Da Pesaro Urbino ad Ascoli Piceno, le cinque province del marchigiano si preparano a subire la preannunciata stangata del caro bollette che - secondo i primi calcoli - minaccia di subire un rialzo del 110% (dati Confcommercio) difficile da compensare con accantonamenti e avanzi delle varie amministrazioni comunali. Nel Maceratese, dove la crisi si sta dimostrando più acuta rispetto ai distretti limitrofi, l’accento viene posto anche sulle micro e piccole imprese, dove l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime ha iniziato ad avere serie ripercussioni sull'intera filiera.
Secondo gli ultimi dati aggiornati del CNA Macerata, infatti, dall’inizio dell’anno alla fine dell’estate ammonta a circa 3700 il numero degli esercizi che sono stati costretti a chiudere, con una progressione che nel periodo autunnale va assestandosi intorno alle 15 cessazioni al giorno. A pesare, oltre ai fattori già citati, sono i continui sviluppi della guerra russo-ucraina, i ritardi sulla ricostruzione post sisma e, quindi, anche quelli relativi all’ammodernamento delle attività utile per rispondere alle attuali esigenze di mercato. Con riferimento ai settori più complessi, come quello della ristorazione, dell’agricoltura, della produzione di impianti e del calzaturiero.
“In base al trend attuale - ha spiegato il presidente CNA Macerata Maurizio Tritarelli - la provincia subirà nel mese di novembre un rincaro delle bollette superiore all’80% rispetto al bimestre luglio/agosto. Istituzioni locali e nazionali tardano ancora a prendere seri provvedimenti: forse sottovalutano la gravità del problema”.
Eppure, anche nei comuni maceratesi comincia a farsi strada una sempre più palpabile preoccupazione rispetto al periodo invernale prossimo venturo. A lanciare l’allarme, fra i tanti, c’è il sindaco di Civitanova Marche Fabrizio Ciarapica: “Anche se i prezzi dovessero in qualche modo stabilizzarsi nel 2023, come annunciato a livello nazionale, andremmo comunque incontro a spese amministrative che sfiorano gli 800mila euro in più all’anno. E non sappiamo dove andarli a prendere”. A riprova di ciò, ci sono gli esborsi più che raddoppiati per la pubblica illuminazione: da 1 milione di euro del 2021 ai 2,5 del 2022; mentre per il gas si è passati in un anno da 480mila a 900mila euro.
Cifre che assumono ulteriore significato se confrontate con quelle, ad esempio, di Ancona (anche qui si è passati da 4 a 8 milioni di euro di spesa), Pesaro Urbino (da 2,2 milioni a 3,5 per la luce; da 2,2 a 3,8 per il gas), la sorella maggiore Macerata (dai 2,8 milioni di euro del 2021 il rischio è di sfondare il tetto dei 5 milioni nel 2023), Fermo (la meno vessata, con la luce che in un anno è aumentata di ‘appena’ 700mila euro; il gas invece registra un + 300mila) e Ascoli Piceno (da 600mila a 1,2 milioni di euro i consumi elettrici; da 700mila a 1,4 quelli del gas).
Difficile accostarsi alla figura di Enrico Mattei senza temere l’ombra di un gigante. Lui, che fu partigiano e poi protagonista del miracolo italiano post bellico, fondatore e presidente dell’Eni S.p.A. nel 1953. Un uomo dalla mente visionaria, al punto da rompere l’oligopolio petrolifero delle ‘Sette Sorelle’ (locuzione che indica le compagnie petrolifere mondiali che formavano il cartello Consorzio per l'Iran e che dominarono la produzione dal ’40 al ’73); instaurare rapporti con Africa e Medio Oriente (indicando come i Paesi proprietari delle riserve dovessero ricevere il 75% dei profitti derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti); puntare all’indipendenza economica ed energetica dell’Italia, escludendo di fatto gli Stati Uniti e aprendo all’Unione Sovietica.
Un outsider diremmo oggi, un uomo che giocava secondo le proprie regole, che della politica aveva un’idea molto chiara (“per me è un taxi: salgo, pago la corsa e scendo”), e che di sé riferiva: “fare il petroliere è un hobby, il mio vero lavoro è la pesca”. Non ultimo, Mattei era uno zio affettuoso e premuroroso, come alla nipote Rosangela (classe 1949) piace ricordarlo. “Quando da bambina stavo in collegio a Roma, mi veniva a trovare ogni volta che poteva e mi portava con sé all’hotel Eden dove transitavano personaggi politici, industriali etc. Probabilmente i valori più importanti che mi ha trasmesso sono la serietà, la lealtà e l’onestà verso la gente, a costo di scontrarsi con un paese intero”.
Sì, perché l’altro lascito di Mattei alla nipote è fatto di foto, libri, testimonianze di tutti coloro che hanno intessuto rapporti e ammirato il petroliere di Acqualagna (PU): dallo scià di Persia Mohammad Reza Palhevi a Papa Pio XII, allo scultore Arnaldo Pomodoro (sua l’opera che troneggia sulla cappella della familglia Mattei nel cimitero lungo la SP 122 maceratese). Una raccolta che ormai da quattro anni viene custodita e resa visibile al pubblico nel museo di Matelica, in via Umberto I civ. 9.
Un rifugio storico fortemente voluto dalla stessa Rosangela (sostenuta anche dal marito Alessandro Curzi), ma che per varie difficoltà, e soprattutto la scarsa considerazione da parte di comunità e istituzioni, rischia seriamente di chiudere i battenti (da segnalare, il fatto che lo stesso presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli non si sia ancora mai degnato di farvi visita). E ancora, uno spazio riservato persino ai vecchi ritagli di giornale e agli oggetti rinvenuti sul luogo dell’incidente aereo di Bascapè (PV) occorso il 27 ottobre 1962. Un evento che in poco tempo rimase segnato da dubbi e perplessità fino a dare il via a quello che storicamente viene ancora ricordato come ‘Il caso Mattei’.
“A uccidere mio zio - afferma Rosy - sono stati gli italiani. Quando la mattina del 28 ottobre ’62 mi recai con mio padre sul luogo della tragedia, raccolsi di nascosto alcuni reperti sapendo che in futuro mi sarebbero serviti: avevo appena 13 anni. Già precedentemente la mia famiglia aveva ricevuto minacce e rischiato attentati; e nonostante le continue pressioni e dissuasioni ho voluto proseguire la ricerca della verità iniziata da mio padre Italo”.
Una serie di immagini, dichiarazioni, ricostruzioni e documenti meticolosamente conservati nel tempo e oggi visibili nei tre libri redatti dalla stessa Rosangela (l’ultimo in uscita proprio in concomitanza con il 60° anniversario della scomparsa di Mattei), nei quali ricorrono nomi e cognomi legati all’Eni, ai reparti occulti della Democrazia Cristiana (nell’allora governo Fanfani IV), i servizi segreti internazionali e l’OAS francese.
Figure che si accostano ai dati incontrovertibili (come la superperizia in merito all’esplosivo a bordo del veivolo Morane-Saulnier MS-760 Paris) che attestano la natura complottista di quello che ormai è stato confermato dai più come ‘omicidio di Stato’. E che costò la vita anche al pilota Irnerio Bertuzzi e al giornalista americano William MacHale.
A sessant’anni della scomparsa dell’uomo che venne ribattezzato ‘l’erede di Giulio Cesare’, la testimonianza di Rosangela, la sua ostinata battaglia per la verità e l’èco dei corsi e ricorsi storici figli della seconda metà del secolo scorso tornano a farsi sentire attraverso nuove, importanti rivelazioni. Che diventano di conseguenza strumenti utili per comprendere la realtà sociale e geopolitica attuale, scandita da guerre, crisi energetiche e ambientali, e nuovi governi al potere.
Di seguito, l’intervista completa a Rosangela Mattei:
La super ottobrata del 2022 continua a restituire un clima mite in quel di Civitanova, abbastanza apprezzabile da spingere qualcuno a concedersi ancora qualche pomeriggio di sole e mare. Un presupposto (perché no?) per godere ulteriormente della buona cucina locale che, insieme al rumore delle onde agitate da estemporanee raffiche di vento, diventa occasione di convivialità e di pausa dalla propria quotidianità, almeno per qualche ora. Seduti, gustando piatti unici, sorseggiando del buon vino, scambiandosi reciprocamente aneddoti e battute.
Uno scenario che si concede nella fattispecie fra i tavoli de Il Veneziano, ristorante sito in viale Giacomo Matteotti e al quale Picchio News ha già avuto il piacere di dedicare spazio nelle sue rubriche (leggi qui). Con il suo titolare, Mirco Ciavattini, abbiamo tirato le somme sulla stagione estiva trascorsa, e provato a fare il punto sui mesi avvenire in seno a tutte le difficoltà di questo momento storico: fra nuove proposte, spese influenzate dal caro vita, varie aspettative. Lasciando naufragare, di tanto in tanto, le riflessioni di Mirco in spunti filosofici degni della migliore lezione kierkegaardiana, legata all’importanza delle scelte che si compiono ogni giorno indipendentemente dalle condotte di vita precedentemente assunte.
“Le belle giornate e la voglia di tornare alla normalità - spiega Ciavattini - hanno avuto sicuramente un risvolto positivo per la ristorazione locale. Nell'imminente futuro ci sono preoccupazioni, ma non mi sento di drammatizzare: le bollette triplicheranno, certo, ma anche il mercato sta rispondendo. Nel mio caso, ho guadagnato posizioni rispetto alla concorrenza perché ho cercato di intercettare il più possibile i bisogni della gente, quindi anche la volontà di spendere dai 20 ai 40 euro per un servizio comunque di qualità. Una famiglia composta da quattro persone è chiaro che in questo momento voglia risparmiare qualche cosa, senza rinunciare troppo ai piaceri della buona tavola”.
“La nostra è una tradizione che risale al 1964 - prosegue - e uno dei nostri punti di forza è lavorare a stretto contatto con la stagionalità: ogni periodo dell’anno si sposa con determinati piatti, poiché il nostro organismo risponde di volta in volta a necessità metaboliche diverse. Ecco che allora nei periodi più freddi proponiamo piatti più elaborati e tipici come la polenta con brodetto, mentre con il caldo puntiamo di più su prodotti freschi, facilmente digeribili, antipasti e aperitivi”.
“Di base poi - conclude Mirco - io mi diverto moltissimo nel mio lavoro: mentre servo ai tavoli, parlo e rido con tutti. In questo ho trovato l’elemento compensativo del mio percorso esistenziale: infatti, durante la pandemia ho sofferto tantissimo. Per me le persone, in questo caso anche i miei clienti, sono una fonte inesauribile di arricchimento”.
Di seguito, il servizio:
Serviva fare il punto della situazione sul processo di ricostruzione post sisma legata a tutto il Centro Italia e - più nello specifico - alla provincia di Macerata con i suoi 47 comuni. A fronte di progetti che ancora faticano ad essere redatti e presentati per motivi tecnici (legati in egual misura a cittadini e professionisti) e a tutta una serie di procedure ben definite sulla carta ma puntualmente ostacolate da ciclici fattori (oggi, il caro energia e delle materie prime), l’unico dato fin qui certo è il termine stabilito al prossimo 20 dicembre entro il quale i residenti di SAE e CAS dovranno dichiarare i requisiti per continuare o meno a usufruire dei benefici di assistenza. Altrimenti, scatterà la massima di affitto delle casette per una spesa che ruoterebbe intorno ai 46 euro mensili.
“Le difficoltà sono quelle note - spiega in un’intervista esclusiva per Picchio News il Commissario Straordinario alla Ricostruzione Giovanni Legnini - e che ogni giorno ci comunicano i cittadini, i professionisti e i sindaci, legati alle conseguenze di questa esplosione dei prezzi e del caro energia. Abbiamo già adottato provvedimenti importanti e incisivi, ma comunque si richiedono adeguamenti, modifiche progettuali, computi metrici”.
“Tutto questo naturalmente ha portato a un rallentamento - prosegue - a cui si aggiungono in questo momento storico formule come 110 %, gli interventi sulle opere pubbliche, i fondi PNRR. Ci auguriamo che la situazione corrente possa essere invertita il prima possibile”.
E sul nuovo esecutivo targato Giorgia Meloni: “Mi aspetto che il governo continui a sostenere quanto fin qui realizzato all’interno di tutta Italia centrale: di portare avanti il lavoro magari cambiando o integrando ciò che riterrà opportuno nel percorso riguardante il codice della ricostruzione. Bisogna attingere alle migliori conquiste di questi ultimi anni, e puntare al più presto sull’istituzione di un apposito dipartimento in grado di seguire attentamente le operazioni d’intervento”.
Di seguito il servizio completo:
Si è tenuta oggi pomeriggio presso l’Aula Iacoboni del Tribunale di Macerata la presentazione del libro “Il disordine tributario. Economia contemporanea al tempo del Covid-19”, firmato dal docente Unimc Giuseppe Rivetti, alla presenza della presidente dell’Ordine degli avvocati Maria Cristina Ottavianoni, il presidente del Tribunale Paolo Vadalà, il presidente dell’Ordine consulenti del lavoro Riccardo Russo e il presidente ODCEC Luca Mira.
Ad impreziosire l’incontro, la partecipazione di numerosi giovani studenti dell’Università di Macerata, di rappresentati istituzionali locali e quella del Commissario Staordinario alla Ricostruzione post sisma Giovanni Legnini. “Il mio è stato un tentativo per cercare di comprendere le ragioni che sono alla base di numerose asimmetrie fiscali - ha spiegato Rivetti in un’intervista pre conferenza - che a loro volta determinano una serie di negatività a livello economico, in ambito nazionale ed europeo".
“Anche sul piano locale - prosegue - l’attenzione di concentra sul fenomeno delle delocalizzazioni progettate da aziende come la Elica di Fabriano o la Whirpool, che hanno trovato in altre realtà europee come la Polonia un sistema fiscale più attrattivo rispetto a quello italiano: il che ha chiaramente un’incidenza sulla questione tributaria. In questo senso, se vogliamo tornare ad essere competitivi dovremmo abbassare i livelli di tassazione, ridimensionare i tempi della burocrazia, ridurre il costo del lavoro molto piu basso”.
“Per noi operatori del diritto - ha aggiunto Ottavianoni - l’opera del Dott. Rivetti rappresenta un’analisi approfondita che mette in evidenza e fa raffronti fra i diversi tipi di sistemi tributari, e quali siano le conseguenze delle differenziazioni. Il fil rouge del libro è quello della 'visione e del sogno': nel primo caso, il legislatore deve avere un’idea del mondo che vuole andare a regolare; nel secondo, deve sapere ‘come’ intende regolarlo. Il diritto tributario, in questo senso, rappresenta in maniera particolare il rapporto che intercorre fra cittadino e Stato".
(In foto: il presidente del Tribunale di Macerata Paolo Vadalà e il prof. Unimc Giuseppe Rivetti)
Tutto pronto per la nuova stagione teatrale dell’Auditorium Benedetto XIII di Camerino che prenderà ufficialmente il via il prossimo 24 novembre 2022 fino al 20 aprile 2023. Un cartellone arricchito quest’anno con ben sei titoli (cinque dei quali in abbonamento), che fra commedie e recital lasceranno spazio anche all’Opera Lirica (il sesto, fuori abbonamento, inserito nell’ambito della 55^ Stagione Lirica di Tradizione): il tutto, alimentato dalla presenza di attori di grande spessore nazionale, fra cui - per citarne alcuni - Alessandro Preziosi e Lino Guanciale.
A svelare nomi e retroscena della rassegna sono stati oggi nel corso della conferenza stampa indetta presso la sede dell’Andrea Bocelli Foundation sono stati i rappresentanti di AMAT (Associazione Teatrali di Camerino) quali il direttore Gilberto Santini, in veste di responsabili della realizzazione insieme ai membri della giunta comunale, il sindaco Roberto Lucarelli e l’assessore alla cultura Antonella Nalli. Ad accompagnarli, anche il vicepresidente Consiglio regionale delle Marche Gianluca Pasqui.
“Siamo pronti a ripartire con grande energia - ha esordito Santini - e le premesse per regalare agli spettatori una grande stagione di teatro ci sono tutte. Non è casuale la scelta che abbiamo effettuato degli spettacoli da mettere in scena: l’obbiettivo è raggiungere una platea di tutte le età, e anche dei comuni limitrofi quello di Camerino. Per ritrovare il senso di comunità che appartiene a noi realtà segnate dal sisma”.
Parole che sono state accolte e rinnovate anche dal primo cittadino e dall’assessore Nalli. “Si torna a vivere un’esperienza unica, grazie alla sinergia e al lavoro dei miei assessori e di AMAT che ci ha coadiuvato. Il messaggio da trasmettere oggi è quello della cultura come simbolo dell’evoluzione e della crescita umana di ciascuno di noi. La ricostruzione, come ormai siamo abituati a intenderla da sei anni, passa anche da questo”.
“Un ringraziamento doveroso va ad ABF - ha aggiunto Pasqui - che ha dimostrato che laddove non interviene lo Stato arriva il cuore grande di chi pensa al benessere delle persone. Quella di quest’anno è una stagione teatrale importante e significativa: quando ci si contorna di persone brave competenti, la sintesi è quella del buon lavoro restituito ai cittadini in maniera tangibile. Camerino ha bisogno di eventi così eccellenti per guardare al futuro di tutti: un messaggio che da ex assessore regionale alla cultura mi sento di rivolgere a tutti gli addetti ai lavori e alla comunità della provincia”.
I TITOLI IN PROGRAMMA:
- "Totò oltre la maschera" (Alessandro Preziosi / Khorateatro), 24 novembre 2022;
- "Figlie di Eva" (Vittoria Belvedere, Maria Grazia Cucinotta, Michela Andreozzi / Bis Tremila), 4 dicembre 2022;
- "Mettici la mano" (Antonio Milo, Adriano Falivene / Diana Or. I. S), 12 febbraio 2023;
- "Il test" (Roberto Ciufoli, Benedicta Boccoli, Simone Colombari, Sarah Biacchi / Pipa e la Bilancia Produzioni), 30 marzo 2023;
- "Non svegliate lo spettatore" (Lino Guanciale / TSA Teatro Stabile d'Abruzzo in collaborazione con Stefano Francioni Produzioni), 20 aprile 2023
FUORI ABBONAMENTO
- "Delitto all'Isola delle Capre" (dramma in tre atti di Ugo Betti / Fondazione Pergolesi Spontini in collaborazione con Teatro dell'Opera Giocosa di Savona), 20 novembre 2023
Sguardo magnetico, definito da occhi celesti che al sole sfumano nel verde; sorriso aperto per un viso sottile e delicato; aplomb che dietro la sua eleganza quasi bambina nasconde grandi ambizioni. Al primo colpo d’occhio, il ritratto impressionista fin qui resituito da Maria Elena Matteucci non lascia scampo e rimanere ammaliati è pura conseguenza. Un fascino comprovato dal suo talento di attrice, forgiato sin da adolescente presso il liceo Classico di Civitanova Marche Giacomo Leopardi e oggi approdato al primo, vero ruolo importante per il piccolo schermo nella serie tv firmata Sky e in arrivo il prossimo 18 novembre, dal titolo 'Il Grande gioco' (Eliseo Multimedia).
Un percorso che da Milano, dove si è specializzata in recitazione, canto e danza, ha portato Maria Elena direttamente a Roma dove ha studiato Comunicazione e Spettacolo all’università (nel frattempo, la prima tournée teatrale fra la Sicilia e le Marche dove ha interpretato la ninfa ‘Aretusa’ nello spettacolo di Roberto Lori), per poi passare al Centro Sperimentale di Cinematografia dove ha intrapreso la vera gavetta professionale. A completare il curriculum, numerosi altri lavori divisi fra il palcoscenico e la telecamera (dalle rappresentazioni ai cortometraggi, fino alla pubblicità e ai videoclip musicali), accompaganti da ulteriori collaborazioni in veste di autrice, cantante, creative director e cooperatrice per laboratori di film making e arti visive.
Fil rouge del percorso: una passione viscerale per il cinema, con particolare riguardo per la stagione del Neorealismo italiano. “Ho sempre adorato attrici come Anna Magnani, Monica Vitti e Sophia Loren - racconta l’attrice civitanovese classe ’92 - e penso che l’importanza di questo mestiere risieda nella capacità di trasmettere emozioni autentiche. Il cinema per me è senso di comunità, un linguaggio universale che rende liberi ciascuno di noi di interpretare la realtà di tutti i giorni arricchendola di nuovi significati”.
“Dopo essermi diplomata a Roma - prosegue - c’è stato il lockdown che ha rallentanto un po’ i lavori. Ma una volta tornati alla normalità, ho ottenuto il mio primo lavoro importante per la tv. E’ stato bellissimo ed emozionante affiancare attori del calibro di Francesco Montanari, Giancarlo Giannini e Elena Radonicich, insieme ovviamente a tutti i colleghi conosciuti al Centro Sperimentale".
"La trama della nuova serie SKY - spiega Maria Elena - sarà una vera e propria incursione dietro le quinte del mondo del calcio: scommesse, mercato, la vita dei calciatori, tutto quello che i tifosi possono solo immaginare. Io interpreterò la parte di Valeria, un’aspirante procuratrice impegnata nel seguire il processo che riguarderà uno dei protagonisti principali. E’ stata per me un’esperienza significativa: non avendo un rapporto particolare con il calcio, ho dovuto studiare e documentarmi molto a riguardo. Ho avuto la possibilità di mettermi in gioco in qualcosa di assolutamente inedito per me”.
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Dopo aver dato vita a iniziative in quel di Lucca, Taormina, Potenza, Rimini, Napoli e Sanremo, il Museo Cinema a Pennello di Montecosaro farà tappa - dal 22 ottobre al 22 gennaio - a Castiglione del Lago Trasimeno con la mostra "Cinema dipinto. E storie di sale salvate e perdute". Trenta bozzetti originali e altrettante locandine dedicate alla storia del cinema italiano saranno esposte all’interno della splendida cornice di Palazzo Ducale della Corgna, accessibili a turisti, privati e scolaresche. A far da èco saranno, inoltre, alcuni percorsi alternativi di fatti e personaggi locali raccontati attraverso ricordi e immagini fotografiche, proiezioni di documentari e film presenti nella mostra.
A presiedere ogni visita saranno il presidente di Lagodarte, ideatore e curatore della rassegna Piero Sacco, insieme al fondatore di Museo a Pennello Paolo Marinozzi, che guideranno personalmente gli ospiti alla scoperta di un patrimonio artistico diventato nel tempo universalmente riconosciuto come unico e inestimabile.
Fra i pezzi presenti nell’itinerario espositivo dedicato a grafica pubblicitaria cinematografica, sarà possibile visionare locandine firmate da artisti e cartellonisti come Ballester (Ombre Rossse), Brini (La città spietata), De Seta (Il brigante Musolino), Olivetti (Le Olimpiadi dei Mariti), Ciriello (Trapezio), Innocenti (I vichinghi), Fiorenzi, Ferrini, Piovano (Una questione d’onore) fino agli ultimi discepoli come Sciotti (L’infermiera di notte), Jano (Teresa la ladra), Simeoni (Per un pugno di dollari), Casaro (Bianco Rosso e Verdone) e Milo Manara (La voce della luna).
Dall’altra parte, i documenti originali provenienti dall’archivio storico del Comune di Castiglione del Lago proporanno - insieme a foto, render e installazioni multimediali - un racconto parallelo dal 1868 ad oggi della storia di Palazzo Ducale (originariamente Chiesa di S. Agostino), che ha ospitato in passato il “Cinema Caporali”, la sala cinematografica della città.
Una vita votata allo sport, al fitness e al bodybulding in particolare, e che nel tempo attraverso un bagaglio di esperienza fatto di sudore e sacrificio ha sposato - con uno stile del tutto personale - quel diktat spesso ripreso dalle Satire di Giovenale: “mens sana in corpore sano”.
Alessandro Gubbini (43 anni) è personal trainer federato CONI, Mr Universo 2010 in Italia, sesto classificato a Miami su 400 atleti partecipanti e altro ancora: ma più dei titoli e dei meriti che lo hanno reso oggi personaggio riconoscibile e stimato in quel di Porto Recanati, è un ragazzo che ha creduto nei propri obbiettivi sin da bambino, quando la voglia di ripercorrere la strada del suo idolo Arnold Schwarznegger si è covertita rapidamente in una vera e propria passione per lo sport.
Ultimi step eseguiti: approdare nel 2017 alla televisione nazionale (la chiamata dal programma Pomeriggio 5) in veste di opinionista, per farsi conoscere e trasmettere i propri consigli sull’importanza del benessere fisico e mentale; e l’apertura a gennaio 2022 di una palestra con attrezzature all’avanguardia, la AG Team Fitness.
“Uno dei miei obbiettivi è sempre stato quello di affermarmi nel mondo televisivo - racconta Alessandro - perché è un mezzo che mi permette di raggiungere tante persone e di aiutarle. Molti, infatti, hanno iniziato a un certo punto a scrivermi per chiedere suggerimenti e/o lezioni video per imparare a stare bene con se stessi, grazie ad una serie di esercizi utili sotto l'aspetto fisico e psicologico. Questo è stato senz'altro per me motivo di grande soddisfazione e orgoglio".
“Aprire una palestra invece è stata per me una nuova sfida - prosegue - legata soprattutto al fatto che dopo il lockdown le persone avessero bisogno di tornare a svolgere attività fisica, ma con la paura di tornare in luoghi chiusi. Ecco, in appena 170 mq, il mio team mette a disposizione le sue competenze in termini di nutrizione, fisioterapia, fitness, benessere etc., insieme a un’attrezzatura all’avanguardia e alla possibilità (grazie alle convenzioni stipulate) di svolgere attività di padel, piscina e fitness shooting”.
Ciascun cliente, infatti, può prenotare la propria seduta - in modo da non creare alcuna ressa - con programmi di allenamento ad personam, in totale igiene e sicurezza, ed essere seguito dai ragazzi dell’AG Team Fitness con attenzione nel proprio percorso di crescita fisica e mentale. L’unico elemento extra richiesto è l’impegno e la costanza: non a caso, il motto di Alessandro è: “Non mollare mai”.
Di seguito, il servizio:
«Vedete tutte queste cose? In verità vi dico, non resterà qui pietra su pietra che non venga diroccata». Il silenzio sepolcrale, appena smorzato da qualche cinguettio e dal flusso costante del fiume, si accompagna naturalmente alla vista desolante del centro di Castelsantangelo sul Nera, insieme a riflessioni di (perché no?) portata biblica. Del resto, di fronte a un simile scenario, non occorre essere cattolici praticanti o credenti in generale per fare affidamento sll’estratto di cui sopra del discorso escatologico di Cristo.
Le macerie di case, esercizi commerciali, luoghi di culto come la chiesa di San Sebastiano e strutture comunali sono diventate dal 2016 una componente tristemente attrattiva per tutti quei paesini della provincia di Macerata fortemente provati dal sisma di quel 26/30 ottobre di 6 anni fa: ancora lì nella zona rossa, in attesa della tanto sospirata ricostruzione. Per realtà come quella di Castelsantangelo sul Nera il discorso si complica ulteriormente, complici alcuni fattori: l’inagibilità degli stabili al 96%, la precedenza riservata dal Piano ai territori economicamente più funzionanti (Tolentino, San Severino, Camerino etc., ndr), la procedura parziale e mai aggiornata che ha gettato nella confusione gli addetti ai lavori. E, più recentemente, il conclamato rincaro di energia e materie prime.
“Come i nostri vicini di Arquata del Tronto, Ussita e Visso - spiega Mauro Falcucci, sindaco di Castelsantangelo sul Nera - dobbiamo fare i conti con una ricostruzione molto lenta. Nonostante le procedure rispettate e i vari appelli fatti ai professionisti (l’ultimo a luglio, alla presenza del commissario Legnini), siamo molto preoccupati per il futuro”.
Le ragioni avallate dal primo cittadino si riferiscono in particolare a un progressivo spopolamento del territorio (iniziato già nel dopoguerra); alla presenza preponderante di case dal valore fiscale piuttosto che patrimoniale; alla perdita di attaccamento alla storia e al patrimonio paesaggistico dei Monti Sibillini; alla poca lungimiranza della politica nell’intervenire in modo da rendere determinate frazioni più vivibili e appetibili dal punto di vista imprenditoriale.
“La vita che i cittadini conducono oggi nelle SAE - prosegue Falcucci - è sempre più dura, soprattutto perché parliamo di una popolazione per lo più anziana. Anche per le giovani coppie e famiglie diventa difficile pensare a un futuro qui: la quotidianità è fatta comunque di spese, sacrifici per crescere e far studiare i figli, le bollette. Senza discernimento, fiscalità differenziata, un provvedimento normativo adeguato al singolo contesto e agevolazioni significative che durino nel tempo, queste terre non potranno rinascere”.
“Siamo preoccupati anche in vista dell’inverno - aggiunge - poiché sarà inevitabilmente faticoso sopportare un accollo tributario con annesse bollette per il consumo dell’energia (riscaldamento ed elettricità). Oltrettutto, per noi è venuto meno anche l’uso civico del legname, visto che le SAE non sono strutturalmente predisposte. Questa è una terra magnifica, e continuo a invitare i miei cittadini alla resistenza e ad appellarmi a colleghi e professionisti: se vogliamo lasciare qualcosa di buono alle future generazioni in termini di bellezza e cultura, bisogna che il governo italiano si adoperi di conseguenza”.
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Percorrendo la strada provinciale 136, che costeggia il torrente Rapegna nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, ci si imbatte in pochi minuti nella zona predisposta alle casette SAE sorte all’indomani del sisma 26/30 ottobre 2016 che, nei confronti di Castelsantangelo sul Nera, ha avuto un occhio di riguardo particolarmente avverso.
Una volta presa la svolta per via Vittazzi, appare l’affascinante struttura dell’Albergo-Bar-Ristorante “Dal Navigante”, punto di riferimento dal 1970 non solo per la comunità locale, ma anche per gli affezzionatissimi che giungono dalle province: fra tutte, Ancona e Pesaro. Ad accoglierci nella nostra incursione in una piacevole giornata di sole c’è Daniele (37 anni), oggi titolare dell’esercizio insieme al fratello.
Con lui abbiamo affrontato il penoso tema che già affligge da mesi (e minaccia per il prossimo inverno di mettere molti italiani in ginocchio) non solo il settore della ristorazione, ma anche la realtà di diverse aziende e, soprattutto, e famiglie: il caro bollette.
PICCOLA DIGRESSIONE. Un ulteriore dato significativo riguarda in particolar modo le SAE e le CAS distribuite nei circa 47 comuni del Maceratese che - nel generale contesto del Centro Italia colpito dal sisma - rimanda alla tempistica entro la quale i residenti o ‘percettori dei benfici di assistenza’ dovranno dichiarare i requisiti per continuare ad usifruirne (ovvero, i progetti di ricostruzione degli immobili inagibili). Il termine fissato, e ‘perentorio’, ad oggi è il 20 dicembre, con la presentazione dell’eventuale integrazione fino al 15 marzo 2023. Pena, una massima d’affitto che si aggira al momento intorno ai 46 euro mensili.
“Il sisma ha cambiato tutte le cose”, racconta Daniele. “Basti pensare che una volta, quando era d’estate, qui a Castelsantangelo venivano nelle seconde case circa 5mila persone. Oggi non ci sono più. Noialtri siamo rimasti perché crediamo nella nostra attività e vogliamo tornare alla normalità il prima possibile”.
“Come titolari di un’attività di ristorazione e pernottamento - continua - siamo molto preoccupati per i vari aumenti: la carta, la carne, l’energia, il gas metano, le materie prime in generale. Qui l’inverno è particolarmente freddo, e alimentare fornelli e frigoriferi (oltre ai termosifoni per le nostre 20 camere) avrà un costo molto elevato che non riusciamo neppure a immaginare. Per natura siamo fiduciosi, anche se il futuro si fa ogni giorno più incerto”.
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Nuovo 'tocco Re Mida' per la coppia Aldo Zeppilli e Julia Bizzarri: apre ufficialmente i battenti l’hotel “Le Dimore”, situato nel centro storico di Macerata in quel di via Armaroli. Dalle ceneri dell’ex albergo Da Rosa, è rinata una struttura che si sviluppa su quattro piani, ciascuno con due stanze a tema fornite di tutti i comfort necessari al pernottamento. Chiave di volta dell’ultima iniziativa imprenditoriale, una concezione ‘orizzontale’, opposta a quella tipica del ramo alberghiero: gli avventori, infatti, per usufruire dei servizi di colazione, pranzo, aperitivo e cena saranno direttamente ‘invitati’ a recarsi presso le strutture del Caffè, il Ristorante e la Pizzeria Napoletana, già di proprietà dei coniugi Zeppilli e Bizzarri.
“Noi crediamo in una imprenditoria dell’accoglienza - spiega Julia - e con Le Dimore abbiamo voluto chiudere un cerchio che parte dal 2015, con l’apertura del primo ristorante, e si è sviluppato col tempo nei termini della migliore ospitalità possibile per i cittadini e, soprattutto, i turisti. Il nostro è un albergo per così dire ‘diffuso’, che propone all'ospite un’esperienza immersiva nel centro storico: dalla colazione al dopocena, l’obiettivo è farlo sentire parte della comunità, accompagnarlo all’interno della movida maceratese”.
Nello spazio di 100-150 metri, il Centrale diventa il comun denominatore per una passeggiata alla scoperta delle meraviglie architettoniche (e non solo) di Macerata Centro. Non a caso, il simbolo (o logo) rappresentativo dell’intero progetto è un fiore a quattro petali, ciascuno con il suo colore predominante a seconda della struttura visitata: il Bar (blu), il Ristorante (giallo), La Pizzeria (rosso), Le Dimore (verde).
“Si tratta di un investimento maturato nel tempo, nonostante alcuni forti ritardi legati anche al sisma del 2016” - racconta Aldo. “Mi sono sempre trovato bene con la città e le persone che la animano: nel corso degli anni ho constatato una ricezione molto attiva e, in un’ottica futura, credo che Macerata abbia ancora molto da offire. Per ora, il Suo rimane un potenziale inespresso: ma noi siamo motivati e convinti di poter resituire ai visitatori un’accoglienza davvero unica”.
Di seguito, il servizio:
Si entra nel vivo delle Giornate FAI d’Autunno - la rassegna giunta alla sua 11^ edizione, e che mette al centro il patrimonio culturale, artistico e paesaggistico italiano - che nel weekend del 15-16 ottobre animeranno alcuni luoghi speciali di Macerata, Civitanova e Recanati. E proprio nel capoluogo di provincia, i riflettori sono puntati soprattutto sui giovani studenti che, per l’occasione, faranno da ‘Ciceroni’ in abiti del ‘500 e ‘600 guidando le persone accorse alla scoperta dei segreti che popolano il centro storico.
“C’è grande entusiasmo e passione da parte dei ragazzi”, ha commentato Giuseppe Rivetti, docente di diritto tributario a Unimc, e nuovo capo della delegazione FAI maceratese. “Si tratta di un’edizione importante della manifestazione, poiché dedicata ai simboli nascosti di Macerata e alla ricerca tutti i significati dell’architettura esterna dei palazzi distribuiti fra Corso della Repubblica e Piazza della Libertà”.
“In particolare - ha aggiunto - i visitatori potranno gratuitamente accedere alla Sala della Provincia, normalmente chiusa al pubblico. Sarà come ritrovarsi in un luogo dove il tempo si è fermato, e troneggiano i cinquanta personaggi che hanno dato lustro al territorio e alla provincia (in rappresentanza di tutti i Comuni). Un’esperienza totale e suggestiva che invito tutti a sperimentare: penso infatti che il futuro dipenda molto dalle nostre origini”.
Gli studenti coinvolti quest’anno nell’iniziativa rispondono alle scuole di Macerata, quali: l’Istituto di Istruzione Superiore “Bramante Pannaggi”, il Liceo Scientifico Statale “G. Galilei” e il Liceo Artistico “Giulio Cantalamessa”.
Secondo i dati emessi nelle ultime ore da Il Sole 24 ore, la provincia di Macerata si attesta al 36° posto sulle 107 province d’Italia, certificandola come una delle zone che meno ha beneficiato del Reddito di Cittadinanza nel biennio della pandemia. Seguono le sorelle Ancona (39°), Ascoli Piceno (42°) e Fermo (43°), superate da Pesaro-Urbino (27°).
Il dato (confrontato con l’ultimo report Istat) risulta significativo su scala nazionale se si considera come il RdC introdotto nel gennaio del 2019, rivelatosi più utile come misura di contrasto alla povertà che come strumento d’inserimento nel mondo del lavoro, abbia contribuito (insieme ad altre soluzioni straordinarie o trasferimenti emergenziali) a limitare 'solo' dello 0,8% (in termini reali) il calo del reddito netto medio delle famiglie, che rimane circoscritto a circa 32.812 euro annui. Valori che giustificano lo 0,329 dell’indice Gini (che calcola le diseguglianze rispetto alla distribuzione del reddito) che altrimenti sarebbe potuto ulteriormente crescere.
Ciononostante, nel 2021 poco più di un quarto della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale (25,4%), quota sostanzialmente stabile rispetto al 2020 (25,3%) e al 2019 (25,6%). Il Nord Italia, in questo senso, ha risentito in maniera meno sensibile dell’incremento (tra il 14 e il 17% rispetto a un reddito famigliare superiore a 36mila euro, e complice un maggiore impiego delle integrazioni salariali come CIG, CIGS ecc.), rispetto al Centro (dove il margine gravita intorno al 21%, con reddito di quasi 34mila euro) e il ben più problematico Sud e Isole (oltre il 40%, a fronte di un reddito medio per famiglia di appena 27mila euro). Nel contesto europeo, i problemi specifici dell’Italia risaltano ancora in misura maggiore. Fra i grandi, il nostro è l’unico paese dove il reddito medio disponibile non è ancora neppure tornato ai livelli pre-crisi 2008: in Spagna è appena leggermente superiore, in Francia di più e in Germania molto di più.
La sintesi è volta a sottolineare non solo la discrepanza atavica dello Stivale comunemente tripartito, ma anche quanto all’interno della Regione Marche il problema fondamentale dell’industria - ovvero la mancanza di manodopera - non sia solamente imputabile al RdC, bensì alle formule di impiego non al passo con il contesto storico corrente. Non a caso, il commento dopo i primi 4 mesi del 2021 della segretaria generale Uil Marche Claudia Mazzuchelli fu: “Se le persone venissero considerate tali e inserite in un'organizzazione del lavoro non come elementi da cui trarre profitto, se avessero una soddisfazione economica e si permettesse loro di sentirsi parte di un progetto non andrebbero via: resterebbero e lavorerebbero bene e con soddisfazione”.
Nel primo quadrimestre del 2022, infatti, i percettori di almeno una mensilità sono stati poco più di 18mila in tutte le Marche, con circa 37mila persone coinvolte e un importo mensile medio di 482,92 euro (somma inferiore al dato nazionale che risulta essere 558,17 euro). “Se andiamo a scorporare il dato - aveva aggiunto Mazzuchelli - vediamo che 2.143 percettori sono già pensionati che integrano il proprio assegno con un importo medio mensile di 257,86 euro. Il RdC riguarda, invece, 16mila persone in età da lavoro e l’importo medio è 514,61 euro: siamo sotto la soglia di povertà. Questa resta una misura di contrasto alla povertà, toglierlo nella situazione economica che stiamo vivendo sarebbe un ulteriore aggravio sulle spalle delle famiglie”.
In attesa di ricevere dati e riscontri ufficiali sulle prime bollette della stagione invernale, anche i rinomati negozi di Compro Oro vengono convertiti all’uopo in qualità di indicatori sociali, abbastanza da poterci fornire un’idea più definita dell'attuale stato di salute (economica) della comunità italiana. In quel di Macerata, per esempio, le voci che si rincorrono sui vari rincari non sono fra di loro del tutto unanimi - eccezion fatta per la distribuzione settoriale del problema in relazione a distributori, ristoratori e alcune aziende produttive -, restituendo quindi un quadro in parte ancora indefinito. Ma comunque abbastanza chiaro da lasciar prevedere future stangate sul portafoglio dei cittadini/consumatori.
“Al momento non accusiamo questa situazione - raccontano Rosaria e Andrea, gestori del Compro Oro sito in Corso Cairoli - ma non siamo sicuri di starci a capire molto: c’è molto allarmismo in giro per dei rincari oggettivamente ingiustificati, e spesso alcuni giornali non fanno che alimentare un clima già teso di suo. L’aumento dei costi energetici sembra più un problema settoriale, sul quale molti stanno speculando senza che lo Stato intervenga in maniera decisa. Viste le attuali quotazioni dell'oro, da noi molte persone più che vendere preferiscono investire, per tranquillità”.
Molto più preciso e radicale, invece, è il parere di Daniele, dipendente di un altro un altro esercizio più distaccato rispetto al centro storico di Macerata (non riportato per questione di privacy della clientela). “Già dalla fine del lockdown c’è stato un aumento della mole di lavoro del 50%, legato anche alla crescita in contemporanea delle quotazioni in oro (triplicate): molti hanno venduto il proprio oro per far fronte alle difficoltà economiche, o per sopperire alla mancanza di cassa integrazione. E’davvero triste e spiacevole vedere le persone separarsi da oggetti preziosi a loro cari: buona parte di queste non ne parla nemmeno, per vergogna”.
“Sono molto preoccupato per una situazione che può solo peggiorare - aggiuge Daniele - soprattutto se fai parte di una famiglia monoreddito. E’ ovvio che alla base di questi rincari ci siano degli interessi di mercato a livello internazionale che noi comuni mortali non possiamo comprendere. Negli ultimi due anni il mondo è profondamente cambiato, così come il modo di vivere e di arrivare a fine mese. E ho paura che il peggio debba ancora venire, fra caro bollette, materie prime e costi energetici: tutti i settori, chi più e chi meno, sono stati stravolti. Di solito queste dinamiche si realizzano nell’arco di anni, ma tra Covid e guerra in Ucraina è stato tutto più veloce e senza che potessimo prepararci a dovere. Oggi chi ha dell’oro da parte può venderlo, o monetizzare su vecchi investimenti: ma a chi non può farlo, cosa succederà? Temo che nei prossimi mesi ci sarà un vero e proprio assalto ai vari Compro Oro”.
Dai quartieri Appio Tuscolano e San Giovanni di Roma alla casa di cura di Corridonia; la battaglia contro la tossicodipendenza e il disturbo di personalità borderline; la fuga ai Giardini Diaz di Macerata per procurarsi l’ennesima dose; l’incontro con Innocent Oseghale, ‘semplice spacciatore’ di marijuana reinvetatosi quel giorno mediatore della compravendita per conto terzi; il tragico epilogo dall’appartamento sito in via Spalato 124 al fossato di via dell’Industria.
Guardando a ritroso e con occhio fatalista, quello di Pamela Mastropietro potrebbe sembrare quasi un destino già segnato, la cui sintesi passa attraverso la formula di ‘vittima’ (lei) e ‘carnefice’ (lui). Una formula che nel lungo termine, districandosi fra fiaccolate, striscioni, targhe, eventi e piccoli monumenti alla memoria, rischia di forgiare una cultura di massa inquinata, e di eleggere a simboli involontari i protagonisti di questa triste storia, da sbandierare per tutte le future battaglie che si condurranno sul campo della giustizia e della tolleranza.
Nella seconda parte del nostro servizio (qui la prima), gli avvocati difensori di Oseghale - Simone Matraxia e Umberto Gramenzi - tornano a porre l’accento su quanto il clamore mediatico e una certa strumentalizzazione politica abbiano contribuito a distorcere la percezione dell’intera vicenda, finendo col ridurre l’intero fatto di cronaca a una questione puramente faziosa frutto di una mentalità contaminata dal pregiudizio e dalla paura/odio verso lo straniero. Le premesse di una grossolana 'legge del taglione' che di norma non dovrebbe essere la risposta di un civile stato di diritto.
La domanda da porsi a questo punto è: fino a che punto è necessario spingersi prima di sentire appagato il senso di giustizialismo? Laddove l’opinione pubblica finisce col confondere il reato con il peccato, il diritto con la morale e la giustizia processuale con la sommaria vendetta di piazza, ecco spuntare la letteratura giuridica insieme al numero tristemente alto di “esempi di macelleria giudiziaria all’ingrosso” (per usare le parole di Giorgio Bocca).
Fra i tanti casi noti, riaffiorano alla memoria quelli di Enzo Tortora (1983), crocifisso pubblicamente in qualità di “ladro, farabutto, pezzo di merda” prima ancora che si aprisse ufficialmente l’inchiesta; fino ad arrivare a Stefano Cucchi, con tutti i vari depistaggi e le invettive della politica (da Giovanardi a Salvini e La Russa: “Era solo uno spacciatore morto per colpa della droga”), o persino a tutti quei casi di femminicidio o persecuzione nei confronti della donna (si veda il caso di Silvia Aisha Romano o il più recente di Alessia Piperno, detenuta in Iran e già vittima dell’odio via social) dove il giustizialismo da bar si riduce puntualmente al più semplicistico e sbrigativo “se l’è cercata”.
Una serie approssimativa di fatti di cronaca che possono sembrare agli antipodi rispetto a quello di Macerata, ma il cui comun denominatore risulta la supposta ed autoattribuita superiorità morale utile a gridare dall’alto dei propri profili social una sentenza (anche di morte) qualunque, purché cancelli la prova evidente del male dalla nostra vista. Ora, per l’atroce omicidio della giovane Pamela Mastropietro, Innocent Oseghale è già stato condannato colpevole, lasciando appena aperto lo spiraglio di una commutazione della pena a 30 anni qualora venisse a mancare l’aggravante della violenza sessuale (sulla quale la Cassazione si pronuncerà a novembre).
E, si badi bene, l’intento qui non è giustificare le azioni del 34enne nigeriano (per le quali sarà costretto a farsi carico per tutta la vita), quanto piuttosto cercare di far emergere la complessità che un episodio tanto efferato si porta dietro, cercando di non cadere nella facile tentazione della “giustizia a tutti costi”. Quella che di base si nutre della frustrazione di una società e si autoalimenta attraverso lo specchio riflesso dell’odio e della violenza.
Di seguito, la seconda parte del servizio:
In anticipo sullo spettacolo ‘Italia Mundial’ (presso il Cinema Italia) andato in scena ieri sera per la penultima dell’Overtime Festival 2022, Federico Buffa - giornalista, telecronista e storyteller tra i più amati - si è concesso ai microfoni di Picchio News per fare il punto sulla concezione attuale dello sport nel nostro paese (affidandosi ovviamente al calcio e al ricordo dei campioni del mondo di Spagna ’82). Un po’ per provare a tracciare nuovi binari con la cultura, un po’ per rilanciare le capacità dei nuovi ‘giovani’ amanti dello sport e anche sottolineare la mancanza oggi di icone/esempi davvero sani e genuini.
“In Italia purtroppo non c’è nessuna cultura dello sport - ha affermato Buffa - Basti vedere la natura parodistica con quale la si affronta all’interno del cinema, per esempio. Fortunatamente, c’è una produzione editoriale legata al mondo dello sport molto interessante: e la cosa sorprendente è che avviene grazie soprattutto a ragazzi che meriterebbero, in questo senso, maggiore visibilità”.
“Ci sono centinaia di motivi per cui la notte dell’11 luglio 1982 è diversa da tutte le altre - ha aggiunto - perché il tutto avveniva in un contesto storico particolare. Le piazza italiane al tempo erano sinonimo di paura a causa dei vari attentati: con la vittoria dell’Italia, e che nessuo si aspettava, è stato come se gli 'anni di piombo' cominciassero a sbiadire e ci si affacciasse a un nuovo ciclo storico. Anche per questo mi diverto nel mio spettacolo a vestire i panni di Bearzot: solo lui credeva fermamente in quella squadra, i cui ragazzi sono stati grandi esempi umani prima che campioni”.
Di seguito, il servizio:
Un ultimo saluto all’estate, e si riparte: dalle spiagge di Civitanova viene ancora istintivo, soprattutto nelle belle giornate di sole, lasciarsi andare alla voglia di un altro tuffo in mare o di un’altra serata di divertimento e movida prima che il freddo inizi seriamente a farsi sentire. Per bar e locali è anche tempo di tirare le somme, fare i conti con una stagione estiva 2022 tutt’altro che esaltante: pochi turisti, calo del potere di spesa delle famiglie, mancanza di manodopera, rincari sulle bollette.
In questo senso, il Ristorante Figaro, dal 2019 presente al civico 8 del Lungomare Piermanni di Citanò e dal 2009 in quel di Porto San Giorgio, non si è voluto risparmiare nelle proprie valutazioni, e attraverso l’audacia del suo gestore Mauro Mondadori prepara il lancio - a partire da novembre - di un inverno ricco di novità: a supporto dei già rinomati piatti italiani e giapponesi, ci sarà infatti la cucina sovietica.
“Dopo una semplice ricerca di mercato - spiega Mondadori - ho scoperto che non esiste nulla del genere da Bologna a Bari: e considerata la forte presenza nei nostri territori di persone provenienti dall’Est Europa, ho voluto realizzare quello che a tutti gli effetti è un incontro fra culture diverse, accomunate però dal piacere della cucina di qualità. Inoltre, abbiamo già in programma serate ed eventi sul genere”.
Un menù che spazierà attraverso i colori e i gusti di alcuni dei paesi dell’ex Unione Sovietica, dalle varie Russia, Ucraina, fino alla Romania: ecco allora la proposta culinaria incentrarsi su circa quattro tipi di zuppe (come il 'borsch' e la 'solyanka'), diversi antipasti tipici a base di affettati e carne affummicata, vini della zona ucraino-moldava che andranno ad arrichire una carta dalle già presenti 130 etichette (45 delle quali straniere), almeno 17 tipi di vodka e cognac russi.
“Il nostro obbiettivo è di rispettare anche in questo caso la genuinità delle ricette tradizionali - continua Mondadori - e soprattutto il cliente: che si tratti di cucina italiana o straniera, per noi la qualità è alla base di tutto, motivo per il quale ricerchiamo attentamente i nostri prodotti provenienti da ogni parte del mondo. In questo modo, restituiamo alle persone un servizio eccellente e unico per il quale vale la pena spendere: molta concorrenza si limita semplicemente a offrire piatti economici e che hanno tutti, diciamo, solo per sfamare”.
Un’osservazione che per il responsabile del Figaro Restaurant & Sushi si basa sugli anni di forte esperienza maturati nel settore dell’imprenditoria e della ristorazione in particolare, che dalla laurea MBA conseguita alla Columbia University arrivano fino ai due diplomi come sommelier e agli otto anni vissuti in Russia mentre gestiva ben 108 ristoranti (fra Mosca, San Pietroburgo e Londra) appartenenti alla compagnia rutena più importante.
“L’ultima stagione estiva non è stata certo fantastica per noi ristoratori - conclude Mauro - ma gravare ulteriormente sulle tasche dei consumatori per me non ha senso. Il Figaro ha deciso, nel frattempo, di rafforzare anche il proprio servizio a domicilio da Tolentino a Belforte, Recanati fino a Porto Recanati, sfruttando un’app per dispositivi elettronici facile, intuitiva e che racconta la nostra storia. Ogni cosa è concepita per lavorare al meglio e dare alla gente ciò di cui ha voglia e bisogno”.
Sono passati quattro anni da quel 30 gennaio 2018, quando la cronaca giornalistica tinse di nero la città di Macerata e l’Italia intera. E’ il giorno in cui viene ritrovato il corpo di Pamela Mastropietro, mutilato e nascosto dentro due trolley in via dell’Industria, fra Casette Verdini e Pollenza. Meno di ventiquatt’ore prima, la ragazza era deceduta per cause che (seppur confermate dalle risultanze processuali) ad oggi non sono del tutto chiare. La Corte di Cassazione nel frattempo si è pronunciata con la sentenza di condanna all’ergastolo per Innocent Oseghale, ragazzo nigeriano oggi 34enne e principale "indiziato" (ndr) dell’omicidio.
Quattro anni per una tragedia che il clamore mediatico insieme alla strumentalizzazione politica hanno profondamente segnato, facendo esplodere spesso nel peggiore dei modi (come fu per Luca Traini, ndr) quelle reazioni comuni a sentimenti quali: la rabbia, il risentimento e, non ultimi, il razzismo e la xenofobia. Reazioni che sin dalle prime battute, e poi per tutta la durata del processo ancora in corso, hanno saputo in più di un’occasione andare oltre il puro e semplice dovere di cronaca e trasformarsi in fenomeno sociale, lasciando indietro la componente umana dell’intera vicenda. E con essa i suoi protagonisti: da Alessandra Verni e Stefano Matropietro (genitori di Pamela) a Marco Valerio Verni (zio della ragazza e legale della famiglia), fino agli stessi difensori di Innocent Oseghale, Simone Matraxia e Umberto Gramenzi.
A pochi mesi da quella che sarà la prossima pronuncia della Cassazione - che potrebbe confermare la condanna già a carico di Oseghale, qualora venisse accertata l’aggravante della violenza sessuale -, ci accolgono nel loro studio legale i due avvocati ascolani, fra gli uffici dove lavorano altri colleghi e assistenti, e le montagne di carte e fascicoli di altrettanti processi. Si scambiano occhiate e battute, condividono ragionamenti e conclusioni, a testimonianza di un feeling professionale costruitosi nel tempo e in forza di un processo condotto “da soli contro tutti”. Contro la pubblica opinione, la stampa nazionale, le ingerenze della politica: e sì che di insulti e sputi se ne sono presi, come fu il 26 novembre 2018 in occasione dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Macerata.
Per una vicenda - lo ripetiamo - intorno alla quale continuano a gravitare dubbi, a partire dalle cause che avrebbero determinato la morte di Pamela: uccisa a coltellate oppure è stata un’overdose di eroina a toglierle la vita? Persino il contradditorio sviluppatosi intorno alle indagini scientifiche, insieme alle risultanze processuali, non sembrano aver chiarito del tutto la faccenda. Se a tutto questo si aggiunge la possibilità nemmeno troppo remota di nuove rivelazioni con testimoni a sorpresa, gli interrogativi non fanno che aumentare.
Quel che oggi si conosce per certo sono l’insistenza di Oseghale nel dichiararsi innocente, il dolore dei familiari di Pamela e la loro voglia di giustizia, l’abnegazione - seppur in punti opposti della barricata - delle figure legali di Verni, Matraxia e Gramenzi nell’inseguire il principio protetto dall’art. 3 della Costituzione, secondo cui “la legge è uguale per tutti”. E che nel nostro paese, ad ogni nuova inchiesta, si accompagna anche qui a un perenne punto interrogativo.
Di seguito, la prima parte del servizio:
Un funerale solenne, eseguito secondo il rito evangelico pentecostale, scandito al suo inizio dalle dolci note di 'Amazing Grace', ordinato e composto per quanto possibile nonostante la presenza di giornalisti, curiosi e qualche rappresentante politico (si segnala la presenza della neo deputata Pd, Irene Manzi).
L’ultimo saluto ad Alika Ogochukwu, tenutosi oggi alle ore 14 presso il chiostro di San Domenico a San Severino Marche, ha riunito fra i vari alcuni membri della comunità nigeriana delle Marche (come il responsabile di Anolf Macerata, Sammy Kunoun), della NIDOE (compreso il presidente George Omo Iduhon) e lo stesso Francesco Mantella (legale della vittima in vista del processo a carico di Filippo Ferlazzo, autore dell’omicidio). Tutti insieme per presenziare alla funzione religiosa e stringersi - ancora una volta - intorno al dolore della vedova Charity Oriachi e della sua famiglia.
“L’unico messaggio da lanciare oggi è ancora una volta quello della tolleranza - ha dichiarato Omo Iduhon - e rinnovare l’invito alla comprensione reciproca. Facciamo parte di culture diverse e possiamo solo imparare l’uno dall’altro. In Nigeria ci sono molti italiani che si sono perfettamene integrati e hanno contribuito alla crescita del paese: come comunità, vorremmo anche noi fare la nostra parte e sostenere lo sviluppo dell’Italia”.
“Questa vicenda ha scosso le coscienze di molti - ha aggiunto Mantella - ed evidenzia la nostra difficoltà nel saper monitorare la presenza di persone con problemi psichici o comunque inclini a manifestare comportamenti violenti. Chi strumentalizza simili eventi vede il problema unicamente dal suo punto di vista, spesso sbagliato; dopodiché, la questione viene rimandata alla necessità di creare le condizioni per la migliore convinvenza possibile fra i popoli. Serve uno scatto culturare reciproco, lavorare sulle regole del vivere civile, affinchè il 'diverso da noi' non sia più visto come un pericolo, ma come un’opportunità”.
Di seguito, il servizio: