Lo utilizziamo ovunque, sulla pasta o semplicemente con il pane, nell'insalata o come condimento per le carni. Ha un professionista tutto per sé ed è richiesto in tutto il mondo: stiamo parlando dell'olio extravergine di oliva, prodotto principe della Dieta Mediterranea.
Non tutti gli olii di oliva possono vantarsi del nome di extravergine. Per farlo devono possedere alcune caratteristiche peculiari, come la spremitura meccanicamente a freddo e un'acidità pari o inferiore allo 0,8%.
A differenza di altri prodotti per condire, infatti, l'extravergine di oliva è l'unico che si ottiene senza l’utilizzo di solventi ma unicamente attraverso un processo di estrazione meccanica che ne mantiene tutte le proprietà, rendendolo un vero e proprio succo di frutta!
Proprio grazie a queste caratteristiche, l’olio extravergine di oliva è una miniera di antiossidanti, come ad esempio la vitamina E, il tocoferolo e polifenoli, che ci aiutano contro l’invecchiamento e potrebbero contribuire alla protezione del sistema nervoso nelle patologie neurodegenerative.
Tra le molte proprietà dell'extravergine di oliva vi è sicuramente quella di proteggere le nostre arterie. Infatti, il suo consumo è da tempo associato a tassi di mortalità più bassi, soprattutto per le malattie cardiovascolari. Solo con l’olio extravergine i livelli di colesterolo cattivo LDL si abbassano, mentre quello buono invece, noto anche con il nome di HDL, non viene minimamente alterato. Dunque, la spremuta d'oliva rappresenta, oltre che un gustoso condimento, un'ottima forma di prevenzione del rischio cardiovascolare.
Studi meno recenti ma di grande impatto scientifico, hanno addirittura paragonato gli effetti anti-infiammatori dell’olio extravergine a quelli dell’ibuprofene.
Nuove prove invece sembrano suggerire che il consumo regolare di olio di oliva, non sia associato solo a una ridotta mortalità per le malattie cardiovascolari, ma anche per tumore.
Dunque, il consumo di extravergine rappresenta un ottimo modo di fare prevenzione. Ma quali sono le giuste quantità da assumere? Sicuramente per una dieta sana ed equilibrata non vanno superati tre cucchiai al giorno. È importante ricordare infatti che l'olio non è un farmaco, un eccessivo consumo non fa abbassare il colesterolo ma, al contrario, lo innalza. Per quanto riguarda invece il modo in cui lo si utilizza, il consiglio è quello di preferirlo a crudo. Va però anche detto che l’olio extravergine non è dannoso nei cibi cucinati. Infatti, per la sua alta percentuale di acido oleico, l'olio d'oliva ha un elevato punto di fumo ed è stabile alle alte temperature: la caratteristica giusta che lo rende uno tra i migliori alimenti per cucinare.
Non esiste dieta senza attività fisica: quando decidiamo di cambiare stile di vita approcciandoci a una dieta più sana, che l’obiettivo sia diminuire o aumentare di peso (o "semplicemente" migliorare la nostra salute!), non possiamo dimenticare la componente essenziale rappresentata dal movimento. D’altra parte, l’alimentazione ricopre un ruolo imprescindibile per ottimizzare la performance sportiva.
Una corretta alimentazione, infatti, ci dà la giusta energia per allenarci e recuperare al meglio, ma non solo: affinché l’allenamento sia efficace, è importante scegliere di seguire una dieta appropriata al proprio fabbisogno quotidiano e ai valori nutrizionali di riferimento, con le dovute differenze tra chi pratica sport a livello professionale e agonistico e chi invece lo fa a livello amatoriale.
Il programma alimentare più adatto per lo sportivo prevede un modello composto da tre pasti principali più due spuntini al giorno, così da fornire energia prima e dopo l’allenamento in qualsiasi momento della giornata questo venga effettuato.
Prima del workout, il pasto dev'essere anzitutto leggero e di facile digestione, ma anche equilibrato.
Se ci si allena entro l'ora successiva al consumo di alimenti, è consigliato optare per una fonte di carboidrati ricchi in fibra e una fonte di zuccheri (ad esempio delle fette biscottate integrali con del miele o un frutto). Quando invece abbiamo a disposizione più tempo per la digestione, dalle due alle tre ore, meglio optare per un pasto più completo (ad esempio del riso integrale con gamberi e zucchine, o uno yogurt con cereali). La fibra contenuta nei prodotti integrali, inoltre, permette di avere energia a lento rilascio dalla quale attingere per tutta la durata dell’attività.
E per reintegrare le perdite dopo un intenso allenamento? A seguito dell'esercizio occorre un adeguato apporto di carboidrati, grassi e proteine. Un’attenzione particolare va prestata proprio a queste ultime, utilissime per riparare i tessuti e incrementare la massa muscolare stimolata dall’esercizio, purché si ricordi che anche in questo caso i carboidrati svolgono un ruolo essenziale per favorire il trasporto delle proteine nei distretti di interesse. Anche in questo caso, un pasto completo con proteine ad alto valore biologico e povero in grassi sarà la scelta migliore.
Ultimi, ma non per importanza, i liquidi. Che sia prima, dopo o durante l'esercizio, è sempre necessario mantenere una corretta idratazione: con l’attività fisica, infatti, possiamo perdere fino a quattro o cinque litri di sudore, che in mancanza di un pronto reintegro potrebbero compromettere tanto il risultato sportivo quanto lo stato di salute.
Ma cosa bere? Con l’acqua non si sbaglia mai, ma in caso di sudorazione molto elevata, o di prestazioni che superano abbondantemente l'ora di tempo, può non bastare. In queste situazioni può essere utile l'impiego di integratori come sali minerali (tra i più sfruttati troviamo sodio, magnesio e potassio).
Una corretta nutrizione finalizzata alla pratica sportiva parte sempre da un corretto apporto di energia e di macro e micronutrienti. Integratori e alimenti per la nutrizione sportiva sono solo la punta della piramide e non possono sostituire i nutrienti presenti negli alimenti della dieta: senza questi, l’utilizzo di supplementi di qualsiasi tipo sarà completamente vano (e inutilmente costoso!)
Non siamo soli nell’universo, figuriamoci nel nostro corpo. Nel nostro intestino, infatti, abitano tanti batteri quante sono tutte le nostre cellule. L’insieme di questi batteri, virus e funghi che vivono nel tratto digerente viene definito “microbiota intestinale”, o nel gergo comune “flora intestinale”.
Non è nuova l’idea che l’intestino sia il secondo cervello: quante volte abbiamo sentito o utilizzato espressioni come "ho le farfalle nello stomaco" o come diceva Julia Roberts in Pretty Woman, "mi si sono attorcigliate le budella".
Da qui la scoperta che l’intestino e cervello si influenzano vicendevolmente, ma solo negli ultimi anni la ricerca scientifica ha permesso di alzare, anche solo parzialmente, il velo sui meccanismi biologici alla base della comunicazione fra cervello e intestino. Sono svariati i metodi con cui questi distanti organi parlano tra loro e si influenzano reciprocamente (sorprendentemente ma vero, l'intestino può condizionare attività cerebrali fondamentali come umore, emozioni, attenzione e memoria) in un sistema definito "asse microbiota-intestino-cervello".
In condizioni di stress, il sistema nervoso autonomo, cioè quella parte del sistema nervoso che controlla l’attività degli organi interni del nostro corpo (cuore, polmoni, stomaco, intestino), può alterare la motilità intestinale e portare alla disbiosi, ovvero a un’alterazione della composizione e dell’attività funzionale del microbiota che favorisce il sopravvento dei batteri nocivi su quelli buoni.
Sul versante intestinale, la disbiosi può essere indotta da una dieta sbilanciata, ricca di grassi, zuccheri e proteine, e/o dall’uso eccessivo di alcuni farmaci, soprattutto gli antibiotici. A causa della disbiosi, molecole pro-infiammatorie rilasciate dall’intestino e mediatori della risposta immunitaria, possono superare la barriera ematoencefalica e influenzare negativamente aree cerebrali fondamentali per il controllo delle emozioni e del comportamento.
Ma in che modo è possibile mantenere il microbiota sano ed evitare così la disbiosi con il suo carico di conseguenze negative? Molti studi scientifici suggeriscono che le diete che contengono prebiotici (ovvero il nutrimento per i batteri buoni) e probiotici (batteri buoni in grado di avere un’influenza positiva) possono essere di grande aiuto nel mantenere sano il microbiota e riportarlo in condizioni ottimali in caso di disbiosi.
Le fibre presenti negli alimenti vegetali, come verdura, frutta, legumi e cereali integrali, sono il cibo preferito dai nostri batteri, mentre alimenti fermentati quali yogurt, kefir, crauti, sottaceti e pane a lievitazione naturale apportano microbi buoni che promuovono la nostra salute.
Arricchendo la nostra dieta con questi alimenti e, conseguentemente, riducendo il consumo di zuccheri e cibi ultra-lavorati, garantiremo il mantenimento della salute del microbiota intestinale, fondamentale non solo per mantenere una buona funzionalità del nostro intestino e dell’organismo in generale, ma per garantire un cervello "in forma".
Cercando su Internet “modelli di dieta” possiamo trovare una lista lunghissima di regimi alimentari più o meno conosciuti. La prima cosa che ci chiediamo, quindi, è “quale devo scegliere?”, e soprattutto “da dove inizio?”
Nel tempo la parola “dieta” è diventata sinonimo di privazione e, sempre più spesso, di qualcosa estremamente complicato da seguire. Nulla è più lontano dalla realtà!
Nel nutrito elenco delle diete disponibili, infatti, figura anche quella mediterranea, lanciata dal nutrizionista americano Ancel Keys che per primo constatò come in Italia si seguisse una dieta molto più salutare rispetto allo stile di alimentazione statunitense… ma qual è il suo segreto?
Questo regime alimentare si basa su alimenti di consumo abituale nei Paesi del bacino mediterraneo ed è caratterizzato da una proporzione che privilegia cereali, frutta, verdura e olio di oliva rispetto a carni rosse e grassi animali, assunti più raramente. Il vero punto di forza della dieta mediterranea, quindi, sta proprio nella sua varietà (tutto il contrario della privazione!), e il suo insegnamento più importante è che non è necessario eliminare un alimento se sappiamo inserirlo con le giuste porzioni e frequenze.
Tutte queste informazioni vengono riassunte in modo chiaro dalla piramide alimentare, un grafico che fornisce indicazioni sulle quantità e frequenze dei cibi da consumare scegliendo tra i vari gruppi di alimenti e ci aiuta a organizzare la nostra alimentazione conciliando i ritmi dello stile di vita attuale con la tradizione alimentare del nostro Paese.
Alla base della piramide troviamo attività fisica (che non significa solo allenamenti in palestra, ma qualsiasi tipo di movimento!), convivialità (e quindi il rispetto per occasioni sociali e festività), stagionalità e prodotti locali. Questo contribuisce a rendere la dieta semplice e, non meno importante, decisamente più economica e piacevole da seguire.
Come organizzare quindi la settimana nel rispetto di queste indicazioni? Piramide alla mano, si parte dagli alimenti di uso quotidiano: a ogni pasto saranno presenti frutta o verdura e cereali integrali, tra i quali sono compresi anche pasta e pane. Durante il giorno, tutti i giorni, è possibile consumare latte e latticini magri, semi oleosi e frutta a guscio (ideali come spuntini) e olio extravergine di oliva come condimento.
Per quanto riguarda le fonti proteiche, non accontentiamoci del classico petto di pollo ai ferri: puntiamo sulla varietà! Preferiamo legumi e pesce (meglio se pescato locale), carni bianche e uova. Divertiamoci con le cotture e con i sapori, utilizzando spezie ed erbe aromatiche locali oppure esotiche. Accettati, ma da consumare con frequenza decisamente minore, anche salumi, carni lavorate, carni rosse e dolci, ma non più di una porzione a settimana.
In conclusione, “dieta” non fa rima con “restrizione” e non deve essere intesa solo nella sua accezione di “protocollo dimagrante”: più che un semplice elenco di alimenti da consumare o non consumare, infatti, un buon piano alimentare rappresenta uno stile di vita. Adottando questa ottica riusciremo ad abbracciare e seguire con successo una dieta varia e sostenibile nel tempo, capace di promuovere la nostra salute senza frustrazione.
Se parliamo di legumi ci vengono subito in mente le calde zuppe delle sere invernali. In realtà la loro stagione inizia proprio in questo periodo: da aprile e per tutta l’estate inizia la raccolta dei legumi, che potranno poi essere surgelati o essiccati per essere conservati tutto l’anno.
I più conosciuti e consumati sono fagioli, piselli, ceci, lenticchie, fave, lupini e tutte le loro varietà. Tra i meno utilizzati troviamo la cicerchia e la roveja (o pisello dei campi), ma anche l’arachide e la soia.
La presenza di fibre permette di ridurre fino al 10% l’assorbimento del colesterolo e modulare la risposta glicemica dell’organismo a seguito del pasto, rivelandosi un’alleata nel controllo delle dislipidemie e del diabete.
La fibra presente non ha solo un’azione meccanica, ma viene utilizzata come nutrimento per i batteri nel nostro intestino, migliorando il nostro stato di salute in generale. Recenti studi evidenziano anche come un microbiota intestinale in salute possa influenzare positivamente il nostro umore, riducendo patologie come ansia e depressione.
I legumi sono delle vere e proprie miniere di nutrienti. A parità di porzioni, infatti, i fagioli contengono il doppio del ferro e la stessa quantità di proteine rispetto alla carne bovina, pur essendo di origine vegetale.
Secondo le indicazioni della Società Italiana di Nutrizione Umana, andrebbero consumati dalle 3 alle 5 volte alla settimana; la porzione di riferimento corrisponde a 50 grammi per i legumi secchi, mentre per i legumi freschi, surgelati o in scatola la porzione è di 150 grammi. Se abbinate con una porzione di cereali, avremo un pasto completo e che comprende tutti gli aminoacidi essenziali.
Spesso però il consumo di legumi si associa a gonfiore intestinale. Il meteorismo è dovuto al fatto che il nostro intestino si è abituato ad alimenti molto raffinati e si è disabituato alla fibra. Di fronte a questi cibi reagisce in modo anomalo, fermentando, gonfiando la pancia di aria e rallentando la digestione. Occorre pertanto introdurre i legumi inizialmente a un pasto alla settimana, partendo con piccoli assaggi e aumentando gradualmente frequenza e quantità. Meglio scegliere legumi secchi di qualità evitando quelli precotti in scatola: lenticchie e piselli decorticati sono già pronti per la cottura, mentre gli altri occorre lasciarli in ammollo 12 ore, cambiando l’acqua un paio di volte, in modo da ammorbidirli il più possibile. Con queste accortezze, i legumi possono essere impiegati sin dalle prime fasi dello svezzamento.
Come inserire quindi i legumi nelle giornate più calde? In insalata con rucola e pomodorini che ne favoriscono l’assorbimento del ferro; frullati con un po’ di olio e succo di limone per farcire una piadina o sotto forma di burger o polpette per conquistare tutta la famiglia.