L’antenna 5G della discordia, il comitato di Rione Marche protesta. Laviano: "Compromesso inevitabile"
Sono iniziati i lavori di costruzione di un’antenna 5G nel quartiere Rione Marche, a Macerata. Un’antenna che era originariamente stata destinata a un'area privata in via Bizzarri, ma che l'amministrazione comunale ha deciso di spostare in via Cincinelli, a seguito di una protesta dei residenti.
Il cantiere è aperto da quasi due settimane e il basamento della struttura è già presente in loco, con l’amministrazione stavolta sorda alle lamentele dei cittadini. Le contestazioni non sono infatti mancate nemmeno da parte degli abitanti del quartiere, che nel giro di due giorni hanno formato un comitato per fermare i lavori e raccolto una petizione che conta circa 230 firme.
"Non riteniamo giusto che l’antenna venga costruita nel nostro quartiere senza essere interpellati - racconta uno dei membri del comitato - i residenti di via Bizzarri hanno ottenuto lo spostamento con le proteste, mentre le nostre voci sono rimaste inascoltate. Non ci hanno nemmeno avvisato dell’inizio dei lavori e siamo ancora in attesa di una risposta del Comune".
Nonostante i decenni di ricerca, la sicurezza di questa tecnologia è stata spesso messa in discussione da una larga fascia dell’opinione pubblica, la quale sostiene un rapporto causale fra le onde elettromagnetiche e alcune patologie: non ultimo lo stesso coronavirus. Eppure ancora oggi non ci sono dati scientificamente affidabili a sostegno di questa tesi.
A rispondere alle perplessità del comitato, è l’assessore all’ambiente di Macerata, Laura Laviano, incaricata al piano antenne e all’approvazione dei lavori: "A dirimere il piano antenne è un’azienda terza, la Polab Srl di Pisa, che ha disposto la posizione dei ripetitori nel rispetto della conformazione geografica di Macerata e delle norme vigenti. Il piano non è ancora stato approvato in Comune perché nell’ultimo anno sono occorse molte nuove norme comunitarie e nazionali, che hanno rivisto e modificato il piano".
"Le antenne sono considerate ‘beni di pubblica utilità’ e non ci si può opporre alla loro installazione - continua -: se arriva la proposta di un operatore, come Iliad in questo caso, corredata degli appositi studi sui campi elettromagnetici, non possiamo fare nulla per negarne la costruzione. Il nostro compito si limita a valutare l’impatto urbanistico ed ambientale dei lavori, mentre l'Arpam certifica che la propagazione delle onde non abbia effetti sulla salute”.
"L’antenna in questione, ora in costruzione nel piazzale dell’Oasi, non è diretta verso il Rione Marche ma verso il centro storico. Le onde non si propagano quindi in direzione delle case. Per quanto riguarda la scelta di spostare l’antenna da via Bizzarri in via Cincinelli, c’è stata una valutazione di maggioranza – sottolinea Laviano, prendendone le distanze – che ha optato per un posto pubblico anziché per quello privato. Fra le aree individuate dalla Polab c’era quella in questione e Iliad preferiva questa seconda opzione, per cui c’è stato questo spostamento”.
"Posso comprendere la posizione degli abitanti del quartiere e aggiungo che per me anche la prima domanda poteva andar bene - spiega l'assesore -, ma ha pesato il fatto che quella dell’Oasi fosse un’area pubblica, mentre via Bizzarri era un’area privata. Voglio rassicurare comunque sulla sicurezza delle posizioni individuate".
"Prima il canone annuo arrivava fino a 15mila euro anche per le aree pubbliche – specifica l’assessore -, mentre ora c’è un tetto massimo fissato a 800 euro. Non c’è un business che favorisce i privati, al contrario anche a Iliad conviene pagare 800 euro al Comune, contro i 15mila che avrebbe invece dovuto pagare al privato. Se vogliamo continuare a vivere in questo modo – conclude Laviano -, ad utilizzare i telefoni ed internet, dobbiamo anche accettare questi compromessi".
Oltre all’Istituto Superiore di Sanità e al Comitato scientifico della Commissione Europea, che rassicurano sull’affidabilità di questa tecnologia, la comunità scientifica si occupa di monitorare e raccogliere dati per testare l’impatto che la costruzione di una rete 5G su larga scala avrebbe sulla popolazione.
Le frequenze radio utilizzate in questo caso non sono dissimili da quelle emesse dai telefoni cellulari a partire dal 1998, quando la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non-Ionizzanti (Icnirp) aveva pubblicato le prime linee guida sull’esposizione ai campi elettromagnetici: "L’elemento principale è che la fondamentale valutazione del rischio è rimasta invariata – traducendo le parole del dottor Jack Rowley, direttore al Gsma riportate dal Guardian -. I limiti che avevamo nel 1998 ci proteggono ancora oggi".
E ancora: "Attualmente l’unico effetto comprovato dell’esposizione ai campi elettromagnetici, comprese le frequenze del 5G, è un leggero surriscaldamento dei tessuti – sostiene Steven Novella, fondatore ed editore della rivista ‘Science-Based Medicine’ -. Ci sono diversi altri effetti suggeriti dalla ricerca, ma nessuno di questi si è ripetuto al punto di essere considerato rilevante".
Commenti