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'Il caso Mattei' sessant’anni dopo. La nipote Rosangela: “A uccidere mio zio sono stati gli italiani” (FOTO e VIDEO)

'Il caso Mattei' sessant’anni dopo. La nipote Rosangela: “A uccidere mio zio sono stati gli italiani” (FOTO e VIDEO)

Difficile accostarsi alla figura di Enrico Mattei senza temere l’ombra di un gigante. Lui, che fu partigiano e poi protagonista del miracolo italiano post bellico, fondatore e presidente dell’Eni S.p.A. nel 1953. Un uomo dalla mente visionaria, al punto da rompere l’oligopolio petrolifero delle ‘Sette Sorelle’ (locuzione che indica le compagnie petrolifere mondiali che formavano il cartello Consorzio per l'Iran e che dominarono la produzione dal ’40 al ’73); instaurare rapporti con Africa e Medio Oriente (indicando come i Paesi proprietari delle riserve dovessero ricevere il 75% dei profitti derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti); puntare all’indipendenza economica ed energetica dell’Italia, escludendo di fatto gli Stati Uniti e aprendo all’Unione Sovietica.

Un outsider diremmo oggi, un uomo che giocava secondo le proprie regole, che della politica aveva un’idea molto chiara (“per me è un taxi: salgo, pago la corsa e scendo”), e che di sé riferiva: “fare il petroliere è un hobby, il mio vero lavoro è la pesca”. Non ultimo, Mattei era uno zio affettuoso e premuroroso, come alla nipote Rosangela (classe 1949) piace ricordarlo. “Quando da bambina stavo in collegio a Roma, mi veniva a trovare ogni volta che poteva e mi portava con sé all’hotel Eden dove transitavano personaggi politici, industriali etc. Probabilmente i valori più importanti che mi ha trasmesso sono la serietà, la lealtà e l’onestà verso la gente, a costo di scontrarsi con un paese intero”.

Sì, perché l’altro lascito di Mattei alla nipote è fatto di foto, libri, testimonianze di tutti coloro che hanno intessuto rapporti e ammirato il petroliere di Acqualagna (PU): dallo scià di Persia Mohammad Reza Palhevi a Papa Pio XII, allo scultore Arnaldo Pomodoro (sua l’opera che troneggia sulla cappella della familglia Mattei nel cimitero lungo la SP 122 maceratese). Una raccolta che ormai da quattro anni viene custodita e resa visibile al pubblico nel museo di Matelica, in via Umberto I civ. 9.

Un rifugio storico fortemente voluto dalla stessa Rosangela (sostenuta anche dal marito Alessandro Curzi), ma che per varie difficoltà, e soprattutto la scarsa considerazione da parte di comunità e istituzioni, rischia seriamente di chiudere i battenti (da segnalare, il fatto che lo stesso presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli non si sia ancora mai degnato di farvi visita). E ancora, uno spazio riservato persino ai vecchi ritagli di giornale e agli oggetti rinvenuti sul luogo dell’incidente aereo di Bascapè (PV) occorso il 27 ottobre 1962. Un evento che in poco tempo rimase segnato da dubbi e perplessità fino a dare il via a quello che storicamente viene ancora ricordato come ‘Il caso Mattei’.

“A uccidere mio zio - afferma Rosy - sono stati gli italiani. Quando la mattina del 28 ottobre ’62 mi recai con mio padre sul luogo della tragedia, raccolsi di nascosto alcuni reperti sapendo che in futuro mi sarebbero serviti: avevo appena 13 anni. Già precedentemente la mia famiglia aveva ricevuto minacce e rischiato attentati; e nonostante le continue pressioni e dissuasioni ho voluto proseguire la ricerca della verità iniziata da mio padre Italo”.

Una serie di immagini, dichiarazioni, ricostruzioni e documenti meticolosamente conservati nel tempo e oggi visibili nei tre libri redatti dalla stessa Rosangela (l’ultimo in uscita proprio in concomitanza con il 60° anniversario della scomparsa di Mattei), nei quali ricorrono nomi e cognomi legati all’Eni, ai reparti occulti della Democrazia Cristiana (nell’allora governo Fanfani IV), i servizi segreti internazionali e l’OAS francese.

Figure che si accostano ai dati incontrovertibili (come la superperizia in merito all’esplosivo a bordo del veivolo Morane-Saulnier MS-760 Paris) che attestano la natura complottista di quello che ormai è stato confermato dai più come ‘omicidio di Stato’. E che costò la vita anche al pilota Irnerio Bertuzzi e al giornalista americano William MacHale.

A sessant’anni della scomparsa dell’uomo che venne ribattezzato ‘l’erede di Giulio Cesare’, la testimonianza di Rosangela, la sua ostinata battaglia per la verità e l’èco dei corsi e ricorsi storici figli della seconda metà del secolo scorso tornano a farsi sentire attraverso nuove, importanti rivelazioni. Che diventano di conseguenza strumenti utili per comprendere la realtà sociale e geopolitica attuale, scandita da guerre, crisi energetiche e ambientali, e nuovi governi al potere.

Di seguito, l’intervista completa a Rosangela Mattei:   

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