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Nella mente delle madri che uccidono i figli: la storia del piccolo Alex

Nella mente delle madri che uccidono i figli: la storia del piccolo Alex

Torna l'appuntamento con la rubrica settimanale "La Strada delle Vittime", nella quale si affronta l'analisi della casistica criminale con approccio vittimologico. Di seguito proponiamo il caso di questa puntata. 

“Sua madre si tirava i pugni in pancia quando era incinta. Ha minacciato di dargli fuoco. Solo per questo avrebbero già dovuto toglierlo a lei”. Queste sono le accuse mosse alla ex compagna dal papà di Alex, un bellissimo bambino di due anni, ucciso a Città della Pieve lo scorso 1 ottobre.

Il primo ottobre la madre del piccolo è entrata in un supermercato della zona ed ha messo il corpicino già privo di vita del figlio sul nastro trasportatore della cassa. Un corpicino straziato da 7 coltellate.

Gli inquirenti hanno ritenuto ci fossero gravi indizi per affermare la colpevolezza della donna. La 44enne di origini ungheresi si trova oggi in carcere con l’accusa di omicidio, mentre lei continua a proclamare la sua innocenza.

Dopo la morte del piccolo, Katalina, questo il nome della madre, avrebbe inviato tramite un social, la foto del cadavere del piccolo al padre in Ungheria, che alla vista di quell'immagine ha allertato tutte le autorità competenti.

Gli inquirenti ipotizzano che dietro la morte del piccolo ci sia una vendetta tra ex coniugi: l’autorità giudiziaria ungherese aveva revocato alla madre la custodia del figlio, stabilendo che la donna potesse incontrarlo solamente per 6 ore al mese, ma con la presenza di assistenti sociali. Katalina sarebbe per questo scappata in Italia e il padre Norbert Juhasz ha chiesto aiuto alla polizia ungherese, denunciando la scomparsa.

Il padre di Alex afferma: “Ha rapito il mio Alex il giorno in cui avrebbe dovuto consegnarmelo perché il tribunale lo aveva affidato a me, è scappata in Italia e lo ha ucciso e poi ha confessato di averlo ammazzato in un messaggio a un amico. Lui mi ha chiamato ed è andato subito alla polizia ungherese, ma era già troppo tardi. Katalina gli ha anche mandato una foto del bimbo pieno di sangue e ha scritto 'adesso non sarà più di nessuno".

Non è il primo caso di cronaca in cui una madre viene ritenuta colpevole di aver ucciso il proprio figlio: pensiamo al primo caso mediatico del genere, il delitto di Cogne, per il quale venne accusata di omicidio volontario la madre del piccolo Samuele, Annamaria Franzoni. A 19 anni dal terribile delitto la donna, che dopo anni di detenzione è ritornata in famiglia, non ha mai confessato la sua colpevolezza mentre gli esperti, nel giugno del 2006, conclusero che la Franzoni avrebbe sofferto di un grave disturbo di personalità e avrebbe compiuto il delitto in uno “stato crepuscolare” per cui può aver ucciso il suo bambino ma l’avrebbe rimosso.

Pensiamo al caso di Loris Stival, strangolato con delle fascette di plastica dalla madre Veronica Panerello per la quale la Cassazione, nel 2019, ha confermato la condanna a 30 anni di carcere.

Perchè le madri uccidono i figli?

Ragioni molteplici legate a fattori personologici, culturali, o psicopatologici. Se il fattore psicopatologico è la motivazione più “rassicurante” per l’opinione pubblica, perchè “giustifica” con la malattia mentale un gesto che altrimenti non può essere tollerato in alcun modo, non si può nascondere che esistano anche madri spinte da motivazioni razionali, come la vendetta per punire il partner che le ha tradite o abbandonate.

Ciò non significa che queste donne siano perfettamente lucide nel momento in cui tolgono la vita al proprio figlio. Entrano piuttosto in uno stato dissociativo in cui l’emozione che le guida è totalizzante e distruttiva.

Un’emozione devastante che, spesso, prende forma da relazioni familiari irrisolte, e anzi gravemente compromesse. “E' difficile, prendersi cura di qualcuno, se ancora hai bisogno che qualcuno si prenda cura di te.”



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