L’ansia è una reazione innata dell’essere umano che compare in situazioni stressanti o di incertezza, causandoci un senso di apprensione e preoccupazione.
La sua origine etimologica dal latino “Angere”, significa opprimere, chiudere la gola e indica perfettamente l’aspetto somatico del soffocamento.
L’ ansia ha una sua motivazione necessaria alla sopravvivenza, infatti costituisce una reazione naturale ad un momento complesso per allertarci, per essere pronti a reagire e ci permette di aumentare le nostre potenzialità.
In tal caso l’ansia è funzionale all’uomo, compare con una lieve sudorazione o un aumento del battito cardiaco ed è proporzionata all’evento scatenante, che può essere un esame, un colloquio di lavoro.
Una volta risolta la causa, scompare senza influenzare la nostra quotidianità, nel frattempo ci ha permesso di ottenere una maggiore concentrazione e a migliorare il risultato. In queste circostanze la possiamo gestire con una respirazione appropriata, con l’attività fisica o con la meditazione.
Quando, invece, cominciamo a vivere uno stato d’allarme in circostanze apparentemente innocue e l’ansia comincia a manifestarsi spesso e in maniera prolungata, con una reazione sproporzionata rispetto alla realtà, allora il livello di controllo è andato oltre la sua funzione, cominciando ad inficiare il normale svolgersi della quotidianità.
In tal caso l’ansia smette di essere funzionale e compromette le nostre capacità, le nostre risorse ed energie.
Si inizia allora a vivere in uno stato di realtà alterato, completamente staccato dal qui ed ora, si comincia a proiettare ogni evento al futuro, pre-occupandoci, appunto, in maniera prematura di qualcosa che ancora dovrà accadere e che magari non accadrà, ma che noi abbiamo già costruito nel nostro peggior immaginario, magari in base ad esperienze negative passate.
In questa situazione, in cui non si riesce a vivere il presente, si convive con una preoccupazione cronica, che porta a problemi respiratori, palpitazioni, dolori al petto, fino ad arrivare agli attacchi di panico.
Quando sentiamo queste sensazioni cosi sgradevoli vediamo l’ansia come un mostro da sconfiggere, contro cui lottare; in tal caso proviamo a rovesciare la prospettiva e immaginiamola, invece, come un’amica fedele che ci vuole mandare un messaggio ben chiaro per aiutarci a vedere un aspetto di noi che non riusciamo a cogliere.
Potrebbe essere il nostro inconscio che vuole comunicarci che c’è qualcosa nella nostra vita che non ci piace, è come se fosse la nostra energia vitale che chiede di essere ascoltata per farci vivere liberi, esprimendo la nostra vera natura che in qualche modo stiamo reprimendo.
Non è un caso che l’ansia sia spesso presente nelle persone che prediligono il pensiero, la razionalità e il controllo; infatti essa rappresenta il grido di ribellione della nostra parte più istintiva e primordiale che implora di essere ascoltata, è un inno alla vita, un messaggio della nostra anima che vuole condurci a un’esistenza degna di essere vissuta.
Vivezza, quando recentemente ho sentito pronunciare questa parola, subito mi ha colpito come un raggio di sole, richiamando in me tanta luce. In tale vocabolo ho subito avvertito l'energia dell'esistenza.
La Vivezza racchiude in sé l’essenza dell’essere vivi ed immediata è stata la sua associazione ad un volto solare ed espressivo, agli occhi luminosi e vivaci dei bambini, ad una conversazione brillante, ad una distesa di girasoli in un pomeriggio soleggiato di giugno. Ho così piacevolmente scoperto in questo semplice vocabolo un suo suono onomatopeico che evoca in sé la gioia di vivere.
Quante volte proviamo la vivezza nelle nostre giornate? Quante volte sentiamo la vita vibrare dentro di noi senza una ragione ben definita? Quante volte riusciamo a gioire, dando il giusto valore alle persone che ci amano in maniera incondizionata e totale, senza dare per scontato cose apparentemente banali ,come sentire il dolce suono della voce di tua madre che pronuncia il tuo nome, che poi si riveleranno le più preziose al mondo nel momento in cui inesorabilmente apprenderai che non potrai più viverle? Per cui godere della vivezza nelle piccole cose di ogni giorno è la felicità.
Svegliarsi ogni mattino con gratitudine in piena presenza del presente, provare meraviglia per ogni sorriso scambiato, per un cielo stellato o l’abbraccio rassicurante di un amico sono doni preziosi che ci offrono l'opportunità di affrontare con una diversa energia le vicissitudini della nostra realtà.
Possiamo scegliere soltanto noi se danzare con la vita seguendo la vivezza o lottare, focalizzandoci su ciò che non ci piace, togliendo luce alla nostra quotidianità. Ho imparato che la Vivezza è nella semplicità del cuore, nella creatività, nell’intuito ripulito da ogni condizionamento mentale, nella libertà, nelle relazioni tra anime affini.
In questa nuova visione ci alleggeriamo dalle innumerevoli pressioni sociali e cominciamo a dare valore all’essenziale, eliminando tutto ciò che sentiamo superfluo ed esterno a noi. Impariamo a volare sopra la superficialità della competizione, del potere personale e del giudizio per lasciare spazio all'accoglienza, alla condivisione e al sostegno reciproco.
Anima, una parola che fin da ragazzina mi ha risuonato dentro, l’ho sempre associata ad una sorta di vocina magica che ogni essere umano può scegliere di ascoltare o lasciare silente, sovrastata dal rumore della vita.
Oggi con il riconoscimento di una fisica dell’anima sta nascendo una nuova sensibilità che ci porta a considerare l’esistenza di un’energia che ci appartiene, che non possiamo toccare o vedere ma che possiamo sentire a livello vibrazionale.
Ascoltare questa forza intangibile ci guida verso la felicità, perché ci tiene connessi con la nostra natura più intima. Il metodo scientifico classico ha sempre ritenuto reale solo ciò che è osservabile ripetibile e dimostrabile, ciò va benissimo per produrre tecnologia, ma dal punto di vista umano a cosa ci ha portato?
Questa visione rappresenta una realtà limitata, in cui l’essere umano si sente separato da ciò che lo circonda, dove tutto ciò che non è dimostrabile non esiste, rendendo la nostra esistenza abbastanza piatta, con poco entusiasmo e speranza.
Secondo tale modello tradizionale, la realtà che ci circonda è esterna e sconnessa da noi, essa esiste indipendentemente da noi ed è uguale per tutti. Ciò ci rende spettatori inermi della nostra vita.
Il modello quantistico della realtà ci dice, invece, che esiste ciò che interagisce e nel momento in cui accade; non si guarda il passato ma solo il presente per costruire in nostro futuro.
Il nostro pensiero positivo può contribuire a creare e ad influenzare la nostra realtà esterna. Ognuno vive la sua verità soggettiva ed è libero di dirigere la propria vita verso la direzione che desidera, noi partecipiamo a creare ciò che ci circonda perché la realtà stessa attinge dalla nostra mente per creare.
La fisica dell’anima è un’estensione della fisica quantistica all’esperienza umana, per aprire la mente ad una realtà più ampia. La realtà è composta dall’unione di tutte le nostre anime che sono interconnesse. Con questa teoria dovremmo cominciare ad osservare la vita considerando anche l’invisibile, accettando che esiste anche ciò che non possiamo vedere e toccare.
Accogliere l’esistenza della nostra anima, ci apre ad una vita più gioiosa dove non ci sentiamo più separati ma uniti anche a distanza; non esistendo più uno spazio che ci allontana non temeremo più la solitudine.
Accettare un'anima che supera lo spazio ed il tempo ci porta ad approcciare anche un nuovo concetto di morte che fa molto meno paura, perché l’anima resterebbe immortale.
Coltivare la nostra anima ci alimenta l’intuizione e lascia spazio all’empatia perché gli altri non sono più qualcosa di esterno a noi e diverso da giudicare in un’ottica di competizione.
Anzi, l’incontro di più anime diverse crea un’energia immensa proprio come succede quando sulla base della legge quantistica si uniscono due unità elementari di carica elettrica opposta. In tal caso la loro diversità crea qualcosa di infinitamente più grandioso della semplice somma delle parti.
Nella mia vita ho sempre sentito che nulla sia mai avvenuto per puro caso, per me il caso non esiste, ogni evento accade per una ragione, perché siamo tutti connessi. Mi piace credere in una sorta di magia che pervade la nostra esistenza, un filo invisibile, molto più sapiente di noi che lega avvenimenti, persone e luoghi per condurre ogni anima lungo il percorso che è destinata a seguire.
La mente umana razionale tende a cercare un nesso di causa – effetto tra due eventi e quando non lo trova, lascia andare, pensando ad una semplice coincidenza fine a sé stessa; in questo modo, ci priviamo della possibilità di utilizzare uno strumento potente più ampio e profondo per interpretare ciò che ci accade.
La psicologia chiama tale fenomeno sincronicità, per indicare appunto la coincidenza di eventi che non hanno una relazione causale evidente o che non hanno proprio alcun rapporto di natura causale, ma accadono in strettissima successione o addirittura contemporaneamente.
Carl Gustav Jung per primo nel 1950 definì la sincronicità come "il principio dei nessi a-causali, in virtù del quale accadono una serie di coincidenze senza una relazione causale evidente tra esse". La sincronicità, se ben letta, ci può aiutare ad orientarci nella vita, come una bussola invisibile, per comprendere il significato vero degli eventi che ci capitano.
È una forza misteriosa e allo stesso tempo reale che coinvolge l’intero universo, se ci affidiamo ad essa, facendoci guidare dal nostro istinto e dal nostro inconscio, possiamo accedere ad un’ulteriore consapevolezza.
Così ognuno di noi in base alla propria unica esperienza può connettere tra di loro e dare un senso più ampio ad esperienze che, ad un occhio estraneo, potrebbero risultare del tutto disgiunte ed insignificanti. Esempi di sincronicità possono essere:
- pensare o sognare una persona e poi incontrarla o ricevere una telefonata dalla stessa;
- cercare una soluzione ad un problema e imbatterci in qualcosa che sembra suggerirci la risposta che desideravamo;
- elementi simbolici legati a numeri, date, nomi;
- perdere un treno o cambiare un programma all’ultimo momento che si rivelano poi determinanti nella nostra vita.
Per accedere a questa ulteriore conoscenza è importante sentirsi connessi e mettere in gioco la nostra intelligenza emotiva che ci permette di utilizzare l’intuito e di volare sopra al ragionamento cognitivo e razionale, per ricevere quelle risposte ed indicazioni che l’universo desidera donarci per la nostra evoluzione.
La nostra mente, a volte, tende a non riconoscere la bellezza e a porre, invece, attenzione alle mancanze, con sguardo critico a ciò che ci circonda. Veniamo, in questo modo, appesantiti dai nostri stessi pensieri focalizzati sul problema.
Tutto ciò contribuisce ad abbassare l’energia, alimentando un senso di disagio. Così, senza nemmeno rendercene conto, veniamo inglobati velocemente in un vortice di negatività in cui il lamento ha la meglio.
Purtroppo quando ci lamentiamo creiamo tossicità intorno a noi, abbassiamo le nostre vibrazioni e di quelli che ci circondano. Il lamento crea un'emozione negativa che condiziona le nostre azioni, determinando le nostre giornate e la nostra vita.
Ad un’analisi attenta colui che cede ad un lamento sterile non fa altro che mettere l’accento sulle proprie mancanze, egli ammette la propria impotenza di fronte alla vita, entra nel ruolo della vittima vivendo un’esistenza poco felice.
Trovo più costruttivo osservare la mancanza e comprendere che forse dovremmo impegnarci di più per colmarla; in tal modo, diventiamo propositivi ed invece di lamentarci aspettando che dall'esterno ci arrivi ciò che desideriamo, cominciamo a creare noi stessi ciò che ci manca.
Così scopriamo di avere il potere di integrarci da soli senza bisogno degli altri. In tal modo ci prendiamo la nostra responsabilità e cominciamo a cambiare dall’interno e nell’istante in cui noi cambiamo, poi, per magia, tutto intorno a noi cambia.
Non siamo più in balia dei fattori esterni ma riconosciamo la nostra capacità di creare la realtà e di non farci condizionare da nessuno; così restiamo centrati sulle nostre consapevolezze che ci permettono di non essere succubi delle circostanze esterne ma di essere al contrario pro-attivi.
Se desideriamo spostare l’ago della bilancia dal lamento alla costruzione, elevando la nostra energia, la gratitudine svolge un ruolo fondamentale. È una sorta di medicina naturale, infatti possiamo trovare un grande sollievo svegliandoci la mattina con parole di gratitudine per ogni regalo ricevuto dall'universo come respirare, esser in salute, avere un tetto sotto cui vivere, poter mangiare,contemplare la natura, avere accanto le persone che amiamo.
Possiamo affrontare anche le esperienze difficili in un’ottica di riconoscenza, perché saranno necessarie per portarci un nuovo insegnamento e per poter evolvere. La gratitudine ci permette di passare da uno stato di mancanza ad una condizione di abbondanza, abbiamo l’opportunità di vedere la nostra vita in una nuova prospettiva di ricchezza in cui viene dato valore ad ogni sorriso, parola gentile o raggio di sole attraversi le nostre esistenze.
Accogliere la vita come un dono prezioso, dispensatrice di prosperità allontana dai pensieri tossici e ci permette di rimetterci in gioco con fiducia.
La comunicazione vera avviene quando nella nostra essenza viviamo il momento presente con l'altro; è un atto di presenza a noi stessi che ci permette di entrare in relazione al di là delle parole; è una questione di cuore, di occhi, di ascolto e di vibrazioni.
Questo concetto è magistralmente espresso dalle parole dello psicoterapeuta Fritz Perls che così scrisse:
"Se avete orecchio,
dell’altro sapete già tutto,
non avete bisogno di ascoltare quello che la persona vi dice, ascoltatene il Suono.
Per - Sona: Mediante Il Suono
Il Suono dice Tutto"
Stiamo parlando di un ascolto empatico, con il quale si cerca di comprendere cosa prova l'altro, senza interrompere, giudicare o provare a fargli cambiare idea, dove ognuno espone il suo punto di vista nel rispetto altrui con accettazione autentica.
Nella quotidianità, quando siamo disponibili con gli altri, ci fermiamo ad ascoltare le parole, ma ciò non basta a comprendere veramente; dietro alle parole, a volte, si nascondono ulteriori realtà che le persone stesse non hanno il coraggio di esprimere o di cui non sono consapevoli. Se vogliamo conoscere veramente l’altro oltre le barriere della mente, dobbiamo prestare attenzione al tono della voce, ai silenzi, agli sguardi, alle minime espressioni del viso, ai gesti ed ai movimenti.
In una comunicazione sana oltre all'ascolto diamo valore alle parole che pronunciamo, prima di parlare chiediamoci se ciò che stiamo per dire è utile, vero, onesto e gentile. Abbiamo una grande responsabilità, perché ogni parola andrà ad influenzare la mente, lo stato emotivo ed il corpo degli altri, è come un alimento che può portare benessere ma può anche avvelenare.
Ci viene richiesta coerenza tra cuore e verbo, se le parole non sono collegate alla coscienza, sono solo parole vuote, parole che non nutrono l’anima; quando sono il frutto di un dolore e dirette a ferire volontariamente, non danno vita ad una comunicazione consapevole e costruttiva, sono parole dettate dal nostro ego, lontane dalla nostra essenza più autentica.
Allora soffermiamoci a riflettere un attimo prima di parlare, possiamo imparare a dire ciò che vogliamo con assertività, esprimendo i nostri pensieri e le nostre emozioni con le giuste parole, scegliendo il momento più opportuno.
La parola è un dono prezioso che ci è stato concesso, facciamo in modo che rappresenti uno strumento di crescita personale e di relazione, così da portare gentilezza ed armonia nella nostra vita.
"Ti ami?". Nella mia esperienza, ogni volta in cui pronuncio questa domanda, vedo negli occhi della persona un senso di smarrimento, perché d’istinto verrebbe da dire: "Si, certo!". Poi, invece, ad una riflessione più attenta qualche dubbio arriva.
Amare realmente sé stessi implica un percorso che prevede dei passaggi, direi, quasi inevitabili:
- Guardarsi per quello che siamo realmente, oltre le maschere costruite inconsciamente per compiacere la società o il partner;
- Riconoscersi nell'essenza più pura, entrando in contatto con la nostra anima;
- Accettarsi con gratitudine per quello che vediamo di noi, accogliendo sia luci che ombre;
- Ed infine amarsi, traducendo questo amore in azioni che ci donano un grande senso di serenità.
Quando cominciamo ad amarci veramente, usciamo dal giudizio nei confronti di noi stessi, comprendiamo che non dobbiamo essere perfetti e che è possibile sbagliare; allora ci permettiamo di essere vulnerabili, con le nostre emozioni e fragilità. Non dobbiamo dimostrare nulla a nessuno, se non cercare di essere la nostra miglior versione.
Così impariamo a dire 'no' quando sentiamo che quel 'sì' andrebbe a tradire noi stessi, a violare la nostra pace e il nostro spazio sacro. Un 'no' pronunciato con rispetto e consapevolezza ci avvicina al nostro fulcro, permettendoci di percorrere l’unico e speciale cammino che appartiene solo alla nostra anima.
In virtù di ciò, concediamoci la possibilità di cambiare anche se ciò potrebbe portare a deludere le aspettative degli altri o ad allontanare delle persone, importante è non deludere noi stessi. Amarsi significa anche perdonare situazioni o persone che ci hanno ferito, così facendo lasciamo fluire la vita, non alimentiamo odio o rancori ma consapevolizziamo l’accaduto; cerchiamo di comprenderne l’insegnamento e salutiamo tutto ciò che ormai non ci serve più per la nostra crescita.
Facciamo ciò che amiamo anche da soli, senza dover aspettare qualcuno, trascorriamo del tempo di qualità con noi stessi, perché la persona con cui trascorrerai tutta la vita sei tu, quindi cerca di essere il tuo miglior compagno di viaggio.
Non cerchiamo un uomo o una donna che possano donarci quell’amore che soltanto noi possiamo darci, viviamo nella speranza che qualcuno venga a colmare tutte le mancanze che il nostro bambino interiore sente di aver subito dai propri genitori; ciò è solo un’illusione, perché un compagno non può farci da padre o da madre, soltanto noi potremo amare il nostro bambino.
Per cui cominciamo ad abbracciare il bambino o la bambina che siamo stati, relazioniamoci a lui/lei con rispetto, attenzione ed immenso amore, accompagnandolo con coraggio a raggiungere i suoi sogni.
C’è un momento nella nostra vita in cui avviene un cambiamento, può essere il verificarsi di un avvenimento esterno doloroso o semplicemente succede che dentro di noi qualcosa ci richiama all’attenzione ed, in genere, se non siamo attenti ad ascoltare questa voce, il corpo inizia a mandarci segnali di disagio.
È il tempo della verità, da questo istante c’è un prima ed un dopo, così cominciamo a vivere una trasformazione che richiede tanta forza e fiducia; all’inizio tutto ci apparirà confuso e difficile, in realtà stiamo evolvendo, stiamo per iniziare una nuova fase della nostra esistenza, che, se sapremo vivere fino in fondo, segnerà il momento di una rinascita. Da qui in poi, non saremo più gli stessi di prima.
Affrontare l’esperienza dolorosa è un'occasione che ci consente di guardarci dentro, facendoci conoscere le nostre risorse ma anche le fragilità; ci permette di sviluppare una consapevolezza che ci darà la possibilità di vedere il mondo che ci circonda con nuove lenti, per vivere una vita più intensa e quasi magica, in cui poter cogliere la bellezza di ogni giorno come un dono tutt’altro che scontato.
Così iniziamo un nuovo ciclo dell’esistenza, una fase più vera, in cui ogni scelta, rappresenta ciò che siamo, portandoci a realizzare la nostra vera Identità.
A volte, però, può succedere che non si abbiano gli strumenti e l’energia per poter ascoltare ed attraversare il nostro dolore, per metterci completamente in gioco ed affrontare le difficoltà, allora si preferisce soffocare la sofferenza con anestetici come alcool, droghe o altre dipendenze che ci allontano da noi stessi con effimere e fugaci ricompense.
In questo modo scegliamo di non vivere la nostra esistenza, ma quella che le circostanze, il contesto sociale, l’educazione hanno deciso per noi, così ci allontaniamo sempre più dal nostro fulcro e decidiamo di non conoscere la nostra anima, precludendoci la meravigliosa opportunità di farla risplendere e di essere felici.
Ci vuole un atto di coraggio, dal latino Cor Habeo Agire con il Cuore, per mettersi in discussione, uscire dal vittimismo e scoprire il grande poter di essere gli artefici del nostro destino.
Ci viene chiesto, appunto, un atto di amore per assaporare la bellezza di questa esistenza, per trasformare le nostre paure in amore per noi stessi, per gli altri e per la vita che scegliamo. Se impariamo a trasformare le nostre ombre in luce potremmo raggiungere grandi risultati.
L'amore è un’energia vitale che ci permette di raggiungere uno stato di coscienza superiore, dove l’individuo non avendo alcun controllo, va oltre sé stesso e realizza la propria essenza più pura.
Siamo pronti all’amore con l’altro dopo aver imparato ad amare profondamente noi stessi e la nostra vita. Impegniamoci a creare la nostra migliore versione, quanto più saremo consapevoli, coerenti e veri con noi stessi, maggiori saranno le possibilità di attrarre anime simili alle nostre.
Quanto più amore riusciremo ad esprimere in ogni aspetto della nostra esistenza tanto più amore potremo donare e ricevere. Quando l’amore scorre dentro di noi, a prescindere da un’altra persona, la vita è gioia ed entusiasmo per le piccole cose quotidiane che soltanto noi possiamo trasformare in miracoli, che ci permettono di assaporare il dono della meraviglia e della gratitudine.
Ancora prima di costruire un legame impariamo a vivere in maniera sana e appagante la solitudine, coltiviamo con serenità il nostro silenzio, entrando in contatto con le nostre fragilità per vederle e superarle.
Il piacere della solitudine ci riporta alla centratura del nostro essere che non va alla ricerca di un’altra persona che possa porre fine alle sofferenze. Non illudiamoci che una relazione arrivi per risolvere le nostre paure e fragilità, in realtà sarà esattamente l’opposto, le farà emergere ancora di più.
Non cerchiamo un salvatore o una salvatrice , ma avviciniamoci all’altro come persone già integre per condividere due mondi distinti ed unici, per creare insieme qualcosa di speciale dove liberamente possiamo far dono di noi stessi senza alcuna pretesa o aspettativa.
Creiamo una storia che rappresenti condivisione e comunione in cui crescere insieme con rispetto e complicità accogliendo l’altro nella sua totalità senza desiderio di cambiarlo.
All’interno di una relazione amorosa coesistono tanti aspetti: passionale, sentimentale, spirituale, ideale che si alternano fluidamente con più o meno intensità a seconda dei momenti della vita, importante è danzare insieme, guardandosi negli occhi per poter evolvere insieme.
Credo nella magia dell’universo e che se ci siano anime destinate a far parte della nostra vita. Il fato sta programmando questo incontro ed il nostro unico compito è di restare sempre in contatto con noi stessi, ascoltando il nostro cuore; tanto più saremo liberi dai condizionamenti della mente tanto più ci presenteremo pronti al nostro appuntamento.
La parola “coerente” deriva dal verbo latino cohaerere e significa “essere strettamente unito”.
L’ armonia, tra la nostra natura più intima e le azioni che compiamo, ci rende persone coerenti, ci riporta alla nostra unità. Per arrivare a tale integrità dobbiamo partire da un profondo lavoro di consapevolezza su ciò che noi siamo e seguire un comportamento che rispecchi questa natura.
Quando siamo incoerenti creiamo una dicotomia tra ciò che diciamo e ciò che facciamo. Questo avviene non perché non ci sia sincerità nelle nostre parole, ma perché inconsciamente esprimiamo concetti che in realtà non ci appartengono, introiettati dai condizionamenti del contesto in cui siamo cresciuti. L’incoerenza è il frutto di una mancata conoscenza della nostra anima e di ciò che siamo realmente.
Nasciamo incontaminati, in contatto perfetto con la nostra anima. Da bambini il cuore è connesso alle parole che pronunciamo ed agiamo di conseguenza. Poi, crescendo, perdiamo questa connessione pura e a parlare è il nostro ego ferito e frustrato che crea contrasti all’interno della mente.
Dentro di noi sentiamo una voce che ci guida. Poi il pensiero condizionato riesce a deviarci e così vorremmo amare profondamente quella persona ma la mente ci allontana per paura di provare dolore. Oppure vorremmo tanto cambiare un lavoro che ci procura disagio e malessere ogni giorno, ma non lo facciamo per il timore di perdere le nostre sicurezze.
Così, a volte, trascorriamo una vita in un’inconsapevole incoerenza, allontanandoci sempre più dal nostro fulcro e dalla nostra felicità. Essere coerenti non significa staticità nel seguire sempre la stessa direzione, ma è anche saper cambiare la rotta, se ci rendiamo conto che una determinata strada non ci appartiene più; come esseri umani siamo in continua evoluzione e ciò porta inevitabilmente a nuove scelte.
Noi abbiamo unicamente il dovere di essere coerenti con ciò che siamo, con la nostra natura essenziale, con i valori fondamentali, le passioni e le aspirazioni che ci contraddistinguono.
Quando una persona ha il coraggio di entrare dentro sé stessa, si conosce veramente, guarisce e conduce una vita autentica.
La sofferenza nasce quando non accettiamo la realtà, desiderando altro. In questo modo creiamo dentro di noi una frattura percettiva tra come è una determinata situazione e come vorremmo che fosse.
Superare questo dualismo ci porta alla guarigione e ciò avviene grazie al perdono. Perdonare significa fare un dono a noi stessi, ci permette di lasciare andare un attaccamento legato ad una persona o ad una situazione che avremmo desiderato diversa in base alle nostre aspettative.
Accettando la realtà senza giudizio, noi ritroviamo la nostra unità Interiore, abbiamo così la possibilità di ridefinire la nostra esistenza e noi stessi in relazione agli altri.
Il nostro ego ci fa resistenza perché non desidera perdonare chi ci ha fatto del male, ma in questo modo ci tiene legati ad emozioni e sentimenti lesivi, come la rabbia ed il rancore che alimentano in noi un senso di disagio, allontanandoci dalla nostra centratura e serenità.
Quando cominciamo ad osservare la stessa situazione da un altro punto di vista che è quello del cuore e guardiamo l’altro con empatia, trasformiamo il giudizio in comprensione; così possiamo provare a capire che, a volte, le azioni umane che ci hanno procurato dolore sono state il frutto di inconsapevolezza di chi le ha compiute, perché semplicemente non aveva gli strumenti necessari per fare diversamente e meglio.
Spesso proviamo sofferenza per incomprensioni con i nostri genitori, che tendiamo ad accusare fino a quando non ci assumiamo la nostra responsabilità di adulti in grado di scegliere per la nostra vita e fino al momento in cui non cominciamo ad osservarli con più compassione, comprendendo che ogni genitore prova a dare il massimo per quello che può e se non risponde alle nostre attese è perché nessuno gli ha insegnato a fare diversamente.
I nostri genitori sono il frutto di una cultura poco centrata sull’essere, con meno consapevolezze psichiche ed emotive. Oggi abbiamo la fortuna di avere molte fonti di conoscenza per poter evolvere come individui; il primo passo verso questa evoluzione è proprio avere il coraggio di perdonare l’altro che non è riuscito a fare di meglio e noi stessi per essere rimasti attaccati al rancore. Così potremo volare più leggeri nella gratitudine, perché ogni evento doloroso ci insegna qualcosa di importante per la nostra crescita.
Perdonare è un processo di consapevolezza, di disidentificazione e di trascendenza che ci aiuta ad uscire dal mentale per entrare nell’essenza della nostra anima, che in questo modo può vivere serena e in armonia con sé stessa, donandoci un nuovo benessere. In tal senso quando perdoniamo facciamo un dono d’amore a noi stessi
Colui che giudica, non si pone in discussione, crede di aver compreso tutto sulla vita, su sé stesso, sugli altri; dall’alto detta sentenze ed è un piccolo re nel suo piccolo mondo. Costui si è costruito una bella fortezza per sentirsi potente e al sicuro, non c’è curiosità di conoscere oltre, perché potrebbe far vacillare il fragile equilibrio su cui si sostiene.
Quando il giudicante giudica ha il suo momento impagabile di adrenalina, sentendosi potente e più forte del povero giudicato. Giudicando, ci permettiamo senza alcun titolo di esprimere un’opinione personale sulla qualità, sul valore o sul merito di una persona o di una cosa.
Diverso è il momento in cui interagiamo con i nostri simili, cercando di uscire dalla nostra personale realtà per comprendere l’altro con empatia, provando ad osservare l’esperienza della persona come essere umano con le sue fragilità.
Quando ciò succede, spesso constatiamo che dietro ad ogni azione si nasconde una ragione molto più complessa di quello che noi vediamo. Se cominciassimo a vedere l’altro sotto questa prospettiva potremmo diventare più umani, spinti dal desiderio di guardare oltre la mera apparenza, per conoscere le tante realtà che ci circondano, celate dietro innumerevoli vite.
Uscire da un giudizio sterile, che non ha nulla di costruttivo, è il primo passo verso l’evoluzione personale.
Se da un lato colui che giudica gode di un’illusoria e fugace sensazione di potere, dall’altra colui che si sente giudicato, si blocca e non riesce a vivere una vita autentica, perché in tutto ciò che fa, insegue il consenso altrui perdendo di vista sé stesso.
Solo la vittima del giudizio dell’altro può porre fine a tale dinamica disfunzionale, accettando queste realtà:
- Non possiamo piacere a tutti ed ognuno è libero di pensare quello che vuole, per cui accettiamo serenamente il pensiero altrui che, di certo, non identifica chi siamo realmente.
- Il giudizio che arriva dall’esterno non ci definisce, solo Io so chi Sono; gli altri ci giudicano in base alla loro scala di valori, il giudizio è lo specchio di chi parla, connota chi lo pronuncia, per cui selezioniamo i contenuti anche in base alla fonte da cui provengono.
- Non chiudiamoci subito e valutiamo se una critica è sterile oppure è un suggerimento che potrebbe rivelarsi utile.
In Conclusione, siamo soltanto noi che decidiamo cosa fare di una critica, tanto più ci sentiamo centrati e consapevoli di chi siamo e del nostro valore, tanto meno tutto ciò che succederà fuori da noi ci potrà condizionare.
Essere in pace con noi stessi è un vero scudo che ci proteggerà sempre da ogni attacco esterno.
Tutti noi conosciamo il pensiero logico e razionale con cui affrontiamo i problemi quotidiani della vita, c’è poi un’intelligenza emozionale che ci fa comprendere e gestire al meglio le nostre emozioni ed infine esiste un terzo modo di interpretare la vita che è quello dell’intuito e del cuore.
Chi ha il coraggio di vivere la propria esperienza osservandola attraverso queste tre lenti, riuscirà ad arrivare al senso profondo dell’esistenza e degli eventi ad essa connessi.
Stiamo parlando di un’intelligenza esistenziale che comprende sia quella razionale che emotiva per poi trascenderle fino ad arrivare ad un sapere più alto che ci permette di connetterci a noi stessi e agli altri in modo più consapevole e completo.
Oggi, purtroppo, siamo ancora legati al concetto di una mente logico - razionale che spesso impedisce di far emergere personalità con caratteristiche differenti ma con enormi potenzialità.
In una società che deve essere operativa ,efficiente e veloce si lavora sull’intelligenza artificiale che sembrerebbe darci una risposta ad ogni nostra richiesta, illudendoci di avere una sorta di potere in tasca.
Succede poi che, se ci fermiamo nel cercare di dare un senso più ampio e profondo al nostro vivere, ogni certezza crolla, perché viene a mancare quella visione d’insieme che può raggiungere solo un individuo pensante, che sa accogliere e gestire i suoi stati emotivi, seguendo la direzione dettata dal proprio cuore.
Per avere un approccio di questo tipo bisogna essere quanto più possibile radicati nel presente, entrando nel flusso di ciò che stiamo vivendo, sentire la vita consapevolmente con una mente aperta nell’osservare sia il mondo circostante che i propri pensieri, per cercare dentro di noi risposte autentiche, non dettate dalla società.
L’intelligenza esistenziale ci permette di dare un senso alla nostra vita, di esprimere la nostra essenza e le nostre potenzialità per aprirci al mondo in maniera vera,ci dà la possibilità di allargare gli orizzonti e di dare la giusta attenzione e valore alla nostra umanità.
Questo tipo di intelligenza appartiene a tutti, è la spinta ad andare oltre ciò che è noto; è il desiderio di trovare nuove risposte per coltivare il proprio essere, il talento, le passioni; è quell’energia che alimenta la speranza, che ci dona la forza ed il coraggio di perseguire i nostri sogni e alla stesso modo ci dà la giusta centratura perché ci fa riconoscere cosa è realmente importante e cosa non lo è.
Tale consapevolezza ci rende Liberi di essere semplicemente, al di là di cosa facciamo o cosa abbiamo. L’intelligenza esistenziale si può coltivare ogni giorno, nell’approfondire lo studio dei grandi temi della nostra vita o nella quotidianità, cercando nuovi punti di vista nell’affrontare le piccole sfide.
Le emozioni, ci accompagnano nell’arco di tutta la nostra esistenza, a volte ci travolgono come uragani, altre volte riusciamo a reprimerle sapientemente, perché troppo difficili da gestire, ma le conosciamo veramente?
Sviluppare un’alfabetizzazione emotiva potrebbe portare a migliorare notevolmente la nostra qualità di vita e le relazioni interpersonali. Aristotele scrisse: "Colui che si adira per ciò che deve con chi deve quando e per quanto tempo si deve, può essere lodato!".
Il filosofo greco aveva compreso quanto fosse importante coltivare una competenza che ci permettesse di gestire la sfera emozionale con consapevolezza.
Se, nel momento in cui l’emozione emerge, impariamo a fermarci, nel silenzio e nell’ascolto di noi stessi, possiamo cominciare a riconoscere e poi a comunicare in modo assertivo ciò che proviamo, costruendo relazioni più appaganti, nelle quali saremo in grado di capire in modo empatico anche l’altrui emozione.
Nella nostra esistenza viviamo esperienze caratterizzate dalle cinque emozioni primarie che sono la Gioia, la Tristezza, la Paura, la Rabbia ed il Disgusto, nate come forma di adattamento alla vita, sono tutte importanti e ciascuna ha una sua funzione specifica in un percorso di crescita individuale.
La Gioia è l’energia che ci permette di affrontare le giornate con entusiasmo, è fondamentale saperla vivere appieno e consapevolmente condividendola con gli altri.
Abbiamo poi bisogno anche della Tristezza, perché quando siamo in difficoltà ci permette di ritirarci nel silenzio e di guardarci dentro con più attenzione e così evolviamo. Spesso cerchiamo di rimuovere questa scomoda emozione impegnandoci in mille attività, ma tutto ciò che non esprimiamo, in qualche modo, troverà la strada per manifestarsi, spesso con somatizzazioni corporee.
La Paura ha lo scopo ancestrale di proteggerci dai pericoli; la Rabbia, può essere trasformata in una grande fonte di energia che ci farà reagire e lottare per raggiungere i nostri obiettivi ed esprimere noi stessi. Il Disgusto, infine, ci guida lungo il nostro cammino, permettendoci di allontanare tutto ciò che non ci appartiene.
Nel momento in cui due emozioni primarie si incontrano, danno vita a molte emozioni secondarie; quando, ad esempio, la gioia incontra la tristezza nasce la malinconia…
Se proviamo questi movimenti interiori, senza riconoscerli, semplicemente reagendo o subendoli, saremo in balia di loro e non saremo in grado di vivere una vita serena e presente a noi stessi nel "Qui ed Ora".
Una regolazione emotiva ci permette di riconoscere, comprendere e gestire le nostre emozioni e ci consente di affrontare le sfide della vita in modo efficace.
Per regolare le emozioni possiamo:
- sederci e chiederci "Come mi sento?" e quando emergeranno, proviamo a riconoscerle ed accettarle, tentando di dare loro un nome.
- cerchiamo di non reprimerle, ma di accoglierle, comprendendo per quale motivo sono nate, lasciamole esprimere dentro di noi e ascoltiamole.
- quando arrivano chiediamoci in quale altra occasione sono comparse, per trovare eventuali connessioni.
- ascoltiamo il nostro corpo, la mente "mente" il corpo mai.
- esprimiamo l’emozione in maniera costruttiva parlandone con un amico fidato, scrivendo un diario, facendo attività fisica o confrontandoci con un professionista.
Tale processo si compie grazie all’intelligenza emotiva, una competenza che possiamo sviluppare nel corso della nostra vita che ci permetterà di raggiungere traguardi che con la sola intelligenza cognitiva non potremmo neanche immaginare.
La Pasqua, oltre ad essere una festa religiosa, ha una valenza simbolica legata ai cicli lunari, infatti cade sempre la prima domenica dopo il Plenilunio di Primavera.
Questo è il periodo dell’anno in cui la luce prevale sul buio dopo un lungo inverno, l’aria leggera e mite ci attraversa, facendo pulizia di tutto ciò di cui non abbiamo più bisogno e ci risveglia ad una rinascita, con nuovi intenti e propositi sostenuti da una grande energia.
Questa festa, psicologicamente, rappresenta la magia della vita, nel suo eterno movimento tra morte e rinascita, che sperimentiamo più volte nell’arco della nostra esistenza. Un ciclo termina, per lasciare spazio ad uno nuovo, che sia un lavoro, un amore o un’amicizia.
Per ogni fine c’è sempre un inizio, importante è lasciare andare tutto ciò che non è più destinato a rimanere, per fare spazio a qualcosa di più importante per l’evoluzione della nostra anima. Consapevoli di ciò, possiamo lasciarci guidare con fiducia dalla vita, perché dopo ogni dolore o fine ci sarà sempre una rinascita nel nostro cuore.
L'uomo, come la natura che si addormenta in inverno, ha bisogno di "morire" un po’ ed attraversare il buio per poi rifiorire in primavera, perché tutto ciò che rinasce ha bisogno di un periodo di silenzio in cui formarsi. L’uomo come il seme nella terra può scegliere se svilupparsi e germogliare alla luce del sole oppure restare dov’è, per paura di affrontare la propria esistenza e viverla fino in fondo.
Il messaggio della Pasqua è l’invito a vivere pienamente la nostra vita, avendo il coraggio di spogliarci di quelle vesti che non ci appartengono più, costituite da abitudini, condizionamenti familiari e sociali, copioni appresi fin dall’infanzia, che sono diventati una vera armatura che non permette alla nostra vera natura di esprimersi ed espandersi.
L’uovo Pasquale simboleggia proprio questa rinascita ad una nostra dimensione più spirituale, rompere l’uovo è come rompere il guscio delle nostre difese al cambiamento, che ci regalerà la sorpresa di una vita più consapevole e felice.
La Colomba ci ricorda, appunto, che alleggeriti dalle zavorre che ci siamo costruiti possiamo volare liberi, mentre l’ulivo rappresenta la pace che deriva da uno stato di completezza interiore. La Pasqua ci invita alla resilienza, è una sfida evolutiva che ci porta a progettare il futuro anche in presenza di difficoltà, è l’espressione della speranza.
Questo atteggiamento nei confronti della vita lo possiamo fare nostro in ogni momento dell’anno, perché ogni mattina quando ci svegliamo è come rinascere, possiamo ricominciare con nuovi propositi e nuova energia; tutti i giorni assistiamo al miracolo di poter creare la nostra realtà esattamente come la desideriamo, lasciando andare vecchi pensieri del passato che appesantiscono la mente ed il cuore. Che questa giornata pasquale sia per tutti noi un’occasione di festa, in cui celebrare la gioia per la vita che scegliamo di vivere.
Viviamo gran parte delle nostra esistenza pensando di poter controllare tutto, senza rischiare troppo, per non perdere le nostre certezze; abbiamo adempiuto alle aspettative della società e della famiglia di origine, così abbiamo trovato la nostra "Comfort Zone" dove non si sta malissimo, ma neanche tanto bene.
Poi arriva un momento, spesso un fattore scatenante esterno, che ti fa fermare un attimo dandoti modo di ascoltare una flebile voce interiore che ti chiede attenzione.
Possiamo, a questo punto, scegliere di dare spazio a questo "Sussurro della nostra Anima", che desidera essere vista o di ignorarlo, continuando, in maniera apparentemente tranquilla, la vita.
Quando optiamo per l’ascolto diamo inizio ad una nuova fase della nostra evoluzione.
Decidere di ascoltarci e di lavorare su ciò che sentiamo comporta un percorso spesso doloroso e allo stesso tempo vivo ed intenso, che ci permette di far posto ad un nuovo sentire e pensare.
Lasciamo andare il certo per accogliere l’incerto, lottiamo per uscire dalle nostre rassicuranti abitudini, per aprirci al nuovo che verrà, senza alcuna forma di controllo o di aspettativa su noi stessi o sugli altri; rispettiamo il naturale fluire degli eventi, fiduciosi che tutto nella vita accade per una ragione, perché da ogni esperienza, bella o brutta che sia, abbiamo molto da apprendere.
Impariamo a sostare nel disagio per comprenderlo e viverlo completamente per poi trasformarlo in un insegnamento, accedendo così ad un livello più alto di conoscenza di ‘Noi Stessi’, fino alla scoperta della nostra originaria Natura.
Allontaniamo i pensieri invadenti e limitanti lasciandoci guidare dal nostro Daimon, la nostra sapienza interiore più antica e pura a cui gli antichi greci davano molta importanza, perché è lui che rappresenta la nostra essenza più vera, il talento per cui siamo nati, che ci conduce a ciò a cui siamo destinati.
Esprimere il nostro Daimon ci porta alla Felicità che in greco è espressa appunto con la parola Eudamonia che significa la "buona riuscita del nostro Demone", cioè la realizzazione della nostra vocazione, l’unica in grado di donarci l’appagamento vero, cioè la felicità.
Iniziamo, in questo modo, a vedere il mondo con una nuova energia che vibra in tutto ciò che facciamo.
Così cominciamo a lasciare fluire la vita in tutta la sua bellezza, seguendo il nostro destino, impariamo a farci attraversare dalle emozioni senza bisogno di controllo, dandoci il permesso di sbagliare, liberi dal giudizio altrui, perché sappiamo che lungo la nostra strada non dobbiamo temere nulla se ci lasciamo permeare con fiducia dalla vita stessa.
Lasciare andare non significa debole rassegnazione, anzi implica una grande forza e libertà interiore, perché la nuova consapevolezza di chi siamo ci guida verso ciò che sentiamo giusto per noi. Con questa forma di accettazione rimettiamo in moto il cammino della nostra anima.
Lavorando su di noi, ci conosciamo, ci perdoniamo e ci accettiamo con pace interiore, arrendendoci alla nostra natura e a ciò che semplicemente è. Accogliamo ogni esperienza la vita ci porti, lasciando andare ogni attaccamento per aprire il cuore a sé stessi e agli altri per costruire legami autentici.
La Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America già nel 1776 sosteneva che "tutti gli uomini sono stati creati uguali, dotati di diritti inalienabili tra cui la Vita, la Libertà ed il perseguimento della Felicità". Inspirandosi a tali principi, successivamente si svilupperà una corrente di pensiero umanistico esistenziale che aprirà la strada al Counseling.
In una visione positiva dell’essere umano, si diffonde una concezione di salute intesa come stato di benessere dell'individuo nella sua totalità sia fisico che mentale; si comincia, quindi ,a comprendere come sia importante prevenire non solo la salute fisica ma anche quella mentale.
Così in America, negli anni ‘50, Carl R. Rogers, psicologo e filosofo statunitense, padre della psicoterapia centrata sulla persona, dà vita al Counseling.
Tale attività si esprime in una relazione d'aiuto tra un Counselor ed un cliente, il quale non presenta una patologia psicologica, ma ha bisogno di essere guidato da un professionista in un momento di difficoltà della sua vita, come una separazione, problemi nella coppia o nel lavoro, elaborazione di un lutto, dinamiche familiari disfunzionali, carriera scolastica, orientamento professionale e scolastico, malattia, ansia, stress, pensieri invasivi, consapevolezza e gestione delle emozioni, difficoltà nella comunicazione con gli altri, generatrice di conflitti.
Il Counselor accoglie e accompagna con ascolto empatico e fiducia il proprio cliente in un viaggio meraviglioso e affascinante alla scoperta di sé stesso, delle proprie fragilità e dei propri punti di forza, aprendo così la strada ad una nuova consapevolezza, che gli permetterà di vivere, con energia, una vita più vera.
In questo modo impariamo ad amarci, a lasciare andare vecchi schemi di comportamento che ci tengono legati ad emozioni di rabbia, paura, sensi di colpa e scopriamo cosa significa essere gli unici responsabili della nostra vita, con l’enorme potere di essere registi e non più passivi attori di un copione scritto da altri. Usciamo, così, da ogni forma di vittimismo che blocca la nostra evoluzione.
Apprendiamo la leggerezza del Perdono, perché nel Per-Dono ci rendiamo liberi, facendo un dono a noi stessi; scopriamo la magia della gratitudine che ci restituisce la serenità e nel contempo una nuova forza.
Con il Counseling comprendiamo, inoltre, come la nostra "Mente spesso mente", con pensieri tossici ed invasivi che in realtà non ci appartengono ma che sono solo il frutto di condizionamenti esterni accumulati negli anni ed impariamo a trasformarli in pensieri costruttivi.
La felicità non arriva dall’esterno, è una condizione interna; è la realizzazione della propria essenza, della propria natura e vocazione. Quando riusciamo, poi, a condividere i frutti del nostro essere con il mondo circostante proviamo un senso di pace e di realizzazione.
È felice colui che sa ascoltare sé stesso e la propria natura in profondità, è felice colui che ha il coraggio di attraversare il proprio dolore e di trasformarlo in insegnamento.
Il Counseling contribuisce a diffondere questo tipo di intelligenza esistenziale, in grado di donarci un'integrità profonda, che dà senso alla nostra vita e che ci fa sentire al posto giusto nel momento giusto.