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Finiti in carcere da innocenti: vittime del sistema giudiziario

Finiti in carcere da innocenti: vittime del sistema giudiziario

Quando si parla di errori giudiziari, non si può non pensare ad uno dei più grandi errori giudiziari mai commessi in Italia: era il 17 giugno del 1983 quando i carabinieri notificarono il provvedimento di arresto ad Enzo Tortora, giornalista e popolarissimo conduttore tv, genovese, classe 1928, padre di Silvia Tortora, la giornalista tv scomparsa pochi giorni fa. 

Il volto mite, per bene e per questo tanto amato  di "Portobello" era stato accusato di traffico di stupefacenti. Secondo le confidenze raccolte da tre malavitosi, in carcere con l'accusa di aver commesso omicidi e di aver fatto parte di clan della camorra e della mafia, Tortora sarebbe l'uomo di contatto fra la criminalità e il mondo vip in una fiorente attività di compravendita di cocaina. 

Sbattuto in prima pagina con le manette ai polsi , sottoposto all'umiliazione pubblica, Tortora ha sopportato un calvario giudiziario durato oltre tre anni, trascorrendo sette mesi fra carcere e arresti domiciliari. Un tempo infinito prima che giungesse la sentenza di assoluzione con formula piena della Corte di Appello di Napoli, confermata in Cassazione.

Nessuna contestazione, invece, fu avanzata nei confronti dei pubblici ministeri che a quelle accuse credettero, senza condurre gli accertamenti che avrebbero evitato a Tortora l'arresto. 

Forse in pochi conoscono l’associazione senza fini di lucro denominata errorigiudiziari.com, la cui attività è testimoniata nell’omonimo sito internet. Creata da due giornalisti romani, Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone che da oltre 20 anni si occupano di errori giudiziari ed ingiusta detenzione, l’associazione dà voce alle vittime di un sistema giudiziario che troppo spesso, silenziosamente e nell’indifferenza dell’opinione pubblica, fa finire in carcere persone innocenti.

Tra chi subisce un vero e proprio errore giudiziario in senso stretto (quelle persone che, dopo essere state condannate con sentenza definitiva, vengono assolte in seguito a un processo di revisione) e le vittime di ingiusta detenzione (cioè coloro che subiscono una custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari, salvo poi venire assolte), dal 1992 ad oggi sono state più di 29.000 le vittime, con una  media costante di 1.000 all’anno.

Si parla di persone che si ritrovano coinvolte in vicende giudiziarie e che, conseguentemente, vedono le loro carriere andare in fumo, la reputazione svanita, spese insostenibili per pagare gli avvocati e conseguenze psicologiche devastanti.

Solo un accenno alla casistica degli ultimi due anni. La convivente lo ha denunciato per una violenza sessuale che lui in realtà non ha mai commesso: è solo una falsa accusa, al culmine di una crisi nel rapporto. 545 giorni di carcere. Condannato con sentenza definitiva, riesce a riaprire il caso solo grazie al test del Dna che nessuno aveva fatto in diciassette anni di processi.

A causa delle false accuse di un suo conoscente con cui aveva litigato, un uomo è stato costretto a 202 giorni di ingiusta detenzione come sospettato di essere l’autore di una rapina. Una donna è finita in carcere con l'accusa di detenzione di cocaina: l’avrebbe inchiodata una conversazione tra due uomini che parlano di qualcuno che ha il suo stesso nome. 270 giorni di carcere. Ma è un'altra persona.

Un cittadino innocente è  rimasto per 463 giorni in ingiusta detenzione, per la falsa denuncia di estorsione fatta da un ex amico, prima che un processo ne proclamasse l’assoluta estraneità ai fatti che gli venivano contestati. Oggi dichiara: «Quello che mi ha colpito è la velocità con cui sono stato fermato e immediatamente condotto in carcere. La galera ti segna. I ricordi non mi lasceranno mai».

Dal 2017 al 2020 sono costati quasi 180 milioni di euro i risarcimenti pagati dallo Stato come equa riparazione di errori giudiziari e detenzioni ingiuste. A fronte di questi dati, non sono invece molte le azioni disciplinari avviate nei confronti dei magistrati. Riporta il Sole 24 ore che la Corte dei Conti cita 13 azioni promosse nel 2017, 16 nel 2018 e 24 nel 2019.

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