È ufficiale il decreto di finanziamento per gli interventi di riqualificazione del mercato ortofrutticolo di Piediripa: in arrivo oltre 8 milioni di euro per il comune di Macerata. Il progetto è finanziato interamente con fondi Pnrr.
L’intervento, che prenderà il via nei prossimi mesi, prevede il recupero delle strutture e degli edifici esistenti dal punto di vista architettonico e funzionale grazie a soluzioni che renderanno il mercato ortofrutticolo di Piediripa un complesso polifunzionale, con finalità di promozione e valorizzazione delle eccellenze del territorio e della produzione locale con l’obiettivo di valorizzare i prodotti e la loro commercializzazione.
Il nuovo mercato ortofrutticolo punterà molto sull’ampliamento, all’interno delle categorie commercializzate, della filiera del biologico e del florovivaistico. La riqualificata struttura sarà in grado di ospitare anche iniziative socio-culturali, sociali e per il tempo libero.
"L’ennesimo finanziamento per Macerata che sarà destinato all’efficientamento e al miglioramento della capacità commerciale e logistica di uno dei gioielli della città; un particolare ringraziamento per l'attenzione dimostrata al Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati Mirco Carloni con il quale mi sono confrontato in questi lunghi mesi per raggiungere questo importante risultato" ha detto il sindaco Sandro Parcaroli.
L’imponente intervento permetterà, in primo luogo, di migliorare la capacità di immagazzinaggio, stoccaggio e trasformazione delle materie prime, preservando la differenziazione dei prodotti per qualità, sostenibilità, tracciabilità e caratteristiche produttive. Si procederà, quindi, alla rifunzionalizzazione del patrimonio edilizio esistente con una particolare attenzione alla riduzione dell’impatto ambientale eliminando completamente le quantità di CO2 derivanti dal consumo di energia elettrica fossile e implementando energia solare, attraverso l’utilizzo del fotovoltaico, per il confort delle aree scoperte e coperte.
Il progetto prevede, nel dettaglio, i seguenti macro-interventi: riqualificazione energetica e adeguamento degli immobili; realizzazione di una piazza coperta dotata di un impianto fotovoltaico; miglioramento della gestione dei flussi interni al mercato e trattamento dei rifiuti; sviluppo della digitalizzazione della logistica di mercato e di sicurezza; riqualificazione del percorso di conservazione e realizzazione di una piattaforma web e social media per la valorizzazione e la commercializzazione dei prodotti e delle iniziative di filiera.
Attualmente, il mercato ortofrutticolo, che si estende su una superficie di circa 25mila metri quadrati di cui circa 8mila coperti e la cui attività si svolge quasi completamente all’aperto, è composto da 19 box con tettoia antistante, 6 celle frigorifere, 2 magazzini, 2 uffici, servizi igienici, un bar, 2 pese pubbliche, 4 tettoie per commercio produttori, l’abitazione del custode e la cabina Enel e di trasformazione. Le azioni primarie della riqualificazione vertono, da un lato, sulla necessità di garantire adeguati standard qualitativi e igienico-sanitari e, dall’altra, nel fornire processi di razionalizzazione della logistica interna per creare moderne piattaforme di distribuzione. Il mercato conta oggi 9 grossisti, 62 agricoltori e 110 acquirenti
Chi lavora in un’officina o in un cantiere sa bene quanto la qualità del lavoro non dipenda soltanto dall’esperienza degli operatori o dall’efficienza delle macchine, ma anche – e soprattutto – dall’organizzazione dello spazio e dalla gestione degli strumenti. In ambienti dove il tempo è risorsa preziosa e i margini d’errore devono essere ridotti al minimo, anche un dettaglio fuori posto può generare rallentamenti, disagi o situazioni potenzialmente rischiose.
Una delle criticità più frequenti è rappresentata dal disordine operativo. La presenza di attrezzi sparsi, cavi lasciati sul passaggio, postazioni sovraccariche o materiali non classificati non solo ostacolano il flusso di lavoro, ma aumentano il rischio di incidenti e perdite di tempo. In particolare, l’utilizzo di sistemi di avvolgimento professionali – vedi gli avvolgitubo proposti da Zeca – consente di mantenere liberi i percorsi, evitare danneggiamenti ai collegamenti e ridurre drasticamente l’ingombro nelle aree di transito e lavoro, contribuendo a una gestione più efficiente delle attività quotidiane.
Il disordine si traduce spesso in spreco. Quando uno strumento non si trova al momento giusto, oppure viene danneggiato perché conservato in modo inadeguato, si genera una catena di rallentamenti: il tempo perso nella ricerca, la sostituzione non programmata, l’interruzione del flusso produttivo. Questo vale per le attrezzature manuali, ma anche – e forse ancor più – per tubazioni, cavi, accessori pneumatici o elettrici, spesso soggetti a usura accelerata proprio per via della scarsa cura nella gestione.
I tempi morti sono la conseguenza più evidente di una cattiva organizzazione. Quando un operatore è costretto a interrompere il lavoro per riavvolgere un tubo, sistemare un collegamento difettoso o spostare materiali mal collocati, si perde non solo tempo, ma anche concentrazione e ritmo. In contesti dove i ritmi di produzione sono serrati, l’accumulo di microinterruzioni può compromettere la resa di un’intera giornata di lavoro.
Un altro aspetto critico è la condivisione degli spazi. In molte officine e cantieri, diverse squadre operano simultaneamente nello stesso ambiente. Senza una gestione ordinata delle attrezzature comuni, si creano facilmente interferenze, sovrapposizioni e confusione. L’adozione di sistemi mobili, supporti regolabili, postazioni modulari e strumenti facilmente riposizionabili permette una maggiore flessibilità operativa e riduce la necessità di continue riorganizzazioni.
La manutenzione degli strumenti rappresenta un ulteriore punto debole. Spesso, il disordine è accompagnato da un controllo saltuario dello stato delle attrezzature. Cavi lesionati, tubi usurati, raccordi danneggiati sono segnali trascurati che possono trasformarsi in guasti più seri o in veri e propri rischi per la sicurezza. Una gestione attenta e regolare delle attrezzature, supportata da sistemi che ne favoriscono l’ispezione e la conservazione ordinata, è essenziale per prevenire fermate impreviste e per lavorare in modo più sicuro.
Anche la comunicazione interna può risentire del disordine operativo. Quando i materiali non sono collocati dove dovrebbero, o quando le attrezzature vengono spostate senza condivisione, si crea confusione tra i membri del team. Questo vale in particolare nei turni multipli o nei cantieri a rotazione, dove è fondamentale che le informazioni e gli strumenti passino correttamente da un gruppo all’altro.
Nel tempo, il costo cumulativo di questi problemi può diventare rilevante. Non si tratta solo di efficienza, ma anche di affidabilità, qualità del lavoro e benessere degli operatori. Lavorare in un ambiente ordinato, dove ogni strumento ha il suo posto, non solo rende il lavoro più veloce, ma anche più fluido, meno stressante e più sicuro. Gli strumenti che facilitano questa organizzazione – come appunto gli avvolgitubo professionali, i carrelli attrezzati, i pannelli modulabili – rappresentano un investimento che si ripaga nella quotidianità.
In sintesi, la gestione efficace di officine e cantieri non può prescindere da un’organizzazione rigorosa e da una scelta consapevole degli strumenti. Disordine, sprechi e tempi morti non sono inevitabili: sono il sintomo di sistemi che possono essere migliorati. Con piccoli accorgimenti e soluzioni tecniche adeguate, è possibile trasformare un ambiente caotico in uno spazio di lavoro funzionale, sicuro e altamente produttivo.
Negli ultimi anni, con l’aumento dell’informazione accessibile e la diffusione dei prodotti naturali, sempre più persone si affidano all’automedicazione per affrontare piccoli disturbi, compresi quelli legati alla salute urinaria. Una scelta comprensibile, in molti casi motivata dal desiderio di evitare cure farmacologiche invasive o di affrontare in modo più autonomo fastidi ricorrenti.
L’idea che “naturale” equivalga a “privo di rischi” è ancora molto diffusa, ma non sempre corretta. Anche le sostanze considerate sicure e ben tollerate possono avere effetti collaterali, soprattutto se assunte per lunghi periodi o senza conoscere il proprio stato di salute. Il D-mannosio, ad esempio, è spesso scelto per la sua azione di supporto nel trattamento delle infezioni urinarie, ma come per qualsiasi integratore, anche in questo caso è bene informarsi in modo approfondito prima di iniziare un utilizzo continuativo (in questo senso segnaliamo che Dimann.com chiarisce le controindicazioni del d-mannosio), specie in presenza di condizioni particolari.
Tra i rischi legati all’automedicazione c’è soprattutto quello di posticipare il confronto con il medico. Quando si affronta un fastidio – come una minzione frequente o una sensazione di peso al basso ventre – con un rimedio “fai da te”, si corre il rischio di mascherare temporaneamente il sintomo senza affrontarne la causa. In alcuni casi, ciò può comportare un aggravamento del quadro clinico, soprattutto se il disturbo iniziale era spia di un’infezione batterica, di un’infiammazione cronica o di una condizione più complessa.
Un altro limite dell’approccio autonomo è quello della diagnosi “soggettiva”. In rete è facile trovare liste di sintomi, suggerimenti e schemi di integrazione, ma ogni persona ha una storia clinica diversa. Due soggetti con sintomi simili possono avere cause molto diverse: infezione, disbiosi, disfunzione pelvica, squilibrio ormonale. Procedere per tentativi, senza una valutazione approfondita, espone a scelte poco efficaci o addirittura dannose.
Detto questo, è altrettanto vero che il supporto naturale può rappresentare un valido aiuto, soprattutto in chiave preventiva. L’importante è che non sostituisca il confronto con un professionista sanitario, ma lo affianchi. Gli integratori – inclusi quelli a base di D-mannosio – possono essere utili in un contesto ben definito, con obiettivi chiari e dopo aver escluso eventuali controindicazioni individuali. Anche per prodotti generalmente ben tollerati, infatti, esistono casi in cui possono provocare disturbi gastrointestinali o interferire con altri trattamenti in corso.
Uno degli aspetti più delicati riguarda la gestione delle recidive. Le persone che soffrono frequentemente di cistite tendono, per comprensibili ragioni, a sviluppare strategie autonome per gestire il disturbo. Ma la frequenza stessa degli episodi dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme, un motivo per approfondire le cause e valutare un inquadramento clinico più ampio. L’autotrattamento può aiutare nel breve termine, ma rischia di impedire una visione d’insieme.
C’è poi un ulteriore rischio: quello di affidarsi a fonti non verificate. I social, i forum, i blog personali possono offrire spunti, ma non sostituiscono l’evidenza scientifica. Non tutte le esperienze individuali sono replicabili, e ciò che ha funzionato per qualcuno potrebbe essere del tutto inefficace o addirittura sconsigliato per altri.
Per questo motivo, prima di iniziare un percorso con qualsiasi tipo di integratore o rimedio naturale – incluso il D-mannosio – sarebbe sempre auspicabile rivolgersi al proprio medico, al farmacista di fiducia o a un professionista esperto nel trattamento dei disturbi urinari. Non solo per ricevere indicazioni più accurate, ma anche per valutare la compatibilità con il proprio stato di salute generale e con eventuali terapie in corso.
In sintesi, la possibilità di agire in autonomia per sostenere il benessere urinario è un’opportunità positiva, ma richiede responsabilità. L’automedicazione, se non è guidata da informazione corretta e da un monitoraggio attento, può trasformarsi in un freno alla reale prevenzione. La conoscenza, invece, è uno strumento potente: scegliere consapevolmente, valutare con attenzione e sapere quando è il momento di chiedere aiuto è già un passo concreto verso un approccio più equilibrato alla propria salute.
(Foto di Sasun Bughdaryan su Unsplash)
Un'auto posteggiata in modo irregolare ha mandato in tilt il traffico in una delle arterie principali della città di Macerata. È successo oggi pomeriggio, attorno alle 18:30, in viale Piave, dove un autobus del trasporto pubblico locale è rimasto bloccato a causa di un veicolo lasciato di traverso lungo la carreggiata.
La vettura ha impedito al mezzo pesante di completare la manovra, creando un effetto imbuto che ha rapidamente congestionato la circolazione. Sul posto è intervenuta una pattuglia della polizia locale, chiamata a gestire la situazione e a liberare la strada. Nel frattempo, lunghe code si sono formate lungo tutto il viale, con inevitabili disagi per automobilisti, residenti e passeggeri del trasporto pubblico.
Non è la prima volta che episodi simili causano disagi in viale Piave, zona già soggetta a problemi di viabilità e sosta selvaggia (leggi qui).
Aprire un'attività tutta propria è il sogno di molti giovani imprenditori italiani, ma questo sogno spesso si scontra con la dura realtà. Per lanciare un'attività, un'impresa o una start-up servono fondi e non tutti gli imprenditori ne dispongono. Tuttavia è possibile sfruttare gli assist offerti dal Governo sotto forma di finanziamenti per le imprese, che mettono a disposizione degli imprenditori fondi per avviare le loro attività.
Ogni forma di finanziamento ha le sue peculiari caratteristiche e bisogna scegliere quello più adatto secondo le proprie necessità. Di seguito ne analizziamo alcuni, ma per avere una panoramica più ampia invitiamo a rivolgersi ad esperti del settore per conoscere tutti i contributi agevolati e a fondo perduto per imprese e per ricevere supporto.
Tra le tante opportunità c'è il microcredito, uno strumento finanziario pensato soprattutto per le microimprese che hanno più difficoltà ad accedere ai finanziamenti per i vincoli troppo stringenti. Il microcredito prevede non solo un prestito di piccolo importo, ma anche una serie di servizi che comprendono il supporto gestionale e la consulenza per le imprese. Tale forma di finanziamento è destinata alle imprese che desiderano avviare oppure potenziare la loro attività, puntando sulla crescita economica e sull'innovazione.
Tra i bandi più apprezzati c'è Resto al Sud, che ha l'obiettivo di supportare economicamente gli imprenditori meridionali che desiderano fare impresa nel Mezzogiorno. Il bando, oltre alle regioni meridionali, è rivolto anche alle aree del cratere sismico del Centro Italia e in alcune isole minori del Centro-Nord.
L'iniziativa prevede fondi complessivi superiori a un miliardo di euro ed è destinata agli imprenditori con un'età compresa tra i 18 e i 55 anni. La caratteristica principale di questo bando è la sua semplicità, dal momento che non ci sono scadenze o graduatorie da rispettare. Le domande vengono valutate in ordine di arrivo, senza lunghe attese burocratiche. Resto al Sud può finanziare una serie di attività nei seguenti ambiti: industria, artigianato, trasformazione dei prodotti agricoli, pesca e acquacoltura; servizi alle imprese e alle persone; turismo e commercio; attività libero professionali.
Tra i bandi in uscita c'è Resto al Sud 2.0 e Autoimpiego Centro-Nord Italia. Resto al Sud 2.0 ricalca per grandi linee Resto al Sud, con alcune differenze relative ai requisiti dei candidati che possono fare domanda e alla cifra erogata per il finanziamento.
Tra i bandi molto gettonati tra gli imprenditori c'è anche ON - Oltre Nuove Imprese a Tasso Zero, incentivo promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico per finanziare le imprese composte soprattutto da giovani under 35 e da donne di tutte le età. Le agevolazioni coprono fino al 90% delle spese e il bando ha come obiettivo il lancio, il potenziamento o la trasformazione di attività operanti nel settore manifatturiero, dei servizi, del commercio e del turismo.
Lavoro e formazione sono due fattori chiave nella realizzazione personale di ogni individuo, che spesso si intrecciano tra loro e, proprio per questo, al centro del dibattito pubblico, ormai da tempo.
Sin dalla storia del lavoro strutturato, all’interno delle organizzazioni, accedere a una occupazione è stato appannaggio di chi potesse dimostrare determinate competenze e soprattutto un titolo di studi valido. Se un tempo, diploma e laurea erano più che sufficienti a inserirsi in contesti lavorativi di tutto rispetto, il maggiore accesso all’alta formazione ha portato un incremento della concorrenza e alzato la linea di ingresso nel mondo del lavoro. Questa linea, però, nel tempo, si è alzata sempre più, sempre più velocemente e soprattutto ha acquisito sfumature nuove, differenti rispetto a quelle che hanno accompagnato generazioni intere.
La formazione non è più una componente a sé stante e isolata rispetto al lavoro, come accadeva nelle precedenti generazioni di professionisti. Si arrivava studiando fino a un certo punto, dopo di che l’apprendimento era tutto focalizzato all’interno del mondo del lavoro, sul campo. La pratica oggi è importante, ma il professionista deve metterci del suo, non deve posizionarsi come mero esecutore e men che meno come una figura destinata solo ad assorbire dall’azienda.
Un lavoratore che desidera fare strada nella stessa o altra azienda deve filtrare dal mondo esterno, aggiungere valore, portare un contributo che deriva dalle conoscenze e relazioni che cura e implementa al di fuori delle mura aziendali. Questo, per di più, non riguarda meramente le competenze tecniche e gli strumenti, ma ancora di più le soft skill, i processi, le strategie.
Se da una parte è vero che ogni azienda si muove per conto proprio nel suo mercato e al suo interno esistono dinamiche uniche e irripetibili, che rendono i professionisti davvero esperti solo se ci lavorano all’interno da anni, è anche vero che lo sviluppo arriva solo se il business è capace di adattarsi alle evoluzioni di mercato.
Per questa ragione, specie agli alti livelli dirigenziali, è richiesto di avere una visione che sappia andare oltre l’azienda e sia capace di guardare a tendenze, innovazioni, nuove automazioni in grado di ottimizzare il lavoro e traghettare l’impresa verso il livello successivo.
Professionisti e aziende devono muoversi all’unisono e per questa ragione, quando si vuole arrivare ai livelli più alti, bisogna necessariamente attingere le migliori informazioni, conoscenze e competenza anche dall’esterno.
Lo si può fare alimentando la rete di relazioni lavorative, se si opera in autonomia, ma anche frequentando corsi dedicati, trasversali e in grado di fornire tutti gli strumenti più utili a una vera spinta propulsiva per la propria carriera.
Il panorama della formazione professionale è certamente ampio, propone corsi di ogni tipo, tematici, focalizzati, tecnici, motivazionali, online come offline, a distanza o in presenza. Orientarsi in un’offerta così ampia può essere dispersivo e condurre anche a scelte sbagliate, che rallentano il processo di crescita, semplicemente perché non puntano agli obiettivi realmente spendibili nella propria carriera.
Ciò non toglie che esistono validi corsi di alta formazione professionale che possono davvero preparare i manager di domani, fornendo tutti gli strumenti più utili per giocare nel panorama occupazionale, con carte vincenti.
Gli Executive MBA di 24ORE Business School rientrano tra i percorsi formativi maggiormente apprezzati dai recruiter che selezionano figure manageriali, sia per il prestigio dell’ente organizzatore che per la validità del percorso così predisposto.
Un MBA, di fatto, può essere definito come il master dei master, quello in grado di racchiudere in un unico percorso tutte le competenze e caratteristiche dei principali comparti aziendali, dalle risorse umane alla finanza, dal marketing alla gestione organizzativa, sintetizzandoli con quelle competenze necessarie ad affermarsi come leader e non solo esecutori del proprio lavoro.
Va da sé, dunque, come un approccio orientato alle reali esigenze aziendali e, ancor di più, alle sfide e tendenze di domani, sia quello più capace di accelerare la crescita professionale di un lavoratore ambizioso.
È insito nella storia di 24ORE Business School il forte orientamento al mercato del lavoro, alle tendenze di mercato e soprattutto alle esigenze lavorative delle imprese. Si tratta di una scuola nata dalle aziende con lo scopo di formare le più alte figure professionali da impiegare in quelle stesse aziende. Ecco allora che il lavoro effettuato da 24Ore Business School, a monte di ogni percorso, è un lavoro di ricerca profondo, di ascolto attivo verso tutte quelle carenze professionali che le imprese affrontano, così da colmare preparando figure manageriali al passo con i cambiamenti di mercato.
Questo lavoro si traduce, concretamente, in Executive Master dal forte taglio pratico, orientato al lavoro, che mette alla prova gli studenti dinanzi a ogni nuovo concetto assimilato, che intende trasferire le migliori pratiche e strategie facendole condividere dai migliori professionisti sul campo.
Per tale ragione, il ritorno su un investimento certamente impegnativo, come un MBA, è senza dubbio elevato, sia in termini di opportunità lavorative future, che in termini di reddito e prestigio.
Viviamo in un’epoca in cui ogni secondo di silenzio sembra una falla da colmare. La connessione costante, che sia attraverso dispositivi digitali o relazioni sociali, è diventata un’aspettativa implicita della modernità. Tuttavia, in questo vortice di stimoli continui, la solitudine assume un valore nuovo, inaspettato e profondamente rigenerante. Spesso identificata come sinonimo di isolamento, la solitudine – quando scelta e non subita – si rivela uno spazio personale prezioso in cui ritrovare l’equilibrio interiore.
Ritagliarsi momenti di distacco volontario, anche brevi, può essere una forma di investimento a lungo termine sul proprio benessere psicologico. In un contesto economico dove si predica l’efficienza e la produttività, recuperare il tempo per sé può diventare una strategia sottile ma potente per aumentare lucidità mentale, resilienza e persino creatività. Lontano dal rumore del mondo, si scopre che il silenzio non è vuoto: è pieno di possibilità.
Crescere nel silenzio: come il tempo da soli favorisce la consapevolezza
Nel silenzio, quando i riflettori si spengono e le notifiche tacciono, emerge una delle risorse più trascurate: la consapevolezza. Trascorrere del tempo da soli permette di osservare con maggiore chiarezza i propri pensieri, emozioni e motivazioni, senza il filtro delle aspettative altrui. È proprio in questi momenti che si sviluppa un dialogo interiore autentico, necessario per comprendere dove siamo e dove vogliamo andare.
L’introspezione non è un lusso riservato ai momenti di crisi, ma uno strumento strategico per orientare le proprie scelte con maggiore lucidità, anche in ambito professionale e finanziario. Diversi studi in ambito psicologico confermano che chi dedica regolarmente del tempo alla solitudine volontaria mostra livelli più elevati di autostima, maggiore capacità decisionale e una resilienza emotiva superiore alla media. Elementi fondamentali non solo per la crescita personale, ma anche per affrontare con lucidità un mercato del lavoro competitivo e in continua evoluzione.
La solitudine, dunque, non è un tempo perso, ma un investimento in capitale umano: affinare la propria capacità di ascolto interiore è come ricalibrare una bussola prima di intraprendere nuove direzioni. In una società che premia l’efficienza, imparare a fermarsi può diventare la mossa più saggia.
La solitudine come scelta: riconnettersi attraverso la spiritualità
Quando il tempo da soli si trasforma in un’occasione di riflessione profonda, può nascere l’esigenza di andare oltre l’autoanalisi razionale. In certi momenti, quando ci si trova soli e si riflette sul proprio percorso, può emergere il desiderio di un confronto più profondo o di una guida. Alcune persone scelgono di affidarsi all’intuito e alla spiritualità, magari rivolgendosi a una brava cartomante primo consulto gratuito, per avere una visione diversa su ciò che stanno vivendo. Anche questo può essere un modo per riconnettersi con sé stessi.
La ricerca spirituale, spesso riaccesa nei momenti di solitudine, non sempre segue vie tradizionali. Strumenti alternativi come la cartomanzia, se affrontati con apertura e senso critico, possono offrire chiavi simboliche per interpretare le fasi di cambiamento o incertezza. In un contesto economico dove il rischio è una costante e le decisioni devono essere prese spesso in condizioni di incertezza, attingere a forme di saggezza intuitiva può aiutare a superare blocchi emotivi o a sbloccare nuove prospettive.
In fondo, la spiritualità non si contrappone alla razionalità, ma può completarla. È uno spazio dove logica e intuizione si incontrano, dove le domande importanti trovano nuove forme di risposta. E la solitudine, come terreno fertile, permette che questa connessione avvenga.
Riscoprire la propria compagnia
In un mondo che premia la rapidità, la condivisione costante e l’ottimizzazione di ogni istante, imparare a stare da soli può sembrare controcorrente. Eppure, proprio in questo apparente “vuoto” si nasconde una risorsa preziosa: la possibilità di fare spazio a sé stessi. La solitudine, quando vissuta con intenzione, non è un’evasione dalla realtà, ma un ritorno a casa. È il momento in cui ci si riallinea con i propri valori, si ascoltano le vere priorità, si ridefiniscono gli obiettivi.
Dal punto di vista economico, imparare a convivere con sé stessi non è solo una scelta esistenziale, ma una strategia sostenibile. Riduce la dipendenza da stimoli esterni, aiuta a distinguere il superfluo dall’essenziale, favorisce scelte di vita e di consumo più consapevoli. In una società in cui l’attenzione è moneta e il tempo è capitale, scegliere di investire sulla propria interiorità può generare un ritorno duraturo.
Allora, forse la domanda giusta non è quanto tempo passiamo da soli, ma quando è stata l’ultima volta che ci siamo sentiti davvero bene in nostra compagnia. Perché solo chi ha imparato a stare con sé stesso, può davvero scegliere come e con chi condividere il proprio cammino.
In una Civitanova che cresce, con tante nuove aperture e fermento culturale, anche la Fototeca Comunale "Centro Comunicazioni Visive Paolo Domenella" si evolve e lancia un programma ricco di iniziative, con l’obiettivo di restituire alla città un luogo vivo, aperto e capace di raccontare il passato e il presente attraverso l’arte della fotografia.
È quanto emerso nell’incontro tra il sindaco Fabrizio Ciarapica e i responsabili della Fototeca, che hanno illustrato nel dettaglio il programma per il 2025. "Civitanova sta crescendo, e anche la Fototeca diventerà parte di questa nuova energia – ha commentato il primo cittadino –. Deve tornare a essere uno spazio vivo, dinamico e aperto alla città. Uno spazio di memoria, creatività e partecipazione. Ringrazio tutto il direttivo per il programma, che rappresenta un tassello importante del percorso di crescita culturale che stiamo portando avanti. Un investimento sulla bellezza, sulla memoria e sull’identità della nostra comunità".
A presentare il nuovo corso della Fototeca sono stati Matteo Lattanzi, presidente dell’associazione Percorsi Visivi APS, insieme al direttore creativo Enrico Maria Lattanzi, alla responsabile d’archivio Francesca Iacoponi e ad Alessandra Romito, borsista esperta in social marketing. Il programma, ampio e articolato, prevede incontri divulgativi, eventi espositivi, collaborazioni con l’Accademia di Belle Arti di Macerata e con le scuole, attività di promozione sui social e campagne fotografiche partecipate per documentare la Civitanova contemporanea attraverso lo sguardo dei cittadini.
Tra i progetti più significativi in cantiere c’è una mostra-evento dal titolo "Jazz e Civitanova: un legame culturale", che esporrà materiale fotografico dedicato alla storia del jazz in città, valorizzando un patrimonio musicale e visivo di grande fascino. Un secondo importante appuntamento sarà rappresentato dall’esposizione "Quello che oggi è attuale, domani è storia", che racconterà la città attraverso gli scatti di giovani fotografi contemporanei, restituendo uno spaccato autentico e vivo della Civitanova di oggi.
In parallelo, proseguiranno le attività di catalogazione, digitalizzazione e valorizzazione dell’archivio fotografico storico, che conserva materiali di altissimo valore, in parte ancora sconosciuti al grande pubblico, e che rappresentano una memoria preziosa della storia cittadina.
"Vogliamo che la Fototeca non sia solo un archivio – ha sottolineato Enrico Maria Lattanzi – ma un luogo capace di raccontare il passato ed il presente, un punto di riferimento culturale che si apra al territorio con nuove idee e nuove energie. Un progetto ambizioso, che guarda alla memoria con sguardo contemporaneo, coinvolgendo attivamente la cittadinanza".
"Fa un male terribile vedere con quanta superficialità si affronta il tema delle nuove aperture dei negozi dichiarando ‘Civitanova è attrattiva’". Le parole di Manola Gironacci, presidente dell’associazione ViviAmo Civitanova Aps, non lasciano spazio a dubbi: dietro l’entusiasmo per ogni nuovo taglio del nastro, si cela un quadro ben più complesso e fragile.
Gironacci rivolge un sentito ringraziamento a chi ha scelto di investire nel centro cittadino, sottolineando l'importanza e il coraggio di avviare un'attività commerciale in un momento storico così complicato. Ma non risparmia critiche a chi, secondo lei, cavalca l'onda dell’"euforia commerciale" per fini elettorali, ignorando le vere sfide che gli esercenti affrontano ogni giorno.
I dati parlano chiaro: a fronte di 25 nuove aperture, ci sono state 58 chiusure e solo 5 trasferimenti o rinnovi di attività. Un saldo negativo che mostra quanto sia precario il sistema commerciale cittadino. "Civitanova non deve essere solo attrattiva, ma deve anche mantenere questo richiamo", avverte Gironacci, che invoca un cambio di passo nelle politiche di sostegno al commercio.
La presidente di ViviAmo evidenzia come l'intero comparto commerciale, in Italia e a Civitanova, sia schiacciato da diversi fattori: il caro-vita, che ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie; l’impennata della concorrenza online, esplosa con la pandemia; e una burocrazia ancora troppo farraginosa, che scoraggia chi vorrebbe investire. In questo contesto, secondo Gironacci, servirebbe un impegno concreto e continuo da parte delle Istituzioni locali, con misure di sostegno reale: dalla riduzione della tassazione comunale a una vera semplificazione amministrativa.
Al centro delle critiche c'è anche la gestione del turismo e della programmazione degli eventi. "Una amministrazione attenta avrebbe già organizzato un cartellone per Pasqua e il primo maggio", denuncia Gironacci, parlando di "silenzio tombale" che pesa sull’economia cittadina.
Non è solo una questione di programmazione, ma anche di immagine: la presidente sottolinea il degrado visivo in alcune zone centrali, come corso Umberto, dove “le aiuole sembrano abbandonate” e non trasmettono quel senso di ordine e cura che una città turistica dovrebbe garantire.
Per ViviAmo Civitanova, il nodo centrale resta la mancanza di una visione condivisa tra pubblico e privato. Mentre i commercianti si rimboccano le maniche, spesso da soli, l'amministrazione sembra rincorrere gli eventi invece di pianificarli: "Civitanova corre su due binari paralleli, quello del privato e quello dell'amministrazione, ma con velocità diverse. Il privato che traina il pubblico", afferma Gironacci.
Il taglio del nastro, le foto di rito, lo champagne e le tartine non bastano: "Per un sindaco il lavoro finisce lì, ma per il commerciante quello è solo l’inizio - dichiara la presidente - un momento in cui inizia l’incertezza e si concretizzano impegno e responsabilità".
Dopo oltre sette anni di brindisi, storie raccontate tra un calice di vino e cocktail d'autore, arriva l'annuncio: il 31 maggio sarà l'ultimo giorno di attività per "Macerati Spiriti Conviviali", un'altra saracinesca si abbassa nel centro città.
La notizia è stata condivisa direttamente dai titolari del locale - Netelia Tamagnini e Giambattista Damiani - con un lungo e sentito post sui social, nel quale si legge: "Eccoci arrivati alla fine della nostra avventura: il 31 maggio sarà l’ultimo giorno dei Macerati. Non siamo tipi da frasi fatte come: ‘Non è un addio, ma un arrivederci’. Dopo più di sette anni di bevute, chiacchiere, vini, birre e cocktail, Macerati si interrompe.Non torneremo più come ci avete conosciuto finora. La nostra storia si infrange contro scogli duri che abbiamo provato a scalfire in tutti i modi".
"Abbiamo resistito, cercando di trasmettere il nostro spirito e quello dell'artigianalità, ma ci siamo ritrovati smarriti in un posto che non ci appartiene più - scrivono ancora i titolari -. Un posto buio, fatto di vini convenzionali, birre 'doppio malto' (se qualcuno ha mai capito davvero cosa sono, ce lo dica, per favore), cocktail improvvisati e troppa arroganza. Oggi ci sentiamo come un piccolo lumino che non riesce più a fare la differenza in tutto quel buio. Abbiamo bisogno di fermarci. Di respirare. Di ricaricarci. Per poter, un giorno, tornare a splendere".
"Faremo tesoro di tutto ciò che ognunә di voi ci ha trasmesso in questi anni, perché è solo grazie a voi se siamo riusciti ad essere ciò che siamo oggi - conclude il post -. Non sappiamo se, o dove, Macerati tornerà. Prima dobbiamo ritrovare noi stessi. Ma una cosa è certa: saremo dietro al bancone ad aspettarvi, anche solo per un saluto, fino al 31 maggio (forse)".
Il post ha rapidamente raccolto reazioni e commenti da parte di affezionati clienti, amici e colleghi del settore, uniti da un sentimento comune: riconoscenza per l’esperienza che Macerati ha saputo offrire alla città. Non solo un locale, ma un luogo che ha saputo educare al gusto, valorizzare i produttori indipendenti e tenere alta la bandiera dell’artigianalità vera, senza compromessi.
Si è conclusa con successo al Teatro di Monte San Martino la rassegna dialettale Dialetti a Confronto, promossa dalla FITA (Federazione Italiana Teatro Amatori) e sostenuta dall’Unione Montana Monti Azzurri. Un appuntamento molto atteso che ha saputo valorizzare non solo il teatro popolare e le espressioni dialettali del territorio, ma anche l’identità culturale dei borghi dell’entroterra maceratese.
Durante la serata finale si sono svolte le premiazioni, che hanno visto protagoniste numerose compagnie teatrali locali. Il riconoscimento per il miglior testo è andato a Fluido Marchigiano, scritto da Mirko Eleonori e portato in scena dalla Filodrammatica Sangiustese, mentre il premio per la miglior regia è stato assegnato a Fabio Campetella della compagnia CFD Caldarelli di Macerata. Nella categoria dei migliori interpreti, Daniela Calcinelli della compagnia “Dieci Donne Mamme Matte” di Camerino si è distinta come miglior caratterista, mentre Mauro De Luca, sempre della CFD Caldarelli, ha ricevuto il premio come miglior attore. Nella stessa compagnia femminile di Camerino, Carla Casadidio è stata premiata come miglior attrice.
Il premio più atteso, quello per il miglior spettacolo, è stato conferito alla compagnia “La Torre che Ride” di Civitanova Marche per "Scene de strada e de cantina" (e "Vranco de Matti"), che ha conquistato pubblico e giuria per la vivacità e la fedeltà alla tradizione.
Alla fine della serata, il presidente dell’Unione Montana Monti Azzurri, Giampiero Feliciotti, ha espresso grande soddisfazione per l’esito della manifestazione, sottolineando come queste iniziative rappresentino un’opportunità preziosa per far vivere i teatri storici del territorio — ben otto nel comprensorio — e al tempo stesso per promuovere l’arte, le tradizioni locali e le eccellenze enogastronomiche che rendono unici i borghi dell'entroterra marchigiano.
La rassegna si chiude quindi con un bilancio decisamente positivo, lasciando spazio a nuove prospettive per la promozione culturale e turistica dell’area montana.
Negli ultimi mesi, l’Inghilterra è tornata a occupare un posto di rilievo nelle scelte di molti studenti italiani interessati a proseguire la propria formazione all’estero. Nonostante l’incertezza legata al contesto post-Brexit, la qualità degli atenei britannici, la struttura dei corsi e le opportunità legate alla carriera accademica e lavorativa continuano ad attrarre nuove candidature. Secondo l'agenzia Lae Educazione Internazionale, specializzata nell’orientamento agli studi internazionali, il Regno Unito si conferma tra le mete più valutate dai diplomandi e laureandi italiani nel 2025.
Le motivazioni che spingono a guardare verso l’Inghilterra sono diverse. In primo luogo, la reputazione consolidata del sistema universitario britannico, che annovera tra i suoi atenei alcune delle università più rinomate al mondo. Ma al di là del prestigio, molti studenti scelgono questa destinazione per l’approccio didattico: corsi più brevi rispetto al modello italiano, forte orientamento alla pratica e alla ricerca, ampia scelta di specializzazioni e una maggiore attenzione all’autonomia dello studente. È un sistema che premia la motivazione personale e la capacità di gestione, aspetti particolarmente apprezzati da chi cerca un’esperienza formativa immersiva.
Un altro elemento che continua a esercitare fascino è l’internazionalità dell’ambiente accademico. Nonostante il nuovo quadro normativo, le università britanniche restano altamente internazionali, sia per numero di studenti provenienti da altri Paesi, sia per la rete globale di contatti accademici e professionali che offrono. Frequentare un corso in Inghilterra significa entrare in contatto con culture diverse, stili di apprendimento alternativi e prospettive che superano i confini nazionali.
I dati raccolti da LAE indicano un ritorno di interesse anche tra coloro che negli ultimi anni avevano escluso il Regno Unito per motivi legati ai costi e alle nuove regole sull’immigrazione. Se è vero che la Brexit ha introdotto cambiamenti importanti – primo fra tutti la necessità di ottenere un visto studentesco – è altrettanto vero che molte università hanno attivato nuovi programmi di sostegno economico rivolti proprio agli studenti europei. In alcuni casi si tratta di borse di studio parziali, in altri di agevolazioni specifiche per coprire le spese sanitarie o l’alloggio.
La questione economica, infatti, resta uno dei temi centrali. Le rette universitarie per studenti internazionali variano ampiamente, ma in media si attestano tra le 11.000 e le 20.000 sterline annue. A queste vanno aggiunti i costi della vita, che possono variare sensibilmente da città a città. Londra, per esempio, richiede un budget più elevato rispetto a centri universitari come York, Leicester o Portsmouth. Nonostante questo, la percezione diffusa tra gli studenti è che l’investimento possa risultare vantaggioso nel medio-lungo periodo, soprattutto in termini di preparazione professionale e opportunità lavorative.
Molti ragazzi si avvicinano a questa scelta non solo per il desiderio di acquisire competenze linguistiche o titoli accademici, ma per vivere un’esperienza formativa completa, in grado di rafforzare la propria autonomia e aprire nuove prospettive. Le testimonianze raccolte tra chi ha già intrapreso il percorso evidenziano proprio questo: la possibilità di misurarsi in un contesto esigente ma stimolante, dove ogni studente è chiamato a costruire attivamente il proprio percorso.
A confermare la solidità del sistema universitario britannico contribuiscono anche i dati sull’inserimento lavorativo post-laurea. Molti corsi includono periodi di stage o placement obbligatori, e gli atenei offrono supporto nella ricerca del primo impiego anche dopo la fine del percorso accademico. Inoltre, il Graduate Route – il permesso che consente agli studenti internazionali di restare nel Paese fino a due anni dopo la laurea per lavorare – rappresenta un ulteriore incentivo per chi desidera esplorare il mercato del lavoro inglese prima di decidere se rientrare o proseguire la propria esperienza all’estero.
LAE sottolinea anche un altro aspetto: la crescente consapevolezza da parte delle famiglie. Negli ultimi anni, genitori e studenti si informano in modo più accurato e iniziano a valutare l’ipotesi di studio all’estero già durante il penultimo anno delle superiori. Questo consente di organizzare con maggiore calma tutti i passaggi: dall’esame di lingua ai documenti per la domanda, fino alla ricerca dell’alloggio.
Nel complesso, lo scenario 2025 evidenzia una ripresa decisa dell’interesse verso l’Inghilterra, non più solo come scelta “prestigiosa”, ma come esperienza concreta e strutturata. Per chi desidera costruire un percorso formativo internazionale, il Regno Unito continua a rappresentare una delle opzioni più solide e riconoscibili, a patto di affrontare la candidatura con metodo, consapevolezza e il giusto livello di preparazione.
(Foto di Aleks Marinkovic su Unsplash)
La reputazione, nel settore del vino, è uno degli asset più delicati e al tempo stesso più strategici. Si costruisce nel tempo, attraverso la coerenza della qualità, la capacità di presidiare i mercati e il modo in cui si comunica il valore di un prodotto. Il vino italiano gode oggi di un’ampia riconoscibilità internazionale, frutto di decenni di lavoro da parte di produttori, consorzi e operatori della promozione. Ma in un contesto in continua evoluzione, fatto di nuovi competitor, consumatori più esigenti e canali sempre più digitali, anche la reputazione va costantemente curata, protetta, aggiornata. Rimanere informati sull’andamento dei mercati e sulle preferenze emergenti – in tal senso è possibile trovare notizie sul mondo del vino nel magazine Winemeridian – è fondamentale per chi lavora o si interessa al mondo del vino italiano.
La riconoscibilità è un valore che va oltre la semplice notorietà. Significa essere identificati, attesi, desiderati per una serie di elementi distintivi: la storia, i paesaggi, la cultura che ogni bottiglia porta con sé. Il vino italiano gode di questo privilegio in molti mercati esteri, dove rappresenta un simbolo della qualità made in Italy, accanto alla moda, al design e alla cucina. Ma questa forza identitaria non è più sufficiente da sola. Negli ultimi anni, la competizione internazionale si è intensificata, con l’emergere di nuovi player produttivi e l’evoluzione delle preferenze dei consumatori, soprattutto nelle generazioni più giovani.
Il contesto globale premia chi sa rinnovarsi mantenendo una coerenza narrativa. In questo senso, il vino italiano deve affrontare una duplice sfida: da un lato, consolidare la propria immagine nei mercati storici, dall’altro saper parlare a pubblici nuovi, con linguaggi diversi, formati alternativi e un approccio più contemporaneo. Paesi come Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Canada restano centrali, ma crescono anche l’interesse e le opportunità in aree come l’Asia-Pacifico, l’Europa orientale e alcune regioni dell’Africa urbana emergente.
Le denominazioni di origine sono da sempre un pilastro del prestigio italiano nel vino. Tuttavia, secondo molti analisti, la loro efficacia comunicativa è in parte da rivedere: spesso risultano complesse per i consumatori stranieri, e rischiano di sovrapporsi senza una strategia di sistema chiara. In alcuni casi, il nome della regione o del vitigno riesce a parlare più chiaramente al pubblico rispetto a una sigla tecnica. Il lavoro da fare è dunque duplice: semplificare senza banalizzare, e valorizzare le specificità con strumenti più moderni e fruibili.
Anche la sostenibilità è diventata parte integrante della reputazione. Sempre più consumatori – e operatori della distribuzione – associano la qualità del prodotto alla responsabilità ambientale e sociale del produttore. Le certificazioni contano, ma contano ancora di più le pratiche concrete: riduzione dell’uso di fitofarmaci, gestione razionale delle risorse, attenzione alla filiera. Comunicare questi aspetti in modo trasparente, senza retorica, rappresenta oggi un elemento decisivo nella percezione complessiva del valore.
Il canale digitale, in questo scenario, è ormai imprescindibile. Non solo per la vendita, ma per costruire una relazione continua con il pubblico. I social media, i contenuti video, i podcast, le newsletter mirate: tutto contribuisce a mantenere vivo il contatto, a spiegare cosa c’è dietro una bottiglia, a rendere più umano un prodotto spesso percepito come tecnico. Anche il ruolo degli ambasciatori – sommelier, chef, comunicatori specializzati – è sempre più importante per dare voce, stile e credibilità alla narrazione.
Un’altra variabile riguarda la distribuzione. In molti mercati, la reputazione del vino italiano è costruita anche attraverso il posizionamento nei punti vendita: presenza sugli scaffali giusti, racconto coerente nelle enoteche, formazione del personale nei ristoranti. Dove manca questo lavoro di radicamento, il rischio è che la reputazione venga progressivamente erosa, anche a fronte di un’offerta qualitativa ineccepibile.
Il futuro della reputazione del vino italiano si giocherà, quindi, su più livelli. Sarà essenziale investire sulla formazione, sulle reti, sull’alleanza tra produttori e territori. Servirà una maggiore integrazione tra promozione pubblica e sforzi privati. Ma soprattutto sarà fondamentale mettere al centro la coerenza: tra ciò che si produce, ciò che si comunica e ciò che si promette.
In definitiva, la riconoscibilità del vino italiano all’estero è un patrimonio costruito con fatica, che oggi deve affrontare un tempo nuovo. Non si tratta di difenderlo con timore, ma di rilanciarlo con intelligenza. E in un mondo dove l’identità conta più che mai, l’Italia ha tutte le carte in regola per continuare a farsi riconoscere. E a farsi scegliere.
(Foto di Hermes Rivera su Unsplash)
È il sindaco di Pieve Torina, Alessandro Gentilucci, a muovere un appello alla Sovrintendenza nazionale per ottenere quanto prima la restituzione alla cittadinanza della chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta: «dopo più di otto anni dal sisma, abbiamo necessariamente dovuto ricostruire la nostra piazza, che oggi è tornata a risplendere. Non potevamo procrastinare oltre i lavori di ricostruzione altrimenti ci sarebbero stati tolti gli stanziamenti derivanti dal Piano Nazionale Complementare (PNC). Abbiamo restituito uno spazio importante alla collettività, ma si tratta di uno spazio in cui manca il pilastro delle nostre radici: la chiesa parrocchiale. Ci ritroviamo con una piazza finita, vero e proprio fiore all’occhiello, ma con una ferita ancora aperta, perché la chiesa è rimasta esattamente com’era dai giorni del sisma: distrutta. A più riprese abbiamo sollecitato la Sovrintendenza affinché si potesse avere una data certa per l'avvio dei lavori, ma ancora non abbiamo potuto prendere visione del progetto. Le abbiamo tentate tutte, compresa la richiesta di poter diventare noi, come comune, soggetto attuatore per una veloce ricostruzione della chiesa, cui, però, è seguita una risposta negativa. Da qui l'appello alla Sovrintendenza, in qualità di sindaco, ma a nome di tutta la cittadinanza, per un pronto avvio dei lavori che restituisca ai nostri concittadini il luogo sacro per eccellenza di Pieve Torina e consenta di vivere appieno la piazza del paese».
Torna, come ogni domenica, la rubrica curata dall’avv. Oberdan Pantana, "Chiedilo all'Avvocato". In questa settimana, le numerose mail arrivate hanno interessato principalmente la tematica assai attuale del risarcimento danni e nello specifico a seguito della procurata morte di un nostro animale di affezione. Di seguito la risposta dell’avv. Oberdan Pantana alla domanda posta da una nostra lettrice di Macerata, che chiede: "È possibile richiedere un risarcimento danni per la procurata morte di un nostro animale di affezione?".
Il caso di specie ci offre la possibilità di approfondire la tematica risarcitoria del danno non patrimoniale per la sofferenza patita a seguito della procurata morte del nostro amato animale di affezione. Tale circostanza è stata recentemente statuita dal Tribunale di Prato proprio in occasione di una richiesta risarcitoria a seguito della procurata morte del cane di una giovane coppia che aveva affidato la propria cagnolina alle cure di una pensione per poi ritrovarla morta il giorno della riconsegna.
Partendo dal consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale "il danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti inviolabili della persona è risarcibile a condizione che l'interesse leso abbia rilevanza costituzionale, che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale, che il danno non sia futile, ovvero non consista in meri disagi o fastidi, ma anche che vi sia specifica allegazione del pregiudizio, non potendo assumersi la sussistenza del danno in re ipsa" (ex plurimis cfr. Cass. civ., sez. VI, 12 novembre 2019, n. 29206; Cass. civ., sez. III, 22 gennaio 2024, n. 2203), il Tribunale di Prato, in accordo con il succitato principio di diritto ed in linea con la più recente giurisprudenza di merito, riguardo la “ lettura contemporanea delle abitudini sociali e dei relativi valori” (Trib. Pavia, sez. III civ., 16 settembre 2016, n. 1266; in senso analogo Trib. Vicenza, 3 gennaio 2017, n. 24; Trib. La Spezia sez. I, 31 dicembre 2020, n. 660), ha ritenuto che la perdita della cagnolina nel caso in questione potesse determinare la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata attraverso l'articolo 2 della Costituzione, in quanto "il rapporto tra padrone ed animale d'affezione costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale".
Considerato che il danno non patrimoniale non può essere identificato con lesione del diritto in sé; dunque, nel caso di specie, i giudici hanno verificato che i danneggiati avessero assolto l'onere di provare di avere subito un effettivo pregiudizio in termini di sofferenza patita per la perdita dell'animale e "le fotografie allegate alla citazione dimostrano che la cagnolina era considerata un membro della famiglia e come tale veniva trattata".
Pertanto, in risposta alla nostra lettrice, risulta corretto affermare che "l'esistenza di questo forte legame sentimentale e le circostanze in cui la morte si è verificata, provano che da tale evento sia derivata a carico della famiglia proprietaria dell'animale una forte sofferenza interiore con lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata attraverso l'art. 2 Cost. che deve essere risarcito quale danno non patrimoniale" (Tribunale di Prato, Sez. Civile, sentenza del 25.01.2025 n. 51). Rimango in attesa come sempre delle vostre richieste via mail, dandovi appuntamento alla prossima settimana.
Pieve Torina s’illumina di rosso. Anche il comune dell’entroterra maceratese guidato dal sindaco Alessandro Gentilucci ha voluto aderire alla giornata nazionale per la donazione di organi e tessuti organizzata dall’AIDO, colorando di rosso uno dei suoi monumenti più rappresentativi e simbolici: il monumento ai caduti delle guerre, sito all’interno del Parco delle Rimembranze.
“Sensibilizzare alla donazione degli organi” dichiara Gentilucci “significa sensibilizzare a una cittadinanza responsabile, consapevole, significa contribuire alla creazione di una dimensione solidale e civica in ogni cittadino. Le occasioni che possono ricordarci quanto sia importante l’impegno di ognuno nei confronti dell’altro vanno sottolineate e richiamate. Il rosso è il colore della vita e illuminando il nostro monumento anche noi diciamo con forza sì alla vita. Perché la donazione può restituire speranza a chi vive in sospeso, in attesa di un trapianto, chiunque esso sia, e rappresenta un gesto d’amore che non conosce barriere spaziali o sociali”.
L'ho detto e ripetuto ad abundantiam. Destra e sinistra oggi sono le due ali dell'aquila neoliberale. Rappresentano la finta alternativa, che fa apparire democratico e pluralistico l'ordine monocratico del capitale. Due recenti dichiarazioni di Tajani, esponente di punta della destra bluette neoliberale e filobancaria, atlantista e filoisraeliana, meritano davvero un commento critico.
La prima dichiarazione riguarda la questione bellica e militare. Tajani ha dichiarato che l'Europa senza Stati Uniti non è in grado di difendersi. L'affermazione tocca in qualche modo un nodo problematico reale, ma lo fa naturalmente nel modo sbagliato, senza fare emergere la questione dirimente. L'Europa non è in grado di difendersi, ma non per le ragioni evocate da Tajani: la vera causa sta nel fatto che l'Europa è attualmente costellata da centinaia di basi militari statunitensi, che impediscono ogni sovranità reale dell'Europa stessa, rendendola de facto e de jure una colonia dell'impero a stelle e strisce.
Con la conseguenza paradossale per cui gli stessi che invocano goffamente la difesa comune europea non dicono che il primo gesto per rendere l'Europa autonoma e sovrana deve essere quello di liberazione dalla occupazione militare americana. Tutto questo non compare nemmeno per errore nei claudicanti ragionamenti in materia di Tajani. La cui seconda dichiarazione può facilmente comprendersi anche in questa luce.
Tajani ha detto che "ci vuole più Europa". Una frase non particolarmente originale, invero, se si considera che è ormai da anni il cavallo di battaglia del discorso unico europeisticamente corretto diffuso urbi et orbi dal coro virtuoso degli euroinomani delle brume di Bruxelles. Il paradosso è lampante, se si considera che quando si fa notare che l'Unione Europea sta producendo tutta una serie di contraddizioni macroscopiche, il buon euroinomane di Bruxelles, il militonto europeista, risponde che ci vuole più Europa: che è un po' come se il drogato che soffre dicesse che per superare la propria sofferenza ci vuole più eroina, in questo caso più "euroina".
Il trionfo del non sequitur, in effetti: è come dire che per risolvere gli effetti contraddittori bisogna potenziare le cause che li hanno prodotti. Una prova di più del fatto che viviamo nel tempo del cogito interrotto, come sempre mi piace dire variando Cartesio. Per quel che riguarda la sinistra, nei giorni scorsi, è uscita su "La Repubblica", rotocalco turbomondialista e voce del padronato cosmopolitico, una imperdibile intervista a Lorenzo Guerini, già ministro della difesa.
Il quale ha detto - e il rotocalco turbomondialista lo enfatizza con lirica approvazione fin dal titolo - quanto segue: "Pd dalla parte giusta: con Israele come già con l’Ucraina". Credo che in questa frase sia racchiusa per intero la catastrofe della sinistra sul piano delle relazioni internazionali. Come abbiamo provato a mostrare nel nostro studio "Sinistrash", il comunismo si è contraddistinto sul piano politico per la lotta dalla parte del lavoro contro il capitale e per il sostegno alle lotte patriottiche di liberazione dall'imperialismo.
Ebbene, la sinistra metamorfica kafkiana ormai divenuta un fenomeno trash - da cui il lemma sinistrash - non soltanto ha abbandonato le classi lavoratrici al loro destino, schierandosi in toto dalla parte del capitale contro il lavoro: ha anche messo in congedo il supporto alle lotte di liberazione nazionale contro l'imperialismo, di fatto schierandosi dalla parte di quest'ultimo, nobilitato naturalmente come esportazione della democrazia, lotta al terrorismo, estensione dei diritti umani.
Si tratta con tutta evidenza di foglie di fico con cui la barbarie dell'imperialismo prova a mascherarsi e a giustificarsi agli occhi dell'opinione pubblica. Rovesciando l'asserto di Guerini, il Pd ha scelto di schierarsi - proprio come la destra liberale, ma questa non è una novità - dalla parte sbagliata della storia, quella dei rapporti di forza dominanti della globalizzazione americanocentrica macchiata col sangue dell'imperialismo più brutale.
Per quel che riguarda Israele, le sue politiche sono quelle dell'imperialismo genocidario di Netanyahu: la vecchia sinistra rossa avrebbe difeso indubbiamente le ragioni del popolo palestinese e della sua lotta di liberazione, ma la new left fucsia e arcobaleno sta invece dalla parte di Israele e dei suoi massacri disumani. Per quel che riguarda l'Ucraina, ormai lo sanno anche i sassi: questa non è la guerra della Russia contro l'Ucraina, è invece il conflitto che l'occidente, anzi l'uccidente liberal-atlantista ha scatenato contro la Russia utilizzando l'Ucraina del guitto di Kiev come semplice instrumentum belli.
Anche in questo caso, la vecchia sinistra rossa si sarebbe schierata strenuamente contro l'imperialismo americano e in difesa dei paesi resistenti, e invece la neosinistra dell'arcobaleno si pone dalla parte dell'imperialismo occidentale presentato come esportatore di civiltà e diritti. Non mi stanco di ripeterlo da anni e voglio sottolinearlo anche ora: se la sinistra smette di interessarsi a Marx e a Gramsci, dobbiamo smettere di interessarci alla sinistra per continuare sulle orme di Marx e di Gramsci e della loro lotta dalla parte del lavoro e contro l'imperialismo. La situazione è tragica, ma non seria.
È aprile, l’aria ha un profumo diverso, tutti gli altri sentono la primavera, io vedo già l'estate! Mi guardano come se fossi pazza, forse lo sono...Avverto un'energia che risveglia i sensi, una gioia improvvisa mi pervade per l'imminente arrivo del momento più intenso dell’anno. È la fase della vita piena, quando tutto appare più chiaro fuori e dentro di te, è il momento dell'agire maturo!
Ora sai che subito dopo arriverà inesorabile l'autunno e non hai tempo per procrastinare progetti e sogni, è l’istante per vivere e ritrovare i colori persi sotto la coperta invernale. È la stagione dei bagni al mare, un invito ad immergersi nelle acque delle nostre emozioni sopite, per nuotarci dentro fino a sentire scorrere la vita.
Non è più tempo di coprirci dietro a vesti che ci proteggono dalle paure e dalle ansie. L'Estate è un sospiro di sollievo. È l'occasione per uscire allo scoperto e dell'incontro con l'altro dopo mesi di chiusura, è l'ora dei pensieri inespressi e dei baci non dati.
La pioggia ci ha accompagnato con il pianto dei nostri dolori, ma ora non c’è più tempo, il sole ci reclama tutti, sotto il suo cielo e noi presenti godiamo del suo calore tanto anelato. È il momento per cadere, sbucciarsi le ginocchia e rialzarsi, voltarsi un attimo indietro, guardare bene lo scalino inatteso che ci ha fatto inciampare, per poi ripartire più forti di prima.
È la stagione dei canti dispersi nell’aria leggera e dei balli scalzi tra la sabbia, complice il riflesso di una luna intrigante. È tempo di osservare le stelle che sapienti ci indicano la strada verso i nostri desideri.
Una nuova luce illumina la realtà circostante, ci svela segreti e ci apre a verità nascoste. La libertà si fa strada, alleggerisce gli animi e ci rende coraggiosi.
Nella sede storica del Rotary Club Macerata "Matteo Ricci" presso il ristorante Le Case, la Presidente Barbara Antolini, alla presenza del Governatore Massimo De Liberato, autorità ed ospiti, ha conferito con grande orgoglio al Dott. Loris Tartuferi il Premio Silvia Rossi, un riconoscimento riservato alle figure che si sono distinte per eccellenza professionale, impegno etico e impatto positivo sulla comunità locale.
Classe 1934, laureato in Economia e Commercio, il Dott. Tartuferi ha costruito una carriera esemplare come Dottore Commercialista. Con una visione strategica e innovativa, ha contribuito attivamente allo sviluppo del tessuto economico locale, in particolare con la fondazione della Banca della Provincia di Macerata S.p.A., di cui è stato Presidente fondatore. Un'iniziativa che, con visione strategica, ha segnato una svolta per il sistema bancario territoriale.
Accanto alla sua attività professionale, si è distinto per il sostegno alla formazione dei giovani professionisti e per l'impegno di lungo corso nel Rotary, dove ha incarnato pienamente i valori del servizio e dell'etica.
Il Premio Silvia Rossi riconosce in lui una figura emblematica: capace di coniugare eccellenza tecnica e visione sociale, nel solco della tradizione rotariana e dello spirito che animava la socia Silvia Rossi.
Nel ricevere il prestigioso riconoscimento, il Dott. Tartuferi ha espresso sincera gratitudine, dichiarandosi profondamente onorato e particolarmente gratificato per le motivazioni poste a base dell'attribuzione del premio.
"I risultati conseguiti nel corso della mia lunghissima e fortunata carriera professionale", ha affermato Tartuferi, "sono semplicemente il frutto di un'attività posta in essere sempre con spirito altruistico, grande impegno, professionalità, determinazione, e con visione allargata agli interessi del territorio." Ha aggiunto con umiltà che, nonostante la sua veneranda età, non ha ancora la piena percezione di avere potuto effettivamente realizzare tutti i risultati attribuitigli.
Guardando al futuro, il Dott. Tartuferi ha espresso fiducia che l'impegno nella formazione dei giovani, la sua organizzazione professionale che continua a portarlo avanti, nonché Banca Macerata, possano continuare a contribuire al sostegno delle esigenze del territorio maceratese e al suo necessario sviluppo.
Chiudendo il suo intervento, Tartuferi ha invitato a una riflessione critica sul sistema bancario territoriale attuale, ponendo l'interrogativo su quale senso e utilità abbia il sostegno che il territorio continua a riservare alle grandi banche nazionali. Queste ultime, ha sottolineato, "abbandonando i comuni più disagiati, trascurando completamente le famiglie e le tradizionali piccole attività imprenditoriali e professionali locali, nonché sostenendo soltanto le poche grandi imprese che vi operano, invece di contribuire a farlo crescere lo stanno impoverendo, traendone benefici senza restituire alcunché."
Le parole del Dott. Tartuferi hanno evidenziato ancora una volta la sua visione orientata al bene comune e allo sviluppo sostenibile del territorio, valori che hanno caratterizzato l'intera sua carriera e che hanno trovato pieno riconoscimento nel Premio Silvia Rossi 2025.
Durante la serata é stato accolto dal Presidente e da tutto il Club il nuovo socio Luca Pelacani di Caldarola, titolare della TEC Tecnologie Elettriche Combinate s.r.l. , impresa attiva nel settore dell'impiantistica elettrica, della sicurezza e della domotica.
E’ stato inaugurato oggi pomeriggio nel Sottocorte Village lo spazio dedicato alla 44° edizione della Corsa alla Spada e Palio.
“Di mercantia e di altri mestieri: le Arti a Camerino”” è il tema della vetrina promozionale della rievocazione storica - che si terrà a Camerino dal 14 al 25 maggio 2025 - dedicata in questa edizione alle corporazioni delle arti, grazie agli allestimenti curati da Patrizia Menghi, Fiorella Paino, Gabriele Rosati, Danilo Torresi e Stefano Mosciatti.
Lo spirito associazionistico fu un tratto caratteristico della società medievale europea soprattutto a partire dal XII secolo, periodo che vide la fioritura delle città e la nascita della borghesia. I secoli XIV e XV vedono Camerino affermarsi come uno dei maggiori poli i mercantili e manifatturieri più attivi dell’intera Marca.
La porta dello spazio espositivo è stata aperta dalla presidente della Corsa alla Spada e Palio Donatella Pazzelli e dal sindaco di Camerino Roberto Lucarelli. Presenti l’assessore al turismo Silvia Piscini, i capi terziero Marco Gagliardi e Paolo Paternesi, la presidente della Proloco Delfina Benedetti e chi ha lavorato per dar vita a questa vetrina.
“Dopo l’esperimento dello scorso anno dedicato alle donne – spiega la Presidente – questo anno rivolgiamo l’attenzione al fiorente commercio dell’epoca. All’interno dello spazio abbiamo ricreato angoli dedicati alle corporazioni delle arti e dei mestieri (speziali, fabbri, sarti, calzolai…) e dato spazio alle figure maschili, esponendo anche una selezione di foto di Giulio Rosati, il cui interessante patrimonio fotografico delle origini della manifestazione è utilizzato per i post dei nostri social. Questo locale, messo gentilmente a disposizione dall’Amministrazione comunale di Camerino, sempre presente agli appuntamenti della Corsa alla Spada e Palio, rappresenta una sorta di apertura della 44° edizione della rievocazione storica che verrà presentata nella sua interezza mercoledì 23 aprile 2025 alle ore 17:30 nella Sala consiliare del Comune di Camerino”.