
Cultura

Pioraco, al via la personale di Gian Domenico Negroni: "Il senso dell'istinto"
Dal 26 luglio al 3 agosto, presso il polo museale di Pioraco, sarà possibile visitare la mostra personale del pittore Gian Domenico Negroni, dal titolo evocativo: "Il senso dell'istinto". Il vernissage si terrà sabato 26 luglio alle ore 17:00, alla presenza dell'artista. Residente a Pioraco, Negroni presenta una serie di opere che nascono da un processo creativo spontaneo e gestuale, in cui l’istinto diventa il vero protagonista. Un’astrazione pittorica che, come spiega lo stesso autore, "lascia il comando alle emozioni, ai pensieri e ai ricordi, proiettati sulla tela senza filtri o mediazioni razionali". La mostra esplora il delicato equilibrio tra impulso e riflessione, tra gesto e consapevolezza, offrendo ai visitatori un viaggio nell’interiorità dell’artista. "Il senso dell’istinto - afferma Negroni- è un album fotografico fatto di ricordi ed emozioni. Ogni opera è frutto di un’urgenza espressiva che, solo a posteriori, riesco a decifrare". Con uno stile personale che unisce forza espressiva e sensibilità introspettiva, Negroni invita il pubblico ad abbandonare l’analisi e ad ascoltare, semplicemente, ciò che la pittura è in grado di trasmettere. Una mostra da vivere con la pancia prima ancora che con la mente. L'ingresso alla mostra è gratuito.

Corridonia diventa laboratorio urbano: nasce “Rigenerare Humanum Est”, biennale d’arte e rigenerazione
Corridonia si prepara a trasformarsi in un museo a cielo aperto, grazie al progetto “Rigenerare Humanum Est”, tra quelli selezionati e finanziati nell’ambito del bando regionale “Accordo per la Coesione 2021-2027 – Fondo di Rotazione – Interventi di valorizzazione per eventi espositivi di rilievo regionale”. L’iniziativa, promossa dal Comune di Corridonia, è nata con l’ambizione di far diventare la città un laboratorio urbano aperto, inclusivo e sostenibile, in cui l’arte contemporanea diventa strumento di rigenerazione sociale, culturale e spaziale. Arte pubblica, accessibilità e innovazione Installazioni artistiche, percorsi sensoriali, laboratori e workshop prenderanno vita tra settembre e ottobre 2025, coinvolgendo attivamente la cittadinanza. Il progetto, i cui lavori di progettazione sono partiti già da maggio, si snoderà attraverso alcuni luoghi simbolici della città: il Parco di Villa Fermani, Viale Italia e la stessa Villa Fermani. In questi spazi saranno collocate opere scultoree permanenti e temporanee, corredate da pannelli informativi, QR code per approfondimenti digitali e percorsi tattili pensati per persone con disabilità visive. Saranno inoltre presenti mappe in Braille e audio-descrizioni che permetteranno una fruizione davvero inclusiva delle opere. Parallelamente, verranno organizzati laboratori di street art, maker space e workshop tematici in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Macerata, l’Ordine degli Architetti e il Museo Tattile Statale Omero di Ancona. Non mancheranno visite guidate e conferenze pubbliche con l’obiettivo di coinvolgere scuole, famiglie, turisti e l’intera comunità locale. La Biennale “Forma e Materia” diventa appuntamento fisso Uno degli obiettivi del progetto è istituzionalizzare la Biennale di Scultura “Forma e Materia” come appuntamento fisso, contribuendo a restituire centralità alla “Piazza Metafisica” e rilanciare Corridonia nel panorama culturale regionale e nazionale. «Abbiamo scelto di andare controcorrente – ha dichiarato il Sindaco Giuliana Giampaoli – in un tempo di omologazione abbiamo deciso di recuperare i luoghi della relazione: piazze, viali, vicoli, centri ricreativi. L’arte sarà uno degli strumenti per ridare personalità alla città, valorizzando il patrimonio storico-culturale che ci contraddistingue». Un progetto gratuito, accessibile e phygital Tutte le attività previste saranno interamente gratuite, grazie al cofinanziamento del 51% da parte del Comune e al supporto di diversi partner. La comunicazione dell’iniziativa sarà curata in modo da garantire massima fruibilità: saranno prodotti cataloghi phygital (cartacei + digitali), contenenti QR code integrati e contenuti multimediali come interviste, video e approfondimenti in realtà aumentata, accessibili tramite un sito web dedicato. «Non sarà una semplice mostra, ma un pezzo di un più ampio progetto di riqualificazione urbana attraverso l’arte – ha spiegato l’Assessore alla Cultura Massimo Cesca –. L’obiettivo è trasformare nel tempo gli spazi urbani in luoghi di bellezza, incontro e ispirazione. Ci auguriamo che questa sia la prima tappa verso la creazione, in futuro, di un museo nazionale delle Arti del ’900 all’interno del nostro Palazzo comunale». Co-creazione e protagonismo collettivo Una delle cifre distintive del progetto è il coinvolgimento diretto della cittadinanza. I laboratori creativi e partecipativi permetteranno a cittadini di tutte le età di creare micro-installazioni artistiche ispirate ai principi del design partecipativo, promuovendo un forte senso di appartenenza e identità locale. “Rigenerare Humanum Est” si profila così come un progetto multiforme, accessibile e innovativo, capace di coniugare arte, inclusione e rigenerazione urbana. Un’opportunità per riscoprire Corridonia attraverso lo sguardo dell’arte, trasformandola in un luogo di relazione, creatività e crescita condivisa.

Le Cento Città: da trent’anni la rivista che racconta la cultura e l’identità delle Marche
Le Cento Città, rivista di promozione culturale e valorizzazione del territorio marchigiano, è una pubblicazione trimestrale fondata nel 1995 dall’omonima Associazione, con cui condivide finalità e visione. A trent’anni dalla nascita, continua a raccontare il patrimonio artistico, storico e ambientale della Regione con lo stesso entusiasmo e rigore di sempre. A parlarne a Picchio News sono stati il presidente dell’Associazione Paolo Menichelli e il vicepresidente e direttore editoriale Maurizio Cinelli, protagonisti di un progetto editoriale che nel tempo si è trasformato in un punto di riferimento per studiosi, appassionati e istituzioni del territorio. Nata con l’obiettivo di valorizzare le eccellenze culturali, storiche, ambientali e imprenditoriali della Regione Marche, Le Cento Città si è affermata negli anni come uno dei principali strumenti di diffusione e approfondimento delle molteplici identità che compongono il territorio marchigiano. La rivista si propone come luogo di confronto e riflessione sui temi della cultura e dello sviluppo locale, offrendo spazio a contributi di studiosi, professionisti e appassionati, soci e non, che condividono l’impegno per la promozione del patrimonio marchigiano. Dotata di una solida struttura editoriale composta da Direzione, Redazione, Comitato scientifico e Direzione editoriale, Le Cento Città ha mantenuto negli anni una tiratura media tra le 800 e le 1.000 copie. Dal 2023 è pubblicata dalla casa editrice Seri di Macerata, distribuita nelle librerie storiche della regione e disponibile in abbonamento su tutto il territorio nazionale e all’estero. È inoltre in programma la diffusione digitale attraverso un apposito sito web, con l’obiettivo di raggiungere anche i marchigiani fuori regione o residenti all’estero. Tra gli obiettivi prioritari della rivista, condivisi con l’Associazione promotrice, vi è la volontà di tenere viva l’attenzione sull’immenso patrimonio storico-artistico danneggiato dal sisma del 2016, in particolare nei piccoli borghi del cratere. L’intento è quello di contribuire, attraverso la cultura, alla ricostruzione del tessuto sociale e alla rinascita delle comunità locali. Un’altra iniziativa significativa è quella legata al caso della statua bronzea attribuita a Lisippo, rinvenuta nelle acque antistanti Fano e oggi al centro di un complesso contenzioso internazionale con il Getty Museum di Los Angeles. La rivista, insieme all’Associazione, sostiene da anni il rientro dell’opera in Italia, anche attraverso azioni legali che finora hanno avuto esiti favorevoli. Le Cento Città collabora stabilmente con università, fondazioni, accademie e istituzioni locali, pubblicando ogni anno i resoconti di iniziative come “Freschi di Accademia” – dedicata ai progetti degli studenti delle Accademie di Belle Arti marchigiane – e “Freschi di stampa”, una vetrina di nuove pubblicazioni di autori marchigiani o su temi regionali. Riconosciuta come bene culturale di interesse storico dal Ministero della Cultura, la rivista è stata presentata ufficialmente al Salone Internazionale del Libro di Torino lo scorso 12 maggio 2024 per conto della Regione Marche, a conferma del suo ruolo di presidio culturale di rilievo nazionale. Sostenuta esclusivamente dalle quote associative dei suoi membri, Le Cento Città si apre oggi a nuove forme di collaborazione e sponsorizzazione, nella prospettiva di rafforzare ulteriormente la propria azione di promozione culturale e di continuare a raccontare le Marche con la competenza, la passione e la cura che da trent’anni la contraddistinguono.

Sferisterio, il Rigoletto noir di nuovo in scena: tra pioggia, applausi e un cast rinnovato
Siccome si sa, non c’è due senza tre, prima o poi c’era da aspettarselo: a dieci anni esatti dal debutto allo Sferisterio, e dopo la sua riproposizione nella stagione 2019, torna il Rigoletto contemporaneo e rosso sangue di Federico Grazzini. Si tratta di una produzione dell’Associazione Arena Sferisterio per il Macerata Opera Festival 2015, quindi di un prodotto veracemente home made, e in tempi di magra, non potendo finanziare né acquistare nuovi allestimenti, si rispolverano gioco forza le risorse caserecce. Ma tant’è: Rigoletto è un classico dei classici del repertorio lirico, un autentico capolavoro del genio verdiano, e averlo in cartellone come opera di repertorio non dispiace mai, che sia tradizionale o, come questo, lontano dal purismo ideale e ormai per certi versi sorpassato ancora reclamato da molti. E poi bisogna ammetterlo, questo Rigoletto pulp trasposto ai giorni nostri, che è stato definito anche gothic-noir o gothic-pop, pur nella sua originalità non è più una novità, e quindi non fa più così scalpore come lo fece nel 2015. Il pubblico ha dimostrato di aver digerito il cambio di epoca e soprattutto alcune scene “forti”, prima fra tutte la tremenda (come tremenda sarà la vendetta invocata da Rigoletto contro chi ha profanato sua figlia Gilda) violenza inflitta alla figlia di Monterone dentro la sgangherata biglietteria del vecchio e ombroso Luna Park dove è ambientata la vicenda, istigata dal branco eccitato dei cortigiani col volto coperto dalla maschera della loro doppiezza, in giacca e cravatta, con la pistola in tasca e in preda ai fumi dell’alcol, e coperta da un colpevole Rigoletto, buffone di corte e complice silenzioso delle sopraffazioni impunite del più forte. Una prima, quella di ieri sera, battezzata anche da una leggera pioggia, che è riuscita a interrompere il Duca nel momento in cui, sotto le mentite spoglie dello studente povero Gualtier Maldè intonava la sua ingannevole dichiarazione d’amore a Gilda: “è il sol dell’anima, la vita è pioggia” ha cantato Ivan Macrì (anziché “la vita è amore”) aprendo le braccia sconsolato verso il pubblico, ricambiato da un applauso di incoraggiamento mentre gli orchestrali correvano a mettere al riparo i loro preziosi strumenti. Una pausa di circa 15 minuti, e per fortuna la recita ha potuto ricominciare senza altri incidenti. In realtà, il rischio pioggia si è corso anche sul finale dell’opera, quando qualche goccia dispettosa ha cercato di rovinare il momento più tragico: la disperazione di Rigoletto incorniciata da un muro tinto di rosso fiamma, che urla al cielo la maledizione lanciata da Monterone sul corpo di Gilda morta, sacrificatasi nonostante tutto per amore del Duca sostituendosi a lui come vittima consapevole e inconsolabile di un amore impossibile. Stavolta però il meteo ballerino non l’ha avuta vinta e lo spettacolo si è concluso fra gli applausi scroscianti a tutto il cast. Di questa produzione, com’è facile immaginare, si è già detto e scritto di tutto. L’impianto registico resta lo stesso, questo terzo Rigoletto difforme è sempre senza gobba, perché la sua difformità fisica e morale, che pagherà con il prezzo più alto, non ha bisogno di gobbe per mostrare al pubblico la tragedia della sua meschinità. Cos’è cambiato allora rispetto alle edizioni precedenti? Le novità riguardano essenzialmente il cast. In generale un’ottima prova vocale, sia per i protagonisti sia per i comprimari, che ha mandato a casa soddisfatti gli amanti del belcanto. Proprio i comprimari, senza eccezione, hanno contribuito piacevolmente ad arricchire e alzare la qualità dello spettacolo, a partire dal Monterone del basso Alberto Comes, davvero impeccabile nella sua performance, dalla Giovanna del mezzosoprano Aleksandra Meteleva, con una bella voce centrata e ineccepibile pur nel piccolo ruolo (fatto non sempre scontato), impegnata nel doppio ruolo anche della Contessa di Ceprano, fino allo Sparafucile del coreano Luca Park (che sarà anche il Medico del Macbeth), capace di raggiungere le note più basse con estrema disinvoltura, e alla Maddalena di Carlotta Vichi, mezzosoprano milanese che dà voce e corpo al suo personaggio con piglio e personalità. Completano il cast Giacomo Medici (Marullo), Francesco Pittari (Matteo Borsa), Tong Liu (il conte di Ceprano), Stefano Gennari (l’usciere di corte) e Laura Esposito (il Paggio della Duchessa), che non più nei consueti abiti maschili da caccia ma in minigonna e cellulare in mano corre ad avvisare il Duca, impegnato nelle sue stanze con la povera e ingenua Gilda rapita dai cortigiani convinti fosse l’amante e non la figlia di Rigoletto, di essere cercato dalla Duchessa. Ma veniamo ai protagonisti, tutti ugualmente acclamati dal pubblico a fine serata. Il Rigoletto del baritono Damiano Salerno, ha convinto per intenzione e interpretazione scenica, con un crescendo che dal primo al terzo atto ha confermato le sue solide qualità vocali, sostenute tra l’altro da una dizione perfetta. Il soprano spagnolo Ruth Iniesta, per la terza volta allo Sferisterio dopo la Lucia di Lammermoor del 2023 e la Liù nella Turandot 2024, è la star della serata (oltre ad essere ormai una star internazionale) e la sua Gilda si è conquistata l’amore del pubblico con una interpretazione superlativa, grazie a una voce bellissima esaltata da una tecnica esemplare. Infine il tenore siciliano Ivan Magrì, una “vecchia conoscenza” di questo palcoscenico, avendo rivestito già il ruolo di Calaf nella Turandot dello scorso anno, ma ancora prima quello di Alfredo in una delle tante riprese della Traviata degli specchi, esattamente quella che ha inaugurato il festival nel 2012 a vent’anni dal suo debutto nel 1992. Anche per il suo Duca sfrontato e strafottente una serata in deciso crescendo, perché dalla partenza un po’ in sordina del primo atto, ha scaldato voce e motori strada facendo, arrivando con grinta e senza sforzo alla fine dell’opera. Qualche sforzo a dire il vero lo ha mostrato nella spinta degli acuti, non sempre bellissimi ed emessi a voce libera e piena, ma con il suo mestiere sa ben compensare e nell’insieme porta a casa una performance di tutto rispetto. Grande apprezzamento anche per la bella prova dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana diretta dall’ottimo maestro spagnolo Jordi Bernàcer, applauditissimo, che sfoggia le credenziali del suo prestigioso curriculum: già assistente del maestro Lorin Mazeel, ha collaborato con i più grandi direttori d’orchestra del mondo ed è dal 2015 direttore residente al San Francisco Opera. Sul palco per gli applausi finali anche Christian Starinieri, maestro del Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” (in Rigoletto presente solo nella sua componente maschile), e il regista fiorentino Federico Grazzini (che nel frattempo, nel 2022, ha vinto l’International Opera Directing Competition alla Lithuanian National Opera), il quale ha realizzato lo spettacolo con il contributo di Andrea Belli per le scene, Valeria Donata Bettella per i costumi e Alessandro Verazzi per le luci, riprese da Ludovico Gobbi. Le repliche andranno in scena, sempre alle ore 21.00, venerdì 25 luglio, domenica 3 e venerdì 8 agosto. In questa ultima recita Rigoletto sarà interpretato dal baritono Damiano Salerno, che il pubblico maceratese ricorderà nel ruolo di Marcello nella colorata Bohème di Leo Muscato nel 2012 e nel 2015.

Un debutto fuori dagli schemi: La Vedova Allegra conquista il pubblico del Macerata Opera Festival
La Vedova contagia piano piano con la sua allegria il pubblico dell’arena Sferisterio, e vince la non facile scommessa di inaugurare il cartellone della stagione lirica maceratese numero 61. Operazione assolutamente inedita, e dunque a suo modo azzardata, ma che rientra nel mood del revival generale che l’operetta sta vivendo negli ultimi anni in Europa. C’è anche da dire che il nuovo direttore artistico Marco Vinco e la nuova sovrintendente Lucia Chiatti, subentrati lo scorso dicembre, purtroppo per loro (e per noi) non hanno ricevuto in eredità i ventimila milioni della assai consolabile vedova Anna Glawari, ma si sono trovati a costruire, gestire e promuovere in pochi mesi e con pochi soldi una programmazione fatta dai loro predecessori. Intanto, a giustificazione di una scelta tanto insolita, c’è un anniversario importante da festeggiare, ovvero i 120 anni dalla prima rappresentazione a Vienna della Vedova allegra di Franz Lehár, l’operetta in assoluto più famosa e più amata che si è guadagnata di diritto l’ingresso nel “grande repertorio” della lirica: pensate che solo nel 1909 a Parigi, a quattro anni dal suo debutto, si erano succedute più di ventimila repliche, che erano diventate oltre trecentomila nel 1948 alla morte di Lehár. Ma per tornare a tempi più recenti e a luoghi a noi più familiari, ricordiamo la Vedova allegra firmata da Vittorio Sgarbi nel 2015 al Teatro Pergolesi di Jesi (affidata a Valeria Esposito, memorabile Lucia di Lammermoor allo Sferisterio alla metà degli anni Novanta), e quella più recente del dicembre 2024 andata in scena in un tempio della lirica italiana come il Teatro Regio di Parma. E poi le altre due opere in cartellone, il Rigoletto circense e provocatorio di Federico Grazzini e il Macbeth magico e mediterraneo di Emma Dante, sono entrambe delle riprese di produzioni che hanno già debuttato negli anni scorsi sul palco dello Sferisterio e non potevano ambire ad aprire la stagione lirica. L’allestimento in tre atti, firmato dal regista francese Arnaud Bernard, che collabora con i più prestigiosi teatri lirici del mondo e che torna dopo 25 anni allo Sferisterio dove aveva lavorato come assistente alla regia nella Bohème diretta nel 2000 dal compianto maestro Massimo de Bernart, si preannunciava elegante ma anche frizzante e leggero, grazie alla presenza di un cast giovane, formato da molti under 35, e a una scrittura musicale estremamente raffinata sebbene popolare, in cui valzer lenti si alternano a ritmi più sostenuti, con innesti di reminiscenze melodiche ungheresi, balcaniche e persine mahleriane. Insomma, il mantra ripetuto nella conferenza stampa di presentazione è stato “assolutamente no kitch ma neanche too much chic”: vietato cadere nei cliché della volgarità, vietato strizzare l’occhio a un certo intellettualismo pretenzioso. Bandita l’originalità a tutti i costi, e inseguendo l’idea poetica di un sogno, le intenzioni sono state rispettate, come è stata rispettata la grande tradizione nostrana in questo spettacolo pensato in lingua italiana, che Bernard, alla sua prima Vedova, ha affidato alle cure autoriali di Gianni Santucci, che oltre ad esserne il coreografo è anche un veterano del capolavoro del maestro austro-ungarico, con all’attivo una dozzina di produzioni diverse. Partendo dal testo originale tedesco, si è così arrivati a traduzione italiana semplice, ma con l’introduzione di qualche novità per divertire e far sorridere il pubblico. La più eclatante? La napoletanità del Cancelliere Njegus che fra battute, doppi sensi, sfottò e qui pro quo si inserisce alla perfezione con la sua spassosa verve nella veneranda tradizione comica partenopea. Il lungo muro dello Sferisterio, che abbraccia un palco sfruttato stavolta in tutta la sua lunghezza, non doveva essere coperto o mortificato, ma reso protagonista. E infatti cantanti, coro e danzatori lo occupano in lungo e in largo affollando per tutta la durata della rappresentazione ogni centimetro del palco, con movimenti ben curati. Se il primo è l’atto del colore nero e dell’eleganza in cui prevalgono le parti recitate (a volte a onor del vero un po’ troppo lunghe, tanto che non si vede l’ora che qualcuno prima o poi ricominci a cantare, perché in fondo siamo qui per questo, per sentir cantare, o no?), il secondo è l’atto del colore bianco e della poesia in cui finalmente il canto riprende il sopravvento (e il pubblico applaude sollevato), mentre il terzo è l’atto del colore rosso e della spettacolarità, dominato dal ballo: un tourbillon di scatenati danzatori che invade il palco fra acrobatici can can e frenetici galop. Le scene, volutamente essenziali e scarne, ma efficaci nel raccontare un’epoca, sono come un modulo che si ripete nei tre atti, ma che ad ogni atto varia per colore dominante e oggetti-simbolo: gli eleganti divani e i lampioni sfavillanti nel primo atto, intervallati da figurine nere ritagliate che si tagliano sullo sfondo, come neri e brillanti sono gli abiti degli invitati alla festa che fanno tintinnare calici e svolazzare ventagli; le sobrie cabine-ombrellone di tessuto a righe e le figurine ritagliate che nel secondo atto si trasformano in bianche signore con l’ombrellino da sole, abbinate agli eleganti costumi da mare di inizio Novecento tutti rigorosamente anch’essi sui toni del bianco panna o al massimo a righe, bianche e blu o bianche e rosse (qui l’unica eccezione è la Vedova-marinaretta vestita di scuro); infine, nel terzo atto, le figure sullo sfondo diventano quelle colorate di ballerine di can can e i lampioni della festa vengono bardati con bandiere tricolori francesi. Dall’apertura, con l’ingresso del lungo corteo funebre fra pianti e lamenti per la dipartita del ricchissimo banchiere di corte del piccolo Stato immaginario di Pontevedro, in cui il vento che soffia complice fa respirare alla platea (piena) intense folate di incenso, all’esplosione improvvisa della festa con risa, gridolini e il continuo intreccio di tresche amorose fra nobili gaudenti e dame infedeli consumate dapprima su canapè di velluto rosso (nel primo atto, in un’atmosfera che ricorda tanto da vicino le feste parigine della ormai leggendaria Traviata degli specchi), poi nelle cabine di tessuto in riva al mare in Normandia (nel secondo atto, all’ennesima festa organizzata dalla Vedova), e infine fra l’andirivieni di camerieri stile Che Maxim’s e ballerine stile Moulin Rouge (nel terzo atto, nell’ultima festa patriottica e pruriginosa sempre organizzata dalla ormai quasi ex Vedova per tentare di riconquistare il suo vero e unico amore Danilo), alla chiusura letteralmente col botto con i fuochi d’artificio esplosi sul finale sopra al muro dello Sferisterio, questa Vedova riesce nell’intento ed evita lo scontento. L’amore come sempre trionfa, i milioni ereditati sono salvi e speriamo anche il botteghino per le prossime repliche. E anzi, visto che lo Sferisterio si è piazzato quest’anno al primo posto fra i teatri di tradizione in Italia, vediamo se questa sua Vedova farà tendenza e trascinerà con la sua allegria altri teatri a puntare sull’operetta. Nel cast di buon livello spicca su tutte l’interpretazione del soprano romeno Mihaela Marcu, perfettamente a suo agio nella parte di Anna Glawari – del resto è un ruolo che ha già calzato svariate altre volte, e si vede –, sia vocalmente (ciò che ci interessa di più), sia nella recitazione (che comunque in un genere ibrido come l’operetta è altrettanto importante). A fianco a lei il tenore Alessandro Scotto di Luzio nella parte del Conte Danilo Danilowitsch, che sfoggia a sua volta una grande dimestichezza con l’operetta e raccoglie un bel successo personale. Apprezzamenti anche per l’ingenuo Barone Mirko Zeta di Alberto Petricca (che è stato un mandarino nella Turandot 2024 allo Sferisterio), per la moglie fedifraga Valencienne del soprano trentenne Cristin Arsenova, per il Camillo de Rossilon del tenore ventottenne romano Valerio Borgioni (già Rodolfo nella Boheme dello scorso anno), lo sfrontato Njegus dell’attore e regista teatrale Marco Simeoli, il Bogdanowitsch del baritono Giacomo Medici (che sarà anche Marullo nel Rigoletto che debutta stasera), il visconte Cascada del tenore Cristiano Olivieri, il Raoul de Saint-Brioche del tenore Francesco Pittari, la Sylviane del soprano Laura Esposito (nel doppio ruolo quest’anno del Paggio della Duchessa nel Rigoletto), il Kromow del tenore Stefano Consolini, la Olga del soprano Federica Sardella, il Pritschitsch del basso Davide Pelissero e la Praskowia del mezzosoprano Elena Serra. Man mano che il pubblico entrava nello spirito dell’opera, ops dell’operetta, si è fatto coinvolgere in numerosi battimano ritmati a suon di musica, fino a confondersi con gli applausi finali, lunghi e convinti, per il cast al completo, inclusi lo scenografo Riccardo Massironi, la costumista Maria Carla Ricotti, Fiammetta Baldisseri che ha firmato le luci, il coreografo Gianni Santucci, il maestro del coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” Christian Starinieri e le scatenate “grisettes”: Camilla Pomilio (Lolo), Giulia Gabrielli (Dodo), Silvia Giannetti (Jou-jou), Lucia Spreca (Frou-frou), Sara Bacciocchi (Clo-clo) e Roberta Minnucci (Margot). Successo personale anche per la direzione del maestro Marco Alibrando, classe 1987, che ha diretto in prestigiosi Festival e che pochi giorni fa, a fine giugno, ha debuttato al Teatro alla Scala con il Concerto Istituzionale degli allievi dell’Accademia del Teatro alla Scala 2025, ed è stato di recente nominato primo direttore del Deutsches Nationaltheater und Staatskapelle Weimar a partire dalla stagione 2025/2026. Appuntamento con le prossime recite de La vedova allegra per domenica 27 luglio, sabato 2 e sabato 9 agosto, alle ore 21.

Coreografie, costumi, "trucco e parrucco": l’ingranaggio creativo dietro La Vedova Allegra
Macerata si prepara a vivere una serata speciale: il 18 luglio si apre la 61ª edizione del Macerata Opera Festival con La Vedova Allegra di Franz Lehár, primo titolo di operetta a entrare nel repertorio dello Sferisterio. Una scelta che segna un nuovo capitolo nella storia del festival, e che porta sul palcoscenico non solo un classico del teatro musicale, ma anche una visione creativa e moderna firmata dal regista francese Arnaud Bernard e dal coreografo Gianni Santucci. Proprio con Santucci abbiamo parlato a poche ore dal debutto, dietro le quinte di uno spettacolo che promette eleganza, ritmo e ironia: “Nelle operette la parte coreografica è molto importante. Praticamente tutti i numeri musicali vengono coreografati, o almeno seguono una linea estetica comune – racconta –. Lavorare a La Vedova Allegra è stato un vero piacere: con i ballerini, con il coro, con gli attori protagonisti. L’obiettivo è dare al pubblico qualcosa che funzioni non solo dal punto di vista coreografico, ma anche artistico e spettacolare”. Tutto lo spettacolo si muove dentro una coerenza visiva ben precisa: costumi, luci, trucco e parrucco sono pensati in armonia con il gesto coreografico e con l’impianto registico. “Tutto ciò che è spettacolo si avvale di un’estetica – sottolinea Santucci – e quella estetica deve essere condivisa. Carla Ricotti, la costumista, è una collaboratrice storica: ha creato dei costumi davvero straordinari, in linea con tutto il resto. Anche grazie a lei lo spettacolo funziona come un corpo unico”. Non mancheranno le sorprese. La Vedova firmata da Bernard e Santucci sarà tutt’altro che tradizionale, pur rispettando lo spirito dell’originale. “Il primo atto inizia in modo classico, come ci si aspetta. Il secondo, invece, è una sorpresa. Ci dovrebbero essere delle danze folcloriche, ma io le ho cambiate completamente... non posso dire come. E nel terzo atto? C’è il Can Can, ovviamente. Ma io parlo al plurale: ci sono i Can Can. Ne ho aggiunti diversi, per rendere lo spettacolo ancora più esplosivo. Aspettatevi Fuochi d'artificio”. Santucci firma anche la nuova traduzione del libretto, mentre il giovane direttore Marco Alibrando guiderà l’orchestra in una lettura che include inattese citazioni musicali: Mahler, suggestioni jazz, e naturalmente Offenbach, per un mix che rinfresca e potenzia i quadri coreografici. La regia di Bernard – tornato a Macerata 25 anni dopo il suo debutto allo Sferisterio – sfrutta al massimo le potenzialità del grande spazio scenico, trasformando l’imponente muro di fondo in un elemento vivo del racconto. “Sono convinto che il pubblico uscirà contento – conclude Santucci – con il sorriso e con le melodie di questa fantastica operetta ancora nelle orecchie. Dovete venire, perché ne vale davvero la pena per tutto ciò che abbiamo costruito insieme”. E sotto le stelle dello Sferisterio, La Vedova Allegra si prepara a danzare.

Performance, segnaletica artistica e AI: tre progetti trasformano il paesaggio marchigiano
Architetture storiche, nei borghi colpiti dal sisma, che diventano schermi narranti. Segnali stradali trasformati in opere d’arte. Piazze, vie, scorci che si accendono di visioni contemporanee. È il paesaggio marchigiano, la sua comunità e il suo territorio a farsi medium e materia viva nell’ambito di tre progetti artistici che uniscono arte digitale, sperimentazione tecnologica, spazio pubblico e memoria collettiva. A firmarli è PlayMarche, realtà attiva nella progettazione culturale e nella valorizzazione creativa del territorio. I tre progetti culturali, che hanno animato dal 30 giugno il capoluogo delle Marche, saranno presentati domenica 20 luglio all’ex Mercato delle Erbe di via Armaroli a Macerata: alle ore 18 è in programma un incontro con gli artisti e i curatori coinvolti, alle 21.30 la performance di videomapping e l’inaugurazione della mostra collettiva multimediale che resterà aperta fino a sabato 6 settembre 2025. Il primo progetto è l’intervento urbano di Clet Abraham, che ha trasformato Monteleone di Fermo nel primo borgo italiano con una segnaletica interamente interpretata artisticamente. Il secondo è Play Visual - Digital Landscapes, la residenza internazionale che ha coinvolto 16 artisti da tutto il mondo nella realizzazione di una mostra collettiva di arte digitale con installazioni interattive e audiovisive, opere di digital art e proiezioni immersive che trasformano lo spazio in un’esperienza sensoriale. Tra gli artisti coinvolti: Elodie Poidatz, Jésus s. Baptista, John Tettenborn, Kourtney Lara Ross, Luca Agnani, affiancati dai tutor Javier Riera, Daniel Rossa, Karen Monid, tre indiscussi maestri della luce e del suono. Il terzo, infine, è rappresentato dalle Nuove Visioni Digitali realizzate durante la residenza artistica da 10 giovani artisti italiani under 35: un percorso di installazioni digitali con protagonista territorio e storia maceratese. MONTELEONE DI FERMO - Per la prima volta, l’intero sistema di segnaletica stradale di un borgo storico viene reinterpretato come intervento organico di arte urbana. A firmarlo è Clet Abraham, maestro riconosciuto della street art applicata alla segnaletica, che ha trasformato ogni cartello stradale di Monteleone di Fermo in una piccola opera d’arte capace di sorprendere, far sorridere e riflettere. L’obiettivo del progetto, che ha fatto diventare l’intero borgo un museo a cielo aperto, è duplice: da un lato valorizzare il paese e la sua identità, rafforzando l’attrattività turistica e culturale, dall’altro promuovere una nuova visione della segnaletica, non più solo elemento funzionale ma anche occasione di bellezza, dialogo e partecipazione. Clet Abraham è un artista francese noto a livello internazionale per la sua originale attività di street art, in particolare per gli interventi sui segnali stradali. Nato nel 1966, Clet si è formato all'Accademia di Belle Arti di Rennes e ha iniziato la sua carriera come pittore e scultore, ma è diventato celebre per la sua arte urbana ironica e provocatoria. Il suo lavoro più riconoscibile consiste nell'alterazione creativa dei segnali stradali: attraverso adesivi appositamente studiati, Clet trasforma i cartelli in opere d'arte che giocano con i significati e stimolano la riflessione, senza però compromettere la funzione e la sicurezza stradale. Le sue opere sono comparse in numerose città europee, tra cui Parigi, Londra, Berlino, Roma e Firenze (dove vive e lavora), diventando simboli di libertà espressiva e dialogo tra arte e spazio pubblico. Con il suo stile immediato, ironico e accessibile, Clet lancia messaggi sulla società, la libertà, il rispetto e le regole, invitando cittadini e visitatori a guardare con occhi nuovi ciò che di solito si dà per scontato. PLAY VISUAL - Un percorso creativo dedicato all’esplorazione del paesaggio fisico e culturale di Macerata attraverso l'arte digitale. I 16 artisti coinvolti nella residenza artistica, provenienti da 8 diversi paesi, hanno esplorato i linguaggi della projection art e del light design, dell’animazione 2D/3D, della sound art e dell’arte generativa con l’intelligenza artificiale per raccontare il territorio maceratese, i suoi luoghi simbolo e la comunità. Gli artisti selezionati: Elodie Poidatz, specializzata in video mapping, ha vinto il Grand Prix de la Création della città di Parigi nel 2001. L’artista e videomaker Jésus s.Baptista che lavora con l’acqua e il metallo. Il mothion graphics artist John Tettenborn con base a Berlino, specializzato in projection mapping. Kourtney Lara Ross, musicista, compositrice e sound designer statunitense pluripremiata a livello internazionale: nel 2021 ha vinto con John Tettenborn il primo premio al festival Genius Loci Weimar con un’opera proiettata sulla Bastiglia e sempre con Tettenborn ha realizzato a Tokyo la più grande installazione permanente di projection mapping architettonico al mondo. Il visual designer Luca Agnani, esperto in animazione e video mapping 3D che ha raggiunto la fama internazionale nella digital art ottenendo il terzo posto al concorso Circle of Light di Mosca nel 2013. E ancora: Amadeo Savio, Francesca Macciò, Sabine Burchand, Svitlana Reinish, Alanis Blondeel, Pauline Katz, Sarah Le Gigan, Nia James, Leire Gamez, Pois, Saskia Rogge, Judith Böye. Affiancati dai tutor Javier Riera, visual artist che esplora la relazione tra geometria e natura, attraverso interventi reali nel paesaggio con proiezioni luminose. Karen Monid, sound e visual artist pluripremiata. All’attivo collaborazioni con produzioni audio-video in tutto il mondo. Daniel Rossa, art director che lavora con tecniche analogiche, graphic design, proiezioni e sculture di lighting design con l’obiettivo di instaurare collegamenti tra il mondo digitale e la realtà. Hamza Mrabet, coordinatore dei gruppi di lavoro NUOVE VISIONI DIGITALI - Un progetto formativo per 10 giovani artisti italiani, selezionati tramite bando nazionale, incentrato su video mapping, proiezione digitale e light design, tecniche di animazione 2D/3D, fotografia e videoarte digitale, intelligenza artificiale generativa per l’arte. Una residenza artistica gratuita all’interno dell’ex Mercato delle Erbe, trasformato in un centro di sperimentazione artistica e tecnologica. Obiettivo dell’iniziativa è formare nuovi talenti nel campo delle arti digitali, con un percorso intensivo che unisce formazione teorica, laboratori pratici e creazione di opere originali, che saranno presentate al pubblico al termine della residenza. Gli artisti selezionati: Martina Stella, Divide Sinapsi Finazzi, Sofia Martello, Luca Montironi, Paola Fiordaliso, Alia Simoncini, Arthur Di Muro, Federico Santinelli, Riccardo Rocchetti, Jacopo de Rosa. Affiancati dai tutor Javier Riera, Karen Monid, Daniel Rossa e Hamza Mrabet.

Macerata, passeggiando con il soprano Mihaela Marcu: l'arte di essere la 'vedova allegra' (FOTO e VIDEO)
In una sera d'estate che si preannuncia di singolare suggestione, il palco a cielo aperto dello Sferisterio di Macerata si appresterà ad accogliere, venerdì 18 luglio, un evento di spicco nel calendario lirico italiano. Per la prima volta nella sua storia, infatti, il teatro maceratese aprirà le sue quinte a "La Vedova Allegra" di Franz Lehár, un'operetta che, con la sua inconfondibile leggerezza e la sua profonda vena malinconica, ha saputo conquistare pubblici di ogni latitudine. Questa produzione, offerta al pubblico in una versione italiana, rappresenta un'occasione per riscoprire un capolavoro del genere in una veste linguistica che ne faciliterà una fruizione ancor più immediata e coinvolgente. A indossare le vesti della figura centrale di Hanna Glawari sarà il soprano Mihaela Marcu, che ha condiviso le sue prime impressioni sull'esperienza maceratese e sull'approccio al suo personaggio. "Da quando sono arrivata a Macerata mi sono trovata veramente benissimo, è una città molto accogliente e a misura d’artista, ha una poesia. Si respira cultura in ogni angolo, ha quella magia pura che poche città riescono a trasmettere. È una città silenziosa ma allo stesso tempo è anche viva". In questa cornice di autentica bellezza e fervore culturale, Mihaela Marcu si appresta a un debutto che riveste per lei un significato profondo, nonostante la familiarità con il ruolo. "Hanna Glawari l’ho cantata molte volte, ma farlo all’apertura della stagione dello Sferisterio è un’emozione unica". La visione del regista, Arnaud Bernard, sembra infondere una nuova vitalità all'opera, promettendo uno sguardo colto e rivelatore, capace di svelarne nuove profondità senza tradirne l’anima originaria. Ne scaturisce uno spettacolo visivamente impattante e drammaturgicamente cesellato, dove ogni gesto si fa linguaggio. "La 'Vedova' di questa regia è una vedova che rispetta la tradizione, è una produzione brillante, raffinata e anche sorprendente. Il regista ha saputo valorizzare il fascino dell’‘operetta’: dai brillanti can can fino a mettere in luce l’anima del personaggio, dalla sua vulnerabilità alla sua indipendenza, alla sua forza". Il soprano sottolinea come il ruolo di Hanna Glawari richieda ben più di una mera esecuzione vocale, ma una completezza artistica che pochi personaggi d'opera richiedono. "Hanna Glawari è uno dei miei ruoli preferiti che amo di più perché è molto complesso. Rispetto ai ruoli d’opera per i quali occorre focalizzarsi soprattutto sulla tecnica vocale, qui devi essere un’artista molto più versatile, 'completo'. Nell’operetta, a parte la tecnica che prevede un parlato particolare, che è molto diverso da quello delle conversazioni e che va abbinato con il canto, occorre essere anche un attore che sa far capire, trasmettere al pubblico la profondità ". Questa complessità rende Hanna un personaggio di straordinaria profondità, già esplorato dalla Marcu in diverse declinazioni linguistiche e sceniche. "Hanna è un ruolo che ho fatto moltissime volte, in più lingue, in italiano con due produzioni a Verona, a Cagliari, Salerno, in tedesco, in francese, in rumeno. È un ruolo che amo perché abbina l’eleganza, l’intelligenza, l’ironia e la profondità emotiva". La sua analisi del personaggio rivela una fascinazione per la dualità intrinseca di Hanna, una figura che incarna sia la risolutezza sia una sottile fragilità. "Quello che mi affascina di più di questo personaggio è il suo equilibrio tra la forza e la vulnerabilità del personaggio; è una donna che sa ciò che vuole però che lascia allo stesso tempo lo spazio per l’amore". Tra i momenti più significativi dell'opera, ve n'è uno che tocca particolarmente le corde emotive dell'interprete, svelando la vera essenza di Hanna. "La scena a cui sono più legata è sicuramente quella della “Vilja” il momento in cui lei si spoglia della sua maschera di ironia e mostra tutta la sua vulnerabilità; attraverso la Viljia racconta la sua storia, il suo sogno d’amore".

Scherzare su Leopardi si può: a Recanati l'anteprima assoluta del nuovo film con Whoopi Goldberg (FOTO e VIDEO)
È stata una serata di cinema, emozione e orgoglio territoriale quella andata in scena ieri sera nella splendida cornice di piazza Giacomo Leopardi, dove si è tenuta l’anteprima assoluta di Leopardi & Co, la nuova commedia firmata dalla regista Federica Biondi. Il film, prodotto da Roberto Cipullo per Camaleo con il sostegno di Eagle Pictures, è molto più di una semplice commedia: è un omaggio fresco, ironico e internazionale alla figura di Giacomo Leopardi, alla sua città natale e all’intero territorio marchigiano. Un film nel film, che racconta la storia di un attore americano - interpretato da Jeremy Irvine - giunto in Italia convinto di dover interpretare Giacomo Casanova, per poi scoprire che il ruolo è invece quello di Leopardi. In questa “confusione creativa”, il protagonista scopre le bellezze del territorio e si innamora, guidato dalla consulente Silvia, esperta di Leopardi. Presenti alla proiezione in piazza, accolta da un folto pubblico, la regista Federica Biondi e il cast quasi al completo: Denise Tantucci, Paolo Calabresi, la giovane Aurora Calabresi, Aurora Moroni e Paolo Camilli. Sul palco anche il produttore Roberto Cipullo, che ha raccontato con entusiasmo la genesi del progetto: “L’idea è nata un po’ per gioco: ‘e se chiamassimo un attore americano a fare Leopardi invece di Casanova?’. Da lì si è accesa la miccia, ed è arrivata persino Whoopi Goldberg, che ha accettato il ruolo in 48 ore!”. Una commedia d’amore e identità, che valorizza il patrimonio culturale e paesaggistico delle Marche: da Recanati alla Riviera del Conero, fino all’aeroporto di Falconara, set inediti che diventano scenari cinematografici. A sottolineare l’importanza strategica del film per la promozione del territorio è stato Andrea Agostini, presidente della Fondazione Marche Cultura, che ha dichiarato: "Una produzione internazionale con Eagle Pictures significa visibilità non solo in Italia, ma anche sul mercato americano e sulle piattaforme globali. Una cartolina delle Marche in chiave moderna, poetica e brillante". Molto sentita la partecipazione degli attori, profondamente legati al progetto e al territorio. Paolo Camilli, tra i protagonisti del film, ha raccontato: "È un’emozione fortissima essere qui. Il mio personaggio è libero, forse spiazzante, ma è proprio il cuore a salvarlo. Le Marche meritano di essere conosciute, anche attraverso il nostro dialetto". Aurora Moroni, visibilmente commossa, ha aggiunto: "Tornare a Recanati da attrice, nella mia città, è stato speciale. Questo film le dà autenticità. E lavorare con Whoopi Goldberg e Jeremy Irvine… è stato un sogno". Anche il rapporto familiare ha avuto il suo spazio, con Aurora Calabresi che ha raccontato l’esperienza sul set accanto al padre Paolo: "Lavorare con mio padre è stato divertente, istruttivo e unico. Abbiamo potuto improvvisare insieme, un’occasione rara". Federica Biondi ha voluto reinterpretare il mito leopardiano con uno sguardo leggero ma mai superficiale: “Ho provato a raccontare Leopardi con un linguaggio nuovo. Una commedia, sì, ma intrisa di poesia. Girare a Recanati è stato un privilegio: qui la cultura si respira ovunque”. Leopardi & Co sarà distribuito nelle sale italiane dal 14 agosto e punta a conquistare anche il pubblico internazionale. Un progetto che celebra con ironia e profondità uno dei più grandi poeti italiani, offrendo una narrazione originale che unisce cultura, amore e territorio. La serata a Recanati è stata un successo annunciato, preludio di una pellicola che promette di lasciare il segno.

Nettuno approda a Civitanova: Ravo firma il nuovo murale al porto
Un altro muro, un’altra storia da raccontare. Vedo a Colori consegna a Civitanova un nuovo murale, frutto della collaborazione con il Tabula Rasa Festival e il progetto Tabula Urban Space. A firmare la nuova opera è Andrea Mattoni, in arte Ravo, artista varesino conosciuto in tutto il mondo per i suoi straordinari interventi in stile classico seicentesco, realizzati su muri e facciate urbane. È la prima volta che Ravo approda a Civitanova Marche, e lo fa – come lui stesso ha dichiarato –“per l’amicizia e la profonda stima che nutro per Giulio Vesprini e il suo progetto Vedo a Colori, che rappresenta oggi un esempio unico e concreto di arte urbana di qualità in Italia”. Il murale, collocato sul secondo corpo a ovest del mercato ittico, propone una personale e intensa interpretazione di “Nettuno e Anfitrite” (1644) del pittore barocco fiammingo Jacob Jordaens.Un’opera dominata da figure potenti e dinamiche, dove il dio del mare, Nettuno, brandendo il suo tridente, placa le acque in tempesta e restituisce quiete e armonia. “Un omaggio al mare e al porto di Civitanova, che continua a dialogare con il linguaggio dell’arte contemporanea” – ha dichiarato il sindaco Fabrizio Ciarapica, che ha visitato il murale e salutato personalmente l’artista durante i lavori –. “Progetti come Vedo a Colori, grazie alla visione, al talento e alla passione di Giulio Vesprini, che voglio ringraziare pubblicamente, rappresentano un autentico valore per la nostra città. Vesprini ha saputo costruire negli anni un progetto culturale di livello nazionale, capace di attrarre grandi nomi e di trasformare il nostro porto in un museo a cielo aperto, vivo e in continua evoluzione. È un esempio concreto di come l’arte possa diventare strumento di rigenerazione urbana e identitaria”. Entusiasta anche il direttore artistico di Vedo a Colori, Giulio Vesprini: “Sono soddisfatto e orgoglioso di annunciare quest’ultima, straordinaria opera al porto. Con l’arrivo di Ravo, amico e artista di fama internazionale, il progetto compie un passo decisivo, elevando ulteriormente il profilo culturale di Vedo a Colori Questa nuova opera dal sapore classico non è un punto di arrivo, ma una testimonianza viva di un percorso artistico attivo e in costante evoluzione. A breve una seconda opera si affiancherà a questa per completare la parete, e da qui a fine anno continueremo a realizzare nuovi interventi, estendendo l’impronta di Vedo a Colori su nuove aree del porto e dell’intera città, trasformandola sempre più in una galleria urbana viva e dinamica”.

"Premere Play”: Macerata accende la creatività con la nuova sede di Play Marche (FOTO e VIDEO)
Dopo undici anni di passione, sfide e crescita, Play Marche srl apre un nuovo ed emozionante capitolo della sua storia. Oggi, giovedì 10 luglio, è stata infatti inaugurata la nuova e coloratissima sede dell’azienda nel cuore pulsante di Macerata, in piazza della Libertà, un luogo simbolico e strategico, scelto non solo per la sua centralità, ma per il forte valore culturale e identitario che rappresenta. Un traguardo significativo, che va ben oltre un semplice trasloco: la nuova sede è pensata come un vero e proprio hub creativo e culturale, un punto di riferimento per la città e per chi crede nel potenziale dell’arte, della tecnologia e dell’innovazione come strumenti di sviluppo territoriale. Michele Spagnuolo, amministratore delegato di Play Marche, ha sottolineato: “È un passaggio importante per noi, una sede nel cuore della città che vuole essere non solo un luogo di lavoro, ma una casa per artisti, per chi vuole esprimere la propria creatività, digitale o meno. È un progetto a lungo termine che punta alla continua valorizzazione del territorio”. Alla cerimonia di inaugurazione ha partecipato anche il professor Roberto Perna, presidente di Play Marche, che ha voluto ribadire la coerenza del nuovo corso con la mission dell’azienda: “Non si tratta di un nuovo inizio, ma di un’accelerazione. Da undici anni lavoriamo sulla valorizzazione del patrimonio culturale del territorio, e la scelta di posizionarci nel centro storico di Macerata è il naturale proseguimento di questa visione. I nostri investimenti nell’ex mercato delle erbe, insieme all’Università di Macerata, ne sono la prova tangibile: crediamo in uno sviluppo che sia insieme economico, culturale e sociale". Grande curiosità ha suscitato anche l’intervento dell’artista digitale Jesus Baptista: “Abbiamo a disposizione uno spazio immersivo e tecnologicamente avanzato. Qui stiamo sviluppando un’esperienza in cui lo spettatore diventa parte attiva dell’opera, vivendo il paesaggio in prima persona a 360 gradi. È un’opportunità straordinaria, sia per chi crea che per chi fruisce". A suggellare il legame profondo tra Play Marche e il mondo accademico è stato il rettore dell’Università di Macerata, John McCourt, che ha ricordato le origini del progetto: “È emozionante vedere uno spin-off universitario crescere e radicarsi sempre più nel territorio. Gli spin-off rappresentano un ponte tra università, ricerca e impresa, e Play Marche è un esempio virtuoso. Pensare che tutto sia nato qui, all’Università di Macerata, è motivo di grande orgoglio”. Ora che tutto è pronto, è il momento di “premere" Play”: per raccontare il territorio con nuovi linguaggi, accendere la creatività, fare rete, produrre contenuti e generare valore.

Le Marche ci riprovano: Ancona candidata a Capitale italiana della Cultura 2028
Dopo il successo di Pesaro, Capitale italiana della Cultura per il 2024, le Marche tornano protagoniste sulla scena nazionale con la candidatura ufficiale di Ancona al titolo per il 2028. Il capoluogo di regione figura tra i 25 Comuni italiani che hanno manifestato interesse a partecipare al bando del Ministero della Cultura, affiancando città come Catania, Benevento, Forlì, Tarquinia e Vieste in un percorso che intende premiare progettualità, visione e capacità di trasformazione attraverso la cultura. “Un primo passo che conferma la vitalità dei territori e la volontà diffusa di investire nella cultura come motore di sviluppo, coesione sociale e rigenerazione urbana”, ha commentato il MiC annunciando la chiusura della prima fase della selezione. Ora i Comuni dovranno formalizzare la propria candidatura con un dossier dettagliato da presentare entro il 25 settembre 2025. Ad Ancona, la decisione di partecipare non è solo formale, ma segna l’inizio di un cammino che punta a ridefinire l’identità e la centralità culturale della città. “La candidatura di Ancona a Capitale Italiana della Cultura nasce dalla volontà forte e condivisa di rimettere la cultura al centro della progettualità cittadina”, dichiarano il sindaco Daniele Silvetti e l’assessora alla Cultura Marta Paraventi. “È da qui che vogliamo ripartire: dalla capacità di costruire il futuro di Ancona guardando con consapevolezza al suo passato e alla sua identità”. Una città che, secondo l’amministrazione, ha tutte le carte in regola per ambire al titolo: una storia millenaria, un patrimonio artistico e sociale radicato, ma soprattutto una vocazione marittima profonda, che ne ha sempre definito la natura. “Ancona è città di porto, di approdi e partenze, di rotte intrecciate e di scambi. È capitale naturale dell’Adriatico, un punto di riferimento che oggi vogliamo far emergere con ancora più forza”. Il dossier di candidatura, spiegano, sarà costruito attorno a un’idea guida: ridisegnare il futuro della città attraverso ciò che la rende unica. “Vogliamo svelare i suoi segreti, riportarla al centro dell’attenzione nazionale e internazionale, superare quella patina di anonimato sedimentata negli anni. Puntiamo a costruire, intorno alla cultura, una nuova centralità cittadina. Vogliamo che Ancona torni ad avere un’immagine definita, forte, riconoscibile: un brand culturale capace di riflettere la sua identità storica e il suo sguardo verso il futuro”. Il progetto si propone come un grande cantiere culturale partecipato, aperto a tutti i settori della città: economia, formazione, turismo, impresa, sostenibilità, rigenerazione urbana. “La candidatura – concludono Silvetti e Paraventi – è già un’occasione storica. Sarà un’occasione di studio, di confronto, di visione, e getterà le basi per lo sviluppo culturale e identitario di Ancona nei prossimi decenni”. Nel 2026 una giuria di esperti selezionerà la città vincitrice, che verrà proclamata entro marzo dello stesso anno. Fino ad allora, Ancona si prepara a raccontarsi, a progettare e a costruire – attorno alla cultura – un futuro nuovo. Città candidate al titolo di Capitale italiana della Cultura 2028:Anagni, Ancona, Bacoli, Benevento, Catania, Colle di Val d’Elsa, Fiesole, Forlì, Galatina, Gioia Tauro, Gravina in Puglia, Massa, Melfi, Mirabella Eclano, Moncalieri, Pieve di Soligo, Pomezia, Rozzano, Sala Consilina, Sarzana, Sessa Aurunca, Tarquinia, Unione dei Comuni Città Caudina, Valeggio sul Mincio, Vieste.

San Severino, quattro artisti in dialogo con l’arte: aperta la collettiva “D’après e non solo”
Nella suggestiva cornice della chiesa di Santa Maria della Misericordia, in piazza Del Popolo, si è aperta la mostra d'arte “D'après e non solo”. L'esposizione collettiva, patrocinata dal Comune, vede protagonisti quattro artisti di grande talento e provenienti da percorsi professionali ed artistici molto diversi tra loro: Alberto Cespi, Adriano Crocenzi, Paolo Gobbi e Sandro Pierucci. All'inaugurazione hanno presenziato per l'Amministrazione comunale settempedana la sindaca, Rosa Piermattei, e l’assessore alla Cultura, Vanna Bianconi. Antonio Mercuri, che della mostra cura i testi, ha illustrato al pubblico le linee guida fondamentali dell'esposizione, sottolineando come "ognuno degli artisti ha messo il proprio per creare e rafforzare il discorso artistico senza isolarsi, ma aprendosi agli altri: ci sono opere completamente diverse tra di loro che si attraggono, ed è raro avere questo tipo di sensazione”. Un mix d’arte che affascina e regala la peculiarità metallica delle opere di Crocenzi, che diventano gioielli, la natura polimaterica e poetica dell'arte di Cespi, frutto di una ricerca maturata nel tempo, la capacità estrema di Gobbi di racchiudere lo spazio con un "segno", evocando sensazioni senza rappresentare, eppure comunicando nettamente con l'osservatore e, infine, l'esperienza coinvolgente delle opere pittoriche di Pierucci, capaci di trasmettere la sua immedesimazione con gli artisti che lo hanno ispirato, in una pittura "potente, ma rispettosa". Il primo cittadino settempedano Rosa Piermattei, lodando l'iniziativa, ha affermato: “Siamo fortunati ad avere artisti così, ed è giusto che loro espongano. Questa esposizione è unica nel suo genere, perché il punto di partenza non è l’omaggio ad altri artisti, ma un dialogo profondo tra ogni autore e se stesso”. Il sindaco ha poi concluso auspicando che la mostra “possa essere un momento di incontro, di riflessione e di ispirazione per tutti voi. Che possiate lasciarvi emozionare dalle opere esposte”. La vicesindaca Vanna Bianconi ha ringraziato sottolineando, sempre a nome della città di San Severino Marche: “Siamo sempre aperti alle espressioni dell’arte settempedana e del territorio in generale. Il risultato in questo caso è quello di una grande mostra, una grande espressione di arte nelle diverse sfaccettature. Gli artisti sono riusciti a rendere questa mostra vivace, complessa e completa: ciascuno ha dato una parte di sé stesso”. Paolo Gobbi ha ricordato come l’idea della mostra sia stata partorita lo scorso anno da Adriano Crocenzi. La mostra "D'après e non solo" sarà visitabile fino al 27 luglio nei seguenti orari di apertura: giovedì e venerdì dalle 16:30 alle 19:30, sabato e domenica dalle 10:30 alle 12:30 e dalle 16:30 alle 19:30.

Il film 'Leopardi & Co.' in anteprima mondiale a Recanati: "Straordinaria opportunità di promozione"
In anteprima mondiale per il grande pubblico verrà proiettato a Recanati il film internazionale Leopardi & Co. nella storica e suggestiva piazza Giacomo Leopardi lunedì 14 luglio alle ore 21. La proiezione sarà a ingresso libero con possibilità di posti a sedere fino ad esaurimento. Dopo la presentazione alla stampa e alla critica della 71° edizione del Taormina Film Festival, il lungometraggio, diretto da Federica Biondi, sarà presentato al grande pubblico proprio a Recanati dove è stato girato nel 2023. Il film Leopardi & Co. vede nel cast la partecipazione del Premio Oscar Whoopi Goldberg, pseudonimo di Caryn Elaine Johnson, la famosa interprete di Suor Maria Claretta nel film Sister Act, la star internazionale Jeremy Irvine e l’attrice marchigiana di Fano Denise Tantucci (Un medico in famiglia, Braccialetti rossi, Ben-Hur, Io e mio fratello e tanti altri…) "Siamo orgogliosi di annunciare che Recanati ospiterà l'anteprima del film Leopardi Co – ha dichiarato Andrea Agostini Presidente di Fondazione Marche Cultura, Marche Film Commission - Questo evento, da noi fortemente voluto, è un’ulteriore conferma di riconoscimento al grande lavoro che stiamo portando avanti, con efficacia e passione in questi anni, nell’attrarre produzioni cinematografiche di qualità e valore. Il film rappresenta una straordinaria opportunità di promozione per le Marche e di celebrazione della nostra importante identità culturale. La presenza di un cast da Oscar insieme alla storica bellezza di Recanati che vanta i natali del grande Poeta, creerà un legame speciale tra cinema e poesia". La proiezione, aperta al pubblico in Piazza Giacomo Leopardi e con possibilità di posti a sedere fino ad esaurimento, sarà preceduta da un incontro esclusivo con gli attori italiani che hanno recitato nel film, con la regista e con il produttore. Il talk, condotto dal Presidente della Fondazione Marche Cultura e Marche Film Commission, Andrea Agostini, vedrà la partecipazione del sindaco di Recanati Emanuele Pepa, della regista Federica Biondi, degli attori Denise Tantucci, Paolo Calabresi Aurora Calabresi, Aurora Moroni, Paolo Camilli e del produttore della Camaleo Roberto Cipullo. “L’anteprima del film Leopardi & Co è senza dubbio l’evento dell’anno, la serata che tutti aspettavamo e che sarà aperta a tutti i cittadini, che potranno orgogliosamente riconoscere Recanati nelle immagini del film. – Ha detto il sindaco di Recanati Emanuele Pepa - Una ulteriore occasione di portare Recanati fuori nel mondo con il filo rosso rappresentato da Giacomo Leopardi. Siamo di fronte ad una occasione speciale per far conoscere meglio e apprezzare il nostro territorio in Italia e all’estero, tanto più che tra i protagonisti della pellicola ci sarà la nota attrice americana Whoopi Goldberg. L’amministrazione comunale è pertanto orgogliosa di poter partecipare alla proiezione del film, al talk show che è stato preparato per accompagnare la visione di questa commedia che ci auguriamo possa avere ampio successo. L’evento della proiezione del 14 luglio può inoltre fare da traino per poter ospitare altri eventi di grande rilevanza perché, ricordiamolo, Recanati è un patrimonio non solo marchigiano ma nazionale”. Leopardi & Co. è una commedia romantica che narra l'amore tra due giovani, interpretati da Jeremy Irvine e Denise Tantucci, il cui sentimento sboccia e cresce tra le incantevoli strade di Recanati, guidato dai versi del grande Giacomo Leopardi. Il film, realizzato grazie al contributo della Regione Marche PR-FESR 2021-2027, Fondazione Marche Cultura e Marche Film Commission, è prodotto da Camaleo e distribuito da Eagle Pictures, ed è stato girato nei luoghi simbolo di Recanati, dall’Orto del Colle dell’Infinito alla Torre del passero solitario, per citarne qualcuno, oltre a mettere in evidenza tutte le bellezze architettoniche e paesaggistiche di Recanati e dintorni, tra cui il porto di Numana. Il film narra di Mildred (Whoopi Goldberg), un’agente di Hollywood che sta cercando il modo di far sfondare a livello internazionale David (Jeremy Irvine), un giovane attore americano un po’ svampito. Quando viene scelto dal celebre regista italiano Ruggero Mitri (Paolo Calabresi) come protagonista del suo prossimo film “Giacomo in Love”, Mildred lo costringe ad accettare e i due partono per Recanati. David non legge nemmeno il copione ed è convinto di dover interpretare Giacomo Casanova. Arrivato sul set, scopre che si tratta di un altro illustre Giacomo ma molto diverso, e cioè di Leopardi. Quando il regista capisce che David non sa nemmeno chi sia Giacomo Leopardi, lo affida a Silvia (Denise Tantucci), una coach che ha il compito di spiegargli tutto sul poeta proprio attraverso le sue poesie. Tra i due nascerà un odio a prima vista che verso dopo verso, diventerà amore.... Con una durata di 93 minuti, Leopardi & Co. arriverà nelle sale italiane il 14 agosto 2025, ma a Recanati gli spettatori, avranno l'opportunità unica di vederlo in anteprima. In caso di maltempo, la proiezione si terrà al Teatro Persiani, sempre con ingresso libero fino a esaurimento posti.

Civitanova, cala il sipario su Popsophia: omaggio a Bob Dylan nel gran finale
Una forte pioggia cadrà” cantava Bob Dylan in “A hard rain’s gonna fall” ed in effetti il temporale che nel pomeriggio si è abbattuto sulla costa ha rischiato di far saltare l’ultimo appuntamento, quello di chiusura, di Popsophia a Civitanova Alta. Invece la serata conclusiva del festival ha saputo regalare momenti di grande lirismo con un omaggio all’ enigmatico e schivo artista della musica americana, Bob Dylan. Like a Rolling Stone, il philoshow dedicato alla filosofia del menestrello del rock ha saputo regalare 2 ore di musica e viaggio all’interno della vita e dei testi di Dylan. Sul palco la Factory ha interpretato alcuni brani iconici dell’artista, da The Times They Are A-Changin a Blowing in the wind col suo misticismo che parla a tutti, atei e credenti, e poi ancora Masters of war, Mr. Tambourine Man. A ripercorrere la vita e la parabola musicale di Dylan, dal folk al rock fino al Nobel il critico Carlo Massarini che ha esplorato l’universo Dylaniano alla luce delle “moltitudini” dell’artista, le suggestioni del tempo, le relazioni da quella con Joan Baez all’amicizia con Patti Smith. L’appuntamento ha segnato la conclusione della 4 giorni a Civitanova Alta, un ritorno che come ha sottolineato il sindaco Fabrizio Ciarapica nel saluto, dando l’arrivederci al 2026, ««È stata una vera festa del pensiero e della libertà. Popsophia ha significato molto per Civitanova e ha lasciato un segno importante, perché non è soltanto un evento, ma un luogo in cui l’arte incontra il pensiero critico, generando riflessioni e confronto. La cultura è il motore invisibile di una comunità viva e consapevole, uno strumento prezioso da coltivare. C’è la volontà di far crescere questo progetto, mantenendo alta l’attenzione su un appuntamento che arricchisce la nostra città. Ci auguriamo che la sete di sapere ci possa sempre ispirare e diamo l’appuntamento al prossimo anno». Un bilancio culturale al termine dei quattro giorni che è di soddisfazione anche da parte della direttrice artistica Lucrezia Ercoli: «Siamo molto soddisfatti di questa edizione di Popsophia dedicata al tema “Retromania”, una sfida concettuale e organizzativa che abbiamo vinto insieme al pubblico, agli ospiti e alla città. Non è stata una semplice celebrazione del passato, ma un’indagine sul potere della nostalgia come forza creativa. La nostalgia che ci interessa e che abbiamo raccontato in questi giorni, non è uno sguardo malinconico o la copia sbiadita di un’epoca perduta, ma un’operazione di assemblaggio, di contaminazione: uno sguardo rivolto al futuro. È stato un viaggio filosofico e musicale che, partendo da Achille Togliani, ci ha condotti fino a Bob Dylan, attraversando decenni di cambiamenti culturali, sociali e artistici. Ogni serata ha proposto una narrazione originale che ha fatto dialogare le icone della musica pop con il pensiero critico contemporaneo». L’incognita del trasferimento a Civitanova Alta a causa dei lavori in corso al Varco sul mare non ha inciso sulle presenze: «ormai in questi 14 anni abbiamo un pubblico fidelizzato che ci segue a tutti gli appuntamenti sul territorio, da Pesaro ad Ancona, fino a Civitanova e che arriva da tutta la Regione. La nuova location di Civitanova Alta ha rappresentato certamente un’ulteriore sfida: più complessa da gestire ma anche estremamente suggestiva, capace di valorizzare la qualità delle proposte artistiche e creare un’atmosfera unica. La partecipazione calorosa e continua del pubblico ha dimostrato che la filosofia può e deve essere un’esperienza pop, coinvolgente e condivisa». Il pomeriggio del festival, bagnato dalla pioggia, ha visto protagonisti il sociologo Alfonso Amendola con un’interessante discussione sul confronto fra generazioni passando in rassegna la Z Generation, dei nati negli anni Duemila, con le loro fragilità, ma anche coi loro valori identitari. A seguire Davide Navarria con l’analisi filosofica del cartoon per adulti Rick e Morty (ispirato ai protagonisti di Ritorno al futuro Doc e Marty) e infine Alessandro Lolli con una lezione sull’evoluzione del concetto di fama, da Giulio Cesare ai social.