Muro di droni e scudo spaziale: sono queste - apprendiamo in queste ore - le priorità della difesa per l'Unione Europea. Ne danno notizia con zelo i più letti e, soprattutto, più venduti quotidiani nazionali ed europei, con il tono trionfale di chi annuncia una saggia decisione.
Francamente, nel leggere questa notizia dal carattere vagamente fumettistico sovviene alla memoria quella sigla di un noto cartone degli anni che furono, che recitava grossomodo così: “Si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole, tra le stelle sprinta e va...”. In effetti, tutto questo farebbe anche ridere, se solo non facesse piangere.
La situazione va tragicamente peggiorando di ora in ora: sembra che l'Unione Europea sia ormai decisa a trascinare la Russia di Putin nella guerra, naturalmente fingendo che sia la Russia stessa a volere il conflitto e a essere in procinto di invadere l'Europa. D'altro canto, tutto questo risulta perfettamente coerente con la forma mentis oggi egemonica in Occidente, anzi in uccidente: poiché l'invaso ha sempre ragione - come hanno ripetuto in forma martellante per giustificare il sostegno all'Ucraina - e la dichiarazione di guerra da parte dell'Europa potrebbe suonare sgradita all'opinione pubblica europea, non vi è soluzione più efficace che fingere che sia la Russia a dichiarare guerra e che conseguentemente l'Europa stia soltanto difendendo se stessa.
Chiaro, no? Si provoca il nemico in ogni modo, portandolo al conflitto, magari anche con menzogne eclatanti come per più versi sembra fare abitualmente l'occidente: e si fa passare la propria volontà bellica e la propria aggressività imperialistica per esigenza difensiva, lasciando credere alle masse tecnonarcotizzate e teledipendenti che l'Europa si stia soltanto difendendo dal perfido nemico invasore e invasato.
Una strategia narrativa quasi perfetta, che però, va detto, può far presa soltanto su quanti ancora non abbiano inquadrato il reale modus operandi della civiltà uccidentale. Intanto, il ministro tedesco della difesa, Boris Pistorius, ha recentemente dichiarato con sicumera che la Russia “diventa sempre più pericolosa per la Nato”.
Nulla di nuovo sotto il sole, a dire il vero: continua come sempre la solita e ormai logora propaganda russofobica; propaganda in forza della quale si assume che la Russia sia in procinto di invadere l’Europa e che, conseguentemente, l’Europa debba con diritto riarmarsi fino ai denti per potersi così difendere in caso di attacco (attacco che, secondo un generale della NATO britannico, dovrebbe scattare il 3 novembre: manca solo l’ora esatta…).
Con spirito critico, dovremmo provare a rovesciare la narrazione: e se fossero la Nato, l’Europa e l’occidente, anzi l’uccidente liberal-atlantista, a volere realmente la guerra contro la Russia, fingendo che sia quest’ultima ad attaccare e in realtà provocandola ogni altra misura per rendere inevitabile il conflitto?
Un’ipotesi da non sottovalutare, a nostro giudizio, anche in ragione del fatto che il comparto manifatturiero teutonico, profondamente in crisi, può trarre nuova linfa vitale dalla produzione di armi.
In ogni caso, si può rovesciare sicuramente l’affermazione del ministro teutonico della difesa: la Nato rappresenta sempre più un pericolo per la Russia, secondo una climax principiata negli anni Novanta, quando l’uccidente prese ad allargarsi negli spazi un tempo sovietici, e culminante nel nostro presente, con la Russia accerchiata dalla Nato e con l’Ucraina utilizzata come testa d’ariete contro la Russia stessa, grazie all’appoggio del guitto di Kiev, l’attore Nato Zelensky, prodotto in vitro di Washington se non di Hollywood.
D’altro canto, se non erriamo, dal 1989 ad oggi la massima parte delle guerre scaturite nel mondo sono state occasionate proprio dall’imperialismo etico dell’Occidente, non dalla presunta aggressività espansionistica della Russia.
Fratelli d’Italia Civitanova prende posizione in merito alla nuova giunta regionale e chiede con forza un riconoscimento per Pierpaolo Borroni, rieletto in Consiglio regionale con un significativo incremento di consensi.
«Decenni di militanza e una presenza capillare sia a Civitanova Marche che su tutto il territorio provinciale – dichiarano dal circolo civitanovese – uniti a un’esperienza politica dalla prima ora difficilmente eguagliabile, accompagnata da una coerente militanza quando la destra era minoritaria ed emarginata, ci portano a chiedere per Pierpaolo Borroni un assessorato in Regione, consapevoli che il risultato elettorale conseguito meriti di essere premiato».
Il gruppo civitanovese del partito sottolinea come Borroni, nel corso della sua carriera politica, si sia distinto prima dai banchi del Consiglio comunale e poi come assessore stimato e rispettato, fino all’ingresso in Consiglio regionale, dove ha saputo farsi portavoce delle istanze del territorio. «La sua rielezione – aggiungono – con un esponenziale aumento dei consensi, dimostra quanto sia radicato e riconosciuto l’impegno costante in favore delle comunità locali».
FdI Civitanova tiene a evidenziare anche il valore della giovane Silvia Luconi, entrata nel partito nel 2023 e recentemente candidata: «Per l’ottima Silvia Luconi ci sarà sicuramente il giusto e doveroso riconoscimento nella collocazione che il Governatore saprà e vorrà assegnarle».
Il messaggio del partito è chiaro: «Per Borroni si impone un riconoscimento adeguato, dopo anni di dedizione e coerenza politica che hanno contribuito a rafforzare la presenza di Fratelli d’Italia nel territorio e nelle istituzioni».
Durante la riunione plenaria del centrosinistra regionale tenutasi a Chiaravalle, Matteo Ricci, europarlamentare del Partito Democratico e candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Marche nelle elezioni del 28-29 settembre, ha annunciato che rinuncerà al seggio da consigliere regionale, pur essendo stato eletto, per tornare a Bruxelles a svolgere il suo ruolo da europarlamentare.
Una scelta che Ricci accompagna con un messaggio forte e diretto al suo elettorato: “Il mio impegno per le Marche raddoppia”.
“Il risultato elettorale sarà uno stimolo per dare ancora di più a questo territorio attraverso la rappresentanza europea, portando a Bruxelles le vertenze delle Marche. Per sanità, economia, lavoro e infrastrutture il mio impegno, da oggi, sarà doppio”, ha dichiarato Ricci, confermando così che intende rappresentare le Marche in Europa, rinunciando all'attività di opposizione in Consiglio regionale, nonostante la recente candidatura a governatore.
Ricci ha sottolineato la necessità di rafforzare il progetto politico del centrosinistra: “Abbiamo proposto un progetto di cambiamento, ma ha prevalso la continuità. Ora però serve compattezza: mi impegnerò a coordinare la coalizione e a rafforzare il Partito Democratico in tutte le province. Non ci disuniamo”.
L’europarlamentare ha poi spiegato che, pur non sedendo in Consiglio, il suo lavoro per la Regione proseguirà da un altro livello istituzionale, con l'obiettivo di rafforzare il legame tra le Marche e l’Europa. “Alla fiducia che questa Regione mi ha dimostrato alle ultime Europee, ora si aggiungono le preferenze delle Regionali. Ripartiamo da qui”, ha dichiarato.
Infine, Ricci ha assicurato che il centrosinistra manterrà un ruolo attivo e vigile: “Vigileremo sul lavoro della Regione, con un’opposizione efficace e determinata per il bene delle Marche”.
Paolo Perini, segretario provinciale eletto al congresso di Noi Moderati, insieme ad altri dirigenti provinciali e cittadini, annuncia ufficialmente le proprie dimissioni dal partito. La scelta, maturata dopo attenta riflessione, nasce "dalla profonda delusione per il fallimento delle strategie politiche della segreteria regionale, che hanno bloccato ogni reale dialogo con le altre forze moderate del centrodestra, con l’avallo di alcuni vertici nazionali", sottolinea Perini.
"Le dimissioni non hanno nulla a che fare con il risultato elettorale, che considero molto positivo (il partito ha raggiunto il 2,53%). L’azione provinciale ha dato i suoi frutti, e arrivare a questo punto mi inorgoglisce. Mi sono candidato per spirito di servizio, su richiesta del presidente Maurizio Lupi, e il traguardo non è entrare in Consiglio regionale, ma dimostrare che il cambiamento è possibile", dichiara ancora Perini.
"Essere rappresentante di Lista, Segretario Provinciale e candidato non è stato facile, con tante responsabilità - aggiunge -. Mi intesto personalmente questo risultato, partendo da solo e creando un gruppo che nessuno credeva possibile. La realtà è che le persone comuni possono fare la differenza. Al di là di chi sale sul carro, ciò che conta è la coerenza".
Per Perini e gli altri dirigenti provinciali, è il momento di aprire una nuova fase: "Lavorare con coraggio e responsabilità per costruire una grande casa comune dei moderati, basata su valori popolari e liberali". "Noi Moderati non è stato in grado di rappresentare questo progetto - continua -, quindi è un atto di responsabilità lasciare un contenitore sterile e dare vita a strumenti concreti di azione politica".
"Fa specie dover pronunciare queste parole dopo le elezioni, ma non posso restare nell'immobilismo. Ci metto la faccia e scelgo una nuova strada, un luogo dove operare al meglio, continuando a servire la comunità e i valori in cui abbiamo creduto sin dall’inizio”, conclude Perini.
In un contesto di bassa affluenza alle urne, con la nostra provincia ferma al 47% e la regione al 50%, Noi Moderati esprime soddisfazione per il risultato ottenuto nelle recenti elezioni regionali. Il partito ha raccolto 2,53% dei voti in città, un risultato giudicato positivo considerando le difficoltà della campagna.
«È stata una battaglia complessa – sottolineano il segretario cittadino Luigi Carelli e il suo vice Guido Garufi – soprattutto se si considera la presenza di partiti storici ben radicati sul territorio e di candidati con esperienza amministrativa consolidata. Il partito di Lupi, con 9.300 voti, ha contribuito in maniera significativa alla vittoria della coalizione di centrodestra e del presidente Acquaroli».
Il partito evidenzia come sia partito da zero voti e abbia in breve tempo raggiunto un risultato tangibile, aprendo un percorso che porterà a un impegno ancora più deciso nelle prossime tornate amministrative. «Il fatto che il nostro capoluogo non sia riuscito a eleggere alcun consigliere regionale evidenzia una criticità importante, sotto gli occhi di tutti e meritevole di profonda riflessione», aggiungono.
Noi Moderati ringrazia i maceratesi che hanno dato fiducia e i candidati che si sono impegnati con tutte le loro forze. «Macerata è una città colta, moderata e vivibile – affermano – e siamo convinti che la nostra posizione centrista sia la più adatta, anche in un contesto di bipolarismo che polarizza l’elettorato tra destra e sinistra».
Infine lanciano un messaggio chiaro: «Essere moderati non significa essere acquiescenti o silenziosi. Come diceva don Sturzo, ci rivolgiamo “ai liberi e ai forti”. Moderazione significa azione e reazione, non compromesso».
I recenti lavori di scavo e posa della fibra ottica a Macerata, eseguiti da imprese per conto di FiberCop, non sarebbero solo "malfatti", ma rappresenterebbero un "vero e proprio pericolo pubblico", secondo quanto denuncia l’ex consigliere comunale Alessandro Savi.
Le segnalazioni riguardano in particolare via Emanuele Filiberto, dove, spiega Savi, "i cittadini si ritrovano a fare i conti con colate di cemento applicate in modo approssimativo e sommario". L’ex consigliere rincara la dose: “Il risultato è un’opera fatiscente che perde pezzi di cemento ogni giorno, creando rischi concreti per pedoni, ciclisti e motociclisti".
"Questa pessima esecuzione non è solo un problema estetico o di durabilità - sottolinea Savi - ma una grave questione di sicurezza. Buche improvvisate, crepe e materiali che si staccano rappresentano una minaccia tangibile per chi transita lungo la via".
Savi evidenzia inoltre che la posa della fibra ottica è "un passo fondamentale verso l’innovazione, ma non può e non deve avvenire a scapito della sicurezza e della qualità urbana". L’ex consigliere punta il dito anche contro il Comune di Macerata, responsabile della vigilanza sui lavori pubblici. “Sono stati eseguiti i sopralluoghi previsti per verificare la corretta esecuzione dei ripristini stradali? Perché è stato tollerato un ripristino provvisorio in cemento al posto dell’asfalto, per giunta eseguito in modo così scadente?”
Secondo Savi, "non è ammissibile che un’opera di pubblica utilità si trasformi in un disastro e in un pericolo costante per i cittadini". L’ex consigliere invita, quindi, le autorità cittadine a intervenire prontamente per garantire sicurezza e decoro urbano, evitando che un’opera fondamentale si trasformi in una minaccia quotidiana.
"Il nemico è vinto, battuto. Ma guai ai vincitori". Anche se l’Acquaroli II inizia con più certezze che dubbi, soprattutto per quello che riguarda il primissimo impegno: la composizione della Giunta.
Una maggioranza coesa, un partito – Fratelli d’Italia – sempre più leader della coalizione, altri cinque anni per scaricare a terra le cose avviate durante il primo giro di giostra, a partire dalla riforma della Sanità, meno problemi per scegliere la sua squadra rispetto ai suoi esordi nel 2020.
In base alle sue dichiarazioni i "magnifici sei" saranno quelli che risponderanno a tre requisiti: competenza, radicamento sul territorio e consensi ricevuti nella propria provincia di riferimento. Scorriamo i nomi e tentiamo il 6 al Superenalotto della nuova Giunta regionale.
Pantaloni di Ascoli (FdI): assessore al Comune Capoluogo, quota Sindaco Fioravanti, donna, elemento fondamentale per rispettare le quote rosa, miss preferenze. Calcinaro di Fermo (MpA - Marchigiani per Acquaroli): mister preferenze, colma il vuoto del fermano nell’Acquaroli I, figura espressione della società civile che mancava ad un partito, come FdI, che ha sempre faticato a sfondare sull’elettorato moderato, restando troppo appiattito sul premiare la fedeltà, non sempre amica della competenza.
Bugaro di Ancona (FdI): assessore in pectore da mesi, manager con esperienza politica a vari livelli e con esiti alterni, una figura di quell’Ancona che chiedeva a gran voce un punto di riferimento dopo il "buco" dei primi due anni, colmato poi con l’assessore Brandoni di Falconara negli ultimi tre. Ma Ancona è Ancona, non tollera surrogati benché eccellenti.
Baldelli di Pesaro (FdI): tra tutti è quello che risponde pienamente a tutti e tre i requisiti, ha stravinto in terra nemica, in una provincia che esprimeva il candidato antagonista di Acquaroli, riscuotendo ovunque i successi del suo primo assessorato che, a detta di tutti, è stato quello che ha fatto la differenza per la vittoria con ampio margine del centrodestra.
Fin qui le certezze (quasi) assolute sui nomi. Troppo presto per sbilanciarsi sulle deleghe. Sugli altri due nomi, quota Lega e Forza Italia, formuliamo alcune ipotesi. In pole per la Lega, uscita fortemente ridimensionata rispetto al 2020, c’è l’uomo dell’On. Carloni, il pesarese Enrico Rossi: giovane, Sindaco di Cartoceto, un volto nuovo rispetto agli altri due eletti in quota carroccio, Marinelli e Antonini, a cui andrebbero altri incarichi istituzionali.
Per Forza Italia, c’è Pasqui, già Vice Presidente del Consiglio Regionale e Sindaco di Camerino, persona equilibrata che ha vinto una concorrenza spietata in provincia, dentro e fuori il suo partito. Dovrebbe vincere il derby con l’anconetano Consoli: chi dei due perde potrebbe rientrare ai vertici del Consiglio Regionale.
Questi i nomi che più di altri risponderebbero meglio ai requisiti acquaroliani, rispettando anche un certo equilibrio territoriale e gli attuali rapporti di forza nella coalizione.Fuori Giunta c’è al vertice dei desiderata la Presidenza del Consiglio, nei primi cinque anni assegnata a Dino Latini (UDC). Continuità indurrebbe a pensare a Luca Marconi, stesso partito, lunga esperienza e garanzia di moderazione, ma potrebbe anche arrivare una nomina da Lega e Forza Italia.
Gli altri esclusi sarebbero accontentati con incarichi che facciamo fatica a ritenere di seconda fascia, considerato che nell’Acquaroli I hanno causato non poche grane al Presidente.Ne cito due: SVEM e ATIM.
SVEM, ci si aspetta un cambio di passo, con una figura che sia espressione autentica delle categorie economiche del territorio: qui, forse, la scelta ricadrà su un esterno - imprenditore appartenente a Confindustria? - un super partes, competente e di caratura internazionale.
ATIM, è pur vero che c’è un direttore, ma ci vorrebbe un Consiglio di Amministrazione in grado di dettare una linea politica chiara. Non sarebbe male affidare la guida a Brandoni, che ha guidato il Bilancio della Regione Marche con competenza e professionalità.
Questo il borsino, che dovrà tener conto anche di una novità: gli assessorati passeranno da 6 a 8. Quando non si sa, ma il +2 garantisce ad Acquaroli di tenere a bada oggi chi ha ottenuto risultati eccellenti (Putzu a Fermo, Ausili ad Ancona, Borroni a Macerata, Cardilli ad Ascoli, che è in quota senatore Castelli), ma che per il momento sono un gradino sotto ai sei citati e, soprattutto, hanno un problema: sono tutti di FdI.
Meritano un discorso a parte le due città orfane di rappresentanti: Pesaro e Macerata. A Pesaro, tutto sommato, non hanno di che lamentarsi: qui Baldelli, molto presente a Pesaro, ha triplicato i suoi consensi, è stato il più votato in assoluto in provincia, ed è oggi considerato il vero leader territoriale dopo aver spodestato lo stesso Ricci, portando a casa risultati impensabili come assessore delle Infrastrutture: basterebbe citare la Fano-Grosseto, Galleria della Guinza in primis, e il nuovo ospedale di Pesaro.
Macerata però diventa un caso politico, su cui centrodestra e centrosinistra dovrebbero riflettere, soprattutto in vista delle elezioni comunali della prossima primavera. La città capoluogo del candidato Presidente non è stata in grado di esprimere un consigliere che uno.
Al già Sindaco Carancini non ha giovato un’opposizione costante e puntuale per ottenere un bis che avrebbe lenito il dolore per la sconfitta. Gli succede il Sindaco di Montecassiano Catena, figura tutta da scoprire e che dovrà dimostrare di essere all’altezza di un ruolo difficile e che lascia pochi margini di manovra.
La doppia sconfitta in casa Pd, Ricci-Carancini, dovrebbe aprire un capitolo sanguinoso dentro un partito dove già scalpitano esponenti centristi, disposti a tutto, compreso a digerire il mattone del Campo Largo, ma non a sparire nelle linee politiche di un partito che continua a dare la colpa all’astensionismo.
Sul versante del centrodestra le cose non vanno meglio. Qui a Macerata ha perso vincendo, un risultato che in pochi riuscirebbero a conseguire. Non avere rappresentanti in Regione nella città dove è iniziata la vera svolta dell’era pre-meloniana, dove la Lega aveva una quota importante di consensi di chi nel 2020 chiedeva un cambiamento radicale, è l’unica macchia sul vestito della vittoria di Acquaroli.
Guai ai vincitori non riflettere sulle cause di questa macchia, da cui potrebbero risorgere le mire di un centrosinistra che si presenterà molto agguerrito ai prossimi appuntamenti: le comunali e, nel 2027, le politiche.
Una prima lettura è quella più facile: è mancato il ruolo di collante e di leadership del Sindaco-imprenditore Parcaroli, colui che nel 2020 aveva rappresentato plasticamente il cambiamento, ma che, alla lunga, ha sofferto troppo l’inesperienza, pagando a caro prezzo la litigiosità tra i componenti della sua stessa coalizione, in Giunta e in Consiglio, prigioniero di uno slancio emotivo che lo ha portato a fare annunci frettolosi e dichiarazioni eccessivamente ottimistiche (nuovo ospedale su tutte).
"Macerata, la città dove amerai vivere e lavorare" – per citare il suo slogan e la sua promessa del 2020 – è oggi la città dove Acquaroli dovrà lavorare molto per evitare che diventi la sua Ohio delle Marche.
Il Consiglio Comunale di Potenza Picena ha approvato all’unanimità la mozione presentata dal gruppo consiliare di minoranza Idea Futura, volta a esprimere vicinanza alla popolazione della Striscia di Gaza e a ribadire il ripudio della guerra e del terrorismo.
All’indomani dell’assise, il sindaco Noemi Tartabini ha sottolineato l’importanza del voto: «Quello che sta accadendo è inaccettabile: la guerra, il terrorismo, l’uccisione di civili. In alcuni momenti della Storia è necessario mettere dei punti fermi e dare un segnale morale ed etico. Abbiamo sostenuto il riconoscimento dello Stato di Palestina non come atto di politica estera – competenza esclusiva dello Stato italiano –, ma come vicinanza formale a un popolo che attende giustizia e autodeterminazione».
Il sindaco ha anche ricordato la tragedia subita dal popolo israeliano il 7 ottobre, sottolineando come «la pace non si costruisce con slogan facili o colpevolizzazioni unilaterali: nasce dal riconoscimento reciproco». Tartabini ha evidenziato il ruolo fondamentale del Consiglio Comunale nel rappresentare la comunità locale, unire e promuovere valori universali condivisi.
All’approvazione della mozione seguiranno azioni concrete: è stata convocata per la prossima settimana la III Commissione Consiliare, con l’obiettivo di coinvolgere scuole e associazioni in iniziative a favore della pace. Nei giorni scorsi, inoltre, l’Amministrazione Comunale ha disposto l’esposizione di due drappi sulle facciate del Palazzo Comunale e della Delegazione di Porto Potenza con la scritta: «La città di Potenza Picena ripudia la guerra. La Pace è un diritto di tutti».
Altro che "Ohio", lo Stato americano in bilico per eccellenza, simbolo del voto conteso. Dopo le elezioni regionali, le Marche somigliano sempre di più al Wyoming, tradizionale roccaforte dei repubblicani. Il "day after" della sfida tra il presidente uscente Francesco Acquaroli e lo sfidante Matteo Ricci lascia poco spazio all'immaginazione: non c’è mai stata davvero partita.
Il distacco di quasi 8 punti percentuali racconta un divario netto, invalicabile, che ha reso vana ogni aspettativa di un testa a testa. Alcuni analisti e sondaggisti avevano previsto un esito più incerto, ma la realtà è stata una vittoria chiara del centrodestra. Tempo, ora, di riflessione per il centrosinistra, mentre la coalizione di governo regionale può legittimamente esultare e guardare con fiducia al futuro.
La tanto evocata "spallata" al governo Meloni non si è verificata, almeno nelle Marche. Il cosiddetto campo largo è sembrato più un accordo tra gruppi dirigenti che un’alternativa reale. Non è riuscito a trasformarsi in un fronte sociale, come pure riuscì — tra mille contraddizioni — l’Ulivo del 1996.
La linea “testardamente unitaria” del centrosinistra, come l’ha definita Elly Schlein, non è riuscita a penetrare nella società. Non ha mobilitato né i delusi né gli sfiduciati. E dire che le premesse per un ribaltamento c’erano. In questi cinque anni di governo Acquaroli, le Marche non hanno certo brillato negli indicatori economici e sociali.
La crescita del PIL regionale tra il 2019 e il 2024 è stata del 2,8%, contro il 3,3% nazionale; la quota del PIL delle Marche sul totale italiano è scesa dal 2,39% al 2,31%; le liste d’attesa nella sanità restano un problema irrisolto.
Eppure tutto ciò non ha inciso sul voto. Un elettore su due ha disertato le urne. L’astensionismo è il dato politico più allarmante per entrambi gli schieramenti, ma soprattutto per il centrosinistra, che non riesce a intercettare il malcontento.
Non è bastata nemmeno la mobilitazione per Gaza, che ha animato piazze piene di giovani, migranti, studenti, cittadini delusi. Quella protesta, pur politicamente viva, non si è trasformata in consenso elettorale.
Il centrosinistra appare ancora scollegato da quella parte di società potenzialmente progressista, che — proprio come molti elettori di destra — ha scelto di restare a casa, convinta che il voto non cambi nulla, né nella propria vita né su questioni globali. Un segnale inquietante, che parla di rassegnazione profonda.
Nel suo Viaggio in Italia, Guido Piovene osservava: «Se l’Italia è un distillato del mondo, le Marche lo sono dell’Italia». Oggi, quella visione delle Marche come sintesi autentica dell’Italia sembra assumere un’altra lettura: non più ricchezza nascosta e integrità paesaggistica, ma apatia democratica e disinteresse elettorale, come se la mancanza di spettacolo evocata dall’autore si fosse trasformata in rassegnazione politica.
Acquaroli rassicura, Ricci non rompe il muro. Mentre il centrosinistra cercava di attivare piazze e temi etici, il centrodestra ha scelto un’altra strategia: rassicurare. E lo ha fatto con i volti dei leader nazionali - da Giorgia Meloni (che ha rotto ogni consuetudine istituzionale partecipando alla campagna locale), a Matteo Salvini e Antonio Tajani - unendo il livello regionale e quello statale. Il volto di Francesco Acquaroli, più defilato e meno esposto mediaticamente rispetto a Matteo Ricci, è apparso rassicurante, più familiare, meno "politico".
In provincia di Macerata la disfatta è stata ancor più sonora, con le aree interne, quelle più segnate dalle ferite del terremoto, che hanno scelto di affidarsi in massa ad Acquaroli, con percentuali che, in alcuni comuni, sono state "bulgare": Monte Cavallo (90%), Cessapalombo (83%), Bolognola (83%), Castelsantangelo sul Nera (81%), Pieve Torina (80%), Camerino (61%).
A Tolentino Fratelli d'Italia, grazie a Silvia Luconi, si è spinta sino al 47%. Evidentemente aver dato l'impressione di deviare dal lavoro del commissario alla ricostruzione Castelli, invece che continuarlo, ha portato gli abitanti delle zone terremotate a votare per Acquaroli, temendo di perdere fondi pubblici già indirizzati. Una scelta rassicurante, per l'appunto. Qui la priorità è riavere di nuovo la propria casa, il prima possibile. E non potrebbe essere altrimenti.
A ciò si aggiunga come la gran parte degli amministratori, in queste aree, sia di centrodestra come ammesso ieri dallo stesso Ricci: "Le forze in campo sapevamo fossero del tutto sbilanciate, per ogni manifesto nostro ce ne erano dieci degli altri, così come la maggior parte del potere nei comuni".
Molto si è detto sui social della presunta mancanza di programmi. Ma i programmi c’erano: quello del centrosinistra era lungo 56 pagine. Il centrodestra ha puntato invece su parole chiave come “filiera istituzionale” e coesione con il governo centrale. ZES, milioni in arrivo e la spinta della classe media.
Un esempio emblematico di questa filiera è la ZES unica, la Zona Economica Speciale, che ha attirato l’interesse di imprenditori e ceto medio. La pioggia di fondi nazionali sulla regione ha funzionato come garanzia: una promessa concreta più che un sogno ideologico. Poco importa se l’Unione Europea classifica le Marche come regione in transizione, ovvero tra le meno sviluppate: la percezione di essere “al centro” delle politiche economiche ha pesato più dei numeri in un certo elettorato.
Il centrosinistra ha pagato anche il peso del proprio passato, in particolare la questione ospedali. Il tema della chiusura di alcuni presidi sanitari è stato agitato come un totem dal centrodestra, anche se la questione è ben più complessa di uno slogan da social.
La verità è che non basta un buon candidato, né serve un leader più presente nei media. Matteo Ricci ha preso qualche voto in più rispetto alla sua coalizione, ma non è riuscito a sfondare.
Per il centrosinistra marchigiano si prospettano tempi difficili. Da anni, all’interno del PD e delle sue aree più riflessive, si dice che solo rimobilitando la società — i precari, i ceti popolari, le periferie — si può costruire una vera alternativa alle destre. Questa volta, non è accaduto. Non per colpa dei candidati, ma per l’assenza di un progetto politico che parli davvero alle persone. Finché ciò non cambierà, le Marche continueranno ad assomigliare sempre di più al Wyoming, e sempre meno all’Ohio.
«Voglio ringraziare sin da subito tutti coloro che mi hanno votato, assegnandomi la preferenza: 255 voti. Non sono tanti, è vero, ma non sono scontati: andare a votare e scrivere il mio cognome è un gesto di fiducia in me e nel progetto che stiamo costruendo». Questo il commento a freddo di Mattia Orioli, candidato maceratese di Forza Italia-Base Popolare nelle recenti elezioni regionali.
Orioli sottolinea l’importanza delle preferenze, strumento fondamentale di democrazia rappresentativa: «Ritengo positivo che le preferenze siano previste nella legge elettorale regionale, a prescindere dagli esiti, perché costituiscono un aspetto tecnico imprescindibile, che dovrebbe valere anche a livello nazionale».
Nonostante il risultato complessivo non lo abbia portato in Consiglio, Orioli manifesta gratitudine a tutti i cittadini che hanno partecipato al voto e ai familiari, amici e sostenitori che lo hanno accompagnato: «Ho voluto spingere sulla politica che vada dall’io al noi, gettando le basi per un progetto a lungo termine radicato nello spirito Cristiano Democratico e Popolare».
Analisi del voto
«A Macerata città, il dato personale conferma una stabilità elettorale consolidata, con preferenze e voti a sostegno del progetto popolare. In Provincia, invece, non è arrivata la risposta attesa in alcune zone, un fatto che invita a riflettere e a rafforzare la presenza sul territorio», aggiunge Orioli.
Per quanto riguarda la lista Forza Italia – Partito Popolare, Orioli evidenzia il buon risultato complessivo: «La lista ha contribuito a far diventare Forza Italia la seconda forza politica della coalizione di maggioranza, rafforzando il Popolarismo nelle Marche. Questo dato, se letto in chiave popolare, rappresenta una spinta fondamentale per il futuro».
Il candidato conclude con uno sguardo al futuro: «Ora sta a noi non disperdere questo lavoro e gettare le basi per un grande movimento per il 2027, capace di unire tutti i popolari in un contenitore rappresentativo. Siamo pronti a lavorare insieme per governare bene le Marche e l’Italia».
«2.342 volte grazie. Ringrazio tutti coloro che mi hanno sostenuto, a partire dai 1.447 civitanovesi che hanno scelto di darmi fiducia. Sono stato il candidato di Forza Italia più votato a Civitanova e il terzo in tutta la Regione. Grazie a voi, Forza Italia ha raggiunto in città quasi il 16%, crescendo rispetto alle scorse regionali e alle ultime comunali. Continuerò a rappresentarvi con impegno, serietà e concretezza». Con queste parole il sindaco di Civitanova Marche, Fabrizio Ciarapica, ha commentato l’esito del voto regionale. Forte di 2.342 preferenze, non è riuscito a conquistare il seggio nella circoscrizione di Macerata – andato al capolista Gianluca Pasqui con 4.043 voti – ma si è comunque posizionato come terzo candidato più votato di Forza Italia nelle Marche, confermando un consenso significativo nel territorio.
Il risultato personale di Ciarapica ha inciso sul dato cittadino di Forza Italia, che a Civitanova ha raccolto 2.368 voti pari al 15,68%, in crescita rispetto all’11,98% del 2020. L’affermazione assume rilievo anche alla luce della flessione dell’affluenza, passata dal 56,65% al 48,79%. Con questo risultato, Forza Italia si colloca come secondo partito in città, superando il Partito Democratico.
Nel complesso, Forza Italia ha registrato un dato positivo nelle Marche, raggiungendo l’8,61% con 48.823 voti e conquistando tre seggi in Consiglio regionale. Nella provincia di Macerata la percentuale si è attestata al 9,57% con 10.900 voti.
«A Civitanova siamo oggi il secondo partito – ha dichiarato Paolo Giannoni, segretario di Forza Italia –. È un risultato che premia il lavoro svolto e che arriva in un contesto di calo dell’affluenza. Il consenso raccolto da Fabrizio Ciarapica dimostra la sua capacità di mantenere un legame forte con la città. L’impegno ora sarà quello di far sì che le istanze del territorio trovino rappresentanza nei nostri tre consiglieri regionali eletti: Gianluca Pasqui per Macerata, Jessica Marcozzi per Fermo e Tiziano Consoli per Ancona».
Nonostante le 3.540 preferenze personali, che lo hanno reso il candidato più votato della Lega in tutte le Marche, Luca Paolorossi non entrerà nel Consiglio regionale. Il motivo è legato al risultato del partito nella circoscrizione di Ancona, che con il 5,52% dei consensi non è riuscito a ottenere alcun seggio.
Il sindaco “strano” di Filottrano, come ama definirsi, ha commentato con il suo consueto stile diretto il risultato sui social: «Sono il più votato della Lega in tutte le Marche… e chi lo avrebbe mai pensato! Se fossi stato con Fratelli d’Italia avrei preso una 'fraccata' di voti ed ero già in lista, ma a me piacciono le sfide. Come diceva mia madre: “Tu sei l’avvocato delle cause perse”.»
Paolorossi ha rivendicato con orgoglio la sua campagna elettorale “fuori dagli schemi”. «Sono in politica da appena un anno, ho speso solo 2.500 euro per la campagna elettorale, non ho utilizzato manifesti elettorali in grande formato, né santini ritoccati, non ho organizzato comizi né offerto cene. Il risultato che ho ottenuto – ha sottolineato – è frutto esclusivamente del lavoro fatto per gli altri».
Infine, una battuta che sintetizza il suo approccio: «Continuerò ad arrabbiarmi con chi non fa ciò che serve per il bene dei cittadini. Ora torno ad amministrare, perché stamattina devo arrabbiarmi presto».
«Mi complimento, anche a nome dell’Amministrazione comunale, con Francesco Acquaroli per la riconferma a Governatore delle Marche». Così il sindaco di Tolentino Mauro Sclavi ha commentato a caldo l'esito delle elezioni regionali subito dopo la chiusura dello spoglio.
Per il primo cittadino, la rielezione di Acquaroli rappresenta una garanzia di continuità per i progetti già avviati con la Giunta regionale: «La sua rielezione rende senza soluzione di continuità su tanti progetti che abbiamo condiviso in questi anni - ha sottolineato -, in primo piano c’è chiaramente la questione della ricostruzione. Grazie a una visione convergente tra i nostri enti, siamo riusciti a portare avanti interventi importanti, finanziati da fondi regionali, che ci hanno consentito di migliorare ad esempio alcuni impianti sportivi».
Sclavi ha voluto esprimere soddisfazione anche per l'elezione di Silvia Luconi, consigliera comunale di Tolentino e candidata di Fratelli d’Italia, risultata la donna più votata della provincia di Macerata. «Finalmente, dopo una lunga assenza, Tolentino torna ad essere rappresentata in Regione - ha detto il sindaco - ristabilendo una consuetudine che in passato portava la nostra città ad avere voce sia in Comune che in Provincia, in Regione e in un caso perfino in Parlamento».
Un ritorno che, secondo Sclavi, garantirà a Tolentino una voce importante nelle istituzioni regionali: «Siamo certi che con la sua competenza e passione saprà dare un apporto positivo all’interno del consesso regionale - ha aggiunto - e che lavorerà con attenzione non solo per Tolentino, ma anche per i territori vicini, portando risorse, progettualità e iniziative fondamentali per il rilancio delle nostre aree terremotate e ancora piene di bisogni».
Il sindaco ha quindi concluso con un augurio: «Sia al presidente Acquaroli che al neo consigliere regionale Luconi auguriamo buon lavoro e ci congratuliamo per il loro successo, auspicando altri cinque anni di proficua e continua collaborazione per una puntuale programmazione».
Con 2.847 preferenze personali, Renzo Marinelli si conferma il candidato più votato della lista Lega nella provincia di Macerata. Un consenso che porta il partito oltre il 9% e che testimonia un radicamento diffuso, arrivato da tutti i comuni del territorio. Tuttavia, il dato complessivo segna un arretramento per la Lega, che rispetto alla scorsa tornata elettorale perde terreno in maniera significativa.
«Il primo grazie va alla mia famiglia, che non mi ha mai fatto mancare il supporto – ha dichiarato Marinelli –. Poi ai miei collaboratori, agli amici e a tutte le persone che hanno creduto in me. Un pensiero speciale va a Castelraimondo e al territorio, che da oltre 30 anni mi accompagnano con fiducia, e a tutti i cittadini delle Marche che ho avuto l’onore di rappresentare e difendere».
Le parole del consigliere raccontano il forte legame con la sua comunità, ma anche la volontà di dare continuità al lavoro degli ultimi cinque anni: rappresentare l’intero territorio, dalla montagna al mare, rafforzando la voce delle comunità locali in Regione.
Marinelli ha voluto inoltre riconoscere il ruolo del presidente Francesco Acquaroli, «compagno di percorso e di campagna elettorale», con cui condividere la responsabilità di guidare una regione che vuole continuare a crescere. Il risultato, sottolinea, «non è un punto d’arrivo, ma una nuova partenza al fianco delle comunità».
Per la riconfermata maggioranza di centrodestra nelle Marche, sotto la guida del presidente Francesco Acquaroli che ha ottenuto il 52,43% dei consensi, in Consiglio regionale entreranno dieci consiglieri per Fratelli d'Italia, tre per la Lega, tre per Forza Italia, uno ciascuno per Civici Marche, per I marchigiani per Acquaroli e per liste civiche Libertas Unione di Centro.
Per l'opposizione di centrosinistra, capeggiata da Matteo Ricci il quale si è fermato al 44,44% di voti, sei consiglieri al Partito democratico, due alla Civica Ricci presidente e uno ciascuno ad Alleanza Verdi Sinistra e M5s.
L'unica incognita riguarda il seggio al Progetto Marche Vive che eleggerebbe l'ex direttore generale dell'Azienda ospedaliero universitaria delle Marche se Ricci rinunciasse a entrare nell'Assemblea legislativa restando europarlamentare.
Il candidato presidente sconfitto, infatti, entra di diritto in Consiglio al posto del candidato della lista che nella coalizione ha ottenuto l'ultimo dei potenziali eletti. Per Fratelli d'Italia i consiglieri sono Francesco Baldelli e Nicola Barbieri (che ha superato sul fotofinish per 26 preferenze Nicola Baiocchi, nel Pesarese), Marco Ausili, Giacomo Bugaro, Corrado Canafoglia (Ancona), Silvia Luconi, Pierpaolo Borroni (Macerata), Andrea Putzu (Fermo), Francesca Pantaleoni, Andrea Cardilli (Ascoli Piceno). Per Forza Italia entrano Tiziano Consoli (Ancona), Jessica Marcozzi (Fermo) e Gianluca Pasqui (Macerata).
Per la Lega Enrico Rossi (Pesaro Urbino), Renzo Marinelli (Macerata) e Andrea Maria Antonini (Ascoli Piceno). Gli altri consiglieri di maggioranza sono Paolo Calcinaro (mister preferenze con 9.311 voti; nel Fermano I Marchigiani per Acquaroli), Giacomo Rossi (Civici Marche, Pesarese), Luca Marconi (Udc, Macerata).
Sul fronte opposizione, i nuovi consiglieri dem sono Valeria Mancinelli (la più votata della minoranza con 8.050 voti in provincia di Ancona), Maurizio Mangialardi, Enrico Piergallini (Ascoli Piceno), Fabrizio Cesetti (Fermo), Leonardo Catena (Macerata), Micaela Vitri (Pesaro Urbino); gli altri eletti sono Antonio Mastrovincenzo e Massimo Seri (rispettivamente ad Ancona e Pesaro Urbino per la Civica di Ricci), Marta Ruggeri (M5s, Pesaro Urbino) e Andrea Nobili (Alleanza Verdi Sinistra). Infine Caporossi, che entrerà nell'Assemblea legislativa nel caso in cui Ricci rinunciasse all'elezione per restare membro del Parlamento europeo.
Uno dei grandi vincitori della tornata elettorale regionale appena conclusa, in provincia di Macerata, è certamente Pierpaolo Borroni. L'esponente civitanovese di Fratelli d'Italia conferma il posto nell'Assise regionale dopo aver quasi raddoppiato i consensi ottenuti cinque anni fa (3.834 preferenze contro le 2.224 preferenze del 2020) e ottenuto il secondo miglior risultato della sua lista, dietro soltanto a Silvia Luconi. Lo abbiamo intercettato per cogliere le sue impressioni a caldo.
"Quando si lavora molto e a beneficio delle persone in tutto il territorio della provincia, le stesse hanno un occhio di riguardo. Ero molto ottimista. Al contempo, sono soddisfatto visto anche il calo dei votanti che è stato drammatico, del risultato ottenuto", le sue parole sul risultato delle urne.
Fratelli d'Italia ha quasi toccato il 30% dei voti in provincia di Macerata (29,13%), migliorando le percentuali ottenute nel resto della regione: "Mi aspettavo assolutamente un risultato importante - afferma Borroni -. Siamo riusciti a entrare nella società civile della provincia. Tantissimi elettori, anche non aderenti al partito, hanno apprezzato il nostro modo di fare politica che è quello di stare in mezzo alla gente e di tentare di dare delle risposte al territorio".
Tornando al risultato personale ottenuto, Borroni si dice "lusingato dell'enorme quantità di voti raccolti in giro per la provincia, non mancherò di essere presente ovunque. Civitanova, dove c’erano tantissimi candidati, ha dato comunque una risposta netta e concreta. Io unico consigliere eletto di una grande città? Significa che dovrò lavorare tantissimo, avrò un compito doppio che porterò avanti con tutta la forza e la propulsione di cui sono capace come, ormai, buona parte della provincia sa".
“La mia priorità per la nuova legislatura resta la stessa, mettere nelle condizioni il presidente Acquaroli di continuare a svolgere l'ottimo lavoro che è già stato fatto finora. Lo sta facendo in maniera egregia. Personalmente continuerò a correre come una trottola, senza fermarmi", sottolinea Borroni. Una chiosa sul dato dell’astensione alle urne, arrivata a sfiorare il 50%: “Penso che la politica sia ciclica, così come questo disinnamoramento. Dobbiamo mettere le persone nelle condizioni di capire che noi politici tentiamo di fare del nostro meglio. Dovremo correre ancora di più per dimostrarlo”.
Con 3.996 preferenze, il sindaco di Montecassiano Leonardo Catena è stato eletto consigliere regionale, risultando il secondo candidato più votato della provincia di Macerata e superando l’ex consigliere Romano Carancini.
Determinante il risultato nel suo comune, dove ha raccolto 1.109 voti e trascinato il Partito Democratico al 37,33%. Nonostante la sconfitta del candidato presidente Matteo Ricci e il risultato complessivamente deludente per il centrosinistra, Catena sarà l’unico rappresentante dell’opposizione maceratese nel nuovo consiglio regionale. Ecco l’intervista rilasciata a Picchio News.
Ben 3.996 voti. Se li aspettava?«Speravo di far bene. È sicuramente un risultato molto importante, frutto dell’impegno delle tante persone, amiche e amici che mi hanno sostenuto in questi mesi di campagna elettorale. Il merito va a loro e li ringrazio molto. Speravo di far bene e certo sarei stato più contento se avessimo vinto le elezioni».
Ha condiviso tutte le scelte di Matteo Ricci in questa campagna elettorale? Come vede il futuro del partito in provincia e in regione?«Matteo Ricci è stato bravissimo: ha fatto una grande campagna elettorale, con tanta energia, passione e coraggio. Non potevamo avere un leader migliore per guidarci. Bisogna però prendere atto che metà degli elettori marchigiani non è andata a votare: c’è molta sfiducia e molti pensano che sia inutile scegliere un partito piuttosto che un altro. Il primo partito è quello dell’astensione e da qui dobbiamo ripartire, ricostruendo un rapporto di fiducia e dimostrando che non siamo tutti uguali. Noi possiamo fare la differenza con le buone idee e l’impegno.Va dato anche merito al presidente Acquaroli, che è stato riconfermato: gli auguro buon lavoro. Noi saremo presenti in maniera costruttiva, con proposte, e quando servirà faremo opposizione alle scelte che non condivideremo».
La provincia di Macerata è quella in cui il PD ha ottenuto il risultato più basso in termini di preferenze nella regione Marche. Come commenta questo dato?«Il PD non è andato come speravamo in tutta la regione, con differenze percentuali minime tra le province. Incidono molto anche i candidati delle liste civiche. Non mi focalizzerei solo sul dato maceratese: credo che vada ricostruito un partito più radicato nei territori. Non sarà facile, perché c’è un allontanamento evidente delle persone dalla politica. Sarà un lavoro da fare come PD ma anche come coalizione, intorno a un progetto chiaro e riconoscibile, che possa essere un punto di riferimento anche per chi oggi sceglie di non votare».
Un comune di circa 7mila abitanti con un rappresentante in Regione è sicuramente un grande traguardo. Non c’è nessun candidato del capoluogo. Questo dato la sorprende? Come lo spiega?«Sono molto grato ai miei concittadini, che in questi anni mi hanno sempre rinnovato la fiducia a livello comunale e questa volta lo hanno fatto anche a livello regionale. Molti cittadini che non votano centrosinistra mi hanno sostenuto e questo è per me motivo di grande gratificazione.Ogni consigliere regionale rappresenta tutta la provincia e tutta la regione, non solo il proprio comune. Ma so che avrò una grande responsabilità: sarò l’unico eletto della coalizione di Matteo Ricci in provincia di Macerata. Mi aspetta un lavoro difficile, ma ho l’entusiasmo di ricostruire con l’obiettivo che fra cinque anni si possa tornare a competere per vincere».
Cosa succederà ora nel comune di Montecassiano? Le dispiace dover lasciare l’incarico di sindaco?«È una pagina importante della mia vita che si chiude. Credo di aver dato tanto alla mia comunità e di aver ricevuto altrettanto. Essere eletti tre volte consecutive con percentuali importanti non è facile. Sono fiducioso che il progetto proseguirà: ho lavorato con un gruppo motivato, affiatato e appassionato che saprà andare avanti anche senza di me. La giunta e il consiglio comunale potranno proseguire almeno per un anno fino al primo turno elettorale utile, portando avanti i progetti in corso. Io sarò comunque al loro fianco, anche se non siederò più in consiglio comunale».
San Severino Marche si è risvegliata oggi con un'inaspettata ribalta nazionale: la città è protagonista della prima pagina del Corriere della Sera. Il noto giornalista e scrittore Massimo Gramellini, nella sua celebre rubrica "Il Caffè", dedica un approfondimento a "Sgarbi dopo Sgarbi", concentrandosi sul ritorno sulla scena del noto critico d’arte in occasione del voto per le elezioni Regionali.
Gramellini cita espressamente il legame tra Sgarbi e il comune settempedano, dove il critico d'arte ha la residenza, ed esalta la città con una frase che ne sottolinea l'inestimabile valore: "La foto diffusa dai suoi social lo ritrae al seggio elettorale di San Severino Marche, uno dei paesi più belli d'Italia e dunque del mondo, dove è stato anche sindaco".
Una bellissima considerazione quella espressa da Massimo Gramellini, che celebra il patrimonio storico, artistico e paesaggistico del territorio. Il professor Sgarbi, da sempre legato a San Severino Marche, com’è noto domenica ha esercitato il suo diritto di voto presso il seggio numero 9. Il suo ritorno è stata anche l'occasione per un incontro con il sindaco Rosa Piermattei e per una visita approfondita alla mostra "Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma lungo i cammini della fede”.
L'esposizione, allestita nella Galleria d'Arte Moderna del Palazzo Comunale in piazza Del Popolo, promossa da Anci Marche e Pio Sodalizio dei Piceni, è un percorso di grande valore simbolico e culturale, che sarà visitabile fino al 19 ottobre e che presenta alcuni capolavori d’arte sottratti alla furia del terremoto. La risonanza mediatica offerta dal Corriere della Sera è un ulteriore invito a visitare San Severino Marche e ad ammirare la sua bellezza, riconosciuta ora come "unica al mondo".
Macerata si prepara a mandare in Consiglio regionale sei rappresentanti, secondo le prime proiezioni legate all’assegnazione dei seggi. I dati non sono ancora ufficiali, ma la distribuzione delle preferenze sembra ormai delineata: due seggi a Fratelli d’Italia, uno alla Lega, uno a Forza Italia, uno alle liste civiche Libertas-Unione di Centro e uno al Partito Democratico.
A trainare la corsa alle urne è stato il camerte Gianluca Pasqui, candidato di Forza Italia ed ex presidente del Consiglio regionale, che ha raggiunto quota 4.043 preferenze. È lui il più votato in assoluto in provincia di Macerata, davanti ai big di Fratelli d’Italia e del Pd. Con questo risultato Pasqui conquista senza dubbi il seggio azzurro, confermando anche il rilancio di Forza Italia, che in questa tornata ha superato la Lega come seconda forza del centrodestra provinciale.
Subito dietro si piazza il sindaco di Montecassiano, Leonardo Catena (Pd), che ha ottenuto 3.996 preferenze. Un risultato ragguardevole, frutto anche del consenso raccolto nel suo comune, dove ha convinto 1.109 elettori e trascinato i democratici al 37,33%. Catena supera così di misura il collega di partito ed ex consigliere regionale Romano Carancini, fermatosi a 3.412 voti.
Fratelli d’Italia, primo partito in provincia con una percentuale vicina al 30% (29,13%), conquista due seggi. La più votata è Silvia Luconi, consigliera comunale di Tolentino, che ha raccolto 3.953 preferenze, di cui 2.246 nella sua città, dove FdI ha raggiunto uno storico 47,35%. Un risultato che le consente di imporsi sul consigliere regionale uscente Pierpaolo Borroni, civitanovese, fermo a 3.834 preferenze. Entrambi, comunque, risultano destinati a entrare in Consiglio, a conferma della forza del partito della premier Meloni sul territorio.
Per la Lega il seggio va a Renzo Marinelli, di Castelraimondo, che ha ottenuto 2.847 voti e si conferma il più votato del Carroccio. Alle sue spalle l’assessore uscente Filippo Saltamartini, sceso a 2.308 preferenze con un calo di oltre mille voti rispetto al 2020.
Tra le liste civiche che sostenevano il governatore Francesco Acquaroli, emerge il risultato del recanatese Luca Marconi (Libertas-Udc), che ha raccolto 1.067 preferenze. Una cifra sufficiente a garantirgli il ritorno in Consiglio regionale e a riportare il suo partito a contare nella nuova assemblea. La geografia politica della provincia di Macerata si ridisegna così attorno a questi sei nomi, in attesa della proclamazione ufficiale.
Fratelli d'Italia si prende tutto in provincia di Macerata. Il partito della premier Meloni riesce ad ottenere una percentuale di voti che sfiora il 30% (29,13%), ma deve cedere il primato delle preferenze a Gianluca Pasqui. L’ex vicepresidente del Consiglio Regionale, candidato con Forza Italia, ha infatti sfondato quota 4.000 voti personali (4.043), risultando il più votato in provincia.
Alle sue spalle il sindaco di Montecassiano, Leonardo Catena, che ha corso sotto il simbolo del Partito Democratico, ottenendo ben 3.996 preferenze di cui 1.109 nel suo comune, dove ha portato il Pd al 37,33%. Battuto il compagno di partito e consigliere regionale uscente Romano Carancini, che si è fermato a 3.412 voti.
Terzo posto per la consigliera comunale di Tolentino, Silvia Luconi di Fratelli d’Italia, capace comunque di ottenere un risultato notevole con 3.953 voti (2.246 solo nel suo comune). A Tolentino FdI raggiunge uno storico 47,35%. Un traguardo considerevole che le consente di superare il consigliere regionale uscente Pierpaolo Borroni (3.834 preferenze). Flop invece per la vicesindaca di Macerata, Francesca D’Alessandro, che chiude al penultimo posto della sua lista con 2.311 preferenze.
Nella coalizione di centrodestra il partito che si rilancia in questa tornata elettorale è Forza Italia, capace di superare anche la Lega come seconda forza. Oltre al successo personale di Pasqui, il sindaco di Civitanova, Fabrizio Ciarapica, si ferma a 2.342 preferenze.
Nel "Carroccio" ad ottenere il maggior numero di preferenze è Renzo Marinelli, premiato con 2.847 voti. Da segnalare anche le 2.308 preferenze ottenute dall'assessore uscente Filippo Saltamartini, che nella tornata elettorale del 2020 fu il più votato della provincia e, rispetto ad allora, ha perso più di mille voti.
Tra le liste civiche della coalizione che appoggiava Acquaroli, risultato considerevole è quello del vice sindaco di San Severino Marche Jacopo Orlandani che ha corso sotto le insegne dei Civici Marche (lista che ottenuto meno del 3% a livello regionale, terzultima nella coalizione), ottenendo 1.571 preferenze di cui 1.274 soltanto a San Severino dove si è imposto nettamente come il candidato più votato. Sono, invece, 864 le preferenze totalizzate dall'ex senatore, Salvatore Piscitelli (I Marchigiani per Acquaroli).
Exploit, nella liste civiche Libertas Unione di Centro, per Luca Marconi che ha ottenuto 1.067 preferenze. Nel Movimento Cinque Stelle il più votato è Roberto Cherubini (902 preferenze). Tommaso Claudio Corvatta, ex sindaco di Civitanova Marche, è il più votato nella lista di Alleanza Verdi e Sinistra che sosteneva Matteo Ricci (845 preferenze). Buon riscontro elettorale, infine, per Massimiliano Sport Bianchini (787 voti, Progetto Civici Avanti con Ricci).