di Arianna Pannocchia

Sabrina De Padova, la consigliera fuori dal coro per il rilancio di Macerata: "La città si sta svuotando"

Sabrina De Padova, la consigliera fuori dal coro per il rilancio di Macerata: "La città si sta svuotando"

La diversità dei punti di vista non è tanto vedere ciò che gli altri non vedono quanto piuttosto interpretare e giudicare diversamente ciò che tutti vedono, eccezione fatta per una causa di natura patologica. A questo punto, un dubbio sorge circa la natura del punto di vista dell’attuale giunta comunale di Macerata: un'anomalia del nervo ottico o interpretativa? Un interrogativo che viene spontaneo quando, di fronte alle osservazioni della consigliera di maggioranza Sabrina De Padova (eletta con la civica di Parcaroli) per cui “basta varcare i Cancelli e rendersi conto che Macerata è un mortorio, che si sta svuotando”, la giunta risponde che non è così, che tutto va bene. Non solo: quest’ultima, ignara di una situazione critica accusata dalla quasi totalità dei cittadini, commercianti in primis, ha bocciato tutti i punti dell’ordine del giorno che la consigliera ha proposto durante la seduta del 31 ottobre in seguito a un costante lavoro sul ‘campo’, raccogliendo il disagio delle varie categorie sociali nell’ottica di una critica e dialogo costruttivi. Una bocciatura che si potrebbe dire sinonimo di scarsa capacità di analisi della realtà esterna e di autoanalisi dal momento che le proposte riguardano questioni oggettivamente essenziali per il benessere e lo sviluppo della città. Come accennato in apertura, una tematica richiamata all’attenzione è stata quella inerente al centro storico, che versa in una situazione di grave crisi, con una morìa di attività commerciali che lasciano spazio a vetrine vuote e serrande abbassate. A tal riguardo Sabrina De Padova ha preso a esempio la pescheria che si trova a sinistra dopo i cancelli dove le proprietarie ogni giorno fanno un sacrificio nel tenere aperta l'attività “perché il centro è vuoto, non ci sono clienti”. Ha poi messo in evidenza un’altra problematica cruciale riportando sempre la voce di disagio delle stesse proprietarie- disagio sentito coralmente dai negozianti-: “più volte una delle titolari si è lamentata della mancanza di convenzioni per i commercianti per quanto concerne i parcheggi. Non solo quest’ultime mancano, ma l’Apm ha persino aumentato le tariffe”. Una misura che, come ha sottolineato la consigliera, non incentiva il flusso verso il centro storico e che ha creato malumori anche tra gli studenti universitari. Per quanto concerne questi ultimi, ha avanzato una serie di proposte come “quella di calmierare il costo degli affitti, per rendere la città più accessibile e vivibile. Macerata ha una grande risorsa, che sono gli studenti universitari, ma spesso questi vengono trascurati. Invece di allontanarli, dovremmo cercare di favorirli, offrendo loro alloggi adeguati, spazi di confronto e di cultura”. Ha poi messo sotto una lente critica il totale scollamento che sussiste tra il Comune e un’istituzione come l’Università che per Macerata è vitale, oltreché importantissima fonte di ricchezza per tutte le realtà cittadine, se ci fosse un’effettiva volontà di collaborazione da parte del Comune. De Padova è entrata infine nelle dinamiche fondanti che muovono gli ingranaggi degli organi preposti alla gestione culturale e che, più in generale, sono sintomatiche di un modo di rapportarsi e agire: “C'è una commissione cultura inesistente, dove la presidentessa e gli altri assessori espongono un elenco di punti già compiuto, finito, che non lascia spazio alla messa in discussione, al confronto. Manca una programmazione organica, annuale; non si può procedere per eventi singoli che nascono e finiscono lì, senza apportare nulla”. Fatto ancor più grave è che, nel bocciare una delle proposte dell’ordine del giorno che prevede di rendere noto, con un anno di anticipo, il calendario degli eventi, così da permettere agli investitori di avviare le loro attività commerciali, la giunta ha dimostrato di non conoscere nemmeno il proprio programma elettorale dato che era uno degli obiettivi previsti.  Pertanto, le numerose questioni portate sul tavolo di confronto sono rimbalzate contro un muro di soliloqui e incomprensioni oltreché ineleganza. Proprio quelle caratteristiche che si dicono antitetiche ai principi fondanti delle politica: “Si nega ciò che è una palese evidenza, senza minimamente confrontarsi e condividere. Due verbi sconosciuti agli assessori; non si può chiudere gli occhi e far finta di niente” ha dichiarato la De Padova. Nella convinzione che le sfide lanciate siano preziose occasioni di aperture e accrescimento (persino spirituale), volendo riporre fiducia nei buoni intenti dell’assessorato e nell’origine stessa del nome ‘Sandro’, ossia “protettore”, si auspica che la giunta intraprenda questo cammino di apertura virtuosa nei prossimi due anni.

04/11/2023 12:08
Alla trattoria Da Luigi una cena 'da film' con Rino Barillari: tra prelibatezze romane e colpi di scena (FOTO e VIDEO)

Alla trattoria Da Luigi una cena 'da film' con Rino Barillari: tra prelibatezze romane e colpi di scena (FOTO e VIDEO)

Roma, fine ottobre. Nonostante la piena stagione autunnale, l’aria nella città eterna è ancora tiepida e invita a godersi una cena all’aperto. Tra le innumerevoli opzioni che la capitale offre, una in particolar modo, fin dagli albori, richiama il passo dei buon capitati e li conquista per sempre: la Trattoria Da Luigi, situata nella suggestiva Piazza Sforza Cesarini, a due passi da Piazza Navona, quasi a formare sulla mappa uno speciale ‘triangolo’ con l’altro vertice che è Campo de’ Fiori. Insieme a Guido Picchio e Don Felice, si è deciso di seguire questo ‘mistico’ itinerario e, sul far della sera, proprio Da Luigi, in un dehors dall’atmosfera intima e sospesa tra l’oggi e la memoria di una Roma felliniana, ci troviamo al tavolo con un ospite che qui è di casa e che della ‘dolce vita’, e non solo, ha immortalato le scene più evocative, passate alla storia: il fotografo e "re dei paparazzi" Rino Barillari. Davanti a un menù in cui regna la tradizione della miglior cucina romana e italiana, un’altra fortuna è stata quella di poter apprendere la storia di questo luogo-scrigno delle prelibatezze e dei racconti inediti di vite famose direttamente dai fratelli proprietari Giuseppe e Gerardo. La Trattoria da Luigi è nata intorno al 1957 per volontà del vecchio e omonimo proprietario, come punto d’incontro e di ritrovo tra le persone della zona; infatti, inizialmente, la clientela portava da casa il cibo e veniva in sostanza per conversare e bere, soprattutto birra. Successivamente decise di rendere più grande e strutturato il locale, specializzandosi su alcuni piatti tipici della tradizione romana. Nel 1979 la trattoria venne rilevata dallo zio di Giuseppe e Gerardo - tutti originari della Basilicata - che ne mantenne lo spirito e lo stile, senza apportare modifiche sostanziali né all’arredo né al menù: un repertorio che va dai tonnarelli cacio e pepe, amatriciana, carbonara, penne all’arrabbiata agli spaghetti al gorgonzola e molto altro fino a una scelta ben selezionata di secondi che, al posto dell’elenco, si invita ad assaporare direttamente dal vivo in tutta la loro bontà. A partire dal 1984, la gestione diretta passò ai nipoti. Da allora la "Trattoria da Luigi" ha continuato a crescere e ad affermarsi come uno dei ristoranti più rinomati della capitale, non tanto per promozione pubblicitaria quanto grazie al più autentico e intimo ‘passaparola’ dei clienti soddisfatti e alla presenza di numerosi ospiti illustri del jet set nazionale e internazionale, tra cui attori, attrici e personaggi famosi. A tal riguardo basta fare un giro all’interno della trattoria e osservare le pareti tappezzate di foto: Mel Gibson, Lina Wertmuller, Paolo Poli, Renato Zero… e una lista che potrebbe continuare per moltissimi nomi. Tornando alla cena, tra una gradevolissima bottiglia di ‘Greco di Tufo’ e un’altra, guardandosi intorno, ci si rende conto che, tra la folta platea di persone sedute ai tavoli, si scorgono qua e là volti noti del mondo del giornalismo, della politica e dello spettacolo tra cui l’ex conduttrice del Tg1 Maria Luisa Busi, Marco Travaglio, l’ex ministro Giuseppe Spadafora e poi... il coup de théâtre, la scena dentro la scena in un gioco di punti di vista e angolature. Proprio mentre Giuseppe il proprietario racconta la storia del suo locale, all’improvviso, accanto al tavolo passano l’attrice Monica Guerritore e l’attore e regista Gabriele Lavia i quali si avvicinano a Barillari per salutarlo con molto affetto; “Ti voglio baciare anche io” dice la Guerritore. Non solo, la scena continua in unico piano sequenza che l’infallibile occhio di Guido Picchio filma col telefono: il re dei paparazzi, con una classe unica, sfodera la sua macchina fotografica e inizia a scattare mentre la coppia, abbracciata, cammina in direzione del suo obiettivo concedendosi un bacio finale. Un finale da piccolo idillio cinematografico, avvolto da una scenografia che solo la città eterna, solo questa trattoria speciale chiamata ‘Da Luigi’, può regalare.  

29/10/2023 11:40
Raccontare la guerra: Angeli, Picchio e Padre Moretti al concorso letterario dell'ambasciata afghana (FOTO)

Raccontare la guerra: Angeli, Picchio e Padre Moretti al concorso letterario dell'ambasciata afghana (FOTO)

“Afghanistan, ieri, oggi e soprattutto domani” è il titolo del Concorso letterario tenutosi lo scorso venerdì 20 ottobre presso l’ambasciata afghana a Roma. L’evento rientra in una serie di iniziative intraprese dall’ambasciatore Khaled Ahmad Zekriya volte a fornire una chiave di lettura e di confronto sull’attuale situazione del Paese. Dunque, una ‘tavola rotonda’ improntata non solo all’analisi del presente ma anche e soprattutto agli interrogativi che quest’ultimo tragicamente impone; da qui la necessità di ripercorrere gli ultimi vent’anni di storia cercando, allo stesso tempo, di precorrere il futuro nella misura in cui a fare da guida è la domanda “cosa possiamo fare per aiutare l’Afghanistan?”. Domanda da cui ha preso avvio il dibattito e che, a sua volta, ha inevitabilmente aperto una riflessione su che cosa significa- in quanto occidentali- ‘prestare aiuto’ al popolo di questa terra oppressa dal governo talebano. Gherardo Lazzeri, editore LoGisma, ha spiegato il senso di questo Concorso letterario in cui i libri candidati, che vanno dalla sezione ‘Romanzi’, a quella dei ‘Reportage’, alla sezione ‘Storia’ sino alla ‘Fotografia, sono il risultato di un legame profondo che gli autori hanno maturato rispetto alla realtà sociale e culturale dell'Afghanistan. “La tavola rotonda che abbiamo organizzato intorno a questo concorso letterario- ha affermato sempre Lazzeri- non ha uno scopo commerciale, ma vuole essere un'occasione di riflessione sulla drammaticità della condizione afghana”.  E ancora “Il senso più profondo di questo premio è quindi umanitario, perché crediamo che solo persone informate e consapevoli possano contribuire a costruire un futuro migliore per un Paese ancora lontano dal raggiungere il sogno di libertà, autonomia e indipendenza”. Tra gli invitati, alcuni fra i maggiori reporter di guerra come Maria Clara Mussa, Franco Bucarelli, Daniela Binello e molti altri giornalisti che si sono occupati della questione afghana. In rappresentanza della comunità dell’Afghanistan a Roma, oltre all’ambasciatore, seduta in prima fila, ha partecipato la principessa Soraya Malek d’Afghanistan. Tra gli ospiti anche Carmelo Burgio, generale italiano insignito di Croce d’oro al merito dell’Arma dei Carabinieri, Erika Monticone, gender advisor per lunghi periodi ad Herat, l’europarlamentare Anna Cinzia Bonfrisco, la senatrice Cinzia Pellegrino e il barnabita padre Giovanni Scalese . Dulcis in fundo un trio tutto al marchigiano costituito da due maceratesi e un recanatese. Nello specifico si tratta di Andrea Angeli, Guido Picchio e il sacerdote barnabita Giuseppe Moretti. Tutti e tre, guidati ognuno dalle proprie competenze e vocazioni, si sono ritrovati per periodi più o meno lunghi proprio in Afghanistan e da questo vissuto ne hanno riportato delle testimonianze che valgono letteralmente una vita, la vita. A proposito di quest’ultima, quella di Andrea Angeli è segnata da una geografia che, per lavoro, lo ha portato a spostarsi in numerose nazioni del mondo dove spesso il dramma dei conflitti riduce i popoli, insieme con le bellezze artistiche e paesaggistiche, sotto il peso di macerie fisiche e morali. Ha indossato la ‘divisa’ dell’ONU in quattro continenti, operando come peacekeeper in Namibia, Cambogia, Timor Est e nella ex Jugoslavia, dove ha trascorso 14 anni tra guerre e ricostruzioni. Ha collaborato con le più importanti organizzazioni internazionali, come l’ONU, la NATO e il Ministero degli esteri italiano, svolgendo ruoli di rilievo a Santiago del Cile, nella Baghdad di Saddam Hussein e a New York. Inoltre, ha prestato la sua voce e la sua competenza all’OSCE in Albania, all’Autorità di Coalizione a Nassiriya, all’UE a Skopje e Kabul e, sempre in Afghanistan, è poi tornato come political advisor della NATO a Herat. Queste missioni si possono ripercorrere nelle pagine di diversi suoi libri tra cui “Kabul- Roma. Andata e ritorno (via Delhi)” e “Senza Pace. Da Nassiriya a Kabul storie in prima linea”; attraverso la sua scrittura, col garbo e l’umiltà di chi professionalmente e umanamente ha visto e vissuto molto, Angeli permette di affacciarsi non solo sulle dinamiche della storia, ma anche sul loro risvolto costituito dalle emozioni, dalle angosce e dalle aspirazioni di chi affronta situazioni di crisi, di violenza o di miseria che possono essere narrate solamente da chi le ha vissute in “prima linea”. Durante l'itinerario afghano e non solo, Angeli è stato affiancato dall’amico e foto reporter Guido Picchio che dalla realtà maceratese è arrivato a documentare con il suo obiettivo le atrocità della guerra in diversi paesi. Ha testimoniato le sofferenze e le speranze dei popoli dell’ex Jugoslavia, dell’Albania, del Kosovo e infine dell’Afghanistan. Qui, ha continuato a fotografare sul campo, recandosi più volte a Kabul e a Herat in un arco temporale che va dal 2001 al 2014 quando si è conclusa la missione ISAF dell’esercito italiano sul territorio afghano. Questi suoi scatti, che sono stati raccolti nel libro“Afghanistan- Italia ISAF 2001- 2014”, hanno catturato più di dieci anni della missione dei membri dell’esercito italiano di cui l’autore stesso nella prefazione si dice “orgoglioso di essere loro amico, per il bene che hanno fatto alle popolazioni in difficoltà”. Sfogliando le pagine si trovano numerose testimonianze dei principali inviati di guerra del panorama nazionale e internazionale, come Barbara Serra con Al Jazeera Adriano Sofri di La Repubblica, Giovanna Botteri della Rai, Toni Capuozzo del Tg5. Picchio, con la sua sensibilità e la sua macchina fotografica in prima linea accanto ai soldati, come se avesse imbracciata una mitragliatrice, ha immortalato delle scene di un’umanità che, oggi più che mai, aprono una riflessione su “che cos’è umano”. Nella città di Kabul Andrea Angeli e Guido Picchio hanno condiviso parte di questo vissuto afghano con il sacerdote barnabita Giuseppe Moretti il quale, per oltre trent’anni fino al 2015, ha dedicato la sua vita alla missione in Afghanistan come unico rappresentante della Chiesa cattolica. Qui, è arrivato nel 1990, su richiesta della Santa Sede, per sostituire il precedente barnabita che si era insediato dal 1933. Da allora ha vissuto le varie fasi del conflitto afghano, subendo anche una grave ferita in seguito a una scheggia di missile nel 1994. Padre Moretti è stato testimone di come Kabul, la capitale dell’Afghanistan, sia passata da essere una città vivace, crocevia culturale, a una roccaforte dei mujaheddin e poi dei talebani. Ha visto le donne perdere i loro diritti e la loro dignità, i bambini diventare mendicanti e orfani, la violenza e il terrore impadronirsi delle strade. La sua storia è quella di chi ha vissuto in prima persona il dramma afghano, di chi non ha mai perso la speranza in un futuro migliore, di chi crede che lo sviluppo di Kabul debba passare dalle donne. Proprio per questa sua visione imperniata sulla speranza, il barnabita recanatese, grazie a una raccolta fondi dall’Italia, nel 2005 nel villaggio periferico di Tangi Kalay, ha aperto la Scuola della Pace; una scuola che accoglie alunni e alunne di tutte le età e la cui quotidianità è stata ritratta dagli scatti di Guido Picchio. Tornando al titolo del Concorso letterario “Afghanistan, ieri, oggi e soprattutto domani”, guardando al 'domani', queste tre testimonianze, e le altre portate in occasione dell'evento, mantengono viva la prospettiva di una storia non tanto come evoluzione ineluttabile e lineare degli eventi, quanto piuttosto come una serie di fratture e salti dialettici che lasciano aperta la possibilità di una redenzione.  

26/10/2023 15:30
Cabernardi, alla riscoperta della miniera di zolfo più estesa d'Europa: una storia marchigiana

Cabernardi, alla riscoperta della miniera di zolfo più estesa d'Europa: una storia marchigiana

"Siamo nella più profonda ed estesa miniera di zolfo di Europa. Qui si viene a cercare la materia prima dell’acido solforico, prodotto base dell’industria chimica. Qui la Montecatini viene a cercare l’oro che lo zolfo ricorda anche nel colore, sebbene con un tono più livido". Queste sono le parole con cui il poeta Gianni Rodari, nel reportage del 1952 "Viaggio sulla terra dei sepolti vivi", descrive la Miniera di Cabernardi, in provincia di Ancona. Non tutti sanno che oggi in questa frazione di Sassoferrato è possibile inoltrarsi in una passeggiata tra quelli che sono diventati i resti, le ossature di un’archeologia mineraria e industriale che, per circa settant’anni, ha ridefinito il paesaggio fisico e sociale di quest’area. Qui, la suggestione estetica data dalle architetture superstiti si unisce a una presa di coscienza rispetto a un passato economico imperniato sull’attività di estrazione mineraria (zolfo, oro, ferro, carbone) che ha segnato profondamente - e anche drammaticamente - la storia di tutta l’Italia. Una volta giunti a Cabernardi, la segnaletica annuncia immediatamente la sua identità fondante con la scritta “Benvenuti nel paese dello Zolfo” su uno sfondo giallo che ricorda appunto quello del cosiddetto "oro dei folli". Proseguendo a piedi, l’assetto urbanistico parla, tuttora, di una trascorsa vita sociale e famigliare scandita dal lavoro nel distretto minerario: un piccolo paese fatto di case, ognuna col suo lotto di terra, costruite lungo la strada principale che unisce la miniera di Cabernardi al nucleo antico del paese. Sempre lungo questa via, all’interno delle vecchie scuole elementari, che erano destinate ai figli e alle figlie dei minatori, oggi c’è la sede del "Museo della miniera di zolfo di Cabernardi". Qui, è possibile acquistare il biglietto per il sito archeo minerario e per l’esposizione permanente, allestita all’interno del museo, con le sue preziose testimonianze fatte di documenti fotografici, articoli di giornale, oggetti del lavoro e di un originale percorso audiovisivo volto a restituire un’idea di quella che poteva essere la vita dei lavoratori. Venendo alla storia della Miniera di Cabernardi, la scoperta del giacimento di zolfo avvenne verso la fine dell’Ottocento, quando ci si accorse che le giovenche della zona non si abbeveravano più dal corso d’acqua il quale si era tinto di un colore giallognolo ed emanava un forte odore. Dopodiché, intorno al 1870, iniziarono i primi sondaggi e nel 1886 venne ufficialmente aperta la miniera di Cabernardi. Successivamente fu acquistata dalla ditta Trezza-Albani; un passaggio di proprietà che implicò anche un aumento dei lavoratori i quali dai 200 iniziali arrivarono a ben 300. Una svolta decisiva avvenne con l’acquisto da parte della Montecatini nel 1917 che impresse un’importante innovazione sia in termini di modalità estrattive, sia per quanto concerneva l’organizzazione del lavoro e le condizioni di vita dei lavoratori, non ultimo il paesaggio circostante. A tal riguardo il percorso attuale all’interno del sito archeo minerario offre la possibilità di osservare da vicino proprio le strutture che testimoniano queste innovazioni. Si può vedere il pozzo "Donegani", dove i minatori scendevano nelle profondità della terra, a oltre 460 mt., per raggiungere le ampie gallerie che si snodavano sotto la superficie. Si può tuttora osservare la centrale termica e i "calcaroni", dei forni caratterizzati da grandi vasche dove si depositava il materiale grezzo estratto dalle miniere. Qui, grazie a un processo di combustione, lo zolfo veniva separato e raccolto in forma liquida. Si possono inoltre ammirare i cosiddetti forni "Gill", delle strutture in muratura più moderne dei calcaroni, che svolgevano la stessa funzione con una tecnologia più avanzata. Inoltre, si può percorrere una galleria che collega i forni e i calcaroni. Attraverso uno slancio immaginativo e i documenti fotografici, consultabili grazie al lavoro di archivio che gli addetti al museo hanno compiuto nel corso degli anni, è possibile conoscere la conformazione del paesaggio all’epoca: uno scenario lunare, a tratti avernale, tra una coltre di fumo densa e mefitica e continui rumori metallici di sottofondo.  Riprendendo il filo del racconto circa la nascita e l’evoluzione della miniera, poco dopo, la società Montecatini dà inizio ai lavori per la costruzione del primo villaggio dormitorio destinato ai minatori presso la località di Cantarino, un villaggio eretto dal nulla, tutt’oggi abitato e visitabile, costituito da sei piccoli fabbricati ad un solo piano, divisi in quattro unità, ognuna composta da due stanze, con i bagni esterni in comune. In seguito vennero eretti gli edifici più alti ai lati; l’ultimo ad essere costruito, nel 1929, è il "Palazzo": una casa che domina le piccole case sottostanti. Le tre vie principali (Corso Tomatis, Via Rostan, Via Boschetti) e la piazzetta (Piazza Mezzena) sono intitolate ai dirigenti della Montecatini. Una realtà che vale la pena di visitare, ammantata da un silenzio suggestivo che avvolge i visitatori e li proietta in un'atmosfera sospesa in una sorta di neorealismo atemporale e che, tuttavia, è carica di storia. Tornando alla "fucina" dello zolfo, durante la Seconda Guerra Mondiale questo minerale, elemento base della polvere da sparo, divenne ricercatissimo e la miniera conobbe dunque un ulteriore incremento. Nei mesi iniziali del 1952 la manodopera occupata era di circa 1.400 operai con una produzione media di 870 tonnellate di minerale. Per avere un’idea effettiva di tutto il funzionamento della Miniera di Cabernardi e della vita dei minatori, si consiglia di vedere questo suggestivo video muto dell'epoca (1924), ideato dalla Montecatini stessa per pubblicizzare la Società.  Nel dopoguerra, il calo di domanda dello zolfo, la minore disponibilità del minerale della miniera stessa e soprattutto la ricerca di soluzioni più economiche, come l’acquisto diretto dello zolfo dagli Stati Uniti, portarono la Montecatini ad un progressivo calo d’interesse del sito. Infatti, secondo il documento della Società Montecatini del 6 maggio 1952, le risorse minerarie erano in rapida diminuzione e si prevedeva così una netta diminuzione della produzione con la conseguente drastica riduzione del personale. La scelta dell’azienda provocò grandi proteste da parte dei lavoratori sfociate in scioperi e nell’occupazione della miniera da parte di 337 minatori la sera del 28 maggio del 1952; mentre 176 lavoratori rimasero al 13° livello, 500 metri sottoterra, gli altri 161 vigilavano sulla superficie. La lotta durò 40 giorni e il 5 luglio i minatori misero fine allo sciopero convinti di aver ottenuto un accordo con la Montecatini. Invece, tornati in superficie, vennero licenziati in tronco. Di lì a pochi anni, la Montecatini chiuse definitivamente i battenti smantellando tutto e calando un pesante sipario sulla vita di tutti gli abitanti, che era fatta sì di sofferenza e miseria ma anche di feste e divertimenti collettivi. Un lottare fino a mettere a repentaglio la propria vita per un lavoro logorante, spesso mortale eppure diventato ragione di vita, d'identità.  Di quel periodo se ne occuparono i media nazionali e nel museo sono riportate le varie pagine dei giornali che denominarono la protesta “Lo sciopero dei sepolti vivi”, dato che molti minatori rimasero per oltre un mese sottoterra, all’interno della miniera. Non solo la stampa ma anche il cinema se ne occupò; in particolare Gillo Pontecorvo il quale, proprio a Cabernardi, girò il film "Pane e Zolfo" del 1956, che documenta la vita nelle miniere di zolfo delle Marche negli anni Cinquanta e la dura lotta sindacale dei minatori contro la Montecatini. Qui di seguito potete osservarne un frammento: Dunque passeggiare per questi luoghi significa attraversare il residuale, il resto archeologico che non è l’incompleto ma è la traccia superstite di un vissuto storico ed esistenziale trascorso nel sottosuolo, che chiama la riscoperta. Significa discendere, attraverso uno scarto temporale, nelle viscere della terra, nei meandri rimossi di una coscienza collettiva e privata, per poi uscire a “riveder le stelle”. Visitare Cabernardi è un atto se non dovuto, necessario.   (Foto scattate da Girolamo Filippo Colonna / Foto di repertorio e dall'alto concesse dal Museo dello Zolfo di Cabernardi)  

17/10/2023 09:25
Macerata, nel blu dipinto di blu: parcheggiare è sempre più un'impresa (FOTO)

Macerata, nel blu dipinto di blu: parcheggiare è sempre più un'impresa (FOTO)

Macerata è una città che ha molto da offrire (e anche da soffrire): un patrimonio storico e artistico di spiccato valore, un’università prestigiosa, numerose associazioni, ristoranti e locali che tengono viva la città, nonostante il grande esodo di attività commerciali dal centro storico. Ma è anche una città che ha diversi problemi, di non poco conto. Tra questi uno fa capo a un interrogativo che prende i toni di un cruccio generalizzato e che riguarda i parcheggi. Chi arriva in auto a Macerata si trova davanti a un bivio: pagare caro per parcheggiare vicino o pagare quasi lo stesso per parcheggiare lontano? E se non si vuole pagare affatto, quali sono le opzioni? La situazione è diventata insostenibile per molti cittadini che ci hanno inviato segnalazioni a raffica sul tema, considerando il pianoparcheggi attuale ingiusto e dannoso  per la città. Prima di riprendere gli interrogativi iniziali, riteniamo importante dire che la rosa demografica da cui si è innalzata questa voce di disagio, che abbiamo raccolto, va dai giovani studenti universitari i quali, dai paesi limitrofi, devono recarsi presso l’università, ai visitatori di passaggio o quelli che più volte a settimana passano per la città, fino ai pensionati. Val la pena dire, perché non tutti ne sono a conoscenza, che esiste un abbonamento mensile per i parcheggi al costo di 40 euro. Se si esclude chi non vuole impegnarsi mensilmente col pagamento di questa cifra, la restante parte, nel corso degli anni, ha assistito a una metamorfosi cromatica di numerosi posteggi che da bianchi via via si sono tinti di blu, diventando a pagamento. Basti pensare solamente a tutta la zona del Terminal, nei pressi di piazza Pizzarello e dintorni (una zona storica che dire poco curata è prossima all’eufemismo con le sue mega strutture logore e abbandonate), fino al parcheggio che occupa tre quarti di Piazza della Libertà, inizialmente gratuito, a cui si era attribuita l'eroica missione di risollevare le sorti commerciali del centro e che oggi invece ha il prezzo di 2 euro l’ora. Proprio il titolare di un’attività in pieno centro ci ha segnalato come l’imposizione delle strisce blu, non solo nelle zone centrali ma anche fuori della cinta muraria, penalizza il passaggio di persone e dunque anche di potenziali clienti: "Chi sceglie Macerata come meta, deve essere accolto non ostacolato; soprattutto in una città dove i locali stanno chiudendo uno dopo l’altro. A Civitanova, che ha lo stesso numero di abitanti, ci sono molti parcheggi gratis". Non si discute tanto sul fatto che la legge permetta la quasi totale mancanza di aree gratuite in cui poter lasciare l’auto quanto piuttosto la visione e l’impronta che un comune vuole imprimere alla città. Visione non solo concettualmente ostile, ma che ha anche delle ripercussioni concrete. Messa in luce questa predominanza delle cosiddette "strisce blu", l’altra questione riguarda il loro costo; si è assistito a un progressivo aumento che ha coinvolto anche i parcheggi più lontani quali "Garibaldi", la cui tariffa giornaliera è raddoppiata, passando dai 3 ai 6 euro, il parcheggio "Centro Storico" e quello dello "Sferisterio" che hanno innalzato il loro costo a 1 euro all’ora. Lungo la via sottostante i terrazzamenti del parcheggio Garibaldi abbiamo incontrato una signora, reduce da una passeggiata in centro per il mercato, che si è lamentata proprio di questo ingiusto e insensato aumento. Non solo, sempre la stessa ha segnalato il fatto che questo rincaro non sia minimamente adeguato alle condizioni in cui verte la strada: un tratto in balia di erbacce che arrivano all’altezza della portiera, restringimenti per la presenza di rami e arbusti, con la conseguenza che le persone sono costrette spesso a camminare dove transitano le auto. Proseguiamo e incontriamo una studentessa universitaria che, trafelata, ci dice di aver lasciato la sua vettura in fondo alla via, oltre le fonti, laddove l’asfalto si unisce a una natura agreste, e le auto, in fila su ambo i lati, sono costrette a sfidare i fossi e le multe dei vigili, che fioccano sempre più. Una fila che inizia dall'ingresso di via dei Velini lungo la quale, prima della temibile schiera blu, tutti sperano di trovare posto. Anche qui, si conferma una ritrosia a utilizzare la vernice bianca, data la totale evanescenza di posteggi tracciati. Inoltre, un signore ha lamentato il malfunzionamento periodico dei parcometri cittadini abilitati al pagamento con carta (una modesta minoranza del totale) e, nella fattispecie, per quanto riguarda il parcheggio Garibaldi ci ha detto: "Questa mattina non avevo con me le monete, per cui ho inserito la carta di credito ma ho avuto difficoltà a selezionare l’orario per via dei tasti consumati". Concludiamo con un interrogativo di un'intervistata, sperando rilanci la questione e non finisca nell’incuranza (parente dell’incuria): «Dove sono finiti i parcheggi gratuiti nei pressi del centro di Macerata?»        

11/10/2023 18:00
"L'Inps di Macerata è l'ente più digitalizzato d'Italia": presentato il rendiconto sociale

"L'Inps di Macerata è l'ente più digitalizzato d'Italia": presentato il rendiconto sociale

Si è tenuta, nel pomeriggio, presso la sede Inps di Macerata, la conferenza stampa per la presentazione del rendiconto sociale provinciale del 2022 che si terrà presso la Biblioteca Mozzi Borgetti giovedì 13 ottobre.  A intervenire si sono succeduti rispettivamente Ubaldo Camilletti, presidente dell'Ufficio Rapporti con il pubblico, il direttore provinciale Marco Mancini, Domenico Ticà presidente del Comitato Provinciale ed Elisabetta Cristallini, vice presidente del Comitato provinciale in rappresentanza delle parti datoriali. Il direttore Mancini ha iniziato il discorso partendo proprio dal fascicolo del rendiconto sociale dell'anno 2022, specificandone la direzione: "Si tratta di volgere lo sguardo ai fini di un miglioramento futuro che nell'Inps è segnato dalla tecnologia e dalla digitalizzazione, sia in riferimento al canale del cliente interno sia di quello esterno".  Per quanto concerne l'uso delle tecnologie si è posto un focus sulla "grande scommessa" dello smart working in termini di qualità e produttività del servizio erogato. Una nuova prospettiva lavorativa i cui vantaggi devono ancora essere valutati, ma a cui si guarda con fiducia in vista del futuro prossimo.  Inoltre sono state menzionate le innovazioni che hanno interessato l'app Inps rivelatasi strumento indispensabile per la presentazione telematica delle domande di accesso ai servizi offerti dall'ente, oltre che per consultarne lo stato d'avanzamento. Sempre il direttore provinciale Mancini ha ribadito l'importanza del progetto "Open Data", definito un "cavallo di battaglia", consistente nella condivisione delle informazioni e dei dati con le altre amministrazioni pubbliche.  "Guardando al nostro interno - ha spiegato Mancini - abbiamo cercato di utilizzare al massimo il fascicolatore elettronico che si traduce nella digitalizzazione del documento perché crediamo nella dematerializzazione dei documenti. Questo sia nell'ottica di un risparmio dei materiali, perché l'archivio costa e ha dei pericoli, sia in quella di gettare un ponte sulle strutture lavorative dove per lo smart working è necessario che il fascicolo sia consultabile da tutti". In seguito, a prendere la parola è stato Domenico Ticà, il quale, si è soffermato sulla natura stessa del rendiconto che "dà la misura dello stato di salute dell'economia e della società. Infatti non esiste un cittadino italiano che non sia, almeno una volta, passato per un servizio erogato dall'Inps". Inoltre Ticà ha messo in luce la funzione del Comitato provinciale: "Nel comitato vengono rappresentate tutte le istanze, non solo quelle di parte sindacale ma anche datoriale oppure di progetti istituzionali - ha proseguito -. In quella sede c'è un confronto, dove vengono presentate le valutazioni che nella società si svolgono. Per noi dunque è molto importante il rapporto con i patronati". Infine, ha ricordato come l'Inps di Macerata sia "il più digitalizzato d'Italia". A chiudere la conferenza Elisabetta Cristallini, che ha spostato l'attenzione sul lato imprese, in quanto rappresentante dell'associazione di categoria, ponendo l'accento su come quest'ultime siano il maggior cliente dell'istituto. Sfogliando i dati, ha fatto presente come "la richiesta di un contatto diretto sia aumentata, sia per il superamento dell'emergenza epidemiologica sia per un'esigenza comunicativa".

09/10/2023 18:25
Anche Macerata ha la sua 'Banca del Tempo': ecco come funziona. Intervista alla presidente Anna Capitani

Anche Macerata ha la sua 'Banca del Tempo': ecco come funziona. Intervista alla presidente Anna Capitani

In pochi sanno che in Europa esistono le 'Banche del Tempo'; una realtà dal nome evocativo e meritevole di approfondimento presente anche nella città di Macerata. Per quanto riguarda la sua origine, questa affonda le radici nel territorio della Gran Bretagna degli anni '80 dove nacque un movimento di piccole comunità che decisero di scambiarsi tempo, saperi e beni senza usare il denaro. Questa comunità no-profit risponde al nome di Lets, acronimo di Local Exchange Trading System e si è formata come reazione alla crisi sociale ed economica provocata dalle politiche neoliberiste, che hanno ridotto i servizi pubblici con conseguente aumento della povertà. Un sistema che non è solo soluzione di emergenza, ma anche proposta di un’economia “alternativa”, imperniata sul principio di solidarietà e risocializzazione. Successivamente, l’idea dei Lets si diffonde in altri paesi come la Francia, dove prende il nome di Sel, acronimo di Système d’Echange Local. Da questi sistemi francesi, che si connotano per un carattere meno politico dei Lets, è derivato il modello delle Banche del Tempo. In Italia il primo progetto finalizzato a creare una Banca del Tempo nasce a Parma, nel 1992, per iniziativa di un dirigente sindacale, ma la prima vera Banca del tempo nasce a Sant'Arcangelo di Romagna, nel 1995. Per saperne di più abbiamo intervistato Anna Capitani, la presidente di questa realtà maceratese che ha lavorato presso l’Università degli studi di Macerata e che ha dedicato la propria vita a scrivere raccolte in versi che hanno ottenuto importanti riconoscimenti letterari. Ci ha spiegato com’è nata la Banca del Tempo a Macerata, mettendo in luce il principio su cui si regge che, in questo caso, coincide anche con la finalità: "Quando, con il vice presidente Alberto Rossi, all’incirca nel 2009, abbiamo fondato la Banca del Tempo lo abbiamo fatto con l’intento del mutuo soccorso, dell’aiuto. L’aspetto più importante della vita è proprio l’aiuto reciproco che ognuno di noi può ricevere e dare. Questa è la regola fondamentale della vita, che ne sostanzia la sua totalità. Allontanandosi da tutto questo non esiste più niente". Entrando più nel merito del suo funzionamento, delle attività e servizi offerti, va detto che queste banche sono organizzate allo stesso modo degli istituti di credito con la differenza che le transazioni si basano sullo scambio del tempo, non su quello del denaro. In sintesi chi aderisce, specifica quali attività e/o servizi intende svolgere e apre un proprio conto corrente dove anziché gli euro, si depositano le ore che si hanno a disposizione. In questo modo dunque c’è un reciproco aiuto tra i soci; ad esempio chi ha offerto un servizio con un tot di ore, a sua volta, riceverà un corrispettivo credito temporale da spendere in base al servizio di cui ha bisogno. Tuttavia, non è necessario restituirlo univocamente alla persona che lo ha fornito: è la banca a gestire la circolazione attività-ore. Ad esempio, "Giada" (nome di fantasia, ndr) apre un conto di x ore offrendosi come insegnante d’inglese. A questo punto la banca mette in contatto Giada con Carlo, altro socio, che ha bisogno di migliorare il suo inglese. E la signora Giada come recupera le ore messe a disposizione? In base alla sua necessità, per esempio qualcuno che le poti le piante del suo giardino, la banca contatterà un socio disponibile a compiere questo servizio. Va specificato che "possono subentrare - spiega Anna Capitani -  anche i familiari della persona per ricambiare lo scambio” e che il servizio offerto può essere “indipendente rispetto al ruolo, al mestiere che la persona riveste nella vita sociale e lavorativa”. Nella fattispecie, per quanto concerne le attività svolte nel territorio di Macerata, la Banca del Tempo ha collaborato per un importante periodo, quando come referente ai servizi sociali c’era Brunetta Formica, con il Comune di Macerata sia in ambito sociale sia in quello culturale. Per quanto riguarda quest’ultimo si è distinta per molte attività, tra cui l’organizzazione di eventi gravitanti attorno allo Sferisterio, all’opera lirica, alla lettura di poesie per un pubblico di bambini dai 0 ai 12 anni presso la Biblioteca Mozzi Borgetti, riscuotendo un notevole successo. Inoltre, prestando particolare attenzione e sensibilità alla componente demografica del territorio, che vede una popolazione a maggioranza anziana, per circa cinque anni la banca ha fornito uno 'scambio' al comune di Macerata accompagnando gli anziani alle terme di Sarnano e di Tolentino. A bordo di ogni pullman vi erano due associati che seguivano le persone quando dovevano fare le cure dando così assistenza. Tra le altre attività si possono citare i convegni organizzati nel difficile periodo pandemico, con gli interventi di medici, psicologi, avvocati, sui pericoli, non solo di salute, ma anche a livello psicologico, morale e alimentare in quel lungo e sofferto periodo. La presidente ci ha parlato anche di un progetto, svolto in collaborazione con la Regione Marche, in cui la Banca del tempo di Macerata ha avviato una collaborazione come partner con l’Ircr, all’epoca presieduto da Giuliano Centioni che diede una preziosa testimonianza sulla vita delle persone sole e anziane. La società esiste dove esistono gli scambi e gli scambi che avvengono nella Banca del Tempo sono scambi dove la dimensione temporale si libera della visione standardizzata e si libra in direzione di un tempo ritrovato nell'altro, in sé stessi.    

08/10/2023 10:43
Paolo Crepet sulle 'donne vegane': "Ma che ci si fa con una così?". Una polemica che apre a un'ulteriore questione

Paolo Crepet sulle 'donne vegane': "Ma che ci si fa con una così?". Una polemica che apre a un'ulteriore questione

Le dichiarazioni dello psichiatra Paolo Crepet sui vegani, in particolare sulle 'donne vegane', durante un evento pubblico hanno instillato un moto frenetico delle dita sulle tastiere. Le sue parole sono state riprese da un video pubblicato sul canale YouTube 'Love for Life' e hanno scatenato una bufera di polemiche sui social media, dove molti utenti lo hanno accusato di essere disinformato, sessista e specista. Nella fattispecie queste sono state le parole dello psichiatra e sociologo torinese: “Meno male che sono fuori dai giochi da anni", afferma Crepet nel video. "Inviti una ragazza a cena e questa mangia miglio... Neanche condito con il balsamico, ma con l’aceto di mele... Ma che ci si fa con una così? L’amore? Ma a quella le viene in mente che dopo le vengono le occhiaie. Chissà che si inventa...Moriremo eleganti". Tra i principali critici di Crepet spicca Selvaggia Lucarelli, che ha condiviso il video su Twitter accompagnandolo con un commento sarcastico: "Donne vegane= donne inscopabili che inventano cose e mangiano miglio. 'Che ci fai con una così'. Parola di Crepet”. La giornalista ha poi aggiunto: "Se servisse a non avere niente a che spartire con Crepet diventerei pure fruttariana". Si potrebbero addurre numerose critiche e decostruzioni all’’ideologia’ pseudo provocatoria crepetiana, la quale sembrerebbe non aver prestato troppa attenzione alla bibliografia che ha cambiato la visione degli studi antropologici e sociologici degli ultimi decenni. Si potrebbe argomentare che le affermazioni di Crepet ignorino l’ottica del relativismo e siano affezionate alle categorie dell'assoluto. In altre parole, molti giornali in questi giorni hanno definito le sue uscite il frutto di una visione stereotipata e per nulla rispettosa verso chi adotta una dieta vegana, in questo caso connotata anche al femminile. Affermazioni che trascurano dunque la diversità e la complessità del reale nelle sue declinazioni sociali, di genere, di orientamento e non ultimo alimentari. Premettendo che l’ironia è un filtro di vita essenziale, queste dichiarazioni sembrano esserne carenti e assumere più dei tratti di una comicità spicciola che pone un interrogativo su una raffinatezza d’animo, non solo estetica, perduta o mai pervenuta. Tuttavia, questa diatriba mediatica e giornalistica apre a un’altra questione che forse è sottostante alle tematiche sopra menzionate: il modo attraverso cui un fatto viene trattato nel panorama della comunicazione nazionale. C’è una trasformazione degli accadimenti in ‘trend’ e in mode del momento che dominano completamente le reazioni e la coscienza collettiva delle persone le quali, inevitabilmente, si infiammano e dimenticano di notizia in notizia.  È in quest’ottica che anche un commento pungente, sostanzialmente fondato, della Lucarelli sortisce poco effetto, fa un giro quasi a vuoto, cadendo nella facile dinamica, di "reazione azione". Un meccanismo critico che sembra mimare il terzo principio della fisica per cui: "se un corpo A agisce con una forza su un corpo B il corpo B reagisce sul corpo A con una forza che ha la stessa intensità e direzione, ma il verso opposto". Dunque, una risposta che sembrerebbe solamente il corrispettivo opposto della battuta di Crepet. In questo modo non solo la giornalista è rimasta nello stesso identico ambito discorsivo impostato dal sociologo ma, paradossalmente, ha confermato anche la sua visione comune e stereotipata su questioni che invece chiamano a gran voce l’uscita da quest’ultima. Allora occorrerebbe chiedersi: come fare se una parte non trascurabile delle battaglie femministe adotta proprio questa dialettica, tutt'altro che eversiva e in parte anche autosabotatrice? D'altronde un famoso filosofo e sociologo francese, Michel Foucault, negli anni '70 ha parlato dei pericoli che si accampano dietro al concetto e alla pratica del "discorso".

05/10/2023 13:50
Una cena di gala tra le stelle: Il 'Premio Guzzini alla carriera' omaggia Livia e Alfonso Iaccarino

Una cena di gala tra le stelle: Il 'Premio Guzzini alla carriera' omaggia Livia e Alfonso Iaccarino

Nella serata di domenica presso l’Hotel Giardino di San Lorenzo in Campo si è tenuta la cena di gala in occasione del prestigioso ‘Premio Fratelli Guzzini alla carriera’ che, per il secondo anno consecutivo, ha visto la città di Pergola come luogo d’elezione e che ha conferito gli onori a Livia e Alfonso Iaccarino ( Chef Tre Stelle Michelin di cui una verde) del Don Alfonso di Sant’Agata sui Due Golfi, uno dei ristoranti di lusso più noti al mondo. Un premio giunto alla sua terza edizione che, grazie alla sensibilità artistica, alla visione di Domenico Guzzini, ex presidente della holding di famiglia e attuale della Fimag, si configura come uno spazio di ricerca e di confronto volto a gettare uno sguardo più cosciente, rinnovato sul territorio. Tutto ciò, come dimostra l’evento, è reso possibile attraverso una costante riscoperta delle tipicità che crea un terreno fertile per uno scambio prolifico tra le varie arti, la scienza e la cucina. Naturalmente, dietro i dialoghi tra le discipline ci sono i dialoghi tra le persone e proprio questo Premio è nato dall’incontro tra Guzzini ed Elio Palombi, che ne è l’ideatore. Elio Palombi, chimico, studioso di idrocarburi in pensione, lavorando per la Ferrari e altre case automobilistiche, ha girato il mondo, approfondendo parallelamente l'altra sua passione: i piaceri che derivano dal ‘gusto’, a partire dall’interesse per le "formule", le ricette che costellano il patrimonio di una popolazione. Appena entrati nella hall del ristorante, ci ha accolti con molta gentilezza e simpatia, spiegandoci il filo rosso che attraversa la realtà del premio; la necessità di ripercorrere la tradizione o meglio le tradizioni di un luogo. Infatti, ha spiegato come oggi ci sia un’iperproliferazione di ristoranti, improntati al concetto di ‘innovazione’, che ripropongono dei piatti stranieri, spesso lontani anche dal sapore originario,come il sushi, dando così luogo a delle mode, degli occasionalismi effimeri. Dunque alla base c’è un’operazione filologica sia in senso enogastronimico, sia culturale sia umano, nella misura in cui dietro una tradizione c’è la memoria più intima di ognuno di noi. In questo contesto, come accennato all’inizio, a essere premiati sono stati Livia e Alfonso Iaccarino che hanno ricevuto l’opera dell’artista Ermenegildo Pannocchia; una scultura in metacrilato su basamento in legno di palissandro raffigurante due volti speculari che dialogano sullo sfondo di un profilo stilizzato del Vesuvio, simbolo del paesaggio campano da cui entrambi provengono. Grazie a Domenico Guzzini, che ci ha introdotti a Livia e Alfonso, abbiamo avuto la fortuna non solo di ascoltare la loro storia ma anche di vederla dall’intensità di uno sguardo che racchiude una vita. Ci hanno raccontato come erano destinati a fare gli albergatori per portare avanti un lavoro certo, ereditato dai genitori, e come invece hanno voluto fare un’altra scelta, sicuramente audace, ma proveniente dal cuore (definiti dalle famiglie dei “pazzi”): acquistare un terreno agricolo da bonificare e un ristorante dove poter mangiare solo pietanze preparate con prodotti genuini e locali. Per quanto riguarda la genuinità, da oltre 50 anni portano avanti strenuamente delle lotte per un’autentica sostenibilità ambientale; nei nove ettari dell’area marina di Punta Campanella praticano un’agricoltura rigorosamente sana per coltivare agrumeti, oliveti e un orto con le verdure tipiche della cucina mediterranea. Inoltre, In questo 2023, la famiglia Iaccarino ha deciso di proseguire ulteriormente verso l’approccio sostenibile, dinamico ed etico. Di qui la necessità di fermarsi per un anno, fino alla prossima primavera, per rinnovare la struttura negli esterni ed interni ricostruiti con materiali naturali e volti al rispetto ambientale ed energetico. Venendo alla cena, a fare da preludio un buffet che ha portato sul tavolo dei prodotti di eccellenza del territorio: dal ciauscolo e la mortadella con i paccasassi brevettati da Luca Giampaolini fino ai taglieri di formaggi pregiatissimi di ogni varietà dell’azienda jesina Piandemedico (una realtà che val la pena di conoscere sul luogo). Il tutto accompagnato da un buonissimo vino spumante di Colonnara. Poi, ognuno al proprio posto e inizia la cena tra una bella convivialità e l’ingresso della prima portata: un tripudio dei sensi con il piatto del "Monzù"; un uovo adagiato su un prelibatissimo brodo di carne tinto di bianco per la presenza di besciamella e burro e a sugellare il tutto le scaglie di tartufo. A seguire, un primo a base di tortelli di ricotta e borragine con fonduta di tartufo bianco pregiato di Pergola e per secondo una squisita faraona ripiena al tartufo nero e tortino di erbe di campo. A impreziosire le note alcoliche, un eccellente Rosso Conero Doc di Moroder dall'evocativo nome, dai richiami quasi leopardiani, "Notte". In un momento di pausa, Carla Latini, con grande garbo e raffinatezza, ha ringraziato i presenti e ha invitato lo Chef Fred Beneduce, inizialmente poco propenso a mostrarsi in pubblico, a uscire dalla cucina. Un ingresso in sala segnato da un' umiltà che è propria dei grandi spiriti. In chiusura il momento dei dolci con una delle specialità del Giardino; il gelato alla mandorla accompagnato con il biscotto, sempre alla mandorla, di nonno Leo. Infine la scelta di fronte al famoso bivio che caratterizza l’anisetta marchigiana: Varnelli da una parte e Meletti dall’altra. Una serata all’insegna del ‘gusto’ e dell’‘olfatto’, che non sono solo semplicemente legati alla sfera del cibo ma sono un mezzo attraverso cui, all’improvviso, come per la madeleine proustiana, compaiono squarci di epifanie, dove le memorie passate tornano letteralmente a vivere nel presente in una dolce consolazione ,che ricorda anche dei versi di Guido Gozzano: "Godevo quel silenzio e questi odori/ tanto tanto per me consolatori/ di basilico, d'aglio, di cedrina".    

04/10/2023 18:49
Porto Recanati, Biciplan e Ztl  in corso Matteotti. La rabbia dei commercianti: "È la nostra distruzione"

Porto Recanati, Biciplan e Ztl in corso Matteotti. La rabbia dei commercianti: "È la nostra distruzione"

Nella serata di lunedì, presso l’Hotel Mondial di Porto Recanati, la locale Confartigianato ha organizzato un incontro con l’amministrazione comunale e le attività commerciali della città per discutere delle novità del Piano urbano della mobilità ciclistica "Biciplan". Tra i partecipanti Riccardo Golota, responsabile ufficio marketing di Confartigianato, il sindaco Andrea Michelini, l’assessore all’urbanistica e mobilità Lorenzo Riccetti, l’assessore alle politiche del lavoro Stefania Stimilli. In collegamento l’architetto Alessandro Tursi che ha illustrato il piano indicandone in prima battuta le finalità. Quest’ultimo, secondo quanto riferito, prevedrebbe una serie di interventi per rendere più efficiente, sicura e sostenibile la mobilità urbana: si propone di incentivare l’utilizzo della bicicletta come mezzo di trasporto alternativo all’auto, sia per le necessità quotidiane che per le attività ricreative e turistiche. Inoltre, il piano mirerebbe a migliorare la sicurezza dei pedoni, a salvaguardare il patrimonio naturale e ambientale del territorio e infine a valorizzare i beni culturali presenti, con lo scopo di favorire lo sviluppo del turismo locale. Tutto questo, in sintesi, si realizzerebbe dal punto di vista urbanistico attraverso la chiusura al traffico della parte centrale di Corso Matteotti che diventerebbe area pedonale h24 con un conseguente cambio della viabilità: dall’attuale doppio senso di marcia si passerebbe a senso unico in uscita. Un piano della mobilità che ha trovato contrari, quasi all'unanimità, tutti i commercianti titolari di un’attività lungo corso Matteotti che ieri sera, ognuno con la sua personale esperienza di lavoro e di vita, hanno esposto le loro motivazioni d’opposizione. Una coralità super partes che chiede fiduciosa, al di là delle ideologie e schieramenti, un confronto autentico, in direzione di una reciproca collaborazione. Questo per evitare una situazione troppo spesso frequente in Italia: ossia ritrovarsi a discutere su un provvedimento che è già stato deciso con scadenze annesse e imposte e che, dunque, renderebbe solo apparente la natura collettiva degli incontri. Un primo dissenso è stato espresso da una signora che ha posto in evidenza come la proposta di chiudere il corso e di lasciare gli unici due sottopassi come punti di ingresso o uscita della città sia fortemente discutibile da un punto di vista della sicurezza stradale: "Quando piove spesso il sottopasso si allaga, quindi non è raccomandabile in caso di calamità. Mi muovo a tutte le ore del giorno in auto per andare a lavorare e in una situazione meteorologica di forti piogge mi sono trovata a non poter prendere il sottopasso".  Anche la proposta di indirizzare parte della viabilità lungo la Nazionale ha sollevato non poche proteste: una mobilità che allontana sempre più il passaggio dal centro e che andrebbe a riversarsi su una strada già molto trafficata di per sé. E "in caso di incidente?". Un interrogativo che si pongono in molti, non solo i residenti. Poi, tra i partecipanti si è levata un'altra voce da parte di una commerciante che a Porto Recanati ha diverse attività e che, proprio a causa di politiche passate riguardanti la mobilità, ha subito dei danni consistenti: "Una l’ho dovuta chiudere proprio per colpa di una strada interrotta dalla precedente amministrazione. Quindi non se ne fa una questione politica; chiudendo il transito alle auto e rendendo pedonale proprio la strada dalla quale si prende il cavalcavia, dal giorno dopo i miei incassi sono crollati. Basti pensare ad Ancona col suo corso pieno di catene, privo di ogni senso di eleganza, di qualità, e senza un giro di persone che passeggiano: è sempre vuoto, nonostante l’area pedonale”. "Siamo commercianti, viviamo di quello che facciamo - dice la titolare di un locale del Corso -. Se tutti noi siamo contro queste misure un motivo c’è. Tutti viviamo a Porto Recanati, tutti vogliamo il bene di questo paese ma c’è anche un aspetto che è imprescindibile: Corso Matteotti è un centro commerciale a cielo aperto, campiamo di attività che non sono solo vetrine ma sono anche famiglie che devono vivere".  "Le chiusure, le limitazioni del traffico e le attività commerciali lungo il corso, purtroppo non possono coesistere - aggiunge la commerciante -. Non basta che Porto Recanati abbia il mare per essere attraente, la rendiamo bella anche noi con le nostre attività; senza quest’ultime Porto Recanati non sarebbe più la stessa. Se l’inquinamento acustico e lo smog fossero tali da dover obbligare una chiusura, la mia coscienza mi farebbe tacere ma noi non siamo a questo punto. Ammenoché non prevediate la nascita di parcheggi a funghi o un accesso facile a persone anziane, a bambini, disabili o la nascita di un polo strategico extraurbano, per noi il Biciplan è la distruzione del commercio”. In ogni caso, la cittadinanza non demonizza il Biciplan in toto. L'idea di attuare dei lavori a favore di una zona pedonale e ciclabile nel tratto del lungomare Scarfiotti, che unisce Scossicci a Porto Recanati, e della realizzazione di tre parcheggi in quell’area è stata ben accolta. Dunque rimane una questione aperta che attende sicuramente un ulteriore confronto tra i cittadini di Porto Recanati e la giunta comunale; una questione che Giorgio Menichelli, segretario generale della Confartigianato, vuole riportare a stretto giro sul tavolo di discussione.      

03/10/2023 16:00
Serrapetrona, il Primo Premio d'arte Alberto Quacquarini: un omaggio alla Vernaccia e al suo fondatore (FOTO e VIDEO)

Serrapetrona, il Primo Premio d'arte Alberto Quacquarini: un omaggio alla Vernaccia e al suo fondatore (FOTO e VIDEO)

Un sabato pomeriggio di fine settembre dove i raggi del sole riverberano sui grappoli rubini dei vigneti e una cantina storica, finalmente tornata a risplendere dopo il sisma, gremita di persone in un clima di festa. Questo lo scenario che nella giornata di ieri ha ospitato il Primo Premio d’arte Alberto Quacquarini, fondatore, insieme a sua moglie Francesca, dell’omonima azienda vitivinicola e dolciaria, eccellenza italiana per la produzione della rinomata vernaccia di Serrapetrona DOCG. L’idea di dare inizio a questo evento nasce innanzitutto dalla dimensione privata, intima, dalla volontà dei figli Monica, Mauro e Luca di ricordare il padre attraverso un evento che ogni anno si rinnova andando a creare un Archivio in cui le memorie del passato e quelle presenti si ritrovano a vivere insieme. In secondo luogo o meglio parallelamente lo scopo del Premio, come si legge nel raffinato depliant, è quello di “sensibilizzare il pubblico attraverso il linguaggio artistico” che si fa possibilità di spazio in cui l’arte e i prodotti del territorio marchigiano, come appunto la Vernaccia di Serrapetrona, si alimentano in uno scambio unico e prolifico. A inaugurare l'evento, in cui sono state presentate le opere in mostra degli undici artisti, il sindaco di Serrapetrona Silvia Pinzi. Quest' ultima ha ribadito l’importanza fondamentale di aziende, come Quacquarini, che investono sul territorio valorizzandolo sia economicamente sia umanamente. A seguire la curatrice Marilena Spataro, presidentessa dell’associazione culturale Logos che ha messo in evidenza la bellezza del paesaggio naturale e artistico delle Marche e l’importanza di questa occasione: "Mi emoziona l’idea che un territorio che amo particolarmente abbia dato vita a questo Premio, a questo connubio tra arte e vino. L’importanza dell’arte è quella di valorizzare il genius loci e il territorio e oggi tutto questo si è realizzato appieno". Poi il momento della proclamazione del vincitore, il maestro Vittorio Masi, il quale con piglio ironico ha rivelato che di fronte a un momento di indecisione riguardo al soggetto da raffigurare, la Vernaccia ha fugato ogni dubbio iniziale, facendo da musa ispiratrice. Subito dopo, la descrizione delle altre opere in concorso tra sculture e pitture.  Tra gli artisti: Sergio Molinari, Amir Sharifpour, Gianni Guidi, Giovanni Scardovi, Mario Zanoni, Francesco Ponzetti, Giuliano Censini, Laila Scorcelletti, Lorenzo Senzi, A.L. Ballardini, Enrico Guerrini, Luciana Ceci, Marco Guazzarini, Sima Shafti, Luca Strati. Dopo la presentazione, Mauro Quacquarini, come in una sorta di intermezzo, ha posto fine alla parte istituzionale e dato inizio alle “danze” invitando i presenti a visitare la mostra, articolata in parte all’interno dell’edificio, tra le botti, in parte all’esterno, e ad attingere al buffet di fuori.  In questa scenografia enogastronomica la bellezza della vista si trasforma in bontà per il palato. Lunghi tavoli dove i prodotti tipici della zona campeggiano come protagonisti indiscussi e richiamano il galateo della tradizione: affettati, salumi di ogni varietà e di grandissima qualità da mangiare su fette di pane o focacce, fritti vegetali e un’immancabile porchetta intera tagliata sul posto che ha mandato in visibilio i partecipanti. Infine una parte allestita solo per la festeggiata d’onore; bottiglie di Vernaccia di ogni tipologia dalla classica secca dal color rubino, al vino Vernaccia nera mescolato con Sangiovese, Merlot, Cabernet, fino alla scala cromatica del bianco. Tra i presenti, oltre ai familiari, le istituzioni come il presidente della Provincia Sandro Parcaroli, il prefetto di Macerata Flavio Ferdani, l’ex questore Vincenzo Trombadore nonché amici e industriali tra cui Germano Ercoli, Orlando Simonelli, Umberto Antonelli, Sandro Paniccia, Franco Cossiri. Dopodiché di nuovo al piano di sopra per quello che è stato uno dei momenti più divertenti e costellato di colpi di scena e battute: l’asta delle opere in concorso i cui proventi andranno devoluti in accordo con l’amministrazione a delle borse di studio  per gli studenti meritevoli non solo del comune di Serrapetrona ma anche studenti e dottorandi che si occupano di studiare materie attinenti all’agricoltura, all’enologia, a tutto ciò che riguarda il nostro territorio anche nelle sue sfaccettature culturali, come ricorda il sindaco. Dunque un momento in cui il pubblico, scaldato dallo spirito della Vernaccia, ha preso parte con entusiasmo e generosità all’offerta dei quadri in un continuo rilanciare tra risate e divertimento, per sostenere una buona causa. A chiusura ancora una nota culinaria con un buonissimo primo e infine musica dal vivo in una terrazza che affaccia su vigneti illuminati da una luna piena che sugella una giornata indelebile.

01/10/2023 14:50
Treia, nasce Sport Madness: la nuova realtà dello Sport amatoriale nelle Marche

Treia, nasce Sport Madness: la nuova realtà dello Sport amatoriale nelle Marche

Tra le colline maceratesi, nel suggestivo centro storico di Treia, grazie alla passione e all’esperienza di lungo corso di Michele Palmisano e di Bianca Rabbiosi, sua moglie, è approdata la prima realtà italiana di Sportmadness. I due, dopo moltissimi anni di lavoro tra la Puglia, la Lombardia e la Francia, presso il noto marchio Decathlon, hanno deciso di licenziarsi e di trasferirsi nelle Marche, convinti delle effettive potenzialità e dei benefici di questo progetto. Nella fattispecie Sport Madness consiste in una società di origine spagnola, che conta più di 57 delegazioni in 18 paesi, specializzata nella gestione di eventi e scuole sportive al fine di aiutare le organizzazioni pubbliche e private a raggiungere i loro obiettivi nel mondo dello sport. In altre parole progetta e organizza ogni tipo di servizio sportivo per tutti, ovunque, portandolo a un livello professionale e ben strutturato. Michele Palmisano ci spiega come la mission sia “quella di offrire servizi e soluzioni per lo sport amatoriale, rivolti a tutte le fasce d’età e a tutte le discipline. L'obiettivo è quello di portare i migliori servizi organizzativi a tutti gli enti, le associazioni, le scuole, le aziende, i Comuni che vorranno investire nello sport, riconosciuto anche dalla Costituzione come promotore di benessere per la comunità. Campus estivi per bambini, scuole, accademie, tornei, eventi e molto altro  sono le iniziative che Sport Madness organizza apportando una qualità che deriva da anni di esperienza. La società infatti vanta un ricco background di eventi organizzati anche a livelli molto alti, riscuotendo un gradissimo successo soprattutto in Spagna e in Sud America e anche in diversi paesi europei”. Dunque una prospettiva globale che coinvolge continenti diversi e allo stesso tempo fa dell’azione sul territorio, sulla piccola realtà locale, il suo punto di forza. Michele e Bianca, delegati di tutta la provincia di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno, vogliono partire proprio dallo scenario più circoscritto, quello del comune di Treia per poi diffondersi capillarmente a livello provinciale e regionale e, più in generale, dove occorre: “Vogliamo essere un valore aggiunto per le Marche, essere parte integrante di questa comunità viva, dinamica, appassionata”. Il loro obiettivo principale, ci spiega Michele Palmisano, è quello di aiutare a sviluppare al meglio tutto ciò che riguarda l’attività sportiva, collaborando con il comune, le associazioni e le realtà locali: “Stiamo già organizzando diversi eventi, perlopiù a Treia, ma con l’intenzione di allargarci gradualmente ai comuni limitrofi, nella prospettiva di un’estensione sempre maggiore”. Anche gli sport proposti sono studiati in base alle caratteristiche trasversali del territorio e sono moltissimi:si va dal podismo, attività in bici, escursioni, scuole di calcio, sport adattati, fino alle attività per anziani e molto altro.Tra gli eventi in programma c’è anche un seminario di difesa personale in occasione della Giornata Mondiale della violenza contro le donne, in collaborazione con un’associazione di Treia”.  Sport Madness è una realtà nuova e innovativa, è una sfida che Michele e Bianca hanno deciso di affrontare con entusiasmo e determinazione, convinti che lo sport sia un valore sociale e un fattore di benessere per tutti. Per saperne di più su Sport Madness:  Michele Palmisano 338 6786889 Bianca Rabbiosi 349 2203468 mpalmisano@sportmadness.club    

28/09/2023 15:03
"Tuo figlio è in carcere servono 3mila euro per liberarlo": tentata truffa a una signora di Treia

"Tuo figlio è in carcere servono 3mila euro per liberarlo": tentata truffa a una signora di Treia

Ancora un altro tentativo di truffa telefonica dopo quella raccontata nei giorni scorsi: un copione molto simile che questa volta dall'Anconetano si sposta nel Maceratese, in particolare a Treia. Una signora di 76 anni, Giuliana, è riuscita a non cadere nella trappola di una truffa telefonica che mirava a estorcerle 3000 euro. Questa la dinamica: la donna ha ricevuto una chiamata da un sedicente carabiniere il quale le ha comunicato che suo figlio aveva investito una donna e che era stato arrestato e trattenuto in caserma. Per questo motivo, il falso militare le ha chiesto di inviare 3000 euro a un fantomatico avvocato che avrebbe potuto liberarlo. Inoltre l'ha invitata a lasciargli il suo numero di cellulare così da farla ricontattare al più presto dall' avvocato- truffatore che presumibilmente avrebbe portato avanti la truffa fino a chiederle le coordinate del conto corrente. Quando la donna ha comunicato di non avere a disposizione quei soldi ma solo mille euro, il falso carabiniere le ha risposto che sarebbero comunque stati sufficienti. La donna, preoccupata per la sorte del figlio e allo stesso tempo insospettita per la dinamica della telefonata, ha chiesto di poter parlare con lui. Il truffatore le ha passato al telefono un suo complice che si è finto il figlio in lacrime chiedendole disperatamente aiuto: “Aiutami mamma”. A quel punto, però, la signora Giuliana ha confermato quello che inizialmente era solo un cauto sospetto: quella che aveva sentito naturalmente non era la voce di suo figlio, che peraltro era uscito di casa solo mezz’ora prima. Ha capito immediatamente che si trattava di una truffa e prima di riagganciare, ha ammonito il fraudolento dell'immininente denuncia che avrebbe sporto. La donna ha poi segnalato il fatto ai carabinieri, che, avvisati da altre telefonate nei giorni precedenti, hanno già avviato le indagini per risalire ai responsabili della truffa. Si tratta dell’ennesimo caso di truffa telefonica ai danni di anziani e non solo: un fenomeno sempre più diffuso e pericoloso, a volte talmente ben ordito da poter ingannare un numero ampio di persone, specialmente se ci si trova in un momento di fragilità psicologica ed emotiva. All'apparenza un reminder ridondante e superfluo ma vale comunque la pena ricordare di prestare sempre la massima attenzione alle chiamate o messaggi sospetti e di non fornire mai dati personali o soldi a persone sconosciute o sedicenti enti pubblici ufficiali. In caso di dubbio, è sempre meglio verificare la veridicità delle informazioni ricevute e contattare le autorità competenti.

25/09/2023 13:10
L'emergenza Lampedusa vista dal Maceratese: "Già allertati dalla Prefettura per possibili arrivi"

L'emergenza Lampedusa vista dal Maceratese: "Già allertati dalla Prefettura per possibili arrivi"

Ulteriori sbarchi di migranti a Lampedusa in questi giorni, tra egiziani, siriani e sudanesi migranti salpati da Zawia in Libia, che si vanno ad aggiungere a una situazione già critica di circa 4.000 persone stipate nelle strutture ricettive in condizioni disumane. Nonostante alcuni di essi siano stati trasferiti in altre regioni italiane o in altri paesi europei, le operazioni rimangono lente e complicate. Ad aggravare la tensione tra i residenti dell’isola, l’iniziale ipotesi di un insediamento della cosiddetta “tendopoli” nei pressi dell’ex base Loran, una cittadella ancora oggi interamente circondata da un muro invalicabile di filo spinato e, in questo caso, potenziale “luogo di detenzione” a tempo indeterminato per chi approda. La premier Giorgia Meloni ha fatto visita, insieme alla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen e alla commissaria europea per gli Affari interni Ylva Johansson, all’hotspot di Lampedusa per incontrare i migranti e portare la questione sul tavolo europeo. «L’Italia può contare sull’Unione europea» ha dichiarato, nella conferenza stampa a Lampedusa, Von der Leyen, ribadendo che la gestione dell’immigrazione «è una sfida continentale che richiede una risposta comunitaria». Partendo da questo fatto di cronaca nazionale ed europea abbiamo indagato come questo fenomeno globale si rifletta e prenda forma nelle piccole realtà della provincia maceratese; abbiamo, quindi, raccolto delle testimonianze e opinioni di rappresentanti della comunità civile e delle istituzioni.  Partendo proprio da quest’ultima categoria una voce ci giunge dal sindaco di Civitanova Fabrizio Ciarapica (Forza Italia) che ha posto l’accento sulle problematiche di un territorio in cui manca un’organizzazione degli spazi d’accoglienza, ribadendo come l’Europa debba investire nei paesi di partenza: “È una situazione complicata, molto critica. In quanto sindaco, recentemente sono stato chiamato dalla Prefettura per rispondere a una richiesta di ospitalità di migranti; relativamente ci era stato chiesto un interessamento per accogliere i minori. Come comune abbiamo molte difficoltà perché non abbiamo strutture adeguate per l’accoglienza: le stesse strutture educative che si occupano della tutela dei minori purtroppo hanno pochissimi spazi oltre al fatto che costituiscono un costo importante per la comunità. Oggi occorre uno sforzo corale da parte dell’Europa sia per accogliere queste persone ma anche per intervenire nei paesi d’origine, per fermare questa situazione altrimenti l’Italia non riesce a gestire un problema di tale portata. Lo sforzo più grosso è quello di andare ad agire investendo nei paesi di partenza, creare là delle condizioni di vita dove si possa vivere, mangiare e ricevere un’istruzione, altrimenti il problema non si risolverà mai”. Sempre sul solco della politica, c'é stata rilasciata una testimonianza del segretario provinciale del PD Angelo Sciapichetti, il quale, fin dall’inizio, ha messo in luce come questa situazione migratoria faccia parte della più ampia storia della società umana e come sia l’inevitabile risposta a secoli di sfruttamento colonialista da parte dell’Occidente:  “Il flusso migratorio di un continente come quello africano, sfruttato nei secoli- e tuttora- dai paesi occidentali, ha provocato un esodo biblico rispetto al quale noi siamo completamente impreparati e non c’è modo di arginarlo se non organizzando un’accoglienza a livello europeo perché l’Italia da sola non è in grado. Occorre una strategia di accordi con l’Europa, non un continuo mettere in piedi conflitti, altrimenti il problema non si risolverà mai perché le migrazioni ci sono da sempre, ci sono oggi e ci saranno domani. Anche il Memorandum UE – Tunisia è un accordo che non serve a nulla.  La forza, l’impeto e il numero di questa povera gente che scappa dalla fame, dalla miseria, dalla guerra è enorme, non è contenibile. Non risolviamo il problema andando da Orban”. Inoltre, per restituire un’idea di ciò che la popolazione percepisce, teme, spera di fronte a queste notizie drammatiche degli sbarchi, abbiamo intervistato i cittadini nelle piazze, nei caffè; tra questi, in particolare, chi di storia ne ha vissuta molta: Maria Pia, 87 anni. Secondo lei è insopportabile dover assistere alla morte di queste persone, che vanno salvate a tutti i costi. Ha aggiunto:  “L’ Italia ha una posizione geografica per cui tutti sbarcano sulle coste della Sicilia, ma non può ospitarli tutti, deve esserci necessariamente una ridistribuzione in ogni stato dell’Europa. All’origine occorre evitare che ci sia una migrazione di massa e agire sui territori di partenza ma non con le navi militari perché riecheggiano un senso di guerra. Come si impiegano tutte queste persone che non hanno una qualifica, un mestiere tra le mani e arrivano allo sbaraglio? Allora a questo punto l’agire sul luogo di origine significherebbe aprire delle scuole, delle strutture in cui si insegnano la lingua e i mestieri di manovalanza specializzata così da essere già inquadrati prima ancora di arrivare”. Poi riportiamo il parere di un giovane imprenditore agricolo del maceratese che ha messo in evidenza l’ottica di vedere opportunità nei problemi: “Alla luce dei numeri credo sia mistificatorio parlare di invasione, per quanto la tematica immigrazione resti importante per i rischi e le opportunità che la accompagnano. Ad esempio, nelle campagne, una cattiva gestione della accoglienza e dell’integrazione faciliterebbe fenomeni quali il caporalato; questo, a drammi umani accompagna una ingiusta concorrenza di chi sfrutta lavoro a basso costo. Una soluzione sarebbe formare i giovani immigrati per accoglierli nel tessuto produttivo: devono essere consapevoli della lingua, degli usi, dei costumi e anche dei loro diritti e doveri. Tornando alla agricoltura, una successiva formazione specializzata potrebbe essere una grande opportunità per le nostre campagne spopolate. Sarebbe bello coinvolgere queste persone in cerca di un futuro migliore nella riqualificazione dei luoghi e dei terreni dove la meccanicizzazione ha interrotto il ricambio generazionale”. Infine, siamo passati a intervistare un imprenditore in pensione che ha lavorato per molti anni nel settore industriale di Civitanova: “Innanzitutto occorre considerare che una partenza non organizzata, così all’arrembaggio, senza una specializzazione dei mestieri, va ad alimentare una situazione già di per sé molto complessa. In secondo luogo a carico di chi andrebbe la formazione, del datore di lavoro? Quello della grande azienda è in grado di fornirla, il piccolo imprenditore o l’artigiano no, non ha sufficienti mezzi economici.  Quindi la scuola in questo caso dovrebbe sopperire, anzi intervenire immediatamente; il primo fattore a dover entrare in campo è la lingua e un’idea di predisposizione al lavoro, di mansione, di che cosa uno è interessato a fare. L’unica strada di integrazione per un migrante economico deve partire a monte, dai paesi di origine, investendo là. In questo modo non dovremmo più assistere all’ ormai nota e drammatica parabola dei “barconi” che affondano in mare”. Dunque, c’è una convergenza di visioni riguardo al dovere morale, alla necessità umana di salvare i migranti alla deriva, di non lasciarli al destino inesorabile della morte in mare. Allo stesso tempo, tutti fanno appello all’insufficienza, vera o presunta, delle strutture italiane nel gestire da sole un fenomeno migratorio che richiederebbe un intervento europeo. Diversamente, il discrimine delle opinioni affiora in una dialettica che potremmo sintetizzare in due direzioni polarizzate: da una parte c’è chi parla di “investimento” nei luoghi di origine, dall’altra di “integrazione” a livello di territorio nazionale ed europeo. Il primo caso, quello di una sovvenzione europea ai territori africani, aprirebbe un interrogativo derivante dalla natura governativa degli stati destinatari. Ad esempio, degli stanziamenti alla Libia o alla Tunisia, con la loro situazione politica ed economica estremamente fragile e controversa, rischierebbero di alimentare la corruzione e l’intercettazione da parte della criminalità. Il secondo, quello dell’ “integrazione”, chiamerebbe in gioco un interrogativo sul modus operandi dell’Unione Europea che guarda più a misure finanziarie e securitarie piuttosto che demografiche e migratorie. In particolare, alcune politiche europee nei confronti dell’Africa sono attraversate da contraddizioni che gettano un velo d’ombra su fondanti principi di “solidarietà” e “uguaglianza”.  A titolo di esempio può essere citato il Memorandum Ue-Tunisia tramite il quale si finanzia un governo nordafricano che rintraccia i migranti subshariani e li deporta abbandonandoli nel deserto, dove perdono la vita. Ancora,la politica energetica dell’Ue sui biocarburanti di origine vegetale che ha generato il cosiddetto fenomeno del Land grabbing, ossia l’“accaparramento di terre”. Questa misura ha legittimato le multinazionali europee ad acquistare, con la complicità dei governi locali, massicce porzioni di terre nel continente africano, causando vere e proprie migrazioni di famiglie cacciate o reimpiegate come braccianti sfruttati. Non ultimo è da considerare l’abbattimento della biodiversità. Dunque quando oggi si invoca l ‘«Europa», il  grande sogno di rinascita e unità dopo anni di devastazioni e morte, rimane aperto un interrogativo: che cos’è oggi, qual è il suo ruolo?    

18/09/2023 11:53
Come rilanciare Macerata, confronto "prepolitico" tra esperti e cittadini all'asilo Ricci. Prove per un terzo polo? (FOTO)

Come rilanciare Macerata, confronto "prepolitico" tra esperti e cittadini all'asilo Ricci. Prove per un terzo polo? (FOTO)

Nel pomeriggio di ieri, all’Asilo Ricci di Macerata, si è tenuto un incontro organizzato da Massimiliano Fraticelli, Antonello De Lucia e David Miliozzi sulla tematica “Macerata, tra Attualità e Prospettiva. Il destino delle città medie e piccole tra globalizzazione e tele lavoro”. L’evento, introdotto da Bruno Mandrelli, ha visto gli interventi di Enrico Brizioli, Carlo Cambi, Sabrina De Padova, Silvio Minetti, Marco Sigona e Massimiliano Sport Bianchini .  I promotori dell’incontro hanno precisato che si è trattata di un’iniziativa aperta a tutti per trovare insieme quelle soluzioni che fino ad oggi non sembra si siano trovate; dunque non strettamente finalizzata a presentare un programma elettorale di un partito o una lista civica. A tal riguardo, il filo conduttore è stato quello di avviare una discussione definita “prepolitica” e che va al di là della polarizzazione destra-sinistra. Un incontro che si è profilato come necessità di uno spazio di confronto in cui poter riflettere sugli errori, sulle mancanze delle linee politiche messe in campo finora e ancor prima come un’occasione per meditare sui cambiamenti sociali, sulla pluralità collettiva e su come questa possa trovare un’unità identitaria a partire da un interrogativo “Dove vogliamo andare?” (che riecheggia anche un interrogativo di pasoliniana memoria: “Dove va l’umanità?”) . Antonello De Lucia, già coordinatore provinciale di Italia Viva, durante la presentazione ha introdotto il presupposto da cui è nata questa necessità di confronto: “La prima cosa da fare è la fotografia dell’esistente, capire dove siamo, che cos’è Macerata in questo momento, dov’è nel contesto territoriale macroscopico, sapendo allo stesso tempo cosa non è più; e sapendo questo una domanda è che cosa vogliamo che diventi domani. Oggi quello che vedo è una città ferma in cui si percepisce un’atmosfera asfittica. Dove sta andando la città?”. Sulla scia di una domanda che impone una riflessione sul concetto di movimento e più nello specifico di mutamento, l’avvocato Bruno Mandrelli ha parlato della rapidità attuale attraverso cui cambiano e si avvicendano le situazioni e di come, per questo motivo, il modello di sviluppo della società in cui siamo cresciuti è in declino. Da qui, ai fini di una messa in discussione e ridefinizione di un’azione politica, il bisogno di un terreno comune di condivisione e risoluzione dei problemi tra cui la chiusura del sistema di credito, la mancata sinergia con l’università, l’invecchiamento della popolazione, l’edilizia, l’esodo dei laureati fuori dai confini nazionali. Proprio L’Università e lo Sferisterio sono stati definiti come: “le ultime più grandi ricchezze che ci sono rimaste” e che possono essere un vero e proprio “volano di permanenza in questa città, di formazione culturale e tecnica a partire dai giovani”.  Ancora prima di molte possibili proposte, si è messo in evidenza il fatto che occorre partire da un sentimento “pre politico”, il quale, in questo caso, guarda al centro storico, alla sua topografia dell'intimità: “non solo come luogo di residenza per chi ci abita ma anche e soprattutto come luogo di elezione, di ritrovo spirituale di tutti i cittadini”.  A prendere la parola successivamente è stato Massimiliano Sport Bianchini, presidente dell’Arci macerata, che ha messo in luce la totale incapacità della politica territoriale di cogliere le importanti occasioni che possono provenire dal Terzo Settore: “La riforma del Terzo Settore va verso la logica assoluta di cambio di paradigma e attualmente nella città maceratese non esiste nessuna coprogettazione, nessuna coprogrammazione; cosa che, per esempio, a Fano c’è, ha aggiunto. Oggi a Macerata fanno un bando sulla cultura di 23.000 euro e non si riesce a cambiare lo statuto dello Sferisterio che è rimasto lo stesso degli anni ‘90. Non c’è alcuna forza di cambiamento, non c’è alcun patto di condivisione, di progettazione, di organizzazione futura per una città che dovrebbe avere opportunità molto più di altri”. Carlo Cambi, noto giornalista presso le più importanti testate nazionali, ha ripreso la questione del centro storico della città imperniandola intorno al suo ruolo di riferimento identitario. Citando Marc Augé, secondo il quale servono le identità per sapere chi siamo, ha fornito un importante grimaldello critico, che va in direzione di un’autocoscienza aumentata: “Vorrei che ci fosse da parte di tutti i maceratesi, indipendentemente dal loro schieramento e dal colore politico, la presa in carico di una necessità di ricostruzione dell’identità della città. Che cosa vogliamo essere, Il luogo della cultura, della sanità avanzata, dell’intelligenza collettiva? Le amministrazioni hanno avuto molto peso nel determinare l’ancoraggio a una banale quotidianità della città”. Cambi ha poi ricordato l’illustre passato di Macerata, della sua Università in cui sono state elaborate alcune delle più importanti teorie economiche di questo paese, quelle di Maffeo Pantaleoni, il più raffinato chiosatore della teoria economica cosiddetta “marginalista”. Il successivo intervento di Enrico Brizioli, direttore medico scientifico del Gruppo KOS, ha trattato la questione dell’urbanistica in relazione agli inevitabili mutamenti demografici e dunque ha fatto leva sulla necessità della ridefinizione e riprogettazione degli spazi di vita collettiva che devono fare i conti con un mancato ricambio generazionale, la migrazione dei giovani, l’integrazione non governata dei migranti che dovrebbe distribuirsi nelle fasce lavorative a che spesso finiscono in una ghettizzazione urbana dove si vive male.  Quello maceratese è “un territorio che deve necessariamente essere ripensato perché il modello marchigiano non può più sostenere una progettualità di questo tipo”. Riguardo alla progettazione dello spazio ai fini di rendere Macerata distinguibile per il suo profilo di unicità e rilancio, Brizioli ha citato il progetto mancato (nonostante i fondi a disposizione) del nuovo ospedale, che avrebbe rilanciato fortemente la sanità e che, collocato lungo l’asse della ferrovia, avrebbe reso la città un importantissimo snodo. Numeroso e partecipe il pubblico presente, che, chissà se in occasione delle nuove elezioni si troverà a votare una lista il cui programma politico conterrà quel "pre politico" interrogativo da cui tutto è scaturito: "Dove sta andando la città?"  

16/09/2023 09:55
Potenza Picena in festa per il Grappolo d’Oro: dj set con Samuel dei Subsonica e Prezioso

Potenza Picena in festa per il Grappolo d’Oro: dj set con Samuel dei Subsonica e Prezioso

Si è tenuta oggi nella sala consiliare del comune di Potenza Picena la conferenza stampa di presentazione della 61esima edizione della festa del Grappolo d’Oro, la storica manifestazione che celebra il rapporto tra la città e la sua tradizione rurale, tra arte, cultura e enogastronomia.  All’incontro con i giornalisti sono intervenuti il sindaco Noemi Tartabini, il presidente della Pro Loco Giuseppe Castagna, il direttore di “Tipicità” Angelo Serri e l’assessore Tommaso Ruffini. La festa del Grappolo d’oro si svolgerà dal 16 al 24 settembre 2023 e offrirà un ricco programma di iniziative per tutti i gusti e le età. Tra le novità di quest’anno, la mostra fotografica “Km Zero”, un percorso antologico di foto incentrate su una tradizione agricola che prosegue, diventando storia privata e collettiva, fino all'evento conclusivo del 23 con il concerto di Samuel, frontman dei Subsonica. Non mancheranno gli appuntamenti classici della festa, come le degustazioni itineranti, le cene a tema nei ristoranti del centro storico, le performance artistiche, le locande con le specialità tipiche, la sfilata dei carri allegorici e moltissimo altro. Il primo cittadino ha sottolineato l’importanza del Grappolo d’oro per il territorio e per la valorizzazione delle sue eccellenze nonché per l'occasione di aggregazione che lo contraddistingue da sempre:  “A mio avviso la cosa più straordinaria del Grappolo d’Oro, oltre al fatto che richiama tantissime persone in un tripudio di colori, musica e allegria, è la capacità di aggregare, di muovere tante persone dove ognuno fa la sua parte nel proprio rione”, allestendolo e curandolo come un angolo della propria abitazione. Infine ha rivolto un sentito ringraziamento alla direzione artistica del presidente e di tutti i membri del direttivo per il lavoro svolto con una passione tale per cui l’intera comunità potentina si sente totalmente coinvolta.   A prendere la parola subito dopo, illustrando il programma di questa nuova edizione e lo spirito che lo anima, il presidente della Pro Loco Giuseppe Castagna; un momento importante per la cittadinanza che lo attende per vestirsi a festa, una festa che quest’anno coinvolge ulteriormente tutti gli ambiti: mostre d’arte, tipicità enogastronomiche del territorio, poesia locale, teatro dialettale, musica che spazierà dal tributo ai Pink Floyd fino alle sonorità disco ed elettroniche di speciali dj set. Si continua con gli spettacoli degli artisti di strada per bambini e adulti e la celebre sfilata dei carri che è un vero e proprio spettacolo. Ai fini di rendere più agevole l’arrivo a Potenza Picena e per una maggiore sicurezza alla guida, sempre Castagna, ha accennato alla possibilità di navette che partono anche da Porto Potenza. La festa culminerà poi nel weekend tra il 22 ed il 24 settembre durante il quale saranno attive anche le locande gastronomiche organizzate, fra gli altri, dall’Hockey Club e la Società Union di Potenza Picena. Venerdì 22 ad aprire la serata saranno presenti due dj: il giovanissimo Lorenzo Linardelli e dj Silvio del Barracuda, molto conosciuto nella zona. Come special guest sarà presente Dj Prezioso di Radio Deejay. Sabato 23 il programma prevede spettacoli itineranti di trampolieri e giocolieri, di magia e di fuoco a cura di “Spettacoli Eventi”. Ad aprire la serata in Piazza Giacomo Matteotti sarà la band Jovanotti Fortunati con un tributo nazionale a Lorenzo Jovanotti. Special guest, come detto, Samuel dei Subsonica che si esibirà in un dj set live. Domenica 24 sarà tutta dedicata alla tradizione. Dalla mattina con la sfilata dei “piccoli potentini” vestiti con gli abiti tradizionali che accompagnano Bacco a cavallo alla Santa Messa, mentre al pomeriggio con la sfilata dei carri allegorici, l’esibizione degli sbandieratori della Cavalcata dell’Assunta di Fermo e i balli della tradizione de “Li Matti de Montecò”. Si esibiranno inoltre il sassofonista Elia Marano e la cantautrice Gretel. Il tutto sarà condotto da Fabio Marano e Giulia Ciarlantini. L’attrice comica Valentina Persia chiuderà il Grappolo D’Oro con il suo spettacolo “Ma che te ridi?”. Non manca l’arte, grazie alle due mostre fotografiche “Gli ultimi contadini”, di Lorenzo Cicconi Massi, e “KM0: fotografia e territorio”, allestite rispettivamente presso la Fototeca Comunale e la Cappella dei Contadini, e la personale di pittura di Emanuele Paciotti, esposta in via Mariano Cutini. È intervenuto poi il fondatore e direttore di “Tipicità”, partner del Grappolo d’Oro, Angelo Serri, che ha messo in evidenza il grande favore e gradimento che il Grand Tour delle Marche sta trovando presso le varie comunità; una formula itinerante che fornisce un preciso approccio conoscitivo di scoperta di un territorio a volte così piccolo e allo stesso tempo così vario.  Ha spiegato più nel dettaglio la serata clou del 16 settembre: in cui “ci sarà l’evento di battesimo con Beppe Convertini, volto noto di linea verde sulla Rai, personaggio molto popolare e affabile che si cala nelle realtà delle comunità dialogando con il pubblico. Sarà un talk degustazione, non uno show cooking, piuttosto un modo di dialogare e degustare le tipicità proposte dalla Pro Loco. Questo Grand Tour mette in evidenza due attrattori fondamentali: il cibo e il saper fare, la manualità e qui a Potenza Picena, con il Grappolo d’oro, c’è una sublimazione di entrambi”. Infine a chiudere la conferenza stampa l’assessore Tommaso Ruffini: “Il Grappolo d’Oro è una certezza che ogni anno c’è sempre stata ed è cresciuta molto grazie all’entusiasmo e al coinvolgimento dei cittadini. È un mettersi in moto della città, uno scommettere su sé stessa guardando oltre i propri confini, allargando gli orizzonti nell’ottica di una consapevolezza delle proprie risorse come leva per lo sviluppo turistico e una ricaduta prolifica sul territorio”. La manifestazione è promossa dal Comune di Potenza Picena ed organizzata dalla locale Pro Loco, con il patrocinio della Regione Marche e il sostegno di ben 117 sponsor. La festa del Grappolo d’oro è un’occasione unica per scoprire e apprezzare le bellezze di Potenza Picena, un borgo medievale di rara pregevolezza, che si affaccia sull’Adriatico e offre panorami mozzafiato.  È sui declivi delle colline a ridosso del mare che crescono le uve dorate del Grappolo d’oro, la festa che, secondo la saggezza popolare, celebra la vendemmia e la vita.  

14/09/2023 17:00
FBT, 60 anni di successi nel mondo dell'audio. Una festa indelebile con ospiti d'eccezione (FOTOGALLERY)

FBT, 60 anni di successi nel mondo dell'audio. Una festa indelebile con ospiti d'eccezione (FOTOGALLERY)

Giovedì scorso la FBT, l'azienda recanatese leader nel settore dell'amplificazione sonora e dei sistemi audio, si è vestita a festa per i suoi 60 anni. Una festa in grande come il traguardo richiede, di quelle che rimangono nei ricordi, organizzata nel minimo dettaglio nei pressi del vastissimo stabilimento situato nella zona industriale Squartabue di Recanati. Per la celebrazione sono venuti imprenditori e industriali da ogni parte del mondo, autorità, dipendenti, collaboratori e amici. A catturare immediatamente lo sguardo è un palco professionale montato ad hoc dietro cui campeggiano le colline loretane e sopra queste, in tutta la sua bellezza, svetta la Basilica di Loreto che fa da scenografia fissa all’evento, creando una sorta di suggestivo dialogo che attraversa la storia del territorio tra arte e industria, antichità e contemporaneo. In uno spiazzale gremito di ospiti che conversano nell’attesa che i festeggiamenti inizino, intercettiamo il presidente della Regione Francesco Acquaroli per un commento in merito all’occasione: “La FBT è un’azienda che oggi compie 60 anni della propria storia e che dà molto lavoro alle famiglie della nostra regione, è una realtà che esporta l’85 % del proprio fatturato all’estero e quindi è quella rappresentanza territoriale che noi vogliamo sostenere con orgoglio perché portatrice di una ricchezza che non è solo quella del saper fare e dell’occupazione, ma anche quella che rimanda alla possibilità di un futuro fatto di speranza e capacità di crescita”. A inaugurare ufficialmente i festeggiamenti è stato il noto attore e imitatore marchigiano Neri Marcorè, che ha fin da subito coinvolto il pubblico con la sua sagace ironia e ha poi condotto lo spettacolo sino a conclusione. Dopo i saluti e un’introduzione del presidente della Regione, i fratelli Tanoni, attuali proprietari, hanno ripercorso con emozione la parabola dell’azienda, nata nel 1963 come piccola officina specializzata in amplificatori valvolari per chitarra, basso, tastiere da 12 watt e diventata oggi una realtà internazionale, presente in oltre 80 paesi del mondo. A tal riguardo queste le parole di Mauro Tanoni: “L’ intenzione di FBT era quella di investire nella commercializzazione e internazionalizzare l’azienda. È da lì che si è iniziato ad assumere delle persone specifiche; un direttore commerciale per l’Italia e uno per l’estero perché per l'appunto sin d’allora l’idea era quella per cui il mercato italiano era troppo stretto. In questa nuova azienda siamo 100 persone, è una ditta strutturata, in continuo sviluppo, che oggi lavora su una superficie di circa 25.000 mtq” Poi il turno di Bruno Tanoni che riprende le parole del fratello focalizzandosi sulla prospettiva presente e sulla progettualità futura che guarda all’energia rinnovabile, alle innovazioni tecnologiche e all’impiego di giovani specializzati:  “Siamo autosufficienti dal punto di vita energetico, praticamente riusciamo a produrre più energia rispetto a quella che ci serve e non solo: dalla prossima stagione stanno entrando in funzione anche delle pompe di calore e di raffreddamento che permetteranno così di potersi svincolare dai fossili. Una delle capacità che abbiamo è quella di capire in tempo dove sta andando il mercato, forse questo è uno degli aspetti che ha da sempre garantito il successo della FBT. Stiamo già trattando anche per l’acquisizione di macchine nuove e per questo motivo tutte le persone che entrano in azienda sono diplomate o laureate o hanno fatto dei corsi di specializzazioni particolari. Puntiamo soprattutto sulla risorsa fondamentale rappresentata dai giovani perché il lavoro qui c’è”. Subito dopo a salire sul palco la Compagnia di Musicultura che ha emozionato e animato il pubblico con una rosa di canzoni tra le più famose del repertorio della musica popolare italiana. A seguire un momento molto importante che ha visto la premiazione, con le raffinate pergamene vergate da Malleus, di tutti i dipendenti e collaboratori che hanno lavorato per più di 40 anni con FBT, tra cui Edelweiss Mengascini, la prima dipendente assunta nel 1963. A dar voce alla gratitudine di tutti i lavoratori Carla Lorenzini “ Siamo stati oltre che lavoratori una famiglia, molti di noi sono entrati a far parte di questa realtà in giovanissima età. Le famiglie Baldoni e Tanoni ci hanno accolto e ci hanno fatto crescere sia lavorativamente sia umanamente”. La FBT è un'impresa che ha saputo coniugare innovazione, qualità e passione, mantenendo saldi i valori della tradizione e del territorio.    

09/09/2023 13:00
Chiara Boncompagni prende il timone da Ylenia Ritucci: nuovo comandante per la Capitaneria di Civitanova (FOTO)

Chiara Boncompagni prende il timone da Ylenia Ritucci: nuovo comandante per la Capitaneria di Civitanova (FOTO)

Si è svolto nella mattinata di oggi, venerdì 8 ottobre, alla presenza delle autorità civili e militari, tra cui il contrammiraglio Donato De Carolis, e di alcuni industriali, il passaggio di consegne al vertice della capitaneria di porto di Civitanova tra il capitano di corvetta Ylenia Ritucci e il tenente di vascello Chiara Boncompagni.  Oltrepassato il cancello della capitaneria di porto, la prima scena che appare all’occhio si dispiega in tutta la sua bellezza scenografica e cromatica: una schiera composta di ufficiali in alta divisa bianca con in mano la sciabola dorata di rito sono disposti davanti a un tappeto blu, che attraversa lo spiazzale come un lembo di mare, a presenziare rendendo omaggio. Uno squillo di trombe annuncia l’inizio della cerimonia e il capitano uscente Ritucci prende parola con una voce che lascia trapelare tutta l’emozione di un vissuto intenso di tre anni, che parla di lavoro e di un vissuto che ha visto anche la nascita di suo figlio Leonardo. Ha ripercorso le tappe salienti del suo mandato, sottolineando le sfide affrontate e i risultati ottenuti in ambito operativo, amministrativo e sociale. Ha elogiato il lavoro dei suoi collaboratori e il rapporto con le istituzioni e la comunità locale (a partire da quella dei pescatori), esprimendo gratitudine e affetto:  “Nessuna nave può navigare sicura senza un buon equipaggio, chiunque sia il suo comandante. Siete stati un buon equipaggio, conservate sempre l’amore per la vostra professione, una professione bellissima a servizio della gente e del mare. Ascoltate i loro bisogni e fatevene sempre interpreti per la ricerca delle giuste soluzioni”.  Poi ha proseguito rivolgendosi al suo successore consigliandole di “custodire gelosamente il personale che è la risorsa più importante, che ci consente ogni giorno di dare le risposte che la collettività chiede, un saluto di cuore e un sincero buon vento”. Infine le parole finali che hanno chiuso il discorso aprendo alla visione di un’intera esistenza: “Concludo questa esperienza con il cuore colmo di gratitudine e di orgoglio con la profonda convinzione che sia stato un comando che vale la scelta di una vita intera”. Dopo il passaggio di testimone sancito dal rito della spada è il turno del nuovo capitano Chiara Boncompagni che ha a sua volta ringraziato Ylenia Ritucci per “la sua accoglienza e la disponibilità" riservatole durante l'avvicendamento, per averle lasciato un "equipaggio affiatato e per l’ottimo lavoro svolto”. Ha poi illustrato le sue priorità e le sue responsabilità, manifestando il suo orgoglio e la sua emozione per aver assunto il comando della capitaneria:  “Il senso del dovere e di servizio mi spingono a voler vivere il ruolo in senso assoluto, rendendomi innanzi tutto fedele interprete sarà mia cura assicurare che l’autorità marittima continui a esercitare la propria funzione rendendosi garante con il proprio contributo lo svolgimento qualificato e sicuro delle attività marittime come finora operato dal mio predecessore”. E rivolgendosi al suo equipaggio ribadito tutto l’orgoglio di esserne alla guida:   “Mi rivolgo ora al mio equipaggio, sono profondamente onorata di poter far parte di questa squadra straordinaria. Da oggi ho l’onore di essere il vostro comandante, darò tutta me stessa ogni giorno per essere all’altezza di tale responsabilità e sappiate che rappresentate per me la risorsa più preziosa. Il nostro lavoro non è solo una professione ma una vocazione che ne richiede sacrificio, coraggio e perseveranza. Siate quindi sempre consapevoli dell’importanza del ruolo che ricoprite”.  Infine a chiudere la conferenza il contrammiraglio direttore marittimo delle Marche Donato De Carolis che ha manifestato il suo plauso e il suo più sincero augurio per il lavoro compiuto e per quello altrettanto importante che dovrà essere svolto: “Faccio i migliori auguri al capitano di corvetta Chiara Boncompagni che offre solidi presupposti per proseguire l’eccellente lavoro svolto dal comandante uscente per affrontare in modo propositivo le più disparte problematiche che caratterizzano l’attività del porto civitanovese. È una sfida impegnativa, ma sono sicuro che con la collaborazione di tutti, istituzioni, comunità territoriali, pescatori, operatori economici, saremo preparati nel migliore dei modi”.              

08/09/2023 17:02
Il ritorno a sé stessi attraverso la musica: la storia del compositore autodidatta Alessandro Maggi (FOTO e VIDEO)

Il ritorno a sé stessi attraverso la musica: la storia del compositore autodidatta Alessandro Maggi (FOTO e VIDEO)

Alessandro Maggi è un compositore pianista italiano autodidatta. La musica è per lui un mezzo magico per esprimere ciò che vive sia dentro che fuori di sé, una lingua universale capace di emozionare e donare benessere. Maggi è un artista, un'anima entusiasta e curiosa che non smette mai di esplorare il mondo esoterico e metafisico. Come un moderno alchimista, riesce a trasformare le sue emozioni e pensieri in melodie coinvolgenti ed evocative. Val la pena andare ad approfondire le ramificazioni della sua storia di vita e di musica conosciute grazie a un’intervista, la quale è stata in primis un’occasione preziosa di spazio meditativo che va dal privato e giunge all’universale, come filigrana che attraversa l’intimità di ognuno di noi. Tutto affonda le radici nell’infanzia. Fin da bambino ha sempre sentito il richiamo a intraprendere percorsi interiori insoliti molto profondi che convergevano all’elemento musicale; quando è stato il momento di scegliere il corso di studi, i suoi genitori non erano d’accordo all’idea del Conservatorio per cui prese la chitarra e si mise a strimpellare da solo. Tuttavia, ogni volta in cui vedeva un pianoforte gli veniva sempre l’istinto incontenibile di muovere le dita delle mani sui tasti. Passano gli anni, gli eventi della sua vita lo conducono a muoversi attraverso una geografia interiore e fisica molto articolata, finché due anni e mezzo fa morì sua zia la cui volontà fu quella di lasciargli in eredità il suo pianoforte. “Da quel giorno- racconta Maggi- sulla scia di segnali che parlano di causalità e non di caso, comincio a focalizzarmi sul piano e, dal turbinio di un puro sentire, inizio a comporre dei miei brani registrandoli col cellulare e mandandoli a un’amica di mia figlia, insegnante di pianoforte e viola, che tutt'ora mi aiuta nel trascriverli in note sullo spartito. Poi un giorno tramite un caro amico, a Torino, ho conosciuto sua cugina, Roberta Ferrara, coreografa di fama mondiale e direttrice artistica della compagnia Equilibrio Dinamico (riconosciuta anche da Mic) . In quell’occasione mi chiese di farle ascoltare le mie composizioni e rimase fortemente commossa a tal punto da volermi come compositore e drammaturgo in un suo progetto di grande rilievo: la creazione di "Nostos - il ritorno", che è il ritorno a sé stessi”.  Da lì le composizioni di Alessandro Maggi hanno iniziato a girare e risuonare in tutti i principali teatri d’Italia e d’Europa; firma la musica inedita "Presenza" per la prestigiosa Competition Helsinki International Ballet sempre grazie a Roberta Ferrara che l'ha scelta come brano per la sua corografia ideata appositamente per il giovane danzatore professionista Giulio Diligente, membro del Finnish National Opera, il quale ha ricevuto l'ambito premio Doris Line Prize.  Nell'ultimo anno ha abbracciato con successo il fenomeno degli house concert, perché il suo desiderio è quello di creare vicinanza ed empatia con il pubblico. Questo modo di comporre, che si genera “per Natura” e in una sorta di raptus epifanico, si sprigiona generando una grammatica sonora che fa riscoprire archetipi emozionali apparentemente rimossi. A conferma della sua peculiarità e fondatezza compositiva, ha destato particolarmente l’interesse del professore Enzo Soresi; quest’ultimo, autore di cinque saggi- tra cui “Il cervello anarchico” - e primario pneumologo del Niguarda di Milano nonché appassionato di neuroscienze, il 4 ottobre terrà una presentazione a Brera per raccontare l’esperienza di Maggi. Alla domanda su qual è il suo obbiettivo, questa è stata la risposta: “Sicuramente quello di condividere questa mia piccola esperienza. Quado riesci a fondere materia ed energia si raggiunge quella serenità che non dipende dal discorso economico ma lo include. L’ obiettivo è l’interazione primaria che rimane sana e senza velleità di cambiare nulla: se si può far del bene, generando un moto di profonda emozione, anche a una sola persona, attraverso melodie e note che sento, è già qualcosa di completo. ‘Già è tanto se uscite di qui e provate un’emozione’ diceva De André; non c’è nessuna verità ma se può essere d’ispirazione per qualcuno, la musica è un elemento alchemico potentissimo e per quanto mi riguarda è la punta dell’iceberg materializzata di ciò che è il mio mondo interiore, che poteva esprimersi in tutte le forme, dall’arte alla creazione di un’azienda. In questo caso, ascoltando la Sorgente Madre, ho sentito la musica”. A ottobre è previsto il debutto su Spotify e l'uscita del nuovo brano il cui videoclip è girato proprio nelle campagne marchigiane, in uno scenario molto suggestivo.        

02/09/2023 17:00
Macerata, scontro tra auto e camion alla rotonda: una donna trasportata in ospedale (FOTO)

Macerata, scontro tra auto e camion alla rotonda: una donna trasportata in ospedale (FOTO)

Uno scontro tra un camion e una vettura si è verificato oggi, intorno alle 14, tra via Cincinelli e via Corneto a Macerata, vicino la rotatoria del supermercato Oasi; a guidare l’auto, una Range Rover ibrida di colore nero, c’era una giovane donna. Sul posto sono prontamente intervenuti i soccorsi: la polizia stradale per ricostruire le cause dell’incidente, ancora in fase di accertamento, i vigili del fuoco per la messa in sicurezza della macchina e il 118 per prestare le prime cure alla donna, che è stata trasportata in ospedale con un’ambulanza. Si sono registrati alcuni disagi al traffico dovuti anche alla festa patronale di San Giuliano, ma la situazione si è normalizzata nel giro di un’ora. Le forze dell’ordine stanno svolgendo i rilievi per accertare la dinamica dell’incidente. Sul luogo del sinistro è poi intervenuto il personale dell'Aci Carlini per la rimozione dei mezzi coinvolti nello scontro.   

31/08/2023 16:00
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