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Civitanova, la ‘Giustizia cinica’ spiegata da Villanacci. “In Italia c'è un grave problema culturale” (FOTO)

Civitanova, la ‘Giustizia cinica’ spiegata da Villanacci. “In Italia c'è un grave problema culturale” (FOTO)

Uno chalet Cala Maretto vestito per le grandi occasioni quello che sul Lungomare Piermanni di Civitanova ha accolto le autorità civili e militari più importanti (fra cui il sindaco Fabrizio Ciarapica) nel pomeriggio di ieri 28 luglio. L’evento cerimoniale, organizzato dai Lions Club della Zona A - IV Circoscrizione, si è svolto in concomitanza con la presentazione del libro ‘Giustizia cinica’ dell’avvocato Gerardo Villanacci (già professore presso l’Università Politecnica delle Marche), rispetto al quale si è animato successivamente un dibattito di confronto.

“Si tratta di un lavoro nel quale ho riversato anni di indagini, riflessioni e prese di coscienza, restituendo un profilo giuridico tutt’altro che sano e felice dell’Italia”, ha esordito nella nostra piccola intervista Villanacci, prima di salire sul palco al fianco del moderatore Rai Giancarlo Trapanese, il presidente di sezione della Corte dei Conti Giuseppe De Rosa, il sociologo Carlo Carboni e il presidente di sezione della Corte d’Appello Stefano Jacovacci.

Qual è secondo lei la piu grossa contraddizione del sistema giudiziario italiano? Proprio quella del cinismo. Tutti pensano di poter risolvere le questioni della giustizia attraverso le riforme, ma in realtà abbiamo un forte problema di natura culturale. Non si rispettano le regole, talune prerogative, e soprattutto le persone. Il che ci riporta alle ragioni di questo nostro sistema malato.

Che idea si è fatto rispetto agli ultimi referendum sulla giustizia e il loro esito dopo il 12 giugno scorso? Continuano ad esserci delle riforme in corso, e a mio parere produrranno anche qualche effetto positivo. Ma questo non basta: non si può andare avanti solo a colpi di riforme che poi non si concretizzano, diventano promesse mancate. Piuttosto, sarebbe opportuno diffondere le prerogative del rispetto per le persone (di cui parlo nel mio libro attraverso esempi concreti), e abbattere credenze e luoghi comuni come ‘la giustizia non funziona perché non ci sono soldi’. Questo non è vero, le risorse ci sono eccome: basti pensare che dai processi normalmente si incassa l’equivalente (se non di più) di quanto è necessario spendere per far fuzionare la giustizia. Per questo motivo è necessario invertire il trend culturale.

Cosa si dovrebbe fare per rendere la giustizia più comprensibile e alla portata dei cittadini? Questa è un’osservazione corretta, ma attiene a un profilo che risponde ad un principio importante e centrale del diritto: ovvero, la certezza. Il cittadino vorrebbe avere più certezze, e quindi c’è bisogno di una maggiore linearità nelle decisioni di uomini di legge, toghe nere e persino figure politiche. Oggi può succedere che, in un qualunque tribunale italiano, giudici diversi decidano in maniera discordante su una stessa questione, finendo col creare disguidi, far perdere al cittadino ulteriori certezze e comprensione di quanto stia accadendo in una determinata controversia giudiziaria. Tutto questo, a sua volta, si traduce in un surplus legislativo, un caos totale, e di conseguenza anche chi sa di non avere ragione prova a fare il furbetto. In questo senso, una certa classe politica nel nostro Paese ha fatto scuola negli ultimi 30 anni.

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