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EDITORIALE - “No” all’eutanasia legale: la volontà popolare non basta. E la democrazia perde un’altra occasione

EDITORIALE - “No” all’eutanasia legale: la volontà popolare non basta. E la democrazia perde un’altra occasione

“Inammissibile”. Con questa espressione il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha voluto bocciare il referendum sull’eutanasia legale. Si temeva una depenalizzazione totale del reato di ‘omicidio del consenziente’. Detto altrimenti, in caso di approvazione “si sarebbe aperta la strada all’immunità penale  - sostiene Amato - per chiunque uccida qualcun altro con il consenso di quel qualcun altro, sia questo malato oppure no, che soffra oppure no”.

Argomentazioni lapidarie e incontrovertibili, che vorrebbero far credere a un qualche inganno nascosto fra le righe del referendum, e magari sfuggito agli 1,2 milioni di cittadini italiani che lo hanno sottoscritto. Argomentazioni sulle quali il leader del Popolo della Famiglia Mario Adinolfi non ha potuto che compiacersi, oltre che della débâcle in sé subita dai pro-eutanasia.

Eppure, prendendo in esame il famigerato art. 579 del Codice Penale, il comma 3 recita: “Si applicano le disposizioni relative all’omicidio (art.575-577) se il fatto è commesso: contro una persona minore degli anni diciotto; contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno”.

Dunque, tutta una serie di casi che non rientrano nei parametri stabiliti della “buona morte” promosso in primis da Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.

Inoltre, la cosiddetta “completa depenalizzazione dell’omicidio consenziente” addotta da Amato non sarebbe nemmeno possibile. La normativa, infatti, gode della vigenza della legge 219/2017 - secondo cui il consenso del richiedente deve rispondere alle caratteristiche nell’ambito di un percorso di fine vita – e della sentenza della Corte costituzionale 242/2019 - che individua le circostanze per le quali si possa legittimamente chiedere la morte volontaria.

Strafalcioni e falsità, quelle del presidente Amato. Oggi si parlerebbe di “fake news”, di manipolazione della realtà, di discorso puramente politico. Si tratta di un errore di giudizio o di autentica malafede nei confronti del quesito referendario, considerando che la Corte Costituzionale ne avrebbe anche “rivisitato i titoli a livello interpretativo”?

Una cosa è certa: l’abrogazione, seppur parziale, del referendum sull’eutanasia legale – insieme a quello sulla cannabis – segna di fatto una dura sconfitta per la volontà popolare.

E un’altra occasione persa per la nostra democrazia, dato che i governanti hanno preferito voltarsi ancora una volta dall’altra parte, lasciando piuttosto che la Corte Costituzionale accogliesse senza indugio i quattro quesiti meno influenti relativi alla giustizia. Annullamento delle disposizioni in materia di incandidabilità, limitazione delle misure cautelari, la separazione delle funzioni dei magistrati e l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati Csm. Misure che non renderanno la giustizia più efficiente, ma piuttosto più controllabile e asservita.

A questo punto bisognerebbe domandarsi: è da ritenersi buono un governo che tollera le manifestazioni non autorizzate dei no vax (fra i principali artefici della vaccinazione rallentata), e poi non esita a manganellare gli studenti, rei di voler rivendicare un futuro migliore?

Un governo che si professa garante di un Paese democratico, ma di fatto priva chi soffre della possibilità di avere uno straccio di controllo sulla propria morte?

E in ultimo, è sano un Paese politicamente fermo e il cui governo guarda al futuro solo in termini di produttività, senza considerare adeguatamente le possibilità di una nuova stagione di crescita umana e culturale?

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