Una foto che racconta un'amicizia oltre il tempo. Alessandro Pica, dirigente maceratese Coni ed ex team manager della nazionale azzurra, ricorda il primo incontro con Pelè e il viaggio "al centro del mondo", compiuto con Ancelotti e Sacchi in Ecuador per visitare l'equatore: l'ultimo saluto a ‘O Rei’, spentosi ieri all’età di 82 anni.
“Nel 1992 ero team manager della nazionale italiana allenata da Arrigo Sacchi e, insieme a Carlo Ancelotti, ci eravamo recati in Sud America per assistere alla Copa América – racconta Pica -. Alloggiavamo nello stesso albergo di Pelé ed è lì che ci siamo incontrati. Siamo stati insieme per circa 15 giorni e, durante uno dei pochi momenti liberi, abbiamo visitato l’Ecuador per raggiungere l’equatore, dove ci siamo scattati quella foto”.
“Carletto – come Alessandro chiama affettuosamente mister Ancelotti - non aveva ancora il patentino ufficiale per poter stare in panchina ed era lì con noi per fare esperienza a livello internazionale. Era con noi anche quattro anni dopo, quando nel 1994 si tennero i mondiali negli Stati Uniti. Con Ancelotti c’è ancora oggi un rapporto di sincera amicizia. Gli ho promesso che in primavera sarei andato a trovarlo a Madrid e non vedo l’ora di rivederlo.”
“Non era la prima volta che incontravamo Pelé: due anni prima, in occasione dei mondiali del 1990 in Italia, ricoprivo la carica di segretario del settore giovanile scolastico e lui era testimonial della Fifa - continua -. Fu in quell’occasione che lo conobbi nonostante passavamo il grosso del nostro tempo immersi nel fitto calendario dell’evento”.
Che persona era Pelé fuori dal campo? "Pelé era una persona straordinaria, era un campione dentro e fuori dal campo. Non è mai stato un pallone gonfiato, tutto il contrario: negli anni successivi è anche diventato testimonial dell’Unicef e si è sempre impegnato moltissimo per la solidarietà e la beneficienza. Personalmente trovo irrispettosi i tanti paragoni che in questi giorni invadono i telegiornali: non ha senso tirare in ballo Maradona, ci sono centomila differenze fra i due e non solo sul piano tecnico”.
"Spesso mi capita di veder passare vecchi amici nei programmi televisivi – conclude Pica -. Mi ritengo fortunato per la vita che mi è capitata: ho avuto l’occasione di lavorare nello sport ad altissimo livello e di incontrare persone eccezionali, molto spesso più da un vista umano che meramente tecnico. Mi vengono in mente talmente tanti episodi incredibili da poter riempire un libro".
“Non siamo più disposti a concedere nulla”. Questo l’ultimatum delle maestranze che ogni anno lavorano dietro le quinte dello Sferisterio rendendo possibile il successo della stagione. Alle 12 di oggi, mercoledì 28 dicembre, un gruppo di portavoce dell’arena maceratese ha incontrato la stampa per rendere pubbliche le preoccupazioni e le criticità che minacciano la buona riuscita del cartellone dell’anno a venire.
I locali del bar Samo, in piazza Vittorio Veneto a Macerata, hanno accolto il caposquadra Mauricio Pasquali, il rappresentante sindacale della CGIL Sauro Tartari, l’aiuto tecnico Andrea Gentilini, la sarta Daniela Batacchini e i fratelli Mauro e Pietro Pettinari, rispettivamente aiuto-tecnico e gruista, oltre che responsabile dei lavoratori.
Tante le questioni che turbano le maestranze: dagli ingenti problemi tecnici che affliggono tanto lo Sferisterio quanto il Teatro Lauro Rossi ai ritardi nella programmazione del calendario della stagione, passando per il mancato adeguamento degli stipendi, alcuni dei quali rimasti invariati negli ultimi 13 anni.
Per quanto riguarda le questioni tecniche, da risolvere in tempi brevi, è stato già presentato un documento (riportato in calce) al neo-eletto sovrintendente Flavio Cavalli e agli assessori Katiuscia Cassetta (delega alla cultura) e Silvano Iommi (delega all’urbanistica), il solo al momento ad aver risposto dicendo di aver contattato direttamente l’ufficio tecnico del Comune.
“Siamo innamorati dello Sferisterio e vogliamo il meglio per questa struttura – afferma Pasquali -. Lo stesso vale per il Lauro Rossi, dentro il quale recentemente si sono verificati episodi inammissibili come la pioggia che filtra dal tetto o i calcinacci caduti in platea. Ne va della sicurezza stessa degli spettatori, prima che della qualità degli spettacoli”.
Intanto continua a accumularsi il ritardo per la stesura della programmazione finale, paventando il ripetersi delle difficoltà emerse già l’anno scorso quando tutti i reparti, a causa della carenza di organico, sono stati costretti a prestare servizio oltre gli orari contrattuali. Pare pleonastico sottolineare il mancato pagamento dei suddetti straordinari.
A trattare le questioni contrattuali è l’RSA Sauro Tartari: “Speriamo di poter instaurare un rapporto proficuo e continuativo con il sovrintendente Cavalli, come quello che c’era con Messi. Per ora rimaniamo in attesa del primo incontro ufficiale (richiesto lo scorso 20 dicembre ndr). Sono anni ormai che, arrivati a fine stagione, siamo costretti a gettare il cuore oltre l’ostacolo per portare degnamente a termine i lavori: è necessario riadeguare i contratti, alcuni dei quali sono rimasti invariati negli ultimi 12/13 anni. Sarebbe opportuno anche inserire un criterio di anzianità per tutelare ulteriormente i lavoratori, tanto in termini salariali quanto contributari.
“È innegabile che lo Sferisterio rappresenti un baluardo di legalità, nel mondo dello spettacolo che troppo spesso poggia su cooperative e lavoro a nero – continua Tartari -. Eppure, se siamo riusciti a portare a termine con successo nelle passate stagioni, è solo merito della compattezza dei vari reparti, che si sono sempre fatti carico della buona riuscita degli spettacoli nonostante le condizioni quantomeno sfavorevoli”.
Si pensi solo che lo scorso anno era possibile richiedere la cassa integrazione se il luogo di lavoro avesse superato la temperatura di 36 gradi. Il palco dello Sferisterio raggiungeva anche i 48 gradi durante l’estate, eppure i lavoratori hanno perseverato per adempiere ai lavori.
“Non è una questione politica – sottolinea Pasquali -. Non ci interessa il colore dell’amministrazione in carica quanto la costruzione di un dialogo proficuo e onesto. Ora come ora sentiamo il bisogno di una struttura dirigenziale a cui fare riferimento. Capiamo la difficoltà del momento, con Cavalli non ancora insediato e l’amministrazione in affanno, ma non può essere lo Sferisterio a pagarne lo scotto”.
“Sono rimasto l’unico gruista dell’Associazione Arena Sferisterio – racconta Pietro Pettinari -. Fino allo scorso anno eravamo in due, ma il collega se n’è andato quando ha visto negata la sua richiesta di aumento. Una mancanza grave che già l’ultimo anno ha generato non pochi disagi quando sono rimasto a casa per il Covid e nessuno poteva sostituirmi”.
In piena stagione l’organico consta circa di 80 tecnici, per un totale di 150 impiegati fra figuranti, mascherine e biglietteria (500 in totale, compresi gli artisti). Un numero ben inferiore a quello necessario per uno svolgimento agevole e senza intoppi dei lavori.
"La formula dello scorso anno ci ha messo in seria difficoltà - continua Tartari - e temiamo che possa ripetersi anche per il prossimo nonostante le tante critiche: ad esempio, anziché lanciare le prime ravvicinate fra loro era stato deciso di diluirle in settimane diverse, estendendo la ‘tensione della prima’ e richiedendo uno sforzo ulteriore ai dipendenti".
A dare la propria testimonianza sono poi Andrea Gentilini e Daniela Batacchini, i quali riportano esperienze simili nei rispettivi reparti: straordinari che sforano di gran lunga le 7 ore contrattuali previste senza adeguato pagamento, carenza di personale deleteria che costringe i lavoratori a rimanere in servizio ben oltre le turnazioni previste.
Questi, nello specifico, i lavori richiesti all’amministrazione comunale e al sovrintendente Cavalli: il completamento della pavimentazione del sottopalco e la copertura sotto le grate del palcoscenico; un miglioramento in termini di funzionalità del retropalco con quinte di fondo intercambiabili e leggere per permettere una maggiore e molteplice agibilità; il rifacimento di alcune parti del tavolato sia del palcoscenico che del soppalco a causa dell’usura; il prioritario riordino generale dei magazzini dove si trovano collocate scenografie e costumi, con il necessario recupero di spazi ormai colmi, individuando materiale obsoleto da eliminare e riciclando parti che potrebbero avere un nuovo utilizzo; la sistemazione adeguata e il necessario restauro di realizzazioni di punta del Mof come la Traviata di Svoboda, dotarsi di mezzi di trasporto di medie dimensioni per effettuare rapide movimentazioni di materiale da e verso i magazzini e Sferisterio o Teatro Lauro Rossi.
Per quanto riguarda il Teatro Lauro Rossi, con riferimento al luogo di lavoro, occorre mettere mano su una struttura a lungo trascurata nel settore palcoscenico e graticcia, includendo la pulizia e un riordino ormai indispensabili. Inoltre, il materiale di base per gli allestimenti scenografici tipo quinte e pedane praticabili ha bisogno di un radicale rinnovo, ne va della qualità degli spettacoli così come della sicurezza di chi sta sul palco, artisti e tecnici.
Passeggiando per il centro storico di Macerata è impossibile non notare il vistoso e caloroso venditore ambulante che da anni anima la città con canzoni e balli "rivisitati". Durante le feste comandate, poi, la presenza di Olumide Akinmoluwa si fa ancora più vivace e colorata: vestito da Babbo Natale, con tanto di pancia e barba finte, intona canti 'addobbati' dal suo tocco personale.
Olumide, nigeriano classe 1973, ha conquistato nel tempo le simpatie dei cittadini, nonostante i casi in cui veniva preso di mira con insulti razzisti. Ma chi è l'uomo dietro il personaggio? Qual è la storia del "Babbo Natale sui generis" di Macerata? A raccontarsi è lo stesso Akinmoluwa, nell'intervista che segue.
Da quanti anni sei in Italia? "Da quasi quindici anni ormai: nel 2008 sono partito dalla Nigeria e sono arrivato nelle Marche il 28 febbraio. Vivo a Fabriano e vengo ogni giorno a Macerata per lavorare. Ho deciso di emigrare in Italia perché le aspettative di vita sono nettamente più alte e desideravo un futuro migliore per la mia famiglia".
La tua famiglia vive insieme a te? "Per i primi nove anni sono stato qui da solo: mia moglie è rimasta in Nigeria, in attesa che i bambini crescessero e che io trovassi le condizioni migliori per accoglierli. Da cinque anni si sono trasferiti con me a Fabriano e siamo tornati a vivere insieme".
Hai sempre fatto il venditore ambulante da quando sei emigrato? "No, per i primi tre anni ho lavorato come operaio in fabbrica, poi l’azienda ha fallito e ho deciso di prendere la licenza da ambulante. Pago regolarmente le tasse e ho anche avviato il processo per ottenere la cittadinanza italiana, voglio fare le cose come si deve".
Come ti senti a indossare i panni di Babbo Natale? "Mi piace molto vestirmi in questo modo: ho la possibilità di portare gioia alle persone e questo mi rende felice. Anche polizia e carabinieri si avvicinano spesso col sorriso, credo siano contenti anche loro".
Stai pensando di tornare in Africa? "Sì, partirò la prossima settimana e starò via quattro mesi. Prima tornerò in Nigeria per riabbracciare la mia famiglia di origine, che non vedo da troppo tempo. Poi farò tappa a Londra, dove vive mio fratello".
Come ti sei trovato finora in Italia? "É un paese stupendo e amo vivere qui: i miei figli frequentano scuole italiane, parlano italiano e hanno amici italiani: non vorrebbero vivere altrove. Le persone sono gentili, specialmente se con loro ti comporti bene. Penso che gli italiani siano bravissime persone, anche se qualche volta sono capitati episodi spiacevoli".
Sei rimasto vittima di razzismo? "L’ho sperimentato sulla mia pelle: è successo fin troppo spesso che qualcuno mi insultasse, prendendomi in giro o dicendomi dietro delle parolacce. Io non ho mai risposto male a nessuno per evitare problemi, ma fa sempre male venire trattati in questo modo. Vedo le persone che si comportano così e hanno il volto sempre triste”.
Indica una coppia di passanti che conosce e dice: "Vedi, lui è cattivo e malizioso. Lei invece è gentile e saluta sempre". Anche mentre ci congediamo, un uomo ci passa accanto con il suo cane che annusa i pantaloni Olumide: "Vedi, cerca i suoi simili", dice lui. Un insulto detto quasi bonariamente, come se, tutto sommato, non fosse niente di grave.
Alaksandar Nikolov, giovane opposto bulgaro in forze alla Cucine Lube Civitanova e astro nascente del panorama pallavolistico internazionale, ha deciso di intraprendere il corso di laurea in "International, European and Comparative Legal Studies” presso l’Università di Macerata. Una scelta lungimirante da parte del giovanissimo schiacciatore biancorosso che, all’età di 19 anni e con un futuro radioso nel volley, decide di investire nella sua formazione, seguendo le orme di ex-biancorossi come Marchisio e Corvetta.
Presenti alla conferenza stampa il rettore John McCourt, la delegata ai rapporti internazionali Benedetta Barbisan, il direttore generale Unimc Mauro Giustozzi e il direttore sportivo della Lube Giuseppe Cormio che hanno accolto lo schiacciatore classe 2003 con tutti gli onori presso la piccola sala del rettorato in via Crescimbeni.
"Sono felice di poter accogliere nel nostro Ateneo Aleksandar, uno studente che finalmente riesce a farmi sentire piccolo - esordisce scherzosamente McCourt -. Nikolov ha deciso di costruire il suo futuro oltre lo sport: un sacrificio e un impegno, ma anche un investimento concreto e un arricchimento. Abbiamo individuato insieme ad Alex uil percorso che potesse essere vincente per lui, dedicandogli la stessa attenzione riservata a tutti gli studenti internazionali".
In un italiano sorprendentemente buono data la breve permanenza nel Belpaese, Alex si è detto felicissimo di questa opportunità: "Non sarà facile conciliare lo studio e l’attività sportiva serratissima che la Lube richiede. Per questo primo anno seguirò un corso propedeutico di diritto in lingua inglese, mentre dal prossimo, presa maggiore confidenza con la lingua, mi sposterò al corso di business in italiano".
"È stata principalmente mia madre ad aiutarmi in questa scelta e sono felice di averle dato ascolto: per ora sono sicuro di voler proseguire la mia carriera nella pallavolo ma quando questa sarà finita non credo di voler seguire le orme di mio padre (Vladimir Nikolov, portato in Italia dallo stesso Beppe Cormio nel 2007 e oggi allenatore del Levski Sofia in Bulgaria ndr)" conclude Alaksandar.
“Sono convinto che il primo obiettivo per ogni ragazzo giovane sia lo studio – ha detto il direttore generale della Lube Volley Giuseppe Cormio -. Alex sarà d’esempio per tutti quei ragazzi che decidono di abbandonare gli studi per proseguire un’attività sportiva agonistica o viceversa, dimostrando che è possibile portare avanti due attività di altissimo livello in contemporanea. La sua vita è sicuramente condizionata da trasferte e impegni da calendario serratissimi, ma sono certo che con l’aiuto della didattica a distanza e la giusta determinazione arriverà al suo obiettivo. Grazie quindi all’Unimc e in bocca al lupo ad Alex".
La conferenza stampa tenutasi questa mattina presso l'Ospedale di Civitanova (leggi qui) si è trasformata rapidamente in un dibattito politico e sociale che poco aveva a che fare con il tema dell’incontro, coinvolgendo principalmente il patron dell'Eurosuole Germano Ercoli e il vicepresidente della Regione Marche Filippo Saltamartini.
Dopo i convenevoli di rito della subcommissaria di Area Vasta 3 Daniela Corsi e del primario del reparto di Ostetricia Di Prospero, la discussione è virata su argomenti quali la guerra in Ucraina, la crisi energetica, la nuova legge di bilancio e le numerose, annose, questioni che da oltre due anni minano la stabilità dell'Italia e gettano un’ombra preoccupante sul futuro.
Ercoli, visibilmente coinvolto e preoccupato per le questioni di cui sopra, ha colto l’occasione per rivolgere direttamente le proprie impressioni all'assessore Saltamartini e all'onorevole Leonardi. In prima battuta, auspicando una risoluzione pacifica dell’aggressione russa (definendo Zelensky “un eroe a tutti i costi”); successivamente, esponendo tutti quei fattori che secondo lui segneranno la prossima recessione nel 2023 (caro bollette, crisi sanitaria, stipendi bassi, crisi dei consumi e delle aziende).
“La questione più urgente che questo governo avrebbe dovuto affrontare subito era quella del costo dell’energia - ha sottolineato Ercoli -. Non si può continuare a rimanere proni all’Europa, accettando un tetto al prezzo del gas appena inferiore alla già altissima soglia raggiunta a causa delle speculazioni. Sono entrato in contatto con i vertici dell’Enel grazie al ministro dell’Interno Crosetto e posso dire per esperienza diretta che se lo scorso anno eravamo arrivati a pagare 1,3 milioni di euro per le bollette, a partire dal gennaio 2023 i costi schizzeranno fino a 5 milioni”.
“Dopo 46 anni di attività onesta, oggi rischio come tanti altri di dover chiudere. Per quanto riguarda l’ultima finanziaria, trovo un presa in giro gli 11 euro in più al mese garantiti in busta paga dal governo Meloni. È dal 2007 che lotto per un aumento concreto negli stipendi dei dipendenti: dovrebbe essere di almeno 500/600 euro perché i consumi ritornino a crescere. Il reddito di cittadinanza, nonostante le palesi mancanze dimostrate, ha aiutato i quasi 12 milioni di Italiani sotto o immediatamente prossimi alla soglia di povertà”.
Breve riepilogo: il governo Meloni con la finanziaria ha scelto di tagliare il cuneo contributivo (quindi il costo del lavoro) a favore dei lavoratori dipendenti. La manovra è la stessa già prevista dal governo presieduto da Mario Draghi, con garanzia agli 8 milioni di lavoratori fino a 200 euro lordi in più nel 2023, 144 euro netti: 11 euro puliti al mese extra, tredicesima compresa. Nel frattempo, il Reddito di Cittadinanza veniva depotenziato e condannato a sparire entro il 2024.
Poche le risposte da parte dell’onorevole Elena Leonardi, che ha scelto di declinare ogni responsabilità dando la colpa ai governi precedenti e al poco tempo a disposizione per il neonato esecutivo: “La tutela delle imprese è una priorità assoluta del governo Meloni. Ma in soli 35 giorni questo è quello che siamo riusciti finora a fare”.
A rispondere più profusamente è stato il vicepresidente della Regione Marche Filippo Saltamartini fra una citazione di Tocqueville, una considerazione sulle donne in quanto “le macchine più complesse e indispensabili per la specie umana”, e un aneddoto sulla proprietà privata. "Stamattina al bar ho incontrato una dottoressa dichiaratamente di sinistra col suo bambino, il quale stava giocando con tre macchinine. Quando gli ho chiesto di darmene una mi ha risposto «No, è mia». Allora mi sono girato verso la dottoressa e le ho detto «Vede che la proprietà privata è un diritto naturale?». Una presa di posizione netta, che in termini filosofici merita un accostamento alle argomentazioni di Rousseau nel "Discorso sull'origine e i fondamenti delle disuguaglianze tra gli uomini", da cui la celebre frase “Quando il primo uomo ha recintato una terra ed ha detto «questo è mio», dà lì sono nate le diseguaglianze".
Saltamartini ha preso posizione anche sullo svilimento di un sistema sanitario in ginocchio dalla pandemia: “La situazione che ci siamo trovati ad affrontare era talmente compromessa che ora è difficile uscirne. Solo fra due anni si vedranno gli effetti delle nostre manovre (come l’aumento delle borse di specializzazione per i medici, salite dalle 5 del 2019 a 160 ndr). Ma ora dobbiamo continuare a navigare in questa palude finchè non torneranno medici di base e operatori di pronto soccorso”.
Fra le soluzioni proposte dall’ex sindaco di Cingoli ci sono la tipizzazione degli ospedali pubblici, l’istituzione di più CUP provinciali in sostituzione dell’unico regionale ora attivo e l’aumento dei salari per il personale sanitario. “Concordo con ogni critica mossa da Ercoli – ha aggiunto Saltamartini –. Se un dipendente guadagna 1300 euro al mese, al datore di lavoro può arrivare a costare anche 3000 euro per via della tassazione. I consumi rimangono fermi e la tassazione grava troppo sulle piccole e medie imprese, cuore pulsante dell'Italia”.
Sul tema della crisi energetica, l'assessore alla Sanità ha puntato il dito contro l’Ue e nello specifico contro la Francia che avrebbe minato l’indipendenza dell’Italia già all’epoca dell’affare Gheddafi, quando Saltamartini stesso sedeva a Palazzo Madama (2009-2013). “Avevamo sviluppato degli accordi con la Libia per garantire al Paese un approvvigionamento di risorse costante e sicuro ma questi saltarono quando Sarkozy decise di bombardare Tripoli".
Le nove ore di aereo che separano l’Italia dalla Guinea Bissau dischiudono una distanza culturale profonda, delle differenze difficili da immaginare - figuriamoci comprendere - per un occidentale pasciuto e immerso nella ricchezza europea.
A fare da ponte fra i due mondi è Paolo Rita, agronomo maceratese classe 1997 che da oltre un anno vive e lavora nel piccolo paese dell’Africa occidentale. Dopo la laurea magistrale conseguita all’Università di Bologna, ha ottenuto un tirocinio (poi convertito in un contratto regolare) nel programma europeo “Ianda Guiné”, tramite la ONG di Cuneo “LVIA” leader dell'azione legata alla produzione di riso.
Non è certo questa la sede adatta per ripercorrere la storia del continente africano, complessa e profonda quanto sconosciuta all’eurocentrico occidentale di oggi. Basti ricordare che il piccolo paese (confinante con il ricco e filoeuropeo Senegal) rappresenta un’eccezione nel contesto dell’Africa occidentale, quasi esclusivamente francofona, in quanto ex-colonia portoghese.
Una difficile storia di dominazione coloniale e riconquista dell’autonomia a partire dal 1959, guidata dall’eroe nazionale Amilcar Cabral (“il padre del paese”). Le cicatrici lasciate da secoli di sfruttamento e abbandono sono ancora visibili fra colpi di stato e instabilità economica, politica e sociale.
Quello di Paolo è un punto di vista privilegiato - in tutti i sensi - su uno dei paesi più poveri al mondo, come spiegato nell’intervista che segue. E nella quale emergono luci e ombre di un’esperienza che si propone di offrire una finestra dalla quale osservare un altro aspetto del mondo e della società occidentale.
“Non avrei mai pensato di finire in Africa - racconta -, sapevo di voler viaggiare ma non avevo preso in considerazione questa meta fino a quando non sono stato contattato da LVIA per Ianda Guiné, il progetto più grande dell’Unione Europea in Guinea Bissau. Si tratta di un programma che cerca di aiutare e sostenere in modo onnicomprensivo l’intero paese: dalla salute alla sovranità alimentare, con interventi mirati sulla società e sulle infrastrutture”.
Qual’è il tuo ruolo nel progetto? “Io lavoro come assistente agronomo junior all’interno di ‘Ianda Guiné Arrus’, l’azione principale fra le otto che costituiscono il progetto, e che si occupa della coltura del riso: fonte primaria di sostentamento interno della Guinea”.
Hai avvertito lo shock culturale? “L’impatto con il paese è stato pittoresco e traumatico: se da un lato ci sono forti mancanze nelle infrastrutture, dall’altro a livello umano ci sono una coesione e una felicità che trovo invidiabili”.
“Se da un lato colpisce la condizione delle strade che, le rare volte in cui sono presenti, sono al limite del praticabile, dall’altro ci sono la spontaneità e il senso di comunità della popolazione - aggiunge Paolo -. Non voglio scadere nel banale ma devo dire che ora, quando torno a Macerata, rimango deluso dalla diffidenza e dalla freddezza dei miei concittadini. La serenità che si respira qui è assente nei paesi occidentali”.
Cosa ne pensi dei progetti UE per i paesi africani? “Arrivano a sovrapporsi allo Stato in molte occasioni. Interventi nella società per l’emancipazione femminile, però, sortiscono i loro effetti solo dopo decenni. Il budget è collocato specificatamente in determinate aree in cui la differenza è palpabile: è stato costruito un ponte che collega le tabancas (i villaggi ndr) all’ospedale, riducendo i tempi di percorrenza da più di due ore a quindici minuti. O ancora, un altro progetto UE ha costruito un centro per donne che hanno subito violenza nel quale viene loro insegnato il lavoro sartoriale (di solito affidato agli uomini). Ora il centro è diventato una sorta di azienda tessile che produce e vende vestiti, garantendo uno stipendio fisso alle lavoratrici e, quindi, l’indipendenza economica”.
E una volta che scadranno i contratti? “Lo Stato dovrà farsi carico delle spese di manutenzione e gestione. In realtà, succede fin troppo spesso che alcune costruzioni, ad esempio, diventino cattedrali nel deserto, abbandonate non appena gli Europei lasciano il paese”.
Per questo motivo, scopo principale dei progetti dell’Unione è quello di formare gli abitanti locali, cercando di trasmettere conoscenze e competenze. Ciononostante, sorgono altre problematiche: gli stipendi statali sono bassissimi, quando non completamente assenti. “I docenti non sono stati pagati per un anno - sottolinea - e i medici sono spesso costretti a chiedere un pagamento diretto ai pazienti, che nella maggior parte dei casi non possono permettersi. Con uno stipendio di 150 euro al mese da medico non sopravvivi”.
Potendo tornare indietro rifaresti le stesse scelte? “É la scelta migliore che abbia preso in vita mia: il perimetro del mio mondo si è allargato e inizio a rendermi conto di quanto il genere umano sia variegato e complesso. Ora, quando torno in Europa, guardo con occhi diversi le cose che fino ad un anno fa davo per scontate. Dall’efficenza di una sanità pubblica gratuita al semplice comfort della televisione. Eppure non riesco a non notare come i rapporti umani si siano svuotati nel nostro mondo. Qui le relazioni sono molto più vere ed oneste e anche il contesto lavorativo non è sempre e solo finalizzato al guadagno, ma c’è un risvolto sociale importante.”
Sono iniziati i lavori di costruzione di un’antenna 5G nel quartiere Rione Marche, a Macerata. Un’antenna che era originariamente stata destinata a un'area privata in via Bizzarri, ma che l'amministrazione comunale ha deciso di spostare in via Cincinelli, a seguito di una protesta dei residenti.
Il cantiere è aperto da quasi due settimane e il basamento della struttura è già presente in loco, con l’amministrazione stavolta sorda alle lamentele dei cittadini. Le contestazioni non sono infatti mancate nemmeno da parte degli abitanti del quartiere, che nel giro di due giorni hanno formato un comitato per fermare i lavori e raccolto una petizione che conta circa 230 firme.
"Non riteniamo giusto che l’antenna venga costruita nel nostro quartiere senza essere interpellati - racconta uno dei membri del comitato - i residenti di via Bizzarri hanno ottenuto lo spostamento con le proteste, mentre le nostre voci sono rimaste inascoltate. Non ci hanno nemmeno avvisato dell’inizio dei lavori e siamo ancora in attesa di una risposta del Comune".
Nonostante i decenni di ricerca, la sicurezza di questa tecnologia è stata spesso messa in discussione da una larga fascia dell’opinione pubblica, la quale sostiene un rapporto causale fra le onde elettromagnetiche e alcune patologie: non ultimo lo stesso coronavirus. Eppure ancora oggi non ci sono dati scientificamente affidabili a sostegno di questa tesi.
A rispondere alle perplessità del comitato, è l’assessore all’ambiente di Macerata, Laura Laviano, incaricata al piano antenne e all’approvazione dei lavori: "A dirimere il piano antenne è un’azienda terza, la Polab Srl di Pisa, che ha disposto la posizione dei ripetitori nel rispetto della conformazione geografica di Macerata e delle norme vigenti. Il piano non è ancora stato approvato in Comune perché nell’ultimo anno sono occorse molte nuove norme comunitarie e nazionali, che hanno rivisto e modificato il piano".
"Le antenne sono considerate ‘beni di pubblica utilità’ e non ci si può opporre alla loro installazione - continua -: se arriva la proposta di un operatore, come Iliad in questo caso, corredata degli appositi studi sui campi elettromagnetici, non possiamo fare nulla per negarne la costruzione. Il nostro compito si limita a valutare l’impatto urbanistico ed ambientale dei lavori, mentre l'Arpam certifica che la propagazione delle onde non abbia effetti sulla salute”.
"L’antenna in questione, ora in costruzione nel piazzale dell’Oasi, non è diretta verso il Rione Marche ma verso il centro storico. Le onde non si propagano quindi in direzione delle case. Per quanto riguarda la scelta di spostare l’antenna da via Bizzarri in via Cincinelli, c’è stata una valutazione di maggioranza – sottolinea Laviano, prendendone le distanze – che ha optato per un posto pubblico anziché per quello privato. Fra le aree individuate dalla Polab c’era quella in questione e Iliad preferiva questa seconda opzione, per cui c’è stato questo spostamento”.
"Posso comprendere la posizione degli abitanti del quartiere e aggiungo che per me anche la prima domanda poteva andar bene - spiega l'assesore -, ma ha pesato il fatto che quella dell’Oasi fosse un’area pubblica, mentre via Bizzarri era un’area privata. Voglio rassicurare comunque sulla sicurezza delle posizioni individuate".
"Prima il canone annuo arrivava fino a 15mila euro anche per le aree pubbliche – specifica l’assessore -, mentre ora c’è un tetto massimo fissato a 800 euro. Non c’è un business che favorisce i privati, al contrario anche a Iliad conviene pagare 800 euro al Comune, contro i 15mila che avrebbe invece dovuto pagare al privato. Se vogliamo continuare a vivere in questo modo – conclude Laviano -, ad utilizzare i telefoni ed internet, dobbiamo anche accettare questi compromessi".
Oltre all’Istituto Superiore di Sanità e al Comitato scientifico della Commissione Europea, che rassicurano sull’affidabilità di questa tecnologia, la comunità scientifica si occupa di monitorare e raccogliere dati per testare l’impatto che la costruzione di una rete 5G su larga scala avrebbe sulla popolazione.
Le frequenze radio utilizzate in questo caso non sono dissimili da quelle emesse dai telefoni cellulari a partire dal 1998, quando la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non-Ionizzanti (Icnirp) aveva pubblicato le prime linee guida sull’esposizione ai campi elettromagnetici: "L’elemento principale è che la fondamentale valutazione del rischio è rimasta invariata – traducendo le parole del dottor Jack Rowley, direttore al Gsma riportate dal Guardian -. I limiti che avevamo nel 1998 ci proteggono ancora oggi".
E ancora: "Attualmente l’unico effetto comprovato dell’esposizione ai campi elettromagnetici, comprese le frequenze del 5G, è un leggero surriscaldamento dei tessuti – sostiene Steven Novella, fondatore ed editore della rivista ‘Science-Based Medicine’ -. Ci sono diversi altri effetti suggeriti dalla ricerca, ma nessuno di questi si è ripetuto al punto di essere considerato rilevante".
Dai quartieri Appio Tuscolano e San Giovanni di Roma alla casa di cura di Corridonia; la battaglia contro la tossicodipendenza e il disturbo di personalità borderline; la fuga ai Giardini Diaz di Macerata per procurarsi l’ennesima dose; l’incontro con Innocent Oseghale, ‘semplice spacciatore’ di marijuana reinvetatosi quel giorno mediatore della compravendita per conto terzi; il tragico epilogo dall’appartamento sito in via Spalato 124 al fossato di via dell’Industria.
Guardando a ritroso e con occhio fatalista, quello di Pamela Mastropietro potrebbe sembrare quasi un destino già segnato, la cui sintesi passa attraverso la formula di ‘vittima’ (lei) e ‘carnefice’ (lui). Una formula che nel lungo termine, districandosi fra fiaccolate, striscioni, targhe, eventi e piccoli monumenti alla memoria, rischia di forgiare una cultura di massa inquinata, e di eleggere a simboli involontari i protagonisti di questa triste storia, da sbandierare per tutte le future battaglie che si condurranno sul campo della giustizia e della tolleranza.
Nella seconda parte del nostro servizio (qui la prima), gli avvocati difensori di Oseghale - Simone Matraxia e Umberto Gramenzi - tornano a porre l’accento su quanto il clamore mediatico e una certa strumentalizzazione politica abbiano contribuito a distorcere la percezione dell’intera vicenda, finendo col ridurre l’intero fatto di cronaca a una questione puramente faziosa frutto di una mentalità contaminata dal pregiudizio e dalla paura/odio verso lo straniero. Le premesse di una grossolana 'legge del taglione' che di norma non dovrebbe essere la risposta di un civile stato di diritto.
La domanda da porsi a questo punto è: fino a che punto è necessario spingersi prima di sentire appagato il senso di giustizialismo? Laddove l’opinione pubblica finisce col confondere il reato con il peccato, il diritto con la morale e la giustizia processuale con la sommaria vendetta di piazza, ecco spuntare la letteratura giuridica insieme al numero tristemente alto di “esempi di macelleria giudiziaria all’ingrosso” (per usare le parole di Giorgio Bocca).
Fra i tanti casi noti, riaffiorano alla memoria quelli di Enzo Tortora (1983), crocifisso pubblicamente in qualità di “ladro, farabutto, pezzo di merda” prima ancora che si aprisse ufficialmente l’inchiesta; fino ad arrivare a Stefano Cucchi, con tutti i vari depistaggi e le invettive della politica (da Giovanardi a Salvini e La Russa: “Era solo uno spacciatore morto per colpa della droga”), o persino a tutti quei casi di femminicidio o persecuzione nei confronti della donna (si veda il caso di Silvia Aisha Romano o il più recente di Alessia Piperno, detenuta in Iran e già vittima dell’odio via social) dove il giustizialismo da bar si riduce puntualmente al più semplicistico e sbrigativo “se l’è cercata”.
Una serie approssimativa di fatti di cronaca che possono sembrare agli antipodi rispetto a quello di Macerata, ma il cui comun denominatore risulta la supposta ed autoattribuita superiorità morale utile a gridare dall’alto dei propri profili social una sentenza (anche di morte) qualunque, purché cancelli la prova evidente del male dalla nostra vista. Ora, per l’atroce omicidio della giovane Pamela Mastropietro, Innocent Oseghale è già stato condannato colpevole, lasciando appena aperto lo spiraglio di una commutazione della pena a 30 anni qualora venisse a mancare l’aggravante della violenza sessuale (sulla quale la Cassazione si pronuncerà a novembre).
E, si badi bene, l’intento qui non è giustificare le azioni del 34enne nigeriano (per le quali sarà costretto a farsi carico per tutta la vita), quanto piuttosto cercare di far emergere la complessità che un episodio tanto efferato si porta dietro, cercando di non cadere nella facile tentazione della “giustizia a tutti costi”. Quella che di base si nutre della frustrazione di una società e si autoalimenta attraverso lo specchio riflesso dell’odio e della violenza.
Di seguito, la seconda parte del servizio:
Il Teatro Lauro Rossi di Macerata si veste a festa per accogliere uno degli illustri ospiti dell’Overtime Festival, kermesse a tema sportivo radicata nel territorio della provincia di Macerata e punto di riferimento in tutto il centro Italia.
Arrivati al termine della prima giornata di questa XII edizione, mercoledì 6 ottobre alle ore 19, fa il suo arrivo in città – il secondo in pochi giorni, dopo il sopralluogo della settimana scorsa – l’allenatore della nazionale azzurra e “Marchigiano dell’anno 2021” Roberto Mancini.
L’attesissimo appuntamento con Mancini ha chiamato a raccolta un nutrito pubblico di ogni età - compresi i tanti giovanissimi accorsi per salutare il loro beniamino - ed è riuscito a soddisfare le alte aspettative costruite negli anni precedenti. Presente sul palco, oltre al giornalista RAI Andrea Marotta, moderatore dell’incontro, Marco Scarponi in rappresentanza della “Fondazione Michele Scarponi Onlus”.
Dopo i rituali convenevoli presieduti dal primo cittadino di Macerata Sandro Parcaroli e dall’assessore Riccardo Sacchi, ha introdotto la manifestazione Michele Spagnuolo presidente dell’Associazione culturale Pindaro, organizzatrice di Overtime Festival.
Il rapporto di amicizia fra Scarponi e Mancini ha radici profonde ed entrambi portano avanti da anni il ricordo di Michele Scarponi, fratello di Marco e campione di ciclismo scomparso in un incidente stradale nel 2017: “L’obiettivo della fondazione è quello di onorare in modo degno e duraturo la memoria di Michele, sensibilizzando sul tema della sicurezza stradale”, dice Scarponi in apertura.
“Ho avuto la fortuna di incontrare Michele in diverse occasioni sia in bici che sul campo da calcio, ma lì non è mai stato un granché”, ha ricordato mister Mancini con il sorriso. “Mio fratello aveva un rapporto difficile con il calcio – aggiunge Marco –, e non solo perché tifava Inter. Non era bravo come credeva e abbandonò presto il pallone quando a 8 anni salì per la prima volta in bici. Da lì non è più sceso e il calcio lo ha solo seguito in TV”.
“Lo sport è sport, indipendentemente dalla disciplina – ha detto Mancini -. Rispetto, impegno, fatica, lealtà, etica e dedizione sono quei valori autentici e fondamentali che ogni atleta impara nel suo percorso e che è importante trasmettere alle future generazioni”.
La visione di un frammento del documentario “Gambe”, in cui la fondazione ha raccolto testimonianze di giornalisti e professionisti del mondo dello sport, ha lanciato il messaggio che “La strada è di tutti", soprattutto dei più deboli e fragili che rischiano di perdere la vita a causa della condotta irresponsabile di alcuni utenti: “Diamo per scontato che morire per strada sia una cosa normale, talmente è radicato nella nostra cultura e mentalità. Non dovrebbe essere così, credo invece sia una cosa terribile e inaccettabile da combattere. È più corretto parlare di violenza stradale che di incidente, non è mai un caso”.
L’impegno per la sicurezza stradale, per una mobilità sostenibile nel rispetto dei soggetti più fragili sono valori cardine della Fondazione Scarponi che ha recentemente aperto una piccola scuola di ciclismo presso il bike park fra Filottrano e Cingoli: “Il progetto cresce e va avanti, sport e bambini sono la ricetta per un domani migliore – continua Marco Scarponi -. Il sorriso di Michele salverà molte vite”.
Marotta si è poi concentrato sul Mancini allenatore, che ha subito raccontato le sensazioni della caduta dalla vetta d’Europa all’esclusione dal mondiale: “Salire e scendere nel calcio è normale. Lo sport è anche questo: gioie incredibili e inaspettate, seguite da delusioni terribili e immeritate. Abbiamo commesso degli errori che ancora adesso non ci spieghiamo. Ripartire dopo una delusione non è semplice, ci aspetta un momento di sofferenza che dovremo affrontare con perseveranza per migliorare ancora”.
Più dura affrontare la tensione da giocatore alla partita decisiva o il fallimento da allenatore? “È più dura la sconfitta, una delusione enorme rischia di abbattere. Io e tutti i tecnici non abbiamo ancora superato il fallimento, mentre i ragazzi hanno la fortuna di giocare e mentalmente ne sono usciti più facilmente”.
Un messaggio per i tanti giovani oggi qui presenti? “Lavorare duro nel rispetto di sé stessi, degli altri e dello sport. A tutti i ragazzi che sognano di alzare quella coppa è questo che vorrei dire. Non basta il talento per arrivare al successo: ci vuole tantissimo impegno, costanza e dedizione. Io ho dovuto lasciare casa a 13 anni per andare a giocare a Bologna”.
L’incontro si è concluso con la nomina di Roberto Mancini a membro onorario della Fondazione Michele Scarponi, in segno dell’affetto, dell’amicizia e del rispetto che da tanto tempo li legano.
Ben lontani dalla forbice (9-14 %) prevista dal candidato al collegio uninominale Mariano Calamita, il Terzo – ormai quarto – polo si attesta a livello nazionale intorno al 7,5% delle preferenze, mantenendosi in linea con gli ultimi sondaggi delle settimane precedenti al voto. Un risultato che delude le aspettative del tandem Calenda-Renzi per palazzo Chigi, ma che a livello provinciale apre a più concreti orizzonti di crescita con risultati promettenti.
La coalizione Azione-Italia Viva nei comuni di Macerata, Recanati, Appignano e Tolentino ha raccolto circa il 9% dei voti, adombrando i risultati delle ancelle meloniane Lega e Forza Italia (rispettivamente attorno al 7% e 5% ndr) e quasi pareggiando l’11% del Movimento 5 Stelle. “Le soddisfazioni sono arrivate nelle località dove siamo più radicati e strutturati – dice Calamita -, abbiamo consolidato la base e punteremo sul collegamento tra territorio e Parlamento. Il nostro progetto parte da lontano per arrivare lontano e in soli due mesi di campagna elettorali siamo riusciti ad ottenere ottimi risultati. È un dare-avere in cui il Parlamento accoglie rappresentanti delle istanze locali per poi restituire al territorio l’attenzione che merita”.
Calamita definisce poi “preoccupante” il dato dell’astensionismo, il più basso della storia repubblicana con un indice del 64%: “Credo che le cause vadano individuate nella disillusione dell’elettorato verso la politica: troppo spesso l’espressione della volontà popolare è rimasta inascoltata e altrettanto di frequente i programmi presentati in campagna elettorale non sono mai stati rispettati. Bisognerebbe cercare di dare prospettive reali, fornendo coperture e specifiche trasparenti”.
“Il nostro era un partito che si presentava per la prima volta alle elezioni politiche – commenta il coordinatore provinciale di Azione Massimiliano Fraticelli – e a livello locale questa è sicuramente una vittoria. Basti pensare che nel comune di Macerata non abbiamo nemmeno un consigliere comunale, eppure abbiamo battuto il partito del sindaco, fedele al Carroccio. Sento di poter dire di aver fatto un ottimo lavoro in questa provincia e ripartiremo proprio da qui per portare avanti il nostro movimento politico”.
“L’astensionismo si combatte con la buona politica, non con l’assistenzialismo sfrenato e i sussidi - continua in merito il segretario Fraticelli -. È evidente che la politica oggi non sappia più rispondere alle problematiche reali dei cittadini”. Il coordinatore provinciale si concentra poi sul Movimento 5 Stelle, terza forza politica all’indomani del voto, riservando per loro parole di fuoco: “Sono la peggior sciagura capitata alla politica italiana. Al nord e al centro Italia hanno fallito su tutta la linea stando agli ultimi dati, e senza il cavallo di battaglia del Reddito di Cittadinanza non avrebbero raggiunto quel 15%".
Per quanto riguarda il prossimo governo e la posizione della coalizione in merito, Fraticelli e Calamita condividono la posizione del segretario Calenda, dicendosi aperti al dialogo per le questioni di interesse nazionale: “Resteremo attaccati ai programmi e faremo opposizione costruttiva, valutando di volta in volta le proposte avanzate e cercando di dare importanza ai contenuti. Se il governo che si formerà dovesse farsi portatore di politiche sagge, ad esempio il rigassificatore di Piombino, di certo noi ci saremo e non ci tireremo indietro. L’opposizione a prescindere non fa parte del nostro DNA politico".
“Il Partito Democratico è diventato il partito del potere - conclude il responsabile provinciale -, scollegato dalle classi sociali che lo hanno definito nel tempo e che è disposto a fare carte false per rimanere al governo. E gli italiani se ne sono accorti. Non hanno nemmeno avuto il buon gusto di cambiare gruppo ministeriale. La Lega paga invece lo scotto di Matteo Salvini: il partito del Carroccio è sempre stato un nostro importante interlocutore con i suoi eccellenti amministratori, ma il personaggio di Salvini ha eroso troppo la credibilità del suo partito e questo è il risultato”.
Tolentino saluta per l’ultima volta l’Ambient Pub, rinunciando ad un altro importante centro di aggregazione che negli ultimi 25 anni è diventato un punto di riferimento per i giovani della zona. In una lunga intervista, l’ex titolare e fondatore Emerson Crocetti ripercorre la storia del locale dalle sue origini fino all’ultima serata.
Quali sono le motivazioni che ti hanno portato a voler chiudere l’Ambient Pub? "Il locale ha cessato l'attività per un insieme di motivi difficili da riassumere in poche battute: il tutto è esploso quando, scaduto il contratto d’affitto, il locatore ha avanzato un’offerta di vendita che non ho potuto accettare perché troppo alta. Ho aperto nel '97 che avevo 21 anni e posso dire di aver concluso il percorso senza rimorsi e senza rimpianti - dice orgoglioso -. In tanti fra i primi storici clienti sono passati nell’ultima settimana, e la serata di chiusura (lo scorso sabato) è stata una degna conclusione per l’Ambient".
Hai già in mente nuovi progetti per i prossimi mesi? “Subito l’intenzione era quella di spostarsi verso San Severino, ma ora sto valutando di poter rimanere qui a Tolentino: il futuro rimane incerto, però sto progettando già la riapertura per il prossimo aprile, fra tempi tecnici e permessi comunali. Devo e voglio portare avanti un progetto che sia in linea con i miei 25 anni di esperienza: sono pronto a ripartire con la flessibilità necessaria ad adeguarsi ai tempi che cambiano. Il mercato è pronto a divorarti e se non ti approcci con professionalità e capacità sei destinato a fallire velocemente”.
Emerson racconta poi, senza nascondere una certa amarezza, il dramma del sisma e il ruolo che il suo locale ha ricoperto in quegli anni. “Ho aperto con il primo sisma del ’97 e si può dire che ormai sono un habitué dei terremoti. Da allora il mio locale è diventato un importante centro di incontro dove i ragazzi rimanevano fino a tardi pur di non tornare a casa".
"Nel 2016 - spiega - non è andata così: fra ribaltamenti politici e disastri naturali, la provincia ha sofferto tantissimo. L’entroterra si è spopolato in favore delle città di mare, e cittadine come Tolentino hanno perso tantissimo in termini di motivazione e aggregazione. La ricostruzione è ancora un miraggio e la pandemia ha solo peggiorato la situazione. Un ragazzo che al tempo del sisma aveva 16/17 anni si è visto strappar via i momenti migliori della sua vita e nessuno glieli ridarà indietro”.
“È cambiato molto nella mentalità di tutti, sia dei clienti che dei lavoratori intendo – continua Crocetti -: prima era più facile trovare personale disposto a lavorare tante ore, anche se la paga non era così alta. Oggi si preferisce lavorare meno ore e guadagnarne in qualità di vita. Dare la colpa a singoli aspetti della questione (come il reddito di cittadinanza, per citarne uno) significa semplificare e non voler guardare in faccia alla complessità di questa situazione nella sua interezza”.
Quanto sono aumentati i costi per te negli ultimi anni? “Il caro bollette e la crisi energetica sono stati solo gli ultimi dei problemi e non posso nascondere di provare un certo sollievo per aver chiuso prima che le cose potessero andare peggio. Gli ultimi 20 anni di malagestione politica non mi fanno certo sperare in grandi miglioramenti da qui a breve. Sono tanti i locali che hanno chiuso in provincia ultimamente e ci sono tante altre cattive notizie all’orizzonte. Credo sia inutile piangere solo dopo che locali importanti per noi sono costretti a chiudere i battenti: bisognerebbe cercare di investire all’interno del proprio territorio e non mandare i soldi fuori, altrimenti è inevitabile che paesi come Tolentino si spengano lentamente”.
"Noi cittadini - aggiunge Emerson - ora stiamo pagando lo scotto della pandemia e sentiremo gli effetti della guerra solo fra 2/3 anni. Le imprese arriveranno a pagare anche il 70% di tasse nel prossimo inverno: non c’è stata una politica seria di sviluppo e protezione negli ultimi 20 anni e queste sono le conseguenze".
Il commento finale rilasciato da Crocetti invita a riflettere e a riportare l’attenzione ad aspetti che una società frenetica e globalizzata tende troppo spesso a trascurare .“Io ritengo sia calata la voglia di vivere e che navighiamo tutti in un costante stato depressivo. Si lavora più per dovere, per necessità e per questo credo sia difficile trovare chi si vuole impegnare davvero nel lavoro. Questo è il risultato di tutto quello che ci è capitato e della società in cui viviamo. Ci stiamo riducendo sempre di più ad automi perdendo di vista ciò che più importante: gli affetti e la cultura".
Abortire nelle Marche è difficile, se non proprio impossibile in alcune province. Accettare questo dato di fatto è il primo passo per muoversi in una direzione più giusta e più equa, nel rispetto dei diritti inviolabili della persona. Il diritto all’interruzione di gravidanza dovrebbe essere tutelato a prescindere dal colore politico, in quanto riconosciuto a livello internazionale fra i diritti umani. Eppure, negli ultimi 3 anni, la regione ha subito un tracollo in tal senso, andando a complicare una situazione che già di partenza non era delle più rosee.
A partire dal 2019 le linee guida del ministero della salute (adottate a partire da giugno 2014 per quanto riguarda la somministrazione della pillola Ru486 ndr) in materia abortiva sono state progressivamente riviste, negando la possibilità alle donne di sottoporsi all’interruzione farmacologica della gravidanza. Una messa al bando programmatica della Ru486, in pieno contrasto con la legge 194/78 del 1978 che garantisce a ogni donna la libertà di interrompere volontariamente la gestazione entro 90 giorni dal concepimento.
La maggior parte delle interruzioni di gravidanza nelle Marche vengono infatti effettuate con il ‘metodo karman’ (metodo chirurgico, più invasivo di quello farmacologico), per il 67,7% del totale, contro una media nazionale che si attesta al 40,9% e quella delle regioni del centro al 34,2%.
Nel 2020 sono state registrate soltanto 153 IVG effettuate con metodo farmacologico (mifepristone e prostaglandine), pari all’ 11,3% del totale: una percentuale significativamente più bassa a quella delle altre regioni del Centro (39%) e dell’Italia nel complesso (31,9%).
Inutili le contestazioni dall’opposizione che a gennaio del 2021, nella persona della consigliera dem Manuela Bora, aveva proposto una mozione per far rispettare le linee nazionali e continuare a garantire l’importante diritto abortivo alle donne marchigiane. La risposta ricevuta da Bora dopo aver incalzato Giorgia Latini furono 1450 pannolini, tanti quante le interruzioni effettuate nelle Marche nel 2019, inviati da un gruppo anti-abortista.
L’indagine condotta dal gruppo transfemminista “Non una di meno”, risalente allo scorso 28 settembre, getta una luce inquietante sulla situazione marchigiana: nei reparti di ginecologia gli obiettori di coscienza fra il personale sanitario arrivano a picchi del 100%, rendendo impossibile in alcuni ospedali effettuare un’Ivg. In assoluto la cifra si attestava attorno al 71,2% (57 obiettori su 80, esclusa la provincia di Ancona che non ha risposto all’indagine) con gli ospedali di Jesi e Fermo all’ultimo posto.
Le uniche eccezioni Urbino e San Benedetto del Tronto che, con “solo” il 40% di obiettori fra ginecologi e ostetrici, si attestano come gli unici poli ancora in grado di sostenere le esigenze sanitarie delle donne marchigiane. La Ru486, a Macerata e Urbino, viene somministrata solamente entro le prime 7 settimane - invece che 9 – contro le linee del Ministero.
Nel 2020, gli obiettori di coscienza rappresentano il 70% dei ginecologi, il 42,6% degli anestesisti e il 22,5% del personale non medico (dati ministero della salute). Dunque, la percentuale di medici obiettori nelle Marche cresce rispetto al 2019 e supera quella della media nazionale (64,6%). Dal 2007 al 2020 i ginecologi obiettori nelle Marche sono aumentati del 12,3%, mentre il personale non medico obiettore ha visto un incremento del 15,4%.
L’interruzione di gravidanza è un diritto fondamentale e inalienabile che poggia sul presupposto di scelta individuale, di proprietà del proprio corpo e sui diritti alla salute, alla maternità e alla vita: “Costringere qualcuno a condurre una gravidanza indesiderata, o costringerlo a cercare un aborto non sicuro – si legge nella sezione dedicata su Amnesty International -, è una violazione dei diritti umani, inclusi i diritti alla privacy, all’autonomia e all’integrità corporea”.
Un report più recente della CGIL sottolinea come il tasso di abortività nelle Marche sia del 4,5% inferiore rispetto alle altre regioni d’Italia: nel 2020 le interruzioni volontarie di gravidanza registrate sono state 1351 (con un decremento del -2,7% rispetto al 2019, presumibilmente a causa della pandemia da Covid 19): 446 interventi nella provincia di Ancona, 335 nella provincia di Macerata, 299 ad Ascoli Piceno, 271 nella provincia di Pesaro Urbino e nessuna IVG nella provincia di Fermo.
Delle 1327 donne che hanno scelto – e sottolineo “scelto” – di interrompere la propria gravidanza, 110 (8,3%) si sono recate in strutture fuori regione. A spiccare negativamente da questo punto di vista in senso provinciale è Fermo, con un allarmante 92,9% di donne recatesi fuori provincia per abortire (7,1% fuori regione). Altro record negativo per le Marche che si attesta alle ultime posizioni con quasi una donna su dieci costretta a recarsi in Emilia Romagna, Abruzzo e Umbria per accedere a tale diritto.
"Una donna su dieci si reca fuori Regione per una IVG, l’aborto farmacologico ha percentuali inferiori rispetto alle altre Regioni, la percentuale dei medici obiettori aumenta rispetto al 2019. Tutti dati che sono in controtendenza rispetto al dato nazionale – commenta il segretario regionale CGIL Marche Loredana Longhin – La 194/78 è una legge di civiltà. La Cgil si opporrà sempre al modello conservatore che questa Giunta sta cercando di imporre, e rivendicherà sempre il diritto sociale della maternità e il diritto alla salute delle donne".
(Fonte foto: pagina FB "Non Una di Meno Transterritoriale Marche")
La Fiera di San Giuliano torna - finalmente, è il caso di dirlo - a riempire il centro di Macerata per la festa patronale. Tantissimi i mercatini che hanno invaso il centro storico e le vie circostanti con un grande palco e lo stand gastronomico in Piazza della Libertà. Non è solo la tanto attesa assenza delle restrizioni a rendere speciale questa edizione, ma anche l’occhio di riguardo per le iniziative culturali, artistiche e musicali.
Novità assoluta di quest'anno l'estensione della manifestazione a cinque giornate, dal 27 al 31 agosto, ricche di ospiti di primo piano nella scena locale per offrire spettacoli entusiasmanti ed esaltare le realtà artistiche del maceratese.
Apprezzatissimo anche il lato culinario con lo stand gastronomico gestito dal ristorante "Il Ghiottone" che alla serata d'apertura di martedì 30 è già riuscito a formare una fila lunga quanto l'intera Piazza della Libertà.
Il menù è quello della tradizione: vincisgrassi, frittura tipica marchigiana e carne sono solo alcune delle pietanze offerte con la papera che la fa da protagonista indiscussa. Il piatto principe sono infatti gli gnocchi (o le tagliatelle) al ragù di papera, immancabili sulla tavola di ogni buon maceratese nel giorno di San Giuliano.
"É importantissimo poter tornare a questa manifestazione dopo due anni di limitazioni - commenta il presidente della Pro Loco di Macerata, Luciano Cartechini -. Per la prima volta abbiamo deciso di allungare l'evento e finora tutte le serate sono andate tutte benissimo: la migliore è stata quella di ieri (lunedì ndr) in cui si è esibito dj Nicola Pigini, di Recanati".
"L’ho coccolato e spronato tanto per venire qui e sono felice di averlo fatto: per lui abbiamo preso il led wall, lo spara coriandoli e i fuochi d’artificio. Ci siamo fatti in quattro, insomma, ma il successo della serata ci ha ripagato: non potevo essere più soddisfatto né per affluenza di persone né per qualità e varietà dei mercatini in centro", aggiunge Cartechini.
"Gli ospiti della serata del 30 agosto erano le Koreos Majorette di Morrovalle e i Talk Radio di Civitanova Marche - continua il presidente -. Stasera invece ci sarà, come primo appuntamento, la presentazione delle principali squadre locali (Maceratese, Med Store Tunit e HR Macerata CBF Balducci). Saliranno poi sul palco i rappresentanti delle città gemellate e il sindaco Sandro Parcaroli, nostri ospiti anche per cena".
Una particolare nota di merito per l'attenzione dedicata ad arte, cultura, spettacolo e divertimento nella proposta di quest'anno della Pro Loco di Macerata: "Non siamo solo una sagra magnereccia - sottolinea deciso Cartechini -, abbiamo organizzato mostre di pittura agli antichi forni, il cinema estate e sfilate di moda sul palco, oltre che tutti gli spettacoli e le esibizioni musicali di queste serate di festa".
"Devo ringraziare tutti coloro che hanno collaborato all’organizzazione e alla realizzazione di questo evento - conclude Luciano Cartechini -. In primo luogo l’ufficio turismo di Macerata, in particolare l’assessore Riccardo Sacchi che ci ha sempre supportato; un grande grazie anche alle aziende private locali che ci hanno sponsorizzato e senza le quali nulla sarebbe stato possibile. É una grande fatica organizzare eventi così ma siamo felici di farlo per i maceratesi".
Una buona affluenza quella registrata, nella calda mattinata di un sabato di fine agosto, alla conferenza stampa di presentazione dei candidati marchigiani alle elezioni politiche del 25 settembre del movimento di Carlo Calenda “Azione” e dell’alleata “Italia Viva”, tenutasi nella piazzetta della Rotonda, a Macerata.
Il comitato regionale si è riunito per incontrare l’elettorato e la stampa, enucleando quelle che sono le intenzioni e le motivazioni del cosiddetto “terzo polo” e presentando alcuni dei più importanti punti programmatici sostenuti.
Ad intervenire durante l’incontro il coordinatore regionale di Azione Tommaso Fagioli, candidato al collegio plurinominale come capolista alla camera, il responsabile territoriale nella provincia di Macerata Massimiliano Fraticelli e il sindaco di Appignano Mariano Calamita, candidato al collegio uninominale nella provincia di Macerata.
Relatori per il partito di Matteo Renzi, invece, Fabio Urbinati, candidato all’uninominale per il dipartimento Marche-Sud oltreché capolista al plurinominale in Senato e Rosita Platinetti, candidata al plurinominale in Senato per la lista Calenda.
“Siamo felici di poter far ascoltare oggi la nostra voce – esordisce Massimiliano Fraticelli - in questo momento ogni affermazione viene strumentalizzata politicamente, anche se si tratta di una proposta intelligente come avanzata da Calenda di sospendere la campagna elettorale. Si voleva solo gettare luce su una questione che riguarda tutti, chiedendo di smettere di battibeccare per un attimo e invitando alla riflessione comune e alla responsabilità, al fine di trovare una risposta di comune accordo a favore degli Italiani".
Un’attenzione particolare viene riservata all’attinenza con il territorio: “A differenza degli altri partiti, abbiamo scelto noi i nostri candidati (con il benestare del gruppo centrale ndr), evitando che venissero catapultate persone da Roma senza che ci fosse alcun collegamento con le Marche e le sue province. Siamo convinti che per amministrare correttamente si debba partire dal territorio – conclude Fraticelli -, affrontando ogni questione con coerenza e serietà: noi non ci siamo dimenticati del sisma e mettiamo la ricostruzione al centro del nostro impegno politico. Che dovessimo vincere o meno, rimarremo a combattere le nostre battaglie e porteremo in parlamento i nostri temi”.
La parola passa poi a Tommaso Fagioli che rimarca l’origine marchigiana di tutti i candidati in lista: “Crediamo che la base di ogni movimento politico debba essere la competenza e la vicinanza con il proprio territorio. Vogliamo partire dagli amministratori, uomini o donne del popolo che siano vicini ai problemi reali della loro terra e dei loro concittadini: un percorso che parte dal basso per arrivare lontano".
"Le bollette e il caro-energia sono problemi urgenti che porteranno al fallimento innumerevoli attività a partire dal 1 settembre: è importante riservare la giusta attenzione anche a Roma per le singole voci territoriali - prosegue Fagioli -. Da anni abbiamo iniziato le prime esperienze di governo al fianco di Italia Viva: l’unione fra Calenda e Renzi ha solo ufficializzato una pratica che da tempo si verificava autonomamente nel microscopico: sono certo che il terzo polo sarà la vera sorpresa nelle Marche, siamo noi la novità”.
“Il dibattito pubblico e televisivo indicano che l’unico voto utile è quello del terzo polo – dice poi Fabio Urbinati -. Se il Pd è ormai l’ombra di quel partito riformista di sinistra che si vantava di essere, la destra ha abbandonato completamente la moderatezza del centro, cedendo agli estremismi. L’amministrazione di destra nelle Marche, in 22 mesi – un periodo di tempo che permette appena di gettare le basi per un concreto programma politico, lungimirante e attuabile - ha subito già una diaspora piuttosto preoccupante. Se ben 4 dei 6 assessori regionali abbandoneranno la giunta per accaparrarsi una poltrona sicura, è chiaro che non si sta facendo l’interesse della regione. Il governo attuale è solo un coacervo di potere: si pensi a Leonardi che abbandona la carica di presidente della commissione sanitaria nel mezzo di una riforma importantissima (dichiarazioni simili a quelle del deputato Morgoni)”.
Rosita Platinetti, politica da anni e consigliere comunale a Morrovalle fino al 2021, pone il focus sul tema della famiglia e della bassa natalità: “In Italia siamo molto indietro in termini di walfare e credo sia centrale sostenere le famiglie e rialzare il tasso di natalità. Importantissima poi la riforma scolastica al fine di garantire una dirigenza stabile e permanente e alzare gli stipendi dei docenti secondo gli standard europei”.
Chiude la conferenza Mariano Calamita, sindaco di Appignano da tre anni e in consiglio comunale dal 2014: “Sento di poter mettere a disposizione le mie capacità e competenze, in linea con i valori e il modo di fare di Azione”. Tantissimi i punti toccati, dal rispetto dell’agenda Draghi (“Cosa fare, come farlo e quando”) alla posizione spiccatamente europeista, dalle tematiche ambientali ed energetiche all’immigrazione e alla violenza di genere.
“Le questioni impellenti devono essere affrontate rapidamente e a prescindere dal colore politico - sottolina Calamita -: urge la costruzione di due rigassificatori galleggianti per tamponare la crisi e far fronte all’inverno. Nel medio termine si deve invece investire sulle rinnovabili e restituire all’Italia la non-dipendenza energetica dall’estero”. Si passa poi ai diritti civili: “È necessario garantire a tutti i cittadini pari opportunità e diritti, combattendo quindi ogni forma di violenza e discriminazione: non è possibile dover ancora sentire storie di cronaca dove pericolosi stalker, peraltro già denunciati, sono comunque in grado di fare del male sotto gli occhi delle forze dell’ordine”.
“L’immigrazione è un altro tema da approcciare con grande concretezza, istituendo ingressi regolari e programmati - chiosa il sindaco di Appignano -. Siamo noi a dover gestire la situazione e non viceversa. È necessario cercare la collaborazione internazionale per i rimpatri e bisogna chiarire la distinzione fra profughi umanitari e migranti economici. Crediamo che il trattato di Dublino vada superato e che i richiedenti asilo vengano redistribuiti equamente in Europa, anche garantendo vie d’accesso sicure e legali e corridoi umanitari più grandi”.
Intervengono a margine della conferenza anche il sindaco di Treia Franco Capponi e il membro dell’esecutivo provinciale di Azione, Nicoletta Corneli.
“La ricostruzione post-sisma va finalmente nella giusta direzione, nonostante gli attacchi degli scalmanati come Castelli: la ricostruzione privata è garantita (anche grazie ai 6 milioni della finanziaria del governo Draghi) mentre siamo ancora molto indietro per quanto riguarda la ricostruzione pubblica, legata al modo di fare della destra ‘accontentiamo gli amici degli amici’. I comuni più danneggiati hanno speso solo il 2% delle risorse ottenute, col grosso dei fondi distribuiti come metadone a chi stava male psicologicamente", spiega Capponi.
"Per i primi 4 anni la ricostruzione è fallita a causa di amministratori e commissari incompetenti: Farabollini era una nomina politica e con il suo staff della Lega non ha saputo fare nulla. Legnini, invece, è in dialogo diretto con Draghi e stiamo finalmente recuperando il tempo perduto. Nell'ultima tornata elettorale è stata eletta Valentina Vezzali come rappresentante per le Marche: se è lei la soluzione siamo messi malissimo. In 5 anni non si è mai presentata in parlamento”, punge il sindaco di Treia.
A testimonianza della vicinanza con i cittadini, entra a far parte della squadra centrista anche Nicoletta Corneli, al suo primo approccio politico: a Macerata collabora da 15 anni con l’AFAM (supporto alle famiglie con malati di Alzheimer) e con diversi centri anti-violenza: “Calenda mi è piaciuto fin dall’inizio, soprattutto per le sue idee in merito alle politiche sociali ed economiche. Ho apprezzato la sua moderatezza e la sua preparazione. Spero di essere utile e di poter contribuire con la mia esperienza: siamo partiti dal bisogno concreto delle famiglie e vorrei portare questa modalità anche nel partito”.
Siamo ormai alle porte della 31esima edizione dei Campionati Mondiali della 100 chilometri di ultramaratona, in programma per il prossimo sabato 27 agosto a Berlino. Nove gli atleti convocati per la formazione azzurra dalla direzione tecnica federale, fra i quali spicca il nome della campionessa italiana Denise Tappatà, già intervenuta ai microfoni di Picchio News lo scorso gennaio in occasione proprio della qualificazione in nazionale (leggi qui).
A pochi giorni di distanza dalla competizione più importante affrontata finora dalla maratoneta maceratese, abbiamo nuovamente raggiunto Tappatà e il suo allenatore Fernando Corradini, che si sono raccontati all’alba del Mondiale, al termine della dura preparazione sostenuta per arrivare fin qui, ad “un traguardo lontano anche nei sogni”.
Che emozione si prova prima di affrontare un Campionato Mondiale? “Ora mi sento benissimo, sia fisicamente che mentalmente, e sono pronta ad affrontare questa grandissima sfida – esordisce Denise Tappatà, tradendo maggiore preoccupazione del suo allenatore -, soprattutto dopo il ritiro a Cavalese (in provincia di Trento ndr) con la squadra: ne siamo uscite unite e motivate a vincere. Sento però la responsabilità che comporta indossare la maglia azzurra: questa è la prima gara che non faccio per piacere e credo sia importante portarla a termine nel migliore dei modi”.
“Un’emozione grandissima per entrambi, non c’è risultato più alto per un atleta che competere ai Mondiali rappresentando la propria nazione. – risponde Fernando Corradini orgoglioso -. Ci sentiamo quattro volte al giorno e ogni volta ci vengono i brividi pensando a cosa stiamo per affrontare. È una soddisfazione indescrivibile che ripaga di tutti gli sforzi e i sacrifici fatti fin qui: non è facile coniugare lavoro e allenamenti a questi livelli e abbiamo dovuto riadattare innumerevoli volte il programma”.
Com’è andata la preparazione nelle ultime settimane? “Per un attimo abbiamo temuto di non poter più partecipare a causa di un infortunio riportato da Denise un mese e mezzo fa - racconta coach Corradini – che ci ha costretto a fermarci per qualche settimana. Io credo che il suo stato psicofisico fosse compromesso principalmente dallo stress dovuto al lavoro e agli allenamenti: Denise nella vita fa l’ingegnere edile e trascorre le sue giornate nei cantieri, senza contare che spesso è costretta a fare le ore piccole davanti al pc. Con allenamenti da più di 3 ore è inevitabile che il fisico ne risenta a lungo andare, non si può dormire un'ora a notte per un mese e mezzo senza subirne le conseguenze”.
“Sono convinta che le potenzialità per fare bene ci siano: in una gara così lunga sono tantissime le variabili in gioco ed è importante rimanere concentrati fin dall’inizio, con una partenza non troppo decisa per conservare le energie - aggiunge Tappatà -. L’attenzione deve essere alta già prima della gara: stiamo tutti seguendo una dieta rigorosa e un programma di allenamento serrato, personalmente a cura del mio allenatore”.
Che allenamenti hai seguito nello specifico per prepararti all’ultramaratona? “Ci siamo mantenuti su allenamenti abbastanza brevi, con pochi chilometri totali e senza preparazione in altura, soprattutto a causa del lavoro e dell’assenza di ferie. Sono tornata perfettamente in forma proprio durante la settimana del raduno della nazionale con i tecnici azzurri, Monica Casiraghi e Paolo Bravi. Correre insieme ai compagni di squadra è tutta un’altra cosa: i chilometri si macinano più facilmente e la motivazione e la determinazione crescono per tutti. Abbiamo avuto occasione di vivere una settimana insieme, confrontandoci giorno dopo giorno e condividendo allenamenti, speranze e carica”.
Quando hai iniziato a correre, nel 2014, avevi già 34 anni, ti aspettavi di poter raggiungere un traguardo come questo? “Per me questo non era nemmeno un sogno nel cassetto, ho iniziato a crederci man mano che correvo e che vincevo: dopo la prima gara lunga e, soprattutto, dopo la conquista del titolo nazionale, lo scorso anno ho veramente iniziato a coltivare l’idea di partecipare ai Mondiali. Ora che ci sono, però, non voglio farmi bruciare dalle aspettative: non punto a grandi risultati individuali quanto piuttosto all’obiettivo comune e di squadra – spiega Denise -. Fanno punteggio le prime tre classificate per ogni nazione e credo che noi potremmo riuscire a fare bene. Individualmente non saprei proprio ora come ora”.
Ben più sicuro del risultato mister Corradini che commenta così: “La preparazione che abbiamo seguito con Denise era finalizzata alla vittoria. Non conosco altro modo di fare sinceramente: quando facevo il pugile e salendo sul ring mi trovavo di fronte ad un avversario più forte di me, non ho mai pensato altro che superare quell’ostacolo e vincere la sfida. Sono certo che fisicamente e mentalmente sia prontissima nonostante l’infortunio: so che lei può lottare per vincere e non ho dubbi che, se dovesse filare tutto liscio, riusciremo tranquillamente a conquistare il gruppo di testa. La squadra italiana è veramente forte quest’anno e non mi stupirebbe se riuscissimo a conquistare anche una medaglia”.
La GABA.MC - Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Macerata si è riempita oggi di artisti e appassionati intervenuti alla mostra "Sulle orme di Tulli", allestista per celebrare il centenario dalla nascita del pittore maceratese. L'esposizione ha raccolto le opere di venti studenti vincitori del bando di concorso legato all’iniziativa MAC VISUAL ART, usciti da un doppio turno di selezioni fra docenti e un’apposita giuria istituita per l’occasione.
Ad introdurre l’inaugurazione è stata la Avv. Laura Ricci, presidentessa del Rotary Club “Matteo Ricci” di Macerata, in veste di Presidente Onorario, felice di poter contribuire a “far uscire gli studenti fuori delle mura dell’accademia”. Presenti anche gli altri membri del comitato di selezione delle opere esposte: la Prof.ssa Rossella Ghezzi, Direttrice dell’Accademia di belle Arti di Macerata, Vice Presidente della giuria, il Prof. Paolo Gobbi, docente e Coordinatore di Dipartimento Arti Visive ABAMC; l’Avv. Barbara Antolini, membro del direttivo Rotary Club Macerata “Matteo Ricci” e infine, il Dott. Piero Tulli, in rappresentanza della famiglia Tulli.
Proprio il Dott.Tulli ha voluto sottolineare la “grande sensibilità che traspare dalle opere esposte”, definendole “mature e personali”, in particolare nella “cura verso i dettagli, anche più minuziosi” del lavoro del fratello. “L’impegno e il sudore fanno arrivare in alto – ha ricordato poi Carla Tulli, la figlia dell’artista intervenuta per l’occasione – o meglio, come avrebbe detto mio padre: lavoro, lavoro, lavoro”. Una fatica ripagata dalla soddisfazione di vedere il proprio lavoro esposto al pubblico fino al 4 settembre, data del centenario dalla nascita del maestro.
“Questa era una sfida che richiedeva di mettere in atto il proprio vissuto, relazionandolo con il lavoro di Tulli”, ha commentato il professor Gobbi. A presenziare la mostra, anche l’assessore alla Cultura di Macerata Katiuscia Cassetta: “Questa esposizione chiude un cerchio che l’amministrazione comunale ha fortemente voluto e promosso. Sono felice di aver potuto contribuire nell’omaggiare un nostro grande artista, soprattutto perché oggi, nel suo ricordo, abbiamo lo sguardo rivolto al futuro grazie al lavoro di questi giovani”.
Successivamente, si è proceduto con l’assegnazione dei 4 premi in denaro da 500,00 € ciascuno, messi a disposizione dal Rotary Club Macerata “Matteo Ricci”, uno per ogni scuola di appartenenza. Vincitrice per la scuola di Decorazione, Nazarena Tremonti; vincitore per la scuola di Grafica d'Arte, Nicolò Fazzini; vincitore per la scuola di Pittura, Nicla Scalera; vincitrice per la Scultura, Lucia Andreozzi. Questi gli studenti/artisti che hanno meglio saputo rivisitare la poetica di Tulli, adattandola alle proprie esperienze e inclinazione, senza però snaturarne il messaggio.
Menzioni d’onore per Goliardo Sterlacchini, Ilaria Marchetti, Elisabetta Pesaresi e William Mancinelli, artisti meritevoli segnalati dalla giuria di qualità. Le opere sono state raccolte in un catalogo realizzato per la mostra, aperta fino al 4 settembre dal martedì al sabato dalle 18.00 alle 22.00.
Al "Carotti" di Jesi, il Chiesanuova segue le orme di Maceratese e Osimana conquistando la promozione in Eccellenza per 1-0 contro i Portuali di Ancona. Pasqui autore del gol che vale un’intera stagione. Le seconde classificate dei due gironi si affrontano al termine dei rispettivi playoff, giocandosi l’Eccellenza mai raggiunta prima d’ora.
Dopo una prima frazione conservativa e poco brillante, i ritmi si alzano nel secondo tempo. I Portuali cercano l’aggressione, allungandosi sempre più. Il Chiesanuova fa buona guardia fin quando nel finale l’attaccante classe ’99 mette la firma in calce ad stagione coronata da una promozione più che meritata.
Primo tempo equilibrato con le due squadre attente a non sprecare troppe energie dato il forte caldo odierno. Poche azioni in avvio di gara con il Chiesanuova che fa più fatica degli avversari a proporre in avanti: il primo tiro in porta per i biancorossi arriva al 31’ con Bonifazi, sicuro Tavoni la blocca.
A 5’ dal termine i ragazzi di Migliorelli iniziano ad ingranare e minacciano la porta di casa. La coppia Bonifazi – Mongiello coglie di sorpresa la difesa degli anconetani senza però riuscire a trasformare. Ultima azione lato Portuali firmata Mascambruni che tenta il tiro dalla distanza, terminato fuori.
Nella ripresa sono i Portuali ad aggredire per primi: Marzioni al 6’ costringe Pedol fuori dai pali: primo brivido per il Chiesanuova in tutta la partita. La gara procede a ritmi sostenuti fino al 20’, quando il gioco si interrompe a causa dello stiramento che costringe capitan Mongiello in panchina.
Al 36’ il dubbio tocco di mano in area dei Portuali non viene segnalato dal direttore di gara e la panchina biancorossa si infiamma e Santoni viene espulso. Parapiglia anche sugli spalti che obbliga all’intervento delle forze dell’ordine.
Pasqui si divora il gol del vantaggio al 41’: servito benissimo in area da Campana, il tiro si impenna sopra la traversa. Si fa perdonare subito dopo: Portuali troppo lunghi in avanti si lasciano sorprendere nuovamente e Pasqui (43’) stavolta non sbaglia.
"Un'impresa straordinaria per la compagine biancorossa del presidente Luciano Bonvecchi e di mister Migliorelli", così l'amministrazione comunale di Treia ha commentato la storica promozione del Chiesanuova in Eccellenza. Anche il sindaco Franco Capponi, l'assessore allo sport David Buschittari e i consiglieri Donato Massei e Sabrina Virgili, insieme agli oltre 300 tifosi biancorossi, hanno voluto omaggiare la squadra al "Carotti" di Jesi.
Il clamore scaturito dalla notizia sulla carenza di personale di un noto chalet presso Civitanova, ha provocato la reazione e suscitato l'attenzione di alcuni lettori di Picchio news, che inaspriti dall’ennesimo scarica-barile sui giovani e la loro presunta “poca voglia di lavorare”, hanno deciso di condividere la loro testimonianza, raccontando il proprio punto di vista.
Vere e proprie denunce che scoperchiano un vaso di Pandora tutt’altro che segreto, evidenziando come i contratti stagionali vengano raramente onorati così come sono proposti: non di rado, ai dipendenti vengono richiesti turni di lavoro ben più lunghi del previsto, e retribuiti nel più dei casi in nero. Un modus operandi che ha fatto scuola anche nel settore della ristorazione, e finendo col rappresentare spesso e volentieri la norma per i lavoratori stagionali.
Naturalmente, e per fortuna, esistono le eccezioni: locali e datori di lavoro che garantiscono ancora contratti trasparenti e remunerazioni oneste e regolari, ma qui l'intento è di denunciare una tendenza oramai inconciliabile con le condizioni perseguite dai lavoratori oggi.
"Sono stato impiegato per anni presso varie realtà di Civitanova durante le stagioni estive e, nell’ormai lontano 2011, ho lavorato nello chalet in questione", racconta Enrico, impegato navigato nel settore, in una lettera inviata alla redazione. "Per quanto riguarda il rispetto nei confronti del dipendente, la voglia di trasmettere e, in generale, la bontà dell'ambiente di lavoro, nulla da eccepire. Tuttavia, le condizioni contrattuali non sono - o sarebbe meglio dire ‘non erano’ - quelle descritte".
"In primo luogo - spiega - nonostante il contratto di lavoro fosse stato regolarmente stipulato, va evidenziato come non ci fosse reale corrispondenza tra ore 'effettive' e ore 'dichiarate'. Basti pensare che nel mio estratto conto previdenziale INPS, per il periodo 27-02-2011/31-08-2011, la retribuzione totale ammontava a 228 euro. In secondo luogo, i doppi turni (pranzo e cena) diventavano una necessità durante l'alta stagione, pur rimanendo debitamente retribuiti. In ultimo, devo dire che il compenso al tempo era inferiore a quello dichiarato, ma su questo possono aver influito parecchi fattori e non mi sento di accusare nessuno".
Ciò detto - continua Enrico - la mia non è una critica diretta al ristoratore, ma piuttosto al sistema ristorazione e, in particolare, al periodo delle stagioni estive. Forse la mancanza di personale non è dovuta al reddito di cittadinanza, misura che in modo assoluto non condivido e vorrei fosse abolita. Ma se ci fosse più rispetto delle regole, degli obblighi contributivi e, in generale, di tutti i diritti che la legislazione prevede per il lavoratore, la ‘voglia di lavorare’ tornerebbe".
Si sta parlando qui nello specifico di attività che per loro stessa natura navigano in un mare torbido a livello normativo: stando al rapporto rilasciato dalla Corte dei Conti a fine 2021, la separazione tra le competenze degli enti locali nel rilascio delle concessioni e la diretta attribuzione delle risorse che ne derivano, riservata allo Stato, sarebbe alla base delle criticità relative all’efficace gestione degli stabilimenti, delle entrate e del loro controllo. Basti pensare che l'indagine qui presa in esame tiene considerazione circa 12mila stabilimenti registrati, contro i 30mila stimati in tutto il paese.
Le concessioni balneari in Italia si discostano inoltre dalle disposizioni volute dall’Unione Europea - delineate nella famigerata “Direttiva Bolkenstein” - arrivando a costare allo Stato milioni di euro ogni anno: da un punto di vista prettamente numerico, per quanto riguarda il periodo compreso fra il 2016 e il 2020, “la media dei versamenti totali rilevata, pari a 101,7 milioni di euro, risulta inferiore a quella delle previsioni definitive di competenza pari a 111 milioni di euro”.
Se si considera poi che l’Italia è fanalino di coda in Europa per la crescita di stipendi medi negli ultimi 30 anni (Dati OCSE), registrando l'unico dato in calo fra i paesi UE, ecco che il quadro comincia a prendere forma e a delineare una situazione ben più complessa del semplicistico “i giovani d'oggi non hanno voglia di fare niente".
“Non solo capita spesso che le ore previste dal contratto vengano ampiamente sforate, ma è diventata proprio la norma", racconta Leonardo, cuoco maceratese di 25 anni impiegato in un ristorante stellato in Trentino Alto Adige. "Le poche eccezioni sono quei locali dove i proprietari sono particolarmente noti e/o benestanti, come per i grandi marchi di moda: in quel caso possono permettersi una doppia brigata che si dà il cambio fra mattina e pomeriggio, evitando il turno unico. Al momento del contratto è quasi un tacito accordo fra dipendente e datore di lavoro: se l'accordo prevede una singola brigata e 8 ore di lavoro, è chiaro che quelle ore non potranno essere rispettate, non è proprio possibile".
"A livello di paga ormai - prosegue - è difficile trovare qualcuno che non rispetti gli accordi contrattuali, a patto che siano persone serie. Può capitare che parte dello stipendio venga percepita in nero, ma in questi casi solitamente anche il contratto prevede meno di otto ore e ci si basa più su un patto verbale e una remunerazione a giornata. Certo, è necessario che il datore di lavoro mantenga rapporti seri, altrimenti lo sfruttamento è dietro l'angolo".
"Per quanto possa risultare veritiero che la mentalità del “tutto e subito” rappresenti una caratteristica tipicamente giovanile, non ha senso fare di tutta l’erba un fascio", aggiunge Leonardo. "Magari all’inizio si fa fatica ad abituarcisi, specialmente in un lavoro come il mio dove si sta tantissime ore in piedi con pochi momenti di pausa, ma non sono l’unico ragazzo che con passione si impegna per realizzare il suo sogno. Ce ne sono tanti come me.
Devo essere onesto nel dire che invece dall’altra parte manca spesso una retribuzione seria e un atteggiamento più rispettoso del lavoratore: è la consuetudine che ammazza questo mestiere. Sono anni che nella ristorazione si va avanti in questo modo e ormai la gente si è abituata ad aspettarsi quel trattamento. Prima magari c’era più offerta di lavoro, ora le persone non sono più così disposte a questo tipo di situazioni lavorative e preferiscono, magari, contratti completamente regolari, con ore di lavoro più dignitose e paghe più alte.
Anche la pandemia ha aiutato a risvegliare un po’ le coscienze dei lavoratori: perché lavorare ai tavoli per 14 ore venendo pagato poco e in nero, quando posso avere una paga altrettanto decente, regolare e magari esercitando da casa in smart working? Qualità della vita, tempo libero e orari flessibili sono elementi che oggigiorno occupano posizioni di rilievo nelle priorità di chi si affaccia al mondo del lavoro".
"Leggendo di questi imprenditori che lamentano carenza di personale - conclude Leonardo - mi viene sempre da storcere il naso, poi quando si parla di stagioni estive è ancora peggio: molti non fanno nemmeno la giornata di pausa e si trovano a lavorare per mesi interi 13/14 ore al giorno, senza mai fermarsi. Si aggiunga che spesso la retribuzione non è adeguata a quel tipo di orari ed ecco che la passione non basta più a sostenere questa situazione. La passione, tanto decantata da chi lamenta vuoti nell’effettivo, non ti permette di superare la stanchezza".
Una stagione ricca di sfavillanti successi sportivi a Macerata, proprio nell'anno della nomina a città europea dello sport per il 2022. Vittorie in ogni disciplina e successi raccolti a iosa dalle atlete e dagli atleti della provincia: dalla pallavolo all’hockey, passando per il futsal e la pallacanestro, ripercorriamo brevemente i momenti più memorabili dei campioni della provincia.
Stagione travagliata per la Cucine Lube Civitanova, fiaccata da molteplici pesanti infortuni (come quello al ginocchio per lo “zar” Ivan Zaytsev, o il problema alla spalla che ha obbligato capitan Juantorena in panchina per mesi) e costretta ad abbandonare la Champions troppo presto. I biancorossi hanno tuttavia saputo far fronte alle difficoltà e non hanno mai smesso di lottare: l’exploit arriva nei playoff, con la rosa restituita dei suoi titolari: una cavalcata che si è conclusa con Gara 4 contro Perugia e che ha regalato ai civitanovesi il settimo scudetto e il venticinquesimo titolo della loro storia.
Meno sofferta la volata delle ragazze della CBF Balducci HR Macerata, ma non per questo meno spettacolare: al termine di una cavalcata storica, la squadra di Paniconi festeggia la promozione in A1, trionfando in una finale accesissima contro Mondovì. Hanno tutta un’altra forza ora le parole della schiacciatrice Alessia Fiesoli, che a metà novembre ci confidava le sue aspirazioni: “Non diciamo ancora nulla per scaramanzia, ma l’obiettivo è di fare ancora meglio dello scorso anno”. Un’emozione senza precedenti al Banca Forum di Macerata che al termine del quinto set di Gara 5 esplode per festeggiare la promozione delle beniamine arancioni nella lega maggiore d’Italia.
Per quanto riguarda il calcio, invece, è la Recanatese a conquistare la piazza più importante fra le squadre della provincia: i leopardiani hanno infatti staccato il prezioso biglietto per il professionismo, dominando senza appello per tutta la stagione in Serie D. Titolo che arriva matematicamente a tre giornate dalla fine, con i giallorossi capitanati dal Re Leone Sbaffo, capocannoniere assoluto del torneo: “Se sei primo da novembre, hai la miglior difesa e il miglior attacco del girone, è chiaro che i risultati non possono mancare”. A coronare una stagione già straordinaria, la vittoria in finale contro Gugliano che consacra i leopardiani a campioni indiscussi del dilettantismo italiano.
Un trionfo nazionale anche per i giovani giocatori del CUS Macerata, recentemente classificati per la Final Four italiana U21. Dopo l’incredibile successo ottenuto in C1 con una squadra per lo più composta da ragazzi maceratesi, arriva la tanto agognata promozione in Serie B: 60 punti totalizzati in 26 partite, con 20 vittorie e 6 sconfitte, proclamano il Cus campione. Nota di merito per i giovani Francavilla e Marangoni, che con 36 gol a testa hanno entrambi conquistato il titolo di capocannoniere del girone e hanno guidato i loro compagni verso la gloria.
Campionato al limite dell’assurdo per l’Invicta Futsal Macerata che conquista la C1 in una corsa inarrestabile e travolgente. Miglior attacco (135 reti in 22 partite) e peggior difesa (105 gol subiti) di tutti e tre i gironi per distacco, una strategia alla Zeman che alla fine ha premiato la squadra di Mister Pennesi, garantendo il primo storico accesso alla massima categoria regionale di futsal. Una promozione che ha consacrato definitivamente giocatori storici come Matteo “Matmachine” Iesari, il capitano Matteo Gattari e il giovane vicecapocannoniere Marco Gattari, senza dubbio uno degli mvp del torneo. “La C1 è l'Olimpo del futsal regionale, un campionato difficilissimo con un elevato livello tecnico e atletico – commenta mister Pennesi -. L'obiettivo sarà quello di mantenere una categoria conquistata con fatica giocando sempre le partite a viso aperto, senza speculare sull’avversario e imponendo il proprio gioco”.
Passando alla palla a spicchi, l’Halley Matelica ha ottenuto un risultato senza precedenti storici: dopo una grande prova di resilienza dimostrata durante i difficili playoff, i ragazzi di Mister Cecchini hanno completato l’impresa in quella gara 2 contro Pescara, conquistando per la prima volta la Serie B. Tanto cuore dimostrato dai biancorossi ha permesso loro di arrivare fino in fondo nonostante in alcuni momenti sembrasse impossibile: neanche il tris di sconfitte nel finale della regular season (Bramante in casa, Osimo in trasferta, Foligno in casa in Coppa Italia) è riuscito a spezzare il morale della Vigor, tenace fino all’ultimo.
Un vero e proprio sogno per i ragazzi dell'Hockey Potenza Picena che, a una giornata dal termine della stagione regolare, hanno ottenuto un biglietto diretto per la massima categoria nazionale acquistando il diritto di sedere al tavolo della Serie A1. Vittoria iridata anche per i giovanissimi potentini dell’U12 che a Klegenfurt hanno recentemente conquistato il torneo internazionale “United World Games 2022”, battendo 6 squadre proveniente da Austria e Germania e conquistando la prima piazza.
Dulcis in fundo, la Maceratese si risolleva dopo 5 anni di Promozione e torna ad affacciarsi in Eccellenza al termine di un campionato straordinario e incerto fino all’ultimo turno. Dopo un inizio di stagione difficile che aveva concesso al Chiesanuova il trono incontestato, la Rata è riuscita a rialzarsi, tracciando il percorso di una stagione da incorniciare. Perdere a metà anno prima l’allenatore, poi capitano e portiere sarebbe stata una condanna certa per molte squadre, ma è proprio dall’addio di Mastronunzio e Farroni che la Maceratese si risolleva , iniziando a scrivere la lunga serie di successi che da lì in avanti avrebbe cambiato le sorti della squadra: 11 successi di fila hanno colmato il divario dalla capolista, concedendo la prima piazza ai biancorossi alla penultima giornata. Un titolo che regala ai ragazzi di Trillini una soddisfazione che mancava da troppo tempo, culminata e coronata dall’ultima vittoria in casa contro l’Osimana per il titolo regionale.
Il Chiesanuova batte 1-0 il Monturano Campiglione e stacca il biglietto per la finale di Promozione, giocandosi un posto in Eccellenza. Cornice di pubblico risicata per la capienza limite imposta al "Sandro Ultimi", che ha impedito l’esodo dei tifosi fermani. Primo tempo fatto di uno contro uno senza molte occasioni, seguito da una seconda frazione più accesa ma comunque senza reti. Nei supplementari il Chiesanuova passa in vantaggio e conquista il posto in finale contro i Portuali, domenica prossima.
LA CRONACA. Partenza decisa dei biancorossi che aggrediscono già nei primi minuti nonostante la sicurezza del vantaggio dato da due risultati positivi su tre negli ultimi incontri. I lupi tengono botta e riescono a riguadagnare metri: un buon possesso palla permette agli ospiti di riprendere controllo del centro campo. Si scaldano gli animi e la partita si fa man mano più accesa: due gli infortuni entro la mezzora che spezzano il ritmo di gioco e portano la prima frazione a concludersi senza reti.
A inizio ripresa è Domi a minacciare la porta del Chiesanuova con i suoi scatti fulminei. Lo scontro entra sempre più nel vivo e il Chiesanuova torna alla carica arrivando anche a sfiorare il vantaggio. Finale di gara combattuto con tante opportunità da ambo i lati: i tifosi di casa incitano i propri beniamini negli ultimi minuti, ma i ragazzi di Bugiardini sono bravi a mantenere la calma e a non farsi scoraggiare. Pedol e Isidori, grandi protagonisti, congelano il risultato fino al 90esimo e si va ai supplementari.
Primo tempo supplementare decisivo: Capitan Mongiello si prodiga per la squadra e copre ogni reparto, tornando in difesa quando serve. Finalmente il gol arriva a meno di 5’ dal termine: Monteneri spizza in rete il corner di Campana e lo stadio esplode in un boato di gioia. Da segnalare una rissa a bordocampo, dopo il fischio, a seguito di una provocazione di Iommi alla panchina locale. Espulsi immediatamente Fabiani e Rodriguez.
Ultima frazione con il Monturano provato dalla partita e distante due gol dalla salvezza. La difesa del Chiesanuova dimostra nuovamente di meritare il titolo di migliore del girone e frena ogni offensiva avversaria. I tifosi di casa accompagnano i biancorossi alla conclusione con un sostegno incredibile e il fischio finale sancisce la vittoria definitiva per i ragazzi di mister Migliorelli, ora proiettati all’ultima sfida che li separa dall’Eccellenza contro i Portuali.