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Corsa elezioni, PD e Azione: 'divorzio all'italiana'. "Basta populismi da bar. L'obiettivo è fermare la destra"

Corsa elezioni, PD e Azione: 'divorzio all'italiana'. "Basta populismi da bar. L'obiettivo è fermare la destra"

Centrosinistra, punto e a capo. E stavolta - questa è l’impressione - prima di tutto per necessità, seguite poi dagli obbiettivi di rilancio del Paese sulle questioni sociali, ambientali ed economiche. Del resto, lo stesso Enrico Letta lo ha dichiarato sabato 6 agosto in conferenza stampa, dopo aver siglato l'accordo fra PD, Sinistra Italiana, Verdi, Impegno Civico e, di conseguenza, il divorzio da Azione/+Europa: al di là delle differenze politiche che separano i vari partiti, “l’accordo è stato raggiunto per senso di responsabilità” e, non ultimo, per “emergenza democratica”, riferendosi al timore che l’alleanza di centrodestra (Fdi-Lega-FI) possa ottenere una maggioranza parlamentare tale da poter modificare la Costituzione.

Rotta l’alleanza dopo appena una settimana, Carlo Calenda è tornato a puntare sull’Italia Viva di Matteo Renzi, nella speranza di mettere insieme una compagine centrista capace di presentarsi e fare significativamente la differenza alle prossime elezioni politiche. Deputando al segretario dem ogni responsabilità per l’eventuale successo di Meloni e soci. “Per me è stata una decisione sofferta – ha dichiarato nelle ultime ore sui propri canali social il leader di Azione – ma la coalizione che si è andata a costruire è davvero una coalizione per perdere e perdere male”.

In vista, dunque, dell’imminente campagna elettorale che accompegnerà gli italiani fino alle urne del 25 settembre, si cercano di riordinare le idee anche nelle Marche. Lo sanno bene il consigliere regionale PD Maurizio Mangialardi e il consigliere comunale di Ancona nonché segretario regionale di Azione Tommaso Fagioli, che nella doppia intervista che segue provano a fare chiarezza anche su quelli che saranno gli step successivi dei loro rispettivi partiti.

Qual è stato il suo primo pensiero a caldo dopo rottura fra PD e Azione, e chi secondo lei non ha rispettato l'accordo?

M. Mangialardi. Penso che la decisione di Carlo Calenda sia un fatto molto grave: quello sottoscritto con +Europa non era un semplice accordo elettorale ma un patto programmatico, fondato su punti e progetti ben precisi, le cui ragioni e motivazioni non sono mutate in questi giorni. Voglio ricordare le parole che aprivano quel patto “Le prossime elezioni sono una scelta di campo tra un’Italia tra i grandi Paesi europei e un’Italia alleata con Orban e Putin. Sono uno spartiacque che determinerà la storia prossima del nostro Paese e dell’Europa”.

T. Fagioli. La rottura del patto è stata causata dalla presenza in coalizione di chi non voleva l'agenda Draghi, votando a quest'ultimo la sfiducia e avrebbe demolito l'area liberale dell'alleanza con conseguente fine di Azione.

Quali tattiche pensate di adottare adesso?

M. M. Come ha ricordato due sere fa il segretario nazionale Enrico Letta, il Partito Democratico è determinato ad andare avanti con ancora maggior convinzione con la coalizione costruita e con le proprie proposte. Le elezioni del 25 settembre rappresentano un appuntamento importante in cui i cittadini saranno chiamati a scegliere se essere governati, se da Meloni e dalle destre oppure da noi.

T. F. Cercheremo di spiegare alle persone nei territori quello che vogliamo fare per l' Italia dai termovalorizzatori, ai rigassificatori, aiuti alle imprese che non possono essere più considerate nemiche dei lavoratori.

Cosa serve per convincere gli elettori a darvi fiducia in vista delle elezioni?

M. M. Ambiente, lavoro, giovani, scuola, pensioni sono le nostre parole d’ordine. Le faccio un esempio concreto che tocca da vicino tutti i cittadini: l’attuale aumento del costo della vita che, in un anno, rischia di sottrarre ai lavoratori quasi un mese di stipendio. Il PD propone di restituire questo mese di stipendio agli italiani con un taglio delle tasse sul lavoro, in particolare i contributi previdenziali. In questo modo si alzano gli stipendi, dei lavoratori e, allo stesso tempo, si aiutano le imprese ad assumere e fare investimenti con maggiore serenità, portando avanti un progetto di società più equa e giusta di cui c’è urgente necessità.

T. F. Il nostro intento è quello di attuare una campagna patriottica con i tanti giovani iscritti ad Azione, provando rsipondere a ciò che la gente chiede alla politica da anni. Siamo favorevoli al salario minimo, poiché chi lavora ha diritto ad uno stipendio dignitoso.

Quali sono gli argomenti principali che utilizzerete per evitare che Giorgia Meloni vinca?

M. M. Le cito un dato: Fratelli d’Italia ha votato per ben 5 volte contro il PNRR al Parlamento europeo e in quello italiano. Stiamo parlando di quel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che rappresenta un’opportunità unica ed insostituibile, in termini di programmi e risorse, per cambiare il nostro Paese. Se fosse dipeso dal voto di Fratelli d’Italia il più grande piano di investimenti e modernizzazione dell’Italia non sarebbe esistito.

T. F. Per non far vincere Giorgia Meloni serve raccontare al Paese come si risolvono i problemi e far capire che il populismo da bar alla lunga non paga. Noi proponiamo soluzioni realistiche che aiutano i cittadini in questo momento storico critico.

Qualora il centrosinistra dovesse vincere, esiste già un programma reale per salvare l'agenda Draghi e rilanciare concretamente il paese?

M. M. Il governo Draghi ci consegna l’impegno ad attuare gli obiettivi del PNRR, a realizzare le riforme ambiziose sottoscritte con le istituzioni europee, e con tempistiche ed obiettivi ben precisi correlati ad ingenti finanziamenti. PD e centro sinistra vogliono portare avanti quel programma di riforme e, allo stesso tempo, imporre sulla scena politica temi e proposte che riguardano: i giovani, il riconoscimento del diritto alla casa a chi vive in condizione di fragilità economica, la parità salariale tra donne e uomini, il salario minimo, la lotta alla precarietà e al lavoro nero, la piena realizzazione di diritti sociali e civili.

T. F. Se il centrosinistra dovesse vincere, l' unico modo per attuare l'agenda Draghi, è quella di prendere il programma di Azione e attuarlo.

Cosa si sente di criticare oggi al suo partito e, in seconda battuta, al centrodestra?

M. M. Se c’è una critica che mi sento di fare a noi è proprio questa: dobbiamo imparare dagli esempi del passato e ritornare ad una dimensione collettiva che lasci da parte i personalismi. A destra vedo una coalizione meno compatta di quanto sembri all’esterno, in cui gli alleati sono impegnati a guardarsi le spalle a vicenda e a rincorrersi per strappare il traguardo del primo partito. Ma soprattutto della destra critico l’ambiguità di fondo: è europeista o anti europeista? Come vuole porsi rispetto agli impegni presi dal Governo Draghi con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Come si pone rispetto alle posizioni di Orban e degli altri paesi di Visegrad che vogliono svuotare la forza ed il peso delle istituzioni europee?

T. F. Della destra critico il modo di fare politica anni ‘90, dove Berlusconi promette l'ennesimo nuovo miracolo italiano, per non parlare della Meloni e Salvini che propongono investimenti irrealizzabili. La critica che invece muovo al mio partito - e quindi anche a me stesso - è di non aver sempre preso coscienza della forza e dello slancio che Azione ha nei confronti dell'elettore. In queste ore sto ricevendo decine di telefonate di cittadini pronti a dare una mano al progetto. Abbiamo bisogno di tutti. Siamo l'unica vera novità di questa campagna elettorale. Adesso la palla passa ai cittadini che sono gli unici a poter fare la differenza.

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