Una rivoluzione culturale che parta dal linguaggio e dall’arte, dall’utilizzo accorto di parole ed espressioni volte non solo a ridurre la distanza fra i sessi, ma soprattutto a rivendicare l’importanza del ruolo attivo della donna all’interno della società, al di là delle strumentalizzazioni politiche.
Nella giornata dell’8 marzo 2022, questo rimane anche uno degli obbiettivi portati avanti dall’Osservatorio di Genere di Macerata, fondato nel 2011 e impegnato da sempre – non solo in virtù delle ricorrenze da calendario - nel promuovere gli studi, le ricerche, le pari opportunità e la cittadinanza attiva.
Attraverso progettazioni (anche europee), seminari, convegni e laboratori, l’associazione culturale vuole puntare soprattutto sulle nuove giovani generazioni, sensibilizzandole al tema della parità in tutte le sue formule – dal mondo del lavoro alla violenza di genere. Questo grazie anche alle varie collaborazioni e al sostegno di altre realtà associative della Provincia (e non solo).
“Non mi sento rappresentata dal mio Paese come vorrei – confessa Aurora Carassai, giovane artista e collaboratrice dell’ODG – e me ne sono accorta per la prima volta facendo i conti con le discriminazioni sul lavoro. Esiste ancora una mentalità retrograda: per questo è importante comunicare con le nuove generazioni non solo attraverso le parole, ma anche gli esempi di donne che hanno fatto e stanno facendo la differenza”.
“Abbiamo conquistato negli anni alcuni diritti – aggiunge Claudia Santoni, presidente dell’associazione - ma ci sono nuove battaglie da fare, soprattutto per i più giovani che oggi affrontano una realtà più complessa. Gli stereotipi ancora esistono nella nostra società, e spesso sono il frutto di vecchi pregiudizi culturali che partono direttamente dalle nostre famiglie”.
Aurora e Claudia. Due donne, due generazioni a confronto unite dalla stessa missione sociale.
Queste sono le loro testimonianze:
Intervenire sulle politiche di assunzione, sull’uguaglianza di genere e la sensibilizzazione delle aziende. Sono alcuni fra gli obiettivi previsti per il 2022 dalla Provincia di Macerata.
I dati raccolti attraverso INPS, COB, CPI e Osservatorio Regionale descrivono un quadro generale dell’occupazione femminile che ha risentito in maniera sensibile dei due anni di pandemia, soprattutto nei settori come commercio, ristorazione, turismo, intrattenimento, servizi alla persona.
Se nel 2020 il tasso di disoccupazione a livello regionale ha raggiunto il - 2,2%, la sua naturale conseguenza è l’aver prodotto il + 6,1% di inattività. Sono numeri che colpiscono prevalentemente le donne lavoratrici, che a fronte delle varie restrizioni Covid si sono viste costrette a rinunciare al proprio impiego, per lo più motivato dalle questioni di assistenza familiare – come figli-studenti in Dad e genitori disabili.
Nella provincia di Macerata la sofferenza in tal senso è stata minore grazie all’impiego degli ammortizzatori sociali, sebbene alla fine del 2021 i numeri abbiano evidenziato un tasso di disoccupazione per le donne del 56,7%, a fronte però di una possibilità di impiego che premia il possesso di un titolo di laurea (68% donne, 32% uomini).
“Sono dati stabili, per nostra fortuna – ha commentato Lambertucci, responsabile del centro per l'impiego di Civitanova – e che testimoniano la collaborazione continua fra le realtà del territorio. Le previsioni per il 2022 dovranno però tenere conto dell’inflazione e dell’aumento di costo delle materie prime, oggi legate direttamente agli sviluppi della crisi Ucraina. In questo senso, anche gli investimenti previsti con il PNRR rischiano di essere colpiti”.
“Il nostro obbiettivo principale – ha sottolineato Pantana, consigliera di Parità – è promuovere la collaborazione con le aziende del territorio, sensibilizzandole alla parità di genere per quel che riguarda assunzioni, formazione e sostegno alle famiglie. Sarà importante confrontarci soprattutto con il settore privato, dove molte donne temono di inserirsi per le difficoltà di iniziare una nuova attività e aprire la partita IVA. La mia speranza - ha concluso Pantana - è che entro il mese di settembre di possa realizzare un meeting provinciale per il rilancio dell’impiego femminile”.
Nuovi strumenti e misure per prevenire e contrastare la violenza di genere: anche in occasione dell'8 marzo - 'Giornata Internazionale della Donna' - la Questura di Macerata porterà all'attenzione della cittadinanza alcune delle nuove pratiche a sostegno delle vittime di molestie, abusi, stalking e minacce.
Uno stand della Divisione Anticrimine sarà presente nel pomeriggio di domani presso il Centro Commerciale Val di Chienti, dove gli interessati potranno rivolgersi direttamente alle forze dell'ordine per approfondire la tematica, in virtù della campagna di comunicazione 'Questo non è amore' valorizzata negli ultimi mesi attraverso la giornata del 25 novembre - Giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne - e il 14 febbraio, San Valentino.
"Approfittiamo dell'8 marzo - ha spiegato la Dirigente della Divisione Anticrimine, Patrizia Peroni - per testimoniare la presenza attiva delle forze di polizia a fianco di chi subisce violenza. Intendiamo valorizzare maggiormente la possibilità di presentare richiesta di ammonimento per atti persecutori al Questore, rispetto alla quale si procede anticipando denunce o querelle che ne rallenterebbero il processo di attuazione. Attraverso il controllo e la dissuasione, puntiamo non solo ad aiutare le vittime, ma anche a trattare sul piano psicologico gli stessi carnefici.
Inoltre, sarà importante incrementare gli strumenti di prevenzione come l'ammonimento d'ufficio per violenza domestica e la sorveglianza speciale, al fine di limitare il più possibile le azioni del soggetto pericoloso.
Nelle prossime settimane vogliamo realizzare un progetto sinergico con le altre questure del territorio - ha aggiunto Peroni -, aggiornare e formare al meglio il personale di lavoro, e portare avanti le iniziative di sensibilizzazione presso le scuole. Venerdì 11 marzo, ad esempio, saremo al teatro di Cingoli insieme dove uno dei licei della zona metterà in scena "Ferite a morte" di Serena Dandini, cui seguirà un nostro speech sulla violenza di genere".
Negli ultimi due anni di pandemia, i reati di genere commessi in Italia nel 2021 hanno raggiunto quota 83% (donne): 89 casi al giorno, per la maggior parte avvenuti all'interno delle mura domestiche per mano di coniuge, ex partner, e genitori. Il tasso di femminicidi, invece, super ail 70%, dove in 1 caso su 2 è stata utilizzata un'arma da taglio.
Intimista e riservata, ma con un profondo amore verso il mondo e le sue bellezze nascoste. Per Laura Acciarresi – classe 1982, nata e cresciuta a Corridonia - questi sono diventati nel tempo veri e propri valori. Trovando la loro massima espressione nell’arte figurativa.
Quadri, lavori su pelle, cornici: pittura e artigianato entrano a far parte della vita Laura all’età di 13 anni quando – ci racconta – riceve in regalo dalla nonna la prima valigetta di colori. Acquistata presso la bottega di Dante Lenzetti, suo futuro maestro e mentore.
Un destino quasi segnato, una storia semplice che nasconde “dietro la tela” un percorso fatto di ostacoli e difficoltà. La Laura 13enne, infatti, è una di quelle ragazze che a scuola viene bullizzata per il suo aspetto singolare – capelli rossi e lentiggini – e, soprattutto, per la sua sensibilità ed empatia ancora prive di un’espressione in grado di connetterla al mondo e alla società che la circonda.
Ecco che allora colori e pennelli diventano strumenti per combattere, uscire dal guscio e imparare a reagire ai momenti di buio e sconforto. Laura prende una decisione: lasciare la scuola e dedicarsi anima e corpo all’arte. E nel giro di poco tempo, arrivano le soddisfazioni, i lavori su commissione e i riconoscimenti a livello nazionale e internazionale.
Oggi tutta questa storia è contenuta ne “La Gioconda”, un atelier sito in via Garibaldi nel centro storico di Corridonia: un piccolo, grande laboratorio dove da venti anni Laura lavora, entra in contatto con altri artisti di tutto il mondo, organizza rassegne e permette a nuovi aspiranti artisti di esporre gratuitamente nella sua vetrina.
“È la prima volta che lascio entrare qui dentro le telecamere – confessa sorridendo Laura – perché questo è il mio mondo, e cerco di proteggerlo. Ma ho voluto ancora una volta mettermi alla prova: dimostrare a me stessa che oggi, dopo tanti anni, sono diventata davvero più coraggiosa”.
Questa è la storia di Laura, pittrice e creativa. Ma soprattutto, ragazza di cuore e passione che ha trovato grazie all'arte la sua personale capacità di resilienza.
Le conseguenze già discusse del "Decreto Ucraina" (leggi qui) – comprese quelle derivanti dalle sanzioni promosse dall’Ue – rischiano di pesare ancora di più sulla crisi energetica già in atto. Se la Russia chiudesse i rubinetti, come potrebbe sopperire il nostro Paese al 38% di gas naturale da cui dipende? E dove andrebbe presa l’energia per scongiurare il rischio di un collasso?
Tutta l’Italia per funzionare – abitazioni, riscaldamento, fabbriche, industrie, trasporti – ha bisogno di un quantitativo di energia che viene per il 20% circa dalle rinnovabili (la gran parte dall'idroelettrico), per il 33% circa dal petrolio e per il 40% circa da gas naturale. Più un 7% preso da altre fonti secondarie.
Nel 2020 gli italiani hanno consumato consumato circa 71 mld di Smc (metri cubi di gas naturale); di questi 66 mld sono importati dall’estero. Praticamente il 95% di gas naturale proviene da altri Paesi, e il restante 5% è prodotto direttamente in Italia. Le nostre maggiori importazioni vengono da Olanda e Norvegia (2,9%), Libia (4,2%), Azerbaijan (9,5%), Algeria (27,8%) e, soprattutto, Russia (38,2%). C’è poi il 13,1% che passa dal mare: il cosiddetto GNL o gas naturale liquefatto.
COSA ACCADREBBE SE LA SITUAZIONE IN EUROPA ORIENTALE DOVESSE PEGGIORARE?
Le rinnovabili sono da escludere del tutto. Non solo perché al momento non riuscirebbero a compensare adeguatamente il nostro fabbisogno energetico – soprattutto per industrie e trasporti pesanti -, ma anche perché i tempi di approvazione e messa in atto richiederebbero tempi estremamente lunghi. Con effetti visibili solo nel lungo termine.
E nemmeno il nucleare può essere considerato: un po’ per le stesse ragioni delle rinnovabili, e un po’ perché nel nostro Paese rimane ancora un argomento fortemente dibattuto. La necessità di soluzioni a breve termine riguardano l’incremento delle importazioni da altri paesi di gas naturale e GNL, la riapertura delle centrali a carbone e l’utilizzo di gas di stoccaggio.
Nel primo caso, però, bisognerebbe fare i conti con i Paesi dai quali già importiamo gas naturale in rapporto anche ai loro altri accordi commerciali - oltre che del loro personale fabbisogno. Sul fronte GNL, invece, sono gli Stati Uniti a rivestire un ruolo decisivo: a loro spetta infatti l’ultima parola sugli accordi con la Cina e con la regione del Qatar (secondo esportatore mondiale).
Con quest’ultima, in particolare, gli USA vantano accordi di "joint venture" – si pensi alle multinazionali americane che lì si trovano: "ExonMobil" e "ConocoPhilips" – per la gestione degli impianti di liquefazione situati nel polo petrolchimico di Ras Laffan. In più, l’amministrazione Biden dovrebbe persuadere Giappone e Corea del Sud a rinunciare a parte del loro GNL, in modo da dirottarlo verso l’Europa.
Infine, rispetto al gas dello stoccaggio – nove giacimenti in Italia* -, la compensazione sarebbe minima: solo 17 mld di Smc sui 75 mld di cui avremmo bisogno. Stesso discorso per le centrali a carbone – due di queste già riattivate a fine 2021 - poiché riuscirebbero a coprire solamente un 5% del fabbisogno energetico nazionale.
* Otto siti appartengono alla Stogit (gruppo Eni): Brugherio, Minerbio, Settala, Ripalta, Sergnano, Sabbioncello, Cortemaggiore, Fiume Treste (ex San Salvo). Mentre i giacimenti di Collalto (Treviso) e Cellino (Teramo) sono di proprietà dell'Edison
Fonte dati MISE (Ministero dello Sviluppo Economico)
Il Macerata Opera Festival 2022 è ufficialmente pronto a partire: presentato in conferenza stampa il programma di eventi – tra opera, cinema e repertorio sinfonico – che animerà l’estate marchigiana, dal 19 luglio al 21 agosto. Biglietteria per acquisti singoli e abbonamenti già dal 22 marzo.
Un cartellone di grande spessore, che partirà dalla "Tosca" di Puccini ai "Pagliacci" di Leoncavallo – corredati della partitura originale del "The Circus" di Charlie Chaplin – passando per la "Rapsodia Satanica" di Mascagni, il "Barbiere di Siviglia" di Rossini, fino ai grandi interpreti internazionali della musica classica (come Zubin Metha, Jan Lisiecki e Myung-Whun-Chung), della popular music (Toquinho). Senza dimenticare i giovani interpreti e gli omaggi ai celebri come John Williams (“Star Wars Suite”)
Ad intervenire presso l’Auditorium della Biblioteca “Mozzi Borgetti” sono stati il sindaco Sandro Parcaroli, il sovrintendente Luciano Messi, il nuovo direttore artistico Paolo Pinamonti - accompagnato dalla presenza dell’illustre maestro (e per l’occasione direttore musicale del festival) Donato Renzetti -, e il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli. In collegamento anche l’assessore regionale alla cultura Giorgia Latini.
“Un festival nuovo e polivoco – ha affermato Pinamonti – nel quale vogliamo unire classico e contemporaneo, grazie anche ai giovani musicisti. Sfortunatamente, il dramma dell’Ucraina ci costringe a rinunciare alla presenza del maestro Valerij Abisalovič Gergiev e all’ Orchestra sinfonica del teatro Mariinskij. Sarebbe dovuta essere loro la chiusura della rassegna”.
A far la differenza – come testimoniato anche dalla stessa decisione presa dalla Scala di Milano nei giorni scorsi – è stata la “vicinanza” di Gergiev al presidente russo Putin, di cui non ha voluto condannare la scelta di invadere la nazione ucraina.
“Per me tornare a Macerata è un piacere – ha aggiunto il maestro Renzetti – perché ho un rapporto straordinario con le Marche. Voglio mettere a disposizione il mio ricco bagaglio di esperienza, senza ambizione alcuna: solo per amore della musica, che per me non ha colore politico”.
“Lo Sferisterio rappresenta una delle grandi eccellenze della regione – ha dichiarato Acquaroli – ed è importante quello che stiamo facendo oggi per ottenere un grande riconoscimento sia a livello nazionale, sia internazionale”. Sulla questione Ucraina, invece: “Ci stiamo coordinando con tutte le realtà regionali per l’eventuale accoglienza dei profughi. Nessuno immaginava un dramma del genere alle porte dell’Europa, ma ovviamente noi non possiamo esprimere un’opinione a riguardo”.
L’ultimo messaggio è del sovrintendente Messi. “Da oggi, con il Macerata Opera Festival, rinsaldiamo ed espandiamo la rete di collaborazioni fra istituzioni, mecenate, sponsor, associazioni, che ha reso il nostro Sferisterio un punto di riferimento culturale. Nei prossimi giorni cominceremo, inoltre, a sviluppare anche quelli che saranno i percorsi formativi per i giovani, con il sostegno di scuole e università.
“Abbiamo bisogno del nostro pubblico – ha concluso Messi – che è sempre stato presente anche nei momenti più difficili. Confermateci anche quest’anno la vostra vicinanza e presenza”.
Il Covid-19 ha fatto emergere le fragilità umane di tutti noi, portando non solo a rinchiuderci nelle nostre case, ma anche nel nostro individualismo. E oggi, nel nostro Paese, rilanciare il senso di comunità dopo due anni così difficili sembra essere prerogativa dell’arte e della cultura, e quindi di chi ha il compito di amministrarle.
Ne è convinta l’assessore alla Cultura di Macerata e – da dicembre 2021 – presidente del Consorzio Marche Katiuscia Cassetta, che al di là degli ostacoli quasi congeniti della “cultura nostrana” non ha smesso di lavorare – con il sostegno della Regione Marche, delle varie associazioni territoriali e collaboratori – e di promuovere l’arte in tutte le sue forme come strumento principe per uscire dalla “pandemia sociale”.
La città di Macerata, in tal senso, può tornare ad essere autentica protagonista nel panorama della cultura non solo regionale, ma anche nazionale. Con l’allentamento delle restrizioni, aumentano gradualmente le iniziative – fra musei, sale espositive, rassegne musicali - che nella prossima stagione primavera-estate promettono di regalare piacere e soddisfazione ad artisti, addetti ai lavori, residenti e turisti. Dalla mostra dedicata a Wladimiro Tulli a Palazzo Ricci al Macerata Opera Festival e Musicultura 2022.
“Il messaggio più importante che mi sento di dare a tutti i marchigiani – dice Cassetta – è lavorare insieme a noi dell'amministrazione comunale e regionale: siate propositivi, faciamo rete, sosteneteci e partecipate in maniera attiva con idee, suggerimenti. Solo così torneremo ad essere una comunità e a restituire alla nostra cultura il suo autentico valore”.
Di seguito, il servizio:
Dopo quasi sette giorni di conflitti – iniziati il 24 febbraio 2022 con l’invasione delle truppe russe – anche nel cuore di Macerata si rincorrono pareri e riflessioni su quanto sta accadendo in questo drammatico momento storico nell'Europa Orientale.
Alla luce del numero di vittime finora raggiunto (circa 5mila) e dei profughi in fuga dal conflitto (in Italia se ne attendono almeno 200mila), in molti hanno seguito in questi giorni gli sviluppi della crisi Ucraina, provando a immaginare quelli che potrebbero essere gli scenari futuri al di là dei negoziati.
Secondo l’ultimo Termometro Politico, su 3100 intervistati il 32% ha dichiarato che “La situazione non ci riguarda” (leggi qui), il 27,5% è a favore delle sanzioni Ue (leggi qui), mentre il16% teme le ripercussioni sul caro-energia (leggi qui). Fra i maceratesi, nel frattempo, continuano a nascere domande che testimoniano di fatto una grande vicinanza al popolo ucraino e il rifiuto sincero verso ogni tipo di guerra.
"Sono profondamente disgustato" – afferma un cittadino. “"Perché l'Italia e l'Ue non stanno facendo quello che serve per riportare la pace?" – si chiede una giovane studentessa di UniMc. E più di tutte, da parte di molti residenti del centro storico: “Come si fa nel 2022 a parlare ancora di guerre?” Di seguito, il servizio:
La guerra è la priorità. La svolta ecologica può aspettare. Potrebbe essere riassunto così l’ultimo intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi, chiamato in queste ore a rendere ufficiale il decreto legge del 25 febbraio 2022.
L’Italia si unisce, così, agli Stati maggiori dell’Ue nel voler fornire il proprio supporto bellico e aiuti umanitari al popolo ucraino. A sua volta, in attesa di conoscere l’esito dei negoziati guidati dalla compagine di Putin al grido di “smilitarizzazione e de-nazificazione”.
Nel frattempo, l’Occidente prova a correre ai ripari anche sul fronte “caro-energia”. In questo senso, il premier Draghi ha descritto quella che sarà la norma aggiuntiva allo stesso decreto legge di cui sopra: si parla di una “maggiore flessibilità nell'uso delle diverse sorgenti di energia elettrica del Paese”.
Detto altrimenti, l’Italia si appresta a mettere da parte i piani sulla transizione ecologica e a riaprire le centrali a carbone presenti sul territorio, nel tentativo di calmierare – almeno per ora – il prezzo dell’energia (leggi qui). Un misura necessaria - come ha voluto sottolineare Palazzo Chigi -, dato che i rubinetti del gas provenienti dalla Russia sono stati chiusi in questi giorni a seguito delle sanzioni mosse dall’Ue (leggi qui).
Si tratta di impianti, però, che di per sé coprono solo per il 15% del fabbisogno energetico nazionale. Cinque di questi sono di Enel, altri due rispettivamente di A2A (Milano) e Eph (Rep. Ceca). Sette centrali, in tutto, distribuite nelle città di La Spezia (Liguria), Torrevaldaliga (Lazio), Fiume Santo e Portoscuso (Sardegna), Fusina (Veneto) e Montefalcone (Friuli Venezia Giulia).
Per citare un dato ulteriore, nel 2021 la produzione di questi impianti ha coperto a malapena il 4,9% del fabbisogno nazionale. Ma ad oggi è giusto supporre che l’obbiettivo di eliminare entro il 2025 il carbone come fonte energetica non verrà centrato come da programma.
Insomma, in Italia il “green” dovrà ancora aspettare, non si sa bene quanto. Tutto dipende da quando le armi – finalmente – taceranno sul fronte dell’Europa Orientale.
È attesa per oggi pomeriggio la comunicazione ufficiale da parte del premier Mario Draghi, in virtù dell'ultimo d.l. 25 febbraio 2022, n. 14. in materia di "Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina". Dopo Germania, Belgio, Olanda, Francia e Gran Bretagna, anche l'Italia si appresta dunque ad inviare il proprio materiale bellico a sostegno dell'esercito di Kiev (e non solo) che in queste ore cerca di tenere duro sul fronte della resistenza invocata a più riprese dal presidente Volodymyr Zelensky.
Armi anticarro e missili stinger: la scelta da parte di Draghi di voler perseguire la linea europea sta nell'atto simbolico - da parte degli stati membri dell'Ue - di testimoniare una unità forte e decisa, smontando così i tentativi di Putin nel metterla in discussione, facendo leva sugli accordi economici.
Va da sé che, spostando l'attenzione proprio da questa prospettiva, Palazzo Chigi vorrebbe nel frattempo provare mitigare le tensioni fra Stati Uniti e Russia. Fra chi, nei suoi discorsi, apre alla prospettiva di una Terza Guerra Mondiale, e chi - per dare una svolta all'invasione militare - ha da poco attivato il "sistema di allerta nucleare" come carta vincente da giocare sul tavolo dei negoziati.
Soprattutto se si pensa che una volta che bloccati i canali di Polonia e Romania, né risentirà - in negativo - anche il traffico di armi e profughi. E la situazione, a quel punto, potrebbe ulteriormente peggiorare.
In questa situazione, però, l'Italia può solo fare la voce piccola, dato che sta già cominciando a pagare le spese ("salate") di quel 40% di dipendenza dal territorio russo, dal punto di vista energetico. Timida, infatti, è stata la voce dello stesso Draghi rispetto alle sanzioni finora adottate dall'Ue - fra cui il blocco del sistema bancario Swift.
L'unica speranza, a questo punto, è quella di uno stop allo scambio di minacce da parte dei due blocchi mondiali, giocate ormai tanto sul piano economico quanto su quello militare. L'Italia, complice la propria negligenza, non può permettersi di resistere a lungo in una stasi geopolitica che rischia di svuotarle le tasche più di quanto non stia già facendo (Leggi qui).
Nell’ultima conferenza stampa, il Consiglio dei Ministri presieduto da Mario Draghi si è espresso condannando nuovamente le azioni del Cremlino nei confronti dell’Ucraina e assicurando che il nostro Paese sa già come reagire all’impatto economico che l’attuale crisi geopolitica avrebbe sulle tasche degli italiani per via del ‘caro bollette’.
La soluzione prospettata per il rincaro dell'energia? Maggiori investimenti nelle rinnovabili, per rendere l’Italia un paese più autonomo entro il breve termine.
Di fatto, però, le argomentazioni del premier non reggono. Consideriamo i tre assiomi principali sui quali queste si basano e che abbiamo già citato: il triangolo Ucraina, Russia e Ue, le sanzioni economiche, l’incremento degli investimenti nelle rinnovabili.
Draghi, nel suo appello, esordisce dicendo “l’Ucraina è un paese europeo”. No. L’Ucraina, almeno per ora, rimane uno Stato indipendente, conteso per ragioni di mercato dai due blocchi mondiali USA e Russia.
Quest'ultima, forte dell’esperienza pregressa della Crimea, era tornata già nei primi anni 2010 ad esercitare le sue pressioni. Nella fattispecie, di fronte alla proposta dell’Ue di un “accordo di associazione” – volto a favorire l’annessione dell’Ucraina con la formula del libero scambio – il Cremlino rilanciò alla fine del 2013 con l’Unione doganale. In caso di rifiuto, l’Ucraina si sarebbe vista chiudere i rubinetti del gas e i rapporti commerciali per i quali già dipendeva per un terzo dall'ex Unione Sovietica. I primi segnali, infatti, furono lo stop delle importazioni di acciaio, cioccolato e diversi altri prodotti.
Risultato: l’allora presidente ucraino Viktor Janukovyč fu costretto a cedere, e la scelta favorì ulteriormente i rapporti commerciali fra Kiev e Mosca, oltre alla graduale ascesa dei collaborazionisti filo-russi. Uno schema sostenuto anche dallo strumento della "battaglia mediatica" che – si pensi alla strage di Odessa del 2014 – alimentò la retorica politica attraverso l'utilizzo improprio di espressioni come “genocidio del popolo russo”.
La stessa formula di cui Putin si è servito negli ultimi giorni per giustificare l’inizio dell’operazione militare speciale. "Per liberare i popoli di etnia russa dal governo Zelensky".
Per quanto riguarda, invece, le famose sanzioni minacciate dall’Ue nei confronti di Mosca, anche qui il discorso non regge. La loro utilità, infatti, è già da tempo messa in discussione dalla presenza all'interno del mercato mondiale dei cosiddetti “cavalieri neri”. Si tratta di tutti quegli stati e imprenditori che, nonostante i provvedimenti, continuano ad avere rapporti commerciali con il paese sanzionato.
Non solo. Le sanzioni oggi sono l’espediente migliore per condurre una guerra senza doverla combattere, ma funzionano di fatto solamente in un paese democratico. Cioè, laddove una stampa e un’opposizione libera siano in grado di fare pressione sul proprio governo affinché cambino le azioni politiche in corso. Ragionamento che, quindi, non vale in un paese dove vige un regime autarchico, o comunque una dittatura.
Piuttosto, queste "multe" finirebbero con il colpire solamente le fasce più deboli della popolazione, con il risultato di impoverirla. E questa, per sentirsi al sicuro, non farà che stringersi ancora di più attorno alla figura politica da cui è governata. Poiché è l’unica a garantire in quel momento storico il minimo del sostentamento per sopravvivere.
In ultimo, l’auspicio del presidente Draghi è di "mettere in campo quasi 8 miliardi di cui 6 per l'energia, senza rincorrere a nuovi scostamenti, e utilizzando i margini di crescita e finanza pubblica ottenuti nel 2021". Questo per sopperire al ‘caro bollette’ e, quindi, agli effetti che il rincaro dell’energia avrebbe nei prossimi mesi sulle finanze degli italiani. Il problema è che questi 8 miliardi non si sa ancora da dove verranno pescati. Soprattutto alla luce del fatto che il fabbisogno energetico dell’Italia dipende per tre quarti dalle importazioni. Comprese le rinnovabili.
Non serve, in questo senso, nemmeno appellarsi a una maggiore importazione del GNL (gas naturale liquefatto) che, sebbene proveniente dagli Stati Uniti, è soggetto agli accordi fra questi e la Cina. A sua volta legata, come si sa, alla Russia - che peraltro in queste ore funge da àncora di salvezza rispetto alle sanzioni dell'Ue.
Persino le argomentazioni addotte in contemporanea dai ministri Cingolani e Giorgetti, se ben viste, non fanno ben sperare in questa “pezza” del Governo buona solo sulla carta. Gli interventi per accelerare la costruzione di impianti fotovoltaici, eolici, geotermici e produrre da sé gas naturale dovranno tenere conto dei costi e, quindi, degli investimenti da effettuare, oltre che della risposta che daranno le singole regioni a livello legislativo e di impatto ambientale.
E in merito a un ipotetico miglioramento delle esportazioni nostrane, anche qui bisognerà vedere come gli “Stati che contano sul mercato” risponderanno,alla luce dei nuovi, inevitabili accordi commerciali. Nulla di quanto discusso, insomma, potrà essere di fatto attuato nel breve termine, come il nostro governo. L’unica certezza è che persino l’attesa avrà un costo salato per gli italiani.
Macerata ha raccolto l'appello. L'Italia, c'è. Più di duecento persone hanno preso parte oggi alla manifestazione che si è tenuta in Piazza Cesare Battisti - in pieno centro storico - per gridare "stop alla guerra in Ucraina".
Presenti nel sostenere la comunità ucraina anche i rappresentanti dei sindacati CGIL, CISL e UIL, movimenti studenteschi della Provincia e varie altre associazioni come Libera, Emergency e Amnesty.Una manifestazione pacifica, iniziata in perfetto orario come da programma (h.11). Sulle note amplificate di "Imagine" di John Lennon - e sotto un'inaspettata nevicata, giunta come fosse un "segno del cielo" -, tutti i partecipanti si sono stretti (anche attraverso i social) attorno al popolo ucraino. Per provare a credere insieme a un "domani di pace", senza più guerre.
A scandire l'evento sono stati vari interventi e appelli delle associazioni, poesie e slogan, adesioni che giungevano in tempo reale.
"Vi prego, aiutateci - grida una delle tante donne della comunità ucraina presente nelle Marche - I miei genitori e il mio nipotino sono a Kiev e hanno paura. Si nascondono, hanno fame, vogliono fuggire via da lì. Abbiamo bisogno del vostro aiuto".Di seguito FOTO e VIDEO della diretta:
La Russia di Putin ha dato il via all’invasione dell’Ucraina con i primi bombardamenti. Un'operazione militare speciale – così come l’ha definita il leader del Cremlino – volta a proteggere i separatisti del Donbass. Ma che nel frattempo ha già scatenato le reazioni dell’UE, intenzionata a riccorere a pesantissime sanzioni economiche.
Ma a chi convengono queste sanzioni? Non all’Italia, che ad oggi è costretta a compensare tre quarti del proprio fabbisogno energetico con le importazioni – e solo il 20% fornito dalle rinnovabili. Sintomo di una forte dipendenza dall’estero e dai combustibili fossili come petrolio, carbone e gas naturale.
Il rischio maggiore per gli italiani, dopo gli ultimi sviluppi della situazione geopolitica a Oriente, è di riuscire a usufruire del Decreto Bollette 2022 solo per poco tempo, poiché a fare la differenza sarrano i futuri accordi commerciali tra gli Stati più forti.
Non solo: secondo le ultime dichiarazioni del ministro dell’Economia Daniele Franco, le nuove impennate sui prezzi dell’energia potrebbero avere serie conseguenze anche sull’applicazione del Pnrr.
Quanto peserà, dunque, il 'caro bollette' nelle finanze di famiglie e imprese italiane nelle prossime settimane? Dipende dalla sorte dei prezzi all’ingrosso nel mercato energetico, che nell’ultimo trimestre (ottobre-dicembre 2021) ha segnato un aumento delle spese del +55% per l’elettricità e del 41,8% per il gas naturale. Con l'assenza dei bonus sociali.
Ciò è giustificato dalla forte crescita subita dalle quotazioni internazionali rispetto alle materie prime. Detto altrimenti, nel 2021 il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica è arrivato a un +400%, quello del gas naturale a un +500%. Se fino al 2020 la spesa per famiglie e aziende era di 30 euro al MWh, a fine 2021 si è arrivati a 180euro al MWh.
L’ultimo Decreto Bollette varato dal governo per fornire agevolazioni e crediti d’imposta dovrebbe rappresentare di per sé una garanzia, una sorta di 'botte di ferro'. Ma il rischio di scontrarsi con un nuovo quadro geopolitico mondiale rimette in discussione ogni aspettativa. Soprattutto se si considera che l’Italia importa quasi il 40% del gas naturale necessario al proprio fabbisogno direttamente dalla Russia. Per conto proprio, riesce a produrne solo il 4,4%, più il 13,1% di GNL.
Nel frattempo, gli Stati Uniti, la Cina, la Germania, la Francia (i paesi con il maggior peso nel mercato energetico, oltre alla Russia) continueranno a stabilire le regole del gioco e della concorrenza. L’Italia invece, in mancanza di azioni volte a una maggiore autosufficienza produttiva, può solamente restare a guardare e aspettare.
(dati ARERA - Autorità di regolazione per energia reti e ambiente)
Le truppe russe avanzano verso Kiev, le soluzioni diplomatiche tra Putin e l’Occidente sono sempre meno, l’Italia resta a guardare. La guerra è ormai alle porte, con i primi bombardamenti in corso. E con essa, sono in arrivo anche le probabili conseguenze che questa avrà sugli accordi commerciali rimasti validi fino ad oggi tra il nostro Paese, l’America e la Russia. Oltre al costo umano, s'intende.
A essere a rischio per il futuro non è solamente la fornitura di gas naturale dall'estero – per la quale le tasche degli italiani stanno già pesantemente pagando con il ‘caro bollette’ - ma anche l’approvvigionamento del grano che metterebbe in crisi gli allevamenti e la produzione nostrana di pane, pasta e derivati.
Non tutte le aziende italiane, però, sono impreparate al peggio. Nelle Marche, ad esempio, il fattore 'eccellenza' è spesso sinonimo di scelte imprenditoriali sagge. E che hanno poco a che vedere con l’iper-produttività e il mero profitto.
È il caso de La Campofilone, pastificio operante nella provincia di Fermo - simbolo di tradizione e artigianato – e del suo patron Enzo Rossi, che ci ha spiegato come la sua azienda si prepari a reagire a un peggioramento della “questione-Ucraina”.
Che idea si è fatto di quello che sta succedendo in questo momento storico? Mi dispiace tanto, soprattutto per le popolazioni locali. Sul fronte del mercato mi sento tranquillo: la nostra azienda è strutturata per auto-rifornirsi sia di energia e sia di grano e uova. Abbiamo una filiera circolare, ci produciamo tutto da soli.
Cosa dovrebbero fare imprese come la vostra? Dovremmo tornare a proteggerci e tutelarci come facevano i nostri nonni, quando preventivamente a una crisi mondiale si riempivano la dispensa e la legnaia. Oggi parliamo di cibo, corrente e gas. L’obbiettivo è quello di servirci sempre di più delle energie rinnovabili. Con giudizio, s’intende.
In che senso? Per produrre energia noi ci serviamo di acqua, aria, sole e scarti del legname. Vogliamo essere autosufficienti, ma si tratta di una forte presa di posizione. Ad oggi abbiamo usato e abusato dell’energia fornitaci da altri paesi. Siamo diventati dei bravi consumatori, spreconi. Dobbiamo imparare ad essere più parsimoniosi e a distribuire energia a chi non ne ha.
Quindi siete riusciti anche sopperire al ‘caro bollette’? Abbiamo bloccato per due anni l’energia elettrica, ottimizzato i nostri macchinari e ridotto i consumi al 32% aumentando contemporaneamente del 50% la produzione. Si può fare: basta fare qualche investimento più saggio e le giuste modifiche.
L’investimento nelle rinnovabili quando è cominciato? Negli ultimi anni, riducendo del 60% il consumo di energia elettrica. Abbiamo poi sostituito il tutto con gas e pannelli solari. Inoltre, avendo vasti terreni, puntiamo anche al recupero dei gas prodotti dalle potature stagionali.
Cosa vi ha convinto a intraprendere questa scelta? Io ho 57 anni e ho capito che l’egoismo va messo da parte. Gli arricchimenti personali vanno ridotti e gli investimenti devono poter migliorare i consumi e abbattere gli sprechi.
Basta con l’imprenditoria che pensa solo al profitto. Non entro nel merito delle scelte altrui, ma senz’altro occorre farsi un esame di coscienza.
Quindi non importate nulla dall’estero? Nel 2021 abbiamo prodotto il 140% di grano, e venduti ben 900 quintali. Tutto “made in Valdaso”. Ci vuole sacrificio, ma è il prezzo da pagare se vogliamo diventare veramente autosufficienti senza più impattare sull’ambiente.
Per quanto la percezione reale di un possibile conflitto tra Russia e Occidente possa essere relativo, esistono varie ragioni per cui ci si dovrebbe cominciare a preoccupare seriamente della crisi in Ucraina e dei suoi prossimi sviluppi. Soprattutto perché, nell’ipotesi peggiore, a rimetterci saranno soprattutto le tasche degli italiani.
Le conseguenze di un peggioramento dei rapporti fra Putin e l’Ue avrebbero, infatti, un grave impatto sull’economia nostrana, che molto dipende tanto da Kiev quanto dal Cremlino. Ad aggiungersi ci sarebbero anche le sanzioni “minacciate” dal presidente Ursula von der Leyen e - in maniera più timida - dallo stesso Mario Draghi. Sanzioni che, a conti fatti, farebbero solo male a noi.
Basti considerare che la Russia possiede alcune delle più grandi riserve mondiali di gas naturale e fornisce dal 1968 (ovvero 50 anni) l‘Europa occidentale e il nostro Paese. Più precisamente, il nostro primo fornitore è il colosso pubblico Gazprom, proprietario del gasdotto da 11 mld di dollari "Nord Stream 2". Lo stesso che nelle ultime ore la Germania ha ben pensato di chiudere – come sorta di “avvertimento” - dopo che Putin ha voluto riconoscere l’indipendenza delle repubbliche separatiste del Donetsk e del Luhansk, oltre che del Donbass.
Il problema è che, già all’alba della crisi Ucraina a fine gennaio, la fornitura di gas metano dalla Russia all’Italia era scesa del 43%, con conseguente impennata dei prezzi dell’energia e che ad oggi le famiglie italiane conoscono meglio come “caro bollette”.
Non solo. Le nostre regioni – comprese le Marche – sono al primo posto in Europa per importazione di gas naturale: circa il 42,5%, a differenza ad esempio di Germania (26%) e Francia (17%). Il prezzo da pagare per essere in ritardo sulle energie rinnovabili rispetto ai cugini d’oltralpe. Soprattutto perché ad aggiungersi ci sono anche i circa 2 miliardi di spesa import per i prodotti siderurgici.
E il paese principale dal quale dipendiamo per la fornitura di gas – dopo Azerbaijan (2%), Africa (5%), Paesi Bassi (5%) e Norvegia (19%) - è ancora una volta la Russia: circa il 30%, di cui il 26% passa direttamente dall’Ucraina. E non è ancora l’ultimo dei motivi per cui l’Italia non può permettersi una guerra mondiale – comunque la si guardi.
L’ultima analisi di Coldiretti ha evidenziato come, nelle ultime ore, siano volate anche le quotazioni internazionali del grano: + 5% in una settimana. Un dato pesante, visto che dalla sola Ucraina (già al terzo posto a livello mondiale come esportatore) noi ne importiamo annualmente 120 mln, più altri 100 dalla Russia (che da sola copre circa 1/3 del commercio mondiale).
Il tutto per sopperire a un Made in Italy che, di suo, copre a malapena il 36% della produzione. Un altro settore nel quale il nostro Paese si dimostra ancora una volta deficitario.
Uno scenario economico drammatico, che nei prossimi giorni potrebbe persino peggiorare e costarci più di 40 mld di euro. Tutto dipende da come l’Ue deciderà di contrastare l’avanzata del Cremlino, deciso a compiere nuove azioni con l’intento conclamato di voler sgretolare la Nato.
Insomma, l’ennesima guerra geopolitica combattuta – più che dai soldati sul campo – dalle Potenze Mondiali a colpi di prezzi, forniture e accordi.
Una giornata nel segno della ricerca scientifica e del futuro. Unicam ha aperto ufficialmente il suo 686° anno accademico, con una celebrazione tenutasi presso l’Auditorium Benedetto XIII alla presenza del Rettore Claudio Pettinari e delle varie autorità - fra cui l'Arma dei Carbinieri e il presidente della Provincia Sandro Parcaroli -, oltre che degli studenti collegati via streaming.
Dopo l’ingresso sul palco dei maggiori rappresentanti dell’ateneo sulle note di “Apri tutte le porte” (Gianni Morandi), sono del presidente della CRUI Ferruccio Resta – in collegamento telematico – le prime parole di merito nei confronti dell’Università.
“Unicam è il simbolo di continuità e stabilità di cui abbiammo bisogno in questo momento – ha dichiarato Resta – e per il futuro è importante lavorare tutti assieme per eliminare le diseguaglianze di genere e avviare uno sviluppo sostenibile anche a livello internazionale”.
“Bisogna alimentare il dialogo fra studenti e docenti, i legami umani sono importanti per crescere” – ha sottolineato Yari Ferroni, giovane presidente del Consiglio Studenti, citando per l’occasione uno dei racconti più esemplari e attinenti di Primo Levi: ‘Storia di un atomo di Carbonio”.
A ribadire l’importanza delle donne all’interno di scienza e ricerca è Irene Pisani, Rappresentante del personale tecnico amministrativo. Concetto ribadito anche dal Direttore generale Andrea Braschi, che ha aggiunto: “Tutto si basa sui rapporti umani: siamo persone, non risorse o semplici numeri. La cosa più importante è non lasciare nessuno indietro, piuttosto aiutarlo”.
Con l’intervento a seguire del Rettore Pettinari, Unicam ripercorre quelli che sono stati i grandi obbiettivi centrati soprattutto negli ultimi due anni di pandemia, con l’auspicio di raggiungere nuovi traguardi già predefiniti grazie anche a quello che sarà il sostegno fornito dal Pnrr.
“La migliore espressione che riassume il lavoro di tutti noi è #Universitas: un connubio di tradizione e modernità. L’Università di Camerino è ormai una realtà riconosciuta sia in Italia che all’Estero – fra le prime strutture per efficienza e opportunità – e anche a dispetto delle difficoltà legate a sisma e panndemia abbiamo continuato ad agire in nome della parità di genere, dell’uguaglianza sociale e dello sviluppo sostenibile. La nostra strategia per il futuro si regge su quattro pilastri fondamentali: ambiente ed energia, salute e benessere, cultura e società, diritti e tecnologie”.
Dopo un altro video collegamento, stavolta da parte della Ministra Elena Bonetti – assente causa convocazione da parte del presidente Draghi – è con la lectio magistralis della Senatrice e biologa Elena Cattaneo - cui il rettore ha voluto conferire anche una targa la merito - che gli studenti e tutte le maestranze hanno potuto salutare il nuovo anno accademico con la giusta forza e ispirazione.
Esemplari gli esempi riferiti alla neurologa Rita Levi Montalcini, alla biochimica Katalin Karikò, allo studente accademico Giulio Regeni e alle donne carraresi che disobbedirono ai tedeschi nel 1944.
“Mi avvalgo delle loro storie – ha spiegato Cattaneo alla platea dell’auditorium – per ricordare a tutti noi quanto metodo scientifico e libertà siano fondamentali. Il fallimento fa parte della natura umana, ed è così che si mettono alla prova le idee di ciascuno, che devono sempre e comunque essere volte a migliorare la nostra società.
L’Italia è un paese pieno di contraddizioni e spesso ostacola il lavoro di scienziati e ricercatori. Agli studenti dico: abbiate il coraggio di ribellarvi, di indignarvi. La libertà è un valore fondamentale e va difeso se si vogliono raggiungere grandi risultati. E scrollatevi di dosso le difficoltà – citando Levi Montalcini – come acqua sulle ali di un’anatra”.
Di seguito, il servizio:
“Inammissibile”. Con questa espressione il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha voluto bocciare il referendum sull’eutanasia legale. Si temeva una depenalizzazione totale del reato di ‘omicidio del consenziente’. Detto altrimenti, in caso di approvazione “si sarebbe aperta la strada all’immunità penale - sostiene Amato - per chiunque uccida qualcun altro con il consenso di quel qualcun altro, sia questo malato oppure no, che soffra oppure no”.
Argomentazioni lapidarie e incontrovertibili, che vorrebbero far credere a un qualche inganno nascosto fra le righe del referendum, e magari sfuggito agli 1,2 milioni di cittadini italiani che lo hanno sottoscritto. Argomentazioni sulle quali il leader del Popolo della Famiglia Mario Adinolfi non ha potuto che compiacersi, oltre che della débâcle in sé subita dai pro-eutanasia.
Eppure, prendendo in esame il famigerato art. 579 del Codice Penale, il comma 3 recita: “Si applicano le disposizioni relative all’omicidio (art.575-577) se il fatto è commesso: contro una persona minore degli anni diciotto; contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno”.
Dunque, tutta una serie di casi che non rientrano nei parametri stabiliti della “buona morte” promosso in primis da Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.
Inoltre, la cosiddetta “completa depenalizzazione dell’omicidio consenziente” addotta da Amato non sarebbe nemmeno possibile. La normativa, infatti, gode della vigenza della legge 219/2017 - secondo cui il consenso del richiedente deve rispondere alle caratteristiche nell’ambito di un percorso di fine vita – e della sentenza della Corte costituzionale 242/2019 - che individua le circostanze per le quali si possa legittimamente chiedere la morte volontaria.
Strafalcioni e falsità, quelle del presidente Amato. Oggi si parlerebbe di “fake news”, di manipolazione della realtà, di discorso puramente politico. Si tratta di un errore di giudizio o di autentica malafede nei confronti del quesito referendario, considerando che la Corte Costituzionale ne avrebbe anche “rivisitato i titoli a livello interpretativo”?
Una cosa è certa: l’abrogazione, seppur parziale, del referendum sull’eutanasia legale – insieme a quello sulla cannabis – segna di fatto una dura sconfitta per la volontà popolare.
E un’altra occasione persa per la nostra democrazia, dato che i governanti hanno preferito voltarsi ancora una volta dall’altra parte, lasciando piuttosto che la Corte Costituzionale accogliesse senza indugio i quattro quesiti meno influenti relativi alla giustizia. Annullamento delle disposizioni in materia di incandidabilità, limitazione delle misure cautelari, la separazione delle funzioni dei magistrati e l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati Csm. Misure che non renderanno la giustizia più efficiente, ma piuttosto più controllabile e asservita.
A questo punto bisognerebbe domandarsi: è da ritenersi buono un governo che tollera le manifestazioni non autorizzate dei no vax (fra i principali artefici della vaccinazione rallentata), e poi non esita a manganellare gli studenti, rei di voler rivendicare un futuro migliore?
Un governo che si professa garante di un Paese democratico, ma di fatto priva chi soffre della possibilità di avere uno straccio di controllo sulla propria morte?
E in ultimo, è sano un Paese politicamente fermo e il cui governo guarda al futuro solo in termini di produttività, senza considerare adeguatamente le possibilità di una nuova stagione di crescita umana e culturale?
La quarta dose si farà. A confermarlo è l'Agenzia italiana del farmaco, che si è espressa in favore di Pfizer o Moderna. Con una nota inviata al Ministero della Salute, la commissione tecnico scientifica dell'Aifa ha evidenziato la necessità di ricorrere al doppio booster per soggetti gravemente immunodepressi.
Alla base della decisione, ci sarebbe la risposta bassa alla terza dose dei pazienti con patologie immuno-degenerative. Già nel mese di gennaio 2022, l’immunologo e divulgatore scientifico prof. Alberto Mantovani aveva dichiarato: «Per i pazienti fragili non responsivi, si pone il problema di una quarta dose, da valutare in un contesto di ricerca rigorosa e in relazione al trattamento poiché alcune terapie interferiscono con una corretta immunizzazione».
Resta ancora da capire se sarà necessario anche per il resto della popolazione – ancora coinvolta nella campagna per la terza dose – ricorrere a un ulteriore richiamo nell’arco di 4 mesi o a cadenza annuale. A seguito dei dati raccolti due mesi fa sugli effetti del secondo booster in Israele – primo Paese al mondo ad aver adottato la soluzione per operatori sanitari, over 60 e fragili – è emerso che la protezione fornita da una quarta dose aumenterebbe ulteriormente i livello degli anticorpi, ma senza fornire sufficiente protezione contro i contagi da variante Omicron.
«Non servirà la quarta dose di vaccino anti Covid, ma piuttosto un richiamo che auspichiamo annuale e con il quale dovremo fraternizzare» - aveva dichiarato a inizio febbraio il direttore generale di Aifa Nicola Magrini - Il dato con cui erano registrati i vaccini era del 95% di efficacia e questo dato è stato confermato, in molti Paesi, nel primo trimestre di uso reale. Poi c’è stata una graduale e lenta perdita di efficacia nel secondo trimestre che ha portato quindi alla dose booster, anche in presenza di una variante su cui il vaccino aveva perso efficacia. A livello globale la comunità scientifica ha concordemente visto lo straordinario beneficio dei vaccini».
«Per le persone gravemente immunocompromesse che ricevono una serie primaria di tre dosi di vaccino a mRna, una quarta dose è già raccomandata» - aveva affermato gennaio il responsabile Vaccini e Prodotti Terapeutici dell’Ema Marco Cavaleri. In direzione opposta a inizio febbraio il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri: «Escludo categoricamente che serva una quarta dose a breve». Stessa linea per Sergio Abrignani, membro del Comitato tecnico scientifico: «Immunologicamente non serve e non si sa quando servirà. Ad oggi è ragionevole dire che per anni non serviranno richiami».
“La mafia si infiltra nella vita delle persone e nel nostro territorio senza che ce ne accorgiamo. Siate curiosi e abbiate coraggio: i vostri insegnanti vi possono aiutare”. Questo l’intervento di apertura del Dott. Daniele Paci, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale d’Ancona, che oggi ha incontrato i giovani studenti dell’ITE Gentili di Macerata, insieme all’Avv. Laura Versace e all'assessore alla Cultura e all'Istruzione Katiuscia Cassetta.
“Conoscere per riconoscere. Che cosa sono le mafie?” è l’iniziativa inclusa nel progetto “Cittadini esemplari. Educare al contrasto alle mafie” sposato dall’Istituto con il plauso della d.s. Roberta Ciampechini. "Per noi questa giornata è molto importante - ha spiegato la direttrice - in quanto permette ai nostri ragazzi di conoscere delle figure esemplari dalle quali prendere esmpio in termini di legalità e contrasto alla criminalità".
Molte le domande che i ragazzi hanno voluto rivolgere in maniera preliminare al Dott. Paci prima della conferenza vera e propria. Fra queste, se “esiste abbastanza informazione sul tema”?, “come si trova il coraggio di combattere le organizzazioni criminali?” e “come riconoscere una minaccia simile nel proprio territorio?”
“Il mio lavoro di magistrato è guidato unicamente dalla passione – ha risposto Paci – dal giorno in cui ho letto il libro ‘Il prefetto di ferro’ scritto da Arrigo Petacco. Nel corso della mia esperienza ho ancora avuto paura, subito minacce, ma sono andato avanti. Le procure regionali continuano a studiare il fenomeno delle mafie, soprattutto perché veniamo sempre a conoscenza di casi di intimidazioni o pizzo.
Oggi c’è più consapevolezza rispetto al passato, ma non dovete sottovalutare le infiltrazioni della mafia nel nostro territorio, perché rischiano di diventare una realtà stabile e forte. Abbiate il coraggio di fare la vostra parte come cittadini con onore e dignità: non serve essere eroi, ma studiare e avere spirito di sacrificio”.
Di seguito il servizio:
Si è svolta nella prestigiosa cornice della sala Cesanelli dello Sferisterio la conferenza stampa per il lancio della XXXIII° edizione di "Musicultura", l'iniziativa che dal 1990 regala a tutti i gruppi e cantanti emergenti la possibilità di mettersi in gioco nel panorama della musica italiana d'autore. Le audizioni live partiranno il 24 febbraio fino al 6 marzo, e si svolgeranno all'interno del Teatro Lauro Rossi di Macerata: 61 gli iscritti in gara su una selezione di 1086 candidati, che si contenderanno il palco dell'Arena di Piazza Nazario Sauro per le finali del 20 e 26 giugno 2022.
"È bellissimo immaginare che questi ragazzi possano tornare a guardare il pubblico negli occhi - ha dichiarato il direttore artistico del Festival Ezio Nannipieri - Si torna in presenza anche per vivere assieme questo incontro culturale e artistico, coadiuvato dalla passione di chi parteciperà e dalla nostra nel mettergli a disposizione tutti gli strumenti per potersi esprimere al meglio artisticamente".
A presenziare la conferenza, anche il sindaco di Macerata Sandro Parcaroli, l'assessore al turismo Riccardo Sacchi e, con un video filmato di auguri, l'assessore alla cultura Giorgia Latini.
"Musicultura è da sempre una manifestazione importante - ha commentato Parcaroli - e anche quest'anno ci permette di rilanciare il territorio grazie alle migliaia di visite che riceveremo".
"L'anno scorso eravamo l'unica città in Italia a fare musica - hanno aggiunto Sacchi e Latini - e grazie agli organizzatori e a tutti gli iscritti al concorso possiamo crescere ancora di più. Riuscire a creare un ritorno economico anche per tutta la Regione è importante, e la passione per la musica e la cultura rappresenta un filo onduttore decisivo".
Fra gli altri interventi, non sono mancati quelli dei partner dell'iniziativa, tra cui Banca Macerata, Unicam, UniMC e Accademia di belle arti. "Da diversi anni siamo coinvolti nella scena di Musicultura - ha dichiarato Federico Cavallini, presidente di Banca Macerata - ma in questi ultimi due abbiamo voluto dare un sostegno più attivo istituendo anche il premio Banca Macerata per i vincitori. Il fatto che ci siano tanti attori coinvolti nell'organizzazione è un segnale molto positivo: se facciamo sistema tutti insieme possiamo realizzare grandi cose per questa città".
"Per noi è motivo di orgoglio - ha dichiarato Graziano Leoni, pro rettore di Unicam - riuscire a coinvolgere gli studenti in un evento culturale di questa portata".
"L'Università di Macerata vanta una collaborazione ultraventennale - ha sottolineato la professoressa Pamela Lattanzi - e quest'anno gli studenti saranno chiamati a partecipare direttamente facendo parte della nostra redazione giornalistica e della giuria, conseguendo anche dei crediti formativi. Tutti potranno accedervi, non solo ragazzi che seguono corsi affini: perché in fondo la cultura è di tutti".
"Il nostro contributo per il terzo anno come partnership - ha spiegato la direttrice dell'Accademia di belle arti Rossella Ghezzi - è quello di coinvolgere gli allievi attraverso i lavori di comunicazione grafica. Non a caso, il nuovo manifesto di Musicultura è stato realizzato dal nostro Nicolas Consoli, che ha unito artisticamente tradizione e street art.
Ad impreziosire il meeting, infine, sono stati gli interventi telematici dei cantautori Cristina Donà e Roberto Vecchioni, entrambi chiamati a seguire lo svolgimento della rassegna. "Per i nuovi emergenti questa è una preziosa occasione per far parte di una collettività - ha detto Donà - in un contesto musicale che da un po' di tempo premia il singolo individuo. Conosco e seguo da anni la realtà di Musicultura: fare in modo che i giovani musicisti si conoscano è motivo di grande nutrimento per loro. E sono felice di poter essere presente alla prima giornata di audizioni".
"La lingua segue gli sviluppi della società e della cultura in cui si trova - ha spiegato Vecchioni con una vera e propria 'lectio magistralis' - e l'importante è che cambi soprattutto nella sua espressività. Mi fa piacere, in questo senso, sapere che molti degli iscritti a questa nuova edizione di Musicultura portino anche canzoni nel loro dialetto d'origine.
Oggi la canzone d'autore è più sintetica e meno melodica rispetto ai cari Guccini o De André - ha chiosato il maestro, dopo aver ricordato l'esibizione di 'Sopramilano' del 2020 che celebrò la scomparsa di Piero Cesanelli, fondatore del Festival - ma ciò significa che siamo noi a doverci mettere in ascolto dei più giovani. Loro parlano di rabbia e amore in maniera quasi ossessiva, ma bisogna comprendere questa loro nuova forma espressiva ed essere più partecipi. Guidarli e consigliarli, se necessario".