di Simone A. Coppari
Lega Marche, Giorga Latini candidata alla guida del partito. Lucentini: "Si apre una nuova pagina"
Ad annunciare il cambio di vertice è il Commissario regionale Mauro Lucentini che in questo mese ha traghettato il partito fino al congresso che si svolgerà al PalaCongressi di Loreto: la candidata alla guida del partito è Giorgia Latini. “Porto a termine questo lavoro che mi è stato affidato circa un mese fa dal segretario federale Matteo Salvini e dall’Onorevole Riccardo Augusto Marchetti - dichiara Lucentini- Pur avendo dato disponibilità a candidarmi per la carica di segretario regionale, a seguito di altri incarichi politici in essere concordati con il segretario federale Matteo Salvini, abbiamo reputato opportuno optare per la candidatura di Giorgia Latini per la segretaria regionale. Insieme ai cinque segretari provinciali, assessori e consiglieri regionali abbiamo riconosciuto in Giorgia indubbie capacità amministrative e politiche, la figura giusta per guidare il partito in maniera unitaria". "A Giorgia, alla quale va tutta la mia stima, aspettano sfide importanti in tutta la Regione - conclude -. Sono sicuro che saprà portare a casa ottimi risultati. A Giorgia va riconosciuta da sempre la capacità di fare sintesi e di saper mettere in atto un serio e leale gioco di squadra, peculiarità che contraddistingue il nostro partito. Con il congresso regionale si apre una nuova pagina per la Lega Marche e sono fiero che ad aprire questa pagina sia Giorgia Latini”. “Con Mauro da sempre abbiamo fatto squadra e continueremo a farla con lealtà e gran senso di responsabilità - dichiara Latini - È stato proprio Mauro a chiedermi di candidarmi alla guida del partito nonostante quello designato fosse proprio lui. Insieme lavoreremo per far crescere la Lega nelle Marche in maniera unitaria ascoltando le istanze dei singoli territori. Quello che distingue la Lega è da sempre il lavoro di squadra e insieme a Mauro non mancherà occasione per dimostrarlo”. Il congresso è stato convocato in prima convocazione alle ore 9.30 di domani ed in seconda convocazione alle 10.30. Sarà possibile accreditarsi fino alle ore 12.00. L’ordine del giorno prevede, oltre all’elezione del segretario regionale, anche l’elezione dei membri del Consiglio Direttivo Regionale e l’elezione dei Delegati al Congresso Federale.
Tolentino, il lago delle Grazie si svuota e diventa fango: una radice blocca le paratie della diga (FOTO E VIDEO)
Arrivati sulle sponde del fu Lago delle Grazie di Tolentino, la scena è drammatica: l’intero alveo del bacino idrico è esposto alla luce del sole, con quasi un milione di litri cubi d’acqua defluiti nel Chienti in seguito ad un blocco delle paratie della diga. “Le piogge torrenziali che recentemente si stanno abbattendo sulla provincia, di breve durata ma dall’intensità enorme e circoscritte ad una piccola area, rendono difficile il controllo dei flussi idrici” spiega il sindaco di Tolentino, Mauro Sclavi. Ieri sera, intorno alle 19:00 durante un momento di piena del fiume dovuto alle condizioni atmosferiche, una enorme quantità d’acqua si è riversata nel lago, rendendo necessaria l’apertura delle paratie. “Come di consueto – continua il primo cittadino – abbiamo fatto defluire metà dell’acqua in arrivo fuori dalla diga, con l’intento di conservare l’altra metà nell’invaso per le scorte estive. Ma al momento della chiusura, una gigantesca radice trasportata dalla forte corrente si era bloccata sotto la paratia, impedendone l’abbassamento completo e facendo defluire tutte le risorse idriche in poche ore”. Oltre al blocco forzato della produzione idroelettrica, lo svuotamento del lago ha comportato disagi anche alla cartiera poco distante, che faceva affidamento sull’acqua del bacino idrico per la propria attività. La qualità dell’acqua è infatti stata compromessa, essendo piena di detriti e, perlopiù, tramutata in fango. Immediati i provvedimenti cautelari disposti dal Comune di Tolentino, il quale ha chiuso la strada di via Pier Santi Mattarella per permettere la rimozione della radice. I residenti delle contrade di Sant’Andrea e Rofanello potranno utilizzare via Pianibianchi fino al termine dei lavori.
"La situazione è disperata, barricate fai da te con mio figlio": la voce di Iole dalle sponde del Potenza
L’ondata di maltempo che da giorni sta investendo il centro Italia sta causando danni enormi. Per quanto nelle Marche non si siano registrate vittime come nella vicina Emilia–Romagna, la situazione ha toccato livelli di criticità preoccupanti in diverse zone della regione, con i vigili del fuoco, la protezione civile e le forze dell’ordine impegnate su tutto il territorio per gli interventi d’emergenza. Nella provincia di Macerata il peggio è arrivato nella notte, quando verso l’una e mezza si è raggiunto il picco delle precipitazioni con i fiumi Chieti e Potenza vicini ai livelli di criticità. "Mancavano due dita d’acqua per l’allerta rossa", racconta l’assessore alla sicurezza di Macerata Paolo Renna. "Abbiamo controllato la situazione sul campo fino a notte fonda, fin quando la crisi non era rientrata". "L’allerta è arrivata lunedì mattina e da allora ci siamo subito attivati con la protezione civile, monitorando ogni quattro ore le vallate del Chienti del Potenza - spiega Renna -. Un allarme è arrivato questa notte verso l’1:20 dall'idrometro ‘Chienti 10’ presso la Stazione di Pollenza: abbiamo dunque controllato le zone di Sforzacosta e Piediripa fino alle 2 di notte. Dopo il picco dell’una e mezzo, la situazione è via via rientrata”. Potrebbero ricapitare episodi del genere nei prossimi giorni? "Dalle 14 di oggi siamo passati di nuovo in stato di allerta gialla: potrebbe esserci qualche altro movimento franoso, data la quantità di pioggia caduta. Le strade più a rischio sono tutte attenzionate, tra cui quella che da Madonna del Monte conduce a Sambucheto che abbiamo dovuto chiudere ieri proprio per una grossa frana che l’aveva resa inagibile". Se nel comune di Macerata si è "corso dietro alle piccole emergenze", qualche tombino attappato o qualche buca sulle strade, ben più ingenti sono stati i danni riportati in comuni limitrofi come Treia (leggi qui) o Recanati. Per chi vive nelle vicinanze di un fiume come il Potenza, la paura è ormai un’abitudine quando la pioggia cade così copiosa. "Sono anni che ci dicono che i soldi per pulire il fiume non ci sono, gli interventi si fanno solo quando ormai la situazione è disperata". Iole Francesconi, residente a Recanati in una vecchia casa poco distante dal Potenza, convive da anni con allagamenti e inondazioni: "Mi sono ritrovata anche con 70 centimetri d’acqua in casa e a nessuno frega niente. Se non si fa la manutenzione ordinaria adeguata tutti gli anni andrà sempre peggio". "Ieri per non far entrare l’acqua abbiamo costruito delle barricate con la schiuma da elettricista di mio figlio e dei pezzi di metallo, l’unico aiuto che abbiamo ricevuto dal Comune sono stati quattro sacchi di sabbia, che ci hanno anche richiesto indietro - racconta infervorita -. Fortunatamente, a forza di esondare, il fiume ha scavato un fosso attorno casa: ora prima di raggiungerci deve riempirlo. Ci ha pensato prima madre natura che gli esseri umani". Che la causa sia la questione climatica non è un mistero, così come appare ovvio che il problema non si risolverà da solo e senza un piano concreto ed efficace. Sul lungo termine ci sono già progetti di prevenzione: "Anche con il progetto delle ciclovie presentato oggi (leggi qui) ci stiamo muovendo in questa direzione: oltre alle finalità turistiche, faranno da canali d’emergenza per la protezione civile nei momenti di necessità. Nella realizzazione dei percorsi metteremo in sicurezza diverse sponde, ripuliremo i fossi da piante secche e cadute. Faremo un bel lavoro di pulizia e investiremo di più nella manutenzione ordinaria, solo così potremo evitare che i fiumi facciano danni", conclude Renna.
Kickboxing, Buratti si riconferma campione d’Italia: le prossime sfide dal titolo professionistico ai Mondiali
Simone Buratti si riconferma per il secondo anno di fila campione d’Italia. Ora lo sguardo è rivolto al futuro: sulla lista degli obiettivi c’è la cintura di categoria fra i professionisti e il campionato Mondiale con gli azzurri. Una vita fra libri e palestra per il campione d’Italia di Kickboxing, classe ’99 originario del Maceratese, attualmente iscritto al primo anno della magistrale in Biologia della nutrizione ad Urbino. "Dopo l’estate scorsa passata ad Apiro con l’allenatore Franco Antonelli, a ottobre ho iniziato il primo anno di magistrale ad Urbino, continuando ad allenarmi e partecipando alle competizioni ufficiali - racconta Simone -, non è sempre facile, soprattutto sotto sessione. Anche a dicembre, tornato dagli Europei, sono subito dovuto tornare a studiare per gli esami". L'atlteta biancorosso ha partecipato e vinto il criterium, il classico torneo di qualificazione tenutosi a fine marzo in cui sono stati selezionati i migliori quattro atleti di categoria per i Nazionali. I vincitori si sono poi affrontati in un classico girone all’italiana, un tutti contro tutti da cui Buratti è uscito in testa portando a casa solo successi e rimanendo imbattuto. Il titolo conferirà l’accesso fra gli azzurri, un biglietto valido per i prossimi campionati Mondiali. Una riconferma fra gli azzurri dopo le esperienze nel 2019 e nel 2022. “Mi voglio togliere la soddisfazione della medaglia: agli Europei dello scorso anno mi sono visto strappare la semifinale in Turchia contro l’avversario che rappresentava la nazione ospitante. La prossima sfida internazionale saranno i Mondiali, molta più concorrenza ad un livello altissimo, ma ci faremo trovare pronti”. Come ti sei preparato per i campionati Italiani? "Per le Nazionali mi sono allenato sia ad Urbino con gli allenatori della palestra, sia da solo con esercizi mirati e calibrati sulla competizione in vista, quindi modulando i tempi in base a quelli di gara ad esempio. Devo ringraziare anche mio nutrizionista Luca Belli, un pilastro da un punto di vista psicologico, oltre che sportivo, al mio fianco da quando ero un bambino. Da martedì scorso ho poi dovuto iniziare in anticipo la preparazione: è arrivata l’inaspettata chiamata per la sfida valida per il titolo da professionista e non mi sono lasciato sfuggire questa bella occasione". Il prossimo 24 giugno, alla Reggia Venaria di Torino, Buratti sfiderà un atleta milanese, già con diversi match alle spalle fra i professionisti e più esperto del lottatore maceratese, in un incontro valido per cintura della categoria dei 67 kg. "Sono emozionatissimo per questa opportunità, potrò competere al più alto livello italiano. C’è tanta voglia di fare bene e di vincere. Non manca un po’ di sana ansia, di quella che ti fa crescere e migliorare. Anche solo misurarsi con una sfida così ti fa salire di livello". Ti allenerai diversamente in vista di una sfida tanto importante? "La preparazione sarà divisa fra la palestra di Urbino, gli allenamenti specifici affidatimi dagli allenatori della federazione, quelli con il preparatore della nazionale Raffaele Cipriani a Cupra Marittima e quelli con il mio allenatore di Apiro, Franco Antonelli. Viaggerò un po' per le Marche prima per allenarmi e arriverò pronto al grande evento".
Juantorena re (anche) in Turchia: "Per lo scudetto forza Lube e l'anno prossimo torno in Italia"
Osmany Juantorena chiude in bellezza la stagione disputata fra Cina e Turchia: dopo la finale persa con lo Shangai, l’ex azzurro ha trionfato con lo Ziraat Bankkart per 3-1 contro l’Halkbank Ankara, conquistando il terzo titolo di fila per la propria squadra e tracciando un record assoluto nel campionato turco. Osmany aveva già vinto in Turchia nella stagione 2013/2014 proprio nell’Halkbank Ankara, formazione che quest’anno ha eliminato la Lube Civitanova in Champions. Una vittoria che permette al campione di togliersi più di un sassolino dalla scarpa: ora lo sguardo è rivolto al domani per l’imminente ritorno nel campionato italiano con il Modena. Di seguito l’intervista a Juantorena. Anzitutto complimenti per la vittoria del campionato. Che effetto fa vincere l’ennesimo titolo in carriera? “Sono molto contento. Dopo aver scelto di lasciare la Lube è stato un anno difficile: sono stato lontano dalla mia famiglia e anche in Cina non è andata bene. Ci tenevo tanto a portare a casa questo scudetto, avevo già vinto con l’Halbank e ripetere con lo Ziraat ha un valore enorme. È come vincere con l’Inter e poi con il Milan. Il fatto che Bankkart sia la prima squadra della storia turca a vincere tre scudetti di fila, poi, mi riempie d’orgoglio, specialmente pensando che Ankara era la favorita”. Il campionato turco è sempre più quotato. Che differenze hai trovato dal punto di vista tecnico con la Superlega? “Il campionato turco è buono e di qualità, appena sotto a quello italiano come dimostrato dal match fra Civitanova e Ankara. Qui ci sono tanti stranieri che fanno la differenza e alzano il livello, però l’Italia rimane su un gradino più alto da un punto di vista tecnico e tattico”. Domani Trento e Civitanova si sfidano per lo scudetto. Immaginavi di vedere la Lube tornare subito in finale scudetto dopo la rivoluzione estiva? “Nessuno si aspettava di vederli in finale. Quando erano sotto 2-0 con Verona li avevo dati per spacciati, e deve essere stata una sorpresa anche per loro riuscire a rimontare. Meritano di essere lì, hanno continuato a giocare bene anche con le spalle al muro. Mando a loro un grande in bocca al lupo”. Tu sei un doppio ex, dove pende di più il tuo cuore? Trento o Civitanova? “Nonostante ci sia qualche ruggine con la proprietà della Lube dopo la rottura dell’anno scorso, vorrei che vincessero comunque i cucinieri. Abbiamo passato sette anni insieme e se saranno loro a vincere faranno la storia della pallavolo italiana conquistando il quarto scudetto di fila. Un bel traguardo che gli auguro di raggiungere”. Infine una domanda sull'immediato futuro, un ritorno in Italia è immaginabile? “Stavo per rinnovare qui in Turchia quando è arrivata all’ultimo una chiamata importante dall’Italia: dal prossimo anno entrerò fra le fila del Modena. Non potevo rifiutare l’offerta, ero troppo curioso di tornare per questa nuova avventura.
Caro affitti per gli universitari: "A Macerata il vero problema è la mancanza di alloggi"
La fine del periodo pandemico e la speculazione hanno portato, soprattutto nelle grandi città italiane, una fortissima crisi immobiliare legata agli affitti di camere e abitazioni per studenti. Sono giorni, infatti, che nelle piazze di Milano, Roma, Firenze, Pavia, Padova, Venezia, Bologna, Perugia, Bari, Torino e Cagliari i giovani universitari si sono sollevati per denunciare la situazione, accampandosi con le tende di fronte agli atenei e avanzando proposte per risolvere la crisi. A portare l’attenzione sul tema, più che le tendopoli allestite dagli studenti, è stato il ministro all’istruzione Valditara che ha deciso di puntare il dito contro le amministrazioni di centrosinistra, dimenticando che la crisi abitativa sta colpendo anche città governate dalla maggioranza. “Noi di Officina ci impegniamo su questo tema a Macerata almeno dal 2017 – sottolinea il coordinatore Lorenzo Di Nello - e nessuna amministrazione ci ha mai ascoltato. Serviva il caso nazionale per attirare l’attenzione sulla questione anche a livello locale”. Dalla sterile polemica esplosa a palazzo Chigi dopo le dichiarazioni di Valditara, ha preso il via la misura proposta dalla ministra dell’università Bernini che, sbloccando i 660milioni di euro previsti nel 2022 per l’emergenza-abitativa, renderà disponibili diversi immobili inutilizzati in accordo con il demanio. Macerata, nella sua ristretta dimensione di piccola città universitaria, non è esclusa dal problema. Fra la scarsa reperibilità dei locali e l’aumento dei prezzi, sempre più studenti lamentano difficoltà e meccanismi contorti fra privati ed istituzioni. A fotografare la situazione maceratese è il coordinatore di Officina Universitaria, Lorenzo Di Nello: “Per quanto Macerata sia in linea con il resto d’Italia, bisogna tenere conto del sisma e delle sue conseguenze”. “Macerata ha un prezzo accessibile rispetto a molte altre città universitarie, motivo che spinge molti studenti a sceglierla a monte, come dimostra l’altissimo numero di ‘no tax area’ (esentati dal pagamento di tasse universitarie). Gli incrementi economici qui si sono avvertiti in misura minore, con le singole che sono passate da un costo medio di 170 euro ad un minimo di 200”. “Il vero problema di Macerata - spiega ancora Di Nello - sta nella reperibilità delle case: il terremoto ha dato un duro colpo alla disponibilità di alloggi in centro, con moltissimi edifici oggi in ristrutturazione per effetto di bonus ricostruzione e 110%. Il centro storico è il luogo più abitato da studenti e la ridotta disponibilità ha influito anche sui costi in crescita”. "Va anche considerato che la quota di borsisti Erdis aventi diritto all’alloggio (ente regionale per il diritto allo studio delle Marche ndr) è molto più alta dei locali effettivamente disponibili: chi rimane senza casa ha poi diritto al rimborso dell’affitto di un alloggio privato, che deve essere trovato autonomamente dal borsista entro un mese dall’uscita delle graduatorie - aggiunge -. Per non perdere il contributo d’affitto lo studente è quindi costretto a trovare e firmare un contratto di almeno 10 mesi. Dato, però, che di solito le graduatorie vengono pubblicate a ottobre e che i maceratesi non affittano a studenti ad agosto per il turismo estivo, si instaura un meccanismo contorto che penalizza ulteriormente gli studenti”. "La scarsità di alloggi è la prima causa contingente: per quanto Camerino abbia subito danni ben più ingenti, i finanziamenti ricevuti hanno sopperito bene con il nuovo campus. A Macerata invece ci sono ancora molte strutture universitarie chiuse e i tanti locatori privati non bastano a coprire la mancanza di alloggi Erdis - conclude Di Nello -. Bisognerebbe effettuare una ricognizione accurata degli edifici privati abitabili, con la collaborazione costante di Università, Comune e privati cittadini, così da capire l’effettiva disponibilità di case a Macerata anche fuori dal centro. Si potrebbe ad esempio lavorare sui collegamenti fra quartieri periferici, come le Vergini, e il centro storico, così da non escludere a priori chi non è dotato di un’auto. Troppo si fa ancora per passaparola sui social, sarebbe necessario mettere tutto in regola e trovare il modo migliore per gestire la situazione”.
Civitanovese in Eccellenza, Paolucci racconta l'inarrestabile cavalcata: "Il futuro? Il rossoblù mi dona"
L’arrivo di Michele Paolucci alla Civitanovese a inizio campionato ha segnato uno spartiacque per la formazione rossoblù: con una cavalcata inarrestabile, la squadra rivierasca ha mantenuto la vetta incontestata fino alla fine conquistando il titolo di Promozione e il salto in Eccellenza a tre giornate dal termine. Paolucci, classe ’86 e civitanovese di nascita, vanta una carriera di tutto rispetto alle spalle: dagli esordi nel settore giovanile della Juventus, di cui tutt’ora è il bomber più prolifico di sempre, fino ai successi con Ascoli, Catania, Siena e Vicenza e le esperienze all’estero a Malta e in Canada. All’alba della vittoria con la Cluentina e dei festeggiamenti per il titolo, capitan Paolucci si è raccontato ai nostri microfoni: dall’esordio fra i dilettanti al futuro in maglia rossoblù. Che cosa ha significato per te l’arrivo alla Civitanovese? "Molti mi davano del pazzo prima di prendere questa scelta, ma per me è stato un atto d’amore: sono nato a Civitanova ed è un onore portarne i colori. Questa è casa mia, i miei genitori e i miei nonni sono nati qui e questa è la mia terra, non posso che essere orgoglioso di rappresentarla in campo". Come ti sei trovato in Promozione, dopo una carriera fra i professionisti? "Mi sono reso conto che fosse un brutto campionato già al match d’esordio a Marina Palmense, dove il campo era al limite della regolarità: entrammo negli spogliatoi metà per volta e per me fu un vero shock. Tuttavia si è rivelata un’esperienza molto formativa: chi gioca in queste categorie lo fa solo per amore e per passione, spesso coniugando il lavoro vero e proprio con allenamenti e partite. Ho imparato ad apprezzare ancora di più questo sport". Cosa hai provato nel condurre in Eccellenza la Civitanovese da capitano della tua città? "È stata un’emozione straordinaria: vedere i miei compagni così felici, la città in festa, è qualcosa che mi porterò per sempre dentro. Sentivo molta responsabilità sulle mie spalle ma abbiamo fatto una stagione bellissima, raggiungendo questa gioia immensa tutti insieme". Anche il rapporto con i tifosi è migliorato molto dopo il tuo arrivo. "Ieri allo stadio abbiamo portato 4 generazioni diverse e dobbiamo esserne tutti orgogliosi. Il mio ritorno a casa ha sicuramente dato una scossa, ma il grosso del merito va all’impegno di tutti i ragazzi che hanno riportato i cittadini al Polisportivo. Civitanova è casa nostra e chi viene a sfidarci deve sapere che la città è unita e salda". Quali sono stati gli elementi che vi hanno permesso di dominare il campionato? "Se non fosse stato per la nostra diretta inseguitrice, l’Aurora Treia a cui vanno tutti i miei complimenti, il campionato sarebbe finito tre mesi fa. Abbiamo fatto vuoto sotto di noi, rimanendo in testa dalla prima all’ultima giornata e questo la dice lunga. La squadra è stata sempre padrona del proprio destino e i meriti vanno a tutti i componenti: siamo un gruppo unito e solido, c’è un pizzico di ognuno in tutte le nostre vittorie". Obiettivi per la prossima stagione, sia per la squadra che per te personalmente? "È troppo presto per pensare al futuro, siamo ancora inebriati dalla vittoria e non ci sono ancora dati certi su eventuali trasferimenti. Sono convinto che la società vorrà fare un bel campionato anche l’anno prossimo, continuando a crescere secondo il giusto indirizzo dato dal presidente Profili. Personalmente, dopo essere tornato a casa dall’America, faccio fatica a vedermi con altri colori. Il rossoblù mi sta bene". Come ti vedi quando avrai appeso gli scarpini al chiodo? "Il calcio è tutta la mia vita, è sempre stato il mio lavoro e la mia passione più grande. Per ora mi godo ancora il campo: sono riuscito a giocare tutte le partite e mi sento in forma. Solo nell’ultimo mese ho avuto qualche problema al ginocchio, ma la mia testa non riesce ad andare oltre e mi vedo ancora solo come giocatore. Poi chissà, per quanto mi piaccia la ristorazione, con i due ristoranti di mia proprietà, in Canada avevo aperto una scuola calcio privata e non nascondo che mi piacerebbe ritirare fuori questo sogno". (Crediti foto: Giuseppe Isidori)
Hikikomori nelle Marche, guida al nuovo disagio adattivo dei giovani: parlano le psicologhe Tinti e Callarà
Parlare del fenomeno degli hikikomori è complesso a prescindere dall’angolatura da cui lo si guarda. In primo luogo, si tratta di una realtà molto recente in Italia, poco conosciuta e ancora molto stigmatizzata; in secondo luogo, si tratta di una condizione per sua natura difficile da individuare. Hikikomori è infatti chi decide di ritirarsi dalla società volontariamente, rifiutando ogni forma di interazione e, dunque, di aiuto. A nulla è servito cercare la sponda dell’amministrazione comunale di Macerata, priva di qualsiasi dato e non in grado di fornire supporto nelle ricerche. L’unico studio che ad oggi è riuscito a raccogliere statistiche concrete sulla situazione italiana è quello del Consiglio Nazionale delle Ricerche, in collaborazione con il Gruppo Abele: su un campione di oltre 12.000 studenti fra i 15 e i 19 anni, è emerso che il 2,1% attribuisce a sé stesso la definizione di Hikikomori (stimati quindi 54mila studenti su scala nazionale); "il 18,7% degli intervistati afferma, infatti, di non essere uscito per un tempo significativo, escludendo i periodi di lockdown, e di questi l’8,2% non è uscito per un tempo da 1 a 6 mesi e oltre: in quest’area si collocano sia le situazioni più gravi (oltre 6 mesi di chiusura), sia quelle a maggiore rischio (da 3 a 6 mesi). Le proiezioni ci parlano di circa l’1,7% degli studenti totali (44mila ragazzi a livello nazionale) che si possono definire Hikikomori, mentre il 2,6% (67mila giovani) sarebbero a rischio grave". Va sottolineato infatti che i più colpiti sono i giovani in età adolescenziale che, carichi di una sfiducia generale verso il mondo e verso il futuro, sviluppano questa forma di disagio adattivo che si traduce in un ritiro sociale volontario. La pressione del giudizio sociale esteso a ogni ambito della personalità individuale, il rifiuto di una società ingiusta ed immorale, la fuga dalle ansie, dal senso di inadeguatezza e dalla vergogna, sono fra le prime cause dell’isolamento degli hikikomori. Non è sempre facile convincere chi, nelle sue elucubrazioni, rimane lucido e razionale, pur sovrastimando paura e rischio. Se a ciò si aggiunge un’incomunicabilità di fondo con le generazioni precedenti, spesso incapaci di comprendere adeguatamente la situazione e intervenire correttamente, ecco che il quadro appare più chiaro. Il rapporto con la famiglia segue spesso un pattern in linea con il vecchio modello patriarcale: una madre iperprotettiva e molto ansiosa a cui viene delegata la maggior parte dell’onere educativo, e un padre autoritario e distante emotivamente. «“Hikikomori" è un termine coniato in Giappone che letteralmente significa "porsi in disparte", "isolarsi", "ritirarsi"». A parlare è Valeria Tinti, psicologa e psicoterapeuta referente nelle Marche per l’associazione nazionale "Hikikomori Italia". «L'aspetto centrale è un forte disagio sperimentato nei contesti sociali e il desiderio irresistibile di evitarli; ciò innesca un processo che può portare con tempi e modalità variabili all'isolamento fisico vero e proprio, anche se non necessariamente si raggiunge questa condizione più estrema. Non di rado infatti la persona riesce a mantenere gli impegni di studio o lavoro e anche una minima vita sociale, ma questo le provoca comunque sofferenza». Facciamo chiarezza: cosa significa esattamente "hikikomori"? Rientra nello spettro delle malattie mentali? «La condizione hikikomori non è riconducibile a nessuna psicopatologia riconosciuta. Tale condizione non andrebbe confusa con i sintomi di una depressione grave o di una psicosi, inoltre non si tratta di una dipendenza patologica, in questo caso infatti l'uso di Internet e delle tecnologie rappresenta una compensazione rispetto alla mancanza di relazioni e si può considerare un fattore protettivo in quanto salvaguarda un minimo di interazione con il mondo esterno». In Italia quando si è iniziato a prendere consapevolezza del fenomeno? C’è sempre stato e ora è aumentato o è una problematica nuova? «In Giappone la comparsa e la prima diffusione del fenomeno risalgono alla fine degli anni 80, mentre in Italia i casi riscontrati sono più recenti. Come ogni altro sintomo, la tendenza all'isolamento sociale volontario è la forma esteriore attraverso la quale si manifesta un malessere interiore e relazionale ed è condizionata dal contesto sociale e dall'epoca storica in cui si presenta. La cultura di appartenenza influenza strettamente le forme sintomatiche che il malessere delle persone utilizza per esprimersi, pertanto in società e in epoche differenti hanno particolare diffusione sintomi specifici. Il ritiro sociale volontario oggi sembra rappresentare una delle modalità di elezione attraverso le quali si manifesta la difficoltà delle persone a crescere all'interno del sistema sociale di stampo occidentale, a partire dal piccolo gruppo sociale che rappresenta la famiglia fino ai gruppi sociali più allargati». Quali possono essere le cause per l’isolamento volontario e quali le soluzioni? «Alcuni fattori riguardano la società odierna e le forti pressioni che esercita sugli individui verso la realizzazione sociale, imponendo standard prestazionali elevati ed alti livelli di competizione. Questi aspetti possono mettere in difficoltà chiunque ma alcune persone, per fragilità personali legate alla propria storia, al sistema familiare e ad esperienze negative con il gruppo dei pari (per esempio essere vittima di bullismo), giungono a non tollerarli e pertanto rinunciano a perseguire qualunque obiettivo di realizzazione sociale, ritirandosi dai giochi. Per cercare di abbordare il problema, anche quando come spesso accade le ragazze e i ragazzi isolati rifiutano di intraprendere una psicoterapia in prima persona, occorre partire dal sensibilizzare gli ambienti di vita che la persona frequenta o frequentava, innanzitutto la scuola, e da un percorso di supporto o di psicoterapia per i genitori. Anche quando la persona direttamente interessata svolge un proprio percorso di cura, sembra molto importante che i genitori possano intraprendere parallelamente una propria psicoterapia o avvalersi per lo meno di un supporto psicologico». Per comprendere meglio la centralità della relazione con la famiglia abbiamo raggiunto anche la psicologa Lucia Callarà, coordinatrice del gruppo di mutuo aiuto per genitori a Porto Sant’Elpidio per l’associazione Hikikomori Italia. Quanto è diffuso il fenomeno degli “hikikomori” nella provincia di Macerata (o, in mancanza di dati, nel sud delle Marche)? «Per quanto riguarda il sud delle Marche abbiamo un numero approssimativo di famiglie partecipanti ai gruppi gratuiti di Auto Mutuo Aiuto (AMA). Le famiglie partecipanti nello scorso anno sono state circa una ventina. Nel gruppo online dei genitori tuttavia ci sono molte più famiglie iscritte all'associazione Hikikomori Italia. Una stima precisa di quanti ragazzi e ragazze siano in isolamento sociale volontario ad oggi non siamo in grado di darla. Ci capita di vedere alcune famiglie, ma non possiamo quantificare il numero dei giovani isolati. Sicuramente è grande il numero “sommerso”, poiché la nostra Associazione nelle Marche, nonostante gli eventi di sensibilizzazione che organizziamo, è ancora poco conosciuta». Come viene percepito il tema a livello sociale, tanto nella famiglia quanto nelle istituzioni scolastiche e amministrative? «Il tema dell’isolamento sociale e la nostra associazione sono ancora poco conosciuti nel territorio che noi dell’Associazione chiamiamo “Marche Sud”. In alcune scuole marchigiane ci sono dei progetti dedicati. Ultimamente alcuni comuni nella zona Marche Sud si sono interessati organizzando eventi di sensibilizzazione. È assai preziosa la collaborazione tra i comuni, le scuole, i servizi e la nostra associazione. È importante fare rete. Spesso sono proprio le famiglie partecipanti ai gruppi AMA dell’Associazione a sensibilizzare diffondendo informazioni e organizzando degli incontri per far conoscere il fenomeno poiché sono in molti ancora a saperne poco o nulla. Istituzioni, scuola e famiglia devono collaborare insieme per poter essere utili per i ragazzi. La nostra associazione, fondata nel 2017 da Marco Crepaldi, oggi è presente in quasi tutte le regioni italiane, a testimonianza del fatto che il problema dell’isolamento sociale degli adolescenti e dei giovani è significativo». Come può un genitore rendersi conto in tempo delle condizioni del proprio/a figlio/a? Quale percorso deve intraprendere per assisterlo/a adeguatamente? «L’importante è non patologizzare, ma neanche minimizzare. Si tratta pur sempre di un disagio, di un malessere che va preso seriamente. È sicuramente un segnale che indica che qualcosa non sta andando. Quando le assenze scolastiche iniziano ad aumentare e il ragazzo (o la ragazza) inizia ad isolarsi in camera, in questo caso è importante che la famiglia cerchi il dialogo e il sostegno di un esperto». L'associazione Hikikomori Italia offre gratuitamente ai genitori associati la possibilità di frequentare dei gruppi di auto mutuo aiuto, che si tengono una volta al mese nelle città di Fano, Ancona e Porto Sant'Elpidio. Questi gruppi esperienziali non sostituiscono di certo un intervento di supporto psicologico o di psicoterapia, ma permettono di iniziare a riflettere sulla propria problematica, confrontandosi con altre persone che vivono un disagio simile al proprio, e di trovare nuove modalità per comunicare e relazionarsi in famiglia. Anche per le ragazze e i ragazzi in isolamento sociale volontario l'Associazione offre la possibilità di ricevere aiuto gratuitamente: si può richiedere di usufruire di un ciclo di cinque sedute on-line di consulenza con un professionista esperto e/o di partecipare ad un gruppo di supporto psicologico che si svolge on-line una volta ogni 15 giorni (il gruppo è riservato a persone maggiorenni). I genitori interessati a ricevere informazioni o a partecipare ai gruppi di auto mutuo aiuto possono scrivere all'indirizzo marche.psi@hikikomoriitalia.it, mentre per il gruppo di supporto psicologico on-line per ragazze e ragazzi isolati l'indirizzo email di riferimento è gruppi@hikikomoriitalia.it.
Dal Regno Unito a Cingoli per la pensione, la lotta degli Smith contro la discarica: "Ci trattano da stupidi"
Durante il nostro incontro con l’associazione Campagna Pulita di Cingoli, abbiamo avuto modo di incontrare molti dei residenti costretti a convivere con la discarica di Fosso Mabilglia negli ultimi 9 anni. Fra questi colpisce particolarmente la storia di Tony Smith e di sua moglie Linda, originari dell'Inghilterra, ma immigrati in Italia nel 2004. Lui era il direttore di una fabbrica di birra e lei una project manager nel campo dell’informatica: i due coniugi hanno investito i loro risparmi nelle Marche, acquistando una casa colonica a Cingoli per trascorrere un pensionamento sereno circondati dalla natura. “Quando abbiamo acquistato la casa non sapevamo niente della discarica – spiega Tony – . Dei sedici anni che abbiamo trascorso qui a Cingoli, quindici li abbiamo passati a protestare”. La casa degli Smith, adibita poi a bed&breakfast, “Villa Castelletta”, sorge poco distante da Fosso Mabiglia, dovendo quindi subire la vista e l’olezzo della discarica, particolarmente fastidioso nelle giornate di vento. “Non si tratta solo del nostro investimento che sta andando male, con la casa e il terreno che perdono di valore giorno dopo giorno, ma dell’ingiustizia che colpisce tutti noi residenti”. È Tony a gestire l’aspetto più burtocratico dell’associazione, realizzando tabelle, raccogliendo dati e prendendo contatti con amministrazioni e stampa per ottenere risultati, anche se minimi. “Alla prima riunione di Campagna Pulita eravamo in diciassette: sedici cingolani e io che parlavo solo inglese”, racconta. “Principalmente chi abita in queste zone fa il contadino – continua Smith - e spesso non ha abbastanza ‘empowerment’ per far valere i propri diritti. Questo l’amministrazione lo sa e se ne approfitta: tratta la gente da stupida e questo non è giusto. Noi abbiamo le capacità per opporci correttamente e lo faremo, in Inghilterra non sarebbe mai successa una cosa del genere”. Tony racconta la storia nei dettagli, ripercorrendo i passi che hanno portato la situazione a degenerare fino alla condizione attuale: “Ho scritto 18 articoli solo lo scorso anno, prima in inglese poi tradotti in italiano, nel tentativo di dare voce alla mia comunità, poco numerosa e ancor meno rumorosa”. Lo scritto più recente risale allo scorso 3 aprile, una lettera al sindaco Michele Vittori in seguito all’assemblea di Botontano dal titolo di ‘Cingulum contra mundum’. “Senza questi sforzi tutti andrebbero avanti facendo i propri comodi e ignorandoci del tutto – spiega Tony Smith - L’invito al sindaco Vittori è di procedere con tutte le sue possibilità e presentando di nuovo ricorso al Tar, misure che almeno rallenterebbero le cose. Cingoli non vuole più piegarsi alle violenze di Ata 3: siamo vittime di un sistema che preferisce lasciare le cose come stanno piuttosto che trovare soluzioni vere. Troveranno ogni mezzo possibile per ritardare la decisione in modo che il proprio territorio non venga scelto, sperando che Cingoli continui ad ospitare la discarica a tempo indeterminato”. “Come se sette lunghi anni non fossero bastati, come se due proroghe per altri 2 anni non fossero state sufficienti per dare tempo ad ATA di trovare un nuovo sito – si legge nella lettera -. Siamo arrivati alla scadenza e si ha bisogno di ulteriori quattro anni per decidere ancora nulla. Il terzo bacino distruggerebbe ancora di più la vita della nostra comunità e rovinerebbe la reputazione di Cingoli per bellezze naturali e turistiche”.
Farina di grilli, Nutrinsect sulle scelte del governo: "L'approccio ideologico danneggia le aziende italiane"
I grilli gettano l’Italia nel caos: neanche le bibliche locuste avrebbero causato tanti fastidi al popolo italiano che, un po’ spaventato dalle novità e un po’ attaccato orgogliosamente alle proprie tradizioni culinarie, è insorto più e più volte contro "l’Europa tiranna che vuole costringerci a mangiare insetti". Anche la politica offre una sponda agli allarmismi, intavolando l’ennesimo scontro ideologico sui grilli che si fanno simbolo e campo di battaglia. C’è chi grida al pericolo per salute pubblica, chi vede minacciato il "Made in Italy" e chi già recita le esequie della cucina italiana. Ma il panico non è mai una saggia scelta di fronte a qualcosa che non si conosce: molto più proficuo è munirsi di curiosità, in modo da costruire una conoscenza adatta e raccogliere informazioni verificate e sufficienti a prendere una scelta libera e consapevole. “Siamo di fronte a una nuova era agroalimentare”, ha detto Jose Francesco Cianni, Ceo della Nutrinsect di Montecassiano, l’azienda locale che dopo più di 6 anni di studio è pronta alla produzione di farina di grillo per il consumo umano (leggi qui). Le fonti parlano chiaro: si tratta di farine altamente proteiche, rischiose solo per soggetti allergici alla chitina (come già accade per molti altri alimenti come arachidi o crostacei), e rappresentano una soluzione per diminuire l’impatto ambientale causato da allevamenti animali, per quanto un prodotto ancora di nicchia. Francesco Lollobrigida, ministro dell’agricoltura, ha annunciato pochi giorni fa la regolamentazione per le farine a base di insetti: 4 decreti per 4 farine specifiche (grillo, locusta migratoria, verme della farina e larva gilla) che impongono l’apposizione di etichette specifiche sui prodotti che le contengono e il posizionamento su scaffalature dedicate nei punti vendita, esattamente come già accade per prodotti senza glutine o dedicati al mondo del fitness. "La paura che vedo in giro è frutto della disinformazione - commenta Cianni - La preoccupazione forte, che posso legittimamente capire, è che per ora si parla solo di farine che provengono dall’altra parte del mondo (l’unica azienda autorizzata è la Cricket One del Vietnam, ndr), dove le normative di controllo e di qualità sono inferiori rispetto a quelle applicate in Italia. Credo che chi in futuro vorrà acquistare della farina di grillo, preferirebbe sapere che questa viene prodotta in Italia, con tutti i controlli e HCCP del caso". "Sicuramente si fa più clamore di quanto non si dovrebbe - aggiunge il Ceo in merito alle scelte del governo - Per quanto riguarda l’etichettatura non c’è nulla di strano, i clienti hanno sempre il diritto di sapere cosa stanno acquistando e mangiando, da dove viene ciò che finisce nel loro piatto e come è stato prodotto. Lo stesso vale per la scaffalatura apposita: come i prodotti biologici e quelli senza glutine c’è una segnalazione chiara ed è giusto che sia così”. "Il problema è il modo in cui si fanno passare queste cose, come se si trattasse di qualcosa di pericoloso o di nocivo - prosegue Josè Cianni -. Questo è sbagliato, è una presa di posizione ideologica che va anche contro le aziende italiane. Ciò che viene dimenticato è che l’industria agroalimentare italiana è fortemente interessata a questo settore: ricevo telefonate quasi quotidianamente di agricoltori e allevatori italiani che vogliono iniziare questa attività". "Sarebbe uno spreco precludersi questa opportunità a priori, in Italia siamo da sempre in grado di tirare fuori il meglio da ingredienti importati dall’estero - conclude Jose - (si pensi al caffè, ai pomodori, alla cioccolata, alle patate, al mais, ai fagioli, ai peperoni, alle zucche, al peperoncino - ndr) e non possiamo permetterci di rimanere indietro rispetto al resto d’Europa e del mondo”.
Siccità, a marzo è già emergenza. Coldiretti Macerata: "Danni incalcolabili ogni anno"
Parlare di siccità a marzo, in particolare nella giornata internazionale dell’acqua, offre già di per sé un chiaro termometro della situazione idrica che investe l’Italia e il mondo da anni. L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite parla di "rischio imminente" per la crisi idrica globale legata al consumo eccessivo e ai cambiamenti climatici. Il mondo sta "percorrendo ciecamente un sentiero pericoloso" di "sovra-consumo e sovra-sviluppo vampiresco", si legge. Le Marche non fanno eccezione, anche loro già soggette a catastrofi come l’alluvione di Senigallia e messe in difficoltà nel 2022. A subire i danni più ingenti è qui il settore agricolo, di primo piano nel panorama economico regionale: con il cambiamento climatico le precipitazioni si sono fatte meno frequenti ma più copiose, con il terreno che non riesce ad assorbire acqua a sufficienza. Ad oggi servirebbero 50 giorni consecutivi con 15mm di pioggia al giorno per non rimanere senz’acqua quest'estate. Sul tema è intervenuto Francesco Fucili, presidente di Coldiretti della provincia di Macerata, che ha ripercorso le criticità degli ultimi anni e ha presentato soluzioni integrate per affrontare la questione su più fronti. La siccità sta infatti assumendo carattere endemico e attualmente circa il 10% della popolazione mondiale vive in condizioni di alto o critico stress idrico, con 3,5 miliardi di persone senz’acqua per almeno un mese l’anno (dati della Bbc). E, sia chiaro, le cose non miglioreranno per magia d’ora in avanti. Un piano d’azione è necessario. Quanti i danni dell’anno scorso? “Quantificare non è semplice: la siccità si ripercuote su tutti i settori dell’agricoltura, dalla zootecnia ai seminativi. I dati raccolti dopo il sisma del 2016 mettono in luce la maggiore difficoltà delle zone interne e montane rispetto a quelle collinari: il cambiamento del carattere delle precipitazioni durante i mesi invernali, con poche nevicate e una scarsa ricarica delle falde, impediscono l’approvvigionamento estivo di fontanili per l’abbeveraggio degli animali. Comuni come Pieve Torina, Visso o Fiastra, con molti animali da allevamento, ricorrono da anni ad autobotti o cisterne a spese proprie per portare l’acqua ai pascoli”. “Per quanto riguarda i seminativi, il danno principale lo si riscontra sulle colture che hanno bisogno di più acqua nei mesi primaverili ed estivi, come il mais, la barbabietola da zucchero o il girasole – prosegue Fucili - Le alte temperature, il vento caldo e la scarsità di riserve idriche rendono difficili pratiche emergenziali come le irrigazioni di soccorso. Il rischio è di perdere una cospicua parte del raccolto come l’anno scorso: per le barbabietole da zucchero e per i girasoli abbiamo infatti registrato un calo nella produzione del 30% - 40% nel 2022; lo stesso vale per il fieno usato per il foraggio degli animali, l’erba medica non ricresce dopo la prima mietitura a causa della mancanza di piogge nei mesi caldi. Solo poche aree hanno potuto beneficiare di temporali estivi che hanno permesso altri tagli, ma dalla montagna fino al mare il fieno è stato poco prodotto e i prezzi sono saliti alle stelle”. “Reggono meglio le colture autunnali e invernali come i cereali (grano, orzo) - aggiunge - Bene o male da noi l’acqua ancora scende nei periodi freddi, mentre è a livello nazionale che emerge una situazione critica in regioni che storicamente non hanno mai avuto problemi idrici (si pensi a Piemonte e Lombardia, ad esempio). Durante l’ultima assemblea nazionale tenutasi 15 giorni fa, i colleghi piemontesi ci dicevano che ben 28 comuni si stanno rifornendo d’acqua tramite autobotti già dai primi di marzo”. Quali le soluzioni da adottare? “In primo luogo è imperativo un utilizzo consapevole dell’acqua, che da un lato tagli gli sprechi inutili e dall’altro aggiorni il sistema idrico con nuove tecnologie in grado di razionalizzare questa risorsa (sistemi a basso volume d’irrigazione, sensoristica, droni, agricoltura 4.0). Per quanto il settore primario venga spesso additato come una delle principali fonti di spreco, l’acqua utilizzata in agricoltura viene in realtà sempre reinserita nel ciclo naturale grazie alle piante e al terreno. In secondo luogo, diventa urgente potenziare le infrastrutture per la raccolta delle precipitazioni, come invasi o laghetti che permetterebbero di immagazzinare l’acqua per non subire le mancanze estive”. “La quantità d’acqua precipitata durante l’anno non è diminuita nelle Marche, in media scendono ancora fra i 700 e gli 800 mm di pioggia – spiega il presidente di Coldiretti Macerata - Ciò che è cambiato è il carattere delle precipitazioni, più distanti nel tempo e con una portata molto più copiosa (100mm in una giornata, o nei casi peggiori come l’alluvione di Senigallia anche 300/400mm). Quasi tutta l’acqua precipitata però finisce presto nel mare e non viene trattenuta dal sistema idrico, non progettato per questo tipo di eventi climatici. Sono anni che come Coldiretti portiamo avanti progetti per invasi e terrapieni nelle zone in cui si formano rivoli e ruscelli durante le piogge e che potrebbero raccogliere tutta quell’acqua. Con il consorzio di bonifica stiamo progettando anche una soluzione per le aree montane che prevede il collegamento in parallelo di due laghi, uno a monte e uno a valle, con dei pannelli fotovoltaici galleggianti in grado di produrre energia elettrica sopra gli specchi d’acqua senza consumare suolo. Con un sistema di pompaggio poi si potrebbe anche produrre altra energia idroelettrica, oltre che disporre di altra acqua per i pascoli e l’agricoltura.” “Il problema è molto spesso quello delle autorizzazioni, degli iter burocratici lunghi, delle troppe competenze che si sovrappongono sui territori, dei pareri e dei vincoli che possono derivare in riserve naturali e parchi – conclude Francesco Fucili - In Italia abbiamo il brutto vizio di spendere soldi solo per le emergenze, mai per la prevenzione. Mi auguro che l’istituzione di un commissario nazionale e di una cabina di regia abbia lo scopo di ottenere tutta una serie di semplificazioni che risolverebbero i problemi di cui sopra. Azioni snelle e veloci che possano consentirci di prevenire il problema siccità senza rallentamenti, anche con poteri straordinari che permetterebbero ai nuovi organi di bypassare gli attuali iter normativi e autorizzativi dei vari territori. Saremo i primi a far presente al governo nazionale l’inefficacia di questo strumento se dovessero invece crearsi altri colli di bottiglia”.
Crisi climatica, la road map per la politica nel report Ipcc: "Futuro possibile con azioni immediate"
È stata presentata in Svizzera, a Interlaken, la sintesi dell’ultimo rapporto dell’Ipcc (Sesto Rapporto Sintetico di Valutazione, AR6), il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite che ha richiesto una settimana di lavoro agli scienziati riunitisi da tutto il mondo per mettere insieme gli studi più autorevoli sul tema e fare il punto della situazione. Il rapporto, il primo dal periodo prepandemico, raccoglie tutte le ricerche più recenti, fotografando da un lato l’allarmante situazione climatica (le emissioni globali tra il 2010 e il 2019 sono state le più alte che in qualsiasi altro decennio) e tracciando dall’altro una mappa con le soluzioni da adottare da qui ai prossimi 10 anni. L’azione umana è senza ombra di dubbio la causa della crisi ambientale, con l’atmosfera che ha raggiunto una concentrazione di CO2 senza precedenti negli ultimi 2 milioni di anni. La temperatura media sul pianeta è salita di 1,1 gradi rispetto ai livelli preindustriali, conseguentemente al mercato e al consumo di combustibili fossili: circa l’80% delle emissioni deriva dal settore energetico, dall’industria, dai trasporti e dagli edifici, mentre il 22% da agricoltura e sfruttamento del terreno. Chiara testimonianza di questa situazione sono i nuovi eventi climatici estremi, sempre più frequenti e distruttivi. Benché a pagare questo prezzo siano principalmente i 3,5 miliardi di persone che abitano nelle zone più povere del mondo (sarcasticamente e proverbialmente, quelli che meno hanno contribuito sono i primi a subire le drammatiche conseguenze), anche nelle Marche abbiamo avuto modo di provare sulla nostra pelle le conseguenze della crisi climatica (alluvione a Senigallia). Stando al report, per rispettare gli accordi di Parigi e non superare la soglia di un 1,5°, sarà necessario uno sforzo comunitario globale assai più incisivo che negli anni precedenti. Le possibilità di successo si aggirerebbero intorno al 50%, ma ad oggi le soluzioni sono più numerose e, soprattutto, più economiche: i costi per l’energia solare sono calati dell’85% e quelli per l’eolico del 55%. Oggi più che mai le chance di abbattere le emissioni nette del 43% entro il 2030 (e a zero entro la metà del secolo) sembrano offrire una speranza di successo. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha individuato nei governi e nelle grandi aziende energetiche i principali interlocutori per accelerare sugli obiettivi climatici. Dallo stop a ulteriori investimenti, studi e autorizzazioni per l’industria del fossile alla Cop28 in programma per fine anno a Dubai durante la quale saranno vagliate le soluzioni proposte dal report e le prossime azioni globali. Guterres sostiene anche un’ulteriore accelerazione che porterebbe i paesi già sviluppati ad azzerare le emissioni entro il 2040, concordemente a una preservazione della natura, dal 30% al 50% di superficie terrestre, mari e corsi d’acqua dolce per la preservazione della biodiversità e dell’ecosistema globale. L’Ipcc ha infatti evidenziato le numerose opzioni adottabili per ridurre le emissioni di gas serra, come una vera roadmap da seguire per evitare la catastrofe, ma ora la palla passa alla politica, incaricata di intraprendere azioni concrete ed immediate che possano garantire un futuro alla specie umana.
Marcia su Roma, ad Ascoli si presenta libro che celebra i 100 anni: è bufera. Facciamo chiarezza
Sta destando clamore la notizia della presentazione in quel di Ascoli, il prossimo 24 marzo, dell’opera "Cento-Eredità di una rivoluzione", la quale celebra il centenario della marcia su Roma attraverso "ritratti, aneddoti e storie", come riportato sulla locandina dell'evento. Nel post Facebook degli organizzatori della manifestazione si legge: "Cento è una pubblicazione, sotto forma di un giornale, che ci tramanda concretamente un patrimonio senza pari. Quella di un Ventennio in cui l'Italia si affermò nel panorama mondiale come un'eccellenza in tutti i campi dell'umanità. Dopo un'accurata selezione, sono stati stilati cento profili di uomini e donne che hanno fatto la storia della scienza, dell'arte, del pensiero, dello sport, della civiltà". Profili che "rappresentano l'espressione di un Mito vivente e tangibile, di un'esperienza fondata sulla volontà e la consapevolezza. Non si tratta di un malinconico ricordo, ma di un testimone da trasmettere". Nelle ultime ore, però, il titolare della sede in cui l'evento (Caffè Bistrot, ndr) era originariamente previsto, ha deciso di annullare la presentazione. Si è in attesa di comprendere se verrà scelta una nuova location, magari con un cambio di data e orario. Sulla vicenda sono intervenuti i deputati marchigiani del Pd Irene Manzi e Augusto Curti, chiedendo all'amministrazione comunale di opporsi. Ascoli Piceno, città Medaglia d'oro al valor militare per l'attività partigiana, è guidata dal sindaco Marco Fioravanti (Fratelli d'Italia), con una maggioranza di centrodestra. Il primo cittadino - insieme al presidente di regione Francesco Acquaroli, che ha poi preso le distanze dichiarandosi all'oscuro in merito al tema dell'incontro - partecipò il 28 ottobre 2019 ad una "cena nostalgica" per l'anniversario della marcia su Roma, con fasci littori e aquile stampati sui menù, ad Acquasanta Terme. Non arriva la condanna del primo cittadino, che si smarca così: "Non si tratta di un'iniziativa del Comune". Si accoda anche CasaPound, che accusa il Pd di "censura per motivi ideologici". I profili selezionati in 'Cento' rappresenterebbero "eccellenze umane, un modello positivo a cui guardare". E rilancia: "I dem vengano alla presentazione per una lezione di storia che non ha nulla a che fare con il nostalgismo che ci viene attribuito". E sia, addentriamoci in questa lezione di storia e cerchiamo di fare un po' di chiarezza, cercando di trovare elementi da celebrare in quello che fu a tutti gli effetti un colpo di Stato (a cui Mussolini non prese neanche parte, essendo fuggito per precauzione in Svizzera nel caso le cose fossero andate male). I miti circolanti sul fascismo, le presunte "cose buone" che solitamente vengono attribuite al duce più per sentito dire che per fatti realmente accaduti, sono spesso il risultato di una propaganda vecchia di un secolo e possono essere facilmente verificati con dati storici a portata di click. Partiamo dalla bufala delle pensioni, una delle preferite da molti che vorrebbero attribuire a Mussolini il sistema pensionistico nazionale: l'Inps nasce nel 1898 e l'assicurazione di validità e anzianità per i lavoratori diventa obbligatoria nel 1919 (la marcia su Roma risale al 1922). Solo a partire dal 1968, fino al 1972, il sistema retributivo sostituisce quello contributivo, portando alla nascita della pensione di anzianità e della pensione sociale: vengono predisposte misure straordinarie di tutela dei lavoratori (cassa integrazione guadagni straordinaria e pensionamenti anticipati) e per la produzione (sgravi contributivi). E la tredicesima? Per quanto il ccnl del 5 agosto 1937 introducesse l’obbligo di corrispondere una mensilità aggiuntiva oltre alle 12 annuali per gli impiegati nel sistema industriale, sarà solo l’accordo interconfederale per l’industria del 27 ottobre 1946 a estendere il trattamento anche agli operai. Lo stesso vale per la cassa integrazione, istituita con il decreto legislativo 788 del 9 novembre 1945 relativo alla “Istituzione della Cassa per l'integrazione dei guadagni degli operai dell'industria e disposizioni transitorie a favore dei lavoratori dell'industria dell'Alta Italia”. Benito Mussolini era già morto da mesi. Così come le famose 40 ore di lavoro settimanali, conquista posteriore all’approvazione della Costituzione, intorno agli anni ’50 e ’60. La condotta di Mussolini nei confronti dei lavoratori? Ha vietato lo sciopero e ha sciolto i sindacati con gli accordi di Palazzo Vidoni del 2 ottobre 1925: Confindustria e sindacato fascista si riconoscono come unici rappresentanti di capitale e lavoro e le Commissioni interne vengono abolite. Poi la legge 563 del 3 aprile 1926 riconoscerà giuridicamente il solo sindacato fascista quale l’unico a poter firmare i contratti collettivi nazionali di lavoro, istituendo la magistratura speciale per la risoluzione delle controversie di lavoro e cancellando il diritto di sciopero. Le case popolari? La prima legge in merito risale al 1903 e i più importanti progetti di sviluppo urbano in Italia si concentrano nei primi 15-20 anni del XX secolo. A dirla tutta, neanche i treni arrivavano in orario, nonostante Mussolini avesse ereditato una rete ferroviaria ristrutturata prima del ventennio. I ritardi venivano semplicemente nascosti per non perdere la faccia dopo tanta propaganda sulla puntualità, sbandierata come valore fondante del regime. Da un razzismo (se non interiorizzato, almeno dimostrato dai fatti) tutt’altro che mutuato dall'alleato nazista, come testimoniato dalle leggi emanate fra il 1937 e il 1939 che vietavano matrimoni misti e limitavano le libertà economiche e sociali dei non "ariani italiani" (definizione ovviamente fumosa, basata su nessun presupposto scientifico o culturale attendibile), a un maschilismo imperante che mise le donne ai margini della vita civile, limitandone le possibilità professionali e politiche (regio decreto 2480 del 9 dicembre 1926 e decreto legge del 5 settembre 1938, ndr). Potremmo andare avanti ancora a lungo, dalla bonifica delle paludi (di cui il fascismo è responsabile solo per il 6% del totale, dopo l'attività iniziata prima del ventennio) alla fondazione della scuola pubblica (la prima scuola elementare è del 1859), dall'attività fisica nelle scuole (resa obbligatoria nel 1878 dalla legge De Santis) al fantomatico pareggio di bilancio (raggiunto solo nel 1925 grazie all'allora ministro delle finanze De Stefani, inviso al duce e destituito poco dopo). Non serve specificare che persone totalmente malvage o totalmente virtuose possono esistere solo nella fantasia, ma per trarre un giudizio su Mussolini basta ricordare che durante la seconda guerra mondiale persero la vita oltre 300 mila italiani e italiane fra soldati e partigiani, migliaia di donne vennero uccise, torturate, arrestate o deportate e decine di migliaia di ebrei vennero mandati a morire in Germania. Ciò che è importante sottolineare è l'oggettiva mistificazione che la riabilitazione della figura di Mussolini comporta: per costruire un futuro migliore in un momento di crisi nazionale e internazionale non si dovrebbe guardare a un passato già dimostratosi fallimentare - per non dire di peggio -, ma cercare di individuare soluzioni nuove e coerenti con i tempi che cambiano. La pagina del fascismo è una delle più importanti nella storia italiana: le profonde cicatrici che il ventennio ha lasciato sul Paese sono tutte visibili nella Costituzione, redatta specificatamente perchè un nuovo totalitarismo (termine coniato da Mussolini) non possa più verificarsi.
Tra cortei, striscioni e premi Oscar: la carica dei 600 per il 733° anno accademico Unimc (FOTO e VIDEO)
L’Università di Macerata da il benvenuto al 733° anno accademico con una cerimonia solenne. La celebrazione si è tenuta presso la collegiata di San Giovanni, oggi cattedrale tornata a nuova vita dopo 25 anni grazie alla ricostruzione post-sisma, alla presenza del rettore John Francis McCourt (al suo primo anno di rettorato), delle autorità locali – fra cui gli esponenti delle forze dell’ordine, il presidente di regione Francesco Acquaroli, il vescovo Nazzareno Marconi, il commissario alla ricostruzione Guido Castelli, il presidente della provincia Sandro Parcaroli e altri sindaci del maceratese – e dell’ospite d’onore Dante Ferretti, scenografo maceratese di fama mondiale vincitore di tre premi oscar insignito per la prima volta nella storia dell’ateneo del Dottorato Honoris Causa. Prima di giungere nella cattedrale, il corteo degli accademici composto da studenti, docenti e rappresentanti dell’amministrazione ha sfilato per le vie del centro fino al cuore della città, in piazza Vittorio Veneto. Ad attenderli una nutrita folla di spettatori, molti dei quali hanno assistito alla cerimonia dagli schermi posizionati fuori dalla chiesa. Presenti anche un gruppo di giovani manifestanti i quali hanno esposto uno striscione di contestazione alla cultura della competizione e del merito, colpevole delle sempre più numerosi morti fra studenti universitari causate da stress, pressione e ansia poco pertinenti all’ambiente comunitario che si dovrebbe respirare in un contesto accademico. Dopo i saluti e i ringraziamenti di rito del rettore McCourt, il quale ha sottolineato l’importanza simbolica di celebrare l’inizio dell’anno accademico in un luogo riedificato come la cattedrale di Macerata, ha preso la parola il vescovo di Macerata Nazzareno Marconi: “In questa collegiata che oggi ospita l’università ancora privata della sua aula magna ha mosso i primi passi anche Matteo Ricci, padre della ‘Ratio Studiorum’ che accosta lo studio dei classici con le scienze. Oggi più che mai abbiamo bisogno di intellettuali nuovi, in grado di plasmare un domani ancora ignoto, che definiamo appunto post-moderno". Tanti i temi toccati dal rettore nella sua relazione inaugurale, dall'unicità dell’ateneo maceratese a vocazione umanistica all’importanza della comunità, in grado di fornire una formazione personale prima che professionale con una prospettiva europea e internazionale: "Se siamo ancora capaci di esprimere una visione del futuro che non sia solo tecnica ed economica, è perché disponiamo di una tradizione culturale ricchissima. Riusciamo a guardare così lontano perché ci appoggiamo sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto". "Centrale per realizzare la nostra visione è il supporto della comunità – ha aggiunto – che mette al primo posto la persona, il suo benessere fisico, psicologico e sociale. L’università campus che sogniamo si propone di dare una formazione personale prima che didattico-professionale. Le discipline Stem sono senza dubbio fondamentali, ma anche quello che facciamo noi è altrettanto importante e centrale. Il centro Italia ha un patrimonio culturale, economico ed umano immenso e il nostro obiettivo è quello di allargare i nostri orizzonti con l’estero, diventando protagonisti dello spazio europeo di istruzione e ricerca”. La pagina finale mancante del discorso non ferma il rettore McCourt, che conclude sottolineando lo sforzo all’apertura alla comunità europea che egli stesso incarna: “Il valore dell’università risiede nella capacità di formare i giovani, di dar loro lo spazio e il tempo per crescere per poter governare le sfide del futuro”. "Il cuore dell’università sono la comunione e il sodalizio intellettuali – ha esordito la rappresentante degli studenti e delle studentesse, Valeria Re – Se l’università deve essere una guida per i giovani, Macerata è una nutrice attenta e premurosa, in grado di offrire un ambiente familiare, circoscritto e intimo in cui tradizione e innovazione si mescolano perfettamente. La comunità è la forza dell’ateneo e attraversa essa impareremo ad affrontare la vita”. Interviene poi Carla Bufalini, in rappresentanza del personale tecnico e amministrativo: “Lavoro per l’università da Macerata da 30 anni e qui ho sempre trovato un ambiente accogliente. Dopo tanto tempo l’ufficio diventa un po’ come casa e non nascondo di essermi emozionata spesso quando ragazzi con difficoltà, magari con DSA, riuscivano a portare a termine il percorso di studi nonostante i mille ostacoli”. "L’università è stata duramente colpita dal sisma ma la giornata di oggi deve servire da insegnamento: oltre che ricostruire, è centrale riparare ciò che è stato distrutto e in questo UniMc ha giocato un ruolo di primo piano. Rigenerare il cratere significa tenere in vita e rilanciare il tessuto sociale e l’università ha il duplice compito di trattenere qui i nostri giovani e di allargare i contatti internazionali". Prima della Laudatio e della consegna del dottorato Honoris Causa a Dante Ferretti (leggi qui), è intervenuta da remoto la ministra dell’università e della ricerca, Anna Maria Bernini: "Ribadisco l’importanza dei temi trattati finora: il presente e il futuro sono nella mani dei nostri ragazzi e per riuscire c’è bisogno di una visione a lungo termine, uno sguardo lungimirante che Macerata ha adottato con successo da anni. Voglio sottolineare anche l’importanza di un umanesimo che non si asservisce alla discipline Stem (scientifiche ndr), ma che le accompagna di pari passo. L’obiettivo formativo è sempre al centro ed è importante insegnare che il fallimento e la sconfitta non esistono, bisogna solo imparare ad accettarli". Di seguito il servizio:
Addio fumo all'aperto, verso nuova stretta al tabagismo. "È giusto?": cosa dicono i maceratesi
Toglieteci tutto ma non le sigarette. La nuova stretta al tabagismo, paventata dal testo che da giorni circola al Ministero della salute con la firma di Orazio Schillaci, ha destato molto clamore nell’opinione pubblica: sono subito insorti i fumatori più incalliti, come Gino Paoli e il suo "Partito dei tabagisti" a difesa della cara vecchia nicotina, ma c’è anche chi vede in questa scelta un tentativo di salvaguardia della salute pubblica da supportare e incentivare. Le limitazioni per ora sul banco riguardano ogni forma di sigaretta, dal classico tabacco a tutti i modelli di e-cig attualmente in circolazione, per cui sarebbe previsto il divieto all’aperto, dai parchi ai dehors di bar e ristoranti, alle fermate dei mezzi pubblici e in prossimità di donne in gravidanza o bambini. Verrebbero abolite anche le sale fumatori nei locali al chiuso, limitando sostanzialmente il consumo di tabacco alla propria abitazione privata. Che il fumo sia dannoso è fuori da ogni dubbio: in Italia i morti all’anno legati al tabacco sono 93mila (il 20,6% del totale) e i giovani si avvicinano sempre più alle sigarette elettroniche (il totale dei consumatori è cresciuto dall’1,4% del 2014 al 2,8% del 2021, fra cui il 5,2% dei giovanissimi), complice una disinformazione che accompagna ancora questo prodotto tutt'altro che innocuo, in grado di causare problemi cardiovascolari, complicazioni nello sviluppo del feto e rischi di cancerogenicità. Il punto non è tanto la pericolosità del fumo, quindi, quanto la limitazione delle libertà del singolo: può una scelta presa in nome della salute pubblica andare a limitare le possibilità di un individuo, per quanto dannose? É chiaro che un numero tanto alto di fumatori (circa 10 milioni in Italia secondo l’Istat) costi allo stato una quantità enorme di denaro: fra spese dirette e indirette si stima che l’Italia spenda 26 miliardi di euro all’anno per questione legate al fumo di tabacco. Ma basta questo a giustificare strette proibizioniste come quella della Nuova Zelanda, che ha vietato per sempre la vendita di tabacco ai nati dopo il 2009? Lo abbiamo chiesto ai cittadini maceratesi che passeggiavano per le vie del centro. "Se si dovesse arrivare a fumare solo in casa credo smetterei – racconta Andrea, fumatore –, riconosco che senza sigarette si sta meglio. Credo però che ogni forma di censura sia negativa, anche se finalizzata alla salute. Se si tratta di limitarsi per la convivenza civile posso essere d’accordo, ma una proibizione completa porta a risultati opposti. Credo sarebbe molto più efficace la sensibilizzazione". "Potrei essere d'accordo con una stretta di questo tipo - dice Maria, non fumatrice - Il fumo fa sicuramente male e se continua ad essere venduto è perché lo Stato ci guadagna moltissimo grazie al monopolio. È giusto mettere dei limiti però solo se questi vengono spiegati, se c’è una sensibilizzazione che di pari passo accompagna il divieto, altrimenti risulterà inutile. Anche se i minori non possono acquistare sigarette ciò non li ferma dal fumare. Basta pensare all’alcol, vietato per i minorenni ma comunque largamente diffuso". "Credo sia una grande stupidaggine, una presa di posizione eccessiva – spiega Francesco, tabaccaio e fumatore -. Capisco alle fermate del bus, ma all’aperto mi sembra assurdo: non credo potrei rispettare una norma del genere se dovessi essere costretto a fumare solo a casa. Mi viene da ridere a pensare di non poter fumare al bar d'estate". "Assurdo anche vietare ai minorenni per sempre il fumo come in Nuova Zelanda – continua - Le entrate dello Stato grazie al tabacco sono enormi e se veramente lo scopo è la salvaguardia della salute allora dovrebbero completamente ritirarlo dal commercio, non limitare il divieto ad alcuni e ad altri no. Piuttosto mi concentrerei sul legalizzare le droghe, così da togliere il mercato dalle mani della malavita e affidarne ai cittadini il consumo responsabile, che tanto avviene comunque. Il proibizionismo non ha mai funzionato, non funzionerà nemmeno ora". "Anche chi non fuma subisce il fumo passivo e questo non è giusto – asserisce Maurizio, non fumatore - Sono completamente d’accordo con la nuova stretta, anzi fosse per me avrebbero dovuto farlo molto tempo fa. Sarei d’accordo anche con una posizione più dura come quella neozelandese, forse anche qualcosa in più, vietando in assoluto la vendita di tabacco in ogni forma". "Credo che la soluzione ideale sarebbe creare delle sale fumatori dedicate - suggerisce Gioia - Da non fumatrice non mi piace prendere il fumo passivo degli altri ma credo che anche loro abbiano diritto di poter fumare in giro, non solo in casa". " "In fondo è una scelta personale - conclude Chiara - ognuno è libero di fare quello che vuole e anche vietando le sigarette in toto queste non scomparirebbero. Chi volesse fumare troverebbe comunque il modo, come succede già oggi per alcol e droga, diffusissimi nonostante limitazioni e divieti". Che sia una posizione paternalistica, proibizionista o di semplice prudenza economica, il divieto di fumare in pubblico ricade in quella visione interventista dello Stato che vuole indirizzare il singolo verso ciò che ritiene giusto. La costrizione, la repressione e il divieto sono forme basilari e spesso inefficaci di gestione della vita civile che dovrebbero lasciare spazio a informazione, responsabilizzazione e controllo.