"Per la difesa dell’agricoltura dei territori, delle piccole e medie imprese saccheggiate da una politica agricola comunitaria (Pac) incompetente e corrotta". Questa è la scritta di uno dei molteplici cartelli affissi sui trattori che questa mattina hanno sfilato a Civitanova, in segno di protesta, lungo via Einaudi, la rotatoria Paciotti e infine parcheggiandosi in un’area di sosta verde nei pressi del Cuore Adriatico.
Sulla spinta dell'organizzatrice Elisa Fulgenzi,oltre duecento persone, fra agricoltori e allevatori, sono giunti da più parti del Maceratese, del Fermano e Anconetano, mobilitandosi dal basso e spontaneamente, tramite i social, per contestare molteplici politiche ambientali dell’Unione Europea, ritenute ingiuste e dannose per il settore. La protesta è parte di un movimento più ampio che ha coinvolto diversi paesi europei negli ultimi mesi, come Francia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Regno Unito e Serbia.
Gli agricoltori si sentono traditi e abbandonati da un sistema politico che non li tutela e che non valorizza i prodotti del territorio, il cosiddetto "made in Italy". Inoltre, si oppongono alle direttive europee che penalizzerebbero le produzioni nazionali e favorirebbero, invece, le imposizioni delle multinazionali. Tra le misure contestate, c’è il Green Deal europeo, il piano per rendere l’Europa un continente a impatto climatico zero entro il 2050 e che prevede una riduzione del 55% delle emissioni nette di gas serra entro il 2030. Per raggiungere questo obiettivo, si sono imposti dei cambiamenti radicali a livello europeo e nazionale, che impattano direttamente sulla vita e sul lavoro degli agricoltori europei.
Dunque, i manifestanti accorsi denunciano la mancanza di misure concrete a sostegno dell’agricoltura e dell’allevamento, costretti ad affrontare la burocrazia, l’aumento dei costi di produzione e la concorrenza di prodotti esteri che svalutano il prezzo di quelli italiani. Tra i prodotti contestati, c’è la farina di grillo (qui la nostra intervista a un produttore di Montecassiano), un alimento a base di insetti, che da gennaio può essere commercializzato in tutti i Paesi dell’Ue, Italia compresa. Gli agricoltori ritengono che questo prodotto sia non salubre e penalizzi le farine di coltivazione da cereali, che sono una delle eccellenze dello Stivale.
A tal riguardo, a restituirci una visione dall’interno della protesta è Angelo Tasso, agricoltore di Montecosaro e membro attivo di questa protesta: "Noi non siamo per contestare il reddito ma protestiamo per la salute alimentare, che riguarda tutti. La normativa che ha approvato la circolazione della farina di grillo può portare al rischio che questa si sostituisca alla farina di grano sana; è contro natura fermare un processo di produzione agricola, finora sostenuta dalle politiche del ‘mangiare sano’, ‘made in Italy’, per poi ora ritrovarsi a mangiare derivati di vermi e cavallette. Lo stesso la carne sintetica".
Continua Tasso: "Vogliono far passare l’idea che l’agricoltura è responsabile di un massiccio inquinamento ma non è così, è il contrario. L’imposizione del 4% dei terreni da lasciare incolti per venti anni conduce ad aggravare una situazione per cui il grano in Italia non basta per il fabbisogno e dunque vado con le navi a prendere quello canadese al glifosato. Si crea un paradosso che porta anche a uno sperpero di soldi pubblici; c’è una legge che aiuta a comprare i mezzi agricoli con aiuti del 30-40% nel frattempo ce n’è un’altra che impone l’abbandono di parte del terreno coltivabile in nome dell’ambiente, della biodiversità: però vai a prendere i prodotti dall’estero, in territori che non guardano a questo tipo di tutela ambientale. Non si può naturalmente bloccare il libero scambio delle merci ma quello che auspichiamo è di sedersi a un tavolo europeo dove si decidono le politiche agricole e insieme confrontarsi su quello che sembra non andar bene, a quanto pare, in moltissimi stati europei”.
Un’altra voce viene da Joseph Silvestri, giovane imprenditore agricolo, che ha messo in luce come un’azienda agricola medio piccola oggi ha bisogno di trovare delle alternative alla sola messa a coltura perché quest’ultima non sufficiente in termini di sostentamento economico: "Tante realtà devono fare un secondo lavoro per sostenere l’azienda agricola; infatti molti stanno cercando di buttarsi sul discorso di aprire un agriturismo così da avere più margine. Sono costretto a perseguire delle alternative per sostenere l’azienda, a fronte di costi che sono aumentati a dismisura. Non è una mala gestione da parte dell’imprenditore agricolo ma è una situazione endemica".
Poi, una riflessione sul mancato supporto delle associazioni di categoria: "I sindacati - continua Silvestri- non hanno fatto fronte comune, diversamente dagli altri paesi, come la Francia, in cui almeno due sindacati stanno lavorando uniti. Qui, negli ultimi anni si è assistito a una frammentazione della rappresentanza; c’è quasi una competizione tra le categorie anziché lavorare su un fronte comune".
Infine un focus sulla necessità di cercare di uscire fuori da questa situazione di stallo che getta un allarme sulle nuove generazioni: "Si deve far capire che è una situazione che non può più andare avanti perché molte aziende sono in chiusura; l'altro ieri è uscito un report dell’associazione di categoria del settore agricolo e zootecnico e un’azienda su cinque negli ultimi dieci anni ha chiuso. Occorre un ricambio generazionale ma è ovvio che, se non ci sono i presupposti, nessun giovane entrerà in agricoltura perché, paradossalmente, non ci si mangia".
Nel cuore pulsante di Firenze, dove l’arte incontra la storia, si erge la maestosa Fortezza da Basso, un baluardo rinascimentale che, in questi giorni di gennaio, con il prestigioso Pitti Uomo, diventa il palcoscenico mondiale della moda.
Qui, dal percorso esterno si arriva fino al padiglione centrale per ritrovarsi in un dedalo di spazi espositivi dove a essere protagonisti sono l’eccellenza sartoriale e il design contemporaneo; appassionati, esperti del settore, stilisti giungono da ogni parte del mondo per ammirare le nuove tendenze e le varie creazioni fra tradizione, avanguardia e sperimentazione.
Ad attirare lo sguardo e il passo di numerosissimi visitatori è stato il brand marchigiano Tombolini che, con i suoi sessant’anni di stile e raffinatezza, ha svelato la nuova collezione.
Sartorialità, ecosostenibilità e tecnologia costituiscono il fil rouge dei nuovi capi che esprimono l’idea di un classico al maschile a confronto con la contemporaneità per dare voce a uno stile d’intramontabile eleganza. È questo il dna di Tombolini racchiuso nella sua collezione FW 24 dove la tradizione sartoriale si apre all’esplorazione del ben vestire, graffiata da incursioni nel futuro.
“La nostra più recente collezione- racconta Silvio Calvigioni Tombolini, direttore marketing e della comunicazione per l’azienda di famiglia- si distingue per una palette di colori tenui e armoniosi, che spazia dai delicati toni del rosa antico fino alle sfumature del verde salvia. Questa gamma cromatica è stata concepita per essere versatile e facilmente intercambiabile. Il Pitti rappresenta per noi un’occasione preziosa di confronto, dove poter mostrare il prodotto finito di tutto un lavoro costante che è a monte, a partire dal tessuto operaio sul territorio”.
Un’impresa di famiglia che da sempre tiene salde le radici nella propria terra d’origine e che, soprattutto negli ultimi anni, con le sue esclusive creazioni tra il classico e lo sportivo, si è ulteriormente affermata sulla scena di un mercato internazionale: “In questo contesto- prosegue Silvio Calvigioni Tombolini- abbiamo consolidato la nostra presenza nei mercati di rilievo e inaugurato una serie di esclusivi punti vendita monomarca in nazioni quali il Kazakistan, l’Uzbekistan e il Qatar. Il nostro legame con il dinamico universo dello sport si manifesta attraverso il marchio TMB, che si caratterizza per l’impiego di tessuti tecnologicamente avanzati, resistenti e lavabili in lavatrice, ideali per l’attività sportiva. Tale linea si rivela parallela ma al contempo complementare alla tradizionale eleganza del marchio Tombolini; è frutto di un’attenta progettazione mirata a soddisfare le esigenze di vestiario del nostro consumatore, che ricerca qualità e praticità".
Punto di forza dello stile TMB è la sua attitudine rilassata e sportiva per ogni momento della giornata, unita a sartorialità e sperimentazione, che da sempre contraddistinguono il brand. Un connubio che è stato presentato a Pitti Uomo dai giovani talenti di diverse discipline sportive che rappresentano un’eccellenza per la città di Firenze, accompagnati dall’assessore allo sport del comune di Firenze, Cosimo Guccione.
Sono stati i campioni di Atletica Firenze Marathon Abdul Majeed Omar, vincitore del titolo italiano Indoor Under 23 nel salto in lungo e più volte medagliato ai Campionati Italiani giovanili, e Alessandro Manetti, tra i migliori 10 atleti in Italia sui 100 e 200 metri, a indossare i capi di punta della nuova collezione TMB, a partire dall'abito running, proposto anche in inediti toni di grigio, verde e viola pastello. Insieme a loro, i nuotatori della Rari Nantes Florentia Andrea Aiazzi, terzo ai campionati di categoria 2022 nei 400mx e vincitore di diversi titoli regionali e Giovanni Generini giocatore di pallanuoto di serie A, con abiti stretch dal comfort di una tuta, felpe con dettagli tecnici e gilet in nylon, che sono attualità e storia del brand Tombolini.
E poi Jacopo Andrei e Alberto Magagna, i giovani judoka della PGF Libertas, con hoodies da running e t-shirt in cotone da portare con le giacche in tessuti tecnici frutto di un riciclo sapiente e sostenibile, che rispecchia i valori dell’azienda e dei suoi 60 anni di storia artigianale.
Sono stati ospiti allo stand Tombolini l’ex canoista Antonio Rossi, i calcianti Riccardo Lo Bue e Marco Casamassima, l’attore Paolo Ruffini e l’ex calciatore Fabio Galante.
Una tradizione che guarda al futuro più bello, quello incarnato dagli sportivi, sia i campioni di domani sia quelli di ieri, protagonisti del video di presentazione della collezione 2024; qui, i valori e le passioni dello sport si riflettono in una lunga storia di successi tutta italiana.
La meticolosa cura per il dettaglio che contraddistingue la famiglia Tombolini si manifesta in ogni aspetto della loro attività. In seguito all’evento di presentazione, gli ospiti sono stati deliziati con un raffinato aperitivo a base di pesce, preparato dal celebre ristorante La Rotonda di Porto Recanati.
Dopo un focus sulla linea TMB, proseguendo il giro dello spazio espositivo, finemente allestito, la restante rosa di proposte per il nuovo anno è impreziosita dalla collezione Zero Gravity; un viaggio attraverso l’eleganza e la leggerezza, offrendo un total look che comprende ogni elemento del guardaroba, dagli accessori ai capi principali. La collezione si distingue per la sua attenzione ai dettagli e per l’uso di materiali nobili come lana, seta e cachemire, che si combinano in un mix di texture che dialogano con tagli e silhouette morbide e avvolgenti.
Immancabile la linea Classico di Tombolini che mette in risalto la sartorialità, con abiti e giacche dalle nuove forme e volumi, mantenendo sempre un legame con la tradizione italiana.
Imprescindibile nell’alfabeto del vestiario maschile, lo sportswear, con pezzi chiave come il bomber e il nuovo giubbotto imbottito trimaterico, che uniscono praticità e stile. La maglieria è un elemento essenziale della collezione, con proposte che giocano con la matericità e la combinazione di diversi filati, creando capi unici e distintivi.
Tombolini, infine, non è semplicemente un’azienda; è un emblema di identità culturale, un tessuto connettivo che lega insieme generazioni di artigiani, operai e stilisti, tutti uniti dall’amore per la bellezza e per il proprio territorio. Il suo impegno nel fornire lavoro e nel sostenere l’economia locale è un esempio luminoso di come l’industria possa arricchire la vita quotidiana delle persone e il tessuto sociale di un’intera comunità.
I trapianti d'organo sono una delle più grandi sfide della medicina moderna, ma anche una delle più grandi speranze per migliaia di pazienti che attendono una nuova vita.
È di pochi giorni fa la notizia che nelle Marche, questa speranza si è concretizzata in 102 trapianti effettuati nel 2023 (leggi qui). Un numero importante, che si fonda sulla generosità dei donatori e sulla competenza dei medici e degli infermieri che lavorano nel Centro regionale trapianti.
Una stima che apre il nuovo anno con una prospettiva fiduciosa e rincuorante. A tal riguardo, abbiamo sentito chi questa prospettiva, per diversi anni, l’ha vissuta come un’attesa, fatta di momenti belli ma anche di molte difficoltà emotive e fisiche, che, un giorno, è diventata realtà e rinascita.
Si tratta di Rossella Rossi, insegnante di 64 anni che vive in un piccolo paese in provincia di Macerata, la quale, nel giugno del 2022, iscritta sia al centro trapianti delle Marche sia a quello dell’Emilia Romagna, ha effettuato un doppio trapianto di rene presso l’ospedale Sant’Orsola- Malpighi di Bologna, dopo alcuni anni di dialisi all’ospedale di Macerata.
“Il 25 giugno del 2022 rappresenta per me un giorno indelebile in quanto ho ricevuto il dono in assoluto più prezioso e atteso durante quest’ultimo periodo della mia vita: il trapianto di rene. Un dono che non è giunto casualmente ma grazie alla generosità, alla sensibilità di un uomo e della sua famiglia che hanno concesso una possibilità di rinascita, pur in un momento così doloroso come la scomparsa di un caro”.
“Grazie a questo gesto- afferma Rossella- sono tornata letteralmente a una nuova vita, perché, senza entrare nel particolare fisico ed emotivo, è estremamente difficile dover dipendere dalla dialisi e riorganizzare ogni tassello del quotidiano in funzione di quest’ultima. Nessuna parola potrebbe rendere la gratitudine sconfinata verso questa persona che è costantemente presente, ogni minuto, ogni secondo, non solo nel mio corpo ma anche nei mie pensieri, sentendolo vicino, in qualche modo custodi l’uno dell’altro”.
Ha proseguito col ringraziare tutto il personale medico e sanitario: “colgo l’occasione per ringraziare in primis tutti i medici e il personale sanitario del reparto dialisi di Macerata, grazie ai quali ho affrontato non poche difficoltà di percorso senza mai demordere nel raggiungimento di questo obiettivo. Un ringraziamento ugualmente sentito va al personale tutto dell’Ospedale Sant’Orsola- Malpighi di Bologna, che si è adoperato con una professionalità e un’umanità uniche, in un momento estremamente delicato come quello del trapianto”.
Rossella ha poi ricordato come qualche decennio fa poter fare un trapianto era più un miraggio, menzionando la vicenda di suo padre: “tutto questo per ribadire l’importanza, vissuta sulla propria pelle, di affidarsi sempre alle cure mediche, alla ricerca scientifica, perché, se penso a poco più di trent’anni fa, mio padre, come tutti i dializzati della sua epoca, non ha avuto la stessa mia possibilità. Il trapianto di rene era una rarità e spesso occorreva recarsi all’estero per tentarlo”.
Infine un appello che vuole essere uno spunto per una riflessione collettiva:
"Per concludere, mi trovo qui per offrire uno spunto di riflessione sull’importanza vitale di donare un organo, iscrivendosi all’ Aido, recandosi all’ufficio anagrafe del Comune in occasione del rilascio o rinnovo della carta d’identità, facendo richiesta alla Asl di appartenenza ecc. Superando così quelli che sono timori comprensibili ma molto spesso preconcetti. Grazie a chiunque dedicherà parte del suo tempo per leggere queste parole e a chi deciderà di renderle una possibilità concreta.Il trapianto è un’operazione che crea un ponte, una continuità tra chi non c’è più e chi rischia di non esserci più; è una vita che continua a germogliare dentro un’altra vita”.
I punti di vista attraverso cui osservare un paesaggio, che sia urbano o naturale, sono molteplici e dipendono da come li si attraversa, con quale mezzo.
Nello specifico, un’angolatura meno ordinaria della città di Macerata è data dallo spostamento in bicicletta; un veicolo che spesso nel pensiero più diffuso è visto come inconcepibile per la conformazione territoriale maceratese.
Per chi fosse interessato a percorrere lo scenario che si apre oltrepassata l’affermazione “Macerata non è una città per biciclette”, abbiamo raccolto delle testimonianze che restituiscono una visione più ampia e stratificata del fenomeno, tra complessità e opportunità.
Dunque, in che modo Macerata può essere considerata ciclabile?
A tal riguardo, occorre fare una distinzione temporale tra le ciclovie esistenti, iniziate e compiute, e quelle in cantiere, che sono in procinto di essere realizzate ma di cui ancora non ci sono tracce visibili.
A informarci sulle piste attualmente percorribili è l’assessore Andrea Marchiori: “Il comune di Macerata ha intrapreso diverse iniziative per promuovere la mobilità sostenibile e l’uso delle biciclette nella città. La prima azione è stata la realizzazione di una pista ciclopedonale che parte da Fontescodella, passa vicino al Palasport e arriva fino a Collevario.
Per questo tratto,abbiamo installato una serie di cartelli stradali per indicare i percorsi ciclabili su strade che non possono essere riservate alle sole biciclette, a causa delle loro dimensioni ridotte. In questo modo, abbiamo creato un anello ciclopedonale che collega diverse zone della città, sia in sede propria che in sede promiscua. Tra le aree collegate, ci sono anche gli istituti scolastici, che erano uno dei nostri obiettivi principali. Un altro intervento che abbiamo realizzato è stato quello di creare una pista ciclabile circolare intorno ai giardini Diaz, dove vanno a correre anche moltissime persone”.
Il consigliere di opposizione e membro dell’associazione Fiab Ciclo Stile di Macerata, Alberto Cicarè, ha evidenziato delle criticità circa il piano di mobilità in questione, sostenendo che “le infrastrutture per le biciclette dovrebbero essere leggere e funzionali, mentre quelle realizzate dal comune sono costose e inadeguate. Non si stratta solo di piacevolezza del percorso ma anche e soprattutto della sicurezza del ciclista”.
Per quanto concerne la ciclabile sopracitata che dai giardini Diaz arriva fino a Collevario, sempre Cicarè, ha proseguito nel dire che “a eccezione di un breve tratto davanti a Fontescodella, le altre parti sono tutte esposte al traffico veicolare, senza alcuna protezione per i ciclisti, se non dei cartelli sparsi qua e là che indicano la presenza di una ciclabile”.
Da qui, ha fatto menzione di una proposta avanzata in sede di consiglio comunale, quando si discuteva dei possibili progetti da finanziare con il fondo di 172.000 euro per la ciclabilità: “un’idea basata sull’utilizzo della corsia ciclabile, ovvero una striscia di vernice che separa visivamente la corsia riservata alle biciclette da quella per le auto. Si tratta di una soluzione leggera e flessibile, in quanto la strada può essere percorsa anche dalle auto quando non ci sono biciclette, ma che allo stesso tempo tutela la vita dei ciclisti e li mette in sicurezza. Una pratica diffusa in molte città che tuttavia non è stata accolta”.
Per i progetti in procinto di essere messi in cantiere e che hanno ricevuto un fondo di 3 milioni di euro dal Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS), spicca l’anello extra cittadino di 40 km il cui scopo, afferma Marchiori, “è quello di creare una rete ciclabile integrata che colleghi la città con le valli del Potenza e del Chienti. Per realizzare questo progetto, abbiamo tenuto conto di due livelli di pianificazione: quello regionale, che ha previsto la realizzazione delle ciclovie a pettine, ossia dei percorsi che attraversano le due vallate in direzione del mare; e quello comunale, che ha integrato le ciclovie a pettine con il collegamento inter vallivo, ossia un percorso che permette di passare dalla vallata del Potenza a quella del Chienti attraversando la città in modo sicuro e panoramico, evitando le vie principali e utilizzando strade extraurbane”.
Un focus tematico che inevitabilmente emerge come prioritario è proprio l’attraversamento “sicuro”, la sicurezza su strada per chi va in bicicletta senza il pericolo costate di condividere dei tratti in cui sfrecciano le auto.
Attualmente, per quanto concerne il percorso in questione, in particolare i tracciati che seguono le vallate dei fiumi Potenza e Chienti, non sembra prevalere un’idea di messa in sicurezza né di una percorribilità rispetto al profilo territoriale: “Magari la utilizzeranno le persone che hanno già un certo allenamento- afferma Cicarè - o una bici con una pedalata assistista ma non sarà certamente un tragitto adatto alle famiglie. I percorsi devono avere un senso e una continuità. Un senso c’è se tu capisci che stai facendo un percorso che ti porta da A a B e tra A e B c’è continuità; non posso trovarmi tra queste due mete per 100 metri protetto e poi mi buttano in mezzo alla strada. In quel momento si perdono tutte le caratteristiche di sicurezza”.
A questo punto abbiamo chiesto ad Andrea Marchiori in che modo nei progetti presentati s’intende risolvere una questione che, fuor di metafora, è di vitale importanza.
“Le ciclovie a pettine esistenti sicuramente non garantiscono un attraversamento in sicurezza delle vallate, in quanto sono state concepite per uno scopo diverso. Noi, invece, vogliamo creare una rete ciclabile completa e armonica, che sia dedicata esclusivamente ai pedoni, ai runner e ai ciclisti”.
“I percorsi progettati- prosegue l’assessore- sono completamente fuori sede stradale, cioè si sviluppano su strade inter poderali, di campagna, contrade, ecc. che verranno adeguatamente sistemate sia dal punto di vista della pavimentazione (stabilizzato o terra battuta o erba o asfalto ecologico) che della segnaletica. Il nostro progetto non si rivolge solo agli appassionati di ciclismo che vogliono percorrere lunghe distanze, ma anche a chi vuole utilizzare la bicicletta per spostamenti brevi e funzionali. Infatti, consentirà di collegare tra loro diverse località del territorio, come Villa Potenza, Sforzacosta e Piediripa”.
Tornando dentro i confini cittadini, un aggiornamento recente, che risale a questa settimana e per cui è stato consegnato il cantiere, consiste nella realizzazione di un percorso totalmente ciclopedonale e totalmente fuori sede stradale che dal Palasport di Fontescodella conduce ai giardini Diaz passando dentro all’omonimo parco. "L’ idea- ha affermato Marchiori- è stata quella di sistemare il parcheggio del palazzetto di Fontescodella che diventerà così un hub di sosta lunga. Per cui chi arriva in macchina la può lasciare gratuitamente e da lì prendere la propria bici o affittarne una elettrica e arrivare al centro di Macerata senza entrare su strada. Dal parco, con un percorso fuori sede, si arriva al sottopassaggio che sta davanti al parcheggio del parksì; dal sottopassaggio si riattraversa la strada totalmente in sicurezza e si entra dentro i giardini Diaz”.
Il Capodanno è alle porte e, come ogni anno, si presenta l'occasione per provare un nuovo look. Che si tratti di una festa in casa, di una cena elegante o di un evento mondano, il modo in cui ci pettiniamo, anche nel minimo dettaglio, può fare la differenza e valorizzare il nostro stile e la nostra personalità.
I capelli, infatti, non sono solo un ornamento estetico: sono anche un modo di esprimere la nostra personalità, il nostro stato d'animo, la nostra storia. Che sia un taglio, una tinta o un'acconciatura, quest'ultime costituiscono un'occasione di rinnovamento o semplicemente un modo per sperimentarsi attraverso un'immagine di sé diversa dal solito.
Ma quali sono le tendenze dei capelli per il Capodanno 2024? Quali tagli, colori e acconciature scegliere? Per rispondere a queste domande, abbiamo chiesto il parere di due esperti hairstylist, tra i più noti e richiesti nel panorama italiano: Gianluca Ferroni e Igor Galassi, che ci hanno svelato la loro personale concezione dell'estetica dei capelli e le loro proposte fra tagli, acconciature e colori.
Gianluca Ferroni ha un salone a Villa San Filippo di Monte San Giusto; ha collaborato con personaggi famosi e partecipato a importanti eventi di risonanza nazionale come il festival di San Remo, quello del cinema di Venezia e di Roma, cui tornerà anche il prossimo anno. Ultima la partecipazione a “La nave della bellezza” su Mediaset Infinity. È da tre anni che il suo salone fa parte della top hairstylist a livello nazionale.
Per il Capodanno 2024, Ferroni ci suggerisce delle acconciature all'insegna della semplicità, del glamour e dell'eleganza, adatte a ogni tipo e lunghezza di capelli.
"Sui capelli corti - ci spiega - punto sull'effetto wet, bagnato, che può essere qualcosa di veloce e allo stesso tempo d'effetto. Si tratta di applicare un prodotto specifico sui capelli umidi e di pettinarli all'indietro o lateralmente, a seconda della forma del viso. Questo look è perfetto per chi vuole dare un tocco di classe e di modernità al proprio stile, senza rinunciare alla praticità".
"Sui capelli medi - prosegue - possiamo spaziare dalle mezze code agli chignon, bassi, alti, in versione classica e in versione moderna. Le mezze code sono semplici da realizzare e si possono arricchire con delle ciocche lasciate libere o con degli accessori vari. Si possono fare degli chignon bassi, raccolti alla nuca, oppure degli chignon alti, rendendoli più originali con delle ciocche spettinate, con delle trecce o con dei torchon, in base alla tipologia del capello".
"Sui capelli lunghi - conclude - c'è la possibilità di dare libero sfogo alla creatività e alla fantasia; code di cavallo con glitter, applicazioni di decorazioni e via dicendo. Le code di cavallo sono un'acconciatura evergreen, che si adatta a ogni occasione e che si può personalizzare con dei dettagli scintillanti, come dei glitter o delle decorazioni (che possono essere a tema o più minimal)".
Il taglio che ora va per la maggiore è il bob e molte ragazze e ragazzi, soprattutto adolescenti, sulla scia di un revival anni ’80, richiedono il mullet, corto con la zazzera dietro.
Igor Galassi ha un salone a Tolentino; ha lavorato con diversi brand e designer e ha partecipato a numerosi e noti festival, da quello di San Remo, a Miss Italia, sino al Festival del Cinema di Venezia e di Roma. Quest'anno parteciperà alla fashion week di Milano, come membro di un primo team, e a quelle di New York e Parigi. La collaborazione con la “Al Pacino service” e la “Capelli & Company” gli ha aperto le porte del mondo dello spettacolo e dei concerti.
Per il Capodanno 2024, e in generale sempre, Galassi ci propone uno stile minimal, sobrio ed elegante, che risulta maggiormente versatile e in armonia con diverse tipologie di vestiario, soprattutto quelle più eccentriche e colorate.
"La tendenza attuale è caratterizzata da abiti e vestiti luminosi e appariscenti, con brillantini, paillettes. Per quanto concerne il mio salone- dice Igor- propongo uno stile minimal, senza esagerare con l’applicazione di accessori. Uno stile più sobrio ed elegante che va da sempre ed è ideale anche nell’ambito delle sfilate".
"Nel lasciare i capelli sciolti, cerchiamo di creare un bel taglio, che non significa per forza un taglio corto ma strutturato, che possa mantenere bene qualsiasi tipo di piega, a partire da quella ondulata. Per quanto concerne il colore, nell’ultimo periodo proponiamo una colorazione naturale, sfumata, con un effetto caleidoscopio; nel senso che con delle luci particolari o con quella del sole, emergono effetti e riflessi diversi, a seconda di come li guardi".
Galassi ci racconta, inoltre, che prima di fare un taglio fa sempre una consulenza e che, da anni, non lavora più sulle tendenze, ma sulla personalizzazione. "Tagliare non significa per forza cambiare look, ma basta sapere dove dirigere i colpi di forbice. Il nostro ultimo modo di operare è improntato all'ascolto; infatti nel mio negozio non ho una folta clientela proprio perché abbiamo optato per seguirla con cura. Nel mio salone il dipendente non fa orari assurdi; noi alle 18 chiudiamo".
Come abbiamo visto, le tendenze dei capelli per il Capodanno 2024 sono varie e offrono diverse possibilità per esprimere il gusto e la personalità di ciascuno, così da distinguersi e valorizzare la propria fisionomia estetica e interiore. Il tutto in un connubio tra moda e originalità senza tempo.
La mobilità elettrica è una delle sfide più importanti e necessarie del nostro tempo, ma anche una delle più difficili da affrontare. Come si sta adattando il mercato delle auto alla transizione ecologica? Quali sono le opportunità e le difficoltà che incontrano i concessionari e i consumatori? Per rispondere a queste domande, abbiamo intervistato Alessandro Menchi, amministratore delegato dell'omonima concessionaria a Piediripa di Macerata, una delle più storiche e innovative della zona.
Un’occasione per conoscere da vicino la realtà delle auto elettriche in Italia; un Paese, quest’ultimo, che è in fondo alla classifica europea della mobilità elettrica: occupa infatti il 18esimo posto in graduatoria (i numeri cautamente positivi del 2023 ancora non bastano per scalare posizioni).
Alla base di questa classifica naturalmente c’è una rosa di concause: un primo aspetto ha a che fare con la predisposizione culturale ad accogliere questo cambiamento il quale, in alcuni casi, viene vissuto come un’imposizione che sortisce ritrosia o scetticismo.
Si aggiunga il fatto che le vetture elettriche hanno costi ancora piuttosto alti che verranno riassorbiti nel corso degli anni e che, come ha sottolineato Alessandro Menchi, “implicano non tanto la vendita dell’oggetto in sé per sé, ma del suo valore; quest’ultimo consiste non solo nel potersi muovere, ma anche in una serie di agevolazioni, nella diminuzione dei tumori…”.
Tuttavia, come per tutti i fenomeni socio culturali, la pluralità delle cause non va ricercata nel fenomeno in sé per sé ma occorre risalire a uno scenario più ampio:un altro aspetto coinvolge gli obiettivi dell’Unione Europea che prevedono una riduzione progressiva delle emissioni di CO2 fino al 100% entro il 2035.
“Questo ha fatto sì- spiega Menchi- che le case costruttrici, per non incorrere in severe sanzioni, sono state costrette a convertire la produzione all’elettrico rigirando quest’obbligo alle concessionarie, i cui venditori, a loro volta, indirizzano necessariamente i clienti all’acquisto di auto elettriche”.
Dunque, in altre parole, il nodo cruciale che si è venuto a creare consiste in un surplus di produzione dell’elettrico che la gente non compra o non compra abbastanza rispetto all’offerta.
“Il mercato dell’auto sta soffrendo perché c’è una discrepanza tra offerta e domanda, i prezzi sono aumentati e la gente dalla pandemia ne è uscita impoverita. A ciò si aggiunge il fatto che ci si deve confrontare con i ritardi produttivi; prima il massimo dell’attesa di una vettura nuova era 45 giorni, se un cliente richiedeva una vettura full optional. Conseguenza diretta di ciò, un raddoppio dei costi dell’usato che in Italia è il doppio della vendita di auto nuove”.
Inoltre, mentre l’Europa continua a rimanere il “Vecchio Continente”, ce n’è un altro che è uscito dalla storica etichetta di "Antico" e in tempi velocissimi ha conquistato il monopolio della produzione di veicoli elettrici; secondo i dati Jato Dynamics, la Cina conta il 45% delle vendite globali di elettriche e il 60% della produzione mondiale. Questo significa che la maggior parte delle auto elettriche vendute e prodotte nel mondo sono di marchi cinesi o sono realizzate in Cina da marchi stranieri.
A differenza dell’Europa, la Cina ha investito molto nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie per le auto elettriche, in particolare per le batterie, che sono il componente più critico e costoso. Quest’ultima, infatti, dispone di ampie riserve di materie prime come litio, cobalto, nichel e altri metalli necessari per la produzione delle batterie. In questo modo si può permettere di abbattere i costi di produzione e di avere un vantaggio competitivo rispetto agli altri Paesi.
In secondo luogo, la Cina ha adottato una politica industriale e ambientale molto favorevole alle auto elettriche, con incentivi economici, normativi e infrastrutturali, che sono stati applicati in maniera capillare.
Dunque, sulla scia delle direttive europee e anche per non ricadere totalmente nell’orbita del monopolio cinese, quali soluzioni stanno adottando le case costruttrici? Alcune di queste, si stanno indirizzando sostanzialmente verso due alternative all’elettrico: gli eco carburanti da una parte e l'idrogeno dall’altra.
L’eco carburante o carburante sintetico è un tipo di combustibile che non deriva dal petrolio, ma viene prodotto artificialmente tramite processi chimici che utilizzano energia elettrica rinnovabile, acqua e CO2. Questo carburante avrebbe il vantaggio di essere compatibile con i motori termici esistenti, senza richiedere modifiche meccaniche, e di avere un impatto ambientale ridotto; un modo per prolungare la vita dei motori a benzina e diesel oltre il 2035, data prevista per il divieto di vendita di auto a emissioni.
Tuttavia, richiedono costi di produzione molto elevati e inoltre diversi impianti sono ancora in una fase sperimentale e non c’è ancora una certezza sulle loro proprietà non inquinanti.
Un’altra via è quella dell’idrogeno che Menchi stesso definisce come ottimale “perché non produce CO2 ma acqua che viene emessa dal tubo di scarico sotto forma di vapore, oltre al fatto che è un ottimo propulsore, dunque adatto anche per veicoli grandi”. Anche la transizione verso l’idrogeno è in fase di sviluppo e perfezionamento in quanto “è un elemento fortemente esplosivo ed è molto freddo (-252,77 °C) per cui, a queste temperature, favorirebbe il rischio di rottura meccanica, che in parte è stata risolta. Va anche detto che in Italia esiste un solo rivenditore di auto a idrogeno e sta a Cuneo”.
Dunque, l’idea generale dell’attuale mercato delle auto rispetto al passaggio dovuto verso una transizione ecologica, in Italia e più in generale in Europa, sembra essere quella di uno stato confusionale e pluridirezionale in cui si cercano delle soluzioni su un terreno che già da molti anni sarebbe dovuto essere pronto. Infatti, la mancanza sostanziale di infrastrutture per la cosiddetta mobilità “green” e una frammentazione normativa sono indice di come si è alle prese con i ritardi di un processo, che non dovrebbe essere vissuto con i toni di un’urgenza ma come naturale passaggio.
Sembrano mancare delle effettive e dettagliate linee programmatiche e una visione organica: "A confermarlo - afferma l’amministratore delegato della concessionaria - è stata la COP28, la ventottesima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Quest’ultima, sarebbe dovuta servire a dare una linea precisa e un planning temporale, così non è stato”.
"Sono stati invitati i grandi produttori di inquinanti- continua Menchi- e alla fine si è prodotto un documento dove non si parla mai specificatamente di abbandono del ‘petrolio’ ma si parla sempre di un generico ‘combustibile’. Non ci sono delle prescrizioni precise né a livello terminologico né organizzativo, per cui di fatto è un documento non vincolante. È scritto in un modo tale per cui la transizione può iniziare, per assurdo, nel 2049, nonostante la fine stabilita nel 2050”.
La cena sociale di Natale è una tradizione che Germano Ercoli, patròn dell’Eurosuole e della Goldenplast, ha sempre voluto mantenere per ringraziare e celebrare i suoi dipendenti e i suoi amici. Per venticinque anni, dal 1994 al 2019, questa cena è stata un'occasione di incontro, di scambio, di condivisione, di gioia. Poi, per quattro anni, a causa della pandemia e altre vicissitudini, è stata sospesa.
Ma domenica scorsa, finalmente, questo tradizionale momento di convivialità è tornato, più bello e più emozionante che mai. In risposta a un periodo segnato da difficoltà, Ercoli ha voluto offrire ai suoi 320 ospiti una serata memorabile al ristorante 'La Serra' di Civitanova Marche.
Una cornice suggestiva e inedita, scelta accuratamente da Ercoli stesso, dove il verde delle piante, ammantato da luci soffuse e variopinte, insieme con la musica dal vivo, si fondono in un’esperienza unica, che ha trasportato tutti gli invitati in un'altra dimensione. Per la maggior parte dei presenti, che finora non aveva avuto modo di conoscere questo locale, è stata un’autentica e piacevolissima sorpresa.
Una sorpresa che non solo ha conquistato la vista con l’atmosfera luminosa ma anche il palato, quando sui tavoli è stato il momento delle portate: un tripudio di sapori genuini e freschi, in perfetto equilibrio tra l’elaborato e la bontà semplice della cucina tradizionale. Il tutto gestito da un servizio che ha dimostrato un'efficienza impeccabile.
In un clima di festa, tra allegre conversazioni e battute, a riscaldare e rasserenare ulteriormente gli animi, non poteva non mancare dell’ottimo vino, in particolare uno, "Le Grane", che Ercoli considera "uno dei migliori bianchi delle Marche".
I ricordi delle serate più belle sono sempre accompagnati dalla musica e, in questo caso, a intrattenere e coinvolgere tutti gli invitati, è stato il cantante Matteo Borghi, milanese di origine, marchigiano di adozione, che, fin dall’età di diciannove anni, gira il mondo cantando e riscuotendo grandissimo successo internazionale.
La sua capacità di far sentire il pubblico partecipe e a suo agio ha fatto sì che molti dipendenti hanno preso il microfono e iniziato cantare, a voce dispiegata e spiriti felici. Tra questi c’è Rosi che lavora per Eurosuole da circa un mese e che ha dato prova di grandissime doti canore tanto da conquistare il plauso e l'applauso di Borghi.
Nel clima generale dei festeggiamenti pre natalizi, Ercoli ha ritenuto importante aprire un momento di riflessione che guarda, con profonda sensibilità, al momento di crisi globale e di difficoltà in cui si trovano numerose famiglie. Da qui, la necessità di una cooperazione tra operaio e azienda in vista di un accrescimento reciproco. A tal riguardo, ha ricordato la cosiddetta "piccola quattordicesima" da lui ideata: "Un sostegno per il duro momento che, nel medesimo tempo,- ha sottolineato il patròn - implica una reciprocità, una sinergia sullo stesso piano per un aumento della produttività, che crea un benessere generale e di ritorno”.
Poi, sempre Germano Ercoli, ha fatto riferimento alle aziende del lusso che si stanno trasferendo a Civitanova e che sono alla ricerca di centinaia di lavoratori: "Non è facile assumere trecento/ quattrocento operai in una zona industriale in cui già c’è carenza. In virtù del fatto che è da mezzo secolo che lavoriamo e diamo lavoro in questo distretto - quando ancora le strade non erano né asfaltate né illuminate - esigo un 'rispetto di buon vicinato', una sorta di 'regolamento condominiale' per non aggredire la manodopera altrui. Si sono investiti tempo e denaro per la formazione dei nostri dipendenti”.
Sulla scia di quest'ultime parole, tornando al luogo (metaforico) della ‘Serra’, che ha fatto da scenografia fissa per tutta la serata, quest’ultimo, non è così dissimile da quello dell’azienda: da una parte si fanno crescere e si proteggono le piante più belle e preziose, dall’altra, si fanno crescere, come risorse indispensabili, i dipendenti, i clienti e i vari collaboratori. In questa "serra", che prende il nome di Eurosuole e di Goldenplast, ogni pianta ha il suo spazio, la sua luce, il suo nutrimento, e può esprimere al meglio il suo potenziale.
Infine, a mezzanotte e mezza ogni invitato si saluta calorosamente, portando con sé il ricordo di una serata indelebile, 'sempre verde', come quelle piante che non lasciano cadere le loro foglie, nemmeno quando la stagione è avversa.
Nella tarda mattinata di oggi, con l’occasione degli auguri di Natale, alla Biblioteca Mozzi Borgetti di Macerata si è tenuta la conferenza stampa per la presentazione del programma di Macerata Opera Festival 2024, che quest’anno festeggia la 60esima edizione. A prendere per primo la parola il sindaco Sandro Parcaroli: “Lo Sferisterio è molto importante dal punto di vista turistico e lo è anche dal punto di vista culturale perché una società cresce se cresce culturalmente. A tal riguardo, è importantissimo far conoscere la realtà di questo luogo simbolo e tutti gli eventi che gli ruotano attorno a partire dall’infanzia, portandola nelle scuole”.
Tra i presenti l'assessore alla cultura Katuscia Cassetta, Maurizio Vecchiola presidente della Finproject, Francesco Sabatucci, presidente della Fondazione Carima, Rosaria Del Balzo Ruiti, presidentessa della Croce Rossa di Macerata, il rettore dell'Università degli Studi di Macerata John McCourt e tutti i mecenati che sostengono il Macerata Opera Festival.
Per quanto riguarda il filo rosso che attraversa e unisce le opere di quest’anno, occorre alzare lo sguardo e ammirare l’astro notturno che rischiara da sempre le notti: “…e qui la Luna l’abbiamo vicina…” questo verso dalla Bohème di Puccini traccia la linea programmatica scelta dal sovrintendente Flavio Cavalli e dal nuovo direttore artistico Paolo Gavazzeni per il Macerata Opera Festival, dal 19 luglio all’11 agosto 2024 allo Sferisterio: Turandot e La bohème di Giacomo Puccini, Norma di Vincenzo Bellini, tre capolavori del repertorio due dei quali del compositore toscano nel centenario della morte; il terzo titolo è legato invece al significativo traguardo delle 60 stagioni d’opera nel monumento iconico di Macerata, divenute negli anni un appuntamento musicale estivo da non perdere ma soprattutto una occasione di valore assoluto per la città e per tutte le Marche.
«Siamo orgogliosi di presentare una stagione, quella del 60° Macerata Opera Festival, che darà lustro alla città e allo Sferisterio grazie al lavoro del sovrintendente Cavalli e del nuovo direttore artistico Gavazzeni e alla funzionalità della struttura – ha commentato il presidente Sandro Parcaroli – . Un’attività presentata nei tempi che proporrà titoli importanti e di grande successo con nomi di rilievo nazionale e internazionale. Una stagione che, nel centenario della morte, sarà dedicata al compositore Giacomo Puccini, uno dei più significativi operisti di tutti i tempi. Oltre alla proposta artistica di elevata qualità, il MOF rappresenta per Macerata un traino anche dal punto di vista turistico ed economico».
«Rivolgiamo ai maceratesi gli auguri di fine anno per noi nel miglior modo possibile presentando la nuova stagione del Macerata Opera Festival - dichiara il sovrintendente Flavio Cavalli. Il bilancio di questa manifestazione è composto per il 60% da contributi pubblici e da quelli privati: alla città di Macerata, alla Provincia e alla Regione ne viene restituita la maggior parte attraverso il lavoro di tutte le maestranze regionali e alle commissioni fatte a piccole e medie imprese del territorio. I finanziamenti generano inoltre un indotto con un effetto moltiplicatore che va da 6 a 7 per le attività commerciali di ogni genere. Questi dati diventano ancora più importanti alla luce della convocazione dell'Associazione Arena Sferisterio avvenuta quest'anno a una audizione per la discussione di due disegni di legge, presentati dagli onorevoli Giorgia Latini e Irene Manzi e oggi in corso di approvazione, per l'erogazione di un contributo speciale a favore del nostro Ente e per riconoscere lo Sferisterio venga riconosciuto come monumento nazionale».
Ancora la Luna – che illumina il pubblico nelle serate estive allo Sferisterio, offre un’esperienza unica di musica all’aperto, legata alla perfetta acustica naturale del luogo – attraversa significativamente i versi e l’ambientazione delle tre opere: una favolistica Luna d’Oriente risplende sul capolavoro incompiuto di Puccini; lo stesso argenteo chiarore si riflette sui volti di Rodolfo e Mimì; alla Luna si rivolge la sacerdotessa belliniana.
«Ogni teatro - racconta il direttore artistico Paolo Gavazzeni - ha un proprio DNA che va studiato e compreso e le mie idee artistiche in questo mese si sono plasmate su questo luogo che ha una propria storia nella quale mi sono immerso. La meravigliosa acustica naturale dello Sferisterio permette di poter ideare grandi spettacoli musicali fatti per la gente e quest'anno ci sono due grandi anniversari che celebreremo: la 60a Stagione e il 100° anno della morte di Giacomo Puccini, figura fondamentale che ha contribuito affinché oggi il canto lirico italiano sia riconosciuto come patrimonio dell'umanità. Questo festival proporrà una programmazione compatta in quattro settimane e ogni sera di ogni weekend dal 19 luglio all'11 agosto proporrà uno spettacolo. Insieme alle opere di Puccini, sarà proposta "Norma", titolo che si sarebbe voluto mettere scena per la prima stagione lirica allo Sferisterio, progetto che non si realizzò a causa della guerra: proporre l'opera di Bellini vuole essere un gesto di buon auspicio per il futuro dello Sferisterio. Sarà un festival molto italiano e ho voluto privilegiare, quando ho potuto, artisti italiani nella convinzione che un festival per acquisire l'internazionalità deve innanzitutto mostrare la propria identità artistica che è importante costruire con le forze che ci sono sul territorio».
Turandot (19 e 28 luglio, 3 e 10 agosto) di Giacomo Puccini sarà eseguita incompiuta, così come lasciata dal compositore (cioè sino alla morte di Liù, come sancito al Teatro alla Scala dal direttore d’orchestra Arturo Toscanini in occasione della prima postuma). Allo Sferisterio, la struggente e crudele storia d’amore e morte, ambientata “a Pechino al tempo delle favole”, sarà affidata al regista spagnolo Paco Azorín, che firma la nuova produzione dopo il successo di Otello del 2016, e alla bacchetta di Francesco Ivan Ciampa che aveva entusiasmato il pubblico nel Macbeth del 2019. Interpreti principali Olga Maslova (Turandot), Angelo Villari (Calaf), Ruth Iniesta (Liù), Antonio Di Matteo (Timur), Lodovico Filippo Ravizza (Ping), Paolo Antognetti (Pang) e Francesco Pittari (Pong).
Norma (20 e 26 luglio, 4 e 9 agosto) di Vincenzo Bellini festeggia il traguardo delle 60 edizioni di festival operistico allo Sferisterio: scegliendo il capolavoro del Cigno di Catania – che era tra le ipotesi valutate ai primi del Novecento quando si decise di trasformare lo stadio della palla al bracciale in teatro – si celebra la città e coloro che vollero portare l’opera in questo luogo. Il nuovo allestimento sarà firmato dalla regista e documentarista milanese Maria Mauti, alla sua prima esperienza con il teatro d’opera; sul podio un veterano del belcanto come Fabrizio Maria Carminati, direttore artistico del Teatro Bellini di Catania. Protagonista Marta Torbidoni (Norma), giovane soprano marchigiano che si sta imponendo sui palcoscenici di tutto il mondo, affiancata da un’altra voce molto apprezzata come quella del soprano Roberta Mantegna (Adalgisa), mentre i principali ruoli maschili saranno sostenuti da Antonio Poli (Pollione) e Riccardo Fassi (Oroveso).
Con il terzo titolo, quello scelto tra i successi dei festival precedenti, si torna all’omaggio a Puccini: La bohème (27 luglio, 2, 7 e 11 agosto) nella produzione del regista Leo Muscato, vincitrice del XXXII Premio Abbiati 2012 dell’Associazione Nazionale Critici Musicali. Sul podio un apprezzato interprete di Puccini come Valerio Galli e un cast di rilievo con Mariangela Sicilia (Mimì), Yusif Eyvazov (Rodolfo), Mario Cassi (Marcello) e Daniela Cappiello (Musetta). Un’opera che già Puccini immagina giovane, carica di tensioni emotive e sociali, e che Muscato ha ambientato nella Parigi tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, caratterizzata da un fermento altrettanto intenso rispetto a quello evocato dal compositore.
Dalle locandine del Macerata Opera Festival 2024, composte in maggioranza da interpreti di rilievo e giovani emergenti soprattutto italiani, emerge la volontà di omaggiare il recente riconoscimento ottenuto dall’UNESCO che ha inserito la pratica del canto lirico italiano nella lista dei Beni Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.
Nella programmazione non mancheranno i concerti e la danza, componendo così un cartellone diversificato che torna nell’apprezzata formula dei tre titoli operistici per ogni weekend.
Domenica 21 luglio un concerto di gala “Notte di luna” completa il weekend del debutto delle due nuove produzioni operistiche, una occasione unica per completare i festeggiamenti per le 60 edizioni di festival allo Sferisterio. Sul podio Michelangelo Mazza, con alcuni degli interpreti vocali impegnati nelle produzioni e la partecipazione del violinista Giovanni Andrea Zanon, tra i virtuosi dell’archetto più apprezzati nelle sale da concerto del mondo.
Giovedì 8 agosto appuntamento con i celebri Carmina burana di Carl Orff diretti da Andrea Battistoni e con Giuliana Gianfaldoni (soprano), Alasdair Kent (tenore) e Mario Cassi (baritono). Questa grande cantata scenica di ispirazione medievale a partire dal testo latino originale che intona, composta negli anni Trenta del Novecento, è una delle pagine sinfonico-corali più fortunate del secolo scorso, divenuta molto famosa anche per il suo uso frequente di alcuni suoi frammenti nella pubblicità e nel cinema.
Per la danza, debutta allo Sferisterio una nuova creazione dal titolo Notte Morricone(1° agosto)in collaborazione con la Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto, ideata e firmata dalpremiato coreografo spagnolo Marcos Moraucon le musiche del celebre autore italiano di colonne sonore.
Anche questi spettacoli rientrano nel motivo conduttore lunare, sotteso sia ai testi cantati dei Carmina burana, sia ad alcuni dettagli delle ambientazioni del gala (il 21 luglio ci sarà Luna piena) nonché allo spettacolo di danza.
Come è ormai tradizione l’Orchestra impegnata nelle opere sarà la FORM – Orchestra Filarmonica Marchigiana con il Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini” guidato da Martino Faggiani, insieme ai Pueri Cantores “D.Zamberletti” (Maestro del coro Gian Luca Paolucci) e la Banda Salvadei, organici marchigiani che saranno protagonisti anche dei concerti in programma nel 2024, per un coinvolgimento sempre Sferisterio.
Accanto alle proposte del ciclo maggiore delle realtà artistiche regionali nelle attività di “Lo Sferisterio a scuola”, che saranno rese note nelle prossime settimane e saranno destinate all’infanzia (3-5 anni), agli studenti delle classi elementari e medie (6- 13 anni) e a quelli delle scuole superiori (14-18 anni), il nuovo direttore artistico Paolo Gavazzeni ha ideato un nuovo percorso di avvicinamento dedicato agli spettatori di ogni età, dal titolo “Tutti all’opera” con una serie di incontri-spettacolo al Teatro Lauro Rossi dedicati alle opere, la partecipazione alle prove d’assieme allo Sferisterio e la possibilità per chi seguirà l’intero percorso di acquistare biglietti per gli spettacoli ad un prezzo agevolato.
La Map Communication, in linea con il suo operato e i suoi obiettivi che da quarantacinque anni sono indirizzati a una valorizzazione capillare del territorio e delle sue eccellenze, ha organizzato nella cornice dell’Auditorium di Sant’Agostino, a Potenza Picena, una preziosissima esposizione di macchine fotografiche Kodak, collezionate nel tempo da Enzo Romagnoli.
Una collezione unica che spicca a livello internazionale insieme all’altra che si trova a Toronto in Canada. Per quanto concerne questa mostra, spiega il cofondatore Mario Carlocchia, oltreché a Potenza Picena, è stata allestita presso l’Università di Macerata seguitando poi, nel 2024, oltre i confini regionali e approdando a Roma e a Mantova.
Quella messa in campo dalla Map, è un’operazione che, nel dar risalto alle peculiarità locali, crea un dialogo inedito tra continenti geografici, culturali e umani. A tal riguardo, in questo contesto, l’orizzonte si estende ulteriormente e dal regionale arriva allo scenario internazionale, nello specifico in Cina. La regia del video della mostra potentina è stata affidata a “Cinitalia”, unica rivista bilingue (cinese e italiano), pubblicata dalla Sezione di Radio Cina Internazionale e volta a illustrare al pubblico italiano e cinese la cultura dei due Paesi e i loro scambi politici, culturali ed economici.
A raccontare come è nata la collezione è Romagnoli stesso; tutto è iniziato da un regalo del padre e da lì la ricerca non si è mai esaurita: “Ho iniziato a collezionare tutte queste macchine fotografiche Kodak da un regalo che mio padre mi fece a 17 anni; da lì è cominciato il percorso di ricerca e collezionismo dei modelli Kodak. Inoltre, il lavoro mi ha permesso di girare il mondo riuscendo così a trovare parecchie macchine in tutte le parti del globo e pian piano, fino a oggi, in quarantacinque anni di collezionismo, sono arrivato a circa quattrocento macchine fotografiche delle quali l’80% sono funzionanti”. Una parte di queste macchine, circa 180, sono state donate al comune di Potenza Picena nel 2013 e da qui è nato un piccolo museo.
Il Natale è alle porte e, tra i regali più apprezzati, ci sono sempre i libri. Partendo da questo scenario invernale di feste, tra luci lungo le vie e un garbato passeggio, abbiamo intervistato alcuni librai di Macerata e della provincia per scoprire le tendenze, le curiosità e le eccezioni del mercato editoriale: dai generi e titoli più richiesti fino a una panoramica generale su come i gusti dei lettori sono cambiati nel tempo e sullo stato della lettura oggi.
La prima tappa dell’itinerario è la libreria "La Bottega del Libro" situata lungo corso della Repubblica, in pieno centro storico. Ad accoglierci è la titolare Simonetta Speranza che ci spiega come la tipologia di acquisto sotto il periodo natalizio cambia moltissimo rispetto al resto dell’anno, dal momento che molte persone vengono per chiedere consigli sulla scelta del regalo verso cui indirizzarsi.
A tal riguardo, val la pena soffermarsi sull’importanza e sulle potenzialità che un dono in forma di libro può offrire, fungendo da grimaldello, da chiave di accesso a mondi interiori, a passioni inaspettate, da esplorare: "I libri- racconta Simonetta- sono un regalo per chi legge e per chi non legge; per esempio, regalare un libro illustrato a una persona che non è abituata a leggere, magari può far sorgere una passione improvvisa così come un romanzo o testi incentranti su un argomento che può riguardare la cucina, la fotografia ecc. Chiunque può venire soddisfatto sia dal punto di vista economico che contenutistico; hai la possibilità di comprare un libro dai dieci euro ai centocinquanta”.
Tra la rosa dei titoli e autori del momento spiccano Donatella Di Pietroantonio con "L'età fragile", gli intramontabili libri di Isabella Allende, Cormac McCarthy con l’ultima uscita "Il passeggero". Utimamente a suscitare una certa fascinazione è l'ambientazione giapponese con le sue atmosfere, i suoi paesaggi che portano a intessere una prosa visiva curata nel minimo dettaglio; è il caso di "Il Giappone a colori" di Laura Imai Messina. Vanno molto anche i libri che hanno vinto il premio Nobel per la Letteratura che quest'anno ha visto come vincitore Jon Fosse con “Mattina e sera”.
Attraversando la strada di qualche manciata di metri, un altro punto di vista interessante quanto illuminante sullo stato attuale del ‘lettore italiano’ ci viene da Sauro Romoli, libraio presso la Feltrinelli: "I tempi d’oro sono finiti; sette/otto anni fa era un’altra situazione. Qui da noi si è creato un divario enorme: c’è una fascia numerosissima di ragazzi e ragazze adolescenti, dai 13 ai 20 anni, che comprano perlopiù manga, fumetti, book tok (libri di cui autori sono le star di TikTok, ndr), giochi da tavola per poi passare direttamente all'over 45 che mediamente è un lettore di romanzi e saggistica. Manca la fascia intermedia, c’è quasi una polarizzazione”.
Un fatto che fa molto riflettere, e che dalle classifiche nazionali si rispecchia anche nei gusti della provincia, è dato dai numerosi ordini del controverso e discusso "Il mondo al contrario" del generale Vannacci.
Per quasi tutte le librerie una fetta importantissima di clienti riguarda le famiglie che con i propri bambini vengono a comprare libri illustrati, racconti per l’infanzia; a confermarlo è Raffaella Di Gioia della Libreria Giunti situata nei locali dell’ex Upim.
Un'osservazione interessante riguarda il cambiamento repentino e sostanziale delle letture degli adolescenti: "Il segmento di cliente che più è cambiato - afferma Raffaela - è l’adolescente di 12/13 anni che non è più quello di tre anni fa; è cambiato completamente: si sono aperti ai fumetti, ai manga ma si sono aperti anche quelli che sono i settori che solitamente prima si acquistavano a un’età più adulta. Prima l'adolescente restava sul fantasy, sul giallo indicato dalle fasce d’età consigliate, adesso sono indirizzati verso il settore degli adulti, soprattutto a tematiche erotico sessuali molto marcate. Per questo è importante il consiglio del libraio perché pone un limite o apre una strada lì dove c’è la necessità di un pubblico che ormai cambia velocemente”.
Infine si esce da Macerata e si giunge a Civitanova in una libreria indipendente, nata nel 2022 e situata lungo corso Umberto I. Già guardando l’allestimento della vetrina e poi entrando, ci si ritrova in uno spazio unico, che apre a un immaginario e un microcosmo inediti. Non a caso il nome della libreria è "From Outer Space".
Ad aver creato e a gestire questo luogo è la titolare Agnese Ferrini, la quale ci racconta che raramente vende ciò che è in classifica: "Nella mia libreria le persone vengono soprattutto per comprare edizioni più particolari o per le zone settoriali della saggistica LGBT e femminismo. Questa cosa cambia un po’ sotto il periodo natalizio perché effettivamente c’è una tendenza a comprare i titoli che vanno per la maggiore, soprattutto quando devono fare dei regali a persone che non conoscono molto bene. Per questo motivo, sotto le feste, si tende a regalare perlopiù romanzi e meno la saggistica”.
Per quanto riguarda l’anagrafica dei clienti, “è molto varia e ampia; va dai lettori molto piccoli alle signore e signori adulti. In generale chi frequenta di più la libreria ha un'età molto giovane che va dai 20 ai 40 anni”. Questo è un dato molto interessante se confrontato con quello di Sauro della Feltrinelli di Macerata, che lamenta proprio la mancanza di lettori appartenenti a questa fascia d’età. Un dato che aprirebbe una riflessione su un pubblico non così polarizzato e statico ma soggetto a cambiamenti anche in base alla tipologia, al tipo di offerta di una specifica libreria.
Visione che si ricollega la risposta di Agnese alla domanda: "Che cosa rappresenta oggi uno spazio come quello della libreria?"
"La libreria è uno spazio che deve essere sicuro, di condivisione, lo spazio curato in ogni suo piccolo dettaglio sia nella scelta di cose da proporre sia in quella dei titoli, dell’oggettistica e dell’estetica; deve essere uno spazio che abbia un senso e una personalità. Uno spazio da vivere dove le persone possono condividere le proprie idee le proprie storie come accade per esempio durante le presentazioni. Altrimenti una libreria quando non è vissuta, non è condivisa e perde un po’ il senso di esistere. Il gestire una libreria implica anche un altro aspetto fondamentale: l’essere consapevoli del potere che si ha dal momento in cui si lanciano dei messaggi".
“Fotomobil Box è macchina del tempo. È un contenitore di fotografia, un macchinario fotografico, una camera oscura e uno spazio espositivo”; questo è quanto si legge su una delle vetrate dello studio fotografico itinerante specializzato in ritratti su carta ai sali di argento, creato da Fabrizio Centioni e situato nei locali dell’ex Upim presso la Galleria del Commercio di Macerata.
Un luogo che richiede una scoperta graduale: inizialmente si entra in questa sorta di stanza aperta e accessibile a tutti i passanti, al cui centro è allestito un set fotografico con tutta la strumentazione moderna del caso (faretti, flash, ombrelli ecc.). In questo spazio, a prevalere è una luce bianca che ammanta le pareti sulle quali è possibile osservare una costellazione di inusuali e affascinati ritratti fotografici. La patina d’antan ottocentesca di quest’ultimi, fa già intuire che c’è un microcosmo ancora tutto da scoprire attraverso un percorso.
Chi decide di proseguire e addentrarsi, si renderà conto di stare in un’anticamera: sia nel senso di una zona d’ingresso, sia nel senso di stare davanti alla ‘camera’, ossia l’obiettivo. A suggerire la natura di questo posto sono due elementi: uno sgabello in bella vista su cui sedersi e mettersi in posa e una porta.
Dunque, seguendo i tempi del “percorso”, prima ci si accomoda qualche istante sullo sgabello per farsi scattare la foto, poi, una volta che Fabrizio dà il via libera, si può aprire la porta e si arriva in una stanza molto grande, dalle alte pareti. Qui, la luce bianca scompare per lasciare il posto a quella rossa: di colpo ci si ritrova nella camera oscura.
In questa stanza, che è una sorta di laboratorio alchemico, si rimane completamente affascinati dalla macchina progettata e costruita manualmente da Centioni stesso. Un meccanismo costituito dal quadrante in legno della messa a fuoco, ai carrelli in metallo su cui quest’ultimo scorre fino alla “punta di diamante”, che è l’obiettivo risalente ai primi anni del ‘900, quando ancora si stampavano fotografie di grande formato (a tal riguardo le dimensioni cui può arrivare questa macchina sono 51 x 60).
Dalla parte meccanica poi si giunge a quella dei ‘magici’ processi chimici che caratterizzano lo sviluppo fino all’ultimo passaggio, che si disvela come una sorpresa, una rivelazione finale. Riguardo quest’ultima si tace e s’invita a farne esperienza in prima persona.
Fotomobil, attraverso tecniche antiche e moderne, permette così di accedere a un’esplorazione inedita che è tecnica, temporale e infine è anche esplorazione della propria interiorità.
Come ha scritto Walter Benjamin nel suo saggio sulla storia della fotografia: “Solo con la fotografia facciamo esperienza dell’inconscio ottico, come solo con la psicoanalisi ci si dischiude l’inconscio pulsionale”.
L’Eurosuole di Civitanova e la Golden Plast di Potenza Picena, guidate dal patron Germano Ercoli, sono ormai aziende storiche e note a livello internazionale che si avviano a festeggiare rispettivamente cinquanta e trent’anni di attività, tra il prossimo anno e quello ancora di là. Non solo storiche ma anche tra le più produttive a livello di lavoro pro capite; basti pensare che solamente l’azienda specializzata nella produzione di compound termoplastici conta 47 dipendenti e 50 milioni di fatturato annuo.
Cifre dietro alle quali non c’è il solo calcolo economico, ma anche un altro fattore fondamentale che è l’essere umano, la sua valorizzazione in termini di rispetto e retribuzione. Da sempre, il patron delle due aziende ha portato avanti questo pensiero e non smette di farlo anche ora. Proprio nella mattinata di oggi, ha convocato la stampa per annunciare due misure prese a favore dei dipendenti di entrambe le imprese: il contratto integrativo aziendale e quella che l’amministratore stesso, ideandola, ha ribattezzato come la “piccola quattordicesima”.
Per quanto riguarda il contratto integrativo, quest’ultimo, è un accordo volontario tra i lavoratori e l’azienda che prevede delle condizioni migliori rispetto al contratto nazionale di lavoro. Nel caso specifico dell’Eurosuole e della Golden Plast, consiste in un premio che si aggira tra i 1000 e i 1300 euro, pagato in due tranche: la prima di solito a luglio/settembre e la seconda a dicembre, insieme alla tredicesima. Un’entità monetaria e un incentivo alla produttività sicuramente molto validi.
A lanciare la novità della “piccola quattordicesima” è stato Germano Ercoli, insieme alla figlia Raffaella Ercoli, Roberto Emidi, responsabile amministrativo della Golden Plast, Giorgio Ruffini, responsabile delle risorse umane presso Eurosuole e Piergiorgio Polenti, responsabile amministrazione finanza e controllo per la stessa azienda.
Questa misura, un tempo appannaggio delle sole categorie speciali, ribadisce ulteriormente quella linea di pensiero, tanto nobile quanto non così frequente, di una politica dove il lavoratore è a tutti gli effetti una risorsa. Ogni dipendente delle due società riceverà 700 euro nette, praticamente quasi la metà di uno stipendio medio, sotto forma di ticket restaurant, buoni pasto e buoni spesa.
La scelta di dare questa cifra nasce dalla consapevolezza sulla difficile situazione in cui si trovano molte famiglie: “In un momento come questo- ha dichiarato Ercoli- le famiglie faticano perché l’inflazione è alta, come anche gli interessi bancari; anche la questione energetica, con le spesa del gas, del metano ecc., grava sugli stipendi”. Si tratta di una premialità equa dove “si paga uno e si dà uno”.
Sempre il patron dell’Eurosuole, dopo un excursus allargato allo scenario globale lacerato drammaticamente da conflitti e disuguaglianze, ha concluso con una nota imperniata su una visione illuminata del binomio quantità-qualità: “Oggi quello che manca nei consumi, oltre che la quantità di spesa, è la serenità di spendere perché non c’è una certezza”.
"Se è vero che le piccole cose sono responsabili di grandi cambiamenti, sarebbe auspicabile che anche le altre aziende della regione, ognuna in base alla propria disponibilità, adottassero queste misure, creando così un terreno economicamente e umanamente fertile", ha concluso Ercoli.
Incredulità, interrogativi e indignazione aleggiano intorno alla storica concessionaria e officina Sciarra, che per cinquant’anni ha fornito macchine Ford a mezze Marche. Chi cerca di contattare telefonicamente la società, s’imbatte in un’attesa scandita da lunghi squilli che cadono puntualmente nel vuoto. Questo è ciò che avviene se si prova a chiamare la sede di Piediripa la quale, da ieri, su Google, reca la scritta “chiuso definitivamente”, andando così a completare la lista dei punti vendita Sciarra (Ford, Mazda, Cupra, Seat) che nel tempo hanno chiuso i battenti. Una lista che conta città distribuite su ben tre province: Ascoli Piceno, Fermo e Macerata.
Inoltre sul sito nazionale del colosso nordamericano Ford, in riferimento alle sedi di Piediripa in via Annibali e di Grottammare in via Ischia, c’è scritto: “Sciarra Spa non è più una concessionaria autorizzata dalla Ford a vendere veicoli Ford nuovi né può eseguire gratuitamente interventi in garanzia a favore dei clienti direttamente oppure tramite terzi”.
Sul ‘caso’ Sciarra si apre così una matrioska di quesiti e perplessità. Questo meccanismo di ‘interrogativo dentro l’interrogativo’ ha preso origine dalle segnalazioni di alcune persone che, dall’oggi al domani, nel giro di una settimana scarsa, hanno visto completamente smantellate, non solo la storica concessionaria auto ma anche la “Sciarra Motorcycles” della frazione maceratese .
Quest’ultima, addetta alla vendita di Moto KTM e MV Agusta, è stata inaugurata pochi mesi fa, con tanto di articoli che celebravano il successo della società. Oggi non c’è più nulla; solo l’insegna “Sciarra KTM” campeggia come memoria superstite. Fatto che ha lasciato sbigottiti e increduli tutti, attività commerciali del circondario, clienti, addetti ai lavori, chiunque non si spiega il perché di questa chiusura così drastica e repentina.
Procedendo verso il nucleo della vicenda, ci si imbatte in una situazione che è molto più complessa e grave: numerosi clienti, nei mesi precedenti, avevano ordinato delle auto pagandole in anticipo e, al momento di ritirarle, si sono ritrovati davanti a delle sedi totalmente dismesse, senza di fatto ricevere le vetture che spettavano loro. A oggi, la situazione è invariata; le auto non ci sono e gli acquirenti urlano a gran voce un chiarimento ufficiale e una celere risoluzione.
A tal riguardo, una testimonianza raccolta viene da un cliente: “Firmo un contratto a giugno, poi, a fine agosto, la concessionaria Sciarra di Piediripa mi chiama dicendo che la macchina era pronta e disponibile. Dunque, mi reco presso la sede, pago un primo bonifico, faccio il finanziamento. Nel frattempo, comunico che avrei venduto la mia macchina a giorni e poi avrei versato il secondo bonifico, una volta che la nuova vettura sarebbe stata targata. Al che, dopo pochi giorni, mi comunicano che l’auto era stata targata e quindi ho saldato l’importo totale, su un conto diverso dal primo, come da loro richiesto”.
Passano i giorni, passano le settimane e il venditore della concessionaria temporeggia continuamente, costringendo il cliente sopracitato ad attendere prima di dar via la sua vettura, per non rimanere senza mezzi. La durata dell’attesa inizia a destare qualche dubbio e quindi ad essere contattata, questa volta, è l’amministrazione. Anche quest’ultima adotta lo stesso atteggiamento di procrastinazione.
Ormai spazientito e con la volontà di far luce su questa sospensione temporale alla "Godot”, il cliente ha raccontato di essersi recato, direttamente dal vivo, presso la sede amministrativa di Grottammare: “A un certo punto, dal momento che al telefono non rispondevano più, sono andato direttamente di persona a Grottammare e lì si sono rifiutati di incontrarmi. Non trovando altre vie, ho chiamato i carabinieri che sono giunti sul posto. All’arrivo di quest’ultimi, è scesa una signora che ha assicurato che sarebbe stata una questione di giorni. Naturalmente la situazione non è cambiata e si sono intraprese le vie legali”.
La vettura in questione, come le altre che hanno riguardato gli altri casi, non sarebbe appartenuta a Sciarra ma a Ford, la quale, per insolvenza da parte della concessionaria, non avrebbe mai rilasciato il certificato di conformità. Dunque l’ipotesi riassuntiva è che Sciarra non avrebbe potuto vendere le auto in questione perché, non pagando la Ford, non avrebbe avuto il consenso, da parte del marchio costruttore, a immatricolarle. Da qui, dal ritiro completo di tutte le automobili da parte della Ford, si spiegherebbe l’effetto domino che ha poi coinvolto gli altri marchi come Mazda e KTM.
La parte lesa dei clienti sta attendendo una risposta ufficiale dalla Ford che, avendo ritirato le auto esposte nelle concessionarie Sciarra, dovrebbe farsi carico di ridistribuirle ai legittimi proprietari. La stessa casa madre, in merito alla vicenda, in una nota, invita a consultare il sito per qualsiasi “esigenza di acquisto e di assistenza”.
È indubbiamente triste e sintomatico di una questione più ampia assistere alla chiusura di una concessionaria, protagonista, per cinquant’anni, nel campo della vendita automobilistica. Tuttavia, l'epilogo di quest'epopea, che passa sopra la fiducia e i soldi dei clienti, parla da sé.
La gioielleria è una forma d’arte che affonda le sue radici nella storia dell’umanità; è una sfida tecnica e artistica, che si rinnova continuamente, integrando nuovi materiali, nuove forme, nuove tecnologie, ma senza perdere il contatto con la tradizione e il mestiere.
Tra le realtà che si occupano di quest'arte, spicca la gioielleria di Matteo Cartechini, nella centralissima Piazza XX Settembre di Civitanova. Fondata nel 2003, offre una vasta gamma di gioielli e orologi delle migliori marche, ma anche creazioni uniche ed esclusive, frutto della passione e della competenza del suo titolare e del suo staff.
A tal riguardo, il titolare, ispirato dalla tradizione familiare, ha intrapreso un corso di studi che lo ha portato a specializzarsi nello stratificato e ampio microcosmo delle gemme, diplomandosi come esperto gemmologo, presso il GIA (Gemological Institute of America).
Un'altra garanzia dell'alta qualità della gioielleria Cartechini, è il lavoro artigianale che si svolge quotidianamente nel ‘retrobottega’, nella fucina da cui si originano pezzi unici ed esclusivi, di pregiatissima fattezza, che sono il frutto della passione e della dedizione di una vita.
Per comprendere come prende forma l'affascinate genesi dei gioielli, dal disegno mentale, a quello grafico fino alla realizzazione attraverso i metalli e minerali più rari e preziosi, una testimonianza viene da Patrizia Ercoli, che, da circa vent’anni, con la sua professionalità e lunga esperienza, contribuisce a rendere le proposte della gioielleria particolarmente distinguibili per l'alto valore artistico.
Un percorso, il suo, che affonda le radici nell’infanzia: "Fin da piccola amavo il mondo della gioielleria. La passione è iniziata con il mondo delle monete ed è proseguita dopo le scuole medie iscrivendomi alla sezione metalli dell’Istituto d’Arte. Poi, questa strada della gioielleria mi ha portata a Valenza, che è uno dei distretti orafi più importanti. Dopodiché ho proseguito approfondendo la tecnica dell’incastonatura dei diamanti e creando gioielli per alcune tra le più famose aziende".
Ha poi proseguito raccontando nel dettaglio come avviene tutto il processo creativo che porta all'elaborazione di un pezzo esclusivo, d’alta gioielleria: "Quando si parla di alta gioielleria, si inizia dai disegni, che in sostanza sono equiparabili a dei quadri. Trattandosi di pezzi unici, si va a fare un disegno particolarmente realistico in modo tale che, durante il processo di realizzazione, è possibile avere un’idea concreta di com’è e di come sarà: dal disegno alla realtà non c’è molta differenza".
Infine, sempre Patrizia, da persona del mestiere, che ha profonda coscienza della dimensione del segno, delle proprietà e duttilità dei materiali, ha aperto una questione cruciale sulla figura del designer di gioielli e dell’orefice:
"Ultimamente stanno sempre più prendendo piede i disegni 3D attraverso tutto un sistema computerizzato; da qui ne consegue la potenziale e progressiva scomparsa della figura del disegnatore a mano. E questo è un peccato perché c’è racchiusa tutta la storia della gioielleria".
Dunque, le gioiellerie, nella fattispecie Cartechini, sono, più che mai oggi, dei luoghi-scrigno di altissimo valore artigianale, commerciale e storico in cui portare avanti e custodire una tradizione che esiste da quando esiste l'essere umano, con le sue inimitabili abilità manuali e ancor prima con la sua creatività.
Tutto ciò si dischiude nelle parole di Daniele Villani, raffinatissimo orafo d'eccellenza, di una perizia d'altri tempi, quasi medievale, che, da cinquant’anni, ogni giorno, fa questo mestiere, dedito a lavorare nel laboratorio al piano superiore della gioielleria: "Da qui sono cinquanta anni che ci buttiamo sul banchetto a cercare di fare cose sempre più precise belle e curate”.
La cucina è una scienza gentile, che non ha bisogno di grandi dottrine, ma di buon gusto e di buon senso. Virtù, quest’ultime, rintracciabili in molti piatti tipici delle regioni italiane, che esprimono la varietà e la ricchezza del territorio, dei prodotti locali e delle influenze storiche le quali rimandano a un ricettario che fa capo a un crocevia di popoli e culture.
Tra le molteplici eccellenze che costellano la regione Marche, una che merita particolare attenzione è quella del ristorante pizzeria VaiMò a Civitanova. Qui, la gastronomia si distingue per il binomio vincente della qualità e della freschezza, capace di valorizzare perfettamente i prodotti della terra e del mare, in una rosa di piatti che conquistano ‘irreversibilmente’ il palato di chi ha la fortuna di capitarci e, da quel momento in poi, l’abitudine di tornarci.
Come si sa, un locale assume una peculiare atmosfera, delle specifiche caratteristiche grazie alla visione, al vissuto e alle passioni di chi lo ha ideato e realizzato. Se, varcando la soglia di VaiMò, sin dal primo passo, si percepisce un clima molto accogliente, familiare, dove si sprigiona un tripudio di profumi che riconducono immediatamente alla prelibatezza del cibo, il merito va al titolare Francesco Ruoppo, per tutti Franco.
Quest’ultimo, col garbo e la raffinatezza di chi sa accogliere i suoi clienti, ha raccontato la storia del ristorante, che è anche una parte fondante della sua vita e che affonda le radici in una scelta di famiglia:
“La storia è partita nel 1974 quando mia sorella ha aperto un ristorante e una pizzeria a San Benedetto, all’epoca la prima pizzeria della zona col forno a legna, e da lì ci ha trascinati tutti quanti a intraprendere questo lavoro”. Un filo rosso della ristorazione che è proseguito nel 1984 quando Franco ha rilevato la Grotta Azzurra a Sant’Elpidio per poi approdare a Civitanova e dar vita alla trentennale storia di VaiMò con “tanta soddisfazione e anche tanti sacrifici”, come il titolare ha tenuto a specificare.
Per quanto concerne il menù, occorre solo lasciarsi andare e provare le specialità proposte, che spaziano dalla vera pizza napoletana cotta a legna a speciali antipasti e primi di pesce fresco e carne, con la pasta rigorosamente fatta in casa, a una vasta e prelibatissima gamma di secondi fino ai dolci tradizionali. Il tutto accompagnato da una selezione di vini che esaltano i sapori e le fragranze dei piatti.
La risposta di Franco alla domanda su quale sia il piatto forte, è significativa del modo di cucinare e ancor prima del modo di intendere il significato e lo scopo del servire un piatto ai clienti:
“Noi facciamo una cucina espressa; in base a quello che il mare e la terra, in una determinata stagione, ci offrono. Inutile che proponi gli asparagi nel mese di agosto quando questi in natura non si trovano e dunque sono sicuramente un prodotto surgelato. Ci sono comunque dei punti fissi; per esempio, il pane, gli scialatielli, gli gnocchi, le olive ascolane e molto altro che li facciamo a mano da una vita”.
È proprio in virtù di questa concezione che nel lungo corso degli anni si è creata una clientela affezionatissima, di tutte le età, “dal bambino di due mesi al signore di cento anni”, a volti noti del mondo dello spettacolo e dello sport, come il campione del mondo di pallavolo, Simone Anzani, incontrato durante questo servizio, in compagnia di sua moglie Carolina Fanni. .
Una folta clientela che entra nella sala col sorriso di chi viene qui per concedersi uno spazio di benessere e appagamento dei sensi. In quest'ottica la parola “ristorante” da sostantivo si trasforma in participio col significato di “ritemprante”, “rinvigorente” sia per il corpo che per lo spirito.
La ripetizione incessante di certe parole, che in ambito cronachistico e politico spesso diventano formule cristallizzate, porta con sé una doppia questione: da un lato è segno di un fenomeno che si ripete come meccanismo ancora privo di risoluzione, dall’altro si va su un piano comunicativo dove questa ripetizione gioca un brutto scherzo alla coscienza collettiva, che si ritrova a pronunciare delle espressioni senza più la cognizione concreta, la vividezza del vissuto cui quest’ultime rimandano.
La reiterazione si fa dramma contemporaneo quando le parole in questione sono: femminicidio, violenza sulle donne, violenza sessuale, persecuzione, disparità di genere.
La violenza riversata sulle donne non è un evento episodico, né emergenziale, ha a che fare con un problema di natura strutturale. Lo testimoniano le denunce di molestie quotidiane, i dati dell’Istat, secondo cui in Italia una donna su tre ne è stata vittima nel corso della vita. Dati che non contano le violenze consumate ogni giorno nella penombra muta delle mura domestiche.
Dopo l’ultimo assassinio, che ha visto la morte di Giulia Cecchettin, si è ritenuto importante raccogliere la voce proveniente dalle scuole, da un luogo di fondamentale importanza in cui le studentesse e gli studenti di oggi sono, già ora, le donne e gli uomini di domani.
In questo caso, l’istituto in questione è l’ITE A. Gentili, dove la dirigente scolastica, Alessandra Gattari, ha espresso la sua posizione, ponendo l’accento su come la violenza, che spesso culmina nel femminicidio, esiste da lungo corso. Da qui la necessità di progetti organici, attenti alla complessità di certi meccanismi:
“La tematica in questione non esplode adesso con la tragicità di questo evento; l’Istituto l'aveva già presa a cuore da tempo in un contesto di educazione alle relazioni, al rispetto e alla prevenzione con progetti che erano già attivi in passato e che adesso si andranno a incrementare”.
Proprio nelle aule della scuola, dai suoi protagonisti che le animano, parte la necessità di prendere coscienza e confrontarsi su questo fenomeno, su cui è intervenuta anche Aurora del 5°:
“Da studentessa penso che a scuola sarebbe necessario sensibilizzare e portare avanti determinati progetti andando ad aiutare fattivamente gli studenti e le studentesse a capire meglio questa tipologia di accaduti e a prendere delle iniziative a riguardo”.
Un dare particolare importanza al confronto come chiave di lettura e risoluzione che è confermato da Lohan sempre del 5°:
“Ne abbiano parlato in classe con il nostro docente d’italiano Matteo Medori e aver sentito il parere di altri ragazzi mi ha aiutato a chiarirmi le idee su questo argomento”. Ha poi riportato a esempio una delle molteplici iniziative: “Lo scorso anno abbiamo aderito a un progetto sulla Carmen dove abbiamo chiamato un esperto della lirica che ha fatto un approfondimento sulla figura femminile della Carmen e il messaggio che vuole trasmettere. Abbiamo realizzato video e ricerche sulle donne che sono riuscite ad avere la meglio su questo mondo maschilista”.
Si tratta di “riflettere su quanto accaduto ma soprattutto sul perché è accaduto e su come ci si debba muovere per poter intervenire”, come ha dichiarato la dirigente Gattari.
È un fatto sintomatico quanto tragico dover aprire dei dibattiti e rivedere delle leggi quando un dramma si è già consumato. Lo è ancora di più quando la questione riguarda l’uccisione di una donna per mano di un uomo.
Ogni anno, in Italia, centinaia di donne perdono la vita a causa di uomini che si ritengono padroni del loro destino. Secondo i dati Istat, nel 2021 sono stati 104 i femminicidi, di cui il 58,8% commessi da partner o ex partner. Significativo, a tal proposito, è che nel codice penale italiano la parola “femminicidio” non è prevista e così l’assassinio di una donna ricade sotto il più generico reato di omicidio con le diverse aggravanti.
Riguardo l’ultimo efferato delitto di questo tipo, che ha riguardato la vita della studentessa ventiduenne Giulia Cecchettin, si è sentita la necessità di andare ad ascoltare la voce delle studentesse, degli studenti e dei dirigenti, la loro visione, i loro timori e le loro iniziative; nella fattispecie le testimonianze raccolte vengono dal “Liceo Scientifico G.Galilei” di Macerata. Queste le parole di Viola Ramaccioni del 4°M: "Sono contenta di essere donna, sono orgogliosa di esserlo. Essere donna mi piace così tanto che a volte, dico a volte, mi fermo a pensare e capisco che molte cose non mi vanno più giù. Non mi va più giù sapere che il mio ‘no’ vale meno di quello di un uomo, non mi va più giù accendere la TV e ogni tre giorni vedere al telegiornale un nuovo volto femminile con scritto sotto ‘ennesimo femminicidio del 2023’. Tutto è rimasto più o meno uguale".
La dirigente Roberta Ciampechini ha messo in evidenza l’importanza del ruolo della scuola come luogo in cui confrontarsi e formarsi e il bisogno di riscoprire un’emotività, un’educazione sentimentale che nella società attuale manca: "Siamo stati davvero molto colpiti dall’evento; la scuola sente con particolare attenzione il fatto avvenuto soprattutto perché si tratta di una studentessa e quindi poteva capitare a qualunque delle nostre studentesse presenti al Liceo. Nella società prevale il motore dell’economia rispetto a quello dei sentimenti quindi ritengo che sia da riscoprire un’emotività vera e quindi una serie di valori che, purtroppo, nel corso degli anni si sono persi. Quindi è importante educare nuovamente all’affettività e al recupero delle emozioni. C’è bisogno di riscoprire quella che è l’amicizia, l’amore".
Un’altra preziosa testimonianza è quella di Maria Celeste Ercoli del 5°M, ex rappresentante d’Istituto, che ha sollevato la questione dell’ancora accentuato divario di genere, esprimendo tutta la sua angoscia per il drammatico episodio che può segnare la vita di qualsiasi ragazza: "Mi sento molto a disagio riguardo alla situazione perché come studentessa l’idea di essere come lei e correre il rischio di subire le sue stesse violenze mi spaventa. Che questo accada ancora, attualmente nella nostra società mi delude profondamente. Dovremmo superare questo divario di genere tra uomo e donna e tutte le sofferenze che la donna può passare soltanto per il fatto di essere donna".
La lotta al femminicidio e alle violenze fisiche e sessuali (Il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale) è universale, riguarda in primo luogo l’essere umani, in tutte le sue declinazioni, anche quella maschile.
A tal riguardo, è intervenuto l’attuale rappresentante d’Istituto, Francesco Pastillo del 4°E che è in prima linea, insieme con gli altri studenti e studentesse, su questo fronte attraverso una serie di progetti che sono nati da una risposta spontanea e collettiva, in reazione a un'ennesima, inaccettabile notizia: "Dal punto di vista maschile è stato qualcosa di duro, senza dubbio bruttissimo perché una violenza di questo genere in Italia, nel 2023, non può essere accettata, non doveva essere accettata ieri, e non potrà sicuramente essere accettata domani. Esprimo il mio cordoglio verso la famiglia".
“Senza la comunità vicino non sarebbe stato possibile realizzare tutto questo. Per cui un ringraziamento speciale va a tutte le persone che fino a ieri sera hanno lavorato per la realizzazione di questo progetto. Quando c’è la voglia di fare bene, questo arriva”.
Queste le parole di Veronica Berti, vicepresidente della Andrea Bocelli Foundation, in occasione dell’inaugurazione della nuova scuola dell’infanzia ZeroSei di Sforzacosta, tenutasi nella mattinata di oggi, 22 novembre .
Una struttura moderna, che guarda alle mutate esigenze di uno scenario globale in termini di risorse energetiche e tutela dell’ambiente. Una scuola, realizzata in 150 giorni, fortemente voluta e commissionata dall’ente filantropico sopra menzionato, fondato dal celebre tenore toscano, dove le parole ‘ comunità’ e ‘bene’ sono le chiavi di volta dell’intero edificio.
Non si è trattato solo di costruire, ma anche di riqualificare l’esistente, come ha dichiarato la vicepresidente Berti: “Costruire, veder nascere una struttura da zero, è un atto meraviglioso perché è qualcosa che realmente edifica; è importante per il territorio, così come riqualificare le strutture già esistenti e funzionanti”.
Tra i partecipanti all’evento inaugurale il sindaco Sandro Parcaroli con la sua giunta comunale e il commissario straordinario alla ricostruzione post sisma Guido Castelli: “Questa non è solo l’inaugurazione di una meravigliosa scuola ma è anche una proposta educativa e pedagogica che nasce a Sforzacosta grazie all’intelligenza di chi, anche insieme a grandi architetti, pedagogisti, riesce a creare le condizioni per cui i bambini, la comunità e le famiglie stringano delle relazioni”.
Presenti anche volti noti del mondo dello spettacolo come Carmine Recano, protagonista della celebre serie “ Mare Fuori” e il prestigiatore e attore Andrea Paris finalista di Italia's Got Talent e vincitore di Tú sí que vales.
La scuola, che ospiterà asilo nido e scuola dell’infanzia, è il primo dei due lotti dell’“ABF Hub Educativo 0-11”, un progetto innovativo, che prevedrà anche la creazione di laboratori di musica, arte e tecnologia, aperti sia agli studenti che alla comunità. L’obiettivo è quello di offrire ai bambini e alle famiglie un ambiente culturale stimolante improntato alla creatività, a un confronto e sviluppo critici.
La nuova scuola è stata progettata secondo criteri pedagogici e architettonici all’avanguardia, con un ambiente concepito per favorire le relazioni e valorizzare la bellezza unitamente alla funzionalità degli spazi, dotati di arredi e materiali di alta qualità, da un design funzionale e attrezzature tecnologiche nonché una vasta gamma di strumenti musicali.
L’inaugurazione di questo spazio sancisce un dono prezioso per i bambini e per l’intera comunità residente in questa zona di Macerata, che potranno così ripartire con un nuovo slancio verso un orizzonte di speranza edificante.
Sforzacosta ha una nuova scuola dell'infanzia. Un progetto innovativo della Fondazione Andrea Bocelli
“L’ Associazione Commercianti Macerata non è solo strutturata per creare gli eventi, anzi; nasce dall’esigenza di far comprendere che le attività commerciali sono un tessuto estremamente importante delle città e di Macerata. Occorrerebbe considerare ogni attività commerciale come delle piccole e medie imprese, che in Italia costituiscono il 98,2% del prodotto interno lordo”.
Osservazione fatta da Paolo Petrini, presidente della neonata ACM, Associazione Commercianti Macerata, presentata ufficialmente questa mattina durante la conferenza stampa presso la sala attività produttive del Comune.
Lo scopo dell’associazione è quello di farsi interprete, per la prima volta, di tutte le categorie commerciali e intessere un dialogo che attraversi le varie problematiche individuando insieme le soluzioni. Tutto questo attraverso la stesura di un programma che non guarda ai singoli eventi, ma a una programmazione a lungo raggio, stabile e improntata a una cooperazione prolifica tra i vari ambiti: da quello commerciale a quello culturale fino ai pubblici spettacoli.
Alla base c’è un’esigenza di ricreare in maniera organica un tessuto commerciale che non riguardi solo il centro, ma anche le zone più periferiche, come ha puntualizzato il vicepresidente Alceo Taruschio: “Non lavoriamo per piccole zone ma collaboriamo in modo da animare tutta la città; se va avanti la periferia va avanti il centro e viceversa. Tutti devono essere coinvolti, è un’associazione che nasce per essere inclusiva. D’altronde, la città senza il commercio è una città destinata a morire, il commercio senza città, quindi senza popolazione, sparisce”.
Se la città tornasse a essere popolata, i commercianti godrebbero di un ritorno e dunque anche il Comune, con l’importante conseguenza di un investimento nei prodotti di alta qualità e proposte più ricercate e attente alle esigenze delle persone. Non più una standardizzazione applicata a priori ma ripartire dalle peculiarità, dall’identità di Macerata stessa per portare il più possibile a compimento le sue potenzialità.
Per far sì che questo avvenga occorre che ci sia un mutuo soccorso come ha ribadito il segretario Andrea Di Basilico: “Il muto soccorso è la cosa più importante. È necessario un sentimento di forte coesione e andare avanti verso una dimensione comune: riportare gente nel centro e nella città di Macerata”.
Su questa linea di collaborazione sembra concordare anche l’assessore al commercio Laura Laviano, presente alla conferenza: “È fondamentale cominciare a collaborare insieme per ridare vita a un commercio che, va detto, è cambiato in tutta Italia; dire che il centro storico si è spopolato per colpa delle amministrazioni mi sembra riduttivo; le problematiche sono molte. Credo che quello che oggi avete detto sia alla base di una collaborazione proficua”, ha detto rivolgendosi ai partecipanti dell’associazione.
Uno degli obiettivi principali dunque, è quello di riportare Macerata all’altezza della sua capacità ricettiva e attrattiva, ruolo che in primo luogo spetta da sempre alle attività commerciali. A tal riguardo il tesoriere Maurizio Scuccimarra ha dichiarato: “Vorremo fornire al Comune, che per disparati motivi ne è sprovvisto, delle informazioni che possano riguardare la viabilità, la vita locale e tutta una serie di realtà affinché Macerata possa rendersi una città più attrattiva, non solo per il turista che viene”.
Entrare a far parte di ACM significa poter dar voce alle proprie opinioni e visioni non solo dare esressione a quest’ultime ma anche condividerle e portarle su un piano di azione attraverso un programma dettagliato e condiviso. Significa ricevere sostegno e, soprattutto, tessere una rete che finora non ha avuto né una vera sede né un movimento veramente strutturato.
Per realizzare tutto ciò, l’associazione ha deciso di programmare il periodo natalizio: un’occasione importante dal punto di vista simbolico ed economico.
Le possibilità di significato che possono generarsi da un segno grafico cambiato di posizione sono innumerevoli e generano interminabili meditazioni dallo spazio profondo; è ciò che avviene nel titolo della mostra “8 volti per l’∞” (“Otto volti per l’Infinito”) la cui inaugurazione si terrà sabato 18 novembre alle ore 17 presso la sala degli Antichi Forni di Macerata e rimarrà aperta fino al 26 dello stesso mese. L’esposizione, patrocinata dal Comune e organizzata dal presidente della Pro Loco Macerata Luciano Cartechini, è nata da un'idea collettiva degli artisti partecipanti:
Anna Calcaterra, Gionata Copparo, Gianni Paletti, Loris Paolucci, Giuseppe Ponzelli, Marco Riccitelli, Marco Spaccesi e Gabriella Zagaglia le cui opere costelleranno le pareti della Galleria. Nella prefazione scritta da Gabriella Zagaglia all’interno del depliant si può trovare la chiave di lettura da cui partire (e a cui tornare) per muovere i passi attraverso il percorso espositivo; ovvero l’interrogarsi sul senso dell’“oltre”, del limite e del suo continuo superamento, anche in relazione alle attuali e ambigue innovazioni tecnologiche, intelligenza artificiale in primo luogo.
Un ‘oltre’ che “richiede risposte, perché l’infinito è sempre presente dentro di noi. In otto ci abbiamo provato, nel modo che ci è più congeniale: l’arte. Abbiamo raccolto la sfida più grande, quella che ci appartiene, in quanto essere imperfetti, ma unici e insostituibili”.
Dunque, un gruppo dai percorsi artistici ed esistenziali eterogenei, segnato da una molteplicità di prospettive, di stili e tecniche, che vanno dal figurativo, all’astratto geometrico, all’informale fino alla scultura e al microcosmo delle particelle subatomiche dell’arte quantistica.
Si oltrepassa così la questione di comunanza stilistica in direzione di una più ampia esigenza di ricerca che sottende l’atto creativo e che si fa testimonianza di una temporalità in cui convivono e si rinnovano privatezza e universalità.
Una mostra che offre la possibilità di riflettere sul concetto d’ ‘infinito’ e di osservare come questo sia esplorato personalmente e intimamente in quello che è l’abisso mistico della tela, della materia stendibile e modellabile, in cui coesistono lo studio lento, costante e nello stesso tempo i raptus, le epifanie improvvise.
La necessità di riunirsi di questi “otto volti” e dar vita a questa esposizione è pertanto un vero e proprio atto costruttivo nella misura in cui ci si ritrova a dialogo e si creano degli spazi mentali e fisici, degli arcipelaghi di vissuti privati e condivisi.
In un presente dove l’intelligenza artificiale fa sì che gli ‘strumenti umani’ si atrofizzino e si perdano per un allontanamento sempre maggiore dalla realtà, dalla sua componente materiale, la mostra in questione è la testimonianza che quest’ultima può ancora essere fonte di un’ispirazione che mette in contatto l’essere umano con l’essere cosmico, le visioni ultraterrene con quelle profondamente umane.,L’evento, gratuito, vuole essere una preziosa occasione di confronto aperta a tutta la cittadinanza.