La colonna infame
Figli di un dio minore
Niente, più delle immagini dei soccorritori che nella notte - ramponi ai piedi e armati di sola torcia elettrica - si fanno spazio per due chilometri per poter soccorrere, a mani nude, gli sventurati sepolti sotto la neve in un hotel di montagna, rende meglio delle condizioni in cui versa oggi l'Italia. Una intera nazione che si arrende senza nemmeno un minimo segno di reazione, al freddo e alla neve. Uno Stato che ammaina mestamente il tricolore e lascia al Generale Inverno innalzare la bandiera bianca della resa incondizionata al maltempo. Un' intera classe dirigente che per tre o quattro giorni si eclissa, per poi ricomparire in TV a pontificare, come se nulla fosse accaduto, ma con l'unica preoccupazione di dettare l'agenda della comunicazione. Lasciando nella tormenta, soli e abbandonati a se stessi i suoi figli. Le immagini che hanno fatto il giro del mondo, dicono che siamo una nazione indegna di essere annoverata tra quelle civili. Una ferita profonda che, temo, lascerà a lungo il segno. La narrazione che dovrebbe passare e far breccia è quella dello straordinario ed eccezionale evento e cioè una tempesta di neve a gennaio, nel cuore dell'Appennino. Quella che, al contrario, in realtà dovrebbe essere la norma. Una viabilità praticamente azzerata anche nella principali arterie di collegamento, infrastrutture obsolete che cedono e lasciano al buio e senza acqua, per giorni, migliaia di cittadini. Una protezione civile - già duramente messa alla prova dalle scosse di terremoto - che, mentre emetteva bollettini di tempeste, non riusciva a mettere in campo le opportune e necessarie misure di prevenzione. Effetti prevedibilissimi che hanno una sola causa: lo scientifico abbandono, da parte dello Stato dei territori montani. I tagli lineari, i parametri di Mastricht, il pareggio di bilancio, hanno condotto, nel corso degli anni, a questo risultato. Prima o poi, qualcuno avrebbe dovuto pagare il conto di tanta incuria ed abbandono. È capitato a noi. Agli allevatori che sono morti di freddo perché non c'erano le turbine. A chi, più fortunato, è restato chiuso in casa bloccato dalla neve senza luce, ma con pochi viveri se l'è cavata...manco vivessimo in pieno medio evo. Il depauperamento dei territori montani (notoriamente non un serbatoio di voti) procede silenziosamente da anni, indipendentemente dal colore politico dei governi che si sono succeduti. Presidi ospedalieri ridotti al lumicino, servizi dimezzati, sportelli che si chiudono. Poi improbabili riforme, effettuate in nome di una demagogia montante, hanno privato questi territori di quei necessari ed indispensabili anticorpi che avevano garantito i livelli minimi di assistenza. L'abolizione delle Province ed il contestuale passaggio all'ANAS di milioni di chilometri di strade si è rivelata esiziale. Lo abbiamo visto tutti. Ci hanno trattato come fossimo, appunto, figli di un dio minore. Abbiamo assistito in diretta al dramma che ha dei responsabili politici chiari e determinati. Quindi registriamo anche il fallimento di una classe politica inetta e dannosa che, facendo leva sul concetto già demenziale di rottamazione, ha prodotto guasti irreparabili in un tessuto sociale già indebolito dalla crisi economica. L'apologia della semplificazione di questioni serie e complicate si è infranta banalmente nel maltempo. Una tempesta di neve, per quanto vigorosa è, in fondo, pur sempre un evento naturale. E ci ha riportati tutti nella realtà. Quella vera. Dura e complicata della quotidianità appenninica. Stavolta però eravamo a mani nude e, impotenti, abbiamo visto in faccia il volto del fallimento mentre la neve ci sommergeva. Armati di pala e scarponi, come nei secoli scorsi, ciascuno ha dovuto spalare la propria rotta, semplicemente perché lo Stato non c'era più. Era svanito sotto i colpi di fanfaronate che però hanno azzerato risorse economiche, energie e uomini. Un suicidio collettivo che mi auguro si possa e si sappia analizzare in futuro e a freddo in tutta la sua gravità. Cosa che, a caldo, il presidente Ceriscioli non è nemmeno riuscito ad intuire. Invece di presentarsi in TV balbettante a dirci che la neve e il terremoto erano un mix catastrofico (con tutto il rispetto ci era arrivato pure il colto e l'inclita), avrebbe - incazzatissimo - dovuto chiedere la testa dei responsabili. Dei vertici dell'ANAS che, nel dubbio, ha chiuso pure la 77. Dell'ENEL che, nel 2017 ha lasciato al freddo e al buio migliaia di cittadini. Della Protezione Civile che si è mossa tardivamente. Presidente Ceriscioli, lei rappresenta quasi un milione e mezzo di cittadini. Una comunità notoriamente silenziosa e laboriosa. Gente che, sia detto per inciso, paga tra tasse, imposte e balzelli diversi quasi la metà dei suoi guadagni allo Stato. Credo che per il trattamento che lo Stato gli ha riservato in questa circostanza, meritassero da parte sua, qualche parola in più a loro difesa che non delle banalità infantili e disarmanti. Evidentemente mi sono sbagliato io, oppure lei si è espresso male...
Una Giunta immobile e impopolare si è impantanata sul post sisma
La scorsa settimana ho scritto delle gravi responsabilità della giunta regionale, sui ritardi nel posizionare i ricoveri prefabbricati per il bestiame, a sostituzione delle stalle ormai inagibili, e mi sono arrivate numerose lagnanze. Facciamo una volta per tutte che ciascuno fa il suo mestiere: chi governa si concentra nel fare cose concrete (non c’è che l’imbarazzo della scelta…), chi scrive controlla e giudica l’operato di chi governa. Funziona, o almeno dovrebbe funzionare così. D’altra parte occorre rilevare che in questo caso, tutta la stampa è stata unanime e concorde nel denunciare i palesi ritardi del governo regionale. Non a caso, mentre il ministro dell’Agricoltura, Martina – visibilmente irritato per le inefficienze – presiedeva un incontro in Regione, in Parlamento il vicepresidente della Camera, Simone Baldelli, con un suo intervento in aula sollecitava il governo a intervenire con rapidità al riguardo. Sono seguite, inoltre le interpellanze della parlamentare di SEL, Lara Ricciatti. Praticamente l’intero arco costituzionale si dice basito e sgomento a fronte di tanta lentezza e incapacità di agire della Regione Marche. A Norcia, per dire, sono arrivate le prime casette di legno, mentre a Castelsantangelo sul Nera, dove le aspettano dal lontano 24 agosto, non si vede ancora niente. L’ho scritto in altre circostanze e qui ribadisco la mia sensazione: è la prova provata che alla stragrande maggioranza del governo regionale del terremoto e dell’immediato post sisma non interessa più di tanto. Qualcuno ha mai visto in giro per i paesi disastrati, a parte il presidente Ceriscioli e l’assessore Sciapichetti, gli altri componenti della giunta?? Lo sapete che la vice presidente Anna Casini (PD) è la titolare dell’assessorato all’agricoltura? E che, detto per inciso, è la responsabile in prima persona del disastro della mancata costruzione delle stalle prefabbricate? Qualcuno se la ricorda in giro tra i pascoli e gli allevatori? Oppure vogliamo parlare dell’assessora alle attività produttive Manuela Bora (ancora PD)? Glielo hanno detto che nella sua regione ci sono stati tre o quattro spaventosi terremoti che hanno distrutto sia grandi fabbriche che piccoli opifici? Che le attività di allevamento e pascolo sono l’unica fonte di ricchezza di interi piccoli centri? C’è mai stata a visitare una stalla distrutta, oppure ha avuto paura della puzza di bestiame e fieno che esse emanano? Ma vogliamo parlare dell’assessore Moreno Pieroni (Uniti per le Marche) che si occupa di cultura? Ha letto sui giornali dei gravissimi danni a tutto il patrimonio artistico e in generale a tutti i beni culturali? Anche lui, qualcuno lo ha mai visto da queste parti? E Loretta Bravi (Popolari-UDC) ha la delega alle professioni e alle università. Dovrebbe girare come una trottola, visto che Camerino ha l’Ateneo distrutto. Invece niente. Nessuno, a momenti, la smuove dal suo ufficio. E su Fabrizio Cesetti (PD) due parole non le vogliamo spendere? Assessore al bilancio, ai servizi pubblici locali e al demanio (praticamente il cuore pulsante dell’apparato amministrativo) quasi non si è mai mosso dalla sua postazione e non ha detto una parola. Beninteso, non è necessario e indispensabile stare sul posto, però visto che anche il Presidente della Repubblica ogni tanto capita da queste parti, sarebbe auspicabile una maggiore presenza di chi questi territori li governa in prima persona. Insomma è un fatto di sensibilità e di cortesia istituzionale, che questi figuri hanno dimostrato sicuramente di non possedere. In verità si tratta di un’umanità varia che è un mix di vecchi volponi della politica e di dilettanti allo sbaraglio che però ha ben chiara in mente la strategia da perseguire: fregarsene del terremoto! Anzi, possibilmente approfittarne in un secondo momento, per ricavarne benefici in termini di consenso, ma scaricare oggi tutte le responsabilità sulle spalle dell’assessore Angelo Sciapichetti. Il quale essendo pure maceratese, quindi del collegio quasi interamente terremotato, diventa doppiamente interessato e responsabile. Praticamente un gioco da ragazzi, visto che il buon Angelo piuttosto che rispondere: “a brigante, brigante e mezzo”, offre evangelicamente l’altra guancia. Infatti su Facebook, nel silenzio generale dei suoi colleghi di giunta, si è assunto tutte le responsabilità. Anche quelle che sue palesemente non sono: come quella dei ritardi sulla costruzione delle stalle prefabbricate. Quindi a fronte di un’assessora (con funzioni di vice presidente) all’Agricoltura che non ha combinato niente, c’è un assessore alla Protezione Civile ( come dice la parola stessa non del bestiame) che oltre a correre giorno e notte ininterrottamente dal 24 di agosto, si deve beccare pure maledizioni e insulti che suoi non sono. Decisamente un bell’ambientino questo qui della Giunta Regionale. Personalmente, ma anche molto sommessamente, dico che così non può funzionare, anche perché, oggettivamente, non si riescono a fare gli interessi dei marchigiani. I quali, tuttavia, se ne sono accorti e a tempo debito li cacceranno come meritano - cioè malamente – dal governo della Regione.
Per il bene della politica... al Pd provinciale cacciateli tutti!
Il più grande suicidio di massa della storia avvenne in Guyana (Sudamerica) il 18 novembre 1978. Ben 912 persone si tolsero la vita, persuase dal loro guru, Jim Jones che era ormai in procinto di essere arrestato. Jones, quando capì che il suo “regno” era agli sgoccioli, convinse i suoi adepti ad ingerire una fiala di cianuro e quindi a spararsi un colpo di pistola alla testa. Il senatore del Partito Democratico, Mario Morgoni, all’indomani della disfatta patita alle elezioni provinciali, sta seguendo – politicamente si intende - passo, passo le orme di Jim Jones. Come guru è di gran lunga meno popolare di Jones perché i suoi adepti si fermano a quota 38. Essi adepti però hanno firmato un documento nel quale individuano come colpevoli della sconfitta non già loro medesimi, ma “alcuni sindaci e amministratori del PD” (nella prima stesura, poi edulcorata, si leggevano addirittura i nomi di Carancini, di Fiordomo e Silenzi). Poi i perfidi alleati (Bianchini, Favia e Carrabs) che non hanno rispettato gli ordini tassativi del guru. Quindi il presidente Ceriscioli che improvvidamente ha cercato di tenere unita la sua maggioranza, piuttosto che assecondare le volontà infallibili del guru e dei suoi adepti. Inoltre Antonio Pettinari che si è candidato nonostante la terribile fatwa di Morgoni. Infine tutti quelli di centrodestra che sciaguratamente non hanno votato il candidato del PD come ha fatto invece il bravo Capponi: unico avversario serio e capace di interloquire con la setta. Di conseguenza – si legge ancora nel documento – occorre una verifica immediata in regione. Perché è ovvio che se quelli di centrodestra non votano la Formica e quelli della segreteria PD non sanno fare manco le addizioni, si apre un problema tutto politico. Mancava solo l’ordine di invasione alla Polonia affinché il documento diventasse un serio caso psicopatologico-clinico-forense da tenere sotto controllo con la massima attenzione. A latere, si segnalano le dimissioni del segretario provinciale Novelli, a distanza di dieci giorni dalla sconfitta. Però meglio tardi che mai, che con certi figuri non si è mai sicuri come va a finire. Tutto questo teatro dei pupi, ovviamente è avvenuto sotto gli occhi sgranati ed increduli di cittadini comuni, molti dei quali alle prese con il post terremoto. Pensate la scena: esterno giorno passano le immagini di distruzione. Carriole di macerie. Volontari e vigili del fuoco che lavorano tutti infangati, vecchi che raccolgono le loro povere cose dentro abitazioni distrutte. In sottofondo salgono voci di persone che litigano sempre più forte. Urlano, insultandosi a squarciagola su di chi sia la colpa della sconfitta ad una elezione di secondo grado. Sono quelli del Partito Democratico della provincia di Macerata. Non tutti, per fortuna. Solo una piccola parte, ma quella più rumorosa che va sui giornali e trascina tutti nel fango mediatico. Evidentemente a costoro degli sfollati che dormono in tenda non gliene frega una beata fava. La loro priorità è la verifica di maggioranza in Regione. Avevo scritto tempo fa che questi comportamenti mi facevano schifo. Sono stato redarguito per il linguaggio pesante che ho usato allora. Oggi ribadisco: mi fanno schifo due volte. Anzi mi fanno proprio vomitare. Non hanno il senso elementare delle priorità. Ma non mi meraviglio più di tanto. In fondo da una generazione di amministratori cresciuta ad omogeneizzati e video games non ci si può aspettare la percezione del senso delle cose reali. Per loro tutto è virtuale. Anche la realtà che li circonda, specie se si manifesta nella sua brutale crudezza. Si nutrono solo del loro cieco e sordo cinismo. Senza bussola e senza direzione. Si atteggiano a nuova classe dirigente, ma sono capaci solo di impartire ordini da comandanti. Un club esclusivo di frustrati incapaci di dialogare nemmeno con sé stessi. Immaturi che non sanno assumersi in prima persona le loro responsabilità. Il colpevole - come in questo caso - è sempre altrove. Bambini insomma che giocano a fare i politici, quando il loro posto sarebbe sui banchi di scuola. A disegnare al massimo aste e tondi. Una somma di fallimenti generazionali plurimi che si incontra. Si annusa, si piace, si mette assieme e assieme ordisce trame. Ordina. Impone. Mette veti. Dichiara. Scrive. Giudica. Non ascolta. Non legge. Non si informa. Non si confronta. Non media. Non arriva a compromessi. Semplicemente perché ne è del tutto incapace. Mi chiedo se non gli faccia paura sapere che tra gli amministratori della provincia solo il 33% si riconosce nel campo del centrosinistra. Che i tanto dileggiati loro avversari dell’UDC stanno lì al 27% e dove li hanno affrontati li hanno suonati dovunque. Altro che strumenti di precisione per misurali… Che se a livello nazionale, nel centrodestra trovassero un vero leader, loro sarebbero spazzati via come paglia in un uragano. Tuttavia piuttosto che tremare davanti a questi numeri e prendere seri e urgenti provvedimenti nei territori, per recuperare credibilità e consensi, non trovano di meglio che costruire il futuro insultando ed insolentendo il prossimo: nella fattispecie sindaci e alleati. A questo giornale, per dire, non mandano più nemmeno i loro comunicati stampa. Beninteso, sapere che ci detestano è per noi motivo di vanto ed orgoglio che rivendichiamo con forza. Una medaglia che ci appendiamo all'occhiello ed ostentiamo con tronfia immodestia. Non vogliamo avere niente a che fare con questa paccottiglia di umanità varia e talvolta disperata che non trovando meglio da fare si è data, con palese insuccesso, alla politica. Quello che invece facciamo è un appello a tutte le forza sane del Partito Democratico. Per il bene di tutta la politica: mettete da parte le vostre divisioni e fate fronte comune contro questa esigua minoranza capace solo di strillare contro, ma inadatta a costruire. Cacciateli via subito e poichè sono pericolosi sia per se stessi che per gli altri, metteteli in condizione di non nuocere più. Lo dico ai vari Comi, Carancini, Fiordomo, Manzi, Silenzi, Montesi e ai tanti che stanno nell'ombra, ma che sarebbero disposti ad impegnarsi in prima persona. Il tempo dell’attendismo e della tattica, fin qui perseguito, ha prodotto questo mostro di risultato. Ascoltate piuttosto l’appello lanciato da Renato Pasqualetti: c’è un territorio tutto da ridisegnare e una politica tutta da riscrivere. Per questo c’è bisogno di un Partito Democratico forte ed autorevole che sappia confrontarsi con tutti e non di una falange perennemente armata. Peraltro non si capisce bene contro chi...
Provincia nuova, partiti nuovi? Speriamo...
Adesso che i risultati delle elezioni provinciali sono definitivi e sono pure sommariamente elaborati, si può fare qualche ragionamento politico in più. Ma prima, parto dai numeri e da qualche curiosità. Intanto il presidente dura in carica quattro anni, mentre il consiglio solo due. Quindi nel caso il referendum costituzionale venisse bocciato, Pettinari si troverà a presiedere due diversi consigli. Questo è così distribuito: 5 consiglieri al PD, 1 a Uniti per la Marche, 3 a per la nostra terra, 2 alle liste civiche di centrodestra e 1 a Sindaci insieme. Vengono elette quattro donne su cinque candidate. Otto consiglieri sono alla loro prima esperienza, mentre quattro (Montesi, Micozzi, Acquaroli e Ubaldi) sono dei “veterani”. La montagna elegge ben quattro consiglieri, due vanno alla costa, due al capoluogo e gli altri distribuiti tutti in centri medio – grandi. In questo quadro, se si realizzasse in provincia la stessa coalizione regionale che ha appoggiato Ceriscioli, essa si troverebbe ad avere sicuramente nove consiglieri compreso il presidente. (6 della lista del Pd più due dell’UDC). Verosimilmente si aggiungerebbe immediatamente pure Massi, il terzo eletto sulla lista dell’UDC. Occorre ricordare al riguardo come i segretari regionali dei partiti di maggioranza, insieme al vicesegretario nazionale del PD Guerini, avessero invitato tutti a perseguire questo obiettivo. Come si sa, queste voci non solo non furono ascoltate, ma furono presi tutti a male parole dal senatore Morgoni. Pettinari riceve, in termini assoluti 303 voti, pari al 57.2%. La Formica 227, pari al 42.8% su un totale di 530 amministratori votanti. Ma poiché il voto degli amministratori delle grandi città vale molto di più di quello dei piccoli centri è stato introdotto il così detto voto ponderato. Il calcolo del risultato del voto ponderato è il seguente: Pettinari 40753 voti pari al 56.1%, mentre la Formica 31931 pari al 43.9%. Questo per quanto riguarda l’elezione del presidente. Relativamente al consiglio e su 561 amministratori votanti i risultati sono i seguenti: il PD assieme ad Uniti per le Marche riceve 187 voti pari al 33.3%. La lista dell’UDC 152 voti pari al 27.1%. La lista dei sindaci 133 voti pari al 23.7% ed infine la lista di centrodestra 89 voti pari al 15.8%. Con il voto ponderato questi numeri cambiano totalmente e cambia pure la classifica. Il PD riceve la bellezza di 35038 voti sale al 43.9%. L’UDC con 19819 scende al 24.9%. Il centrodestra sale al terzo posto con 15217 voti e con il 19.1%. Infine i sindaci con i loro miseri 9658 voti scendono al 12.1%. Per i consiglieri hanno votato 31 amministratori in più rispetto alla votazione per il presidente. Si desume quindi che l’elezione del consiglio sia stata più sentita di quella del presidente. Già da questi impietosi numeri si legge la disfatta del Partito Democratico. Ma bisogna approfondire meglio quello che è avvenuto in fascia E. Appartengono alla fascia E i comuni con un moltiplicatore più alto e decisivi per la vittoria. Sono quelli di Macerata e Civitanova: tutti e due saldamente in mano al Partito Democratico. Ebbene lì emerge la tragedia di un partito improbabile e grottesco. In fascia E, per il consiglio, su 43 elettori ben 27 vanno alla lista del PD. 27 a 16 dunque a favore del PD. Ci sono dunque 11 pesanti voti di differenza. Sempre sulla stessa fascia E, ma questa volta solo per l’elezione del presidente su 41 votanti 22 voti vanno a Pettinari e 19 alla Formica. Il gap larghissimo a vantaggio del PD per l’elezione dei consiglieri viene non solo annullato, ma addirittura superato da Pettinari. La sconfitta del PD sta tutta qua dentro: in fascia E. La corsa di Ornella Formica si ferma a Macerata e a Civitanova. Ora le accuse sono tutte rivolte agli alleati minori del PD di queste due città. Ma la verità vera e che, in fase di candidature, la segreteria provinciale dei democratici non solo non li ha mai consultati né nominati (basta leggere i comunicati stampa), ma li ha sempre trattati come dei paria, indegni di considerazione.. La prospettiva di autosufficienza pervicacemente perseguita della segreteria provinciale dei democratici, si è schiantata contro questi numeri. Incapaci di tenere unita la coalizione di maggioranza, hanno provato a tenere unito il partito. Non ci sono riusciti. Il doppio, pesante tracollo va ascritto a tutto il gruppo dirigente. Ma in particolare al segretario provinciale e al senatore Morgoni che si sono intestati questa battaglia in prima persona. In breve: dopo aver assistito, in diretta, a questo suicidio politico - peraltro da me annunciato in tempi non sospetti -l’unica cura possibile per il Partito Democratico provinciale è un bel bidone di diserbante e poi sopra una bella colata di asfalto alta non meno di una decina di centimetri. Sul fronte opposto lo spettacolo è stato più o meno lo stesso. Il centrodestra si è frammentato e non è riuscito a trovare, in fase progettuale, la sintesi unitaria che, nei fatti e poi soprattutto col voto, si è realizzata su Pettinari. L’unica stella che è ha brillato di luce propria è stato il sindaco di Camerino, Gianluca Pasqui. Sembrava a tutti – anche a me e faccio pubblica ammenda – che, chiuso tra le sue montagne, non avesse nessuna possibilità di elezione. Invece si è rivelato il più votato di tutti: 116 assoluti e 8197 voti ponderati. Di fatto porta la montagna in provincia con i voti della città. Oltre al pieno scontato della sua comunità, riceve due pesantissimi voti in fascia E; 11 in fascia D e 6 in fascia C. E questo non accadeva dai tempi delle elezioni, in Regione dell’Avvocato Grifantini. Pasqui è anche l’unico consigliere iscritto a Forza Italia e oltre al ruolo istituzionale di sindaco ha pure una caratterizzazione politica forte. In più è ambizioso e particolarmente diplomatico. Non a caso contro di lui si sono concentrati tutti gli attacchi della segreteria regionale del suo stesso partito. La Pantana è tanto caruccia quando, sullo sprint ed ostentando il suo grado di dirigente regionale di Forza Italia, tenta di mettere il cappello su una vittoria che sua non è. Intanto la decisione era già stata presa: il niet della Cacciolari a Pettinari, in tempi non sospetti, è irrecuperabile. Se è per questo è pure incomprensibile, ma di questo abbiamo già parlato in altra occasione. Inoltre tutti sanno che lei - la Pantana - e la capogruppo regionale, la fermana Marcozzi, portavano il sindaco di Castelraimondo, Marinelli. E che, soprattutto la Marcozzi ha tempestato di telefonate, al limite dello stalking, i poveri amministratori montani, alle prese con il terremoto, per farli votare Marinelli e non Pasqui. Ordini superiori: evidentemente del coordinatore regionale Ceroni. Perché, secondo lui, dentro Forza Italia nessuno deve assolutamente emergere. Soprattutto nel maceratese. Invece Pasqui, nonostante gli ostacoli frapposti, ha avuto un gran successo. Essendo giovane, motivato e capace di costruire, con la sola presenza mette in difficoltà un vecchio bollito e con l’attitudine solo a distruggere. Troverà Pasqui, sicuramente un valido appoggio nella coordinatrice provinciale attualmente in carica: Lorena Polidori che, a titolo personale (ci tiene a precisarlo con una punta di veleno), si è messa sin da subito accanto a lui e a Pettinari. Nella fase della campagna elettorale e con la massima discrezione, la Polidori ha lavorato per i due. Era presente inoltre, mettendoci la faccia, immediatamente prima dello spoglio, accanto a quelli che poi si sarebbero rivelati i veri vincitori. La Forza Italia che sarà, secondo il mio parere, deve partire da queste due figure, non prima di aver cacciato tutti gli altri. A cominciare dal coordinatore regionale Ceroni e la sua vice Cacciolari. In poco più di due anni hanno fatto più danni loro che manco la peronospora della vite...
Per fatto personale
Adesso che la vicenda delle candidature alla presidenza di Area Vasta si è conclusa, assieme ai suoi strascichi di polemiche, ci possiamo prendere qualche giorno di meritate vacanze. Prima però di riporre il PC temporaneamente in un cassetto, mi preme mettere ordine ad alcune vicende e fare pubblicamente chiarezza da questa rubrica. Insomma, scrivo – come si direbbe in queste circostanze – per fatto personale. Cominciamo dal senatore Mario Morgoni che in una lunga, cortese telefonata al direttore asseriva che avevamo scritto delle inesattezze. Quando uno è sicuro di aver raccolto tutto il materiale ed averlo setacciato in maniera certosina, non c'è niente di più fastidioso e frustrante che sentirsi dire che ci sono inesattezze. Cioè cose non vere. Questo, almeno per parte mia, merita una risposta ferma e decisa in modo che sia chiaro, una volta per tutte, che certe affermazioni non si possono fare con estrema leggerezza. Noi abbiamo scritto che il vicesegretario nazionale del PD, Guerini, tramite una telefonata al segretario provinciale Novelli, lo invitava ad optare per Pettinari. Il sen. Morgoni ci comunicava, al contrario, che Lorenzo Guerini, dopo aver letto l’articolo di Picchio News, gli ha detto chiaramente che aveva parlato solo con lui. Dall’estratto del comunicato stampa di Giulio Silenzi, del 3 agosto, si leggono, invece, queste testuali parole: “Si è arrivati alla direzione dell’altra sera scoprendo che il Segretario nazionale facente funzioni Guerini avrebbe telefonato a Comi, Morgoni e al Segretario Novelli che ci ha riferito (alla direzione) di essere stato invitato da Guerini a far prevalere le ragioni dell’alleanza rispetto a quelle di partito… diciamo così.” Un altro pezzo “inesatto” sarebbe stato quello in cui scrivevo questa frase: “In questo disegno non c’è posto per Pettinari perché l’accordo sta altrove. Sta con le forze che – tanto per semplificare – hanno sostenuto Spacca alle regionali.” Anche qui lascio che a rispondere siano: Paola Castricini, Vice Segretaria PD provinciale; Gianfilippo Simoni, Organizzatore; Bruno Prugni, Segreteria provinciale; Francesco Vitali, Presidente assemblea provinciale, e Mario Antinori, Segreteria regionale. I cinque il 2 di agosto scrivono al punto 5 di una nota le seguenti parole: “sono stati commessi degli errori dalla segreteria provinciale e vanno riconosciuti. Primo fra tutti quello di pensare di costruire una candidatura PD senza coinvolgere mezzo partito ricercando alleanze sottobanco con esponenti di Marche 2020 o della destra come Capponi, Massi e i sindaci di Loro Piceno e Morrovalle. Un tentativo di inciucio grave.” Le ricostruzioni a mezzo stampa di autorevoli esponenti del Pd provinciale confermano dunque le nostre. Non ci sono inesattezze, non ci sono omissioni, né esagerazioni. Questo con buona pace del senatore Morgoni. Piuttosto ci preme, casomai, ricordare come Morgoni, che non risparmia mai bacchettate a nessuno, sia stato uno dei parlamentari che ha contribuito con il suo voto – in appoggio all’apposita richiesta – a far sì che il voto sulla domanda di autorizzazione all’uso delle intercettazioni di conversazioni telefoniche del Sig. Silvio Berlusconi, sia rimasto segreto. Ha infatti, il Sen. Morgoni, appoggiato la richiesta di votazione segreta sottraendo all’intera popolazione italiana la possibilità di conoscere l'orientamento di ciascun senatore. Beninteso, vale sempre l’art. 68 della Costituzione: i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Passiamo adesso all’architetto Montalboddi. Egli per ben due volte a distanza di qualche giorno si è fatto vivo sulla mia timeline di Facebook con i seguenti post: Rispondo da qui all’architetto dicendogli subito che non mi hanno pagato manco un centesimo. Per una serie di ragioni che non sto qui a spiegare, da quello che scrivo non voglio trarne alcun profitto. Sulle ricostruzioni rimando l’architetto Montalboddi a quanto precisato sopra. Vale pure per lui. Quanto alle opinioni, la Costituzione - Montalboddi ci dia un'occhiata - mi conferisce facoltà di esprimerle liberamente finanche con lo scritto. Piuttosto, come facilmente si può verificare, non è assolutamente vero che abbia “dipinto la figura dell’architetto Montalboddi come quella di un uomo di potere in cerca di realizzare chissà quali disegni affaristici.” Questo lo ha scritto lui ed io, al massimo, ne posso solo prendere atto. Per ciò che riguarda il “faccia a faccia”, francamente non saprei cosa dire. Diciamo che non mi sottraggo. Infine rilevo che il nostro rapporto non si potrebbe guastare, giacché, come ha giustamente scritto nel post precedente, noi due non ci conosciamo nemmeno. Quello che non sa l’architetto Montalboddi è che invece moltissime persone comuni mi hanno avvicinato e ringraziato per quello che ho scritto (leggi qui). Addirittura più di un componente della direzione provinciale, mi ha telefonato per avere delucidazioni a proposito degli intrecci tra il suo studio e la giunta comunale di Monte san Giusto. In privato mi hanno incoraggiato ad andare avanti. Taluni sono rimasti negativamente colpiti, infatti dalle parole di solidarietà espresse a favore di Montalboddi da un autorevolissimo esponente provinciale del partito, dopo il mio articolo. A pensarci bene infatti è vero: solitamente si esprime solidarietà a chi è stato vittima di un’ingiustizia o di un sopruso. Io, mi sono limitato solo a scrivere la verità, mica gli ho rigato la macchina col cacciavite… Tutto questo dentro il partito provinciale, ha prodotto disagio ed inquietudine palpabili. In breve: se l’architetto Montalboddi ritiene di essere stato da me diffamato ha l’opportunità di chiedere ed ottenere giustizia. Se ritiene che i miei scritti siano mendaci, incompleti o parziali può sempre replicare attraverso il giornale. Però dovrebbe farlo con degli argomenti. Se ne ha. Evitando, possibilmente, di darmi del prezzolato. Io, da parte mia e fino ad oggi, non ho alcuna ragione per dovermi mettere in contatto con lui. Infine mi piace constatare come assieme al direttore Roberto Scorcella, anche in questa circostanza, abbiamo realizzato un ottimo lavoro. Ci eravamo dati l’obiettivo di conseguire un’informazione dettagliata e senza filtro. Le tantissime, positive reazioni e gli attestati di stima che ci sono pervenuti per l’occasione, dai sempre più numerosi lettori ci dicono che ci siamo riusciti. Abbiamo intenzione di andare avanti ancora così. Dando ogni volta tutte le notizie a nostra disposizione. Ma anche rispondendo a tono e con gli argomenti necessari alle critiche infondate che ci vengono mosse.
Forza Italia contro Pettinari e contro se stessa...
Perché l’anno scorso Forza Italia ha spalancato amorevolmente le braccia a Spacca in regione, mentre adesso sbatte malamente la porta in faccia a Pettinari in provincia? Nessuna persona normale, specialmente in piene vacanze, tenterà nemmeno di porsi la domanda, tanto è profondo il disinteresse sia per la nuova provincia, che per l’ex primo partito italiano. Eppure tra le pochissime certezze che stanno caratterizzando questa prossima elezione, c’è tutta l’avversione di Forza Italia nei confronti di Antonio Pettinari. Che non è solo il presidente uscente ricandidato, ma anche il segretario regionale dell’UDC. Pettinari, già da lungo tempo, sta personalmente lavorando per la riconferma alla guida dell’ente. Per questo ha intrecciato relazioni con molti sindaci del territorio. Qualcuno tra questi appartiene o è simpatizzante di Forza Italia. Poiché si tratta di un’elezione di secondo grado e non c’è nessun elettorato da convincere, se non gli stessi amministratori, il tutto ovviamente, avviene sottotraccia. Non servono roboanti comunicati, né tantomeno affollate conferenze stampa: basta la discrezione necessaria. I messaggi pubblici sono solo trasversali e per addetti ai lavori. Per esempio le parole di riprovazione del presidente Ceriscioli verso il PD di San Severino - che non si è alleato con la lista dell’attuale sindaca – servivano per un endorsement a Pettinari, anche a riparazione di sciagurate dichiarazioni del segretario provinciale del PD. Come a dire: non scherziamo, qui per Pettinari garantisco io anche a nome di tutto il Partito. Del resto le ultime elezioni hanno consegnato a Tonino ed alla sua formazione due vittorie schiaccianti, praticamente in solitaria: a Porto Recanati ed a San Severino. Logica, buon senso, tattica e anche un rudimentale approccio alla buona politica avrebbe voluto che, nel mondo dei partiti, attraverso i rispettivi amministratori, si continuasse a lavorare sott’acqua, così da tessere la tela in silenzio. Pure all’interno del PD provinciale, che è lacerato da idee contrapposte, personalismi esasperati e linee divergenti, le faide si consumano in gran segreto e le rese dei conti, pur debitamente messe in agenda non si annunciano. Invece capita che all'improvviso, come una grandinata di fine luglio, arriva l’intervento a gamba tesa ed a mezzo stampa della vice coordinatrice regionale di Forza Italia, Barbara Cacciolari. Come prima cosa bolla come “sorprendente e sconcertante” la decisione di Pettinari di indire le elezioni nel cuore dell’estate, con ciò “violando le più elementari regole di buon senso.” Se è vero che in piena estate non si deve far politica, perché – rilevo io - il 29 di luglio, la stessa Cacciolari annuncia, in pompa magna la costituzione del comitato per il NO al referendum? Ah saperlo… Ma la notizia dirompente è che la dirigente regionale di Forza Italia praticamente invita tutto il centrodestra ad affrancarsi dall'indirizzo istituzionale, sin qui intrapreso, e a presentare una propria lista tutta politica. “Come partito – dice la Cacciolari – siamo pronti a dare tutto il sostegno ai sindaci di centrodestra che vogliono presentare una lista.” Così, mentre la gran parte degli amministratori è alla diligente ricerca di una soluzione istituzionale, la più partecipata possibile, Forza Italia, attraverso una figura che non è nemmeno consigliere comunale, politicizza di botto la situazione. Qualcosa non mi persuade. Anche perché se andiamo ad analizzare la forza di fuoco e le truppe di Forza Italia in provincia, scopriamo che ha in arsenale appena qualche sparo di ferragosto e qualche stanco sottufficiale di complemento. I colonnelli ed il grosso della truppa, se non sono approdati a qualche altro partito, hanno smesso definitivamente con la politica. Un branco di cinghiali in mezz'ettaro di granturco avrebbe fatto meno danni di quanti ne abbia prodotti questa dichiarazione sui territori. Le trame pazientemente costruite di persona da qualche sindaco forzista, con Pettinari sono state bruscamente recise ed i dialoghi sono stati interrotti. Bisognerà ricominciare tutto da capo. Ma il tempo stringe. Dunque, alla domanda iniziale: perché Forza Italia ce l’ha tanto con Pettinari, se ne aggiunge un’altra. Stavolta politicamente più inquietante: perché Forza Italia, nel territorio della provincia di Macerata vuole fare a tutti i costi il deserto attorno e soprattutto dentro di sé? No, perché ci vuole del metodo, anche per mettere in atto azioni di mero autolesionismo. Ci vuole un piano studiato in tutti i suoi dettagli per isolarsi nei momenti che contano del calendario politico. E ci vogliono soprattutto le persone giuste che sappiano realizzare questa ponderata autodistruzione. Forza Italia in provincia sta dimostrando di possedere tutte queste caratteristiche e porta avanti il suo disegno a tamburo battente. Più avanti nel tempo vi dirò pure il perché...
Hic Rhodus, hic salta…
Sono giorni campali quelli che sta vivendo l’amministrazione comunale di Macerata. In particolare all’assessorato alla cultura, non si dorme la notte per la grande mole di iniziative che sono state messe in piedi, affinché le volgari, umane genti vengano erudite alla bisogna. Peccato però che io stesso, sul sito web del Comune abbia letto – come direbbe un personaggio di Camilleri – una sulenne minchiata. Tanto grande che, per espiarla ci sarebbe da sotterrarsi adesso e venire fuori non prima della metà di settembre. Ha scritto infatti l’assessorato alla cultura che il musicista Goran Bregovic è di nazionalità serba. La cosa non sarebbe apparentemente tanto grave se non fosse che, in totale buona fede, qualche organo di stampa ha preso per buona la notizia e l’ha rilanciata così come scritta, inducendo in errore l’ignaro lettore. C’è da aggiungere, inoltre, che per ragioni di etnie e di confini, poco più di venti anni fa, proprio da quelle parti, venne combattuta una sanguinosa guerra civile con migliaia di morti. Bregovic, in realtà è nato a Sarajevo, città che, sia detto per inciso, sarebbe pure la capitale della Bosnia. Per questa volta perdoniamo l’assessora Monteverde, che tanto si prodiga per promuovere la lettura dei libri, ma la invitiamo anche a leggerne qualcuno ogni tanto. Segnatamente quelli di geografia, così da evitare in futuro ulteriori scivoloni. Il fatto è che in questo periodo il sindaco Carancini è preso da ben altri pensieri e non vigila come dovrebbe. Si dà il caso infatti che il presidente della provincia Pettinari abbia indetto le elezioni per il rinnovo dell’ente per il 28 di agosto. Ciò significa che entro la prima settimana di quel mese devono essere definite le candidature e chiuse le liste. Carancini, se con un occhio frigge il pesce, con l’altro controlla il gatto. Nel senso che pur essendo preso dalla mondanità delle serate alle prime dello Sferisterio, un pensierino alla futura presidenza della Provincia lo sta facendo ancora. Della sua agitazione in questo senso, avevamo parlato in un’altra occasione. In seguito gli avevo personalmente chiesto di rispondere ad alcune domande in proposito. Carancini all’inizio mi aveva dato la massima disponibilità, poi, all’improvviso non si è fatto più sentire. Non nascondo di aver pensato ad gesto di scortesia nei confronti miei e del giornale, ma quando ho visto le cose con più distacco e maggiore lucidità ho capito meglio il tutto e, in tutta onestà, mi sono ricreduto. Cosa era successo? E’ accaduto che il 23 di giugno (giorno tra l’altro del mio ultimo contatto con Romano) a Carancini il PD ha dato l’avviso di cacciata. Pubblico. Perentorio. Inappellabile. Lo ha fatto Maurizio Saiu, componente del direttivo comunale tramite un comunicato stampa, ma risultava chiaro a tutti che dietro di lui vi fosse in realtà la voce del padrone. Padrone che con altre, più misurate parole aveva già escluso un’eventuale candidatura di Carancini, motivandola con il fatto che Macerata città avesse già un parlamentare in carica. Il sindaco del capoluogo, a questo punto, ha capito la gravità del messaggio e si è ritirato in buon ordine nelle sue stanze. Quindi, di frac vestito, si è dedicato anima e corpo alla stagione lirica staccando la spina con la politica e con il suo partito. Però siccome è uomo che difficilmente si arrende e men che meno si fa comandare a bacchetta dal primo capetto che passa, un pensiero alla presidenza della Provincia lo sta facendo ancora. Tra un Otello e una Norma prova a prendere tutte le misure possibili valutando i pro e considerando i contro. In realtà le opzioni sono solo due: obbedir tacendo agli ordini impartiti dal “Comitato Centrale”, oppure rompere definitivamente con il Partito Democratico e bruciarsi alle spalle ogni nave. Nel primo caso avrà garantita per il 2020 una candidatura al Consiglio Regionale e, con essa, molto verosimilmente anche una sicura elezione. Se invece dovesse consumare un irreparabile strappo con il PD, tutto per lui, sin da domani, diventerebbe incerto e precario. Sbaglierebbe però chi pensasse alla strada più comoda e più indolore. Carancini dà il meglio di sé nei momenti di maggiore difficoltà. Le sfide impossibili lo attraggono e lo esaltano. E, come ha ampiamente dimostrato in passato, queste sfide le ha vinte ogni volta. Con lui non c’è niente di scontato e di prevedibile, se non che i giorni passano e una decisione, prima o poi, la dovrà prendere. Stavolta Hic Rhodus, hic salta …
C'è chi dice no...
La data di venerdì 15 luglio sarà ricordata come la giornata decisiva che ha segnato irrevocabilmente le sorti del referendum confermativo sulle riforme costituzionali previsto per l’ottobre prossimo. Sul fronte del sì è stata una giornata campale. Intanto per l’improvviso freddo autunnale e per la pioggia che ha maltrattato l’intera regione. Poi per il gran dispiegamento di forze che il Partito Democratico ha messo in campo al fine di confermare la riforma. L’evento clou era messo in agenda per le ore 21.00 presso il cinema Cecchetti a Civitanova con due big nazionali: la ministra Maria Elena Boschi ed il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato. Assieme al Governatore Ceriscioli ad al segretario regionale Comi hanno esposto, alla sala stracolma, le ragioni per motivare i tanti militanti alla mobilitazione in favore del sì. L’aria era tesa e si respirava preoccupazione. Il barometro dei sondaggi segnava tempesta. In più qualche parlamentare si era messo a fare lo sciopero delle firme convinto di mettere in difficoltà lo stesso segretario regionale Comi. In realtà è finita che questi riottosi deputati hanno fatto una brutta figura nelle loro provincie perché hanno raccolto poche firme in confronto a quelle di Comi, che viceversa è assurto al ruolo dello statista. Poi, a cagione del loro lassismo, si sono beccati pure la pubblica reprimenda di Rosato. Adesso Comi un giorno sì e quell’altro pure dirama comunicati stampa corredati di numeri che testimoniano al Largo del Nazareno le sue capacità e la sua forza. I volti però rimanevano scuri lo stesso e l’allarme restava alto. La Boschi, poverina, aveva perso chili ed energie. Diafana e con lo sguardo fisso davanti a sé, invitava i presenti, con calma ed a bassa voce, come fosse in trance, a far votare sì. Non sapevano, che assieme alla pioggia, la mattinata portava con sé buone notizie. Ma che dico buone, ottime notizie che adesso vado a raccontarvi. È accaduto che nella stessa mattina lo stato maggiore di Forza Italia guidato dal coordinatore regionale, senatore Remigio Ceroni costituiva il comitato per il no al referendum. Davanti all’unica giornalista sanzionata ad ascoltarlo (è consuetudine ormai presso la locale stampa, che un giornalista che sbagli un congiuntivo o commetta un altro errore di sintassi o ortografia, venga inviato per punizione a fare dei pezzi sulle conferenze stampa di Ceroni) il parlamentare, in appena cinque minuti, ha commesso tre gaffe in sequenza da rintronare perfino un battaglione di ussari. La prima quando per fare un paragone ardito ha evocato il no al referendum come “la madre di tutte le battaglie”. Non sapeva, evidentemente che la madre di tutte le battaglie, fu quella così definita da Saddam Hussein, buonanima, durante la prima guerra del Golfo. Venne combattuta dall’esercito iracheno a Khafji tra il 29 gennaio ed il primo febbraio del ’91. Ovviamente fu una sonora disfatta per il Rais perché il suo esercito subì il bombardamento aereo più pesante nella storia bellica mondiale. La seconda gaffe l’ha commessa quando, per sostenere le ragioni del no, ha rimproverato a Renzi di non aiutare le imprese, l’occupazione e le famiglie in difficoltà. Che ci azzeccava con la riforma della Costituzione lo sapeva solo lui. Ma la terza e più grossa gaffe, quella decisiva, l’ha commessa semplicemente presentando lì la sua persona a difendere strenuamente e con tutte le sue forze la Carta Costituzionale. Molti non lo ricordano, ma il senatore Ceroni è il deputato che nell’aprile del 2011 salì agli onori della cronaca parlamentare nazionale perché, attraverso un disegno di legge all’uopo presentato (atto 4292), ma “a titolo personale” - come tenne a specificare - voleva cambiare addirittura il primo articolo della Costituzione con il seguente: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla centralità del Parlamento quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale". Ora è chiaro a tutti che se il capo regionale del comitato del no è un uomo che voleva stravolgere addirittura l’incipit della Carta Costituzionale e non prevedere nessun limite e nessuna forma da rispettare il sì ha già vinto la partita prima di cominciarla. Io stesso che mi stavo predisponendo per il no, adesso mi sono già ravveduto e alla fine farò come Cacciari: voterò sì turandomi il naso. Quindi amici tutti del Partito Democratico state allegri. Andate tranquillamente in vacanza. Portate al mare i vostri bambini. Le calde serate, piuttosto che trascorrerle nelle sezioni a sudare nelle assemblee, fate delle lunghe passeggiate rigeneranti ascoltando le cicale e mirando gli astri. E soprattutto fate fare un po' di villeggiatura alla Boschi con pasti abbondanti e tanto sole. Ne ha bisogno, date retta a me. Ceroni ha promesso un comitato del no in ogni comune. Non c’è villaggio nelle Marche a cui lui non provvederà. Con uno come lui a capo del no, il settanta-settantacinque per cento dei sì al referendum di ottobre è garantito.
Compagni di merende
Mentre dentro il Partito Democratico, all’indomani della disfatta elettorale, scoppiava la solita guerra fra bande più o meno armate, suscitava enorme scalpore il comportamento del presidente della Regione Marche, Ceriscioli. Egli dapprima dichiarava, rivolto ai suoi: "Cari amici, non massacriamoci tra di noi, bisogna capire che c'è anche una questione più generale sopra di noi”, lasciando così intendere una improvvisa conversione mistica, piovuta dal cielo. Quindi domenica scorsa partiva, ramingo e solitario, alla volta di San Severino Marche, terra di monasteri, conventi ed abbazie. Ma, come si sa, la biografia di ogni santo che si rispetti contempla il tentativo di seduzione da parte del demonio. In questo caso il maligno ha assunto le sembianze di un maiale arrosto, offerto da quel diavolo del consigliere regionale della Lega, Luigi Zura Puntaroni. Ceriscioli, l’apprendista asceta, piuttosto che stringere di più il cilicio e rispondere: “Non di sola porchetta vive l’uomo…”, è caduto irrimediabilmente in tentazione. Così ha finito per trascurare il benessere dello spirito, dedicandosi vieppiù, grazie a calde e succulente, suine fragranze, a quello più prosaico della gola. È finita che in men che non si dica, il presidente della giunta regionale delle Marche si è trovato dentro la privata abitazione del consigliere regionale Zura Puntaroni, unitamente ad altri amministratori locali, all'uopo convocati, a parlare dei problemi del territorio e delle loro soluzioni. Hanno mangiato appunto porchetta, salamelle e formaggi e bevuto del buon sangiovese. Pare che negli inviti diramati – rigorosamente via sms – fosse specificato di portare seco il vino. Al simposio ha partecipato pure la professoressa Gabriela Lampa, unica, significativa figura femminile, che tra i tanti maschiacci evocava la pucciniana Minnie, la fanciulla del west. Si dice, ma non mi sento di poter confermare, addirittura che ad un certo punto abbia intonato, con piacevole sorpresa dei astanti. “Laggiù nel Soledad ero piccina…”. I cori sono proseguiti regolarmente e con allegria fino alla “Mula de Parenzo”, poi quando Zura Puntaroni ha urlato: “osteria numero venti…” c’è stato un attimo di smarrimento, quindi un generale disimpegno, per cui molti si sono alzati per fumare una sigaretta. Tra un canto e l’altro però si è parlato di ospedale, di inceneritore e di bretella. La sintesi dell’incontro è stata che è di vitale e decisiva importanza la bretella San Severino – Tolentino. Infatti tra i commensali c’era pure il sindaco di Tolentino, Pezzanesi. A causa di un’improvvisa grandinata, Ceriscioli e Pezzanesi hanno trovato ricovero al coperto e si sono appartati per chiacchierare a lungo della questione. Sembra inoltre, che all’ultimo momento, alcuni emissari si siano messi in azione per invitare pure la sindaca di San Severino, Rosa Piermattei. Ma, benchè nella versione ufficiale si giuri che ha declinato per urgenti ed inderogabili impegni, io sono invece più persuaso che, considerate le modalità e soprattutto vista la compagnia, la Piermattei abbia pensato bene di starsene il più lontano possibile e di lasciarli soli, alle loro maschie libagioni. Da adesso in poi, quindi, non si dica che è una sindaca inesperta… Basta, tutto sembrava filare per il meglio, fin quando qualche iscritto al Partito Democratico particolarmente pignolo e pedante, apprendendo della riunione dai social network, non l’ha presa troppo bene e si è risentito. Ma come – deve essere stato il ragionamento – io sto qui sul territorio a fare il giapponese di guardia al bidone del PD, a prendermi insulti e contumelie, perché mi tocca pure difendere la riforma sanitaria e Ceriscioli, bello, come un quarto di pollo va a mangiare la porchetta, a bere il vino e a cantare “quel mazzolin di fiori" proprio dentro casa del nemico?? Quello che all’inizio era solo brusio è diventato infine un boato e col passare dei giorni è giunto fino ai piani alti del PD romano. Pare che l’interrogativo più pressante della segreteria nazionale del Partito Democratico, dopo le comprensibili apprensioni sulla Brexit, sia come abbia fatto un impiastro simile a diventare addirittura presidente di regione. Effettivamente qualche stranezza ci sarebbe, ma se il presidente Ceriscioli non l’ha notata e non l’ha compresa subito, risulta del tutto inutile perdere tempo a spiegargliela con il senno di poi. Personalmente credo che incontri di questo genere vadano fatti in luoghi pubblici e non in case private. Specialmente se le riprese poi si fanno rimbalzare sui social network. Poi, se si fanno in luogo pubblico, tutta la stampa - non solo quella amica - potrebbe entrare liberamente e fare le domande che vuole. Senza l'umiliazione di dover suonare il campanello e pietire un permesso. Opinerà Ceriscioli che si trattava di una merenda tra amici e che non c’era niente di politico. Non è vero. Ci sono interviste in cui Puntaroni Zura, parlando con il presidente, afferma che la politica si fa meglio a tavola che non nei luoghi deputati. L’incontro poi non è stato per niente casuale, ma preparato e predisposto, perché nelle foto pubblicate apparivano in bella posta carte topografiche, mappe e planimetrie. Quindi non può dire nemmeno che è andato lì per fare merenda e si è finito per parlare di politica. Infine occorre registrare pure un dato politico: è stata la riunione di tutti quelli che sono stati presi a tavolettate nei denti dagli elettori, e pure di brutto, alle recenti elezioni amministrative: il PD, la destra e la Lega. Il presidente della Regione Marche, Ceriscioli, che con la parola d’ordine cambiamento doveva rivoltare il territorio come un calzino e rivitalizzarlo ogni giorno di più, si è ritrovato, in una piovosa domenica di fine giugno, a siglare il patto della porchetta a San Severino con tutti gli sconfitti ed i perdenti nati dell’universo mondo, per pianificare assieme a loro la prossima disfatta. Triste y sòrdido final…