollati, una grande confusione dove ognuno vuole dire la sua! Il suono del clacson mi riporta alla realtà e comincio a correre, arrabbiata con me stessa per essere sempre in ritardo! Scendo le scale della metro, sorpasso l’uomo con il cappello, poi la signora con il passeggino, accelero ed ecco ci ricasco, cavolo, mi sto distraendo di nuovo! La mia mente è ripartita...sto ammirando, con un pizzico di invidia, la signorina qui davanti a me tutta imbellettata alle otto del mattino che con andamento elegante e pacato cammina sui suoi tacchi dieci. L’unica cosa che io sono riuscita a fare oggi è mettere del gel nei capelli per dar loro un senso di apparente compostezza. Arrivo trafelata ai binari della linea gialla che mi porterà diretta alla fermata, vicino alla redazione, al display compare la scritta: "Attesa minuti quattro e mezzo". Com’è possibile mi chiedo!! Di solito l’attesa è di un minuto, al massimo uno e mezzo! Sono disperata! L’ansia sale, poi mi vengono in mente le parole di mia nonna, così respiro a pieni polmoni l’aria grigia e consumata della metro; stranamente comincio a sentire un’unica voce che si fa portatrice sana di tutte le altre che mi ricorda: "Lucia, lascia fluire, essere qui, ora trafelata e sudata ha un suo significato che in questo momento non sei in grado di comprendere, abbi fiducia nel percorso!". Arriva il mio treno, si aprono le porte, mi precipito verso il primo posto libero, mi siedo e all'istante sento un calore arrivare dalla mia sinistra, mi giro e vedo la luce! Un'anima mi sta osservando, occhi tristi e dolci diretti ai miei, capelli castani spettinati ed un grande sorriso di porpora, disegnato a modo di clown, che stride con la malinconia e la delicatezza che emana. La sua pelle di porcellana riflette un’aurea intorno a se’ che mi destabilizza. Sto forse sognando mi chiedo? Sarà lui il mio angelo? Non importa, sento una pace ed una serenità mai provati prima. Lui continua a guardarmi, il suo sguardo va oltre, mi sento completamente scoperta ed indifesa, ma al sicuro. Prossima fermata, lui scende lasciandomi in dono una sensazione di armonia che pervade mente e corpo. Non c’è più ansia, fretta o senso di inadeguatezza per i miei ritardi...tutto si è placato, la vita si è espressa nella sua essenza in una magia di pochi istanti.

Fine di un amore: dolore e rinascita
La fine di un amore rappresenta un momento della vita delicato, che porta con sé tanto dolore, ma anche una grande opportunità di crescita. Può capitare di avventurarsi quasi subito in una nuova relazione nella convinzione che questa possa colmare il vuoto e lenire la sofferenza del distacco. In tal modo, però, rischiamo di non prenderci il tempo necessario di cui abbiamo bisogno per vivere la nostra sofferenza. Il tormento che portiamo dentro chiede di essere rispettato con il giusto tempo e con un’elaborazione emotiva profonda. Dobbiamo dare un senso all’esperienza vissuta in coppia, sulla quale abbiamo investito le nostre energie, risorse e fragilità. La prima reazione alla fine di una relazione è il rifiuto, una sorta di negazione della realtà, per poi attraversare nell’ordine rabbia, tristezza e per ultimo accettazione. Si tratta di una vera e propria elaborazione di un lutto, in cui siamo chiamati a processare non solo la perdita dell’altra persona ma anche della nostra identità come parte di una coppia. Stiamo uscendo dalla nostra comfort zone e ciò crea in noi una sensazione di confusione, associata a paura dell’ignoto e della solitudine. I primi pensieri che compaiono sono il frutto di sensi di colpa, nel cercare di capire cosa di diverso si sarebbe potuto fare. Si crede di essere stati gli artefici di un fallimento, perché non si è riusciti a tenere insieme una famiglia, in particolar modo se si hanno dei figli. Una volta superata la fase iniziale, si comincia a dare un senso e ad accettare la nuova realtà. Si comprende che ciò che noi credevamo fosse stato un fallimento, in realtà è stata un'esperienza preziosa di vita, un insegnamento che abbiamo ricevuto e che a nostra volta abbiamo donato all'altro. Si inizia così a provare anche gratitudine per ciò che è stato, perdonando ogni incomprensione o dolore arrecato o ricevuto. In tal modo lasciamo andare ciò che non è più necessario per la nostra evoluzione. Rinasciamo sotto nuove vesti, riscoprendo passioni e desideri che avevamo messo a tacere. Si può assaporare una sensazione di crescita ed evoluzione, una dimensione di appagamento e di pace che in una relazione conflittuale o fredda non avremmo mai potuto vivere. La fine di un amore richiede un processo in cui le emozioni vanno ascoltate e gestite per condurci al nostro vero sé, l’unico in grado di guidarci sul giusto percorso della nostra anima in cammino.

"L'amore: cambiamento ed evoluzione"
Per Platone l’amore è "Pazzia Divina", un dono degli Dei, una forza travolgente che spinge l’anima verso una conoscenza spirituale più elevata. Quando ci innamoriamo veniamo pervasi da una magia che ci fa sentire invincibili, eterni, apparendo spesso come dei folli agli occhi di coloro che in quel momento non stanno vivendo la stessa esperienza. Così ci avventuriamo con fiducia in questo viaggio; ci fidanziamo e sposiamo l’aspettativa di una vita comune delineata da tappe ben precise: un lavoro sicuro, una casa, i figli…A volte viviamo come se l’energia trainante iniziale potesse bastare ad alimentare anni di vita insieme, in una sorta di staticità emotiva. Diamo per assunto ciò che c’è, senza sentire il bisogno di fermarci per capire dove siamo, dove vogliamo andare e comprendere se qualcosa stia cambiando dentro e fuori di noi. Per poi riconnetterci alla nuova realtà. La vita è cambiamento, è fluire ed evolvere, noi non potremmo mai essere le stesse persone del passato. Accettare ciò con consapevolezza significa avere la possibilità di ritrovarci nella coppia con una nuova versione di noi stessi. A volte l’inizio di una crisi comincia con le seguenti parole: "Sei cambiato, non sei più quello di prima…". Una frase che potrebbe nascondere un grande fraintendimento se non la cogliamo nella sua accezione positiva. Nell’interpretazione negativa cogliamo un significato implicito di recriminazione, una sorta di colpa dell’altro per non essere rimasto come era nella fase iniziale dell’innamoramento. Lo rimproveriamo di non essere più quella persona su cui avevamo posto tutte le nostre aspettative. L’amore, invece, ha bisogno di evolvere e cambiare, per poi potersi incontrare di nuovo nella nostra versione più evoluta. Aspiriamo a ciò quando ci sentiamo liberi di esprimerci, di fiorire con le nostre peculiarità senza temere di non poter più piacere all'altro. Questo cammino implica una consapevolezza del singolo, delle proprie fragilità e punti di forza, un percorso della persona che non teme di mettersi in gioco o in discussione con le proprie dinamiche di comportamento. Significa approcciare la vita di coppia con fiducia, parlare con la verità del cuore senza timore del giudizio, sentirsi di poter entrare in contatto con i propri bisogni e desideri, senza il peso di ciò che è giusto o sbagliato. Credo che l'Universo nella sua perfezione lavori affinché anime predestinate si presentino all’appuntamento per compiere insieme un percorso più o meno lungo, grazie al quale poter crescere. Ogni incontro vissuto autenticamente e con coraggio è una grande possibilità per la nostra evoluzione spirituale.

FilosofArte: due libri per due sindaci, Fioravanti e Paolorossi protagonisti al ristorante "Officina" di Civitanova
Nella serata di venerdì 21 marzo presso il ristorante “Officina “. il Consigliere Comunale Gianluca Crocetti con la sua rassegna FilosofARTE è riuscito, ancora una volta, a creare uno spazio di confronto libero e stimolante, riunendo ben tre sindaci marchigiani allo stesso tavolo: Fabrizio Ciarapica, sindaco di Civitanova Marche, Luca Paolorossi sindaco di Filottrano e Marco Fioravanti Sindaco di Ascoli Piceno. Dopo un’ introduzione del sindaco Fabrizio Ciarapica e del consigliere Regionale Pierpaolo Borrioni il dibattito è subito entrato nel merito con la presentazione dei due libri “I miei primi cento anni“ e “Noi siamo l’ambiente”, scritti rispettivamente dai due ospiti Luca Paolorossi e Marco Fioravanti. Interessante conoscere questi due uomini, così diversi e allo stesso tempo uniti nell’intento di creare una realtà circostante migliore. Entrambi sostenitori di uno spirito critico e di un'osservazione onesta dei fatti. Marco Fioravanti con le sue parole, frutto di studi e approfondimenti, sensibilizza il lettore ad una nuova consapevolezza dell'ambiente, ricordando che da esso dipende la nostra sicurezza e la salute. Egli propone un cambiamento culturale, che prevede il prendersi cura del contesto in cui viviamo, dove costruiamo le nostre case e le attività economiche. Luca Paolorossi, imprenditore di successo e stilista, dotato di una personalità esplosiva si racconta con spontaneità, definendosi un “sindaco del fare”, non ama il rigore istituzionale in cui non si riconosce, preferisce comunicare ed agire in modo aperto e diretto. Motivo per cui ha scelto di svelarsi nel suo libro “I miei primi cento anni”. Paolorossi ci dice che alla base di questo scritto c’è la volontà di non lasciare nulla al non detto, ci racconta i fatti nella loro verità, riconoscendo con coraggio ed umiltà i propri errori e fragilità. Tornando al suo incarico politico, ci confessa di devolvere il suo stipendio mensile ad associazioni benefiche, perché per sua esperienza diretta ha imparato l’umiltà della gavetta e l’impegno in ciò che si fa, per cui si impara prima il mestiere e poi si guadagna. A conclusione dell’interessante dibattito, il cantante lirico Augusto Celsi si è esibito con la sua magnifica voce, emozionando il pubblico.

Fine di un matrimonio
Lui la guardò. - “E’ finita”, le disse. Furono le ultime parole che pronunciò guardando negli occhi sua moglie. Un silenzio denso piombò su di loro, riempiendo ogni angolo della casa, a colmare quel vuoto che si era fatto spazio tra di loro, che li stava svuotando di tutto, anche dell’aria. Da quel momento nel cuore di lui qualcosa smise di battere; un corto circuito blocco’ ogni passaggio di emozione, ogni sentimento anestetizzato. In quell’istante lei venne cancellata dalla sua vita, depennata, proprio come si fa con lista della spesa. Non era contemplato altro modo per sopravvivere, lui aveva capito: lei aveva già deciso. Quella cucina che per due decenni aveva custodito l’intimità della loro quotidianità tra risate e futili litigi, sarebbe diventata testimone di qualcosa che non sarebbe più esistito. Lei se ne sarebbe andata e avrebbe chiuso per sempre quella porta che l’aveva vista tornare infinite volte a casa, con la gioia ingenua di chi crede che il proprio amore sia speciale, invincibile. Si guardarono intorno sbigottiti, una sensazione di ineluttabilità plasmava ogni oggetto che li circondava. Tutto ciò che fino a pochi istanti prima poteva ancora avere l’illusione di rassicurante familiarità, all’istante divenne la testimonianza di una vita che non sarebbe più stata. Quel giorno la fine arrivò senza preavviso. Un banale litigio, apparentemente come gli altri, segnò per sempre la morte di un amore e con esso il destino di entrambi. Lei tacque, si diresse verso la grande finestra del salone sulla cui soglia tante volte si era appoggiata per osservare quel mondo fuori, del quale ora anche lei avrebbe fatto parte. Quelle mura di certezze che per anni l’avevano protetta, si stavano sgretolando e lei doveva essere forte per ricominciare a camminare sola tra sconosciuti, ignari del peso che portava dentro. In quel momento avrebbe desiderato urlare e combattere per salvare quello che rimaneva del sogno di un amore che si stava frantumando, ma rimase immobile. Stava morendo una parte di lei, doveva lasciare andar la moglie che era stata e la donna che aveva scelto e creduto in quella vita. Doveva lasciar andare lui. Lo sentì alle sue spalle, si girò con la lentezza di chi sa di essere condannato ed aspetta il verdetto. Si guardarono a lungo negli occhi; fu l’ultima volta come marito e moglie. Fu l’inizio della fine di un matrimonio.

Dialogo con il nostro bambino interiore: come ascoltarlo per costruire relazioni sane
In ogni essere umano risiede un "bambino interiore" di cui spesso si ignora l’esistenza, la cui voce, invece, è importante, perchè ci racconta il nostro lato più sensibile. Qui vengono custodite le esperienze dell’infanzia che inconsapevolmente oggi ci condizionano, influenzando la nostra capacità di costruire relazioni sane. Può capitare che da bambini si sperimenti il rifiuto o l’abbandono emotivo, nonostante i nostri genitori abbiano fatto del loro meglio per garantirci una stabilità affettiva. Molteplici situazioni di vita quotidiana, impercettibili per un adulto, potrebbero risultare così significative per un bambino da restare sepolte nel suo inconscio, continuando ad influenzare il comportamento e le relazioni da grandi. Il nostro bambino può comunicare i suoi bisogni inespressi a volte con un atteggiamento di difesa, dettato dalla paura di fidarsi degli altri, oppure con eccessiva disponibilità credendo di non meritare un amore incondizionato. Chi ha avuto una presenza genitoriale incostante, dove l’amore è stato imprevedibile, tenderà a vivere relazioni nelle quali non mettersi completamente in gioco. Si rimane sulla soglia della porta, senza entrare del tutto, senza sentirsi mai pienamente scelti ed amati. Si cerca questa forma di amore perché è l’unica che si conosce: è un’ambivalenza che, per assurdo, ci fa sentire più a nostro agio che nella certezza. In maniera disfunzionale si rimane legati a queste situazioni perché si riagganciano alla speranza sempre alimentata fin da piccoli di poter passare dall’essere un'opzione ad una priorità. Oppure c’è chi fin da bambino "era già grande", perchè ha dovuto prendersi cura di un genitore emotivamente fragile. Questo sarà un adulto che tenderà ad assecondare le esigenze degli altri, senza riuscire a porre confini sani con un "no" per rispettare i propri bisogni e desideri. Il primo passo per guarire il nostro bambino interiore è fermarsi ad ascoltarlo, riconoscere la sua presenza ed accogliere le sue fragilità con amore. Da adulti, questo credito d’amore del bambino che non ha ricevuto le cure adeguate, non possiamo chiederlo all’esterno: in una relazione sana nessun adulto può amare un altro adulto come se fosse un bambino. Soltanto noi possiamo amarci con gentilezza e comprensione, regalandoci tutte le cure che daremmo ad un nostro figlio. Guarire il nostro fanciullo interiore ferito è un viaggio profondo di consapevolezza, impegnativo ma necessario per alleggerirci dal peso del passato, per aprirci alla possibilità di vivere legami solidi. Impariamo ogni mattina ad osservarci allo specchio con accoglienza, a riconoscere il nostro valore e a trattarci con amore e rispetto. Lasciamo andare vecchie convinzioni interne che ci mentono, convincendoci di non essere abbastanza. La gratitudine è un’arma potente che ci permette di vivere nell’abbondanza, di avere fiducia in noi stessi e nella vita, ricordando che ogni persona merita la felicità.

Il bambino della prima fila e quel giorno in cui conobbi la gioia
Era bello lui! Capelli castani dorati, occhi nocciola, caldi come il tepore di un camino acceso quando fuori è freddo. Così lo ricordo, lui, il bambino della prima fila, quello bravo, il prediletto dalla maestra, quello che con l’espressione seriosa e quasi scontrosa, sapeva già tutto. Io riservata, seduta al banco in fondo, in ultima fila; lo osservavo con una certa soggezione. Guardavo quel maglioncino di lana a righe nei toni della terra, che vestiva una schiena che, seppur ancora piccolina, si presentava dritta e fiera. La lontananza e la mia timidezza rendevano ogni giorno un vero inferno: c’era una distanza incolmabile tra il mio desiderio di chiedergli un temperino e tutti quei banchi tra di noi. La mattina percorrevo la strada che mi conduceva a scuola con una certa agitazione mista ad euforia, facevo di corsa le due rampe di scale fino alla mia classe, per poi bloccarmi sulla soglia della porta, sopraffatta dagli eventi e rassegnata mi sedevo al mio posto. Eravamo alla fine degli 70, in quel tempo la nostra Playlist musicale era: Isotta, Furia, Zorro, La bella lavanderina… Allora ebbi la fortuna di una maestra illuminata che, un giorno a ricreazione, chiuse la porta della nostra classe, fece spazio, accese un giradischi giallo e tempo qualche secondo fece partire la nostra canzone: “Isotta Isotta dai che ce la fai, Strombetta, metti la marcia e vai!” Entusiasti cominciammo tutti a ballare! In una manciata di minuti avvenne la magia! Le tre file di banchi tra me e lui scomparvero, in un’istante conobbi la felicità! La gioia è l’emozione più desiderata dall’uomo a cui noi tutti tendiamo fin dalla prima infanzia. Credo che il suo significato più vero non sia tanto nell’emozione in sé nel momento stesso in cui la viviamo, che dura pochi istanti per poi dissolversi, ma nel percorso che viviamo per arrivare alla sua conquista. Quando siamo nel flusso, l’emozione che sperimentiamo è più profonda rispetto alla soddisfazione finale che otteniamo quando si avvera un desiderio. Durante il processo scopriamo noi stessi, acquisiamo nuove conoscenze, evolviamo, affrontiamo sfide e difficoltà fino ad arrivare al raggiungimento dell’obiettivo. Ogni passaggio di questo percorso ci dona gratificazione e fiducia conducendoci alla meta. La gioia non è legata solo al conseguimento del proprio sogno, ma alla capacità di vivere con consapevolezza e apprezzamento l’esperienza presente del viaggio, che porterà alla sua realizzazione.

Difficoltà quotidiane, come affrontarle
Quando abbiamo un malessere tendiamo ad arrovellarci alla ricerca della causa e di una soluzione immediata, la mente viene invasa da pensieri ed ipotesi alternative che possano condurci ad una risposta. Mettiamo in atto un’ immane fatica che ha come unico risultato di aumentare la confusione. Se, invece, provassimo a fare il contrario? Se cominciassimo a fermarci ad ascoltare il vuoto dentro di noi? Concedersi di non far niente per permettere di far emergere un’energia naturale che risiede in noi ma che soffochiamo spesso con pensieri tossici ripetitivi o con preconcetti condizionati dalla cultura e dal contesto in cui viviamo. Proviamo ad abbandonare ogni sforzo, prendiamoci un momento per respirare profondamente, per ridurre l’attivazione del sistema nervoso simpatico, responsabile della risposta “lotta o fuga”. La respirazione lenta e profonda stimolerà il sistema parasimpatico che induce calma e rilassamento. Ora immaginiamo il nostro volto felice, soddisfatto; questo semplice esercizio può riattivare energie nascoste che spostano la visuale dal malessere presente ad un altro lato di noi che può condurci a nuove prospettive, sistemando in modo naturale le cose. Più continuiamo ad analizzare il problema, più ci perdiamo dentro, la nostra mente ha il potere di ingigantire le difficoltà con scenari a volte autolimitanti. Prendere le distanze dalla nostra inquietudine, osservarci in modo diverso può ridimensionare la realtà circostante a cui riusciamo a dare un significato differente. Rimanere fermi su opinioni rigide può condurci lungo una strada chiusa dove non troviamo una via d’uscita. Dall’altro, abbracciare la flessibilità, lasciarsi condurre dal flusso della vita ci apre a nuove prospettive, allora cominciamo a fare ciò che ci viene naturale, in modo spontaneo perché lì troviamo la nostra reale identità a la risposta giusta per noi. Cedere all’energia naturale che sentiamo dentro di noi ci consente di manifestare la nostra essenza. Prendere un primo distacco dal problema presente ci permette di non identificarci con esso, comprendiamo che stiamo vivendo un momento difficile, ma è solo un momento, noi non siamo il nostro malessere. Così proviamo a sostituire i pensieri negativi con quelli positivi. L’insegnamento più potente è l’accettazione dell’incertezza come parte dell’esperienza umana, la nostra vita è piena di situazioni imprevedibili per cui agire senza aspettarsi che ogni cosa sia perfetta ci può donare una sensazione di libertà e serenità.