Si alza per un attimo il naso mentre si è alla guida o per strada, ed ecco spuntare sui cartelloni il faccione di Giorgia Meloni, di Matteo Salvini o di Silvio Berlusconi. Una frazione di secondo, quel tanto che basta per ricordare i protagonisti dell’attuale fase politica del nostro paese. Lady G. di per sé rinuncia ad ogni argomento, affidandosi a uno slogan semplice e immediato: “PRONTI a risollevare l’Italia”.
Il Capitano del Carroccio, invece, si concede qualche riga in più, accostando al suo personalissimo “CREDO” religioso temi quali: l’Iva sui prodotti alimentari, la flat tax al 15%, lo stop agli sbarchi, e - in maniera più contenuta – il nucleare come soluzione alla transizione energetica (senza specificare di voler continuare a servirsi dei carburanti fossili per farlo) e l’abrogazione della legge Fornero a favore di Quota 41 (valido certo, ma qualora si avesse a che fare con un mercato del lavoro meno fatiscente di quello corrente).
Il Caimano, dal canto suo, sa bene che la sua è solo una presenza formale e di facciata, utile solamente al proprio ritorno in Senato: da qui “Una scelta di campo” di cui nessuno è in grado di intuirne il significato, se non i fedelissimi di Forza Italia.
Diversamente, il PD di Enrico Letta ha scelto di rinunciare ai faccioni a tutto manifesto preferendovi direttamente i temi cari al programma, anche qui secondo un linguaggio telegrafico: “Avanti sui diritti civili”, “Italia rinnovabile”, “Prima l’ambiente”, “La casa è un diritto”, “Più medici di famiglia”, “Il lavoro è dignità” e così via, con le varie semplificazioni e/o specifiche del caso. Una decisione etica, ma anche di convenienza se vogliamo: la ricerca di una nuova credibilità non passa più per le facce già trite e detestabili dall’elettorato italiano; piuttosto, per la forza degli argomenti avanzati.
Ma la vera propaganda politica ormai si gioca sui social. Con relativi costi, s’intende. Secondo i dati Meta legati al periodo 21 luglio/19 agosto, il Partito Democratico avrebbe finora speso circa 26mila euro per sponsorizzare i propri post su Facebook, Instagram e Twitter, faendo leva su slogan, volti di leader e giovani esponenti a sostegno della propria campagna elettorale. A seconda del tema trattato, poi, le visualizzazioni ottenute hanno proceduto per altri algoritmi, che comunque fanno riflettere: un post diretto a Meloni e le sue posizioni contro l’aborto, per esempio, ha ricevuto 400-500mila impressions (raggiungendo una buona fetta di donne di età compresa fra i 45 e i 54 anni). Diverso il destino per il post dedicato ai medici di famiglia: appena 40-50mila visualizzazioni, coprendo per lo più utenti maschili over 50.
Con quasi 20mila euro spesi, invece, la Lega ha voluto insistere in maniera essenziale sui temi sopra citati, in modo da comprendere un bacino d’utenza ben spalmato su tutte le fasce d’età. Evidenziando, così, come il più “a cuore” del proprio pubblico rimanga quello degli sbarchi: più di un milione le visualizzazioni del post con un investimento pubblicitario di 1500-2000 euro. Il tema dell’Iva sui prodotti alimentari, al contrario, ha raggiunto appena le 60mila unità, per lo più di genere femminile.
Il taglio preferito da Meloni, infine, è probabilmente quello più istituzionale, forte dell'autorevolezza riscossa nell’ultimo anno grazie alla scelta di stare all’opposizione rispetto al governo Draghi. Ad oggi, la campagna social della leader di Fratelli d’Italia continua a passare per video-dichiarazioni quotidiani “non sponsorizzati”, e post saltuari finora finanziati con circa 3mila euro. Basti pensare che uno solo di questi, nel mese di agosto, ha raggiunto oltre un milione di visualizzazioni: per lo più uomini (62% del totale) e persone adulte (il 71% è over 45).
Il dato eclatante che colpisce maggiormente, a questo punto, è anche il comun denominatore delle due coalizioni separate oggi da quasi il 20% sulle intenzioni di voto (dati Demopolis): la mancanza di argomenti concreti relativi ai giovani. Ancora una volta, insomma, si è palesata una corsa al voto che solamente di striscio sembra guardare agli interessi delle nuove generazioni. E se qualche volta succede, c’è chi parla di devianze, di reintegrare la leva militare obbligatoria o di attuare riforme all’istruzione che di progressista hanno ben poco.
Per sua natura, la destra continua ad orientare il proprio modus operandi rivolgendosi alle fasce adulte/anziane del paese, considerandone la forte presenza in termini demografici (oltre 50 milioni, dati Istat). Allo stesso tempo, la sinistra paga oggi lo scotto di una campagna elettorale zoppicante, con una dialettica essenziale e, purtroppo, rappresentata da leader e personaggi di vecchio spessore.
Non basta avvalersi all’ultimo di figure più giovanili e di maggiore impatto sociale come Aboubakar Soumahoro, Elly Schlein o Ilaria Cucchi per sperare di convincere in tempo la platea di elettori propri, quelli degli altri e, soprattutto, quella degli astensionisti. Forse, non è un caso che acnhe stavolta il tema dei “giovani” - insieme a quelli del “lavoro” e della “sanità” – sia poco o quasi per niente promosso: un terreno troppo scivoloso, dove le idee sono tutt’altro che chiare.
“Giorgia Meloni sta cercando di incipriarsi”, il commento durante un’intervista occorsa mercoledì mattina del segretario Pd Enrico Letta, in riferimento alla ’nuova’ condotta della leader di FdI sulla politica estera. “Meloni sta cercando di cambiare immagine, ma a me sembra una posizione molto delicata, se i punti di riferimento sono Orban e il decalogo di Vox. Suggerirei che non si faccia un discorso in Spagna per il pubblico spagnolo e uno in Italia per gli italiani: ognuno di noi ha una faccia sola”.
Un’osservazione senz’altro rilevante quella del coordinatore dem, penalizzata ‘ahinoi’ da quell’uscita infelice che Meloni non ha perso tempo – come servita su un piatto d’argento – a bollare come 'misogina'. E aggiungendo - rivolta all’intero comparto del PD - “le vostre contraddizioni non le coprite neanche con lo stucco”.
Uno a uno, palla al centro. Nulla di strano in realtà: normali bisticci da campagna elettorale per dimostrare chi ha meno o maggiore credibilità rispetto all’avversario. Fintanto che non si cominci a parlare dei rispettivi programmi in termini comprensibili: non solo per quanto riguarda ovviamente le emergenze economico-energetiche dell’Italia, ma anche – se non soprattutto – in merito alle problematiche sociali che pongono inevitabilmente sotto i riflettori il tema dei diritti civili.
Se per l’aspirante presidente del Consiglio i valori della famiglia vengono prima di ogni cosa, diventa doveroso per i cittadini italiani tener presente una serie di aspetti pratici - oltre che morali ed etici - che riducono sensibilmente il confine tra onestà e ipocrisia della stessa. “Diventare genitori è aprirsi al futuro”, il che significa, innanzitutto, tener conto di quel 73% di donne occupate senza figli e di quel 53,9% con progenie al di sotto dei 6 anni (dati Istat).
La proposta di FdI qui richiama ad “asili nido gratuiti e aperti fino all’orario di chiusura di negozi e uffici, con un sistema di apertura a rotazione nel periodo estivo per le madri lavoratrici”. Spunto lodevole, ma che richiederebbe un incremento del numero di strutture, e al momento l’Italia è ferma al 26,9% (al Sud e Isole circa il 15%). Non solo: i criteri di selezione delle domande da parte dei vari comuni per accedere agli asili pubblici tendono già di per sé a favorire le famiglie in cui lavorano entrambi i genitori (sacrificando dunque le madri e i single).
Inoltre, FdI promette di coprire l’80% del congedo parentale, ma che a fronte delle disparità di stipendio fra uomini e donne rischia di penalizzare ulteriormente le seconde, per le quali la quota di abbandono della professione dopo la nascita dei figli ha già raggiunto il 25%. Bisogna capire se gli incentivi alle aziende per assunzione di neomamme e le varie deducibilità – come quella del costo ed eliminazione dell’IVA sui prodotti per la prima infanzia – sono in grado di fare sufficientemente da ammortizzatori.
Difficile poi non considerare un altro dato. L’immagine della famiglia tradizionale promossa da Meloni e soci che non risponde più a quella che è la realtà effettiva, considerando che le coppie con figli e le famiglie composte da una sola persona nel nostro paese si equivalgono, in termini numerici: 33% (dati Istat).
In ultimo, il “sostegno alla vita e alla famigia naturale” che avanza la leader di FdI fa capo alla difesa della prima parte della legge 194 (in favore unicamente delle madri che non vogliono abortire), della libertà educativa a dispetto della cosidetta ‘teoria gender’, e alla battaglia strenua contro l’utero in affitto (velocizzando le adozioni).
Una serie di provvedimenti che nel programma sono rintracciabili sotto la voce - più volte ripetuta - 'libertà'. Ma ovviamente, con delle eccezioni. Della serie “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri” (G. Orwell, La fattoria degli animali, 1945).
Pari opportunità, diritti civili: la battaglia per le politiche del 25 settembre rischia di mettere in seria discussione il ruolo della donna all’interno della società italiana. Il PD di Enrico Letta questo lo sa bene, e stavolta per convincere la platea di elettori che il centrosinistra non è un bluff servirà uno sforzo diverso, che non sia semplicemente quello trito di contrastare l’avanzata delle destre a colpi di talk e tweet. Gli argomenti, del resto, sono sempre gli stessi, ma a mancare sono ancora concretezza e lungimiranza.
Compiti sotto l’ombrellone: studiare gli “Appunti per un programma conservatore” (FdI) e sottolineare tutti quei passaggi che, secondo il proprio grado di consapevolezza, sottendono pericolosi passi indietro in termini di evoluzione sociale. Sul fronte opposto, tenere sotto controllo i movimenti convulsi di PD e coalizione tutta, allo scopo di rintracciare un nostalgico senso di credibilità.
Infine, provare a capire se - una volta tanto - i cittadini italiani non saranno chiamati alle urne ancora una volta guidati dalla pura e semplice logica del 'meno peggio'. Pena per la politica: l’astensionismo.
Un lavoro di sinergia fra i carabinieri di Macerata e Fermo, la squadra mobile Macerata e il commissariato della polizia di Stato di Civitanova Marche hanno permesso – a seguito di indagini ininterrotte – di procedere alle ore 13.30 di oggi all’individuazione e quindi alla disposizione dello stato di fermo nei confronti del 26enne tunisino S.H. (clandestino, incensurato).
A rendere ufficiali i risultati dell’inchiesta sin qui condotta sono stati – fra coloro che sono intervenuti nella conferenza stampa indetta alle 17.30 presso la Caserma dei Carabinieri di Civitanova - il Porcuratore della Repubblica Claudio Rastrelli, il comandante provinciale carabinieri Macerata, colonnello Nicola Candino, e il comandante del nucleo operativo e radiomobile dei carabinieri di Macerata, colonnello Serafino Dell’Avvocato.
Sul giovane tunisino - intercettato presso uno stabile sito in zona Fareniense (Porto Sant’Elpidio) e tradotto presso lal casa circondariale di Fermo - gravano le accuse di omicidio, possesso di sostanze stupefacenti (28 dosi di eroina, corrispondenti a 9,700 gr, pronte all’uso) e porto illegale di arma da taglio: una lama da 15 cm, con la quale avrebbe compiuto il delitto alle ore 21.30 di ieri nei confronti del cugino Amri Rached. Il movente – secondo le prime dichiarazioni - sarebbe un regolamento di conti di natura debitoria.
“Alcuni indizi, oltre all’arma del delitto individuata dalla polizia scinetifica presso il parco Palatucci di Civitanova e e ai diversi cellulari rinvenuti presso l’abitazione dove S.H. dimorava – hanno spiegato Candido e Rastrelli – ci inducono a pensare che possano essere coinvolte altre cinque persone, probabilmente per responsabilità di altro tipo. Ci preme assicurare che non esiste alcun allarme sociale a Civitanova come nel resto della provincia: la situazione è sufficientemente sotto controllo”.
“Tutto viene enfatizzato – ha aggiunto il colonnello - dal fatto che determinati accadimenti vengono ripresi e subito pubblicati in rete: liti fra due persone vengono trasformate in risse solo perché ci sono altri soggetti che semplicemente assistono. Ritengo che si possa andare soddisfatti del nostro lavoro per mantenere la sicurezza anche in termini di prevenzione, soprattutto nel periodo estivo. Naturalmente, è impossibile evitare del tutto che si verifichino eventi delittuosi del genere: non possiamo presidiare ogni angolo di strada”.
Di seguito, il servizio:
A poche ore dall'ultimo drammatico episodio di violenza costato la vita a un uomo (leggi qui), il sindaco di Civitanova Fabrizio Ciarapica, il presidente della provincia Sandro Parcaroli e il prefetto di Macerata Flavio Ferdani (insieme agli assessori Giuseppe Cognigni e Paolo Renna) hanno realizzato nella mattinata odierna un comitato d'urgenza. L'obbiettivo: fare il punto non solo sulla dinamica di quanto accaduto ieri sera (le indagini tuttora in corso ipotizzano un regolamento di conti), ma anche sul delicato tema della sicurezza che - soprattutto nel corso di questa stagione estiva - sta mettendo a dura prova l'intera provincia, con particolare riguardo per il tratto di costa assalito da turisti, giovani habitué della movida locale e (non ultimo) spacciatori.
"Forse in quest'ultimo periodo la percezione di sicurezza è venuta un po' a mancare nella nostra città - ha dichiarato Ciarapica, alla fine dell'incontro - alla luce di quanto accaduto anche ieri sera e circa due settimane fa: quello di Alika è stato un fatto imprevedibile e irrazionale, il secondo è avvenuto in pieno Lungomare Piermanni. L'attenzione è alta da parte nostra: pur trattandosi di persone di origine nord africana che nulla hanno a che fare con la nostra comunità, siamo decisi a contrastare questi fenomeni e ripristinare la percezione di sicurezza che Civitanova ha sempre avuto.
"Ci sarà una risposta forte e decisa da parte delle istituzioni", ha assicurato Parcaroli. "In tutto il territorio rafforzeremo i controlli per debellare fenomeni di violenza, spaccio di droga e di alcol ai minori. Con il prefetto ci siamo confrontati sulle diverse problematiche e concordato la necessità di impiegare da ora in poi forze straordinarie di polizia: dalle unità cinofile ai reparti speciali".
Di seguito, il servizio:
Centrosinistra, punto e a capo. E stavolta - questa è l’impressione - prima di tutto per necessità, seguite poi dagli obbiettivi di rilancio del Paese sulle questioni sociali, ambientali ed economiche. Del resto, lo stesso Enrico Letta lo ha dichiarato sabato 6 agosto in conferenza stampa, dopo aver siglato l'accordo fra PD, Sinistra Italiana, Verdi, Impegno Civico e, di conseguenza, il divorzio da Azione/+Europa: al di là delle differenze politiche che separano i vari partiti, “l’accordo è stato raggiunto per senso di responsabilità” e, non ultimo, per “emergenza democratica”, riferendosi al timore che l’alleanza di centrodestra (Fdi-Lega-FI) possa ottenere una maggioranza parlamentare tale da poter modificare la Costituzione.
Rotta l’alleanza dopo appena una settimana, Carlo Calenda è tornato a puntare sull’Italia Viva di Matteo Renzi, nella speranza di mettere insieme una compagine centrista capace di presentarsi e fare significativamente la differenza alle prossime elezioni politiche. Deputando al segretario dem ogni responsabilità per l’eventuale successo di Meloni e soci. “Per me è stata una decisione sofferta – ha dichiarato nelle ultime ore sui propri canali social il leader di Azione – ma la coalizione che si è andata a costruire è davvero una coalizione per perdere e perdere male”.
In vista, dunque, dell’imminente campagna elettorale che accompegnerà gli italiani fino alle urne del 25 settembre, si cercano di riordinare le idee anche nelle Marche. Lo sanno bene il consigliere regionale PD Maurizio Mangialardi e il consigliere comunale di Ancona nonché segretario regionale di Azione Tommaso Fagioli, che nella doppia intervista che segue provano a fare chiarezza anche su quelli che saranno gli step successivi dei loro rispettivi partiti.
Qual è stato il suo primo pensiero a caldo dopo rottura fra PD e Azione, e chi secondo lei non ha rispettato l'accordo?
M. Mangialardi. Penso che la decisione di Carlo Calenda sia un fatto molto grave: quello sottoscritto con +Europa non era un semplice accordo elettorale ma un patto programmatico, fondato su punti e progetti ben precisi, le cui ragioni e motivazioni non sono mutate in questi giorni. Voglio ricordare le parole che aprivano quel patto “Le prossime elezioni sono una scelta di campo tra un’Italia tra i grandi Paesi europei e un’Italia alleata con Orban e Putin. Sono uno spartiacque che determinerà la storia prossima del nostro Paese e dell’Europa”.
T. Fagioli. La rottura del patto è stata causata dalla presenza in coalizione di chi non voleva l'agenda Draghi, votando a quest'ultimo la sfiducia e avrebbe demolito l'area liberale dell'alleanza con conseguente fine di Azione.
Quali tattiche pensate di adottare adesso?
M. M. Come ha ricordato due sere fa il segretario nazionale Enrico Letta, il Partito Democratico è determinato ad andare avanti con ancora maggior convinzione con la coalizione costruita e con le proprie proposte. Le elezioni del 25 settembre rappresentano un appuntamento importante in cui i cittadini saranno chiamati a scegliere se essere governati, se da Meloni e dalle destre oppure da noi.
T. F. Cercheremo di spiegare alle persone nei territori quello che vogliamo fare per l' Italia dai termovalorizzatori, ai rigassificatori, aiuti alle imprese che non possono essere più considerate nemiche dei lavoratori.
Cosa serve per convincere gli elettori a darvi fiducia in vista delle elezioni?
M. M. Ambiente, lavoro, giovani, scuola, pensioni sono le nostre parole d’ordine. Le faccio un esempio concreto che tocca da vicino tutti i cittadini: l’attuale aumento del costo della vita che, in un anno, rischia di sottrarre ai lavoratori quasi un mese di stipendio. Il PD propone di restituire questo mese di stipendio agli italiani con un taglio delle tasse sul lavoro, in particolare i contributi previdenziali. In questo modo si alzano gli stipendi, dei lavoratori e, allo stesso tempo, si aiutano le imprese ad assumere e fare investimenti con maggiore serenità, portando avanti un progetto di società più equa e giusta di cui c’è urgente necessità.
T. F. Il nostro intento è quello di attuare una campagna patriottica con i tanti giovani iscritti ad Azione, provando rsipondere a ciò che la gente chiede alla politica da anni. Siamo favorevoli al salario minimo, poiché chi lavora ha diritto ad uno stipendio dignitoso.
Quali sono gli argomenti principali che utilizzerete per evitare che Giorgia Meloni vinca?
M. M. Le cito un dato: Fratelli d’Italia ha votato per ben 5 volte contro il PNRR al Parlamento europeo e in quello italiano. Stiamo parlando di quel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che rappresenta un’opportunità unica ed insostituibile, in termini di programmi e risorse, per cambiare il nostro Paese. Se fosse dipeso dal voto di Fratelli d’Italia il più grande piano di investimenti e modernizzazione dell’Italia non sarebbe esistito.
T. F. Per non far vincere Giorgia Meloni serve raccontare al Paese come si risolvono i problemi e far capire che il populismo da bar alla lunga non paga. Noi proponiamo soluzioni realistiche che aiutano i cittadini in questo momento storico critico.
Qualora il centrosinistra dovesse vincere, esiste già un programma reale per salvare l'agenda Draghi e rilanciare concretamente il paese?
M. M. Il governo Draghi ci consegna l’impegno ad attuare gli obiettivi del PNRR, a realizzare le riforme ambiziose sottoscritte con le istituzioni europee, e con tempistiche ed obiettivi ben precisi correlati ad ingenti finanziamenti. PD e centro sinistra vogliono portare avanti quel programma di riforme e, allo stesso tempo, imporre sulla scena politica temi e proposte che riguardano: i giovani, il riconoscimento del diritto alla casa a chi vive in condizione di fragilità economica, la parità salariale tra donne e uomini, il salario minimo, la lotta alla precarietà e al lavoro nero, la piena realizzazione di diritti sociali e civili.
T. F. Se il centrosinistra dovesse vincere, l' unico modo per attuare l'agenda Draghi, è quella di prendere il programma di Azione e attuarlo.
Cosa si sente di criticare oggi al suo partito e, in seconda battuta, al centrodestra?
M. M. Se c’è una critica che mi sento di fare a noi è proprio questa: dobbiamo imparare dagli esempi del passato e ritornare ad una dimensione collettiva che lasci da parte i personalismi. A destra vedo una coalizione meno compatta di quanto sembri all’esterno, in cui gli alleati sono impegnati a guardarsi le spalle a vicenda e a rincorrersi per strappare il traguardo del primo partito. Ma soprattutto della destra critico l’ambiguità di fondo: è europeista o anti europeista? Come vuole porsi rispetto agli impegni presi dal Governo Draghi con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Come si pone rispetto alle posizioni di Orban e degli altri paesi di Visegrad che vogliono svuotare la forza ed il peso delle istituzioni europee?
T. F. Della destra critico il modo di fare politica anni ‘90, dove Berlusconi promette l'ennesimo nuovo miracolo italiano, per non parlare della Meloni e Salvini che propongono investimenti irrealizzabili. La critica che invece muovo al mio partito - e quindi anche a me stesso - è di non aver sempre preso coscienza della forza e dello slancio che Azione ha nei confronti dell'elettore. In queste ore sto ricevendo decine di telefonate di cittadini pronti a dare una mano al progetto. Abbiamo bisogno di tutti. Siamo l'unica vera novità di questa campagna elettorale. Adesso la palla passa ai cittadini che sono gli unici a poter fare la differenza.
“Tutti abbiamo il diritto di essere vivi. Giustizia per Alika”. Essere presenti oggi pomeriggio era più di un dovere. Il corteo di 300 persone - che dal piazzale Stadio di Civitanova è giunto intorno alle ore 16 fino alle porte del municipio (piazza XX Settembre) - ha alzato il proprio coro di giustizia e rivendicazione sociale (leggi qui): non solo i diversi membri della comunità nigeriana Marche, ma anche associazioni e movimenti come Amnesty International, Comunità di Sant'Egidio e il neonato ‘29 Luglio’, sorto dal rumore assordante di quel tragico venerdì che costò la vita ad Alika Ogochukwu.
“Basta nascondere la testa sotto la sabbia: il razzismo esiste e non ne possiamo più”, risuona la voce al megafono dei vari rappresentanti della comunità nigeriana Marche intervenuti durante il corteo. “Quello che è successo ad Alika ci riporta ad altre tragedie come quella del 2016 (Emmanuel Chidi Namdi): siamo parte integrrante di questa società, ma continuiamo a sentirci rifiutati e frustrati”.
“Sappiamo bene che l’omicidio di Alika non è di stampo razzista – ammettono Luce e Oriane, cittadine di Chiaravalle in rappresentanza della Repubblica Democratica del Congo – ma tutto quello che si è sviluppato dopo invece sì: i commenti, le dichiarazioni, le strumentalizzazioni politiche. Persino l'averlo accostato alla morte di Pamela Mastropietro è sbagliato e fuorviante. Chiediamo solo di godere del rispetto e degli stessi diritti di tutti quanti: siamo anche noi esseri umani lavoratori e con dellle famiglie”.
Una macchina dell’odio che non ha mai smesso di essere alimentata: il comune rifiuto per il razzismo - diffuso in tutta Italia e oggi messo a processo nel centro abitato di Civitanova - è stato il leitmotiv trainante della manifestazione pacifica, presenziata in prima linea dalla vedova Charity Oriakhi (assistista fra le lacrime da amici e famigliari) e dai rappresentanti istituzionali della città, fra cui il sindaco Fabrizio Ciarapica che ha ribadito i propri cordoglio e partecipazione affinché la città non resti per sempre infettata dal virus dell’odio razziale. Fra i partecipanti al corteo, anche i dem Matteo Orfini e Daniele Maria Angelini, la pentastellata Mirella Emiliozzi, la consigliera Mirella Paglialunga, l’avvocato Francesco Mantella (leggi qui l'intervista) e il presidente della NIDOE George Omo Iduhon.
“Questo Paese deve farsi un esame di coscienza – ha dichiarato nel suo intervento Fabio Burattini di Amnesty International Marche – e e promuovere il cambiamento: ripartiamo da questa piazza e lavoriamo insieme contro il linguaggio d’odio che scatena simili tragedie”.
“Con la morte di Alika – hanno aggiunto i rappresentanti del movimento 29 Luglio - il razzismo si è diffuso a macchia d’olio sui social, nelle piazze, nei negozi, nei bar: abbiamo letto commenti denigratori che ledono la dignità dei nostri fratelli stranieri. Una certa politica fa apparire l'immigrato come cattivo e usurpatore di diritti. Bisogna abbattere la macchina dell'odio con la conoscenza: gli aiuti agli stranieri bisognosi sono legittimi, non vanno strumentalizzati con slogan come ‘Prima gli italiani’. A Civitanova è caduta la maschera: di fatto c'è insofferenza razziale, una condizione sociale che discrimina. Ringraziamo comunque il sindaco Ciarapica per essere qui oggi: ha dato sostegno morale e pratico alla vedova Charity, costituito Civitanova parte civile e proclamato il lutto cittadino. Molti di questa amministrazione comunale, però, non sono stati dello stesso parere: la sicurezza non si ottiene con una maggiore militarizzazione, ma promuovendo la convivenza fra culture diverse”.
Di seguito, la video-diretta della manifestazione:
C'è chi rispolvera vecchi slogan elettorali, chi va in cerca di alleanze arrabattate, chi vorrebbe accaparrarsi i voti di scontenti e sfiduciati, chi fa il trasformista, e chi la propria, reale natura riesce ancora a nasconderla sotto la superficie di quel pantano melmoso che è diventata la politica italiana. Ciascuno si riservi il diritto (se vuole, anche il divertimento) di distribuire a proprio piacimento tutte queste etichette: a destra, sinistra o al centro. Quel che sappiamo per certo è che, a meno di 60 giorni dalle prossime elezioni politiche, ha preso il via l’ennesima campagna elettorale che decreterà la formazione del nuovo governo post Draghi.
Il PD di Enrico Letta ci prova a stipulare alleanze che non si risolvano in una tragicomica 'Armata Brancaleone', mentre i pentastellati di Giuseppe Conte tentano la nuova identità di 'terzo polo, quello giusto' (alla stregua di Matteo Renzi con la sua Italia Viva). Luigi Di Maio e Bruno Tabacci studiano le possibilità di una colazione tendente a sinistra; il centrodestra calibra i propri passi in sincronia con quelli di Giorgia Meloni.
Se alla leader di Fratelli d'Italia tornano utili certe 'macchine del fango' per emergere in tutta la propria forza e genuinità, alla Lega di Matteo Salvini la condivisione di certi valori (insieme al vecchio Forza Italia di Silvio Berlusconi) è tornato ad essere gran cavallo di battaglia assieme a tutti i punti programmatici dell'aspirante nuovo governo targato proprio centrodestra. Presupponendo , ovviamente, che ci si allinei a quegli "Appunti per un programma conservatore" stilati dagli stessi Meloni, Guido Crosetto e compagnia cantante.
Per Luca Buldorini (commissario provinciale della Lega Marche) non ci sono dubbi, come si evince nell’intervista che segue. “Sono certo che torneremo a governare, e in questo modo potremo finalmente adempiere a tutte le promesse fatte ai nostri elettori: dall’abolizione delle cartelle esattoriali alla modifica del reddito di cittadinanza, fino alla flat tax al 15% e lo stop agli sbarchi”.
Quali sono le caratteristiche del vostro candidato ideale? Esperienza nell’amministrazione, l’aver mantenuto rapporti continuativi con le realtà territoriali, essere stato vicino agli imprenditori nei momenti difficili come fu per il lockdown del 2020. Al tempo, quando le industrie rischiavano di chiudere la produzione, la Lega è riuscita a captare il problema e ad evitare che ciò avvenisse nell’arco di un mese - fermo restando le misure anti Covid.
Dunque il vostro miglior candidato sarà un imprenditore. Senz’altro: a differenza della sinistra, non abbiamo intenzione di fare una politica che porti alla chiusura delle aziende e poi a correre in sostegno dei dipendenti per rivendicare il diritto alla cassa integrazione. Bisogna investire a monte su chi fa impresa perché in automatico si garantiscono posti di lavoro e tutela degli stessi. Oltre a valorizzare la produzione dentro e fuori il Paese.
Quindi, lei cosa critica di preciso alla sinistra? L’essersi fissata troppo su una politica di assistenzialismo. L’Italia - e quindi le Marche e la Provincia di Macerata - è fatta di lavoratori e risparmiatori. Ma bisogna dare l’opportunità e il diritto di lavorare: con l’assistenzialismo - cito il reddito di cittadinanza, misura completamente sballata - non si tutela nessuno e non si creano imprese, Pil e futuro. E si svaluta il made in Italy.
Lo stesso Mario Draghi, però, ha detto che il reddito di cittadinanza è uno strumento ottimo, se ben utilizzato. Si tratta di una misura da concedere ai meno fortunati: a chi non ha l’opportunità di lavorare o di realizzarsi in maniera autonoma. Ma chi è in grado deve andare a lavorare. Le vecchie generazioni hanno fatto sacrifici, eppure oggi non riescono a garantire un minimo di sostegno ai propri figli. Questo è inammissibile.
Ci sono molti imprenditori però che, sfruttando lo strumento dell’evasione fiscale, hanno contribuito alla svalutazione del lavoro e della produzione in Italia. Contribuendo peraltro ad allargare la frattura fra ricchi e poveri. Io il problema lo individuo alla base, cioè nella mancata attenzione e priorità rispetto a chi fa impresa. Gli industriali italiani non sono più o meno evasori di altri in tutto il mondo. Io sono convinto che un’anomalia come l’evasione fiscale scaturisca o si accentui quando c’è una tassazione fuori controllo e oltre il limite delle possibilità dell’imprenditore.
Il fatto di fare squadra per queste elezioni 'a sostegno di Giorgia Meloni', a voi è costato qualche valore in meno o siete d’accordo su tutto? Oggi, con il sacrificio che tutti i partiti hanno fatto nel tempo, siamo in grado di condividere un progetto in toto. Per noi della Lega, l’aver fatto parte del governo (in opposizione anche a Fratelli d’Italia) è stato un dovere atto a portare avanti le istanze dei cittadini che all’epoca ci avevano dato fiducia. Aaltrimenti ci saremmo beccati la patrimoniale, lo ius scholae, lo ius soli ecc. Abbiamo dimostrato a tutti di saper governare. E, non ultimo, bloccato gli sbarchi di immigrati.
Dunque, per voi, la soluzione rimane quella di un’Europa conservatrice. Noi vogliamo un’Unione Europea responsabile: l’Italia non può essere declassata a 'ostello del Vecchio Continente'. Questo non vuol dire essere razzisti: piuttosto assicurare i servizi essenziali prima ai nostri concittadini, poi a chiunque venga nel nostro paese. Noi accogliamo tutti, ma ci vuole buon senso.
Però gli argomenti e i toni utilizzati dalla stessa Giorgia Meloni – soprattutto quando va a visitare Orban in Ungheria, Vox in Spagna o i conservatori in America – sono difficili da svincolare da una certa matrice fascista. Il buon amministratore deve avere rapporti con tutti, nel rispetto del proprio paese. Le foto con Putin o con Orban se le sono fatte tutti: solo che quando si tratta di Salvini e Meloni diventa solo facile strumentalizzazione. A me sembra che chi a volte lede il diritto alla democrazia, al voto o di esprimere la propria idea, non sono certo i nostri leader di centrodestra: piuttosto, sono coloro che si fanno paladini della democrazia solo in certe circostanze o momenti dell’anno, mistificando argomenti come il fascismo e il razzismo.
Allude piu al centrosinistra o al Movimento Cinque Stelle? Più al centrosinistra. Ricordo che, sempre durante il lockdown, l’ANPI e il PD andavano in giro a manifestare, mentre gli italiani erano costretti in casa, spesso senza la possibilità di fare visita ai propri cari. Spero che, in questa nuova tornata elettorale, i cittadini facciano attenzione e guardino ai fatti, piuttosto che alle chiacchiere: noi della Lega lo abbiamo dimostrato, azzerando gli sbarchi quando eravamo al governo. Il che, certamente, non voleva dire lasciar morire gli immigrati in mare…
Però è successo. Si, ma con numeri nettamente minori rispetto ad oggi. Fermare i barconi serviva a scatenare la reazione dell’Europea, per regolamentare e ridistribuire il traffico di immigrati. Tutti si lamentano di cose come le liste d’attesa infinite agli ospedali, o dell’aumento della produzione di rifiuti: e poi arrivano i governi di centrosinistra che dicono 'no' a iniziative come i termovalorizzatori, oppure ‘sì' all’accoglienza senza controllo. I servizi essenziali - sanità, lavoro, studio - devono essere garantiti in primis agli italiani, che pagano le tasse. Inoltre, risparmieremmo denaro, da poter reinvestire anche per assicurare questo tipo di assistenza agli immigrati, ma direttamente nel loro paese.
Favorire la crescita del tessuto associativo presente nelle aree colpite dal sisma del 2016, agevolare le nuove realtà e incoraggiare l’iniziativa e l’aggregazione giovanile. Sono questi gli obbiettivi fissati nel neonato progetto “C’entro. Insieme per le terre del sisma”, promosso da CSV Marche e presentato questa mattina presso l’Aula Verde della Fondazione Giustiniani Bandini dell’Abbadia di Fiastra.
A presenziare la conferenza stampa – salutata dal sindaco di Tolentino Mauro Sclavi e dalla Presidente della Fondazione Carima Rosaria del Balzo Ruiti – i cinque relatori rappresentativi delle diverse associazioni che hanno dato vita alla proposta: Simone Bucchi (presidente CSV Marche), Massimiliano Sport Bianchini (presidente Arci Macerata), Fabio Corradini (referente Acli Marche), Paolo Gobbi (referente Avis Macerata) e Gianluca Carrabs (project manager per Adriaeco).
“Si tratta di un progetto che si concluderà il prossimo mese di dicembre 2022 – hanno spiegato Carrabs e Gobbi – e che mira all’informazione, all’ascolto, alla mappatura dei bisogni, alla formazione, per permettere ai soggetti coinvolti di acquisire competenze in tema di co-programmazione e co-progettazione: in questo modo, stimoliamo il lavoro integrato tra ETS ed amministrazioni pubbliche, al fine di agevolare le realtà associative del territorio nella messa a sistema delle importanti risorse previste con i fondi comunitari, nazionali e non ultimo il Pnrr”.
“Selezioneremo le opportunità – ha spiegato ulteriormente il pm di Adriaeco -, le presenteremo, faremo dei report mensili, informeremo i portatori di interesse, daremo a tutti coloro che si metteranno in gioco gli strumenti per sviluppare progetti a finanza agevolata, in modo anche da allargare la maglia delle collaborazioni e reperire quante più risorse possibili all’interno delle aree sisma”.
“Enti pubblici e realtà associative dovranno fare necessariamente squadra – hanno aggiunto Corradini, Bianchini e Bucchi – sviluppando percorsi che mettano al centro di tutto i giovani. L’ambizione massima è quella di trasformare, o quantomeno riprogrammare, i concetti di comunità e società civile: siamo tutti preoccupati per le conseguenze che potrebbero ripercuotersi sui nostri piani l’attuale crisi di governo, ma questo ci spinge a lavorare bene anche senza il sostegno delle istituzioni”.
Non è neppure trascorsa una settimana dalla tragedia costata la vita al 39enne Alika Ogorchukwu per mano di Filippo Ferlazzo, e già si è perso il numero delle dichiarazioni e dei commenti che (a mezzo stampa o tramite social) continuano in queste ore a rincorrersi. Messaggi sicuramente di affetto e cordoglio da parte di una buona parte della comunità civitanovese (e maceratese in generale) nei confronti della vedova Charity Oriakhi, ma anche di accesa polemica da parte di chi lamenta una ‘esasperata attenzione mediatica’ rispetto al dramma del 29 luglio scorso. Probabilmente, anche in virtù delle prossime elezioni politiche, che lasciano sempre in agguato lo spauracchio della strumentalizzazione in piena campagna elettorale.
Nel frattempo, i famigliari di Alika possono godere dell’assistenza legale dell’avvocato Francesco Mantella, il quale – nell’attesa di raccogliere tutti gli elementi opportuni – sta preparandosi al futuro processo che lo vedrà confrontarsi faccia a faccia con l’imputato Ferlazzo.
“Tra pochi giorni avremo i risultati ufficiali dell’autopsia”, dichiara Mantella. La morte ingiustificabile di Alika ha sicuramente sollevato molti dubbi e polemiche: ciononostante, la vedova Charity confida molto nella giustizia, e tante persone continuano a mobilitarsi per organizzare incontri e manifestazioni non solo per ricordare Ogorchukwu, ma anche per ribadire l’importante messaggio di solidarietà, umanità e rispetto che dovrebbe esserci tra popoli conviventi nella stessa comunità”.
E in merito alle dichiarazioni e alle provocazioni finora pronunciate, sottolinea: “Bisogna abbassare i toni: gli errori da non commettere sono quelli di strumentalizzare simili tragedie o cominciare a puntare il dito in cerca di uno o più colpevoli, al di là dal colore della pelle. La collettività sana, che intende sinceramente dimostrare vicinanza ed affetto ai famigliari di Alika, lo fa indipendentemente dalle polemiche e dalle voci che si stanno rincorrendo in questo momento. L’obbiettivo rimane quello di una convivenza pacifica fra le parti”.
Di seguito, il servizio:
Si è concluso da pochi minuti l'incontro presso il palazzo del Governo di Macerata fra il prefetto Flavio Ferdani, i sindaci Fabrizio Ciarapica e Rosa Piermattei (rispettivamente, Civitanova e San Severino), i funzionari e i rappresentanti della comunità nigeriana, coadiuvati dal presidente della Provincia Sandro Parcaroli. Un meeting necessario, di conoscenza e confronto, nato dall'esigenza di offrire ulteriore sostegno e vicinanza ai familiari di Alika Ogochukwu (assistiti dall'avv. Francesco Mantella): il 39enne, vittima il 29 luglio del raptus di violenza feroce da parte di Filippo Ferlazzo (confermato agli arresti), lascia un figlio di 8 anni e la moglie Charity Oriakhi, che in queste giorni si è concessa alla stampa rivendicando a gran voce e tra le lacrime il proprio diritto alla giustizia.
A fronte della sensibile mobilitazione sorta negli ultimi giorni, e che porterà sabato 6 agosto ad una vera e propria manifestazione di piazza 'contro ogni forma di razzismo', i presidenti dell'Associazione nigeriana della Toscana, Evelyn Etedheke, e della NIDOE (Nigerians in Diaspora Organisation Europe) George Omo Iduhon si sono detti felici di aver avuto l'occasione di conoscere i rappresentanti delle istituzioni locali. "Quello che è successo è assurdo - ha dichiarato commossa Evelyn a fine incontro - e lo dimostra il fatto che il video di questa tragedia ha fatto il giro del mondo. Ora vogliamo solo giustizia: così si costruisce la pace fra persone che vivono nella stessa comunità"
Parole forti e inappellabili, ribadite con sincera partecipazione dai sindaci Piermattei e Ciarapica. "Ci auguriamo che il colpevole paghi per ciò che ha fatto, e allo stesso tempo continueremo ad impegnarci perché l'intera comunità maceratese sia partecipe e costruttiva anche a questo tipo di dinamiche sociali. Alle nostre città non appartiene l'etichetta del 'razzismo': dimostreremo ancora una volta, al di là delle voci e delle strumentalizzazioni in corso, che siamo capaci di accoglienza, rispetto e inclusività".
Di seguito, il servizio:
L’indifferenza di Civitanova, la componente razzista prontamente sgonfiata, le prossime elezioni alzate subito a vessillo di un furbo silenzio "per evitare strumentalizzazioni". Comunque la si giri, Destra e Sinistra italiana sono ugualmente coinvolte nell’ultimo dramma consumatosi il 29 luglio (leggi qui) dove Alika Ogorchukwu ha perso la vita. E, come a fare da èco, anche nella tragedia sfiorata di Recanati la stessa notte (leggi qui) e nel più tragicomico episodio di sabato 30 luglio (leggi qui).
Che lo si voglia ammettere o meno, "la paura dell’uomo nero", dello straniero che sbarca a Lampedusa o arriva dall'Est, si prende il lavoro che spetterebbe ad altri, e approfitta dove può della libertà concessagli dallo Stato (magari soverchiandone le leggi), continuano ad essere argomenti (se non disfunzioni ataviche) ben radicati nel background culturale di questa nostra società. Conseguenza, inutile negarlo, di certuni discorsi di piazza, oggi sicuramente ridimensionati, ma comunque figli di una mentalità rimasta ferma al secolo scorso.
Il che, ovviamente, non fa che alimentare quelle ideologie che, come semi di pianta, trovano sempre terreno fertile laddove ignoranza e sofferto disagio predispongono al maggese in vista della futura mietitura. I frutti della rabbia e dell’insofferenza, buoni in ogni stagione, diventano presto cavalli di battaglia per il nostro teatro politico, che di utile e costruttivo non riesce più a offire nulla se non del mediocre intrattenimento da prima serata. L’importante, questa è l’impressione che traspare, è avere sempre “il diverso” a cui imputare ogni colpa, assieme alla compagine politica che lo difende sbandierando con poca convinzione il gonfalone dei diritti umani e civili. Una modus operandi ormai fin troppo prevedibile, ma che rispecchia fedelmente la democrazia rappresentativa di cui facciamo parte.
Il tutto, alla luce del fatto che il cosiddetto “razzismo” rimane di per sé un concetto privo di ogni valenza scientifica, che pretende di basarsi sullle variabilità fenotipiche della specie umana per giustificare l'esistenza di una sorta di gerarchia sociale, dove una certa comunità di individui è da considerarsi superiore rispetto a un’altra. Lo stesso motivo per cui, oggi, queste presunte "razze inferiori", le chiamiamo più semplicemente “minoranze”. Almeno così si scongiura il rischio di facili fascismi.
Ecco che allora lo sforzo da compiere, anzitutto, dovrebbe essere quello tornare ad indagare con ossequiosa umiltà sulle radici di quell’odio malcelato (di razza, pensiero, colore della pelle o religione che sia) di cui rischiamo di riconoscerci - prima o poi - tutti portatori “sani”. E che silente come lava vulcanica rimane in attesa di eruttare con tutte le sue disastrose conseguenze.
Altrimenti, tanto vale prepararsi a nuove, scioccanti scene riprese col cellulare, a fare i conti con l’insensibilità strutturale che ormai ci appartiene rispetto a certe immagini, e ai filtri da pellicola cinematografica con i quali tendiamo puntualmente a descrivere eventi di straordinaria realtà. Questo, almeno, per come siamo abituati a intenderla qui nel ricco occidente; altrove, la violenza è persino all’ordine del giorno.
Può darsi che Filippo Ferlazzo abbia asserito il vero quando, nel giustificare il suo insensato quanto definitivo gesto, ha confessato che non vi fosse alla base alcuna “motivazione razziale”. Ma la psicologia, in questi casi, insegna a volgere la lente d’ingrandimento lì, dove termina la giurisdizione della coscienza e inizia quella del subconscio (fatto di altri linguaggi e forme di espressione, spesso prodotti di somatizzazioni, rielaborazioni o rigetti della razionalità stessa). Il che, magari, potrà aiutare noialtri a comprendere come, dopo almeno 5 minuti di blackout mentale, abbia fatto seguito alla feroce e inconsapevole violenza, la fredda lucidità di portare via (per non dire rubare) il cellulare del povero Alika.
Nel frattempo, l’attuale politica italiana (guidata da Partito Democratico, Lega e Fratelli d’Italia, e appresso tutte le liste e i mini gruppi) rischia di perdere un’altra occasione per farsi un serio esame di coscienza. Preferendo, nel proprio immobilismo morale ed etico, dar vita ancora una volta a nuove forme di meschinità e ipocrisie di una società divisa fra ricchi e poveri, inautentica, convenzionale, sdoppiata falsamente da ciò che ciascuno pensa, e immersa in un clima di costante menzogna. Un po’ come “gli indifferenti” borghesi di Alberto Moravia.
Noi cittadini, nell’attesa che qualcosa cambi, possiamo pure continuare a manifestare come meglio crediamo il nostro dissenso, a scendere in piazza, a provare ad alzare la voce ogni volta che lo riteniamo opportuno, a metterci una pezza sopra, a dire che ‘non dimenticheremo’. E, infine, a domandarci: “se Alika Ogorchukwu fosse stato italiano o di qualsiasi altra nazionalità, sarebbe morto lo stesso o avremmo assistito a un finale diverso?”
Musica, brindisi, buon cibo. Dopo due anni di stop forzato - causa Covid - gli oltre trecento dipendenti di Eurosuole e Goldenplast si sono ritrovati sabato 30 luglio nella rituale cena sociale offerta dal patron Germano Ercoli (75 anni), eccezionalmente organizzata nel Canale restaurato che volge le spalle alla Zona Industriale A di Civitanova.
A prendere parte alla serata di gala anche le autorità civili, fra i quali i sindaci Fabrizio Ciarpica e Noemi Tartabini (rispettivamente, Civitanova e Potenza Picena), l’assesore regionale al bilancio e ricostruzione Guido Castelli, il consigliere regionale Pierpaolo Borroni. Grande ospite di cerimonia, l’aquila di Ligonchio Iva Zanicchi, che ha intrattenuto i presenti con aneddoti, barzellette e, ovviamente, l’esecuzione di alcune delle sue canzoni più celebri.
Una festa elegante, popolare a suo modo, ma in qualche modo dal retrogusto agrodolce. Molti, infatti, sono stati i meriti e gli obbiettivi centrati dalle rinomate aziende (calzature e produzione compound termoplastici) nel primo semestre del 2022: oltre 60mln di euro di fatturato (il 60% in più rispetto all'anno precedente), come ha ricordato lo stesso Ercoli nel suo discorso di apertura, prima di dare il via libera ai commensali. Ma non sono mancati, allo stesso tempo, i dubbi e le incertezze rispetto all'immediato futuro, che sia a livello locale sia nazionale vedrà le imprese e i suoi titolari impegnati a fronteggiare le ripercussioni di crisi di governo, dell'energia, del lavoro, e non ultime quelle legate al conflitto russo ucraino.
"Putin non ha avuto torto nel dire che le sanzioni avrebbero fatto più male a noi che ai russi", ha commentato l'imprenditore civitanovese. "L'Italia avrebbe dovuto trovare alternative valide prima di rinunciare al gas metano del Cremlino. Se in questa guerra non ci discosteremo dalla linea di Bruxelles al momento opportuno, aumenteranno i morti da una parte e i disoccupati dall'altra". A fare da èco alle dure parole pronunciate dal palco, una serie di dati alla mano, rendiconto di quelli che sono oggi considerati i due principali problemi endemici del Bel Paese: l'altissimo debito pubblico e le paghe insufficienti ai dipendenti (diminuite negli ultimi 30 anni di quasi il 3%), a fronte di un conseguente e sensibile calo dei consumi e di aumento della soglia di povertà (assoluta, 4 mln di italiani; relativa, oltre 6 mln).
Il commendatore Ercoli ha poi voluto chiudere la propria dissertazione con un pensiero rivolto al drammatico episodio di cronaca nera consumatosi nel pomeriggio di venerdì 29 luglio in Corso Umberto I a Civitanova (leggi qui). "Si tratta di una vicenda che rischia di marchiare a vita la città: mi auguro che la giustizia faccia il suo corso e che il balordo, assassino responsabile paghi per ciò che ha fatto. Noi di Eurosuole e Goldenplast, nel frattempo, ci impegneremo a devolvere 10 mila euro in favore della famiglia nigeriana che ora sta vivendo colpita da questa tragedia".
Significativo anche l’intervento a metà serata dell’assessore Castelli, che sull’aria delle riflessioni imprenditoriali di Ercoli, ha aggiunto: “Abbiamo avuto a che fare in questi ultimi due anni con eventi eccezionali, che hanno portato al pettine tutti i nodi dell'Italia. Per ripartire senza gravare ulteriormente sul debito pubblico dobbiamo abbandonare i pregiudizi e cambiare mentalità, riconoscendo la profonda ricchezza che porta con sé l’impresa privata. Ricordiamoci che dei 192 mld di euro previsti dal Pnrr, 122 dovremo restituirli: questo mette in serio pericolo la nostra finanza. A maggior ragione, dunque, i fondi dovranno essere adeguatamente finalizzati, restituendo valore e fiducia agli imprenditori privati. Il che vuol dire di conseguenza aumento dei posti di lavoro, dei consumi e una risoluzione efficace al problema demografico in corso: un così tangibile calo delle nascite, infatti, non lo si registrava in Italia dal lontano 1917”.
Di seguito, il servizio:
Passeggia a piedi nudi sulle rive dell’Adriatico, nel tratto del lungomare Piermanni di Civitanova, eseguendo col suo flauto traverso piccoli stralci ripresi da Bach o i Carmina Burana, oppure lasciando volteggiare il suo lungo abito nero mentre il fotoreporter d’assalto Guido Picchio la immortala con i suoi scatti. Olena Kocherga (39 anni) si mostra spensierata, ma al contempo impegnata nel ridare un senso alla propria vita dopo che il 20 febbraio scorso la Russia di Putin ha dato il via all’ ‘operazione speciale’ in Ucraina. Una guerra che ormai da 5 mesi viene documentata da tutti i media del mondo, ma della quale solo certi sopravvissuti o persone in fuga possono avere licenza di parlarne. Non senza il fragore dei bombardamenti ancora nelle orecchie.
Olena si trova in Italia dal 15 marzo (ospite dell’amica Alena, che per noi di Picchio News ha fatto da inteprete nell’intervista che segue), dopo essere scappata dalla sua Žytomyr - a circa 190 km dal reattore nucleare di Rivne - con nient’altro che il suo strumento e la sua musica: lei, prima flautista dell’orchestra sinfonica della sua città, confessa nella sua timidezza di sentirsi come la protagonista di una brutta favola. “Quando sono fuggita - racconta - gli scontri erano ormai arrivati a 10 km di distanza: ho dovuto lasciare il mio ragazzo, che si trova ancora lì con i miei amici, poiché non possono lasciare la difesa dell’Ucraina, come da ordini del presidente Zelens'kyj”.
Come ti senti oggi dopo 5 mesi dall’inizio del conflitto? Quando tutto è cominciato, non avevo idea di cosa fosse. Era tutto nuovo per me, non riuscivo a capire. Per la prima volta ho avuto paura per la mia vita: ero abituata come altri a vivere in un mondo sicuro, protetto. La guerra ha cambiato il mio modo di vedere la realtà.
Cosa pensi che succederà quando tutto finirà? Per saperlo bisogna vedere intanto ‘come’ finirà. Non sappiamo nemmeno se dovranno passare ancora degli anni. E’ impossibile oggi fare programmi.
Secondo te la visione o l’idea che gli italiani si sono fatti nel tempo degli ucraini in fuga sta cambiando in peggio? Forse non me ne accorgo, perché qui ho conosciuto tante persone gentili. Sono grata per l’accoglienza ricevuta da parte dell’Italia.
Se la guerra finisse domani, torneresti subito in Ucraina? Probabilmente sì, se le condizioni dovessero permetterlo. Non sono nemmeno sicura di ritrovare la mia città intera, o se è stata rasa al suolo come Mariupol e altre. Qui a Civitanova sono ospite, ma vorrei vivere in autonomia. Non ho al momento né un lavoro fisso né una casa mia da abitare, e mi arrangio suonando per strada o collaborando con qualche band musicale del luogo.
Sei riuscita ad usufruire del sostegno previsto con il decreto aiuti? Finora non ho ricevuto soldi, anche se ho fatto subito domanda: sembra ci voglia del tempo. Qualche volta per mangiare vado alla Caritas locale, ma ho bisogno comunque di denaro per i vestiti, i beni di prima necessità, e per spostarmi qualora riuscissi a trovare ovunque un ingaggio come musicista. Non voglio approfittarmi dello Stato italiano o risultare un peso, preferisco cavarmela da sola.
Qual è la cosa più bella della tua città? L’isola di Khortytsia, la più grande del fiume Dnepr. Ha ua storia affascinante legata ai cosacchi zaporoziani. E poi è meraviglliosa: si vive in armonia, persino la caccia lì è bandita.
Che idea ti sei fatta di questa guerra? Ricevo notizie tutti i giorni dai miei amici che stanno combattendo. Io mi sento un po’ come Alice nel Paese delle Meraviglie: questa guerra è incredibile, è fuori da qualsiasi immaginazione. Ogni giorno penso di vivere in un brutto sogno dal quale non riesco a svegliarmi.
Qual è il tuo ultimo pensiero prima di dormire? Arrivo a fine giornata stanca morta, dopo aver studiato musica, seguito i corsi per imparare l’italiano, suonato per strada nel tentativo di racimolare qualche soldo. Eppure, prima di addomentarmi, ho ancora la forza di ricordare a me stessa quanto sono fortunata.
Uno chalet Cala Maretto vestito per le grandi occasioni quello che sul Lungomare Piermanni di Civitanova ha accolto le autorità civili e militari più importanti (fra cui il sindaco Fabrizio Ciarapica) nel pomeriggio di ieri 28 luglio. L’evento cerimoniale, organizzato dai Lions Club della Zona A - IV Circoscrizione, si è svolto in concomitanza con la presentazione del libro ‘Giustizia cinica’ dell’avvocato Gerardo Villanacci (già professore presso l’Università Politecnica delle Marche), rispetto al quale si è animato successivamente un dibattito di confronto.
“Si tratta di un lavoro nel quale ho riversato anni di indagini, riflessioni e prese di coscienza, restituendo un profilo giuridico tutt’altro che sano e felice dell’Italia”, ha esordito nella nostra piccola intervista Villanacci, prima di salire sul palco al fianco del moderatore Rai Giancarlo Trapanese, il presidente di sezione della Corte dei Conti Giuseppe De Rosa, il sociologo Carlo Carboni e il presidente di sezione della Corte d’Appello Stefano Jacovacci.
Qual è secondo lei la piu grossa contraddizione del sistema giudiziario italiano? Proprio quella del cinismo. Tutti pensano di poter risolvere le questioni della giustizia attraverso le riforme, ma in realtà abbiamo un forte problema di natura culturale. Non si rispettano le regole, talune prerogative, e soprattutto le persone. Il che ci riporta alle ragioni di questo nostro sistema malato.
Che idea si è fatto rispetto agli ultimi referendum sulla giustizia e il loro esito dopo il 12 giugno scorso? Continuano ad esserci delle riforme in corso, e a mio parere produrranno anche qualche effetto positivo. Ma questo non basta: non si può andare avanti solo a colpi di riforme che poi non si concretizzano, diventano promesse mancate. Piuttosto, sarebbe opportuno diffondere le prerogative del rispetto per le persone (di cui parlo nel mio libro attraverso esempi concreti), e abbattere credenze e luoghi comuni come ‘la giustizia non funziona perché non ci sono soldi’. Questo non è vero, le risorse ci sono eccome: basti pensare che dai processi normalmente si incassa l’equivalente (se non di più) di quanto è necessario spendere per far fuzionare la giustizia. Per questo motivo è necessario invertire il trend culturale.
Cosa si dovrebbe fare per rendere la giustizia più comprensibile e alla portata dei cittadini? Questa è un’osservazione corretta, ma attiene a un profilo che risponde ad un principio importante e centrale del diritto: ovvero, la certezza. Il cittadino vorrebbe avere più certezze, e quindi c’è bisogno di una maggiore linearità nelle decisioni di uomini di legge, toghe nere e persino figure politiche. Oggi può succedere che, in un qualunque tribunale italiano, giudici diversi decidano in maniera discordante su una stessa questione, finendo col creare disguidi, far perdere al cittadino ulteriori certezze e comprensione di quanto stia accadendo in una determinata controversia giudiziaria. Tutto questo, a sua volta, si traduce in un surplus legislativo, un caos totale, e di conseguenza anche chi sa di non avere ragione prova a fare il furbetto. In questo senso, una certa classe politica nel nostro Paese ha fatto scuola negli ultimi 30 anni.
Arte e filosofia. Due discipline che sono espressione diretta di animo e intelletto umani, e che, prese singolarmente, richiedono impegno nell’essere forgiate. Coniugarle insieme, poi, diventa quasi un azzardo: un esercizio forse per pochi eletti. E’ in questa sorta di impasse che va ad inserirsi MeGa, la galleria modulare presentata ufficialmente ieri in apertura dell’edizione 2022 del Rocksophia, il festival (felice parto dell’associazione Popsophia) che unisce in un unico ensemble musica, arti visive e pensiero critico (leggi qui).
Presenti all’inaugurazione della rassegna – introdotta anche dalla mostra evento 'Autres Regards' - diverse autorità civili e militari, tra i quali i consiglieri regionali Pierpaolo Borroni e Carlo Ciccioli, il sindaco Fabrizio Ciarapica, la presidente dei Teatri Francesca Peretti e dal mondo della cultura l’autrice di Rai Cultura Maria Agostinelli.
"Un pomeriggio eroico per via del caldo di luglio, ma che ci ripaga del vostro affetto per Popsophia”, ha esordito il prof. Evio Hermas Ercoli, curatore della mostra, rivolgendosi agli ospiti della Palazzina Lido Cluana. “Abbiamo voluto celebrare il decennale della nostra associazione con questa novità, una mostra virtuale 3D. L’obbiettivo è sovvertire il rapporto fra filosofia e cultura popolare, restituendo ai visitatori un’esperienza sensoriale e, quindi, uno sguardo diverso sulla realtà. In questo senso, siamo stati ispirati anche dalla propositività di Civitanova: il suo lifestyle, l’essenza stessa dei sui abitanti, hanno saputo nel corso degli anni rendere giustizia alla qualità dell’offerta culturale di Popsophia”.
“Siamo orgogliosi di ospitare anche quest’anno un festival – ha dichiarato nel suo intervento il sindaco Fabrizio Ciarapica – dal forte respiro internazionale. Civitanova ha senza dubbio nel suo nome il destino di novità, come una vocazione: Civitas nova. Il format di MeGa ha un grande valore tecnologico, e in questo senso abbiamo voluto intercettare non solo il pubblico adulto, ma anche quello più giovane e pratico delle formule hi-tech”.
“MeGa rappresenta senz’altro un unicum nel panorama italiano – ha aggiunto Agostinelli – in quanto sintesi della cosiddetta cultura pop del metaverso. Traendo spunto dal cyberpunk romanzato da Neal Stephenson, è possibile entrare in confidenza con quella tecnologia Blockchain che permette oggi a digitale e fisico di toccarsi: visitando la galleria modulare, non solo viene garantita l’originalità dell’opera che osserviamo, ma riusciamo persino ad entrare in relazione con essa diventandone co-creatori. E sviluppando, appunto, un ‘autre regard’, un altro sguardo sull’arte e sulla realtà che ci circonda”.
Tutto pronto per la 42^ edizione della Disfida del Bracciale di Treia, la rievocazione storica di inizio ‘800 che dal 29 luglio fino al 7 agosto animerà le strade e i vicoli del Comune. Un appuntamento unico nel suo genere, figlio di quel ricettacolo di antiche tradizioni che, come sempre, si propone di preservare quegli usi e costumi fortemente legati all’identità territoriale del Maceratese.
Nel corso della conferenza stampa tenutasi oggi presso la sala della Provincia di Macerata, l’Ente della Disfida del Bracciale e l’amministrazione comunale di Treia hanno voluto rimarcare l’importanza dell’iniziativa - riccorente dal 1978 - non solo in virtù del fascinoso gioco/sport popolare dalle evidenti analogie tennistiche (scopo, spingere una sfera dall’altra parte del campo), ma anche per l’attrattiva turistica che questa riveste ogni anno per le altre Regioni d'Italia e persino gli stranieri. A scandire le dispute sportive presso l’arena Didimi fra i quartieri Cassero, Borgo, Vallesacco e Onglavina (rispettivamente Juniores, Senior e da quest’anno anche il settore femminile) saranno, infatti, i forti richiami folkloristici della comunità cittadina, vestita all’uopo e impegnata per le strade e le locande in danze tipiche e piatti tradizionali.
A presenziare l’incontro, il presidente dell’Ente Alessandro Verdicchio, il sindaco Franco Capponi, il vice David Buschittari e l’assesora con delega al bilancio Ludovica Medei, che hanno colto l’occasione per illustrare quelli che saranno gli obbiettivi e le novità di quest’anno, per una manifestazione ferma ormai da 1099 giorni a causa della pandemia.
“Le parole d’ordine saranno vitalità, parità di genere, tradizione, collaborazione, green ma soprattutto ricostruzione”, ha dichiarato Capponi. “Il calendario di questa 42^ edizione rinnova la volontà di appassionare i più giovani e di rilanciare su tutta la provincia l’importanza di realizzare eventi che coinvolgano tutti i Comuni. Le collaborazioni con RisorgiMarche e San Severino ne sono l’esempio: rinascere dopo il sisma e la pandemia prevede una coesione sociale e un lavoro sinergico. Con la Disfida di quest’anno vogliamo ribadire questo messaggio”
“Grandi ospiti della rassegna – ha aggiunto Verdicchio - saranno Ornella Muti (madrina del GranGalà del 30 luglio), Maurizio Battista, le proposte del San Severino Blues, il cabaret di Giovanni Cacioppo e lo Zoo di 105 con i suoi dj set. Coniugare tradizione e contemporaneo sarà determinante ai fini dell’attrattiva non solo locale, ma anche rispetto al resto d’Italia e d’Europa”.
“Quest’anno celebreremo il passato e la tradizione di questo gioco – ha concluso Buschittari – assegnando non solo il premio Carlo Didimi, ma anche i nuovissimi trofei Benito Raponi (Seniores), Enrnesto Raponi (Juniores) e Nando-Enzo Scorcella, dedicati a questi personaggi che non solo furono importanti per la nostra comunità, ma anche grandi amanti della disciplina sportiva. Del resto, la volontà di ricordare i grandi del passato serve a valorizzare i giocatori di oggi: alla fine della manifestazione, infatti, proseguiranno gli allenamenti propedeutici dei nostri 100 atleti in vista dei prossimi campionati italiani. Inoltre, siamo in attesa nei mesi avvenire di ricevere anche il via libera per certificare la nostra Disfida del Bracciale come patrimonio dell’Unesco”.
Coniugare il pensiero filosofico con la cultura di massa pervasa da media, sovrainformazione e intrattenimento totale. La sfida dell’associazione Popsophia, e del suo Festival giunto quest’anno all’11° edizione ('Rocksophia'), si rinnova nell’obbiettivo di dare spazio e respiro alla riflessione critica di ciascuno, attraverso proposte in grado di attirare vecchie e nuove generazioni. Per la quattro giorni prevista a Civitanova (dal 28 al 31 luglio, tra la Palazzina Lido Cluana e l’Arena Varco sul Mare), hanno già suscitato interesse i philoshow che saranno dedicati a Vasco Rossi, Raffaella Carrà e Lucio Dalla; ma la novità assoluta è sicuramente rappresentata dall’evento d’apertura, il MeGa.
Acronimo di Meta Gallery, si tratta di un vero e proprio contenitore virtuale: attraverso un’applicazione web sarà possibile per i visitatori accedere (da desktop, smartphone e Visore VR) a una realtà espositiva unica nel suo genere, navigando in un salone composto da 7 stanze, ognuna con un’opera d'arte differente.
“L’obbiettivo è quello di stimolare la riflessione attraverso un’esperienza immersiva totale dell’utente sia dal punto di vista sensoriale sia emotivo”, ha spiegato il prof. Evio Hermas Ercoli, già direttore del Festival prima di passare lo scettro alla figlia Lucrezia. "L’installazione hi-tech sfrutterà il concetto di realtà aumentata connettendolo all’approccio tipico di Popsohia: fornire un punto di vista ulteriore rispetto alla realtà quotidiana, avvalendosi di opere avanguardiste come quelle di Duschamp, Man Ray o Dalì, e risolvendole nel confronto aperto di pensiero inteso da 'Autres Regards', il meeting che anticiperà l’inaugurazione ufficiale di MeGa".
Per il prof. Ercoli, che nel corso della sua lunga carriera (fatta di studi, insegnamento e impegno civile) ha rivestito anche il ruolo di Presidente dell’Accademia delle Belle Arti di Macerata, le proposte della manifestazione di quest’anno si accompagnano anche a una serie di riflessioni volte ad indagare sullo stato di salute della cultura popolare locale, divisa fra il capoluogo di provincia e la sua sorella marittima.
"Macerata e Civitanova sono due realtà parimenti contagiate da anni di dialettica politica e dalla personalizzazione elettorale di certi sindaci – sottolinea – pur muovendosi su binari opposti. La prima vuole riabbracciare il passato, ne subisce l’eleganza come di un qualcosa da recuperare; la seconda, invece, è senz’altro più propositiva e concreta, con una grande voglia di innovazione e di futuro".
Per Macerata, dunque l’accezione è più in senso negativo? "Vorrei non esprimermi a riguardo, anche se l’inclinazione a questa sorta di recupero dei fasti del passato mi risulta piuttosto evidente".
Ha avuto modo anche di seguire la prima settimana del MOF 2022? "Finora, da remoto. Il cartellone è senz’altro interessante, ma l’organizzazione di base si discosta dalle aspettative popolari degli anni precedenti. La strategia ha puntato questa volta molto sull’attrattiva tursitica a scapito della fruibilità: le opere sono spalmate su troppe settimane, il che rende impossibile visitare la città solamente per seguire l’intera rassegna operistica. Peccato, la concentrazione degli appuntamenti nell’arco di un weekend era stata una grande conquista del compianto maestro Carlo Perucci, che fu direttore artistico dello Sferisterio dal ’67 all’ ’86”.
La cutura è di destra o di sinistra? "La cultura ha due partiti: la buona e la cattiva qualità. Oggi quest’ultima è in serio pericolo, perché la quantità cerca di sostituirla. In questo senso, destra e sinistra si comportano allo stesso modo: tendono a voler seguire le masse. La cultura oggi è troppo vincolata alla dialettica politica, e questo meccanismo tende a punirla: certo, investire su di essa costa, ma è l’unico strumento in grado di differenziarci dagli altri. Saper intercettare nuovi linguaggi, imparare a rischiare su nuove forme d'arte e investire in altrettanti format: è l’unico approccio che abbia senso, anche se non paga come dovrebbe. Questo gli amministratori locali lo sanno, e quindi sono i primi a rinunciare alla qualità.
(foto: Artribune)
A fronte di una (nuova ?) stagione politica proiettata verso le urne del prossimo 25 settembre, sono iniziate già a circolare le prime voci relative ad alleanze e piani di azione che vedono da un lato i dem di Enrico Letta in cerca di nuovi ‘compagni di avventure’; dall’altro i vari Salvini e Berlusconi al lavoro nel tentativo di un fronte comune in grado di tenere testa all’avanzata in solitaria dei meloniani.
Tramontata l’ipotesi del campo largo con i pentastelalti di Giuseppe Conte, il PD sembra ora intenzionato a ripiegare sugli scontenti della mancata fiducia al governo Draghi: dai renziani di Italia Viva agli ex forzisti Gelmini, Brunetta, Carfagna, Cangini e Caon. Il dubbio, a questo punto, è se una comunione d’intenti da qui al prossimo autunno sia ipotizzabile senza troppi compromessi, che potrebbero viceversa nuocere ai sondaggi fin qui recuperati negli ultimi mesi dal partito di centrosinistra. E anche al senso di quegli ‘occhi di tigre’ rilanciati da Letta come uno slogan già nel corso della mattinata del 21 luglio, post dimissioni del banchiere centrale.
Ovvio che una simile fase di stallo politico stia avendo nel frattempo le sue ripercussioni anche sul piano locale. Per l’attuale consigliere regionale Romano Carancini tutto questo si traduce con un dividersi fra le indicazioni del proprio leader di partito e un’analisi più certosina dell’operato fin qui occorso di talune amministrazioni comunali: soprattutto quella di Macerata, di cui fu sindaco per ben due mandati (2010-2020).
Che conseguenze pensa ci saranno con questa crisi di governo, soprattutto nei prossimi due mesi? La crisi, a mio parere, creerà sicuri ritardi nell’attuazione del PNRR che valgono circa 20 miliardi per la fine dell’anno. Su questo terreno è evidente che gli effetti si protrarranno ben oltre l'insediamento del governo, considerato che con lo stesso verrà rinnovata l'intera governance e conseguentemente le relazioni. È altresì evidente il rischio dell’impossibilità di stare addosso alle questioni urgenti in presenza di un governo con compiti ordinari. Ma il piu grave effetto prodotto si scarica sulla credibilità della politica: non ha avuto senso anticipare la crisi di soli sei mesi - nel pieno di una fase storica critica - a causa di interessi di partito.
Tramontata l'ipotesi del campo largo con M5S, dove andranno cercate adesso le alleanze? Il PD deve fare una campagna totale, coinvolgendo le persone più vicine ai territori come i sindaci, i quali devono farsi carico della competizione sui collegi. Nel merito bisogna trasmettere impegni chiari e capaci di essere mantenuti soprattutto verso la questione sociale e l'ambiente. Serve un programma coraggioso.
Ci può spiegare "gli occhi di tigre" enunciati in conferenza stampa dal segretario Letta? Gli "occhi di tigre" sono lo stato d'animo di chi sa che la competizione elettorale sarà un'impresa difficile, ma comunque con la forte convinzione di poter fare un grande risultato e dunque vivere questo periodo di campagna con la massima determinazione. È una metafora sportiva di chi entra in campo sapendo di non avere il pronostico dalla propria parte, ma è fiducioso di poter ribaltare la situazione con l'umiltà dell'ascolto e del dialogo. Sarà determinante riuscire a trasmettere il messaggio a quella parte di popolo che non va a votare.
Il PD è in grado di tenere testa all'avanzata di Giorgia Meloni, in tempo per le politiche 2023? C'è uno spazio di crescita del Partito Democratico grazie al lungo percorso di questi anni fatto di riavvicinamento alle persone e al senso di responsabilità dimostrati in questi ultimi 18 mesi.
Secondo lei l'attuale gestione Parcaroli sta facendo bene a Macerata? La città nei due anni di governo delle destre è ferma, anzi ha fatto enormi passi indietro. Tanti sarebbero i temi: cito solo l'assenza nei tavoli che contano come la gestione delle acque, o il Cosmari. Macerata ha perso tutte le leadership che nei 10 anni precedenti occupava. Ma ciò che si osserva è soprattutto una mancanza di visione rispetto alle immense risorse disponibili che le città hanno avuto e avranno a disposizione nel futuro. La mancanza di idee e, in particolare, di progetti organici che abbiano obiettivi non fini a se stessi quanto piuttosto centrati sul dove e sul come la città si immagina nei prossimi 10 anni.
Nessun merito o demerito particolare da segnalare? Decine di milioni sono stati sprecati per soddisfare l'autoreferenzialita di qualche assessore senza un'analisi di ciò che Macerata avrebbe voluto essere. È molto positivo il progetto della variante del passaggio a livello di via Roma, ma il rischio è che si tralasci la vera opera fondamentale che è il collegamento da via Mattei alla superstrada. Purtroppo segnalo forti ritardi dopo 24 mesi sulle opere già programmate, finanziate e progettate dalla precedente Amministrazione: si pensi allo Stadio della Vittoria, al polo natatorio delle Casermette, al Centro Fiere di Villa Potenza, al Museo di Storia Naturale ai Giardini Diaz, all'ex Capannone Rossini, all’ex Mercato delle Erbe, e via dicendo. Senza considerare il silenzio tombale sul Convitto, che ha a disposizione risorse per avviare il progetto di recupero, ma di cui non si parla più. Insomma più che un governo della comunità abbiamo assistito ad una gestione dell'ordinario, priva di anima.
Un suo giudizio anche sulla gestione del Macerata Opera Festival di quest’anno. Mi è stato insegnato nei miei anni di impegno amministrativo che i giudizi sulla stagione lirica non si danno nel corso della stessa. Ovviamente ho una chiara opinione, ma ora speriamo solo che si concluda al meglio.
La politica secondo lei è ancora affare dei cittadini o la distanza è sempre più incolmabile? La politica deve riconquistare i cittadini perché l'astensionismo è il male più grave di una democrazia. I vuoti vengono sempre occupati in politica. La mancata credibilità nei confronti dei cittadini, di un sistema che accetta trasformismi e convenienze e non misura la serietà degli eletti rispetto ai propri atti sarà la vera sfida a cui siamo tutti chiamati, senza differenze di appartenenza.
Dalla piazza nuova – e ancora senza nome – di Visso, la desolazione e il silenzio estivi sembrano quasi compensarsi da soli grazie allo spettacolo mozzafiato offerto dai Monti Sibillini, lì a fare da cornice. Un contrasto che si riverbera ulteriormente se ci si addentra nella zona rossa del centro storico, dove la scena cambia ancora: una città colpita al cuore, testimoni le macerie di case ed edifici (alcuni letteralmente sventrati dal sisma al pari di un bombardamento), le chiese ormai inaccesibili di Sant’Agostino e San Francesco, la piazza e i vicoli fantasma, le attività commerciali che hanno smesso di esistere dopo il terremoto del 26 ottobre 2016.
Il comune di Visso, stretto nell’abbraccio dei fiumi Nera e Ussita, conta oggi a malapena un migliaio di abitanti, la maggior parte della terza età: molti giovani, o almeno quelli che hanno potuto, hanno ormai lasciato la città, in cerca di una prospettiva di vita migliore. Lo sa Giancarlo Carioli (classe 1946), consigliere durante l’amministrazione Pazzaglini e oggi in quella di Gian Luigi Spiganti Maurizi. Con lui abbiamo prima visitato le SAE nella frazione del Fosso delle Rote, dove risiedono circa 70 famiglie; in un secondo momento – dopo aver salutato la moglie Anna e il figlio Giacomo (35 anni) - ci siamo spinti proprio all’interno del centro storico della città marchigiana, dilaniato dal terremoto.
“Quella notte è successo il finimondo – racconta Carioli riferendosi al 2016 – e per più di un anno siamo stati costretti a vivere lontano dalla nostra città. Quando alla fine erano pronte, ci siamo stabiliti in una delle SAE: non è certo casa nostra (dove qualche volta tentiamo di rientrare per salvare i nostri affetti), ma la voglia di appartenenza a Visso supera il confine delle quattro mura. Anzi, tutto sommato a noialtri è andata bene: c’è stato anche chi, avendo perso tutto, non ha resistito alla disperazione e si è tolto la vita”.
“Adesso qui non c’è più niente” – aggiunge Anna Lana. “Si tenta di ricominciare, ma è davvero difficile: la piazza centrale dove ti incontravi con amici e conoscenti, mentre andavi a fare la spesa, è ormai un lontano ricordo. Oggi le persone nemmeno si parlano più: si è perso il senso di comunità di un tempo. La vita e le abitudini di tutti sono cambiate: il Covid poi ci ha dato il colpo finale”.
Giancarlo e Anna non rinunciano ad essere ottimisti, sebbene nelle loro parole aleggi un velo di scetticismo circa i tempi della ricostruzione. “Non abbiamo idea di quanto ci vorrà ancora: sicuramente a noi non basterà quello per rivedere la nostra casa di nuovo in piedi. Forse davvero i nostri governanti hanno fatto tutto il possibile, ma non è dato saperlo per certo. Siamo ancora fermi all’anno zero: i nostri giovani si ritroveranno a fare i conti con un’eredità molto gravosa”.
(Un ringraziamento all’amministrazione Spiganti Maurizi, e in particolare alla consigliera Sara Rizzi, ndr)
Di seguito, il servizio:
Un nuovo tassello, l’ennesimo, del curriculum (incostituzionale?) tutto all’italiana. Il tango frenetico fra Mario Draghi e la maggioranza parlamentare è terminata con un franoso casquè del primo, deposto ufficialmente dalla carica di premier dopo i risvolti dell’ultimo voto di fiducia in Senato: 192 presenti, 133 votanti, 95 favorevoli, 38 contrari, 0 astenuti.
Nel giorno più lungo del sessantasettesimo esecutivo, a decretare la fine dell’èra draghiana, alla fine, è stato il convulso gioco di ruolo messo in piedi da M5s, Lega, Forza Italia (e Udc). O meglio: alla luce del documento (con i suoi 9 punti) ri-presentato dal comparto pentastellato nei giorni scorsi – e ancora una volta frenato dallo stesso presidente del Consiglio nel corso dei suoi ultimi interventi in aula –, il centrodestra compatto (titolari anche essi della maggioranza) hanno risposto ‘limitandosi’ alla formula lapidaria: “o noi o loro”.
Risultato: nessun voto, complice la risoluzione Casini poco gradita a Salvini, Berlusconi e soci. In sintesi, “nessun margine di trattativa: le regole di ingaggio sono chiare e chi vuole si tira fuori”. Diversamente, ai senatori del Movimento ('presenti non votanti') non è andata giù l’ennesima porta in faccia di Mario Draghi: “nessuna richiesta di pieni poteri”; “reddito di cittadinanza cosa buona, ma se non funziona è cattiva”; “il problema non è il Superbonus, ma i meccanismi di cessione che sono stati disegnati”.
Dal Quirinale fino a Palazzo Madama, e ritorno: la parabola del banchiere culmina con le nuove dimissioni presentate stamattina al presidente della Reppubblica Sergio Mattarella, il quale - prendendone atto - decreterà nelle prossime ore lo scioglimento delle Camere, in attesa delle prossime votazioni tra circa due mesi (data probabile il 25 settembre). Nel frattempo, il premier dimissionario rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti.
Saluti, dunque, da Palazzo Chigi, epilogo che restituisce un tessuto politico più che mai lacerato: l’Italia rimane scoperta, senza governo (almeno sulla carta), con accordi internazionali e fondi Pnrr a rischio (soprattutto di subire ritardi e/o revisioni), scaricabarile da destra a sinistra (Salvini, uno specialista), smottamenti interni ai partiti vari ed eventuali (Gelmini e Brunetta ‘out’ da Forza Italia). Poco o niente sono valse le parole del segretario Pd Enrico Letta che dal suo account Twitter ha tuonato: “In questo giorno di follia, il Parlamento decide di mettersi contro l'Italia. Noi abbiamo messo tutto l'impegno possibile per evitarlo e sostenere il governo Draghi. Gli italiani dimostreranno nelle urne di essere più saggi dei loro rappresentanti".
E Giorgia Meloni (FdI) festeggia confondendo le democrazie con i regimi. “Mi ha stupito Mario Draghi, che viene in Aula e dice: 'Io mi volevo dimettere, poi la gente mi ha chiesto di restare e allora io decido di restare perché me lo hanno chiesto gli italiani'. Quando nacque il Conte II noi mettemmo in piazza 20.000 persone e fummo chiamati sovversivi. Loro hanno messo in piazza 100 persone a Torino e c'é stata una mobilitazione popolare. Nelle democrazie occidentali la volontà dei cittadini si manifesta con un voto libero e segreto, le parate le fanno nei regimi".