“Chiaro che le cose possono sempre andare meglio e mi criticheranno perché diranno che io sono un inguaribile ottimista, ma ritengo che nell’ultimo periodo notevoli passi avanti, nell’ambito sanitario, siano stati fatti in tutti i territori, da quello montano a quello costiero – così il Direttore dell’Area Vasta 3, Alessandro Maccioni che su richiesta di Picchio News, ha deciso di fare una panoramica a 360° sulla sua Direzione e sull’attuale situazione sanitaria maceratese. Parlando proprio del nosocomio del capoluogo Maccioni ha constatato che “tantissimi interventi sono stati eseguiti e soprattutto di primaria importanza: primo fra tutti quello che ho dovuto affrontare quando sono stato nominato, il 1 agosto del 2015, relativo al Pronto Soccorso che, all’epoca, era un cantiere in contestazione.” Pronto soccorso che rappresentava “l’emergenza delle emergenze” osserva il Direttore. “Come prima cosa abbiamo sbloccato i lavori e li abbiamo velocizzati – prosegue – con un grande riconoscimento che va alla ditta e all’ufficio tecnico che ci sono venuti incontro. Un traguardo raggiunto nel giugno del 2017 quando abbiamo dato vita a nuovi reparti, a strutture potenziate e rinnovate. Il cambio di passo è stato subito molto evidente.”
“C’è poi il progetto strategico di ampliare e potenziare il Punto Nascite, che effettua circa 1.400 parti all’anno – ha continuato Maccioni - il progetto prevede il trasferimento nella sede del vecchio Ospedale, dove attualmente c’è la Chirurgia. Ci saranno quindi spazi ampi e sale operatorie dedicate che vanno nella direzione di una sempre maggiore attenzione alle pazienti: sarà un reparto all’avanguardia che vedrà la luce nel terzo trimestre del 2020. Per fare ciò sposteremo la Chirurgia al secondo piano del nuovo edificio in cemento armato dove fino a poco tempo fa c’era l’Oncologia, a sua volta da poco trasferita al terzo piano. In attesa del nuovo progetto, il reparto di Ostetricia è stato oggetto di un vero e proprio restyling anche con l’installazione di una porta che isola la sala parto dal reparto in cui si trovano le donne in attesa di partorire: un’attenzione alle pazienti per noi molto importante.”
“Penso che la priorità degli ospedali ‘vecchi’, se così vogliamo chiamarli, sia quella di potenziare l'offerta con personale e professionisti – ha spiegato il Direttore -. Sono sì importanti gli arredi e le stanze, ma la vera qualità di un nosocomio viene dai medici, dagli infermieri, dai primari e dalle attrezzature moderne. Il potenziamento si fa con attività di qualità e in sicurezza, che risolvono i problemi dei pazienti migliorandone la condizione.”
“Abbiamo inoltre rinnovato totalmente il reparto di Radiologia, dove, pochi giorni fa, è stato inaugurato il nuovo Mammografo digitale con il Tavolo Stereotassico in 3D: due macchinari che fanno la differenza per la cura e la prevenzione del tumore al seno – ha spiegato Maccioni -. Si è quindi creata una equipe (Breast Unit) con un chirurgo responsabile e altri medici che collaborano e si interfacciano all’interno del reparto di Radiologia per la biopsia mammaria: una vera e propria unità autonoma che sta all’interno del Dipartimento di Chirurgia ma che non dipende dal Direttore della Chirurgia, che esegue circa 450 interventi all’anno. Un chirurgo più interventi esegue più acquisisce padronanza, sicurezza e qualità”.
“Inoltre abbiamo deciso di trasferire tutta la Breast Unit a Macerata proprio perché nel nosocomio del capoluogo ci sono l’Anatomia Patologica, la Radioterapia, la Medicina Nucleare e la IORT: il tessuto quindi, appena asportato, viene immediatamente analizzato e, se il paziente necessita di terapie apposite, il tutto procede in modo più veloce” – continua il Direttore.
“Vorrei poi chiarire un aspetto, rispetto a quello che oggi è da considerare un tabu: l’Ospedale vicino a ogni cittadino. A mio modesto avviso io penso che non è necessario che l’Ospedale per acuti debba essere previsto in ogni Comune della nostra Area Vasta, ritengo invece che l’Ospedale per acuti sia quel posto dove ci si reca con la certezza di ottenere la risposta ai propri bisogni di diagnosi e cura. Si deve trovare un’alta qualità dei professionisti e attrezzature all’avanguardia. In medicina conta molto il calcolo della probabilità: dobbiamo dire alle persone che non bisogna andare nell’Ospedale più vicino perché così si fa meno strada o perché è più comodo ai familiari che fanno assistenza, al contrario ripeto, l’Ospedale è quel luogo dove ci sono medici capaci, competenti, con esperienza e con dimostrata qualità negli interventi.”
“Altro discorso è chiaramente la gestione dell’emergenza che deve essere pianificata in modo tale che la probabilità di arrivare in una struttura ospedaliera idonea e in grado di salvare la vita, deve essere uguale per ogni cittadino del territorio dell’Area Vasta 3, sia che viva in una città o in una frazione montana – ha chiarito Maccioni -. In quanto all’Emergenza appunto, se osserviamo gli standard europei e nazionali, la nostra Regione risulta aver messo in campo il 30% in più di risorse, tra ambulanze, personale del 118 e Guardie Mediche. A breve nella Regione Marche sarà attivato anche il volo notturno e, nella nostra Area Vasta, due delle tre elisuperfici all’uopo già predisposte e attrezzate si trovano nel territorio montano: a San Severino e Camerino (l’altra a Civitanova, ndr.). Questo a dimostrazione dell’attenzione della Regione e del Presidente Ceriscioli verso i territori colpiti dal sisma.”
“Quello di San Severino Marche è un nosocomio di base - ha proseguito il Direttore -, dove abbiamo un ottimo reparto di Medicina e dove a maggio sarà attivato il reparto di Lungodegenza con 20 posti letto. Inoltre è presente l’attività oncologica di day hospital e ambulatoriale nonché la Week Surgery per la Chirurgia a ciclo breve a servizio di tutta l’Area Vasta 3. L’Ospedale di San Severino dal 2016 è stato individuato come sede dell’unica Struttura Complessa di AV3 dell’Oculistica, eccellenza di livello regionale. Dunque sì un Ospedale di base, ma con una forte vocazione specialistica tant’è che a breve sarà presentato un progetto per il trattamento chirurgico delle ernie. Spingeremo sempre di più verso il potenziamento delle attività di week surgery anche al fine di decongestionare le sale operatorie dei tre Ospedali di primo livello: Macerata, Civitanova e Camerino.”
“Quest’ultimo, non ha problemi particolari in quanto trattasi di una struttura recente, inaugurata nel 2000-2001, che necessita per lo più di professionisti nei reparti di Cardiologia e Radiologia – ha spiegato Maccioni -. Al riguardo stiamo cercando di fare tutto il necessario poiché abbiamo sia le risorse economiche sia le autorizzazioni, nonché i piani occupazionali approvati. Per tentare di risolvere questo ‘problema’ è stato avviato un percorso con il Magnifico Rettore Pettinari dell’Università di Camerino, per attivare delle borse di studio che possano generare ulteriore interesse nei professionisti neo specializzati.”
Proprio in merito alle assunzioni, l’Area Vasta 3 ha di molto abbassato l’età media dei suoi operatori. “Abbiamo molti primari giovani, che quindi rimarranno qui per i prossimi 10-15 anni fidelizzando la nostra struttura – ha commentato Maccioni -. Inoltre entro il 2020, a seguito della stabilizzazione del personale precario, prevista dalla normativa, avremo poco più di 30 dipendenti precari contro i 157 presenti al 31/12/2017. È chiaramente nostro interesse avere personale a tempo indeterminato affinché i professionisti siano meno propensi a lasciare le nostre strutture, magari dopo un’efficace formazione.”
“Venendo all’Ospedale di Macerata – ha continuato il Direttore -, dopo aver dato nuovi e più funzionali spazi al Pronto Soccorso, si è provveduto alla realizzazione dei nuovi reparti di: Gastroenterologia, Oncologia, Radiologia, Sala Pacemaker, seconda sala di Emodinamica, Radiologia Interventistica, nonché del completamento dei lavori al 6° piano attrezzato con due sale operatorie a disposizione per interventi di chirurgia ambulatoriale e Terapia del Dolore. Sempre all’interno dell’Ospedale di Macerata è stato rinnovato il reparto di Medicina Nucleare per il quale è previsto anche l’acquisto di una nuova Gamma Camera per effettuare le PET. Investimenti importanti sono stati altresì realizzati nel reparto di Radioterapia che vedrà installato entro l’anno 2019 il 2° acceleratore lineare (il 1° è stato inaugurato nel giugno del 2018).”
“Nell’immediato futuro è previsto un importante investimento per allocare la nuova risonanza magnetica (il cui acquisto è stato già deliberato) – ha spiegato Maccioni -. Normalmente in ogni Ospedale si toglie la vecchia attrezzatura e poi si inserisce la nuova. Nel caso specifico questo avrebbe comportato il blocco di circa 18 mesi dell’attività diagnostica. Pertanto si è deciso di non togliere la vecchia Risonanza e di installare su una nuova struttura esterna quella nuova, facendo sì che non si verifichi nessuna sospensione dell’attività. Una volta installata la nuova, la vecchia RMN sarà dismessa e sostituita con una Risonanza aperta di dimensioni ridotte. Tali investimenti consentiranno una maggiore produzione e un ulteriore abbattimento delle liste d’attesa. La stessa operazione sarà realizzata all’Ospedale di Civitanova Marche con la sola differenza che la RMN è stata oggetto di donazione da parte della Fondazione CARIMA. Da ultimo, ma non per importanza, per l’Ospedale di Macerata è stato avviato il programma dei lavori che vedrà entro la fine del 2020 completamente rinnovato il reparto di Rianimazione con un incremento di posti letto da 6 a 8. Ulteriori investimenti riguarderanno le U.O. di Psichiatria dell’AV3: a Macerata sarà completamente rinnovato il reparto oggi all’interno della palazzina ex Malattie Infettive e che prevederà anche l’aumento di 10 posti letto. Lo stesso intervento si prevede di realizzarlo per Civitanova Marche in spazi all’interno dell’Ospedale tuttora non utilizzati.”
Rimanendo a Civitanova, “parliamo di una struttura più recente, che ha meno problematiche strutturali e che conta 180 posti letto. Anche lì sono state fatte molte migliorie come il nuovo Pronto Soccorso, l’Utic e la Rianimazione creando una piastra delle Emergenze - spiega il Direttore -. Per il completamento del reparto di Ematologia, entro brevissimo tempo, sarà realizzata la quinta camera sterile che vedrà il supporto della Biobanca per la conservazione delle cellule staminali per il trapianto di midollo, inaugurata nel maggio 2018. È in corso inoltre la climatizzazione dei reparti di Cardiologia, Ortopedia e Pediatria, per quest’ultimo reparto, unitamente ai lavori di climatizzazione, si procederà all’eliminazione totale dell’amianto presente nei pavimenti”.
“Entro l’anno, ultimati i lavori di climatizzazione, sarà trasferita al piano terra l’Oncologia con spazi più ampi e con un ingresso dedicato e riservato – ha continuato Maccioni -; questo previo trasferimento dell’Allergologia al 3° piano nei locali lasciati liberi dalla Rianimazione e, allo scopo, rivisitati. Allergologia, anche questa eccellenza regionale e non solo, che così potrà contare su maggiori spazi da tempo necessari per dare risposte terapeutiche, garantendo maggiore sicurezza nella somministrazione dei farmaci richiesti.”
“Questa linea di interventi fa parte di una politica regionale di efficientamento delle strutture esistenti, in attesa della realizzazione del nuovo Ospedale dell’Area Vasta 3 – ha proseguito il Direttore -. In quest’ottica vanno letti gli importanti investimenti che sono già stati realizzati e che riguardano l’acquisto di tre nuove TAC di cui due verranno collocate a Civitanova e una a Macerata. A Civitanova un tomografo sarà allestito all’interno della Radiologia, esclusivamente dedicata al Pronto Soccorso, riducendo così l’attesa dei pazienti che si recano al Pronto Soccorso, e una nel reparto di Radiologia in sostituzione di una attrezzatura ormai obsoleta. A Macerata invece si procederà alla sostituzione della Tac del Pronto Soccorso anch’essa ormai vetusta.”
“Passando poi ai servizi erogati sul territorio, abbiamo fatto e stiamo tutt’ora facendo importanti investimenti a Recanati dove c’è la nuova Dialisi e dove abbiamo aperto un Ambulatorio Cardiometabolico che mette insieme Cardiologia e Diabetologia – ha spiegato Maccioni -. Inoltre è in programma il trasferimento del Centro Diurno di Salute Mentale nei locali di via Cupa da Varano, ex sede del Poliambulatorio nel frattempo trasferito all’interno dell’Ospedale di Comunità dove è ancora attivo il Punto di Primo Intervento. All’interno dell’Ospedale di comunità di Treia è anche presente il Servizio di Riabilitazione residenziale extra ospedaliera considerata un’eccellenza che opera in sinergia con l’INRCA di Ancona. Entro il mese di maggio inoltre saranno ristrutturati dei locali dove saranno allestiti gli ambulatori che accoglieranno il Centro dell’AV3 per la cura della scoliosi.”
“Per la situazione di Tolentino – ha proseguito il Direttore -, dopo gli investimenti resesi necessari a seguito degli eventi sismici, per garantire un minimo di attività specialistica, il funzionamento del nuovo reparto di Dialisi e dei servizi consultoriali, si è proceduto con la progettazione di massima del nuovo Ospedale di Comunità. A breve la Regione pubblicherà il bando per individuare il Tecnico che dovrà predisporre la progettazione esecutiva della nuova struttura sanitaria che avrà un costo di circa 15 milioni di euro con 50 posti letto per Cure Intermedie, Centro Dialisi, attività specialistiche e radiologiche. Un edificio ex novo di circa 7mila metri quadrati di superficie.” Ad oggi il bando è in visione all’Autorità Nazionale Anti Corruzione come previsto dalla normativa sugli appalti per la ricostruzione post sisma.
Per quanto riguarda il nosocomio di Matelica? “Anche lì parliamo di un Ospedale di Comunità – ha chiarito Maccioni -: la programmazione regionale prevedeva tra gli altri l’attivazione di posti letto per la riabilitazione post ospedaliera ma, a seguito del sisma, si è ritenuto opportuno rendere disponibili i reparti ospedalieri per accogliere gli ospiti delle Case di Riposo di Pioraco e Pieve Torina, le cui strutture sono state rese inagibili dal terremoto del 2016. È di questi giorni la notizia che per quanto riguarda il Comune di Pioraco è imminente la ristrutturazione di una struttura per far ritornare gli ospiti della Casa di Riposo nel proprio comune. Non appena sarà effettuato il trasferimento si darà impulso alla realizzazione della programmazione regionale con l’attivazione di 20 posti letto di riabilitazione extra ospedaliera. Nel frattempo, a riguardo, entro la fine del prossimo mese, sarà inaugurata la nuova palestra per l’attività ambulatoriale e riabilitativa.”
Tutto questo ha comportato dal 2015 al 2018 investimenti complessivi per più di 30.000.000 di euro. Per il 2019-2020 sono previste spese per circa 20.000.000 di euro di cui 10.000.000 per adeguamento strutturale antincendio e sismico.
“Da ultimo, ma non certamente per importanza, è doveroso fare un breve focus sulla situazione del personale con particolare riferimento alla copertura dei posti dei primari – ha chiosato il Direttore -. Dal 1° agosto 2015 al 31 dicembre 2018 sono stati coperti 21 posti di Struttura Complessa (primari) nelle varie strutture ospedaliere e territoriali dell’Area Vasta 3. È imminente la nomina da parte del Direttore Maccioni del responsabile della Chirurgia dell’Ospedale di Macerata e del responsabile dell’importante funzione denominata “Cure Anziani e Hospice”.
Entro il mese di aprile inoltre è programmato il concorso per la nomina del responsabile della Farmacia Territoriale dell’Area Vasta 3, mentre entro la fine del mese di luglio saranno espletati i concorsi per primario di Radiologia di Macerata, Integrazione Ospedale-Territorio, Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (PSAL), Neuropsichiatria Infantile di AV3, Pronto Soccorso di Civitanova e Psichiatria di Civitanova. Successivamente saranno effettuati i concorsi per i primari di Otorino e Medicina dell’Ospedale di Civitanova nonché di Geriatria dell’Ospedale di Macerata e Terapia del Dolore di Area Vasta 3. Nei giorni scorsi si è provveduto alla nomina del responsabile dell’Unità Operativa Semplice Dipartimentale della Radiologia di Camerino-San Severino e nel contempo si sta procedendo alla stabilizzazione di tutto il personale precario così come previsto dalla normativa nazionale e regionale: operazione che consentirà di ridurre entro il 31/12/2020 a soli 31 unità il personale precario su un totale complessivo di unità di personale assunto che passerà da 3463 del 31/12/2017 a 3516 al 31/12/2020 con un incremento pertanto di 53 unità di personale in più.
"Nel sangue della defunta il contenuto di morfina era al di sotto di 100 nanogrammi per millilitro e considerato questo la sua morte non è da collegare ad overdose". Rino Froldi, tossicologo forense, sentenzia in maniera chiara il suo punto di vista tecnico in merito alla morte di Pamela Mastropietro, durante la quarta udienza del processo a Innocent Oseghale. In caso di morte dovuta a overdose, infatti, il contenuto di morfina nel sangue sarebbe dovuto aggirarsi sui 3/4 mila nanogrammi per millilitro.
"Non essendoci sangue - riferisce Froldi - io ho dovuto analizzare la bile, il fegato, il rene, un capello, l'encefalo, un dente ed - elemento di maggiore importanza - l'umore vitreo, il liquido che si trova nel bulbo oculare che ha uno stretto rapporto con il sangue. Nella bile sono state trovate tracce di morfina, codeina e caffeina. Nel rene è stata trovata morfina così come nei capelli, di cui sono stati prelevati due centimetri a livello del cranio. Nel contenuto gastrico è stata trovata solo caffeina".
"Il livello ematico è l'unico che ci dà l'azione tossicologica. Nel bulbo orbitario c'erano 12 nanogrammi per millilitro di morfina (una quantità inferiore a sette volte a quella che si trova nel sangue, come dice la letteratura): quindi si può supporre che nel sangue ce ne fossero circa 100 nanogrammi per millilitro. Nel fegato sono invece cinque volte superiori a quelle che sono nel sangue, sempre secondo letteratura, e io ne ho trovato 376 nanogrammi per millilitro. In conclusione nel sangue vi erano 75.2 nanoragrammi per litro di morfina".
"Questi valori nel fegato dei morti di overdose sono quasi a 1600/1400, siamo quindi molto distanti da quelle trovate da noi. Inoltre il rilievo alcolemico è risultato negativo così come si è evinta l'assenza di Thc (principio della marijuana)" conclude Froldi.
L'articolo contiene informazioni dettagliate sulle condizioni del corpo di Pamela Mastropietro non adatte a persone particolarmente sensibili:
"Se si considera la disarticolazione, lo scuoiamento e il lavaggio, una persona esperta potrebbe eseguire il tutto nell'arco di tre ore e mezzo". Così ha commentato il dottor Mariano Cingolani, che ha deposto questa mattina durante la quarta udienza del processo che vede imputato Innocent Oseghale. Cingolani è il medico che, insieme al tossicologo Rino Froldi, ha eseguito la seconda autopsia sul corpo di Pamela Mastropietro, a distanza di una settimana dalla prima.
"Sono sei le lesioni epatiche riguardanti il lato destro del fegato della 18enne - ha spiegato Cingolani -. Le lesioni, si pensa ragionevolmente, che siano state inferte quando era già stata tolta la pelle in quanto, sulla cute, le stesse non risultano presenti. A differenza di quanto detto dal Dottor Tombolini c'era un frammento di pelle che ospitava l'ombelico".
"Per quanto riguarda le due lesioni laterali, la prima decorreva lungo il nono spazio intercostale con una forma ad occhiello e con un margine più acuto rispetto alla seconda. L'altra lesione giace invece sul decimo spazio intercostale, è lunga dieci centimetri e ha un margine più ottuso rispetto alla prima. Entrambe sono state provocate da un'arma da taglio".
"Non erano presenti fratture ma solo lacerazioni di tessuti molli costali. Inoltre, sempre al contrario di quanto detto in precedenza, il sanguinamento si raccoglie all'interno della cavità toracica se la persona si trova in posizione supina - ha spiegato Cingolani-. La ferita dunque è normale che possa sanguinare in un punto e non in un altro". Non si tratta quindi di un'anomalia secondo il medico legale che ha svolto la seconda autopsia, contrariamente a quanto iferito dal dottor Tombolini (leggi qui quanto riferito dal dottor Tombolini)
Secondo Cingolani "dopo l'avvenuta lesività c'è stato un periodo di sopravvivenza di almeno dieci minuti. È inoltre paradossale pretendere che ci sia un'emorragia se tutto è stato accuratamente lavato".
Sulla morte per overdose il dottor Cingolani non fornisce dichiarazioni certe ma osserva che "qualora si sospetti di uso di droghe, i polmoni riescono a fornirci delle indicazioni e possono arrivare a pesare anche un chilo: i polmoni di Pamela pesavano circa 200 grammi."
Sull'echimosi al capo Cingolani è sicuro che "non può aver contribuito in maniera apprezzabile alla morte, ma può essere stata provocata da un corpo contundente: la persona può aver urtato qualcosa, dotata di un movimento."
Sull'ipotesi di poter agire sul corpo della giovane 18enne in un "contesto domestico" il Dottor Cingolani ha spiegato che "è possibile fare questa operazione solo da tergo per mano di un esperto: un lavoro 'raffinato'. Da medico esperto che segue autopsie dal 1979 ci metterei del tempo e lo farei in modo analogo. Chi ha operato, soprattutto sullo sterno, l'ha fatto, sembra, per rendere difficile il.lavoro dei medici legali".
Cingolani ha spiegato inoltre che le lesioni sono state inferte quando la giovane era ancora in vita e che la sua morte risalirebbe alla tarda mattinata, al massimo al primo pomeriggio (non oltre le 18:00 del 30 gennaio, ndr).
Dopo la deposizione del medico legale Antonio Tombolini che ha aperto la quarta udienza del processo contro Innocent Oseghale (leggi qui), lo zio di Pamela Mastropietro Marco Valerio Verni ha esposto le sue impressioni ai giornalisti durante la pausa concessa dal Giudice Roberto Evangelisti (con a fianco la nota criminologa Roberta Bruzzone, ndr): "In parte ha confermato quello che abbiamo sempre sostenuto, ovvero l'opera molto intelligente dell'attuale imputato nell'aver depezzato il cadavere e nell'aver fatto poi tutto il resto: il lavaggio con la varechina, il taglio del diaframma e la cancellazione delle tracce per evitare che si potesse risalire a contatti fisici e a rapporti sessuali con la vittima".
"Sono state inoltre messe in evidenza la vitalità delle lesioni al fegato su cui chiaramente ruota il processo. Attendiamo - prosegue Verni - di ascolare gli altri consulenti della Procura nonchè i nostri. Ci lascia perplessi che questo consulente abbia anticipato un suo giudizio senza aver poi partecipato agli esami successivi, con delle affermazioni che ci lasciano dubbiosi. In alcuni passaggi è stato imbarazzante".
In merito alla decisione di procedere a porte chiuse, Verni puntualizza: "Per non ci sarebbe stato nessun problema riguardante la presenza del pubblico. Riteniamo che la gente si debba render conto che parliamo di qualcosa fuori dall'ordinario: quello che è stato fatto a Pamela va oltre".
L'articolo contiene informazioni dettagliate sulle condizioni del corpo di Pamela Mastropietro non adatte a persone particolarmente sensibili:
Il primo a deporre nella quarta udienza del processo a Innocent Oseghale in merito al terribile omicidio di Pamela Mastropietro è stato il medico legale Antonio Tombolini. È stato lui a svolgere la primissima autopsia sul corpo della povera ragazza diciottenne. Il giorno del ritrovamento del suo corpo Tombolini ha lavorato dalle 11:00 del mattino sino alle ore 23:00 della sera.
Al momento dell'apertura delle valigie in cui era contenuto il corpo di Pamela lo stesso Tombolini ha affermato come vi fosse un forte odore di varechina da lui stesso definito "tanto forte da sembrare di essere in piscina".
In aula vengono proiettate le immagini del corpo di Pamela Mastropietro, seguendo l'esposizione di Tombolini sulle condizioni del corpo della ragazza al momento del ritrovamento: "È stato svolto un lavaggio accurato volto a cancellare qualsiasi traccia di contatto fisico con la deceduta".
Secondo quando riportato nella relazione depositata il 5 febbraio si è trattato "di cadavere di giovane adulta depezzato e deposto in due valigie così suddiviso: testa in una valigia avvolta da due sacchetti di plastica blu, seconda valigia con le altre parti anatomiche. Seni apportati, braccia e gambe".
Per tutto il tempo della deposizione del medico legale, Oseghale ha mantenuto lo sguardo rivolto verso la propria interprete non visionando alcuna delle immagini proiettate mentre Alessandra Verni, la mamma di Pamela, non è riuscita a tratennere la commozione.
"Arti superiori depezzati al livello delle spalle e poi dei gomiti. Arti inferiori depezzati all'altezza del bacino. I femori erano scheletrizzati, privati quindi dei tessuti molli. Si constatava anche una agopuntura all'altezza del polso della mano sinistra - ha spiegato Tombolini -. Una agopuntura praticata quando la giovane era in vita in quanto si è ravvisata un'infiltrazione ematica che evidenzia come sia stata bucata la vena sottostante. La giovane si è quindi iniettata endovena una sostanza estranea. Ci sono inoltre molte striature all'altezza dell'avambraccio sinistro che non sarebbero riconducibili ad un laccio emostatico, dato che sono molteplici. Inoltre l'iniezione è avvenuta con un ago di 2,5 millilitri: una anomalia, una cosa non convenzionale perché chi si inietta la sostanza usa al contrario un ago sottile e corto. Non da 25 millilitri che invece è grande."
"Il capo presenta una pressione frontale, con la lingua pinzata tra i denti che poteva far ricondurre a uno strangolamento. Un lavaggio accurato con la candeggina che ha determinato alopecia nella parte dei capelli e che li ha quindi sfaldati. I tessuti molli del collo non sono valutabili" - ha proseguito il medico legale -. Alla proiezione della foto del capo la mamma di Pamela, Alessandra Verni, si è messa sul banco con la testa poggiata come per non continuare a vedere quanto veniva proiettato.
"Il torace era senza diaframma. Si è proceduto poi con un lavaggio accuratissimo a voler togliere qualsiasi molecola di DNA per eliminare ogni traccia di persone presenti - ha proseguito Tombolini -. Nell'emitorace destro si notano due lacerazioni al penultimo e all'ultimo spazio intercostale: entrambe riferibili ad arma da taglio utilizzata appositamente. Si segnala la presenza di una forte lesione che potrebbe essere riconducibile a un coltello da cucina come a un machete. Lesione molto ampie che sono state prodotte quando la giovane era ancora a cuore battente. Poi ci sono quattro tagli inferti al fegato con un'arma da taglio".
"Le viscere addominali sono state anch'esse lavate accuratamente e risposte in sacchetti di colore azzurro - ha continuato -. Entrambi i seni sono stati amputati alla loro base. Risulta l'asportazione della vescica e della parte vaginale molto accurata con la chiara volontà di alterare la presenza di un rapporto sessuale precedentemente avuto: questo è inossidabile. Poi si nota l'amputazione del monte di Venere lavato sempre con candeggina per le motivazioni sopra citate."
"C'è anche una lesione al cuoio capelluto, prodotta sicuramente in vita, che è superficiale. Un colpo - puntualizza Tombolini - che potrebbe essere compatibile con una caduta a terra ma anche come una botta lieve. Non è comunque una caduta mortale e il cervello è inoltre privo di lesioni".
Secondo Tombolini, a domanda delle parti civili, "sono stati usati non meno di cinque litri di varechina se non di più ed è un lavoro per il quale ci vogliono cinque o sei ore. Appena visto i pezzi nelle valige abbiamo pensato, a una prima impressione, che fosse un lavoro che era stato fatto in ambito agricolo, da una persona abituata a sezionare maiali. È un lavoro fatto in maniera estremamente intelligente e la procedura di lavaggio è estremamente accurata. C'è una logica 'raffinata' dietro a tutto questo".
La conclusione dell'autopsia di Tombolini, consegnata alla dottoressa Ciccioli, è la seguente: "si è trattato o di overdose o di un colpo d'arma da taglio a livello della porzione bassa laterale dell'emitorace destro. La lesione macroscopica al costato potrebbe essere stata fatta a cuore battente, ma sottolineo potrebbe in quanto presenta un'anomalia: è asimmetrica e la ferita sanguina in un punto e non in un altro".
In conclusione Tombolini ha supposto quindi che le lesioni non siano state inferte mentre la 18enne romana era in vita.
La storia di Stefano Affede e della sua pelletteria Stephen New Line inizia nel 1978, oltre quarant’anni fa, quando decide di intraprendere questa nuova avventura, dopo essere stato per molto tempo un rappresentante Levis per Marche e Abruzzo, con la sua socia, che esce però dall’Azienda nel 2006.
“Dal 1978 abbiamo sempre lavorato nel nostro laboratorio a Villa Lauri, dando vita a creazioni originali e completamente Made In Italy che sono diventate un vero e proprio marchio in tutto il mondo – ci racconta Stefano -. Le pelli, che acquistiamo a Santacroce (Firenze) o Arzignano (Vicenza) in base all’esigenza, vengono lavorate interamente nel laboratorio che, dal febbraio del 2017, a causa dei danni causati dal sisma, si trova a Pollenza, insieme al nuovissimo outlet. Produciamo principalmente borse, cinture e portafogli e il 90% della nostra produzione è indirizzata alla donna. Io stesso creo il modello e penso al design, il modellista poi traspone tutto sul cartone e sempre io assemblo i vari pezzi.”
Un mercato difficile quello della pelletteria nella nostra Penisola ma che, al contrario, riscuote un grandissimo successo all’estero, soprattutto in Oriente. “Fino a 10 anni fa lavoravo con l’Italia ma ora il mercato è diventato troppo complesso, come in generale quello europeo – ci racconta Stefano -. Dove invece ci sono le maggiori soddisfazioni, in termini di serietà, è in Giappone. Ho iniziato a lavorare con l’Oriente nel 1983, principalmente con grossisti, grandi magazzini e boutique, e parliamo di un mercato che ha standard diversi, che pretende qualità, sicurezza e serietà. Per intenderci, se un capo si scuce, non viene gettato ma il cliente lo riporta in negozio e noi lo ripariamo: c’è un’attenzione diversa alla merce e alla sua qualità. In Giappone il cliente vuole la vera pelle e non l’accessorio: si ricerca il prodotto esclusivo e di classe che deve essere Made in Italy al 100% e frutto del lavoro di operai rigorosamente italiani”. Stephen, L'impronta 03 e Stefano Affede sono tutti marchi certificati Made In Italy.
Quella di Stefano però non è sempre stata una storia rosea e felice. “Nel febbraio del 2017, come vi aveva annunciato, il laboratorio a Villa Lauri viene dichiarato inagibile a causa del sisma e quindi ho deciso di comprare questo capannone a Pollenza da ristrutturare e rendere operativo per portare avanti l'Azienda – ci spiega Stefano -. Ma non pensavo che sarebbe stato così difficile. Ho dovuto aprire più di un mutuo per sistemarlo e rifare tutto partendo da zero, perché qui non c’era nulla; ma ciò che mi ha abbattuto maggioramente è qualcos'altro."
“I miei sei dipendenti, dopo il terremoto, sono andati in cassa integrazione per sei mesi – ci spiega il titolare -. Dopo questo periodo sarebbero però rimasti a casa ma io non potevo lasciare in mezzo alla strada la mia “famiglia”, le persone con cui ho condiviso oltre 35 anni di attività. Sono stati due anni terribili, non lo nego. Più volte ho pensato di mollare tutto, ma non potevo farlo né a me né a loro. Ho quindi deciso di far fare loro i lavori di sistemazione del capannone invece che farli fare a una ditta esterna, in modo da poter dare loro uno stipendio. Solo che ora, l’Ufficio Ricostruzione, mi ha detto che il denaro che ho investito per i lavori nel nuovo stabilimento non mi può essere rimborsato perché non è stata una ditta esterna ad eseguire tutti i lavori."
Insomma oltre il danno la beffa anche se Stefano, sicuramente con meno soldi in tasca, può dirsi orgoglioso dell’uomo che è e dell'esempio di solidarietà e umanità che ha dato a tutti noi.
"Credo che oggi sia emerso il dato veramente importante: che Pamela non fosse una tossicodipendente. Penso sia stato ben inquadrato il suo quadro clinico: una persona a doppia diagnosi affetta da borderline grave che, come effetto secondario, dava la dipendenza da sostanza stupefacente - il commento dello zio di Pamela e legale della famiglia Mastropietro, Marco Valerio Verni -. Ciò che interessa ai fini della ricostruzione e della dinamica contestati all'imputato sono i tratti di questa patologia psichiatrica che Pamela aveva."
"Abbiamo appreso di Oseghale anche il fatto che non lesina calunnie nei confrtoni di nessuno: compresi i poliziotti penitenziari che ha accusato di averlo picchiato per fargli scrivere il foglietto famoso (quello in cui Oseghale scrisse "Desmond, via dei Velini 127", ndr.) - ha proseguito Verni -. Spero che la Procura agisca in questo senso e contesti il reato di calunnia a Oseghale per questo grave fatto: non bisogna lasciare gli agenti penitenziari in balia di questi pericoli, cioè che possano essere accusati falsamente di un reato infamante. Le nostre forze dell'ordine devono essere tutelate e spero che la Procura agista per calunnia nei confronti di Oseghale, per questo fatto che ne mina ulteriormente l'attendibilità e dimostra che l'imputato non ha timore di calunniare nessuno."
Oseghale riferì infatti che era stato percosso dalle guardie penitenziarie del carcere di Montacuto ad Ancona, una dichiarazione smentita dagli stessi agenti presenti in aula e dagli esami medici eseguiti sul corpo dell'imputato, dove non venne trovato con alcun tipo di lesione.
Per quanto riguarda gli aspetti tecnici affrontati durante la terza udienza "questi confermano in parte ciò che abbiamo sempre sostenuto. Inoltre i tabulati telefonici (deposizioni odierne, ndr.) confermano che non può essere esclusa la presenza di Lucky Desmond all'interno dell'appartamento in via Spalato ("dalle 11:47 alle 11:50 e dalle 14:07 alle 14:09", ndr.) - ha proseguito Verni -. Per gli aspetti medico legali e tossicologici ci riserviamo di aspettare i consulenti della Procura e quelli di parte."
Sono stati i consulenti della Procura Luca Russo e Daniele Pieroni, a deporre riguardo alle intercettazioni telefoniche dell'imputato. In base alle celle telefoniche, Oseghale si trovava in casa dalle 11:37 alle 13:45 e dalle 16:30 alle 17:49. Il cellulare di Oseghale sarebbe poi rimasto spento dalle 18:58 alle 22:08. Mezz'ora dopo Oseghale chiamò il taxista che lo accompagnò a Casette Verdini per gettare i trolley. Il 30 gennaio inoltre, come riferito sempre dai consulenti della Procura, l'ex compagna dell'imputato ha avuto contatti reiterati con lui e quel giorno inviò al nigeriano SMS e messaggi whatsapp chiamandolo "Falso, puttaniere" e parlava della presenza di una donna in casa, una "sfasciafamiglie", che aveva anche intravisto in una videochiamata.
In conclusione, in merito alle parole dello psichiatra della Comunità PARS che seguiva Pamela, Verni ha parlato di una deposizione "molto approssimativa. L'ultima volta che vide Pamela fu il 16 gennaio quindi non poteva avere la minima idea di come lei stava al momento dell'allontanamento, anche in virtù del fatto che Pamela cambiava umore da un momento all'altro. Anche il fatto che avesse avuto un rapporto sessuale all'interno della struttura (con un giovane di Napoli, come riportato dallo psichiatra, ndr.) ci lascia perplessi. Possibile che in una comunitò terapeutica possa accadere questo."
E sulla non presenza dell'ex compagna di Innocent Oseghale, Michela Pettinari, il legale della famiglia Mastropietro ha espresso la sua contrarietà. "Lei (Pettinati, ndr.) raccontò che il suo compagno era insieme ad altre persone nigeriane e oggi si è addirittura resa irripetibile e non verrà sentita come teste: questa non mi sembra una cosa normale."
Tra i teste sentiti quest'oggi in Corte d'Assise a Macerata durante il processo che vede imputato Innocent Oseghale per l'omicidio di Pamela Mastropietro c'era anche il taxista che accompagnò il nigeriano, la sera tra il 30 e il 31 gennaio 2018, a gettare i due trolley con dentro il corpo fatto a pezzi della 18enne romana.
Patrick Blaise Noutong Tchomchoue, di orgini camerunensi, nel corso delle indagini, era stato ascoltato due volte dagli inquirenti, il 31 gennaio e il 2 febbraio e aveva riferito che l'imputato, nel tragitto, aveva fatto due telefonate, una parlando in italiano e una in inglese. Versione che non ha completamente confermato quest'oggi in quanto "ricordo che fece le due telefonate" senza però ricordare le rispettive lingue delle stesse.
"Ho accompagnato Oseghale nel luogo dove mi chiese di portarlo, anche se inizialmente mi aveva detto di andare a Tolentino, ma cambiò idea durante il tragitto - la deposizione del teste -. Ho deciso poi di tornare lì perché per me era strano che avesse gettato le valige in un canale, le avrebbe dovute portare in un'isola ecologica. Ho preso una torcia, ho fatto luce e ne ho aperta una. All'interno ho visto qualcosa che somigliava a un intestino e ho subito pensato che fosse carne animale. Poi però ho visto una mano e le unghie e lì ho avuto paura. Ho pensato 'questo ragazzo ha fatto un casino'. A quel punto sono tornato a casa, ho parlato con mia moglie e gli ho raccontato tutto. Il giorno dopo dovevo essere a Roma e sarei dovuto partire alle 5:00, per questo non ho denunciato subito l'accaduto."
Al termine della terza udienza, è stata respinta la richiesta della parte civile di convocare coattivamente la teste Michela Pettinari, ex compagna dell'imputato che non si è presentata in data odierna, a deporre nelle prossime udienze. Le sue dichiarazioni (quella del 9 febbraio e quella del 15 febbraio) verranno comunque messe agli atti e la Procura ha richiesto che venga esaminato anche l'articolo di una rivista, con data 21 febbraio 2018, che ritrae l'imputato in due fotografie, probabilmente di vita comune, e nelle quali compare uno dei due trolley in cui successivamente lo stesso Oseghale avrebbe messo il corpo di Pamela Mastropietro.
Nella terza udienza del processo contro Innocent Oseghale è stato ascoltato come teste il Maggiore Luca Gasparollo dei RIS di Roma. Lo scorso 31 gennaio 2018, il Reparto investigazioni scientifiche aveva proceduto con l'ispezione cadaverica sul corpo di Pamela Mastropietro e con l'acquisizione dei campioni per gli esami: alcuni eseguiti il giorno stesso, altri nei giorni successivi.
Tutto l'appartamento di Via Spalato è stato ispezionato: nello specifico la cucina, il salotto, l'atrio, la camera da letto. Sono stati esaminati accuratamente anche gli indumenti rinvenuti dell'appartamento: il pellicciotto appartenente alla vittima, dove sono state rinvenute tracce dell'imputato; un mozzicone di sigaretta, dove è stato rilevato il DNA sia della vittima sia di Oseghale e sull'orologio della vittima.
Riportando quanto emerso dal fascicolo inerente l’ispezione, il Maggiore Gasparollo ha spiegato: "Sul terrazzo sono state rinvenute diverse tracce ematiche e frammenti di tessuto della vittima. Tracce di sangue inoltre sono state rinvenute sul pavimento interno dell'abitazione, su un coltello, su una mannaia, sulla lavatrice, su un seggiolone e nell'umido. Sul pavimento del salone è stata rinvenuta anche un'impronta plantare fatta a piede nudo e una indossando una scarpa”. Da segnalare come all'interno dell'abitazione sia stata fatta una pulizia molto accurata del sangue: la cui presenza è stata evidenziata soltanto con il luminol.
Il Maggiore ha poi deposto in merito ai prelievi effettuati sul corpo di Pamela, per le relative analisi, in data 31 gennaio 2018: "Parliamo di un cadavere che era in una condizione particolare, con un forte odore di cloro, riconducibile alla varechina, lo stesso odore che era nelle valigie. Inoltre c'era una disarticolazione del corpo e la rimozione di alcuni tessuti come il monte di venere, i seni, la pelle della cassa toracica. Non ci siamo mai trovati davanti a un corpo trattato così". Una deposizione che ha provato la madre di Pamela, Alessandra Verni, presente in aula.
I vari accertamenti, come ha spiegato Gasparollo, sono stati indirizzati sia alla verifica dell'identità della vittima, sia alla possibile acquisizione di eventuali tracce riconducibili a soggetti entrati in contatto con il corpo: "Abbiamo proceduto poi al campionamento di parti del corpo. Tutte le tracce ematiche e i tessuti trovati nell'appartamento sono riconducibili a Pamela Mastropietro. Il DNA dell'indagato è stato rinvenuto sul mozzicone di sigaretta, sulle scarpe Nike e sulla vittima."
"Con un secondo test confermativo, è stato rinvenuto del liquido seminale dell'ingresso dell'utero e della cervice della vittima, appartenente all'imputato."
Sono quattro in totale i profili rilevati dal Maggiore e dai RIS di Roma. Un profilo B, compatibile con Innocent Oseghale, il profilo C, compatibile con il tassista (Fernando Javier Crisel), il profilo D, che appartiene a un uomo di ignota identità e le cui tracce sono state rinvenute dagli esami del tamponamento della lingua e il profilo E, sempre ignoto e le cui tracce sono state rinvenute sulle maniglie del trolley dorato.
All'interno dell'appartamento è stato rinvenuto liquido seminale riconducibile anche a un altro soggetto, che non corrisponde né alla vittima né all'imputato.
"Noi abbiamo lavorato sui campioni di saliva della vittima, due per la precisione - ha aggiunto Gregori, consulente tossicologico dei RIS di Roma -. È stata trovata morfina, che corrisponde alla deacidazione dell'eroina e codeina, un alcaloide presente sempre nell'eroina. Inoltre sono stati rinvenuti 81 grammi per millilitro di metadone" e tre tipi di farmaci per l'umore.
Il legale della famiglia Mastropietro - nonché zio di Pamela - Marco Valerio Verni, si è sottoposto alle domande dei giornalisti durante la pausa della terza udienza ad Innocent Oseghale, unico accusato dell'omicidio: "Oggi è stato chiarito un aspetto importante, spesso riportato male dagli apparati mediatici. Pamela non era una tossicodipendente, ma aveva un disturbo della personalità bordeline grave a cui come effetto secondorio era purtroppo associata la dipendenza da sostanza stupefacente. Questo cambia radicalmente il quadro. Pamela era una persona con degli sbalzi umorali importanti che la ponevano a rischio con il mondo esterno. Di questo ne potevano essere a conoscenza anche lei persone con le quali è venuta a contatto".
"Nel momento in cui Pamela si allontana dalla comunità - prosegue Verni -, era in un forte stato di crisi: questo ha contribuito notevolmente a tutto quello che è avvenuto successivamente"
Ecco il video con l'intervista completa all'avvocato Marco Valerio Verni:
Come riportato dallo psichiatra, il Dottor Giovanni Di Giovanni, della comunità Pars di Corridonia, dove Pamela Mastropietro era in cura, emerge come la 18enne avesse un quadro clinico molto particolare e molto difficile nel momento in cui si è allontanata dalla struttura maceratese.
"Quello che iniziò con Pamela, fu un rapporto terapeutico e non tanto farmacologico - spiega il Dottore nella sua deposizione al Tribunale di Macerata, nel corso della terza udienza del processo di primo grado che vede imputato il nigeriano Innocent Oseghale -. Quella di Pamela era una storia clinica complessa. La giovane, soprattutto nell'ultimo periodo di permanenza, a partire dal 26 dicembre, si induceva il vomito e si era fatta delle autolesioni. Per questi motivi, a partire dal 28 dicembre, era iniziata una terapia a base di Olanzapina, una terapia per curare il fenomeno del borderline."
"Dal 26 dicembre al 7 gennaio Pamela ebbe forti crisi e discontrolli emotivi - ha continuato il medico -: aveva dei momenti di lucidità ma non si sapeva rapportare bene alla realtà".
Come lei stessa raccontò allo psichiatra "mi disse che a 12 anni aveva iniziato a fare utilizzo di alcool, mentre a 14/15 anni aveva iniziato a utilizzare cannabis, cocaina ed eroina. Mi parlò anche di episodi di autolesionismo a 12 anni, mi parlò di attività di prostituzione, di spaccio di stupefacenti e furti."
"Pamela aveva un grande affetto per i genitori ma, nello stesso tempo, un rapporto di conflittualità - ha continuato il Dottore -. Dopo gli atti di autolesionismo, alla terapia della 18enne sono stati aggiunti dei farmaci che agiscono sull'apatia e sui sintomi negativi a basse dosi."
"A mio avviso, chi può averla vista dopo la sua uscita dalla comunità e ci si è relazionato, può aver percepito i suoi sintomi di malessere" - ha concluso Di Giovanni, evidenziando il profilo di una giovane debole e con una situazione psichica particolare e difficile.
Pamela
Basta entrare nei locali di produzione de La Pasta di Camerino, o aprire una confezione della pasta Hammurabi, la grande novità del 2018 della nota azienda maceratese, per sentire gli odori della pasta fatta con ingredienti italiani.
Abbiamo incontrato Federico Maccari, il direttore dell’Azienda che, a 27 anni, ha preso in mano ciò che suo padre Gaetano e sua mamma Mara Mogliani hanno costruito nel 2002 partendo da una piccola impastatrice. Papà Gaetano è il tipico grande lavoratore marchigiano di poche parole: un vero mastro pastaio che ogni mattina alle quattro accende i macchinari dell’Azienda dando il buon esempio alla sua “famiglia”.
“La lavorazione de La Pasta di Camerino avviene a basse temperature, sempre inferiori ai 100 gradi, per far sì che non si perdano i veri sapori – eccoci svelato uno dei segreti del successo dal giovanissimo Federico -. La nostra volontà è quella di rimanere sempre fedeli al prodotto dando ai nostri clienti il massimo della qualità: non devono esserci compromessi, bisogna sempre seguire la tradizione.”
Un’azienda relativamente giovane, che porta avanti i valori della famiglia, del territorio, della passione e della tradizione e che produce 180 diversi tipi di pasta. “Siamo arrivati oggi al quarto ampliamento – ci spiega Federico – dopo un’ascesa rapida e ricca di soddisfazioni: il nostro pastificio è il terzo più grande d’Italia con la sua superficie di 10 mila metri quadri e i suoi 68 dipendenti. L’Azienda è sempre stata pensata con il suo nome attuale perché la volontà di mio padre è sempre stata quella di dare importanza al territorio, un territorio che spesso ci penalizza ma che è anche uno dei valori aggiunti del nostro successo.”
Tutti i dipendenti dell’Azienda sono del posto, anche se Federico non ci nasconde che “questa peculiarità, soprattutto due anni fa, è stata un “problema”. 36 dei nostri dipendenti il 30 ottobre del 2016 sono rimasti senza casa e si sono dovuti spostare lungo la costa – ci racconta Federico -. La struttura, che è antisismica, non ha subito danni, come hanno confermato i tre ingegneri che il 30 ottobre l’hanno visionata, ma abbiamo avuto dei “danni indiretti” come ad esempio la difficoltà per i nostri dipendenti di raggiungere il luogo di lavoro ogni giorno partendo dalla costa. Un momento di criticità che però ha rafforzato ancora di più la nostra famiglia: nessuno ha infatti fatto mancare il sostegno all’altro.”
Proprio le risorse umane sono un altro degli ingredienti del successo de La Pasta di Camerino. “Il nostro intento è quello di far crescere e formare i nostri dipendenti che dimostrano di avere voglia di imparare – ci spiega Federico -. Sei persone sono alla produzione, sei al confezionamento e poi c’è lo stoccaggio.” La Pasta di Camerino rappresenta ciò che potremmo definire l’artigianato marchigiano e seleziona esclusivamente le delicate mani delle donne per trattare con cura i nidi della pasta all’uovo destinati al confezionamento. Una produzione giornaliera che si aggira sui 400 quintali e uno stabilimento capace di produrne 500.
Uno dei principali vanti de La Pasta di Camerino è di utilizzare ingredienti 100% italiani e certificati. “La proporzione è di otto uova per ogni chilo di semola – spiega nel dettaglio Federico -. Dopo l’impasto, il tutto viene posizionato nella trafila di bronzo che determina il taglio della pasta e il tutto esce dalla parte in bronzo e in acciaio. I nostri macchinari inoltre si distinguono da quelli che ci sono normalmente in circolazione perché sono ideati e progettati da mio padre: chi meglio di lui sa cosa serve per fare un vero prodotto di qualità” sorride Federico. “Per quanto riguarda la pasta all’uovo invece, le uova e la semola vengono impastate per circa trenta minuti e poi una vite le spinge dall’impastatrice fino alla trafila in bronzo. La pasta qui viene poi assottigliata, grazie a un macchinario, e posizionata sui nidi (telai in legno) per poi essere messa in essiccazione che, in base ai formati, può durare dalle 28 alle 52 ore. Dopo l’essiccazione i macchinari prelevano i telai e li portano alle operatrici che procedono con il confezionamento.”
Lo scorso anno la famiglia Maccari ha lanciato sul mercato anche una novità, la Pasta Hammurabi. “Il grano da cui prende il nome è un grano antico che per molto tempo è rimasto abbandonato – ci racconta Federico -. La sua storia parte dalla lontana Mesopotamia, il grano arriva poi in Sardegna e infine nelle Marche: il nostro è registrato a Taccoli, una piccola frazione di Camerino. Gli agricoltori di Taccoli, ricevono il grano dalla famiglia Maccari e lo seminano, lo raccolgono e lo macinano nei loro mulini: il che permette un controllo chiuso della filiera. Poi c’è la micronizzazione: la crusca viene quindi completamente polverizzata e dopo questo step il grano passa allo stabilimento de La Pasta di Camerino che lo lavora e lo mette sul mercato.”
“Un grano per il quale ci sono voluti dieci anni di lavoro per riportarlo alla sua purezza, che ha indubbiamente un costo maggiore per la sua lavorazione ma che tiene conto di moltissime esigenze del mercato odierno – ci spiega Federico -. In primis l’alimentazione corretta e sana, anche visto il grande boom delle intolleranze; è inoltre un grano monococco e quindi ha una storia davvero antica ed è apprezzato, fin dai tempi della Mesopotamia appunto, per le sue proprietà nutrizionali; inoltre la pasta ha una cottura inferiore rispetto ai tempi normali, un’accortezza pensata proprio perché oggi, la vita di tutti i giorni, è sempre più frenetica e veloce.”
Passione, materie prime 100% italiane, tradizione, unione, valore alle risorse umane e qualità: sono questi i principali ingredienti che, insieme a grano e uova, rendono La Pasta di Camerino leader in tutto il territorio nazionale (e non solo).
Il Consiglio di Amministrazione del Banco Marchigiano ha approvato il 22/02/2019 il risultato economico patrimoniale dell’esercizio 2018 caratterizzato da importanti performance sia sul fronte dell’attività ordinaria che su quello dei progetti straordinari. La prima parte dell’esercizio ha visto perfezionata l’intensa attività di revisione organizzativa e del modello distributivo volta a efficientare i processi aziendali e l’offerta per la clientela. In tale contesto si è altresì proceduto alla completa revisione di tutti i centri di costo con risparmi vicini al milione di euro che hanno finanziato la fase di crescita formalizzata nella seconda parte dell’esercizio attraverso l’apertura delle tre nuove Filiali di Castelfidardo, Loreto, Osimo ed il progetto aggregativo con Banca Suasa con la conseguente nascita del Banco Marchigiano.
Ingenti anche gli investimenti strutturali: daI miglioramento del layout di alcune Filiali, in alcuni casi anche attraverso il riposizionamento territoriale, alla dotazione di Atm evoluti per automatizzare le operazioni correnti da parte dei clienti fino a nuove dotazioni per i cassieri che migliorano sia i requisiti di sicurezza che i tempi d’attesa. Anche i numeri, come rappresentato di seguito, confermano un trend decisamente positivo e segnano un’importante inversione di tendenza nei confronti dell’attività caratteristica che contribuisce sensibilmente alla capacità di produrre reddito e sostenere le iniziative dei propri territori pur in un contesto economico ancora critico. Il CDA ha sottolineato con soddisfazione i risultati ottenuti, inseriti in un quadro di deciso sviluppo della Banca che si proietta ora concretamente in una dimensione regionale.
I risultati patrimoniali al 31/12/2018
Il totale dei mezzi amministrati ammonta a 970 milioni di euro: la crescita, riferita alla sola componente di BCC Civitanova in quanto l’operazione di fusione ha avuto efficacia giuridica il 15 Dicembre scorso, è pari all’8,8% ed è caratterizzata dalla raccolta diretta in crescita del 6,7% e l’indiretta in crescita del 14,5%; decisa anche la crescita della voce risparmio gestito per un +15%. Gli impieghi, pari a € 530 milioni, crescono del 6,8% con la parte a breve che si caratterizza per la prima volta per una crescita del 28%. I numeri segnano pertanto una crescita armonica di tutte le componenti legate all’attività caratteristica.
Si richiama come l’elevata incertezza sulle prospettive di ripresa ha indotto la Banca ad adottare una politica estremamente rigorosa nella valutazione dei crediti deteriorati. A fine esercizio la percentuale di copertura di tutto il credito deteriorato è del 51% dopo l’operazione di cessione delle sofferenze perfezionata nel mese di Luglio. Il rapporto tra impieghi e raccolta è pari al 73%.
I risultati economici al 31/12/2018
Il margine d’intermediazione da attività caratteristica, pari a 18,9 mln €, segna un andamento in crescita del 6,4% in particolare grazie al contributo del margine da servizi in crescita del 7,2%. L’utile netto si attesta a € 2,8 milioni di euro in crescita del 94% rispetto all’esercizio precedente e dopo aver interamente spesato oneri straordinari legati al processo aggregativo per 2,5 mln€. La nuova realtà Banco Marchigiano, connotata da 24 filiali, 162 dipendenti, 9.000 soci, un texas ratio dell’83% e un total capital ratio superiore al 14% parte senz’altro con il piede giusto.
Rinforzi nell’Area Mercato e Crediti. Il Banco Marchigiano si rinforza, affida l’Area Crediti a Massimo Calabria e inserisce nell’assetto organizzativo la nuova Area Mercato, di cui è responsabile Andrea Piergallini. Originario di Chiari, in provincia di Brescia, Massimo Calabria arriva al Banco Marchigiano dopo un’esperienza bancaria fortemente caratterizzata dalla specializzazione nei crediti. Dal 2012 fino allo scorso anno è stato Responsabile dell’Area Crediti e Monitoraggio in Banca Centropadana. Precedentemente ha avuto una lunga esperienza al Credito Agrario Bresciano, divenuto poi Banco di Brescia (e attualmente UBI), dove ha rivestito vari ruoli di responsabilità. Andrea Piergallini, invece, è anconetano e, dopo aver maturato una ventennale presenza e conoscenza del territorio dorico lavorando dal 1978 al 1997 per la Banca Popolare di Ancona con vari incarichi, si è successivamente specializzato, anche con ruoli di Direzione, nell’attività commerciale e nei rapporti con stakeholders, istituzioni e associazioni di categoria.
"È cambiato il volto oltre alla denominazione sociale della Banca - le parole del Presidente Sandro Palombini -. Siamo molto soddisfatti, nonostante la strada da fare, dela nuova struttura organizzativa e del nuovo personale. Nel 2019 la fusione porterà a risultati positivi mentre nel 2020 si avrà la vera e propria partebza completa della Banca."
"Abbiamo avviato una revisione degli assetti organizzativi - ha proseguito il Direttore Marco Moreschi, che si definisce un "marchigiano da un anno e mezzo" - con una chiara individuazione dei centri di responsabilità e un accentramento dei processi lavorativi e con un nuovo modello distributivo che fosse in grado di interagire con i nostri territori. Quello del Banco Marchigiano è un progetto a vocazione regionale, fatto grazie a un lavoro di grande sinergia perché ci sono tanti protagonisti e ognuno dà il meglio di sè e questo non è mai banale. Tutto funziona estremamente bene e all'unisono, con grande equilibrio e professionalità da parte di tutti: questo, lasciatemelo dire, è un valore aggiunto che vale molto più di qualsiasi numero."
"Il nostro è un patrimonio che appartiene al territorio - ha aggiunto il vicepresidente Marco Bindelli -: con l'incorporazione della Banca Suasa abbiamo messo le nostre eccedenze patrimoniali a servizio della Regione e i rischi, dal punto di vista interno, non li vediamo".
"Essere banca di credito cooperativo e banca del territorio rimane la nostra mission con obiettivi ambiziosi e di tutela per tutti - ha aggiunto Stefano Torresi, Presidente del Collegio Sindacale -. Continueremo a lavorare con slancio e con l'impegno profuso fino a oggi."
Mentre le salme di Gianluca Carotti ed Elisa Del Vicario venivano trasferite all’Obitorio dell’Ospedale di Civitanova Marche, il legale del 34enne marocchino, accusato di omicidio stradale plurimo aggravato, l’avvocato Vando Scheggia, incontrava il suo assistito ricoverato presso il reparto di Ortopedia del nosocomio della città rivierasca.
“Il quadro accusatorio di Marouane Farah è molto grave perché parliamo di omicidio stradale aggravato dal fatto che il conducente fosse sotto l’effetto di sostanze alcoliche – spiega l’avvocato Scheggia -. Il 34enne in questo momento è in stato di arresto e, se cumuliamo il suo attuale quadro con qualche problema che aveva avuto precedentemente, diciamo che la sua situazione è molto grave. Secondo me, rischia da un minimo di cinque a un massimo di dieci anni.”
“Ci sono stati alcuni problemi di natura burocratica per il nostro colloquio in quanto non risultava la mia nomina come avvocato poi il tutto è stato sistemato – ha continuato il legale -. Ho parlato con Farah per lo stretto indispensabile in merito all’udienza di convalida che, penso si risolverà in poche parole: il mio assistito racconterà cosa è successo nella notte tra sabato e domenica.”
“Lui ha un precedente in corso non indifferente – ha spiegato Scheggia – per il quale è fissato il processo per il 26 marzo con rito abbreviato per il reato di detenzione ai fini di spaccio per un paio di quintali di hashish: credo ci sarà una condanna anche per quello. Una situazione che si sommerà a ciò che è avvenuto sabato notte, sempre che l’incidente non sia avvenuto, come da lui stesso dichiarato, nella corsia di sua pertinenza. Il mio assistito infatti sostiene che non è stato lui a sbandare, ma l’auto che veniva in senso contrario. Allo stato attuale delle cosa io nulla posso dire in merito se non che attendiamo gli esiti dei rilievi stradali.”
“Lui si ricorda di aver sorpassato un’auto, di essere rientrato dopo il sorpasso e subito ha visto gli abbaglianti di una macchina venire in senso contrario – ha concluso il legale -. Alla mia domanda ‘dove è successo l’incidente?’, il mio assistito ha risposto che secondo lui è avvenuto nella corsia di sua competenza.”
LA VIDEO-INTERVISTA AL LEGALE VANDO SCHEGGIA
Il Gruppo Giustozzi è attivo da oltre quarant’anni nel settore del turismo e della ristorazione ed è diventato un'importante realtà maceratese conosciuta anche fuori dai confini regionali.
Dalle cerimonie ai convegni, dalle cresime ai matrimoni, dai compleanni alle feste in generale, il Gruppo Giustozzi è leader nel settore e ha affidato alla meticolosa cura per i dettagli e alla qualità dei servizi il suo successo e la sua unicità. 108 camere, una palestra, una sala convegno, 270 posti auto. Questi sono solo alcuni numeri del Cosmopolitan, uno dei gioielli del Gruppo Giustozzi che, a oggi, conta 62 dipendenti.
“Scegliere i nostri servizi – ci spiega Giuseppe, titolare del Gruppo – significa prediligere l’eleganza, la professionalità e la qualità, ma condividere al tempo stesso i valori di una famiglia che da anni offre alla propria clientela un raffinato connubio tra modernità e tradizione, sobrietà e raffinatezza, senza dimenticare il valore del territorio.”
Giuseppe Giustozzi si diploma nel 1965 alla scuola alberghiera, dopo aver frequentato l’anno prima a Senigallia per poi spostarsi a Salerno. “Subito ho ricevuto la prima proposta di lavoro per il Grand Hotel Bellavista a Montecatini, dove ho iniziato facendo l’aiuto cucina – ci racconta Giuseppe -. Dopo due anni il mio maestro, lo chef Angelo Palombo, mi chiese se me la sentivo di fare il capo partita dei primi con il suo aiuto. Io accettai subito ma il suo aiuto durò davvero poco perché mi disse che ero molto più bravo da solo.”
Dopo questa prima esperienza Giuseppe lavora poi per l’Hotel Cristallo di Cortina. Si susseguono tante stagioni dietro ai fornelli finché non arriva il momento del servizio militare. “Otto giorni dopo aver concluso la leva mi sono sposato e sono partito per il viaggio di nozze: anche in quell’occasione lavorai perché un mio carissimo amico chef mi chiese se potevo dargli una mano per un servizio e non mi tirai indietro” – ci spiega sorridendo Giuseppe.
“Quando tornai decisi di avviare qualcosa di mio – spiega -. Nel 1978 chiesi al comune di Pollenza di poter gestire l’Hotel comunale e me lo affidarono per cinque anni, dopo i quali ho deciso di acquistarlo per 860 milioni, facendolo diventare il Parco Hotel. Dopo comprai il Recina Hotel a Montecassiano e infine il Cosmopolitan a Civitanova Marche. È sempre stato un crescendo di successi e di conquiste, dovute principalmente dal sacrificio e della passione." Giuseppe, nella gestione del suo "impero" è fedelmente affiancato dai figli Samuele e Luca e da sua moglie Orietta, che lui stesso definisce “il grande capo”. “Con il nostro catering, negli anni, abbiamo lavorato in ogni parte del mondo e per chiunque: America, Australia, Monaco e l’Italia intera – ci racconta Giuseppe -. Ho avuto l’onore di cucinare anche per il Papa e per vari Presidenti di Repubblica.”
Non contento del grandissimo successo raggiunto il patron del Gruppo decide di cimentarsi in una nuova sfida. “Mi è balenata in testa l’idea di produrre le olive all’ascolana e insieme ai miei due soci, Marinangeli e Crocetti, abbiamo dato vita a CGM, una realtà leader nel settore dei fritti. Abbiamo viaggiato in tutto il mondo per far conoscere uno dei prodotti più unici della nostra regione: alcune volte è andata bene altre non proprio come volevamo. Ricordo quando portai una padella per friggere le olive al momento a New York: gli statunitensi hanno una cultura gastronomica diversa dalla nostra e rimasero diffidenti, presi e tornai a casa."
“Se dovessi dare un consiglio ai giovani che oggi vogliono intraprendere questo lavoro? Sicuramente direi loro 'benvenuti', ma è importante avere la voglia di lavorare quando tutti gli altri si divertono: il lavoro della ristorazione e quello turistico, implicano molte rinunce e tantissimi sacrifici, ma possono regalare anche grandissime soddisfazioni, quelle che io ho avuto la fortuna di avere nella vita, partendo da zero e guadagnandomi tutto da solo” il consiglio di Giuseppe.
Maria Raffaella Abbate, capo della Squadra Mobile di Macerata, e Lorenzo Sabbatucci, Commissario di Civitanova Marche, hanno illustrato questa mattina, nel corso di una conferenza stampa presso la Questura di Macerata, una importante operazione, coordinata dal Sostituto Procuratore Enrico Riccioni, che ha permesso di dare esecuzione a una custodia cautelare in carcere nei confronti di Bledar Pjetri, 31enne di origine albanese, incensurato, regolare sul territorio nazionale, accusato di estorsione continuata, tentata estorsione e lesioni gravi ai danni di un cittadino italiano, titolare del TOP Night Club di Civitanova Marche, in via Martiri di Belfiore.
Lo scorso 27 gennaio, proprio all'esterno del locale, gli uomini del Commissariato di Polizia erano intervenuti in seguito a un'aggressione ai danni del titolare del night, che aveva riportato una frattura nasale con un prognosi di 21 giorni.
La celere attività investigativa della Squadra Mobile e del Commissariato di pubblica sicurezza di Civitanova Marche, basata sulla visione delle immagini delle telecamere di videosorveglianza della Città e sull'ascolto di moltissimi testimoni, ha portato alla luce che il titolare del locale era vittima di estorsione da circa un anno. Il 31enne albanese infatti, non pagava mai gli ingressi nel night, consumava gratuitamente ed esercitava al contempo una forma di intimidazione verso il titolare del locale anche con una pistola, detenuta illegalmente e mai rinvenuta.
Il 31enne era arrivato anche ad avanzare una richiesta di 5mila euro al titolare del night che, a causa delle pressanti intimidazioni, non era mai riuscito a denunciare quanto stava accadendo nel suo locale. La somma, a detta dell'arrestato, doveva essere corrisposta in cambio della "protezione garantita" al locale. Dopo l'aggressione del 27 gennaio, il 31enne albanese aveva anche tentato di introdursi nuovamente all'interno del night, ma era stato prontamente allontanato.
L'arrestato è stato rinchiuso presso il Carcere di Montacuto nella giornata di ieri.
Il Carnevale, che quest'anno cadrà domenica 3 marzo, si sa è sinonimo di divertimento, allegria, gioco ma soprattutto di grandi abbuffate di dolci.
Prima però della grande festa della domenica, ricorre in tutta la nostra Penisola, il famoso Giovedì Grasso, l'ultimo giovedì prima dell'inizio della Quaresima che, viene appunto chiamato in questo modo perché, in tempi passati era, insieme al martedì grasso, il giorno in cui si mangiava in abbondanza prima di entrare nel periodo della "penitenza alimentare".
Dalle chiacchere alle frittelle, dagli arancini alle castagnole passando per le sfrappe: sono tantissimi i dolci tipici di questo periodo dell'anno e, insieme a una pietra miliare della pasticceria maceratese abbiamo deciso di svelarvi (non completamente) la ricetta di uno dei dolci tipici marchigiani di Carnevale: gli scroccafusi.
Nino Caffè a Macerata affonda le sue radici nel 1929 e chi meglio di lui poteva raccontarci i segreti di questo tipico dolce della nostra Regione?
"Noi, a differenze della grande produzione, facciamo esclusivamente gli scroccafusi fritti. I veri segreti della ricetta, che mi ha tramandato mia madre, non ve li posso rivelare - sorride Dante - ma possiamo dare un'infarinatura ai lettori su come preparare al meglio questa prelibatezza per il palato."
"Gli ingredienti degli scroccafusi fritti sono farina, uova, olio di oliva, zucchero, mistra Varnelli, lievito e vaniglia - ci rivela Dante -. Si prepara quindi l'impasto e poi viene fatto riposare per circa mezza giornata. Quando l'impasto è pronto, con l'aiuto di una saccapoche, adagiamo singolarmente gli scroccafusi nell'olio di girasole, portato precedentemente a ebolizzione. Una volta fritti, i dolci possono essere decorati con miele, alchermes o semplicemente zucchero a velo."
Dal laboratorio di pasticceria completamente artigianale del Nino Caffè escono ogni giorno dolci e leccornie alle quali è davvero difficile resistere: noi abbiamo provato per credere e vi assicuriamo che non rimarrete delusi. Ora non vi resta che provare a casa la ricetta di Dante degli scroccafusi fritti e, se non vi dovesse riuscire, il Nino Caffè vi aspetta in via Roma a Macerata.
Il video della preparazione degli scroccafusi fritti:
Presentato oggi in conferenza stampa presso l’Università di Camerino, il nuovo Centro “Legalità, Diritti e Senso Civico” dell’Ateneo, un centro interscuola di studi, ricerche e formazione per lo studio delle mafie e di altri fenomeni sociali devianti, che sarà coordinato dal prof. Marco Giovagnoli, docente della Scuola di Giurisprudenza. Nel Centro, docenti e ricercatori metteranno a disposizione ciascuno il proprio contributo e le proprie competenze sulle questioni che riguardano i topics.
“Oggi per noi è una giornata molto importante perché presentiamo una di quelle iniziative che devono essere patrimonio non solo di un Ateneo, ma di una comunità, di una intera nazione – il commento del Rettore Pettinari -. Abbiamo deciso di fare qualcosa per il nostro territorio, prendendo spunto da ciò che avvenne con il terremoto del 1997, affrontando i temi della legalità, del senso civico, dei diritti umani.”
“Abbiamo bisogno di un contenitore – ha proseguito il Rettore -, che sia in grado di raccogliere tutti questi temi e dobbiamo farlo perché siamo un’Università moderna, che deve discutere con il proprio territorio. Un grandissimo ringraziamento va a Nando Dalla Chiesa, che ha creduto in questo progetto quanto me e il Dottor Giovagnoli.”
Un ringraziamento molto sentito quello indirizzato al professor Dalla Chiesa anche nelle parole di Giovagnoli: “Una persona dotata di competenza, empatia e profondità umana, che ha condiviso, insieme al nostro gruppo, la prospettiva a lungo periodo del progetto.”
“Camerino è uno dei comuni colpiti dal sisma del 2016 – ha proseguito Giovagnoli – e ha colpito a diversi livelli il nostro territorio. Credo che dove rimangono dei vuoti si infiltra il malaffare: noi vogliamo lavorare su questo. La criminalità organizzata di stampo mafioso è il cuore da cui parte il Centro, anche perché parliamo di fenomeni di dimensioni globali che attraversano territori molto estesi.”
“La struttura dei doveri non deve essere scontata, non dobbiamo mai abbassare la guardia – ha concluso Giovagnoli -. Il drammatico incremento, ad esempio, degli atti razzisti espliciti che avvengono nel nostro Paese è molto preoccupante: dobbiamo tutelare i diritti di chi ha meno diritti.”
Alla conferenza stampa è intervenuto telefonicamente anche il Professor Nando Dalla Chiesa, direttore dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano. “Ho accettato il progetto con entusiasmo perché penso sia un’iniziativa importante – ha commentato -: mi piacerebbe inoltre poter portare avanti il Centro con più università e migliorare il Paese.”
Il primo progetto che il Centro avvierà è una serie di seminari tenuti dal prof. Nando Dalla Chiesa e dai suoi collaboratori dell’Università di Milano, in particolare Federica Cabras, Ilaria Meli e Thomas Aureliani. Il ciclo prenderà il via lunedì 4 marzo alle ore 16 con l’evento di presentazione.
Sono previsti sei seminari nei mesi di marzo e aprile, che verteranno sul tema delle mafie e antimafia. Il ciclo si conclude l’11 aprile con la presentazione del libro di Nando Dalla Chiesa “Per fortuna faccio il prof”.
Tutti gli incontri, aperti alla cittadinanza, si terranno presso la sala convegni del Rettorato dell'Università di Camerino e sono consultabili CLICCANDO QUI.
La sua unicità sta proprio nel territorio in cui nasce. Stiamo parlando della Vernaccia di Serrapetrona, il vino spumante rosso DOCG, denominazione di origine controllata e garantita. Un vino autoctono prodotto da uva nera che nasce, cresce e viene prodotto nelle splendide colline di Serrapetrona.
Una storia lunga 61 anni quella della Vernaccia di Serrapetrona. A raccontarcela oggi è Mauro che, insieme ai fratelli Monica e Luca, porta avanti l’azienda che, partendo da un piccolo vitigno, è riuscita a raggiungere, con passione e qualità, altissime vette e riconoscimenti a livello internazionale.
“La nostra storia nasce nel 1958, quando nostro padre Alberto, appena maggiorenne, decise di dedicare la sua vita alla Vernaccia di Serrapetrona – ci spiega Mauro -. Un vitigno, quello che produce la Vernaccia, che solo in questo territorio può trovare il suo habitat naturale. L’intento di nostro padre è sempre stato quello: valorizzare questa risorsa con convinzione e determinazione, nonostante le tante difficoltà e i tanti sacrifici iniziali che ha dovuto affrontare. Anni di sacrifici e di duro lavoro, fatto però di passione e amore per la nostra terra, proprio perché per lui, come per noi, c’è sempre stato un legame particolare con il luogo in cui siamo nati, un forte senso di appartenenza e di rispetto. Nostro padre e nostra madre ci hanno resi responsabili di questa importante “eredità” e abbiamo l’obbligo morale di averne cura, per loro, per noi e per il nostro territorio.”
“Il nostro bisnonno ha aiutato mio padre con l’acquisto dei terreni, successivamente tutti vitati – ci spiega Mauro -. Lunghi anni di lavoro che vengono coronati da un importante traguardo nel 1971, quando la Vernaccia di Serrapetrona ottiene la certificazione DOC. Poi diciamo che è tutto un crescendo: nel 1989 nasce la Dolciaria Quacquarini perché io e i miei fratelli volevamo fare qualcosa di nuovo, di diverso, di nostro. Nel 2003 la Vernaccia ottiene la denominazione di origine controllata e garantita e nel 2011 nasce “La Palombina”, produzione di salumi con l’allevamento a Cessapalombo, in collaborazione con la famiglia Cossiri.”
“Dare vita e portare avanti a un’azienda del genere a Serrapetrona, era da pazzi allora ed è da pazzi oggi – ci racconta Mauro -; per la logistica, per la viabilità, per le consegne, soprattutto nei periodi invernali. Ma la nostra famiglia ha sempre voluto mantenere saldo e forte il legame con il territorio di appartenenza: abbiamo voluto legare il nostro cognome a Serrapetrona. Poi c’è stato il sisma del 2016 che ha creato danni ingenti alla nostra Azienda, ma abbiamo saputo reagire e abbiamo deciso di andare avanti affrontando nuove sfide: non vogliamo assolutamente che questi territori vengano spopolati a differenza della volontà della politica regionale.”
Nel 2017, Quacquarini, apre anche l’Emporio a Civitanova Marche, il primo punto vendita monomarchio dove è possibile degustare e acquistare tutti i loro prodotti.
“La Vernaccia di Serrapetrona è unica nel mondo con le sue tre fermentazioni – ci spiega nel dettaglio Mauro -. Un prodotto fine, brillante, morbido e piacevole. Una produzione che richiede molto impegno, tante attrezzature e che attraversa delle fasi di produzione a rischio. La stessa importanza del riconoscimento DOC, sta nel fatto che è fondamentale seguire un disciplinare ben preciso, delle regole insomma, che conferiscono unicità al nostro prodotto.”
L’Azienda Quacquarini infatti, può lavorare un massimo di 100 quintali per ettaro; il 40% della produzione deve rimanere in appassimento e i vitigni devono rimanere tra la vallata del Chienti sud e il Potenza a nord, oltre a non superare l’altitudine di 700 metri sopra al livello del mare.
Ma quali sono le varie fasi di produzione della Vernaccia di Serrapetrona? “Si va in vigna, che è tutta certificata bio, e da lì si gestisce tutta la produzione – ci spiega nel dettaglio Mauro -. Si selezionano i migliori grappoli, che poi vanno in appassimento per due o tre mesi. Quella che resta invece, viene pigiata e va in fermentazione. Verso dicembre/gennaio, il mosto si aggiunge all’uva in appassimento e si fa un rigoverno: il vino viene quindi pulito con decantazione naturale e poi va in autoclave, secondo il metodo Martinetti. Poi passano circa sette/nove mesi di spumantizzazione che vanno a definire la Vernaccia brut o dolce: più infatti fermenta e più si riduce il rischio zuccherino.”
Dunque la vera e propria preparazione della Vernaccia di Serrapetrona, impiega circa 19 mesi, che si aggiungono all’affinamento in bottiglia. Una produzione, quella dell’Azienda Quacquarini, che si aggira intorno alle 120/140 mila bottiglie all’anno complessivamente, con un export estero del 15%.
Un unicum del territorio maceratese che è stato riconosciuto a livello internazionale, essendo stato inserito tra i primi 15 vini al mondo in assoluto nel 2018 dal “Glass of Bubbly”: la Vernaccia di Serrapetrona infatti, seconda solo a uno Champagne francese, si è aggiudicata il secondo gradino del podio.
Questo pomeriggio, l’Università di Camerino e la Regione Marche hanno presentato una serie di azioni volte alla ripartenza e allo sviluppo dei territori colpiti dagli eventi sismici. Presenti al tavolo, il Rettore Unicam Claudio Pettinari, l’Assessore Regionale alle Politiche Produttive Emanuela Bora e la Dirigente Regionale Patrizia Sopranzi.
È stata da poco costituita, presso l’Università di Camerino, un’Unità Interdisciplinare di Ricerca presso Terzi (URT) del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche, su tematiche scientifiche multidisciplinari, nella quale confluiranno le competenze dei ricercatori dell’Ateneo nei settori della chimica, della fisica e del restauro dei beni culturali, che andranno ad affiancarsi e a integrare le tematiche proprio dei dipartimenti CNR coinvolti, quali il Dipartimento di Scienze Umane, Patrimonio Culturale, il Dipartimento di Scienze Fisiche e Tecnologiche della Materia, il Dipartimento di Scienze Chimiche e Tecnologiche dei Materiali.
L’Università di Camerino e l’ENEA, congiuntamente ad altri partner del mondo della ricerca e del sistema imprenditoriale marchigiano, avvieranno il Centro BIO-KIC “Bio Product Knowledge and Innovation Centre”, un centro interdisciplinare per la conoscenza e l’innovazione, con un ampio settore dedicato allo sviluppo di bio-prodotti da impiegare in diversi settori.
“Sono questi – ha commentato il Rettore Pettinari – possibili strumenti per la ripresa di un territorio che stenta ancora a riprendersi. Unicam ha cercato di operare in questa direzione con i ricercatori spesso coordinati dalla squadra di governance. Il 31 gennaio c’è quindi stata la firma del protocollo reale con l’ENEA, che oggi è qui rappresentato da Marco Antonini, dove vengono indicate le linee di sviluppo nei materiali bio. La realizzazione del progetto sarà anche utile per la creazione di una piattaforma tecnologica sui nuovi materiali e per lo sviluppo di attività imprenditoriali nel settore dei materiali per la ricostruzione, materiali bio, materiali compositi e materiali di restauro: speriamo che questo progetto si porti dietro le imprese e i nostri laureati.”
“A ciò si è aggiunta, l’8 febbraio, l’istituzione dell’unità di ricerca presso terzi e multidisciplinare che interessa i dipartimenti di chimica, fisica e beni culturali: un unicum in Italia – ha concluso il Rettore -. L’obiettivo era quello di avere un luogo in cui diverse scienze potessero confluire e quindi contaminarsi e dare quindi un valore aggiunto. Abbiamo fiducia che, con la comparsa sulla nostra collina del CNR, saremo in grado di dare importanti risposte alle imprese di questo territorio.”
Una collaborazione forte e reale quella dell’Unicam con la Regione Marche. “È opportuno condividere con il territorio le risorse dell’Asse 8 – sono state le parole di Emanuela Bora -. La Regione Marche ha dimostrato di saperle intercettare con successo, dando un forte spinta propulsiva al nostro territorio che vuole reagire. Ringrazio per questo il lavoro di tutti, mosso anche dalla voglia di riscatto della nostra Regione: noi faremo sempre la nostra parte con grandissima attenzione.”
Le risorse sono quelle europee (Por-Fesr 2014-2020), messe a disposizione con alcuni bandi che assegnano 46 milioni di contributi nelle aree del cratere e nei comuni limitrofi. “Il successo registrato, in termini di domande pervenute, testimonia la voglia di ripartire e la determinazione delle comunità locali a programmare il proprio futuro” ha aggiunto l’Assessore Bora.
Alla scadenza, sono pervenute richieste di finanziamento per 363 progetti che coinvolgono 539 imprese, per un investimento complessivo superiore a 225 milioni di euro e una stima di oltre mille occupati aggiuntivi. Una delle caratteristiche dei bandi è la trasversalità, intesa come opportunità di investimenti e incentivi ad assumere.
A spiegare nel dettaglio i cinque bandi proposti è stata la Dirigente Sopranzi. “Un bando sostiene la competitività delle filiere produttive del Made in Italy, un secondo invece promuove i nuovi insediamenti produttivi nelle aree colpite dal sisma, gli ampliamenti e le ristrutturazioni degli stabilimenti già esistenti e la diversificazione dei processi aziendali. Un terzo bando favorisce la nascita e la crescita delle imprese sociali nel settore dei servizi alla persona nelle zone terremotate, dove un quarto della popolazione è composta da anziani, in larga parte non autonomi. Il quarto bando si concentra sull’industrializzazione economica dei risultati della ricerca prodotta nell’area del sisma e un ultimo bando sostiene l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali nelle micro e piccole medie imprese dell’area terremotata.”
Entro metà marzo sarà possibile consultare la graduatoria definitiva dei cinque bandi che, disporranno, lo ricordiamo, di un contributo pari a 46 milioni di euro così suddivisi: 15 milioni; 10 milioni (più 11 aggiuntivi); 6 milioni; 2,1 milioni; 1,9 milioni.