L’INTERVISTA - Crisi Ucraina e caro prezzi del grano. La Campofilone detta la strada: “Investiamo nella nostra terra"
Le truppe russe avanzano verso Kiev, le soluzioni diplomatiche tra Putin e l’Occidente sono sempre meno, l’Italia resta a guardare. La guerra è ormai alle porte, con i primi bombardamenti in corso. E con essa, sono in arrivo anche le probabili conseguenze che questa avrà sugli accordi commerciali rimasti validi fino ad oggi tra il nostro Paese, l’America e la Russia. Oltre al costo umano, s'intende.
A essere a rischio per il futuro non è solamente la fornitura di gas naturale dall'estero – per la quale le tasche degli italiani stanno già pesantemente pagando con il ‘caro bollette’ - ma anche l’approvvigionamento del grano che metterebbe in crisi gli allevamenti e la produzione nostrana di pane, pasta e derivati.
Non tutte le aziende italiane, però, sono impreparate al peggio. Nelle Marche, ad esempio, il fattore 'eccellenza' è spesso sinonimo di scelte imprenditoriali sagge. E che hanno poco a che vedere con l’iper-produttività e il mero profitto.
È il caso de La Campofilone, pastificio operante nella provincia di Fermo - simbolo di tradizione e artigianato – e del suo patron Enzo Rossi, che ci ha spiegato come la sua azienda si prepari a reagire a un peggioramento della “questione-Ucraina”.
Che idea si è fatto di quello che sta succedendo in questo momento storico? Mi dispiace tanto, soprattutto per le popolazioni locali. Sul fronte del mercato mi sento tranquillo: la nostra azienda è strutturata per auto-rifornirsi sia di energia e sia di grano e uova. Abbiamo una filiera circolare, ci produciamo tutto da soli.
Cosa dovrebbero fare imprese come la vostra? Dovremmo tornare a proteggerci e tutelarci come facevano i nostri nonni, quando preventivamente a una crisi mondiale si riempivano la dispensa e la legnaia. Oggi parliamo di cibo, corrente e gas. L’obbiettivo è quello di servirci sempre di più delle energie rinnovabili. Con giudizio, s’intende.
In che senso? Per produrre energia noi ci serviamo di acqua, aria, sole e scarti del legname. Vogliamo essere autosufficienti, ma si tratta di una forte presa di posizione. Ad oggi abbiamo usato e abusato dell’energia fornitaci da altri paesi. Siamo diventati dei bravi consumatori, spreconi. Dobbiamo imparare ad essere più parsimoniosi e a distribuire energia a chi non ne ha.
Quindi siete riusciti anche sopperire al ‘caro bollette’? Abbiamo bloccato per due anni l’energia elettrica, ottimizzato i nostri macchinari e ridotto i consumi al 32% aumentando contemporaneamente del 50% la produzione. Si può fare: basta fare qualche investimento più saggio e le giuste modifiche.
L’investimento nelle rinnovabili quando è cominciato? Negli ultimi anni, riducendo del 60% il consumo di energia elettrica. Abbiamo poi sostituito il tutto con gas e pannelli solari. Inoltre, avendo vasti terreni, puntiamo anche al recupero dei gas prodotti dalle potature stagionali.
Cosa vi ha convinto a intraprendere questa scelta? Io ho 57 anni e ho capito che l’egoismo va messo da parte. Gli arricchimenti personali vanno ridotti e gli investimenti devono poter migliorare i consumi e abbattere gli sprechi.
Basta con l’imprenditoria che pensa solo al profitto. Non entro nel merito delle scelte altrui, ma senz’altro occorre farsi un esame di coscienza.
Quindi non importate nulla dall’estero? Nel 2021 abbiamo prodotto il 140% di grano, e venduti ben 900 quintali. Tutto “made in Valdaso”. Ci vuole sacrificio, ma è il prezzo da pagare se vogliamo diventare veramente autosufficienti senza più impattare sull’ambiente.
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