di Vanessa Carletti

Omega-3, vitamina C, beta-carotene: ecco gli alleati indispensabili per una pelle sana

Omega-3, vitamina C, beta-carotene: ecco gli alleati indispensabili per una pelle sana

La pelle è l’organo più esteso del nostro corpo e svolge un ruolo fondamentale nella nostra salute. Oltre a costituire una barriera protettiva contro agenti patogeni come virus e batteri, contribuisce a mantenere l’equilibrio idrico, a regolare la temperatura corporea e a interagire con l’ambiente circostante attraverso la percezione tattile. Spesso si tende a evidenziare solo i fattori che compromettono l’aspetto e il benessere della pelle, come l’età, l’esposizione ai raggi UV, il fumo, il consumo di alcol, la mancanza di riposo e lo stress. Si parla meno, invece, dell’importanza dell’alimentazione e del suo impatto diretto sulla salute cutanea. La pelle è un tessuto a elevato potenziale proliferativo e necessita di un apporto costante di nutrienti. La regola fondamentale è l’equilibrio. Diete troppo restrittive o eccessivamente caloriche, così come l’abuso di cibi industrialmente raffinati ricchi di grassi nocivi e di zuccheri semplici, possono compromettere la rigenerazione cellulare e alterare il film idrolipidico protettivo, con conseguenze negative sull’aspetto e sulla salute della pelle. Alcuni alimenti, invece, possono diventare veri alleati di questo organo. Tra questi, i cibi ricchi di omega-3, come il salmone, il pesce azzurro (alici, acciughe, sgombro), le noci e i semi di lino, favoriscono l’elasticità cutanea e contrastano l’infiammazione. Per ottenere benefici concreti, il pesce dovrebbe essere consumato almeno tre volte a settimana! Anche i frutti rossi, come mirtilli, lamponi, ribes, more, e fragole, svolgono un ruolo importante nel contrastare l’invecchiamento precoce. Grazie al loro elevato contenuto di polifenoli, proteggono i piccoli vasi sanguigni e i capillari, migliorano la circolazione e favoriscono l’eliminazione dei liquidi in eccesso. Un altro elemento essenziale per la pelle è la vitamina C, presente in abbondanza negli agrumi, nel kiwi, nelle fragole, nei peperoni, nei pomodori e nelle verdure a foglia verde come spinaci, broccoli, cavoli, carciofi, basilico e asparagi. Questa vitamina stimola la formazione della barriera epidermica e del collagene, protegge le cellule dallo stress ossidativo, rallenta il processo di invecchiamento e contribuisce alla riparazione dei danni causati dai raggi UV e da altri fattori ambientali. Oltre alla vitamina C, non può mancare il beta-carotene, un potente antiossidante che aiuta a proteggere la pelle dai danni causati dai radicali liberi e dall’esposizione ai raggi UV, riducendo il rischio di invecchiamento precoce. Inoltre, il corpo lo converte in vitamina A, essenziale per la rigenerazione cellulare e il mantenimento di una pelle sana, elastica e luminosa, nonché un’abbronzatura naturale e uniforme. È presente in alimenti come carote, zucca, albicocche, patate dolci e verdure a foglia verde. Infine, l’acqua è l’elemento essenziale per mantenere la pelle idratata e in salute. Bere circa due litri di acqua al giorno aiuta a mantenere l’elasticità della pelle e a rallentare la comparsa di rughe e segni dell’invecchiamento. La disidratazione, infatti, porta a una perdita di tonicità e a una riduzione della produzione di collagene. Il primo passo per migliorare la salute della pelle è quindi aumentare l’assunzione di acqua e, contemporaneamente, ridurre il consumo di sale, che favorisce la ritenzione idrica. Un’ottima alternativa è sostituirlo con erbe aromatiche, che esaltano il sapore dei piatti senza compromettere l’equilibrio idrico dell’organismo.

01/02/2025 15:55
Nutrizione personalizzata: la fine dell'approccio “una dieta valida per tutti”

Nutrizione personalizzata: la fine dell'approccio “una dieta valida per tutti”

La nutrizione personalizzata è emersa come una nuova tendenza nel fornire consigli nutrizionali e alimentari basati sulla singolarità dell'individuo. Questo approccio mira non solo a personalizzare le raccomandazioni giornaliere di nutrienti e alimenti funzionali di cui una persona potrebbe avere bisogno, ma anche a mantenere una dieta sostenibile per noi e per l’ambiente. Ma come spiegare il concetto di nutrizione personalizzata in semplici parole? Possiamo definire la dieta personalizzata come un vestito cucito su misura, pensato per adattarsi perfettamente a chi lo indossa. Ogni individuo è unico e, per questo, ha bisogno di un’alimentazione che rispecchi le sue caratteristiche personali e il suo stile di vita. Sebbene il nostro corpo condivida gli stessi meccanismi di base, ogni persona presenta differenze significative a livello metabolico, determinate da fattori come il peso corporeo, l’età, il sesso e le abitudini quotidiane. A questi si aggiungono aspetti più specifici e profondi, come le preferenze alimentari, le esigenze nutrizionali, la composizione del microbiota intestinale – una sorta di impronta digitale esclusiva del nostro intestino – e la predisposizione a determinate malattie o condizioni di salute. La nutrizione personalizzata si basa proprio su questa complessità individuale. Non si tratta di seguire schemi rigidi o soluzioni preconfezionate, ma di considerare ogni dettaglio che ci rende diversi, al fine di creare un piano alimentare su misura che si adatti a noi, anziché costringerci ad adattarci noi ad esso. Seguire una dieta personalizzata non è solo una questione di perdere peso o mantenere il peso forma ideale. È anche uno strumento potente per prevenire o gestire problemi di salute come il diabete, la sindrome dell’intestino irritabile e altre condizioni croniche. Una dieta ben strutturata può contribuire a migliorare il benessere generale, favorendo energia, vitalità e una migliore qualità di vita. Un aspetto fondamentale della nutrizione personalizzata è la flessibilità. Si costruiscono piani alimentari che si integrano nella routine quotidiana e rispondono alle esigenze specifiche della persona, mantenendo al tempo stesso l’equilibrio generale dell’alimentazione. Anche in situazioni in cui è necessario adottare diete più restrittive – come accade nel caso della dieta chetogenica o in presenza di intolleranze alimentari – è essenziale che il regime alimentare sia sostenibile. Non si dovrebbe mai percepire la dieta come una privazione, ma piuttosto come un percorso di scoperta verso un modo di nutrirsi piacevole e soddisfacente. L’obiettivo di una dieta personalizzata è, infatti, quello di garantire il benessere a lungo termine. Questo significa creare un rapporto sano e sereno con il cibo, evitando lo stress delle diete yo-yo o la sensazione di sacrificio che spesso accompagna le diete standardizzate. In questo modo, la persona può raggiungere risultati duraturi, coltivando al contempo abitudini alimentari che supportano uno stile di vita sano e felice.

18/01/2025 16:48
Dopo le feste: come rimettersi in forma senza cedere a diete estreme

Dopo le feste: come rimettersi in forma senza cedere a diete estreme

Durante il periodo natalizio, social media, televisione e giornali si concentrano spesso sulla condivisione di ricette per le festività, celebrando i momenti conviviali attorno alla tavola. Tuttavia, subito dopo, l’attenzione si sposta drasticamente su consigli per "rimettersi in forma", spesso puntando il dito verso gli "eccessi" commessi, e associando i pasti celebrativi a concetti negativi come “sgarri” o “abbuffate”. Questa narrazione rischia di alimentare sensi di colpa e rimorsi, spingendo molte persone a cercare rimedi miracolosi o “detox” per riparare ai presunti errori. È importante fare chiarezza: il nostro corpo è una macchina straordinariamente efficiente. Grazie all’azione degli organi emuntori – fegato, reni, intestino e anche pelle – è perfettamente in grado di eliminare metaboliti di scarto e sostanze nocive in completa autonomia. Non servono protocolli estremi o restrizioni eccessive per “purificarlo”. Adottare diete drastiche o non sostenibili non solo non velocizza i processi naturali del nostro organismo, ma può anche compromettere il nostro equilibrio fisico e mentale. Anziché concentrarci su cosa eliminare dalla nostra alimentazione, possiamo riflettere su cosa possiamo aggiungere per supportare il nostro benessere. Se durante le feste abbiamo messo da parte alimenti ricchi di fibre, vitamine e minerali come verdure, frutta, cereali integrali, legumi e acqua, questo è il momento ideale per reintrodurli con gradualità e consapevolezza nella nostra dieta. Questi alimenti non solo favoriscono il corretto funzionamento del nostro organismo, ma contribuiscono a ristabilire un rapporto equilibrato con il cibo. Ascoltiamo il nostro corpo: ha una straordinaria capacità di comunicarci ciò di cui ha bisogno. La chiave sta nel ritrovare un’alimentazione varia, bilanciata e gratificante, senza lasciarci condizionare da sensi di colpa o da messaggi allarmistici. Le festività sono momenti di condivisione e gioia, e non dovrebbero mai essere ridotte a un’occasione per giudicare noi stessi o il nostro stile di vita.   E se abbiamo iniziato il nuovo anno con buoni propositi, come adottare uno stile di vita più sano, affidiamoci a professionisti qualificati che possano guidarci con competenza e personalizzazione. Abbandoniamo il fai da te e scegliamo un approccio consapevole, basato su consigli scientifici e strategie sostenibili, per costruire abitudini che ci accompagnino nel tempo.  

11/01/2025 17:00
"Natale senza stress e sensi di colpa": suggerimenti su come godersi al meglio una tavola festiva

"Natale senza stress e sensi di colpa": suggerimenti su come godersi al meglio una tavola festiva

Le festività natalizie rappresentano un momento speciale, ricco di gioia e condivisione, da trascorrere con la famiglia e le persone care. E quale modo migliore di celebrare, se non condividendo buon cibo? Tuttavia, nonostante siano brevi, le feste possono avere un impatto significativo. Ecco alcuni consigli su cosa evitare e cosa valorizzare a tavola durante questo periodo. Allontana osservazioni sulla quantità di cibo, sulle restrizioni alimentari o sul peso. Frasi come: "Mamma mia quanto stiamo mangiando! Da domani dieta ferrea!", "Tanto questa sera non cenerò!", o "Hai preso/perduto peso? Stai meglio!" rischiano di creare tensione e compromettere l’armonia del momento. Una tavola serena giova a tutti! Evita di cedere a pensieri di colpa che portano a riduzioni o compensazioni eccessive. Questi atteggiamenti possono innescare un circolo vizioso, allontanandoti dai reali bisogni del tuo corpo e lasciandoti con un senso di frustrazione e tristezza. Cosa, invece, offrire? Convivialità e tradizione: sono l’essenza delle feste e la base della piramide alimentare. Proponi ricette di vario tipo, dalle più elaborate alle più semplici, per offrire una scelta varia e inclusiva. Fai attenzione, però, alla quantità: ogni anno, durante le festività natalizie, si sprecano circa 500 mila tonnellate di cibo nelle case italiane! Concediti una pausa dai numeri e dal controllo. Un pasto più ricco non comprometterà i progressi fatti durante l’anno! Non c’è bisogno di diete drastiche o digiuni, ma nemmeno di eccessi: goditi i pasti natalizi con equilibrio, sentendoti sazio ma senza abbuffarti o sgranocchiare dolci per tutto il giorno. E se il menù prevede molte portate, inizia con piccole porzioni: questo ti permetterà di assaggiare tutto senza sentirti appesantito. E ricorda: puoi sempre fare il bis, se lo desideri. E soprattutto: non pesarti il giorno dopo un pasto abbondante!Eventuali variazioni sulla bilancia saranno legate ai liquidi o alla digestione, non al grasso corporeo. Evita di farti condizionare da numeri temporanei che potrebbero influire negativamente sul tuo umore. Se segui un’alimentazione sana ed equilibrata durante l’anno, puoi concederti senza problemi qualche sfizio durante le feste. Il Natale è un momento di festa, quindi goditi ogni attimo senza rammarichi o paura di ingrassare!

14/12/2024 15:10
Broccoli, cavoli e cavolfiori: il potere anticancro delle "crucifere" che dovremmo mangiare di più

Broccoli, cavoli e cavolfiori: il potere anticancro delle "crucifere" che dovremmo mangiare di più

Broccoli, cavolfiori, verza, rape, cavoletti di Bruxelles e cavoli: la variopinta famiglia delle crucifere non è solo un’esplosione di sapori e colori in cucina, ma anche una miniera di benefici per la salute. Questi ortaggi, spesso sottovalutati e confinati al ruolo di contorni, meritano invece un posto d’onore nella nostra alimentazione quotidiana, grazie alle loro proprietà nutrizionali e agli effetti protettivi contro gravi patologie, come il cancro. Secondo numerosi studi scientifici, infatti, il consumo regolare di crucifere è associato a un ridotto rischio di sviluppare tumori, in particolare quelli che colpiscono l’apparato digerente. Chi evita questi alimenti, invece, sembra essere maggiormente predisposto a tali patologie. Il loro superpotere risiede nel sulforafano, un composto chimico naturale che non solo conferisce alle crucifere il tipico aroma pungente, ma si distingue anche per le sue molteplici azioni benefiche. Questa sostanza agisce principalmente come un potente antiossidante: combatte i radicali liberi, in particolare le specie reattive dell’ossigeno, molecole instabili che possono danneggiare cellule, tessuti e DNA, favorendo lo sviluppo di malattie croniche. Ma le sue virtù non si fermano qui: questa molecola è capace di ostacolare la proliferazione delle cellule cancerose, promuovere l’apoptosi (ovvero la morte cellulare programmata), inibire l’angiogenesi (la formazione di nuovi vasi sanguigni che nutrono i tumori) e bloccare la migrazione delle cellule tumorali, limitando così la formazione di metastasi. Oltre al potenziale effetto anticancro, le crucifere vantano un profilo nutrizionale di tutto rispetto. Sono ricche di fibre, che favoriscono la salute intestinale e aiutano a controllare i livelli di zucchero nel sangue, oltre a contenere vitamine (in particolare C, K e alcune del gruppo B) e minerali essenziali come potassio, calcio e ferro. Questi ortaggi contribuiscono inoltre al rafforzamento del sistema immunitario e al mantenimento della salute cardiovascolare. Nonostante il loro straordinario potenziale, le crucifere richiedono attenzione nella preparazione. I loro composti benefici sono infatti sensibili al calore e tendono a dissolversi facilmente in acqua. Per preservare al meglio il sulforafano e le altre sostanze bioattive, si consiglia di optare per cotture brevi e delicate, come la cottura al vapore o la bollitura in poca acqua. Quest’ultima, ricca di nutrienti, può essere riutilizzata per preparare zuppe, risotti o cous cous, evitando sprechi e valorizzando ogni elemento del pasto. In alternativa, il consumo a crudo di alcune varietà, come i broccoli o il cavolo riccio (kale), rappresenta un’ottima soluzione per massimizzare l’assunzione di sulforafano. Per esempio, i broccoli crudi possono essere aggiunti a insalate o frullati, offrendo un boost nutrizionale naturale. È importante sottolineare che nessun alimento, per quanto benefico, può agire da solo come soluzione miracolosa contro il cancro o altre malattie. La prevenzione si costruisce giorno dopo giorno attraverso un approccio complessivo che includa una dieta equilibrata, varia e ricca di vegetali, insieme a uno stile di vita sano. Evitare il fumo, praticare regolare attività fisica e mantenere un peso corporeo adeguato sono altrettanto fondamentali per tutelare la nostra salute a lungo termine. Integrare più crucifere nella nostra alimentazione non è solo una scelta gustosa, ma un investimento consapevole per il benessere futuro. Un semplice gesto, come scegliere questi ortaggi per arricchire il piatto quotidiano, può fare la differenza per la salute nostra e di chi amiamo.  

07/12/2024 17:00
Succhi di frutta: benefici e rischi per la salute, come regolarsi

Succhi di frutta: benefici e rischi per la salute, come regolarsi

I succhi di frutta sono tra le bevande più consumate, specialmente dai bambini, grazie al loro sapore gradevole e alla praticità di poterli portare facilmente nello zainetto per la merenda a scuola. Per molti, genitori e non, rappresentano un’alternativa salutare alle bevande dolci e gassate, oltre che un modo per arricchire la dieta quotidiana di grandi e piccoli con liquidi e frutta. Tuttavia, bere un succo di frutta, anche se di qualità, non equivale a consumare un frutto intero. La frutta fresca è ricca di vitamine, minerali, fibre e fitocomposti, un insieme di sostanze con effetti protettivi per la nostra salute. Al contrario, i succhi di frutta hanno una composizione molto diversa: sono più ricchi di zuccheri e poveri di fibre e altri micronutrienti. Un consumo eccessivo di succhi può infatti aumentare il rischio di obesità, malattie correlate e problemi ai denti. Ma qual è il consumo corretto? Esistono succhi migliori di altri? Il problema non è l’alimento, ma il consumo sbilanciato. I succhi di frutta non sono dannosi di per sé, ma è importante consumarli con moderazione. È preferibile scegliere prodotti senza zuccheri aggiunti e inserirli in una dieta varia ed equilibrata. È fondamentale ricordare che bere un succo non equivale a mangiare il frutto corrispondente, come spiegato in precedenza. Inoltre, è essenziale monitorare l’apporto giornaliero complessivo di zuccheri, educando soprattutto i più piccoli al gusto e alla consistenza della frutta intera, piuttosto che abituarli esclusivamente a succhi, spremute o bevande confezionate, spesso addolcite ulteriormente. Infatti, molti succhi di frutta in commercio contengono zuccheri aggiunti. Anche le diciture come “senza zuccheri aggiunti” o “contiene solo zuccheri della frutta” possono essere fuorvianti: un succo 100% frutta, pur senza edulcoranti, contiene comunque il fruttosio naturalmente presente nella frutta. In alcuni casi, per rendere il sapore più dolce, viene aggiunto succo d’uva, che, pur essendo frutta, aumenta ulteriormente la concentrazione di zuccheri semplici nella bevanda.  Come regolarsi quindi? Bere succhi di frutta dovrebbe rimanere un’abitudine occasionale. Se graditi, possono essere consumati in quantità moderate, ma non sistematicamente e, soprattutto, mai come sostituti della frutta fresca o dell’acqua. E per i bambini? I pediatri di tutto il mondo raccomandano un consumo limitato di succhi di frutta per i bambini in età scolare, mentre è consigliato evitarli del tutto durante lo svezzamento.

30/11/2024 17:50
Obesità e stigma, perché colpevolizzare non aiuta a perdere peso

Obesità e stigma, perché colpevolizzare non aiuta a perdere peso

Quando si parla di obesità, l’attenzione è spesso rivolta all’impatto che l’eccesso di peso può avere sulla salute fisica della persona. Tuttavia, uno degli aspetti più debilitanti del vivere con l’obesità è lo stigma associato a questa malattia cronica e a chi ne è affetto. Per stigma verso l’obesità si intende un giudizio negativo costante, pervasivo e ampiamente tollerato nei confronti di chi soffre di questa patologia. Questo atteggiamento non solo rende la vita di queste persone più difficile, ma ha anche effetti negativi, diretti e indiretti, sulla loro salute. Infatti, le persone con obesità sono spesso bersaglio di stereotipi negativi che le descrivono come golose, pigre, prive di forza di volontà e incuranti della propria salute; in altre parole, vengono considerate colpevoli della loro condizione. Lo stigma si manifesta in diversi modi: commenti (spesso rivolti all’aspetto fisico o alle abitudini alimentari), atteggiamenti di evitamento o marginalizzazione, e vere e proprie forme di discriminazione nelle aree più importanti della vita, come scuola, lavoro, cure sanitarie e relazioni interpersonali. Questo si traduce in penalizzazioni salariali, mancate assunzioni, valutazioni accademiche inferiori e cure mediche sommarie o frettolose. Le evidenze mostrano che i medici dedicano meno tempo ed educazione sanitaria ai pazienti con obesità rispetto a quelli normopeso. Inoltre, i pazienti che subiscono discriminazioni in ambito sanitario traggono meno beneficio dai trattamenti e hanno maggiori probabilità di evitare cure future. Ma da dove nasce questa ostilità? Spesso deriva da una visione semplicistica e poco realistica dell’obesità e delle sue cause, ridotte alla combinazione di iperalimentazione e sedentarietà. Questa visione porta a considerare l’individuo goloso e pigro, responsabile del proprio male, e suggerisce che la soluzione sia altrettanto semplice: mangiare meno e muoversi di più. Chi non riesce a farlo viene quindi percepito come poco determinato, incapace o dedito agli stravizi. Questi stereotipi, poi, sono amplificati dai mezzi di comunicazione, che mostrano spesso immagini di persone intente a mangiare eccessivamente, in atteggiamenti passivi, o mettono in evidenza corpi non conformi agli standard sociali. Ma colpevolizzare chi è in sovrappeso aiuta davvero a farlo dimagrire? Se così fosse, probabilmente oggi la popolazione mondiale sarebbe in peso forma. Al contrario, numerosi studi dimostrano che lo stigma e il giudizio negativo aumentano il consumo calorico e l’evitamento di comportamenti salutari, per paura di essere ulteriormente incolpati e stigmatizzati. Quali sono quindi le strategie efficaci? È necessario considerare l’obesità non solo come un problema medico, ma anche come una questione di diritti umani, riconoscendo che ogni individuo, indipendentemente dal proprio peso, merita dignità, rispetto e accesso a cure sanitarie di qualità. Inoltre, è importante promuovere la salute senza legarla esclusivamente alla perdita di peso, concentrandosi invece su comportamenti modificabili e ricordando che la perdita di peso non è, di per sé, un comportamento.

23/11/2024 17:35
"Il diabete è la più diffusa tra le malattie metaboliche": come gestirlo e prevenirlo

"Il diabete è la più diffusa tra le malattie metaboliche": come gestirlo e prevenirlo

In occasione della Giornata Mondiale del Diabete svoltasi il 14 novembre, è fondamentale promuovere la consapevolezza su questa patologia cronica, che colpisce milioni di persone nel mondo. Il diabete è la più diffusa tra le malattie metaboliche ed è caratterizzato da un aumento dei livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia), dovuto all’incapacità dell’organismo di metabolizzare correttamente i carboidrati. Questa condizione deriva, nella maggior parte dei casi, da una produzione insufficiente di insulina da parte del pancreas o da una ridotta sensibilità delle cellule all’ormone. Parlare di diabete a chi non lo conosce a fondo non è semplice, soprattutto perché si presenta in diverse forme, tra cui le principali sono il diabete di tipo 1 e quello di tipo 2. Riconoscere tempestivamente il tipo 1, particolarmente nei bambini e nei giovani, è cruciale per evitare ritardi nella diagnosi, mentre per il tipo 2 è altrettanto importante intervenire preventivamente sui fattori di rischio per ridurne l’insorgenza. Il diabete di tipo 2 rappresenta circa il 90% dei casi totali e si manifesta generalmente dopo i 40 anni. A differenza del tipo 1, che ha un’origine autoimmune, il tipo 2 è causato da una combinazione di fattori genetici e ambientali, tra cui spiccano la predisposizione familiare, il sovrappeso, l’obesità addominale, una dieta squilibrata e la sedentarietà. È importante sottolineare che il diabete di tipo 2 non si sviluppa improvvisamente, ma è il risultato di un processo graduale. Per questo motivo, adottare uno stile di vita sano è essenziale, sia per prevenirlo che per gestirlo. Dieta ed esercizio fisico non sono solo strumenti di prevenzione, ma costituiscono veri e propri pilastri della terapia. Una dieta bilanciata deve controllare i livelli di glicemia, permettere il raggiungimento e il mantenimento del peso corporeo ideale, prevenire e gestire i fattori di rischio cardiovascolare e promuovere uno stato di benessere fisico e psicologico. La dieta deve essere personalizzata, tenendo conto delle abitudini alimentari e delle esigenze di vita di ciascun individuo. Gli alimenti consigliati includono cereali integrali, verdure, legumi e frutta (in quantità moderate e con basso contenuto di zuccheri). Le fonti proteiche preferibili sono quelle magre, come il pollame e il pesce, accompagnate dall’olio extravergine d’oliva, ideale come condimento. Anche i carboidrati devono essere consumati con moderazione: meglio scegliere pasta e riso integrali, con condimenti semplici come sughi di pomodoro, verdure o legumi. È importante evitare di combinare nello stesso pasto più alimenti ricchi di amidi, come pane e pasta o pizza e riso. Attenzione, però, alle porzioni: un eccesso di cibo, anche sano, può contribuire all’aumento di peso, mentre quantità troppo ridotte possono causare ipoglicemia (abbassamento eccessivo del livello di zucchero nel sangue). L’attività fisica regolare è una componente essenziale nella gestione del diabete. Non solo aiuta a ridurre lo stress, ma migliora anche la sensibilità all’insulina e il metabolismo, contribuendo a un migliore controllo glicemico. In conclusione, affrontare il diabete richiede una combinazione di consapevolezza, prevenzione e interventi mirati. La corretta informazione è il primo passo per aiutare chi ne è affetto a vivere meglio e per ridurre il rischio di nuove diagnosi.

16/11/2024 15:47
Uovo, colesterolo e i miti da sfatare: tutti i  benefici racchiusi in un solo guscio

Uovo, colesterolo e i miti da sfatare: tutti i benefici racchiusi in un solo guscio

L'uovo è un alimento straordinario che racchiude in un guscio tutti i nutrienti essenziali per la vita, dalle proteine di alta qualità alle vitamine fondamentali. Da sempre elemento centrale nella nutrizione umana, è una fonte proteica eccellente e fornisce numerose vitamine, inclusa la B12, di cui un solo uovo può coprire oltre la metà del fabbisogno giornaliero, essenziale per il corretto funzionamento dell’organismo. Nonostante questi benefici, per anni le uova sono state evitate da chi soffre di ipercolesterolemia, a causa del loro elevato contenuto di grassi e colesterolo. Ma è davvero necessario eliminarle dalla dieta per tenere sotto controllo il colesterolo? Il colesterolo delle uova contribuisce solo in minima parte al colesterolo totale nel sangue, influenzando solo circa il 20% dei livelli ematici, poiché la maggior parte (l’80%) viene prodotta direttamente dal nostro organismo. A incidere negativamente sui livelli di colesterolo ematico sono infatti più l’eccesso di acidi grassi saturi e trans, presenti soprattutto in prodotti industriali, latticini e carne rossa, e il consumo di zuccheri raffinati. Anche una scarsa assunzione di grassi essenziali (contenuti nel pesce azzurro, nella frutta secca e nei semi) e di fibre può contribuire a uno squilibrio lipidico. Non da meno, la sedentarietà è un fattore chiave: uno stile di vita attivo aiuta infatti a mantenere il colesterolo sotto controllo. Oggi le uova sono state “riabilitate” all’interno di una dieta equilibrata: è possibile consumarne anche una al giorno senza rischi per la salute, purché si mantenga uno stile di vita bilanciato e attivo. Infatti, ciò che conta è l’equilibrio generale della dieta, non il singolo alimento. È fondamentale includere abbondanti verdure ricche di fibre, variare le fonti proteiche, preferendo alimenti vegetali come legumi e cereali, e optare per il pesce rispetto alla carne rossa. In sintesi, le uova possono far parte di un'alimentazione equilibrata, anche per chi soffre di ipercolesterolemia, ricordando sempre che è il complesso delle abitudini alimentari e dello stile di vita a fare la differenza per la salute.

09/11/2024 17:10
Carenza di ferro, un problema che colpisce l'80% della popolazione: come ottimizzare l'assorbimento

Carenza di ferro, un problema che colpisce l'80% della popolazione: come ottimizzare l'assorbimento

Il ferro è un nutriente fondamentale per la nostra salute, indispensabile per la produzione di emoglobina, la proteina nei globuli rossi responsabile del trasporto dell’ossigeno in tutto il corpo. Nonostante la sua importanza, la carenza di ferro è sorprendentemente diffusa: secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, fino all'80% della popolazione globale potrebbe esserne colpita, con le ragazze in età fertile tra le categorie più vulnerabili a causa delle perdite ematiche mestruali. La carenza di ferro può portare all'anemia sideropenica, una condizione che si manifesta con sintomi quali stanchezza, indebolimento del sistema immunitario e difficoltà nella termoregolazione. Per valutare se si è carenti di ferro, il dosaggio della ferritina nel sangue è un metodo efficace e ampiamente utilizzato. Come affrontare la carenza di questo elemento? Mangiare più carne rossa è davvero sufficiente? È importante sapere che il ferro negli alimenti si presenta in due forme: il ferro eme e il ferro non eme. Il ferro eme, presente negli alimenti di origine animale come le carni rosse e i frutti di mare, è facilmente assorbibile dal nostro organismo. Al contrario, il ferro non eme, contenuto in alimenti vegetali come legumi, rucola, timo, cereali integrali, broccoli e carciofi, viene assimilato con maggiore difficoltà. È risaputo che una dieta ricca di fonti vegetali sia associata a numerosi benefici per la salute, mentre un consumo eccessivo di carni rosse può comportare rischi. Di conseguenza, è fondamentale imparare come ottimizzare l’assorbimento del ferro dai vegetali, senza compromettere il proprio benessere con un consumo eccessivo di carni rosse. Per migliorare l’assorbimento del ferro non eme, è utile combinare questi alimenti con fonti di vitamina C, come agrumi, kiwi, peperoni e pomodori, o con alimenti contenenti ferro eme. Ad esempio, condire vegetali e legumi con succo di limone o preparare una pasta integrale con un sugo di vongole e pomodorini freschi può essere un'ottima strategia. Inoltre, il ferro presente nei cereali integrali e nei legumi è spesso legato all’acido fitico, una molecola che ne riduce l’assimilazione. Un rimedio efficace per ovviare a questo problema è lasciare questi alimenti in ammollo per tutta la notte prima della preparazione. Anche la modalità di cottura gioca un ruolo cruciale: le alte temperature possono ridurre la biodisponibilità del ferro, quindi è preferibile consumare i vegetali crudi o cucinarli in modo breve e delicato per preservarne le proprietà nutrizionali. Al contrario, abbinamenti come quelli con latte, formaggi e bevande contenenti tannini, come tè e caffè, possono ostacolare l’assorbimento. Anche il vino rosso, spesso associato al consumo di carne, può limitare l’efficacia dell’assimilazione del ferro. In conclusione, contrariamente a quanto si possa pensare, una bistecca (soprattutto se accompagnata da un bicchiere di vino) non è necessariamente la soluzione ideale per affrontare una carenza di ferro. Prestare attenzione agli abbinamenti e alle tecniche di preparazione degli alimenti può fare una grande differenza nel migliorare l’apporto di ferro nella dieta, permettendo di sfruttare al meglio le fonti alimentari disponibili e mantenere un buono stato di salute.

02/11/2024 15:40
Colore e Salute: i vantaggi della melagrana nella dieta autunnale

Colore e Salute: i vantaggi della melagrana nella dieta autunnale

L’autunno tinge dei suoi colori l’atmosfera e porta su le nostre tavole uno dei suoi frutti più rappresentativi: la melagrana. Un frutto ricco di valori nutrizionali e un vero toccasana per la nostra salute. Scopriamo insieme tutte le proprietà di questo “superfood”. La parte edibile, ovvero i semi caratterizzati dal famoso colore rosso, contiene acqua e una quota significativa di zuccheri semplici, che le danno il suo sapore dolce. Questo aspetto è bene tenerlo in considerazione quando si consuma il succo di melagrana, ed è bene quindi evitare di aggiungere ulteriore zucchero alla bevanda.  Le sue proprietà e virtù più importanti sono legate alla presenza di grandi quantità di antiossidanti, vitamina C e provitamina A, ma soprattutto a composti fenolici, che le conferiscono l’attraente colore rosso. Tra questi troviamo le antocianine, molecole in grado di proteggere il cuore, agendo nei confronti di diversi fattori di rischio cardiovascolari, tra cui il profilo lipidico e l’elasticità dei vasi sanguigni. Ma la ricchezza dei composti fenolici non si ferma qua. Gli ellagitannini, ad esempio, sono molecole che, nell’intestino, possono trasformarsi in acido ellagico, sostanza che presenta capacità antinfiammatorie e antiossidanti e che in molti studiano per le sue proprietà antitumorali.  Grazie a queste sostanze, la melagrana può essere considerata un frutto ideale da inserire nella dieta per prevenire patologie cardio-vascolari, tumori e patologie neurodegenerative, ma anche un frutto “anti-invecchiamento” per il ruolo dell’acido ellagico nell’impedire la degradazione del collagene. Inoltre, la melagrana è anche un’ottima fonte di fibre solubili e insolubili, che la rendono “un ottimo cibo” per il nostro microbiota intestinale, oltre a ridurre la colesterolemia.  Un’altra importante caratterista, soprattutto per le donne, è l’elevata quantità di fitoestrogeni, utili nel combattere i sintomi della menopausa, come le vampate di calore. Ma non finisce qui! Numerosi studi hanno evidenziato che l’estratto di melagrana migliora la resistenza e le prestazioni dopo l'esercizio fisico, ed è pertanto indicato per coloro che praticano sport sia a livello agonistico sia a livello dilettantistico. Inoltre, grazie alle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, l’assunzione di estratti di melagrana sembrerebbe ridurre la sensazione di fatica associata all’allenamento. Insomma, un frutto dalle mille proprietà! Ma come consumarlo per apprezzarlo appieno? Aggiunto allo yogurt per una merenda o una colazione, o nelle insalate, nei primi piatti (risotto alla melagrana), nelle pietanze (salmone alla melagrana) per arricchirle di sapore e di fitocomposti.

26/10/2024 18:12
Il circolo virtuoso tra microbiota intestinale e sonno: ecco come dormire bene

Il circolo virtuoso tra microbiota intestinale e sonno: ecco come dormire bene

Il sonno è una componente fondamentale della nostra vita quotidiana, anche se spesso non gli diamo l’attenzione che merita. Può influenzare i livelli ormonali, l’umore e il peso; dunque, questo stato di riposo non è solo un momento per ritrovare le energie, ma una componente essenziale per il nostro benessere fisico e mentale. Tuttavia, insonnia, difficoltà ad addormentarsi, risvegli notturni sono problematiche sempre più comuni e diffuse che gravano fortemente sulla qualità della vita. Le cause dell’insonnia e dei disturbi del sonno possono essere molteplici e complesse: lo stress, l’ansia e le preoccupazioni hanno sicuramente un impatto negativo, così come le cattive abitudini quali l’uso eccessivo di smartphone o tablet prima di dormire, con la loro luce blu che inibisce la produzione dell’ormone che regola i cicli sonno-veglia, la famosa melatonina, può rendere difficile l’addormentamento. E se vi dicessi che anche il microbiota intestinale può influenzare la qualità del sonno? Non solo, e che il riposo influisce sulla salute dell’intestino? Facciamo un passo indietro. Il microbiota intestinale è l’insieme dei microorganismi simbiotici che colonizza il nostro intestino senza danneggiarlo. Esso è in grado di influenzare l’ambiente intestinale e gli altri organi, attraverso il rilascio nella circolazione di sostanze da esso prodotte, creando delle vere e proprie “connessioni” con gli altri sistemi. A sua volta però risente dell’attività degli altri organi e, non meno importante, della dieta. Un’alimentazione sbilanciata, quindi, si ripercuote sull’intestino, creando una situazione di “disbiosi”. Si parla sempre più spesso di un “asse microbiota-intestino-cervello”, che gioca un ruolo sulla qualità del sonno e che sta suscitando un crescente interesse. Infatti, alcune recenti ricerche hanno dimostrato che specifici cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale possono essere all’origine di diversi disturbi del sonno. Lo sa bene chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile (una volta definita “colite”), che difficoltà ad addormentarsi, sonno più breve, risvegli frequenti o sonno non ristoratore sono le manifestazioni più comuni. Quest’associazione è, però, reciproca. Infatti, se da un lato tale sindrome sembra pregiudicare e condizionare il sonno, è vero anche il contrario, ovvero che sia l’insonnia stessa a giocare un ruolo nella comparsa dell’intestino irritabile. In particolare, alcuni ricercatori hanno evidenziato un legame tra una qualità del sonno più scadente e una maggiore gravità e frequenza dei sintomi gastrointestinali nei soggetti con intestino irritabile, già nel giorno successivo. Il legame tra insonnia e intestino irritabile sembra quindi essere bidirezionale, e così come questa sindrome può peggiorare la qualità del sonno, l’insonnia può a sua volta intensificare i sintomi, in un circolo vizioso difficile da interrompere. Dunque, come possiamo agire? Sicuramente avere una corretta igiene del sonno è il primo passo per migliorare il riposo. Oltre a ciò, sia l’attività fisica che la dieta possono influire significativamente. Non basta evitare pasti abbondanti e difficilmente digeribili alla sera, ma è necessario modificare la propria dieta per ripristinare la condizione di “eubiosi” intestinale. Come? Una buona base di partenza sarà ridurre i cibi ricchi in grassi e bilanciare l’apporto di fibre durante la giornata. Attenzione però, ogni disbiosi è differente, sarà compito quindi dello specialista della nutrizione individuare il piano alimentare più adatto all’esigenze del singolo. Prendetevi cura del vostro intestino e dormirete sonni tranquilli.

19/10/2024 18:15
I rischi della dieta iperproteica "fai da te": di quante proteine abbiamo realmente bisogno?

I rischi della dieta iperproteica "fai da te": di quante proteine abbiamo realmente bisogno?

Dalla pasta ai prodotti da forno, barrette, creme spalmabili, bevande… basta un veloce giro al supermercato per trovare sempre più prodotti arricchiti da proteine. Allora la domanda sorge spontanea: ma di quante proteine abbiamo bisogno? Cerchiamo di fare chiarezza. Per stare in salute, recuperare dall’allenamento, costruire massa muscolare, dimagrire, il “quante proteine assumere” è un punto fondamentale. Non l’unico, certo, perché contano anche altri fattori, ma è importante quanto la giusta quantità di carboidrati e grassi. Il fabbisogno proteico non è uguale per tutti, dipende da più fattori: età, composizione corporea, tipo di allenamento, stile di vita, stati particolari (ad esempio gravidanza o allattamento), obiettivi. Per tutti, però, la quantità proteica da assumere viene calcolata sul peso corporeo e deve rientrare all’interno del fabbisogno calorico giornaliero. I livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana (LARN) indicano 0.8g di proteine per ogni chilo di peso corporeo di una persona adulta, sia per gli uomini che per le donne. Questa quota, ovviamente, dovrà essere adattata alle esigenze di ognuno. Ma per un soggetto sano che fa una leggera attività fisica, come si traduce in una dieta quotidiana? In generale, prevedendo una fonte proteica a ogni pasto (colazione, pranzo e cena) il fabbisogno di proteine viene ampiamente soddisfatto. Bisogna considerare che le proteine si trovano anche in cereali e derivati e inserendo a ogni pasto anche questa categoria alimentare non si corre il rischio di avere un'alimentazione carente di proteine. Negli anni, però, la “demonizzazione” dei carboidrati e l’esaltazione delle proteine portata avanti da diversi protocolli dietetici, ha incrementato la percezione che un elevato apporto proteico aumenti automaticamente la massa e forza muscolare e favorisca la perdita di peso, portando a convincere un crescente numero di consumatori che una dieta iperproteica sia sana. La realtà, però, è un’altra. L’adozione di una dieta iperproteica “fai-da-te” soprattutto se seguita per diversi mesi, può infatti comportare seri effetti collaterali. Le proteine apportano le stesse calorie dei carboidrati, per cui, un eccesso di queste può determinare un eccessivo apporto di energia, con conseguente aumento di peso. Inoltre, quando le proteine sono in eccesso, devono essere “demolite”, e il prodotto di scarto che si genera viene eliminato attraverso l’urina. Se si eccede quindi con il consumo di proteine e non si assume abbastanza acqua, ci si può disidratare fortemente. Viene quindi da chiederci, sono davvero utili i prodotti proteici che tanto stanno spopolando sugli scaffali dei supermercati? Ricordiamo che si tratta di alimenti ultra-processati, che possiedono una lista di ingredienti lunghissima dove ritroviamo edulcoranti, addensanti e coloranti. Inoltre, la porzione standard suggerita dalla maggior parte di questi prodotti non apporta molte più proteine rispetto alla sua versione classica. Cosa farne quindi di tutti questi prodotti? È giusto o meno consumarli? Come sempre, non bisogna mai demonizzare un prodotto preso singolarmente. L’utilizzo occasionale di un budino proteico o di una crema spalmabile proteica per variare la nostra alimentazione è più che concesso, ricordiamo però di preferire sempre prodotti più semplici possibili.

12/10/2024 17:00
La dieta chetogenica fa male? Che cos'è, come funziona e quando seguirla

La dieta chetogenica fa male? Che cos'è, come funziona e quando seguirla

Tra le diete più chiacchierate in circolazione c’è sicuramente la dieta chetogenica. Esaltata da alcuni come mezzo efficacissimo per il dimagrimento, demonizzata da altri per i rischi che le si attribuiscono, è in realtà uno strumento importante in una vasta gamma di situazioni; un regime alimentare particolare, sicuramente, che va utilizzato con le dovute precauzioni, ma che può garantire risultati rilevanti dove altri metodi spesso falliscono. Partiamo dal definire la dieta chetogenica: è importante premettere che non si tratta di una dieta iperproteica, ma di un regime alimentare che riduce in modo drastico i carboidrati (pochi grammi al giorno), aumenta di contro i grassi e mantiene l’apporto proteico in linea con le principali linee guida nutrizionali. Lo scopo principale di questo sbilanciamento delle proporzioni dei macronutrienti è costringere l’organismo a utilizzare i grassi come fonte di energia. I meccanismi fisiologici attivati in questa situazione riducono l’eventuale uso di proteine a scopo energetico, proteggendo la massa magra e riducendo in maniera notevole la sensazione di fame, rendendo quindi la dieta più facile da seguire. Il suo primo utilizzo risale agli anni '20, dove venne impiegata per controllare l’epilessia non trattabile con i farmaci. Negli ultimi anni si è visto un crescente interesse nei confronti di questo regime alimentare, non solo per il trattamento dell’epilessia, ma anche di altre patologie come obesità, alcune forme tumorali, diabete di tipo 2, sindrome metabolica e sindrome dell’ovaio policistico. Il termine “chetogenica” deriva dal fatto che l’assenza di carboidrati induce la produzione di corpi chetonici (che verranno utilizzati come energia) e l’insorgenza dello stato di chetosi. Questa chetosi indotta si rivela un processo fisiologico e non patologico, come succede nel diabete di tipo 1. Proprio per la capacità indurre uno stato di chetosi, la dieta chetogenica offre sicuramente dei vantaggi rilevanti nel campo del dimagrimento: per la rapidità dei risultati che accresce notevolmente la compliance, per la riduzione della sensazione di fame, per l’effetto di risparmio sul tessuto muscolare e per la maggior aderenza al piano alimentare che risulta in genere molto facile da seguire.  Di contro, presenta sicuramente degli svantaggi, ovvero la sensazione di affaticamento che si avverte soprattutto nei primi giorni, la mancanza di un “pasto libero” e, se protratta nel tempo, il rischio che diventi monotona. Inoltre, si rivela controindicata in una serie di condizioni come gravidanza e allattamento, insufficienza renale, diabete di tipo 1 e disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. In conclusione, la dieta chetogenica non è pericolosa, purché si eviti il “fai da te” e ci si faccia seguire da un professionista della nutrizione. Lo stesso professionista dovrà accompagnare il paziente anche in una seconda fase di percorso, caratterizzata da una reintroduzione graduale (sì, perché la chetogenica non è una dieta a vita!) delle principali fonti di carboidrati in un organismo non più abituato, evitando così la possibilità di riacquisire il peso perso.

28/09/2024 16:50
Dalla zucca allo yogurt, i cibi che rafforzano il nostro sistema immunitario: ecco quali sono

Dalla zucca allo yogurt, i cibi che rafforzano il nostro sistema immunitario: ecco quali sono

I ripetuti sbalzi di temperatura e le continue alternanze meteorologiche, tipici di questo periodo, mettono a dura prova il nostro organismo, a partire dal sistema immunitario. Non a caso, raffreddore, mal di gola e stati febbrili sono all'ordine del giorno. Cosa si può fare, quindi, per alzare le nostre difese? Quali sono i cibi “amici” che possono rafforzare il sistema immunitario? La prima indicazione è quella di seguire una dieta varia ed equilibrata, rispettosa della stagionalità, arricchita da frutta e verdura che apportano naturalmente vitamine e sali minerali. Quando si scelgono prodotti di stagione, infatti, la concentrazione di questi micronutrienti è maggiore. Molte delle vitamine e dei minerali presenti negli alimenti si comportano come antiossidanti, ovvero ci proteggono dallo stress ossidativo, neutralizzando i radicali liberi che danneggiano le cellule. Tra questi, la più celebre è sicuramente la vitamina C, presente principalmente negli agrumi, e nei kiwi, nei peperoni, pomodori, spinaci e cavoli. Non è un caso, infatti, che troviamo la maggior parte di questi alimenti proprio nel periodo invernale. Un altro potentissimo antiossidante è la vitamina A, che deriva dal beta-carotene, contenuto nella frutta e nella verdura di colore giallo/arancio e nelle verdure a foglia verde. Come non pensare subito alla zucca, tipica della stagione autunnale? Per completare la triade, non può mancare la vitamina E. Ne sono ricchi gli oli vegetali (tra cui l'olio extravergine di oliva), avocado e frutta secca. Accanto alle vitamine ci sono altri alleati utili a mantenere il sistema immunitario efficiente e pronto a reagire alle “aggressioni” esterne, come il glutatione (prodotto dal nostro organismo, ma presente anche in alcuni vegetali, tra cui l'asparago, l'avocado e gli spinaci), lo zinco e il selenio (metalli importanti per la loro attività antiossidante, presenti nel pesce, nel pollame, nei cereali e nei legumi). Delle difese immunitarie forti, però, passano anche da un intestino sano: è nota da tempo, infatti, la relazione tra l'efficacia della risposta immunitaria e lo stato di salute del microbiota intestinale. Per mantenere in equilibrio l'intestino è importante assumere regolarmente alimenti ricchi di probiotici (microorganismi, soprattutto batteri, viventi e attivi), come yogurt, kefir, tempeh e crauti. Questi probiotici, per vivere e proliferare, hanno bisogno di un corretto nutrimento: le fibre non digeribili presenti nei cereali integrali, nei legumi e nei vegetali sono le loro favorite. Non dimentichiamo l’acqua! Fa bene nelle giornate fredde o quando si è particolarmente stanchi anche il tè verde, ricco di antiossidanti. A tavola, invece, è di tutto rispetto il vecchio rimedio della nonna: un buon brodo. Se è sufficientemente caldo, crea vasodilatazione ed è quindi benefico per le vie aeree superiori irritate, creando un effetto fluidificante.

21/09/2024 17:22
Dal peperoncino allo zafferano: le spezie non aumentano solo il gusto, ma anche la salute

Dal peperoncino allo zafferano: le spezie non aumentano solo il gusto, ma anche la salute

Le spezie possono essere un grande alleato della nostra alimentazione. Oltre ad aiutare a dare quel tocco in più in cucina, molte contengono anche nutrienti dalle grandi proprietà benefiche, in grado di rafforzare il nostro sistema immunitario e migliorare i livelli di colesterolo e zuccheri. Ma facciamo un passo indietro. Sini dall’antichità, le spezie erano considerate sostanze preziose per le proprietà curative, per la capacità di prolungare la conservazione dei cibi e hanno trovato impiego in cucina, in medicina e nella cosmesi. Le loro proprietà aromatiche e terapeutiche si devono a particolari composti chimici presenti. Ad esempio, le proprietà anticancerogene, antiinfiammatorie e antiossidanti della curcuma sono da attribuire alla curcumina. Questa però risulta poco assorbibile dal nostro organismo, ma la sua disponibilità aumenta in presenza di piperina, contenuta nel pepe. Ci avevano visto lungo i popoli indiani che decisero di unirle nel curry! Un’altra spezia che arriva da lontano ma viene ampiamente utilizzata nelle cucine di tutto il mondo è la cannella. Se da una parte estimatori e pasticceri vogliono apprezzarne le qualità organolettiche, dall’altra gli scienziati sono interessati a scoprire le proprietà benefiche della spezia che non sembrano mancare. Numerosi studi, infatti, hanno evidenziato effetti antimicrobici, antinfiammatori, antiossidanti e capacità nel controllare i livelli di glicemia, rivelandosi un piacevole alleato nel trattamento del diabete di tipo 2. Dal Messico alla Calabria, ormai ci sembra incredibile immaginare il nostro mondo senza peperoncino piccante. In questa pianta troviamo la capsaicina: molecola responsabile della sensazione di fiamme all’interno della bocca. Oltre a determinare il piccante del peperoncino, però, la capsaicina svolge importanti funzioni sulla nostra salute. Il piccante, secondo alcune evidenze, può giocare un ruolo nella prevenzione cardiovascolare, limitando l’azione degli enzimi coinvolti nella digestione dei grassi. Un ulteriore alleato nella prevenzione cardiovascolare è lo zafferano, dove i carotenoidi presenti, che hanno attività antiossidante, migliorano il rapporto tra LDL (il cosiddetto colesterolo “cattivo”) e HDL, ovvero la frazione “buona”. Utilizzare le spezie in cucina, quindi, non solo dona colore e sapidità ai piatti (riducendo così il consumo di sale a tavola), ma arricchisce la nostra alimentazione di innumerevoli benefici.

14/09/2024 16:15
Nutri-menti: come nutrirsi per studiare al meglio

Nutri-menti: come nutrirsi per studiare al meglio

Settembre è il momento in cui tutto riparte: il lavoro, lo sport, ma soprattutto la scuola! Riprendere lo studio dopo i mesi di vacanza può essere complicato; quindi, come rendere di più e essere maggiormente concentrati sui banchi di scuola grazie a ciò che si mangia? L’obiettivo di ogni studente, a prescindere dal grado di istruzione in cui si trova, è ottenere buoni risultati nello studio. Mangiare sano, seguendo una dieta equilibrata, è il presupposto fondamentale per stare bene fisicamente, ma anche per le funzioni e le prestazioni mentali. Partiamo sfatando un mito: studiando non consumiamo più energie di quante ne consumiamo leggendo un libro o guardando un film. Ciò significa che non dobbiamo mangiare più del nostro fabbisogno per garantire un corretto apprendimento, ma offrire il giusto apporto di energia e nutrienti è la base per poter affrontare sessioni di studio lunghe e intense. Per fornire energia costante, è bene scegliere fonti di carboidrati ricchi di fibra, minerali e vitamine, a partire dalla colazione. Aggiungere cereali o pane integrale e frutta, riducendo il consumo di merendine e biscotti, è il primo passo per costruire un pasto più bilanciato. A questi, per completare il piatto, si possono aggiungere yogurt, latte, frutta secca o uova, ricche di colina, che può svolgere un ruolo di rafforzamento della mente. Non solo la colazione ha un ruolo fondamentale, ma anche lo spuntino di metà mattina. Ricordiamo che lo spuntino dovrebbe fornire solo una piccola parte del fabbisogno giornaliero, il giusto per mantenere l’attenzione e le energie. Uno spuntino troppo abbondante, come un panino o una pizza, può portare sonnolenza! Anche in questo caso, con la frutta non si sbaglia mai, meglio ancora se accompagnata da frutta secca oleosa come le noci, ricche di grassi omega-3 per la salute cognitiva. Nel pomeriggio, invece, quando la sessione di studio si sposta a casa, evitiamo di tenere accanto buste o intere confezioni di biscotti o patatine da spizzicare in continuazione. Prendiamoci invece il tempo per una pausa e una merenda equilibrata: del pane tostato con olio o un quadratino di cioccolato fondente, dove i flavonoli presenti sembrerebbero migliorare la memoria. Ultimo, ma non per importanza, l’ingrediente fondamentale per un buono studio: il riposo. Il sonno, infatti, ha un ruolo essenziale per l’apprendimento, non solo per la memoria in generale. Dormire, dunque, è importante, e farlo bene lo è ancora di più.

07/09/2024 18:47
Come conservare il cibo in frigo: la sicurezza alimentare dipende da noi

Come conservare il cibo in frigo: la sicurezza alimentare dipende da noi

La giusta conservazione degli alimenti non va sottovalutata perché, dal momento dell’acquisto, la sicurezza alimentare dipende da noi.  Ma perché la corretta gestione degli alimenti è così decisiva? Prima di tutto per la nostra salute: un alimento acquistato e trasportato fino a casa come si deve e poi ben manipolato e conservato ci mette al riparo da possibili malattie trasmesse dagli alimenti; inoltre, permette di mantenere le proprietà organolettiche dei cibi (sapore, odore, aspetto, consistenza) e di preservarne le caratteristiche nutrizionali. Per aumentare la sicurezza alimentare è indispensabile innanzitutto partire da una buona scelta delle materie prime durante l’acquisto e assicurare la giusta temperatura di conservazione fino a casa, garantendo il mantenimento della "catena del freddo" se il prodotto è refrigerato o surgelato (soprattutto in estate!). Ricordiamo che le temperature fredde non uccidono i microrganismi, ma ne bloccano la crescita; pertanto, è necessario portare a casa al più presto gli alimenti acquistati e metterli subito in frigorifero o eventualmente nel congelatore. Nel frigorifero la temperatura non è mai costante su tutti i ripiani, è importante quindi conoscere la giusta modalità di disposizione degli alimenti. In alto, dove la temperatura è leggermente più alta, andranno riposti uova, dolci, formaggi e latticini. In basso, sopra i cassetti della frutta e della verdura, è il punto più freddo. Qui andranno conservati gli alimenti più facilmente deperibili: carne, pesce e tutti i cibi crudi, evitando il contatto diretto tra questi per eventuali contaminazioni. Come comportarsi invece con prodotti surgelati? È fondamentale non scongelare gli alimenti a temperatura ambiente (per non favorire la crescita batterica), ma riporli in frigorifero fino a quando non saranno scongelati. Una volta decongelati, gli alimenti non possono essere ricongelati, ma devono essere consumati al più presto (sia per il rischio di deterioramento microbico, sia per l'impoverimento nutrizionale). Gestire al meglio gli alimenti non protegge solo la nostra salute ma anche il nostro portafoglio! Infatti, la corretta conservazione dei cibi ci permetterà di ridurre notevolmente gli sprechi. È consigliabile, perciò, leggere sempre la data di scadenza o il termine minimo di conservazione in etichetta, controllare il frigo e la dispensa prima fare la lista di cosa comprare e poi riporre gli alimenti acquistati più di recente dietro quelli già presenti nel frigorifero e consumare per primi questi (First-In-First-Out, cioè “primo dentro primo fuori”).   

01/09/2024 14:22
Guardare lo smartphone mentre si mangia: che effetti ha sul peso la distrazione a tavola?

Guardare lo smartphone mentre si mangia: che effetti ha sul peso la distrazione a tavola?

Grazie a smartphone, computer e televisore, siamo costantemente connessi con il mondo esterno e molto spesso questo comportamento accompagna anche il momento dei pasti. Non è un caso, infatti, che negli ultimi 50 anni il tasso di sovrappeso e obesità sia quasi triplicato. Questo problema è stato in parte attribuito all’ambiente alimentare "obesogeno", che offre un’enorme varietà di cibi appetibili, densi di energia e facilmente fruibili, ma anche agli stili di vita delle persone che sono cambiati notevolmente negli ultimi decenni, portandoci sempre di più a diventare multitasking, soprattutto con i dispositivi elettronici. Ecco quindi che, mentre consumiamo un pasto, ascoltiamo il notiziario alla televisione, concludiamo un lavoro al PC o scrolliamo le pagine social dallo smartphone. Ma che effetto hanno questi atteggiamenti sul nostro modo di mangiare e sulla nostra salute? Il fatto di non essere concentrati sul pasto fa sì che i meccanismi di regolazione dell’appetito siano meno precisi: se impegniamo il cervello in altre cose, inevitabilmente non potrà concentrarsi correttamente su ciò che stiamo consumando, dandoci così l’impressione di non aver fatto un pasto adeguato e soddisfacente. Questo succede alle persone di ogni fascia di età: grandi e bambini, soprattutto quando distratte da tv, videogiochi, computer, smartphone o tablet. Questo modo di mangiare, che potremmo definire "mindless eating", porta a un’attenuazione della percezione del gusto e a consumare più cibo rispetto alle nostre reali necessità. Sugli stessi presupposti, però, si basa anche una soluzione: la "mindful eating". Questa pratica è incentrata sull’aumento della consapevolezza durante l’alimentazione e consiste nel prestare attenzione, con intenzione e in modo non giudicante, al momento presente. Inoltre, ci aiuta a diventare consapevoli dei nostri pensieri e delle sensazioni fisiche legate al nutrirsi, riconnettendoci alla nostra innata saggezza riguardo alla percezione di fame e di sazietà. Consumare i pasti prestando attenzione all’atto del mangiare e ai bisogni del proprio corpo, quindi, potrebbe essere una valida strategia per la prevenzione e il trattamento del sovrappeso.

24/08/2024 16:20
Esiste davvero un’alimentazione specifica per il benessere della tiroide?

Esiste davvero un’alimentazione specifica per il benessere della tiroide?

In Italia sono circa 6 milioni le persone affette da problemi alla tiroide, ghiandola dalla particolare forma a farfalla situata alla base del collo. Gli ormoni prodotti dalla tiroide (tiroxina e triiodotironina), sono coinvolti in numerose dinamiche essenziali, regolando i processi fisiologici per il mantenimento della salute e del benessere. Tra questi, spiccano le funzioni metaboliche, necessarie a adeguare il nostro corpo alle necessità energetiche. Negli ultimi anni, l’attenzione per questa importante ghiandola si è ampliata e con lei le notizie che circolano, e il rischio di incappare in informazioni scorrette, o vere e proprie fake news, è alto. Si parla infatti di “dieta della tiroide”, benefici dall’esclusione di particolari alimenti… Ma c’è davvero un fondamento scientifico? Iniziamo a precisare che non esiste una dieta specifica per la tiroide, ma ci sono nutrienti (quali iodio, selenio, ferro, zinco, rame, magnesio, vitamina A e vitamina B12) che influenzano la sintesi e la regolazione degli ormoni tiroidei durante tutta la vita. Lo iodio è sicuramente il primo elemento a cui pensiamo quando si parla di tiroide. Questo micronutriente è essenziale per il corretto funzionamento della ghiandola, lo possiamo assumere in quantità adeguate consumando (moderatamente!) sale iodato, pesce e frutti di mare. Per i soggetti affetti da ipertiroidismo invece il suo consumo dovrebbe essere controllato: sarebbe meglio utilizzare sale marino non iodato, mentre tutti gli altri alimenti, compresi pesci e frutti di mare, possono far parte della dieta. D’altra parte, invece, vengono spesso demonizzati soia, glutine e l’intera famiglia delle crucifere (composta da cavoli, broccoli, cavolfiori, cavolini di Bruxelles e compagnia), soprattutto in chi soffre di ipotiroidismo o tiroidite autoimmune. Perché questo accanimento? Soia e crucifere vengono accusate di interferire con l’assorbimento dello iodio, mentre il glutine viene erroneamente associato a un aumento dei livelli di infiammazione nel corpo. In realtà, si tratta di informazioni prive di fondamento scientifico, che finiscono per tradursi in vane restrizioni a tavola. Le uniche informazioni disponibili riguardano i cavoli, anche se le quantità che hanno dimostrato di rallentare la funzione tiroidea sono di circa un chilo e mezzo al giorno, mangiato crudo ogni giorno per parecchi mesi! Si tratta ovviamente di casi limite, evitabili seguendo una dieta varia, mai monotona. E se proprio vogliamo stare tranquilli, possiamo cuocere questi ortaggi per inattivare i glucosinolati, riducendo così la capacità di interferire con la sintesi di ormoni tiroidei. Al massimo, in caso di specifiche disfunzioni tiroidee, occorre seguire scrupolosamente la terapia indicata dall’endocrinologo, mai fare di testa propria e ricordare che si può mangiare di tutto. In linea generale vale sempre la regola del buon senso: una dieta varia, sana e bilanciata fa bene alla nostra salute, tiroide inclusa.

03/08/2024 10:39
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