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“Lo so che fa schifo uccidere il proprio figlio”: la terribile storia di Davide Paitoni

“Lo so che fa schifo uccidere il proprio figlio”: la terribile storia di Davide Paitoni

Torna l'appuntamento con la rubrica settimanale "La Strada delle Vittime", nella quale si affronta l'analisi della casistica criminale con approccio vittimologico. Di seguito proponiamo il caso di questa puntata. 

“Lo so che fa schifo uccidere il proprio figlio” confessava Davide Paitoni al padre in un messaggio vocale, mentre uccideva suo figlio di 7 anni. Prima il quarantenne, che conviveva con il padre dopo la sua separazione, ha chiesto al genitore di andare a vedere la tv in un’altra stanza e di aspettare una sorpresa, un disegno dal nipotino; poi con la scusa di una merendina ha fatto sedere il piccolo Daniele su una sedia in cucina.

I risultati dell’autopsia hanno svelato alcuni dettagli della tragica fine del piccolo: il papà gli ha infilato uno straccio in bocca. Quindi  gliel’ha tappata con un nastro adesivo per evitare di farlo urlare. Infine lo ha accoltellato alla gola. Crudeltà, efferatezza, premeditazione, lucida determinazione a togliere la vita al suo bambino la cui angoscia per quanto gli stava per accadere è quasi tangibile leggendo questi ultimi suoi attimi di vita.

Il gip che ha disposto la misura cautelare del carcere, nell'ordinanza di convalida del fermo ha indicato anche il movente per il quale Paitoni avrebbe ucciso il figlio: avrebbe agito per punire la moglie. È lo stesso assassino ad aver affidato tale confessione ad alcune lettere manoscritte in cui rivela di aver compiuto il gesto “per far soffrire la donna che ho amato veramente”.

La freddezza omicida del padre è a dir poco impressionante. Dopo aver consumato il delitto, l’uomo ha preso il corpicino oramai privo di vita del figlio per nasconderlo dentro ad un armadio della cucina, insieme ad alcuni aeroplanini di carta costruiti da Daniele con frasi tenere ed affettuose per il suo papà, edun bigliettino scritto dal piccolo: “Papà e Daniele sempre insieme”.

Proprio il luogo dove il bambino dovrebbe essere più sicuro, protetto e circondato dall’amore dei genitori diventa in questo, e in altri casi simili,  luogo violento e pericoloso. Il bambino viene visto dal padre come un’arma da utilizzare contro la coniuge, per l’incapacità da parte dell’uomo di affrontare la fine di una relazione, la disgregazione familiare. 

Può anche accadere che sia la madre a commettere il figlicido. Analizzando le statistiche le madri rappresentano il 59% dei genitori che commettono un figlicidio, mentre i padri rappresentano il 41%. Tuttavia c’è da segnalare che, mentre nel 76% dei casi le madri sono considerate non in grado di intendere e volere, i padri solo nel 18% dei casi vengono giudicati incapaci di intendere e di volere; gli uomini che si macchiano di questi orrendi crimini sono spesso sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e hanno uno storico di condotte violente.

E proprio questa era la vita di Davide Paitoni, fatta di droga (era consumatore abituale di cocaina), alcool e violenze: già ai domiciliari per tentato omicidio nei confronti di un collega (gli aveva sferrato diverse coltellate alla schiena), era stato segnalato anche per lesioni e minacce alla moglie.

Nonostante tali precedenti, in base al provvedimento di separazione era tuttavia stato concesso a Paitone di continuare a vedere suo figlio anche senza la presenza della madre. La violenza di questo padre era così imprevedibile?

 

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