Picchio Podcast
"Sono le partite a fare i telecronisti, non il contrario": Pierluigi Pardo al Picchio Podcast tra leggerezza e passione
MACERATA – Voce calda, battuta pronta, ironia naturale. Pierluigi Pardo è così anche fuori dallo schermo: diretto, appassionato, capace di passare da un aneddoto a una riflessione profonda con la stessa disinvoltura con cui racconta un gol al novantesimo. Ospite del nuovo episodio del Picchio Podcast, registrato durante il Festival Overtime 2025 nel centro di Macerata, Pardo ha conquistato tutti con il suo modo di essere: leggero ma mai superficiale, professionale ma sempre umano. “Macerata mi è sempre rimasta nel cuore – racconta –. Mio padre era di stanza qui durante il servizio militare e me ne parlava come di un posto magico, quasi da romanzo. E oggi, grazie a Overtime, torno spesso. È un festival bellissimo, e per me è ormai un appuntamento fisso”. Il tema del festival di quest’anno erano proprio le scelte, e Pardo ha raccontato la più importante della sua vita: quella che lo ha portato a diventare la voce che tutti conoscono. “Lavoravo nel marketing di una multinazionale americana, ma il mio sogno era la telecronaca. Avevo iniziato a collaborare con Tele+, facevo qualche partita di Serie B, Ancona, Perugia… Poi nacque Stream, e dovetti decidere se restare nel mondo del marketing o buttarmi nello sport. Mio padre era contrario, voleva che continuassi la carriera ‘sicura’, ma non ci ho pensato un attimo. Ho scelto la telecronaca”. Da quel momento, una vita in prima linea tra microfoni e grandi emozioni. Tele+, Stream, Sky, poi la lunga avventura a Mediaset e oggi DAZN: “Sono stati vent’anni intensi. Ogni esperienza mi ha lasciato qualcosa, anche se le esclusive a volte complicano le cose. Io vorrei lavorare con tutti, ma capisco che ci siano strategie aziendali”. Nell’intervista, Pardo ha raccontato anche la sua filosofia di telecronista, tra tecnica e passione: “Il racconto della telecronaca è la cosa più bella del mondo. A volte perdo un po’ il controllo, ma è perché mi emoziono. La leggerezza è importante: non si può ridurre tutto a ‘ha segnato questo, ha sbagliato quello’. Devi trasmettere ritmo, vita, sentimento. Come dice Mourinho: chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”. Indimenticabile il ricordo di Barcellona–PSG 6-1, una delle sue partite simbolo: “Lì forse ho perso davvero il controllo”, ammette ridendo. “Ma dimostra una cosa: sono le partite a fare i telecronisti, non il contrario”. Tra i derby più emozionanti raccontati, Pardo cita Milano, Roma e Genova: “I derby di Milano sono spesso belli da commentare e vengono spesso fuori grandi partite. A Roma invece la tensione è altissima, le squadre si bloccano, diventa quasi una questione di vita o di morte. Marassi invece, nel derby di Genova, è pura adrenalina”. Infine, uno sguardo al futuro e un sogno ancora aperto: “Non voglio sembrare autoreferenziale, ma se mi chiedi cosa mi manca, direi commentare la Nazionale. È il sogno di tutti i telecronisti”. Alla fine, Pierluigi Pardo resta quel ragazzo che sognava di raccontare il calcio, e oggi lo fa con la stessa leggerezza e curiosità, trasformando ogni partita in un piccolo spettacolo. Tra un gol e un’esultanza, ci ricorda che, anche nel mestiere più serio, un sorriso non guasta mai.
Serse Cosmi al Picchio Podcast: “Dal bar del paese alla Serie A, la mia vita tra salite e discese” (VIDEO)
In occasione dell’Overtime Festival, la rassegna maceratese dedicata al racconto, al giornalismo e all’etica sportiva, il Picchio Podcast ha accolto un ospite d’eccezione: Serse Cosmi, uno degli allenatori più iconici e passionali del calcio italiano. A Macerata per portare in scena lo spettacolo “Solo Coppi Temo”, Cosmi si è raccontato a cuore aperto in un’intervista intensa e piena di aneddoti, tra calcio, vita e musica. Cosmi ha spiegato come la scelta di salire su un palco sia nata quasi per gioco, ma si sia presto trasformata in un bisogno profondo: “Da un anno a questa parte ho avuto la voglia di cimentarmi in qualcosa di diverso. Il teatro mi ha sempre appassionato, e con l’aiuto di Alessandro Ricci e del jazzista Giovanni Guidi è nato questo spettacolo". Il titolo “Solo Coppi Temo” nasce proprio da una scritta che il padre di Cosmi aveva lasciato sull’Ape di famiglia: “Mio padre era un fanatico di Coppi. Quando l’ho perso avevo solo 15 anni, e non ho mai avuto la possibilità di raccontargli ciò che è successo dopo. Il teatro è diventato il modo per farlo, per dirgli quello che non ho mai detto”. Una storia familiare che diventa metafora di vita: “Quel motto, Solo Coppi temo, è rimasto un modo di vivere. Ho affrontato salite, discese, e tanta fatica. Ma vivere, come pedalare, resta bellissimo”. Il racconto di Cosmi torna poi agli inizi, quando da insegnante di educazione fisica si ritrovò, quasi per caso, a fare l’allenatore della squadra del bar del paese: “Non potevo giocare perché ero tesserato, così mi fecero allenare gli amici. Non vincevamo mai, finché una volta vincemmo… e da lì è iniziato tutto.” Una carriera che lo ha portato fino alla Serie A, ma che lui descrive più come una discesa che come una fatica: “Dai dilettanti ai professionisti mi sembrava tutto naturale. La vera salita è venuta dopo, quando devi restare ai vertici. All’inizio, invece, era solo entusiasmo”. Nel 2000, dopo 5 promozioni in 10 anni con Pontevecchio e Arezzo, la grande occasione in Serie A con il Perugia. Impossibile non parlare del suo legame con il Grifo, la squadra della sua città e della sua vita: “Allenare il Perugia è stato come realizzare il sogno di un bambino. Da tifoso in curva a mister in panchina. Non potevo chiedere di più”. Cosmi ricorda anche il suo rapporto con Luciano Gaucci, presidente vulcanico e visionario: “Di lui si è detto tanto, spesso senza conoscerlo davvero. Era un uomo generoso, di intuito incredibile. Con lui c’era un rapporto diretto, umano. Oggi nel calcio questo manca: i fondi, le società moderne, hanno tolto il contatto personale”. Durante l’intervista, Cosmi rivendica con orgoglio quella che considera la sua vera abilità: “La mia più grande qualità è stata valorizzare talenti sconosciuti, farli crescere e far guadagnare tanti soldi ai presidenti. Ma questa è una cosa che non mi è mai stata riconosciuta fino in fondo”. Tra i nomi che emergono, Marco Materazzi, Fabrizio Miccoli e Luis Muriel, tre esempi di talento e carattere cresciuti anche grazie alla sua guida: “Miccoli era il più forte che abbia mai visto. In allenamento faceva cose incredibili. Materazzi era ingestibile, ma se capiva che poteva fidarsi di te, ti avrebbe seguito ovunque”. Ma il ricordo più emozionante è legato al Lecce: “Retrocedemmo, ma con la curva che applaudiva. Quella scena vale quanto una vittoria. Gente straordinaria, cuore vero del Sud”. Fuori dal campo, Serse Cosmi rivela un’altra delle sue passioni: la musica. “Mi piace la house, ma anche i cantautori: D’Andrea, Gaber, De Gregori. Non mi sento un DJ, piuttosto un selezionatore musicale. Ma se devo mettere un disco, lo metto con gusto”. Tra parole, aneddoti e riflessioni, Serse Cosmi si conferma per ciò che è sempre stato: un uomo diretto, passionale, autentico.Al Picchio Podcast ha mostrato ancora una volta la parte più vera di sé — quella di chi non ha mai cercato di piacere, ma di essere sé stesso. Oggi, con “Solo Coppi Temo”, porta la sua storia dal campo al palcoscenico, con la stessa grinta e la stessa sincerità che lo hanno reso unico. Perché la vita di Serse Cosmi è stata davvero come una tappa di montagna: partita tra i tornanti dei campi dilettantistici e arrivata, a forza di cuore e coraggio, sul traguardo della Serie A. Ha affrontato discese vertiginose e salite interminabili, ma non ha mai smesso di pedalare. E forse è proprio questo il segreto del suo viaggio.
Dal tennis a Sportmediaset: "I 5 minuti prima della diretta come quelli prima di un match". Chiara Icardi a Overtime
“Il primo set l’ho perso al tie-break, ma ho appena fatto il break. Sono 2-1, ma la partita è ancora lunga”. Così Chiara Icardi, giornalista sportiva e volto di Sportmediaset, sintetizza con una metafora perfetta il momento della sua carriera. Una vita che ha avuto due tempi ben distinti: prima in campo, da tennista con punti WTA, poi davanti alle telecamere, ai microfoni e alle parole, come voce del racconto sportivo italiano. Per la prima volta ospite di Overtime Festival, Icardi si dice “emozionata e felice di essere qui, in un luogo che ho sempre ammirato da spettatrice. Ho sempre pensato che un giorno mi sarebbe piaciuto arrivare su questo palco, e oggi quel giorno è arrivato”. L’emozione è doppia: stasera, infatti, sarà lei a intervistare Pablo Trincia, giornalista e podcaster tra i più seguiti in Italia. “Mi sento onorata — racconta —. Trincia ha la capacità rara di catturarti, di farti entrare nel racconto come se fossi parte della storia. Quando parla, diventi personaggio anche tu. Penso che da questa serata imparerò molto, e questo mi rende davvero felice”. Icardi è una voce nuova, ma già matura, nel panorama della comunicazione sportiva. Dalla conduzione dei telegiornali di Sportmediaset al programma serale della TV ufficiale della Serie A, fino alla radio e al padel, la sua esperienza attraversa linguaggi e formati diversi.Eppure, il suo approccio resta sempre lo stesso: umano, empatico, profondo. “Per me il racconto sportivo è la capacità di emozionare. Spesso ci concentriamo solo sul risultato, ma la bellezza dello sport è nel percorso. È nel sacrificio, nella tensione, nella sconfitta che costruisce la persona. Anche quando non arrivi alla vittoria, tutto ciò che ti ha portato fin lì merita di essere raccontato”. Da ex atleta, Icardi conosce bene quel linguaggio del corpo e dell’anima che solo chi ha vissuto lo sport dall’interno può comprendere davvero. “Immedesimarmi in chi scende in campo mi viene naturale. So cosa significa la pressione, la paura, l’adrenalina. Anche se non sono mai arrivata ai livelli dei grandi campioni, certe emozioni sono uguali per tutti, dal numero uno al numero novecento del mondo”. Dal tennis all’informazione, il passaggio è stato una scelta di libertà. “Ho iniziato a giocare a tre anni — racconta —, mio padre era maestro di tennis. Ho amato lo sport, ma il mio carattere ‘fumantino’ mi ha fatto capire che l’agonismo non era la mia strada. Ho deciso di cambiare vita, di studiare le lingue, di scrivere. È stato il primo grande bivio, e sono felice di averlo preso". Oggi, Icardi alterna la serietà della conduzione televisiva alla leggerezza della radio: “La radio è stata una scoperta meravigliosa. Mi diverte, mi fa stare bene. In TV, invece, ritrovo quella tensione buona che mi fa sentire viva: i cinque minuti prima della diretta sono come i cinque minuti prima di un match. L’adrenalina è la stessa". Nel suo percorso ha incontrato tanti protagonisti della Serie A, dal campo agli spogliatoi: “Ricordo con affetto le interviste a Roberto Donadoni e Ivan Cordoba. Mi hanno trasmesso valori veri, visioni sincere del calcio. Ma anche Marco Giampaolo mi ha colpito tantissimo: una persona profonda, curiosa, appassionata, lontana dall’immagine fredda che a volte si percepisce dall’esterno”. E poi, con un sorriso: “Allegri? Un personaggio che fa bene al nostro mestiere. Una battuta sua può riempire una settimana di trasmissioni!” Quando le chiediamo a che punto della partita sente di essere oggi, la metafora sportiva torna a colorare il discorso: “Immagino una partita al meglio dei cinque set. Il primo l’ho perso al tie-break ma nel secondo ho appena fatto il break. Sono 2-1 e mi sento nel ritmo giusto. La partita è lunga, ma la sto giocando come voglio io”. Chiara Icardi sarà protagonista questa sera, alle 21, sul palco del Teatro Lauro Rossi di Macerata, insieme a Pablo Trincia per una conversazione dal titolo “Girare il mondo per raccontare storie: una scelta di vita”.
15 anni di Overtime: Michele Spagnuolo: "Si può ancora raccontare lo sport in maniera bella e corretta"
Picchio News apre un nuovo capitolo. Nasce "Picchio Podcast", un format che vuole andare "oltre la notizia", per raccontare storie, volti e idee del nostro territorio. Un luogo di parole e ascolto, dove le persone si raccontano e le esperienze diventano spunti per capire meglio il presente. E per inaugurarlo, un ospite speciale: Michele Spagnuolo, ideatore e presidente dell’Associazione culturale Pindaro, che proprio oggi inaugura la quindicesima edizione di Overtime Festival, la manifestazione nazionale dedicata al giornalismo e al racconto dell’etica sportiva. “È la quindicesima edizione, ma è sempre una prima volta – racconta Spagnuolo –. Ogni anno è una sfida diversa, uno stimolo nuovo". Un traguardo importante, costruito quest'anno attorno a un tema dal valore universale: le scelte. E allora gli abbiamo chiesto come 15 anni fa ha scelto di dare vita ad Overtime Festival. “Tutto è nato quindici anni fa da una grandissima passione per il mondo dello sport, mia e di mio fratello. Insieme a un gruppo di studenti universitari di Perugia decidemmo di creare un’associazione per restare uniti anche dopo il percorso di studi. Volevamo parlare di sport e di racconto sportivo. L’abbiamo chiamata Pindaro, in onore del primo nella storia a scrivere di sport. All’inizio facevamo piccoli eventi in giro per l’Italia – mostre di fotografia, di cinema o di fumetto – sempre legati al mondo dello sport e della cultura. Poi, nel 2011, con un po’ di pazzia, decidemmo di riunire tutto in un unico contenitore. Lo dico sempre ridendo: eravamo in un pub di Pesaro e, alla terza pinta di birra, nacque Overtime”. Da quella sera è iniziata un’avventura che non si è più fermata. In quindici anni, Overtime è cresciuto fino a diventare un punto di riferimento nazionale, portando a Macerata campioni, giornalisti, registi e appassionati da tutta Italia. “Negli anni è cambiato tanto il modo di raccontare lo sport – spiega Spagnuolo –. Oggi è tutto molto più veloce, anche la comunicazione in generale. Ma noi cerchiamo, con un taglio romantico – non nostalgico, romantico – di continuare a raccontare le storie belle, quelle fatte di valori ed etica sportiva. Se quindici anni fa siamo stati i primi a creare un festival solo sullo storytelling sportivo, oggi fortunatamente se ne parla molto di più. E anche se i media sono cambiati, credo che si possa ancora raccontare lo sport in maniera sana, bella e corretta”. Tantissimi i ricordi, ma due in particolare restano indelebili. “Ci sono stati centinaia di ospiti, ognuno ha lasciato un segno. Però due momenti li porto nel cuore: la storia di Gianni Maddaloni, che a Scampia con la sua palestra porta avanti un concetto di sport popolare per togliere i ragazzi dalla strada; e poi l’appuntamento con don Ciotti, davanti al quale chiesi a mia moglie di sposarmi. Quello resterà per sempre indimenticabile.” Nel tempo, è cambiato anche il modo di organizzare un festival. “Oggi è più difficile, vuoi perché Overtime è cresciuto molto, vuoi perché la burocrazia è sempre più stringente. C’è da firmare qualche modulo e qualche carta in più rispetto a quindici anni fa. Però abbiamo sempre mantenuto un punto fermo: tutti gli eventi sono gratuiti. È una scelta precisa, perché pensiamo che la cultura dello sport debba essere accessibile a tutti. E ci piace entrare nelle scuole, parlare ai giovani, cercare di trasmettere messaggi positivi”. Dietro le quinte, una squadra che è una vera famiglia. “Scherzo sempre dicendo che io ci metto la barba, ma dietro c’è una squadra incredibile. Quest’anno siamo circa cinquanta persone, tutte volontarie. Ci sono i ragazzi più giovani, che portano entusiasmo, e il gruppo storico, quello con cui tutto è iniziato, che continua con la stessa passione di sempre”. L’edizione di quest’anno sarà come sempre densa di appuntamenti: convegni, talk, interviste, proiezioni, mostre, degustazioni. “Anche quest’anno, come mi dicono sempre, non ci siamo regolati – scherza Spagnuolo –. Ci saranno eventi da mattina a sera per cinque giorni, per tutti i gusti. Alcuni più mainstream, altri di nicchia, dedicati a sport o temi particolari. È bello vedere come ogni anno si crei una comunità di persone diverse ma unite dallo stesso spirito”. Un festival che ha fatto dell’etica sportiva la sua bandiera. “In alcuni sport parlare di etica è complicato, ma noi cerchiamo di tenerla viva. Penso che lo spirito di Overtime si veda nel momento del fine giornata: tutti insieme, ospiti e volontari, a cena, a ridere e parlare di sport davanti a un bicchiere di vino. È un po’ come il terzo tempo del rugby: è lì che ritroviamo la vera essenza dello sport”. E dopo quindici anni di racconti e incontri, la curiosità resta intatta. “Io sono una persona molto curiosa, mi piace ascoltare per imparare. E ti garantisco che da ogni ospite, da ogni storia, c’è sempre qualcosa da portare a casa. Il problema è che in quei giorni corro talmente tanto che non riesco a godermi tutto fino in fondo… ma ogni volta resto stupito dalla bellezza delle persone che incontro”. Alla fine, gli chiediamo chi gli piacerebbe avere un giorno sul palco di Overtime. “Un sogno? Roberto Baggio. Per ciò che rappresenta come sportivo e come uomo. Ma tra quelli che ho già conosciuto, Gianluca Vialli è uno che mi ha lasciato tanto. Un grande sportivo, ma soprattutto una grande persona”. L’appuntamento con la quindicesima edizione di Overtime Festival è da oggi a Macerata: cinque giorni di incontri, emozioni e storie di sport.Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito, con il programma completo disponibile sul sito e sui canali social del festival.

cielo sereno (MC)



