Inaugurato ieri a Maestà di Urbisaglia il nuovo negozio per la vendita di prodotti ittici surgelati: "Giorgio Mare" di Giorgio Longhi.Al taglio del nastro presente anche il sindaco di Urbisaglia, Paolo Francesco Giubileo, che ha fatto gli onori di casa e ha accolto felicemente questo nuovo grande investimento commerciale all'interno del suo territorio.Non solo pesce da "Giorgio Mare": nel grande store presenti anche altre tipologie di surgelati, pasta, vini e sughi pronti. Il progetto è ancora una volta estendere il proprio business, prima nel territorio maceratese e marchigiano per poi approdare al mercato nazionale, costruendo una rete di negozi. Con Longhi, in questa nuova avventura, una giovane squadra capitanata dal responsabile commerciale Stefano Palmucci.La storia dell'imprenditore nasce in età adolescenziale e lo porta in una macelleria, ma il vero start up sarà negli anni '90 con la creazione e la gestione di un'altra importante catena di prodotti ittici surgelati; ora Giorgio longhi è pronto a ripartire, a reinventarsi, a creare altre occasioni di lavoro e nuove proposte commerciali.In tanti sono accorsi per visitare il nuovo locale e il suo laboratorio, apprezzando molto anche il ricco buffet preparato per l'occasione dallo chef dello staff di Giorgio Mare.(foto Si. Sa.)https://www.youtube.com/watch?v=UM-sMu_N8Is
“Ho fatto l’abbonamento alla disfatta.” Con queste parole, Mino Martinazzoli rispondeva ai giornalisti che lo incalzavano. Erano i primi anni ’90 e la Democrazia Cristiana accusava le prime grandi, significative sconfitte, preludio di un collasso improvviso.Dopo le amministrative di domenica, per quanto riguarda il PD, possiamo dire alcune cose. Per esempio che si è rotto il rapporto con le grandi città. Stando ai risultati del primo turno con tutte. Indipendentemente da quali saranno i risultati dei ballottaggi. Poi i numeri sbugiardano il mantra ossessivo tanto caro ai renziani: che le elezioni si vincono al centro. Inoltre che il Partito della Nazione, frutto di alchimie e accordi sottobanco parlamentari, è un fallimento più che certificato. Una volta visti i pessimi risultati, Renzi ha affermato che entrerà nei circoli con il lanciafiamme. In tal caso, può stare tranquillo, troverà solo renziani da bruciare. È di ieri, infine, la richiesta, nemmeno tanto implicita, dei sindaci del PD impegnati nei ballottaggi, di non volere in alcun modo la presenza del Presidente del Consiglio al loro fianco per i restanti giorni di campagna elettorale. Per un leader sentirsi dire che fa perdere voti, non è proprio il massimo…Era il PD l’ultimo baluardo politico strutturato sul territorio. Stucchevole la liturgia, prolisse le analisi, planetarie le sintesi. Curiale pure l’atteggiamento di voler tenere per forza tutti dentro il recinto. O in lista in caso di elezioni. Tutto vetusto, però funzionava. Altroché se funzionava. Adesso invece hanno mandato tutto a puttane. Con la scusa della velocità e delle decisioni da dover prendere per forza, hanno prima svuotato poi azzerato un intero partito. Rottamando con compiacimento quei pochi che avevano esperienza e di politica, un po' ci capivano. Li hanno sostituiti tutti con uomini e donne davvero mediocri ed impreparati. Emblema ne è il segretario provinciale del Partito Democratico, Novelli e tutta la sua Direzione (cioè tutto il fior fiore dell’intelligenza, della strategia, della capacità di analisi e infine di tattica). A due giorni dalle elezioni, dalle pagine dei giornali, danno malamente, lo sfratto al presidente della Provincia, Petttinari. Aggiungono, inoltre, che come partito rivendicano la prossima presidenza della provincia per un loro sindaco e, al momento opportuno, presenteranno una lista di centrosinistra. Finisce che le elezioni le perdono dovunque. In verità il segretario regionale Comi, con un comunicato ad hoc, redatto con la stessa enfasi con cui Enrico Toti lanciò la stampella all’invasore, rivendicherà all’ANSA di aver strappato addirittura Muccia al nemico. Muccia o meno, il PD adesso, a conti fatti, non ha più la maggioranza e far sloggiare Pettinari, con quelle premesse, francamente la vedo dura. Altra perla affidata ai giornali, mica solo ad un post su facebook, è quella della vicesegretaria Paola Castricini. L'alta dirigente politica esclude categoricamente che sulla disfatta di San Severino possano aver influito le scelte sulla sanità. La prova, secondo lei, sta nelle elezioni scorse di Recanati. Pure lì è stato penalizzato il locale ospedale, ma il PD ha vinto lo stesso. Ora, se già questi paragoni, uno te le dice a voce, tu ti incazzi perché non stanno assolutamente in piedi, ma se li leggi scritti sui giornali, conditi da tanta supponenza, vai proprio via di testa e rinunci a qualsiasi dialogo. Allora ti metti d’impegno a percularli all’infinito. O almeno finché non la smettono, sul serio, di prenderci in giro e trattarci tutti come deficienti.I contributi polemici, i così detti elementi critici, che provengono ogni tanto da qualcuno all’esterno, riguardano solo l’autenticità del tasso di renzismo. Che verrebbe da dire, ma affidatevi ad un expertise e non ci rompete le scatole dalle pagine dei giornali.Non c’è niente da fare sono proprio scarsi e la politica non fa per loro. La gente che non è scema ha capito e vota altrove. Dovunque, ma non loro. Ecco perché, nella maggior parte del territorio vincono le liste civiche.
Sono le 23.43 e in sala stampa arrivano i risultati della sezione n°6: Piermattei 164; Panicari 141; Cruciani 95; Borioni 71; Bompadre 62; Bianchi 15.I lampadari si trasformano improvvisamente in tanti ghiaccioli e dalla finestra aperta entra una raffica di blizzard. Qualcuno guarda impietrito il display dello smartphone che li annunciano. È un rapido susseguirsi di sguardi interrogativi, poi, come in automatico i presenti si attaccano ai telefonini ed a bassa voce comunicano all’interlocutore stupore e delusione. Eppure la serata era cominciata con l’entusiasmo contagioso di Panicari. Era sorridente e fiducioso e scherzava con gli amici davanti al Comune in attesa di conoscere i dati definitivi dell’affluenza. Però era anche prudente. Temeva che nelle frazioni potesse nascondersi qualche insidia. Alle 23.48 dicono che la Piermattei è avanti dappertutto. Dopo dieci minuti si dice che Panicari è in recupero. Poi, all’improvviso arriva il grosso. Sono dati ufficiosi ma sicuramente indicativi. Quando mancano tre sezioni da scrutinare Panicari è a quota 1263 e la Piermattei insegue a 1245. Cruciani è out. Solo a quota 768 tallonato da Borioni a 723. Mancano al conteggio entrambe le sezioni di Cesolo. In quel preciso istante il sentimento montante di delusione si trasforma in sconfitta. I sostenitori di Panicari abbandonano, in blocco, la sala stampa. L’ex sindaco Eusebi, ai microfoni parla della sconfitta peggiore negli ultimi 25 anni. Cruciani è tramortito. Sembra in preda di un attacco di logorrea: se la prende con gli elettori che non lo hanno capito, poi con la sinistra che si è rifiutata di votarlo. Quindi dichiara che era meglio fosse diventato sindaco Panicari, infine lascia intendere che forse si ritirerà addirittura dalla politica.Nel deserto della sala stampa si fa vedere solo il sindaco uscente Cesare Martini. Parla poco, ma gli sguardi sono eloquenti più di ogni altro discorso. Il Partito Democratico l’anno scorso non lo ha voluto in lista per le regionali. Faceva ombra a molti. Ma soprattutto se fosse stato eletto - e tremila voti di preferenza li avrebbe raccolti con tre giorni - avrebbe scombinato troppo i piani preordinati dall’alta nomenklatura. Martini, invece sta lì al suo posto. Assiste impotente alla disfatta in diretta whatsapp. Ogni tanto si allontana per parlare al telefono, sempre scuotendo la testa. Ha capito subito che in questa consiliatura non c’è posto per il PD. Non eleggono nessuno. Sulla porta incrocia Luca Cristini che lo apostrofa: “O Cesare, queste elezioni le ha vinte la Aronne da sola…” Alessandra Aronne ha fatto una lista tutta di centrosinistra, in completa autonomia. Distinta e distante dal PD. Si è rivelata la vera sorpresa. Porta a casa il 14.6 %. Il PD assieme agli alleati nazionali di governo solo un misero 16%. Se solo avessero avuto tre giorni in più di tempo li avrebbero superati. Alle ore 01.22 manca solo la sezione n° 12, quella di Cesolo ed anche i numeri ufficiali sono cambiati. La Piermattei è avanti. 1845 a 1661. Si aspetta solo la passerella finale della star. Che arriva puntuale, annunciata da un lungo applauso alle 01.45, attorniata da un consistente numero di sostenitori in T shirt bianca che la inneggiano a sindaco. Indossa un tailleur pantalone nero su una camicetta carta da zucchero. Non è provata. Non è nemmeno emozionata. Semplicemente sapeva che sarebbe andata a finire così e si è fatta trovare pronta. Pronta a sottoporsi al rito delle domande e delle foto. E sa cosa deve rispondere già prima della domanda. Il sindaco uscente, Martini la saluta e si congratula. Tra la meraviglia dei settempedani cala il sipario su queste elezioni comunali.Le ho volute seguire da vicino queste elezioni perché il fenomeno della Piermattei mi ha subito incuriosito e quindi sono andato ad osservarla sul posto. Negli incontri, dalle pagine dei social, dalle interviste sui giornali, dalla pubblicità elettorale. Insomma dovunque. Lei, tutto sommato non era granché. Poco preparata politicamente e con una conoscenza solo superficiale delle problematiche del territorio. Il tono di voce monotono e monocorde, non lasciava mai trasparire un sussulto di emozione, né di passione. Però aveva metodo e regole. E seguiva rigorosamente un copione prestabilito. E per ogni circostanza ne aveva uno diverso, ma adatto, appunto, per l’occasione. Ma soprattutto camminava e si muoveva sopra un vuoto politico enorme che chiedeva solo di essere riempito. I suoi avversari non sono riusciti a convincere i settempedani. Lei con il suo fare professionale li ha addirittura stupiti. Evidentemente si è affidata a professionisti. Tre sono state le sue parole d’ordine: personalizzazione, professionalizzazione e centralizzazione. Una volta scritta la sceneggiatura, ha trasformato San Severino in un set e ciascuno ha svolto il suo ruolo. Lei di protagonista assoluta, poi i comprimari, quindi i caratteristi e infine le comparse. Con tanto di buoni e cattivi. Il gesto della consegna dei fiori nella serata conclusiva ha suggellato la fiction. La suspense dell’attesa dei dati finali, quelli che definitivamente la incoronavano, proveniva proprio dalla frazione di Cesolo. Praticamente casa sua.Gli avversari, con le loro campagne elettorali solo a base di fave e pecorino non sono mai stati della partita. Poi erano troppo litigiosi. Corresponsabili dei mali precedenti dei quali reciprocamente e pubblicamente si incolpavano. Ogni giorno, in ogni dibattito offrivano alla cittadinanza un motivo in più per votare la Piermattei. Nel frattempo il suo staff elaborava tutti questi elementi e tarava meglio le cose da dire per il giorno successivo. Di giorno in giorno è stato costruito questo successo. A tavolino e senza nessuna improvvisazione. Con una professionalità ed una precisione chirurgica straordinaria. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e non è affatto escluso che si possa replicare non più in un piccolo centro di provincia, ma addirittura a livello nazionale. D’altra parte i ballon d’essai a questo servono.
“Libertà di migrare” è il titolo del nuovo libro di Valerio Calzolaio, scritto a quattro mani con Telmo Pievani. “Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così” è il sottotitolo. Uscirà in libreria martedì prossimo, edito da Einaudi, per la collana le Vele. Intanto nell'attesa monta la curiosità e già si annunciano autorevolissime recensioni.“Libertà di migrare” è un interessante ricerca sulle migrazioni nella storia dell’uomo, partendo da due milioni di anni fa. Da quando cioè comparvero sulla terra le prime specie umane. Sin da allora tutti i differenti progenitori dell’uomo hanno migrato. Perfino fuori dal loro continente originario che era quello africano. Il risultato di queste migrazioni e, attraverso di esse delle contaminazioni tra specie, è stato un arricchimento di tutte le popolazioni del pianeta, fino ad arrivare all’Homo Sapiens. Da lì in poi, le migrazioni sono avvenute da e per ogni continente. Affinando la capacità linguistico-comunicativa, l’uomo, pur rimanendo di un’unica specie si è differenziato in tante culture. Le migrazioni, secondo Calzolaio e Pievani, sono state un fattore stimolante all’evoluzione dell’intera umanità. Per questo motivo, soprattutto al giorno d’oggi, va garantita a tutti la libertà di migrare. Libertà, appunto e non diritto. Perché, se le parole sono importanti, nel libro c’è anche lessicalmente un chiaro distinguo tra i due termini. A ciascun uomo, infatti, prima della libertà di emigrare, andrebbe riconosciuto il diritto di restare nel proprio Paese. Al contrario, eventi come le guerre o cambiamenti climatici causati da altri uomini, spesso negano questo diritto di restare nella propria terra. Esiste, senza dubbio una palese e continuata violazione del loro diritto di restare.Il libro è breve (circa 140 pagine, al costo di 12 euro) ma intenso. Entrambi gli autori hanno voluto, attraverso questa ricerca, offrire il loro contributo affinché nell’animo dei lettori prendesse consistenza un atteggiamento più attento e competente riguardo al fenomeno delle migrazioni, che in questi ultimi tempi, sta diventando oggetto di pericolose, quanto ignoranti semplificazioni. La prima presentazione locale sarà a Civitanova Marche giovedì 16 giugno alle 18.00, a cura dell’ANPI, nella sala Consiliare del Comune.La libreria " La bottega del libro" in Corso della Repubblica a Macerata, ha invece organizzato per martedì 7, dalle 18,00 alle 20,00 un "firma copie" con lo stesso autore.Valerio Calzolaio ha sessanta anni ed è stato l’ultimo uomo politico che la provincia di Macerata abbia avuto al governo. Parlamentare di sinistra per quattro legislature, ha smesso di occuparsi di politica attiva dieci anni fa. Da allora ha ripreso i suoi studi e, talvolta, scrive gratis recensioni di libri. Dopo le odissee degli “Ecoprofughi” climatici ed ambientali, con questo libro approfondisce meglio il filone dei migranti.Telmo Pievani, classe 1970 è professore di filosofia delle scienze biologiche, oltre che di antropologia, presso l’Università di Padova ed ha scritto, su queste materie, numerose pubblicazioni.
Tra pochi giorni il segretario regionale del Partito Democratico, Francesco Comi si arrampicherà su per la scaletta di corda. Quindi salirà per venti metri, fino alla piattaforma più alta del tendone. Poi si lancerà dal trapezio ed in diretta eseguirà un triplo salto mortale. Sì, ma di quelli senza rete. Quelli che se vanno male non parte, in un’orgia di luci colorate, l’orchestrina con le trombe a festeggiare l’acrobazia. Al contrario, nel silenzio surreale, si spegne ogni più piccola lampadina e, non visti, entrano in scena i barellieri a portar via quello che resta dello sfortunato funambulo.E’ notizia di ieri che, in qualità di indagato per le così dette spese pazze in regione, Comi abbia scelto di affrontare il processo con il rito abbreviato. Non sarà giudicato dal tribunale, ma da un giudice monocratico. Si presenterà da solo, con le sole carte processuali e senza alcun testimone a sua difesa. Ha scelto questa linea di comune accordo con Marina Magistrelli, sua avvocata difensore. Una linea immediata e diretta che lo porterà dritto dritto alla condanna oppure all'archiviazione. Una terza possibilità, col rito abbreviato, non è prevista. Il tutto entro il 17 giugno, quindi nemmeno tra tre settimane.Poteva tranquillamente optare per le lungaggini burocratiche, Comi. Poteva scegliere la strada dei rinvii, dei legittimi impedimenti, dell’obiezione vostro onore. Poteva attendere che il processo si spiaggiasse come una balena morta nell'oblio mediatico. E che tutto l’ambaradan messo in piedi dall'accusa sarebbe stato inghiottito dalle fauci del dio Kronos, cadendo verosimilmente in prescrizione. Nel frattempo, magari sarebbero passati sei o sette anni e campa cavallo. Chi se ne sarebbe più ricordato?Sessantuno dei sessantasei indagati hanno scelto, del tutto legittimamente (sia ben chiaro), questa opzione. I codici e le procedure glielo consentono e loro possono avvalersi di questa facoltà.Invece Comi, il segretario regionale del PD, che di solito si muove nell'ombra ed in punta di piedi oppure sott'acqua come quei sommergibili silenziosi dei film d’avventura, ha scelto il colpo di teatro. Ha scelto di fare banco come farebbe James Bond al tavolo di chemin. Si gioca in un colpo, un colpo solo, tutta la sua carriera politica. Lui, da solo, davanti alla Legge. Di fronte ad una giudice: la dottoressa Zagoreo.Conosco molto bene Francesco e so quanto ogni sua decisione non sia mai dettata dall'emotività, dalla pancia. Al contrario lui ogni volta studia, elabora, calcola. Valuta pro e contro ed infine si muove, fosse anche come un treno. Ma sempre camminando sulle uova per tutto il percorso. E soprattutto lasciandosi sempre aperta ed a portata di mano un’uscita di sicurezza.Se questa volta ha scelto di lanciarsi senza rete è perché è sicuro di due cose: la prima è che sulla testa del segretario regionale del PD non può pendere la spada di Damocle di una eventuale condanna; la seconda è che è altrettanto sicuro di non aver commesso nessun illecito. E che non vede l’ora di chiudere definitivamente ed al più presto questo brutto capitolo. In questo è rafforzato anche della recente pronuncia, nei suoi confronti da parte della Corte dei Conti, che lo ha assolto da ogni addebito.D’altra parte le contestazioni che gli attribuiscono, i così detti capi d’accusa, sono relativi a pochi chilometri di rimborso.Avendolo conosciuto e frequentato per qualche anno posso dire quello che direbbero tutti coloro che per qualche ragione gli sono stati vicini. E cioè che le accuse nei suoi confronti sono risibili e campate per aria. Non a caso il sostituto procuratore nell'ultima udienza ha di molto ridimensionato tutta la vicenda delle spese pazze. Ma qui le mie e le altrui opinioni contano ben poco.Resta il fatto che la gazzarra mediatica e giustizialista che sta montando, assieme ad un ignoranza asinesca sempre più diffusa, costringe una persona onesta e rispettabile ad una sorta di roulette russa morale. Solo perché si occupa di politica. Ecco, volevo semplicemente dire che questo in un Paese civile è semplicemente inaccettabile.
Al giorno d’oggi fare politica richiede agilità e soprattutto velocità. Anche per questa ragione il presidente della provincia, Pettinari, si è schiantato in un frontale e si è ammaccato tre o quattro costole. Lo abbiamo visto sorridente dal suo letto di ospedale, finemente ornato dal vassoio d’ordinanza con tanto di panino e formaggino, mentre ci raccontava di aver rischiato addirittura la vita. La tempra dell’uomo è quella del vecchio democristiano e, conoscendo il genere, sono sicuro che si rimetterà presto. Nel frattempo, da qui porgo a Tonino, i miei sinceri auguri di pronta e sollecita guarigione.Il sindaco di Macerata, Romano Carancini, corre invece come un “freccia rossa”. La Maceratese lo ha tenuto con il freno a mano tirato, fino all’ultima giornata di campionato. Fosse andata in seria B per lui sarebbe stata una catastrofe: stadio da rifare daccapo, una viabilità da reinventarsi, l’opposizione che strillava. Insomma, un gran casino. Pare che di notte, un incubo ricorrente lo svegliasse all’improvviso proprio nel momento in cui la Tardella lo addentava ai polpacci, mentre correva per l’Helvia Recina. Dicono i maligni che, per grazia ricevuta, abbia percorso – nottetempo e scalzo – il tratto della Macerata-Loreto a piedi ed in solitudine.Superata però questa sua unica preoccupazione, ha ripreso a volare e lo trovi dovunque. Audacemente avvinghiato alla Autieri, oppure con una mucca chianina alla RACI, mentre ci si fa un selfie. Col casco da pilota alla 1000 miglia e poi di corsa a Porto Recanati a sostenere il candidato sindaco.Ma perché Pettinari e Carancini corrono rischiando vieppiù la vita?? Siccome tra pochi mesi ci sarà il rinnovo dell’amministrazione provinciale, sia pure con elezioni di secondo livello, credo che entrambi aspirino a diventare il futuro presidente della provincia. Pettinari, non avendo più alle spalle un partito, gioca la carta dell’efficientismo. Infatti si fa fotografare, nei cantieri, in galosce, prende misure, consulta carte, verifica livelle. Dietro di lui si muovono numerose ruspe, grossi camion asfaltano prati mentre dalla sua camicia slacciata spunta fuori il ciuffo di virili (ancorché canuti) peli. Carancini, in teoria, un partito ce l’avrebbe. Ma siccome sa che il Partito Democratico è diventato un facocero che tutto rumina e tutto digerisce (quindi anche la conferma di Pettinari), si deve mettere a giocare in proprio e crearsi le sue reti. Per questo corre come un dannato ed al tempo stesso sta cercando di creare un’immagine che raccolga consensi anche oltre le mura maceratesi.Tra i due, la questione non dovrebbe nemmeno porsi perché, a mio modesto avviso, Carancini avrebbe tutti i titoli e le carte in regola per guidare l’area vasta provinciale. È sindaco di un capoluogo, assieme a tutto il suo territorio, molto spesso trattato con scarso rispetto dalla Regione. Ha la capacità, l’autorevolezza e (passatemi il termine) pure la tigna necessaria per far sentire la sua voce. E molto spesso lo ha pure dimostrato con i risultati ottenuti.Pettinari, con tutto il rispetto, è uomo del secolo scorso e non può trasformarsi in una pertinenza dell’amministrazione provinciale, manco fosse una casa cantoniera qualsiasi. Ha fatto il suo corso ed il suo tempo. Il Partito Democratico dovrebbe ringraziarlo per l’impegno e l’abnegazione sin qui profusa, ma dovrebbe pure guardare avanti.Il punto è che dentro il PD troppi non perdonano ancora a Carancini di aver vinto le primarie, in città, avendo avuto contro tutto lo stato maggiore. Quella classe dirigente, che poi è la stessa di oggi, se avesse potuto avrebbe espulso il popolo colpevole di aver votato Carancini e non il loro uomo. Temo che, come da solito e consolidato copione, i veleni di quelle primarie emergeranno giusto in tempo per quella occasione e che da qui alle provinciali ne vedremo delle belle…
Stavo seguendo le ultime vicende relative alle polemiche sui parcheggi nel Comune di Tolentino e associavo questa situazione alla vecchia, ma famosa canzone dei Pooh “Uomini soli”.Vedo infatti molta solitudine e molta malinconia negli occhi degli amministratori comunali. Ben celata, si intende, a volte perfino brillantemente dissimulata. Ma in cuor loro, essi si sentono soli ed intimamente sconfitti. Rassegnati a dover mettere le mani in tasca ai cittadini, attraverso una detestabilissima tassa sul parcheggio, fanno affiorare ovunque tutto il loro nervosismo. Sanno perfettamente di aver torto, che la ragione alberga altrove, ma devono andare avanti lo stesso. Devono vincere quest’ultima battaglia sapendo di perdere definitivamente la guerra. Misteri profondi dell’animo umano ai quali mi inchino con deferente e silenzioso rispetto. Non mi taccio invece sui comportamenti di quattro esponenti di primissimo piano della maggioranza comunale. Il primo tra questi è il sindaco Pezzanesi.Dopo aver subito, solo due giorni prima, una manifestazione di piazza con più di cinquecento persone, Pezzanesi – fresco come una rosa di maggio – si è recato ad un raduno elettorale a San Severino per sostenere un candidato sindaco locale. Qui il Nostro ha raccontato tra lo sguardo incredulo dei presenti come i contestatori contrari alla di lui politica fossero per lo più suoi atavici nemici ideologici, quindi stranieri, infine aderenti ai centri sociali, e perfino qualche foreign fighters simpatizzante dell’ISIS. L’idea che vi fosse qualcuno che non voleva pagare una odiosa tassa sul parcheggio non l’ha neppure sfiorato. Per dire di che pasta è fatto l’uomo.A seguire va registrata la posizione dell’assessora al Bilancio Luconi, a dimostrazione che la maggioranza è composta non solo da uomini, ma anche da donne sole. In una nota diffusa alla stampa la giovane titolare del portafoglio della città ci spiega, assieme a concetti elementari e fanciulleschi che manco la Vispa Teresa, come la politica generi mostri. Sì, proprio essa politica tout court e non la lotta politica o la battaglia politica. Il buon Goya, attraverso un famoso disegno tentò di affermare che fosse il sonno della ragione a generare mostri. La Luconi osa di più e alza l’asticella. Mi piego deferente davanti a tanta faccia tosta e invito tutti a genuflettersi al suo cospetto. Ci vuole davvero grande coraggio ad affermare nero su bianco un concetto del genere. Soprattutto se un uomo come Paolo VI, solo un paio di decenni fa definì la politica come la “più alta forma di carità”.Ma andiamo avanti e dopo la giunta passiamo ai consiglieri comunali. Il consigliere del Gruppo Misto, ex Forza Italia, Antonio Trombetta, ha pensato bene di vergare un comunicato stampa così da diffondere all’urbe e all’orbe il suo acutissimo pensiero. Ma prima bisogna spiegare bene l’antefatto. In un gruppo tematico di un famoso social network, contrario ai parcheggi a pagamento, viene rilanciato un post in cui lo stesso Trombetta afferma il seguente concetto: “è bello vedere delle zecche rosse nullafacenti farti lo screening su quello che scrivi…” La definizione tutt’altro che sportiva di zecche rosse ha fatto infuriare i più e dalla pagina del social network ne è scaturito un profluvio di polemiche. Chi si aspettava da Trombetta parole di scuse o contrizione è rimasto deluso perché egli se l’è presa non già con sé stesso, ma con chi furtivamente estrapola le sue pagine personali sui social e le utilizzano a loro piacimento (sic!). Il Trombetta, secondo lui medesimo, avrebbe tutto il diritto di apostrofare gli altri come zecche rosse, ma guai se gli altri dovessero andare a sbirciare sul suo profilo facebook. Mi auguro almeno che qualcuno gli faccia uno 'spiegone' di come funzionino le impostazioni di privacy nei social network, così da evitargli per una prossima volta un’altra figuraccia. Sul merito del suo pensiero (si fa per dire…) non nutro speranza alcuna e evito di perderci tempo.Chiude infine la giostra il capogruppo della Lega Nord Giuseppe Cicconi il quale ha ritenuto di vitale importanza far sapere a tutta la cittadinanza di “aver fatto un commento contro le zecche rosse, persone cioè in grado di insultare a basta senza confrontarsi civilmente”. Peggio di questa c’è solo la seguente barzelletta: "non sono io ad essere razzista, sono loro che sono negri”. Ecco, diciamo che Cicconi l’ha ampiamente superata.Con queste quattro punte di lancia di cui ho appena riferito le recentissime gesta, l’amministrazione comunale di Tolentino si accinge ad approvare un piano parcheggi lacrime e sangue dalla durata di almeno un quarto di secolo. Poi, verosimilmente, sui cinque anni dell’amministrazione Pezzanesi calerà la tela. Lenta. Implacabile. Inesorabile. Se li prendi singolarmente tutti sanno che andrà a finire così. Se invece li affronti in gruppo, il gruppo si trasforma in una muta pronta ad aggredire e sbranare l’estraneo o chi dal branco prende le distanze. Le vicende accadute a Mauro Sclavi ne sono la dimostrazione lampante. Questa maggioranza che si è fatta muta da caccia, è in realtà composta da uomini e donne sole. Loro malgrado…
Sembrava che la manifestazione della settimana scorsa, a favore dell’ospedale di San Severino, avesse riscosso un ottimo successo. Invece essa ha innescato vive e vibranti polemiche sul versante dell’informazione. Il coordinatore regionale di Forza Italia, il senatore Remigio Ceroni, attraverso la sua pagina facebook, ha manifestato tutte le sue doglianze nei confronti di RAI 3 Marche (sic!).La colpa dell’emittente televisiva di Stato, nel caso specifico, sarebbe stata quella di aver tagliato da ogni ripresa la sua persona che, viceversa era vieppiù presente tra quella moltitudine di gente protestante. Ciò a dimostrazione del fatto di quanto empi e reprobi siano i giornalisti del servizio pubblico. Comprensibile e legittimo lo sfogo del parlamentare. Ma come, un povero Cristo parte da Rapagnano, passa praticamente il sabato pomeriggio tra automobile e manifestazione e la Rai non manda in onda nemmeno un fotogramma che sia uno della sua partecipazione? Privato dall’appagamento di apparire sui teleschermi, e con un viaggio andato a vuoto, sento di esprimere la mia completa vicinanza e solidarietà al senatore Ceroni. Volendo però essere pignoli e puntuali, va segnalato ad onor del vero, che la manifestazione era stata programmata ed organizzata da alcune giovani mamme del posto. I più fiscali potranno quindi obiettare che non essendo Ceroni né giovane e nemmeno mamma, non aveva i titoli per apparire in video. Ma questa argomentazione risulterebbe faziosa e speciosa anche nei più malfamati bar di Caracas.Fatto sta che dopo la denuncia del senatore Ceroni l’intera nazione è precipitata dal 73esimo al 77esimo posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa, sotto l’Armenia e pure il Nicaragua. Quello che invece ci rassicura è sapere dalla viva voce del senatore Ceroni che, nonostante i sabotaggi che l’informazione reazionaria metterà in campo, lui c’è e ci sarà sempre. Dove non si capisce bene (presumo ad ogni manifestazione o corteo o sit- in di protesta), però lui ci sarà. Buon per noi e cavoli amari per i sui infidi detrattori. Infatti, dietro quelle grisaglie che solitamente indossa, dietro l’aria curiale e l’eloquio da omelia funebre che lo caratterizza, si nasconde un combattente da guerriglia che manco il subcomandante Marcos. Non a caso è soprannominato il Che della Faleria. Anzi il Cè, dall’abbreviazione del suo cognome. E noi, dopo averlo eletto come incontrastato leader maximo, lo seguiremo - perinde ac cadaver – ovunque. Saremo al suo fianco nei cortei per difendere ogni piccolo reparto del più sperduto nosocomio della regione. Nei sit-in contro le varie casse integrazioni e contro ogni privatizzazione. L’importante è che ci siano dieci, cento, mille telecamere che possano riprendere il Cè da ogni angolazione e quindi mandarlo in onda da ogni emittente: sia pubblica che privata. Perché quello che conta oggi è essere riconosciuto dai propri simili. Ma non nel senso del riconoscimento come stima o premio, bensì in quello più banale per cui, vedendoti per strada, gli altri possano dire: "guarda, è proprio lui". Il valore predominante è diventato l'apparire, e il modo più sicuro è apparire in televisione.Il senatore Ceroni lo sa bene, per questo ci tiene tanto ad apparire in TV…
Non so voi, ma io con queste elezioni comunali alle porte mi sto divertendo come un pazzo. E non lo dico in senso dispregiativo. Mi diverto perché cerco di analizzare attentamente tutte le dinamiche. Mi sforzo di inseguire un disegno politico complessivo. Tento di mettermi nei panni del candidato e quindi in quello dell’elettore. Provo a registrare dichiarazioni e comportamenti. Insomma un gran bel passatempo se non fosse che poi si tratterebbe gestire una città per i prossimi cinque anni e di ipotecare il futuro delle loro comunità.Prendiamo il caso di San Severino e Porto Recanati. Entrambe si apprestano al rinnovo delle cariche amministrative ed entrambe fanno intorno ai 12 mila abitanti. A San Severino, se tutte le indiscrezioni saranno confermate, correranno cinque liste: una di centrodestra pressoché unito, una civica apartitica, una del Movimento 5 Stelle, una di sinistra ed una di centro-sinistra. Interessanti le singolari curiosità che la politica locale propone ai propri concittadini in questa sfida elettorale. Il candidato sindaco di centrodestra, Massimo Panicari, è stato assessore nella prima giunta a guida Martini di centrosinistra. Il candidato sindaco del Movimento 5 Stelle, Mauro Bompadre, fino a pochi anni fa era il coordinatore comunale di Forza Italia. Il candidato sindaco del centro- sinistra, Pietro Cruciani, attualmente è consigliere provinciale di Forza Italia. Intanto rilevo subito che cinque liste è qualcosa di abnorme per una città di piccole dimensioni. E già questo dovrebbe suonare come un brutto campanello di allarme non solo per la classe dirigente del posto, ma anche e soprattutto per il livello provinciale dei partiti che essi rappresentano. Poi ci sono gli intrecci o addirittura i cambi di casacca che – se possibile - complicano ancora di più il quadro. Appena cinque anni fa i voti validi furono solo 7611, appena il 63% degli aventi diritto. Staremo a vedere quanti saranno il 5 giugno.A Porto Recanati, sempre che le notizie saranno confermate, la situazione in fatto di liste è la stessa: viaggiamo sulle cinque o sei. Ma di patologico c’è da registrare lo psicodramma del centrodestra che come una maionese impazzita si è frantumato sotto i colpi improvvisi della Lega Nord. Ma andiamo con ordine. Già da un mese tutto il centrodestra aveva chiuso un accordo politico sia sul programma che sul candidato sindaco. Si apprestavano solo quindi ad aspettare il risultato elettorale che li avrebbe visti sicuramente vincenti, se non altro perché tutti gli altri si erano divisi. Infatti lo stesso Salvini pochi giorni fa era venuto a tessere le lodi dell’accordo. Porto Recanati, va detto, è la città di elezione della consigliera regionale di Fratelli d’Italia, Elena Leonardi. Senonché all’improvviso e per ragioni di mera rappresaglia, piomba sulla città Luca Paolini, segretario della Lega Nord e butta all’aria tutto. Anzi, dalla sua pagina di facebook, candida direttamente la stessa Leonardi a sindaco in una lista (un’altra…) di Fratelli d’Italia e Lega Nord, manco lei fosse una qualunque sguattera del Guatemala. La Leonardi non solo non si arrabbia e non tratta Paolini come meriterebbe, ma si accuccia buona, buona alla linea di via Bellerio, in Milano. A Costituzione vigente ciascuno è libero di farsi trattare a pesci in faccia come vuole, ma se questo qualcuno è un personaggio pubblico, qualcun altro ha il dovere di segnalarne l’inconsistenza politica e la profonda inadeguatezza al ruolo che ricopre. Ed io, modestamente, sto qui per questo...Analizzato questo caso la riflessione da fare sarebbe la seguente: quali contromisure hanno i partiti per affrontare le scorribande piratesche che in mezzora possono mettere a ferro e fuoco un’intera cittadina senza nessuno che possa dire né ai, né bai?In entrambi i casi ho fatto ottimisticamente riferimento ai partiti politici e ho dato per scontato l’esistenza di essi, non solo come ideologia, ma anche come organizzazione. Temo però che essi partiti (o quel che di loro resta) abbiano espressamente rinunciato al loro ruolo preferendo quello di comitato elettorale occasionale. Dicono che le ideologie sono superate, come lo sono i concetti di destra e sinistra. Fossi un pedante professore di storia replicherei che la Repubblica di Weimar è nata in questo brodo di coltura, ma siccome sono solo uno che registra solo i fatti di cronaca mi limito a dire che senza ideologia e senza partiti ben organizzati si va solo incontro a penosi trasformismi o a subire, inermi, l’arrembaggio di qualche pirata.
E’ troppo presto per trarre qualsiasi conclusione sulle indagini relativa alla sanità regionale. Non è il momento e soprattutto non è mia intenzione entrare nella girandola di dichiarazioni affidate a questo o quell’altro avvocato. D’altra parte, in circostanze come queste, è giusto che ciascuno faccia bene il suo lavoro e che l’oggettività venga al più presto a galla per il bene di tutti. Se spetterà ai giudici a stabilire quale sia la verità, noi sin da adesso una riflessione seria e spietata la possiamo fare tranquillamente. Sia pure con un groppo in gola.Ieri scrivevamo la terribile notizia che proveniva dall’entroterra sull’ennesimo sfortunato che, a causa della crisi, dopo aver perso il lavoro ed il suo unico reddito, si è tolto la vita. Un dramma umano incomparabile che si è consumato sotto gli occhi di una piccola comunità inerme. Una fetta di società lontana dai riflettori che contano e per questo sicuramente impreparata a percepire ed affrontare un disagio così grande. Eppure, sempre ieri, nell’ambito delle prime indiscrezioni sull’inchiesta nella sanità abbiamo appreso che forse un altissimo dirigente sanitario andava, assieme alla sua famiglia, in vacanza a Ponza gratis. A spese cioè – stando alle ricostruzioni dell’accusa – di una società che avrebbe beneficiato dei favori di questi manager pubblici indagati.C’è un abisso profondo. Un pozzo buio e nero che ci risucchia e ci toglie il fiato mentre precipitiamo dentro di esso, quando il nostro pensiero si ferma davanti a questi due fotogrammi: il povero e disperato che si toglie la vita, ed il manager strapagato che va in vacanza a scrocco in una località esclusiva.In mezzo, tra questi due mondi distantissimi ed incomunicabili, c’è la politica. Quella che, in teoria, dovrebbe annullare le differenze e, in nome dei sacri principi costituzionali, accorciare anche le distanze sociali. Quella che dovrebbe aiutare i deboli, i drop-out, chiedendo, per questo, uno sforzo in più agli abbienti ed ai fortunati.La politica: quella che in cinque minuti e con una semplice delibera, nomina i manager. Ma che al tempo stesso, nonostante i millanta convegni e le ridondanti parole autocelebrative, non è capace di salvare nemmeno la dignità della persona umana.Ieri, mentre nel capoluogo la politica maceratese si autocelebrava, assieme alla politica regionale, dai palchi lucidi e splendenti dell’ennesimo circo mediatico, abbiamo dovuto registrare queste amare circostanze e comunicare a voi questa malinconiche riflessioni.
Solo qualche giorno fa un celebre quotidiano locale impegnava la bellezza di mezza pagina e ben sei colonne per informare i propri lettori sulla solitudine politica del segretario regionale del Partito Democratico, Francesco Comi. Ivi si narrava che contrariamente a Ceriscioli e tutte le sue truppe allocate in Regione, Comi aveva sposato la tesi di Renzi, cioè l’astensione. Questa divergenza di opinioni meritava un titolo a tutta pagina con l’indicazione sicura e perentoria che dava per certo ed irreversibile l’isolamento di Comi dal partito che egli stesso guida.Ad urne chiuse il risultato vero è che la giunta regionale, che ha promosso e sponsorizzato il sì al referendum, ha fatto uno dei fiaschi più grossi dal dopoguerra in poi e Comi standosene comodamente seduto a casa, si è intestato una vittoria che di suo non ha niente. Anzi, spernacchiati da Renzi stesso, sono stati proprio i vertici delle regioni promotrici (quindi anche le Marche) ed in più accusati di dilapidare soldi pubblici inutilmente. La risposta della giunta no triv marchigiana, al premier, deve ancora arrivare. La attendiamo non proprio fiduciosi, ma la attendiamo. Anzi, casomai qualcuno di loro avesse un sussulto di orgoglio e dignità, gli suggerisco di far notare a Renzi che è stato lui e non le regioni a non voler accorpare il referendum con le amministrative. Quindi a sprecare inutilmente soldi pubblici.Mentre Comi sotto, sotto se la ride di gusto, per il presidentissimo Ceriscioli si sta avvicinando il traguardo del primo anno di governo, e in quella occasione dovrebbe redigere le pagelle ai suoi assessori. In attesa del giudizio sui suoi colleghi, io personalmente gli attribuisco un 3 meno. Finora non ha combinato granché e le poche cose fatte le ha solo pasticciate. La riforma sanitaria, nel merito è solo un gran casino senza capo né coda. Nella forma non è stato capace di spiegarla nemmeno ai suoi e, qualche volta è dovuto tornare sui suoi passi, nonostante avesse affermato il contrario. Se venti consigli comunali avessero proposto il referendum sulla sanità, Ceriscioli sarebbe stato battuto direttamente dai cittadini marchigiani. Un gran peccato non averlo fatto. Di questi tempi, non tira buona aria non solo per lui, ma per l’intero clan dei pesaresi. La notizia bomba è che il clan dei pesaresi è stato trivellato a casa sua con dei referendum molto più piccoli e meno importanti. Un notissimo esponente di questo Clan è Matteo Ricci, attuale sindaco di Pesaro e principale sponsor di Ceriscioli. Di solito lo potete trovare nei talkshow, in TV a discettare di tutto. Dai flussi migratori, alle crisi bancarie ha sempre una soluzione in tasca per ogni cosa. Ogni volta che sento le sue intelligenti e dottissime spiegazioni mi batto la mano in fronte ed esclamo: “ma certo, è proprio così, ma come ho fatto a non pensarci prima??” Al diavolo le ideologie del Novecento, si sono detti i due compari. Quando si tratta di avere soldi da gestire hanno idee chiare e concordanti e soprattutto non guardano in faccia nessuno. Sia che si tratti di privatizzare la sanità, sia che si tratti di incorporare comuni a distanza di venti chilometri uno dall’altro. Unioni innaturali? Ma chissenefrega, deve essere stata la risposta, qui ci danno un sacco di soldoni. Qualche elemosina la faremo al comunello appena acquistato, mentre il grosso del bottino ce lo teniamo noi. Sembrava tutto fatto senonché i cittadini dei due comunelli (Mombaroccio e Tavoleto) si sono messi di traverso e, con il referendum consultivo hanno bocciato la fusione. E con essa, almeno per adesso, i sogni del Clan. Il punto dove voglio arrivare è questo: quando qualcuno, in un solo giorno, prende due gran palate sulla bocca in meno di mezzora – una proprio dentro casa e l’altra appena sul cortile - dovrebbe mettersi da una parte per un po' e riflettere su dove e come abbia sbagliato. Una volta, ma nemmeno troppi anni fa, un partito serio ed autorevole si comportava così. Ci si riuniva, si analizzavano i fatti, si riscontravano i numeri e poi si prendevano decisioni anche dolorose per qualcuno, ma utili per lo stesso partito e per l’intera collettività. Questi qui, invece, non solo a consuntivo perdono su tutti i fronti, ma hanno anche la faccia tosta di intimidire, tramite la stampa, chi non si allinea a loro.Cacciateli via, prima che sia troppo tardi….
Quod est dignitas? È questa la domanda ricorrente che negli ultimissimi giorni sta arrovellando tutti i cittadini di Tolentino. Che cos’è, appunto la dignità?Di questo sostantivo femminile si sta facendo uso ed abuso in consiglio comunale e nei numerosi comunicati stampa che vengono quotidianamente vergati dai principali esponenti politici della città. Il dizionario Devoto Oli, così la rappresenta: “il rispetto che l’uomo, conscio del proprio valore sul piano morale, deve sottolineare nei propri confronti ed imporre agli altri, mediante un comportamento ed un contegno adeguati.” È una brutta storia quella dei nuovi parcheggi di Tolentino.C’è la convocazione straordinaria del consiglio comunale per autorizzare la concessione, dalla durata di 25 anni. Sono previsti aumenti (da 500 a 1500) dei posti a pagamento. Sono previste coperture d’orario più restrittive in alcuni spazi, mentre in altri addirittura la sosta sarà a titolo oneroso 24 ore su 24. Poi c’è la massima urgenza di deliberare. I maligni dicono che la corsa contro il tempo sia suggerita solo per non incappare nel nuovo codice degli appalti, predisposto dall’autorità anti corruzione, che presto entrerà in vigore. Le opposizioni hanno quantificato un guadagno per il gestore di 800mila euro l’anno. Venti milioni alla fine del contratto venticinquennale, a fronte di una spesa di appena due milioni di euro per qualche lavoretto. Infine ci sono fratture insanabili pure tra parenti stretti all’interno della maggioranza consiliare. E qui entra in ballo la dignità.Il primo ad evocarla è stato il presidente del consiglio comunale Mauro Sclavi, cugino del sindaco Pezzanesi. Sclavi, non solo ha votato contro la proposta della sua giunta, ma nella sua dichiarazione di voto ha affermato che “una volta che uno si è giocata la dignità, lo ha fatto per sempre. Io non voglio giocarmi la mia dignità votando questo atto”. Pietre, più che parole. Pietre che sono franate in testa al sindaco e alla sua giunta. La risposta del sindaco non si è fatta attendere. In un comunicato stampa, Pezzanesi chiede a suo cugino di dimettersi. “Se si fa riferimento alla dignità forse per coerenza, per rispetto alla stessa, Sclavi farebbe meglio a dimettersi visto che, da quanto ci sembra di capire, non si riconosce più nelle scelte che questa Amministrazione con coraggio e lungimiranza sta concretizzando”.Pezzanesi, insomma, ne fa solo una questione di disciplina di gruppo. Ma liquidarla così è troppo semplice e non convince nessuno. Poco più di pannicello caldo che per un’ora al massimo, occupa i titoli di qualche giornale, ma che non scioglie i troppi nodi della questione: perché Mauro Sclavi, presidente del consiglio comunale di Tolentino, nonché stretto parente del sindaco Pezzanesi fa questa dura, ma al tempo stesso coraggiosa affermazione dall’alto del suo scranno? Perché Sclavi antepone la sua dignità alle logiche politiche di maggioranza e al suo ruolo di amministratore pubblico? Perché, poi le proposte nel consiglio comunale di Tolentino vengono sempre inserite all’ultimo momento come nel caso della fusione con Camporotondo? Perché, tornando ai parcheggi, non si aspetta che entri in vigore il nuovo codice degli appalti con le nuove normative, fortemente volute da Cantone? E perché ad un anno dalle elezioni, la maggioranza si va ad impelagare su di un progetto che prevede il triplicare dei parcheggi a pagamento, facendo infuriare tutta la cittadinanza, mettendo verosimilmente a rischio la sua stessa rielezione?Ecco, ci piacerebbe che il sindaco Pezzanesi rispondesse semplicemente a queste domande e facesse per sempre chiarezza sulla necessità di queste procedure urgenti ed indifferibili.Ne va della dignità di tutti…
Questa mattina, gli agenti della Squadra Anticrimine del Commissariato di Polizia di Civitanova Marche, hanno rintracciato nel posto di lavoro, un corriere espresso di 48 anni residente in città, nei confronti del quale è stata data esecuzione ad un provvedimento coercitivo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma.In ottemperanza a quanto disposto dal provvedimento infatti, l’uomo è stato accompagnato presso il carcere di Camerino dovendo scontare la pena di tre anni di reclusione e una multa di euro 2.700, oltre alle pene accessorie, per il cumulo di pene relative alla commissione di reati continuati contro il patrimonio tra i quali in reato di ricettazione.
Già alla fine di gennaio, avevo già affrontato l’argomento aeroporto (leggi qui), ma in questi ultimi giorni debbo aggiornarvi sugli ultimi, interessanti sviluppi.Il primo è che i sindacati sono in stato di agitazione in quanto - a detta loro - i lavoratori di Aerdorica non hanno ricevuto nemmeno lo stipendio di febbraio. La seconda è che la società che gestisce l’aeroporto di Rimini, una volta assicuratasi la gestione trentennale dello scalo aereo romagnolo, ha dato mandato ai suoi legali di denunciare presso il commissario europeo alla concorrenza, i finanziamenti erogati dalla Regione Marche ad Aerdorica SpA (1.1 milioni di euro nel 2014 e 3 milioni nel 2015). Secondo loro questi soldi sarebbero un aiuto di Stato, quindi violerebbero le regole della concorrenza. A titolo di cronaca aggiungo che nel febbraio scorso la giunta regionale ha stanziato altri tre milioni di euro perché secondo il parere dell’assessora competente (si fa per dire…), Anna Casini, il piano industriale di Aerdorica "si sta costruendo e il cda sta lavorando bene". Pare però che questi tre milioni servano tutti per onorare gli stipendi arretrati ed i relativi contributi previdenziali. Questi soldi, sottratti al piano rurale, sono stati congelati in attesa del definitivo pronunciamento di Bruxelles.Pesa però come un macigno la sentenza 179/2015 della Corte Costituzionale in cui la Consulta aveva dichiarato illegittima la norma con cui la Regione Marche aveva inserito nel bilancio 2014 un contributo straordinario, appunto, di 1,1 milioni. Come se ciò non bastasse, va aggiunto il parere del ministro del Rio che rispondendo in commissione ad una interrogazione dell’onorevole riminese Arlotti (PD) ha dichiarato che “gli interventi di natura economico-finanziaria previsti dalla legge della Regione Marche si potrebbero configurare, alla luce delle norme europee, come un illegittimo aiuto di stato.” Manca ancora, in questo quadro più che preoccupante, la ciliegina sulla torta: il bilancio del 2016 deve necessariamente chiudere almeno in pareggio, altrimenti l’ENAC, l’autorità di controllo dell’aviazione civile, ritirerà ogni concessione ad Aerdordica. Cosicché, la regione Marche sarà verosimilmente costretta a trasformare le piste del Raffaello Sanzio in circuiti per i go-kart. Della partnership con i russi di Novaport non si sente più parlare. Anzi sembra che questa ipotesi, per la quale era stato espressamente cooptato in cda l’attuale amministratore delegato Andrea Del Vecchio, sia definitivamente sfumata.Trapela qualche indiscrezione, nonostante le bocche cucite dei ben informati sull’interessamento da parte di un tour operator di Pesaro, ma sono, appunto, voci non verificate. Le indicazioni sullo stato dello scalo anconetano ciascuno le può tranquillamente reperire sulla pagina facebook dell’aeroporto delle Marche. Le recensioni sono tutt’altro che incoraggianti: si va dai servizi igienici sporchi, al bar molto spesso chiuso, all’assenza di una rete wi fi, fino ai pochi voli fruibili. Una volta fissato questo quadro, resta da incorniciare la risposta del presidente di Aerdorica, Catraro. Interrogato dai giornalisti a proposito della denuncia dei riminesi, egli ha così risposto: “La denuncia di Aeriminum? Significa che sono preoccupati perché stiamo lavorando bene.” In estrema sintesi: ci sono circa ottanta milioni di debito, devono ancora pagare gli arretrati degli stipendi ai lavoratori, non c’è ancora un piano industriale, c’è una denuncia per infrazione alle norme sulla concorrenza, non si trova un privato che tiri fuori dei gran soldoni, ed entro il 2016 il bilancio deve chiudere in pareggio. Tuttavia loro stanno tranquilli perché affermano che stanno lavorando bene. Nel frattempo che arrivino straordinari risultati che in un colpo solo rovescino questo andazzo, per parte mia invito i consiglieri regionali ad approfondire meglio la situazione e studiare attentamente questo dossier.
Mi sono fatto persuaso che a Civitanova qualcosa di grosso stia bollendo in pentola.Era, fino a poco tempo fa, solo una sensazione, ma ultimamente sto raccogliendo sempre più indizi che vanno in questa direzione. Troppa attività politica sospetta, troppo attivismo fuori luogo. Il fatto è che tra un anno c’è il rinnovo dell’amministrazione comunale e se uno volesse far fuori il sindaco bisogna cominciare a cucinarlo sin da subito. Un sindaco sgradito ai suoi si cucina così: lo si mette in una casseruola con del vino rosso, lo si fa rosolare a fuoco lento, di tanto in tanto gli si dà una piccata con la forchetta, infine si aggiunge sale e peperoncino abbondante sui buchi finché non diventi stracotto a puntino. Quindi si serve sulla piazza, che schifata lo respinge, chiedendo a gran voce un altro piatto. Ivo Costamagna ultimamente è l’uomo più iperattivo di Civitanova. In questa stagione ove tradizionalmente tutti prediligono la calma ed il riposo, lui effettua dichiarazioni a raffica. Non solo: bacchetta alleati e blandisce avversari, redarguisce manager, sanziona colleghi, invita alla pace e dichiara guerre. Insomma la sua capacità di azione, misurata in Watt, produrrebbe energia capace di illuminare, di notte, l’intero quartiere di san Marone. Ivo Costamagna è stato l’artefice della lista Uniti per Civitanova, un gruppo di persone che ambivano al rinnovamento della società e della classe dirigente. Lui, che ha cominciato a far politica ai tempi di Annibal Caro, si è messo capolista e si è dato questo arduo quanto ambizioso obiettivo. Appena vinte le elezioni sono cominciati i guai e le divisioni interne. Se qualcuno reclamava ruoli operativi in giunta per incidere nella politica locale, lui preferiva occupare i vertici delle partecipate (tradizionale serbatoio di voti). Un duro scontro sotterraneo che ha portato anche a clamorosi annunci di dimissioni.Segreti ai cronisti, ma noti agli addetti ai lavori i protagonisti. Tutto, infatti, qualche tempo fa si svolgeva in gran segreto. Oggidì, invece, le beghe, una volta ignote ai più, vengono regolate a suon di reciproci comunicati stampa. Anche gli ammiccamenti verso l’opposizione oggi sono visibili a tutti. Dice Costamagna, infatti, che in quel di Civitanova bisogna creare un argine alla pericolosa deriva estremista che si profila all’orizzonte. Con chi ce l’ha non si capisce bene, ma se riesco ancora ad afferrare qualcosa, realizzo che lo stesso sindaco Corvatta, storicamente proviene da quella deriva estremista che Re Ivo pericolosamente teme. Quindi Costamagna, per adesso sta cercando di allargare gli orizzonti e contemporaneamente sta mettendo in torsione il suo stesso gruppo che – ma solo per coincidenza – è pure lo stesso del sindaco. Ora, siccome dall’altra parte, cioè nel centrodestra non c’è più niente e verosimilmente presenteranno una mezza dozzina di liste tra loro concorrenti, non solo tutto questo è possibile, ma è pure agevolmente praticabile. Ovviamente a domanda precisa, Costamagna giurerà e spergiurerà sulla sua personale ed assoluta fedeltà al sindaco Corvatta. Ma in tutto questo attivismo, risuona all’orecchio l’assordante silenzio del locale Partito Democratico. Ma come, ad un anno dalle elezioni, il secondo gruppo consiliare entra in pericolosa fibrillazione e nessuno muove un dito o non dice una parola? No, non mi persuade. Mi porta invece a pensare che considerata, almeno fino ad oggi, la decisiva assenza di uno schieramento alternativo, la maggioranza sia legittimata a praticare qualsiasi operazione. Non ultima quella di scaricare Corvatta, che talvolta non si è prestato ai loro desideri, per lanciare in campo l’ennesimo uomo nuovo. Anche a costo di portare a votare solo il trenta per cento degli elettori. Per cui mi raccomando: tenete d’occhio a quello che succede a Civitanova…
Il lungo strascico di polemiche che è seguito all’improvvisa decisione di annullare il tappone della Tirreno-Adriatico, mi ha fatto molto riflettere.In attesa che Nero Wolfe risolva l’inestricabile enigma, per parte mia provo a buttare lì un’ipotesi più che attendibile, ma impronunciabile perché politicamente scorretta. In estrema sintesi la mia ipotesi sarebbe questa: gli amministratori locali del territorio non si sono rivelati per niente affidabili. Ospitare un evento di dimensioni internazionali fa gola a tutti e ciascuno fa carte false per un arrivo o una partenza di tappa. Si fa passerella con la fascia tricolore, si sale sul palco con familiari ed amici. Le proprie immagini scorrono nelle TV nazionali, si postano selfie sui social network. In breve una bella campagna elettorale a gratis. Però quando bisogna mettere a disposizione dell’organizzazione mezzi, uomini e soprattutto tanti quattrini, si piange miseria. Al massimo possono offrire una dozzina di ciauscoli, mezza damigiana di verdicchio e sei forme di pecorino per l’irrinunciabile rinfresco. Temo che l’organizzazione se ne sia accorta e per evitare che, in caso di una repentina nevicata, i poveri ciclisti rimanessero sepolti alla mercé del gelo e della fame - manco fossero soldati in ritirata dalla campagna di Russia - hanno preferito cancellare l’evento.Ora, questa mia riflessione non si è fermata a questo episodio, perché in precedenza, avevo avuto ampio margine di sicurezza nel convincermi della mediocrità di questi amministratori. La prova regina me l’ha data la vicenda della fusione tra il comune di Tolentino e quello di Camporotondo. I fatti si svolgono più o meno così: i due sindaci si incontrano (presumo al bar per l’aperitivo) e decidono, manco i due Comuni fossero roba loro, che Tolentino incorporerà Camporotondo. Va precisato che in caso di unioni o fusioni di comuni la legge prevede ingenti risorse e benefit niente affatto trascurabili. Verosimilmente i due sindaci si stringono la mano (più o meno come si faceva una volta nelle tante fiere di animali da cortile) e l’affare è fatto. Nel consiglio comunale di Camporotondo fila tutto liscio con tanto di applausi degli astanti. Viceversa a Tolentino, in pieno consiglio comunale, succede Casamicciola. Intanto va registrato lo sgomento e lo stupore della maggior parte dei consiglieri quando all’ordine del giorno leggono l’indizione del referendum consultivo per approvare questa improvvisa fusione. Ma la parte drammatica (o comica, fate voi…) arriva quando il Sindaco e la maggioranza scoprono che nello Statuto comunale il referendum consultivo può essere indetto solo con la maggioranza qualificata dei due terzi. Alla maggioranza manca un voto. Vano il tentativo di ricercarlo sotto i tavoli, dentro i cassetti o addirittura nel ripostiglio delle scope. Questo benedetto voto non si trova e bisogna rinviare il tutto a tempi migliori. Ora, se è lecito fare un paragone, va detto che un sindaco che non conosca lo Statuto comunale, sarebbe come un prete che non conoscesse il padrenostro. Eppure la cosa è accaduta davvero sotto gli occhi increduli dei cittadini.Mi auguro, tuttavia, che questa penosa vicenda metta nel dovuto allarme tutto il Consiglio Regionale che in ultima istanza deve approvare le unioni o le fusioni dei comuni alla fine dell’iter previsto. Il timore è che molti possano far uso di questo strumento non tanto nell’ottica di una prospettiva lunga, quanto per superare le difficoltà contingenti. Detto in termini pane e salame, c’è il rischio concreto che i comuni si possano fondere in una settimana, gli amministratori accedano alle provvidenze e che poi se le sciupino come meglio credono. Che, insomma, in questi tempi di ristrettezze economiche, l’istituto della fusione possa essere un escamotage per avere solo quattrini in più. Il governatore Ceriscioli ha recentemente affrontato l’argomento, dichiarando che le unioni o le fusioni dei comuni debbano partire da presupposti seri e da argomenti solidi. Mi auguro, in proposito, maggiore chiarezza anche in ordine a taluni imprescindibili criteri da definire ed in seguito da seguire. Molto apprezzabile, in questo senso è stata la modifica normativa prevista proprio pochi giorni fa, che vede l’introduzione del referendum consultivo a richiesta di un decimo degli elettori di un comune. Questo è infatti un argomento nel quale i cittadini devono principalmente essere i protagonisti. Nel terzo millennio non hanno più ragione di esistere stucchevoli campanilismi e un ambito appena ragionevole di governo non può prescindere da cinquemila, diecimila abitanti. Ciò non significa che storie centenarie debbano essere svendute solo per dare quattro soldi in più da spendere ad improvvisati quanto improbabili amministratori.
Il Magnifico Governatore delle Marche, Ceriscioli ha definitivamente parlato. La sede dalla sua ultima allocuzione è stata quella di Civitanova. Cola' riunito, tutto lo stato maggiore del PD maceratese, ha potuto ascoltare dalla viva voce del Magnifico Governatore rassicuranti parole sul locale ospedale.Esso ospedale, per adesso, non verrà chiuso contrariamente alle incontrollate, mendaci notizie che taluni organi di stampa (sicuramente faziosi) hanno artatamente messo in giro, da qualche giorno a questa parte. Sono seguiti lunghi applausi, vivissime congratulazioni e reciproche pacche sulle spalle degli astanti. Per non sapere né leggere, né scrivere, io mi sono fatto un giro sul web alla ricerca di chi avesse messo in giro una voce tanto allarmante, benché priva di autorevole riscontro ed ho scoperto un fatto, questo sì, davvero inquietante che denuncio da questa rubrica, affinché in futuro, non vengano a crearsi ulteriori malintesi. Quello che ho scoperto è gravissimo e merita un accurato approfondimento anche da parte di alte autorità. Una cosa che, a memoria d’uomo, non si era mai vista prima. Gira, ma più che gira direi scorrazza, per tutta la regione Marche un losco individuo che si spaccia addirittura per presidente della giunta regionale, e rilascia ogni sorta di dichiarazione. Aiutato vieppiù dai suoi tratti somatici, del tutto simili, anzi oserei dire identici a quelli del vero, originale governatore, questo figuro trae in inganno i giornalisti e gli inviati della stampa. Ad onor del vero, c’è da dire che in una particolare circostanza, ha gabbato pure tutto il direttivo regionale del Partito Democratico. Questo fatto risale precisamente al 25 gennaio scorso, in quel di Ancona. Il falso Ceriscioli si è presentato lì e quando è stato il suo turno di parlare ha affermato che bisognava scegliere: o l’ospedale di Macerata o quello di Civitanova. Tertium non datur. Verosimilmente tratti in imbroglio, i massimi dirigenti del PD gli hanno creduto e si sono allertati. Parimenti agitati i sindaci del maceratese hanno convocato riunioni, indetto conferenze, redatto documenti. Fatica e tempo sprecati poiché, come si è detto, il Ceriscioli autentico ha ampiamente smentito l’abile millantatore che si traveste da lui per ogni dove.Ora si capisce come questa inedita circostanza renda ogni questione complessa e difficile da maneggiare. Soprattutto da parte di chi deve lavorare con l’informazione. Come si fa a stabilire se una certa cosa l’abbia detta Ceriscioli o il suo sosia? Peggio ancora se osserviamo i fatti dal punto di vista degli amministratori locali. I poveretti, a causa di questi procurati allarmi, sono costretti a distogliere le loro attenzioni dalle esigenze quotidiane dei propri cittadini, per concentrarsi su notizie spaventose che non hanno fondamento alcuno, solo perché provengono dal sosia di Ceriscioli. Io un’idea ce l’avrei e, molto sommessamente, la butto lì. Sta poi, eventualmente, al Magnifico Governatore prenderla in considerazione. Si potrebbe fare come nei social network, dove i personaggi famosi, le celebrità, al fine di certificare che sono proprio loro e non una volgare imitazione hanno, come riconoscimento di autenticità, una spunta azzurra.Ecco, Ceriscioli, quando va in giro a parlare per le Marche, si potrebbe pitturare una spunta azzurra in fronte cosicché tutti sappiano che si tratta di lui e non del suo sosia…
Il consiglio regionale ha finalmente partorito la tanto sospirata commissione di inchiesta su Banca Marche. In realtà, poi si tratta di una commissione di indagine, perché all’ultimo momento si sono accorti che Banca Marche non dipende giuridicamente dalla regione Marche e che quindi non potevano aprire inchieste in proposito.La partenza non è stata affatto positiva perché la maggioranza si è scelto il presidente che più le faceva comodo. Nelle commissioni di indagine, per Statuto, la presidenza spetta alle minoranze. Sarebbe stato opportuno non interferire, ma i partiti di governo, hanno voluto mettere chi più gradivano. Ma lasciamo perdere e andiamo avanti, perché il bello deve ancora venire. Di norma, quando un’assemblea legislativa intende indagare su fatti o argomenti rilevantissimi e delicati, come in caso come questo, la prima cosa che dovrebbe fare è fissare bene i paletti. Stabilire, cioè finalità e scopi. Delimitare il raggio di azione. Fissare preventivamente gli obiettivi e le modalità di lavoro. Dalla delibera approvata dal Consiglio regionale invece non si evince nulla di tutto questo. Si parla solo di una generica commissione di indagine sul “caso Banca Marche” senza nemmeno un cenno alle sue finalità. Faccio questo rilievo perché illuminante, in proposito, è stato il dibattito che ne è scaturito. Ne abbiamo per tutti i gusti: c’è chi vorrebbe mettere sotto indagine la mancata vigilanza di Banca d’Italia, chi il ruolo che hanno avuto le fondazioni. C’è poi chi vorrebbe individuare i responsabili politici. Qualcuno, giustamente ha abbassato il tiro osservando i limitati poteri della commissione. Qualcuno ha azzardato pure una audizione del governatore di Bankitalia, Visco. È tutto random. Ma tutti hanno le idee chiare, sin da adesso, di chi siano le colpe e ciascuno vorrebbe accreditare la propria tesi. Insomma un gran casino. Ora, per un attimo, provo a mettermi nei panni di Vincenzo Visco casomai gli giungesse una comunicazione dalla regione Marche per essere ascoltato. Leggendo già la notifica, con allegata la delibera di costituzione della commissione, la prima cosa che penserei è che questi qui sono tutti matti. Uno come lui che soppesa le parole, studia gli aggettivi e riflette sugli avverbi, potrebbe mai presentarsi a discutere senza rete, ma soprattutto senza finalità rigorosamente prestabilite? Molto sommessamente, io dico di no. Considerando poi che la durata della commissione è di tre soli mesi e che l’assenza di paletti di cui parlavo prima apre le porte a qualsiasi elucubrazione possibile, mi pare poco probabile che si possa arrivare ad una sintesi largamente condivisa. Aggiungo, infine, che casomai fosse possibile avere notizie in merito ai fatti precedenti al decreto salva banche, non sarebbe immaginabile acquisire notizie sulle modalità che hanno portato alla risoluzione. Cioè all’azzeramento di azioni e obbligazioni junior. Circostanza per la quale i piccoli risparmiatori hanno perso tutti i loro quattrini. Ciò infatti è rigorosamente coperto dal segreto d’ufficio a norma dell’art. 5 del decreto legislativo 180/2015. Delle due l’una: o il Consiglio Regionale ha intenzione di fare solo un po' di teatro buono per i giornalisti e buttare in pasto all’opinione pubblica tutte le responsabilità al solito Bianconi (con Bianconi si va sempre sul sicuro!), oppure sono veramente così superficiali e sprovveduti da farti cadere le braccia per l’inadeguatezza al ruolo che ricoprono.In ogni caso, ci posso scommettere sin da ora, che non andranno oltre all’ex direttore generale, Bianconi…
Oggi tentiamo timidamente di affacciarci nel backstage dei mercati finanziari. Lo facciamo grazie ad un intervista di Guido Maria Breda ad un trader italiano, Bruno Livraghi, che ha fatto fortuna nella City. Guido Maria Breda, oltre ad essere un imprenditore ed economista, ha anche un blog nella rivista specializzata, on line, “i Diavoli”. Incalzato dalle domante di Breda, Livraghi sintetizza così i meccanismi che muovono i gestori dei mercati finanziari. Innanzitutto, egli classifica i gestori in due categorie. I tecnici ed i politici. I primi si occupano di numeri, di analisi, di andamenti, di statistiche. Sono spesso matematici che studiano i grandi numeri, le incongruenze e poi costruiscono modelli su cui intervenire. Fondamentale, per loro, è la tempistica nel prendere le scelte. Di solito i loro movimenti precedono le grandi decisioni - e quindi i grandi flussi - dei mercati finanziari. La seconda categoria è molto più complessa: si tratta infatti di gestori che influenzano la vita politica ed economica dei Paesi in cui operano. Tra questi ci sono i cosiddetti “attivisti”, ossia coloro che tramite partecipazioni aziendali tendono ad influenzare le scelte dei consigli di amministrazione delle società in cui investono. Uomini di relazioni, che si muovono nei palazzi di potere con disinvoltura. Vestono bene, sono forbiti, fanno beneficienza, sono onnipresenti agli eventi politico mondani e danno del tu a ministri e banchieri. La prima categoria di gestori molto spesso è rappresentata dagli artefici dei grandi crolli dei mercati. Sono quelli che capiscono i limiti del sistema, sono specializzati nel far esplodere le bolle e di solito raggiungono dei risultati spettacolari in brevi cornici temporali. Infine tornano silenti, a studiare. I secondi, invece, intervengono sulle macerie, sono quelli che elargiscono soluzioni, spingono o affossano candidati politici. Sono quelli che hanno un dialogo vivo con i governanti. Queste persone agiscono nelle fasi di ricostruzione ed investono su operazioni spesso garantite dalla politica. La loro sfera di influenza è ampia e va dalle riforme all’introduzione di strumenti innovativi generosamente suggeriti – da loro stessi o tramite banker – ai dicasteri finanziari di Stati sovrani. Questa è la fase delle riforme indotte in nome dell’emergenza. La fase in cui il legislatore diventa iperattivo. E’ la fase più delicata per una Nazione che debba decidere se cedere alle pressioni del mercato o all’ambizione dei suoi statisti. Alla moneta oppure alla morale. A questo punto Livraghi osa di più e fa una previsione: sono pronto a scommettere che, a breve, in Italia, verrà varata una riforma sul diritto fallimentare e verranno accelerate tutte le procedure. Verranno limitati i diritti dei debitori e questa riforma potrà essere servita su un piatto d’argento ai compratori di Npl’s (i prestiti non performanti) che dovranno recuperare i crediti deteriorati. Sarà il tempo a dire se avrà ragione.Detto tutto questo andiamo a vedere cosa fa, in Italia, uno dei più grandi gestori del mondo dei mercati finanziari: JP Morgan. Cominciamo col dire, intanto che il ministero del Tesoro ha affidato a JP Morgan, in coppia con Mediobanca la consulenza per la costituzione della bad bank, il veicolo con il quale le nostre banche dovrebbero trasferire i crediti deteriorati, così da alleggerire i loro bilanci. Ebbene, JP Morgan ha recentemente inviato ai suoi finanziatori e clienti un rapporto in cui un paragrafo è intitolato con un lapidario “Avoid italian banks”. Evitate le banche italiane. Nel dettaglio si legge che “la copertura dei crediti deteriorati delle banche potrebbe dover essere aumentata, in questo modo limitando le prospettive di guadagno”. In un altro passaggio il Belpaese viene anche deriso, rispetto ad altri partner Ue. “Qualche luce alla fine del tunnel si vede per la Spagna”, si può leggere, “ma ulteriori pressioni in Italia”. Da qui l’impietoso giudizio finale.Questa opinione, poi, è anche più preoccupante se consideriamo che JP Morgan è da molti anni nella lista dei cosiddetti “specialisti in titoli di Stato”. Chi sono? Semplice, si tratta di banche internazionali che di fatto gestiscono il nostro colossale debito pubblico (2.200 miliardi di euro), organizzando aste, collocamenti e garantendo anche una percentuale di acquisti dei vari Btp e Bot.Ora se io Stato do in mano a questi gestori qua il mio debito pubblico, essi dovrebbero, in punta di logica, fare gli interessi dei propri clienti. Ma oggi il tasso di interesse di cui i loro clienti possono beneficiare è un misero 1%. Se però metto in moto dei meccanismi per aumentare lo spread (e qui entrano in gioco i gestori tecnici di cui parlavamo prima) il tasso di interesse aumenta e parimenti aumentano i guadagni dei clienti di JP Morgan. A questo punto – ed il gioco è finito – scendono in campo i gestori politici. Essi gestori politici suggeriscono interventi drastici sulle pensioni, sulla sanità, sui servizi al cittadino che, buon ultimo, paga tutto il conto sulla sua pelle…
Se le parole sono pietre, quelle pronunciate l’altro giorno dal procuratore generale presso la Corte di appello di Ancona, Vincenzo Macrì, piovono in faccia ad una intera classe dirigente locale e nazionale. Parlando del caso Banca Marche, egli ha così affermato: “l’attenzione della stampa, dell’opinione pubblica e degli organi istituzionali e politici non è stata all’altezza di questo disastro così grave.Tutto ciò ha portato “anche problemi economici e di sviluppo della regione e ne porterà ancora. Ricordiamoci che l’aumento di capitale, fatto nel 2012 di circa 270 milioni di euro, si è dimostrato fallimentare per tutti quelli che hanno aderito. Quei soldi sono andati perduti, chi ha partecipato ha perso tutto proprio perché la banca d’Italia non aveva fornito alla CONSOB le informazioni sulla situazione di dissesto in cui si trovava la banca.” Quindi un'ipotesi sui danni che devono ancora sopraggiungere ed un preciso, mirato atto di accusa verso Bankitalia. Non a caso la difesa dell’ex direttore generale, Bianconi, ha eccepito che il suo ultimo bilancio ha avuto tutti i nulla osta dagli ispettori di via Nazionale.Personalmente, non ho nulla da aggiungere, poiché in proposito, ho scritto, da qui, le mie opinioni che – ahimè - trovano oggi riscontro nelle dure parole dell’alto magistrato. Picchionews ha appena cinque mesi di vita, ma in questo caso è stato all’altezza di percepire sin da subito questo disastro di proporzioni bibliche per tutto il territorio. Lo abbiamo fatto immediatamente e senza alcun timore riverenziale. Quando dal mondo politico e dai maggiori organi di stampa giungevano forti le grida degli hurrà, noi scrivevamo che, in realtà, con la risoluzione si andava incontro ad una Caporetto. Sarà un caso, ma Nuova Banca Marche non è tra i nostri sponsor. Sarà un caso, ma l’unica eccezione all’art. 22 del decreto legislativo 180/2015, sulla rimozione coatta degli amministratori è stata applicata per Nuova Banca Marche. Ma ultimamente qualche dubbio sta venendo pure al Magnifico Governatore di Banca d’Italia, Vincenzo Visco. Al Forex di Torino, questo scienziato, ha chiesto di rivedere l’intero impianto del BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), cioè della direttiva europea 2014/59/UE in materia di risanamento e risoluzione degli enti creditizi. Cosa è accaduto da quando Bankitalia, attraverso i suoi documenti ufficiali (facilmente reperibili on line) scriveva che “le nuove norme consentiranno di gestire le crisi in modo ordinato attraverso strumenti più efficaci e l’utilizzo di risorse del settore privato, riducendo gli effetti negativi sul sistema economico (….) Per evitare che la crisi di una singola banca si propagasse in modo incontrollato…”? E’ accaduto semplicemente l’esatto contrario. Da un lato una marea di ricorsi giudiziari e dall’altro il crollo verticale degli istituti di credito. Per capirci meglio: politicamente e a livello di immagine nei confronti dell’Unione Europea, volevano dare una lezione esemplare a quattro piccole banche. E’ finita che invece hanno fatto crollare tutto il castello. Un castello, peraltro, che - a parte qualche decina di migliaia di euro di qualche piccolo risparmiatore - si reggeva solo su crediti deteriorati e una valanga di titoli di Stato. In buona sostanza e dall’alto della loro torre d’avorio, hanno agito con somma superficialità. Senza curarsi e preoccuparsi delle conseguenze che non si sono fatte attendere. Eppure era facilmente prevedibile. “Chi ci governa, unitamente alle autorità di controllo, ci sta precipitando pericolosamente in una spirale di sfiducia nel sistema bancario. Giusto o non giusto, questo è quello che la gente percepisce.” Così scrivevo il 17 dicembre scorso e puntualmente le notizie sull’andamento di tutti gli istituti di credito sono ogni giorno peggiori. La penosa retromarcia di Visco non può che danneggiare ulteriormente la credibilità, sui mercati finanziari, delle banche italiane. Questi signori di Bankitalia non solo non hanno vigilato come avrebbero dovuto. Non solo hanno sottratto all’autorità giudiziaria, attraverso la manleva, amministratori fraudolenti (come nel caso di banca Etruria). Adesso ci stanno per portare verso un disastro dalle conseguenze imprevedibili. E, ci scommetto quello che volete, non pagheranno un solo centesimo. Né perderanno nessuno dei loro indicibili ed incredibili benefit di cui godono da sempre.