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Rileggere Orwell per capire l'Occidente e la sua demonizzazione della Russia

Rileggere Orwell per capire l'Occidente e la sua demonizzazione della Russia

Quanti abbiano letto 1984 di Giorgio Orwell (ed è una lettura consigliatissima sempre e, a maggior ragione, nel nostro tempo massimamente orwelliano), ricordano senz'altro la figura emblematica di Emmanuel Goldstein. Egli è il nemico principale del Partito che governa Oceania. A causa della sua opposizione al Grande Fratello, ogni giorno, dalle ore 11.00, in ogni ufficio e in ogni luogo pubblico, si tengono manifestazioni di isteria collettiva contro di lui: i "Due minuti d'odio", come liqualifica il capolavoro di Orwell.

Le masse ipnotizzate dalla propaganda del Grande Fratello sospendono ogni attività per manifestare istericamente il proprio livore verso Emmanuel Goldstein, di cui pure non sanno nulla se non ciò che il partito dice loro quotidianamente sul suo conto, presentandolo appunto come il nemico per eccellenza, come la minaccia che mette a rischio la pace del loro mondo. Anche in questo caso, come in molti altri, la fantasia distopica di Orwell appare superata di diverse misure dal nostro presente compiutamente distopico.

Anche l'odierno occidente, rectius uccidente, ha il suo Emmanuel Goldstein, che si chiama però Vladimir Putin. A tutte le ore, radio, televisioni e giornali della civiltà fintamente democratica del Grande Fratello ripetono propagandisticamente che è lui il nemico, il pericolo massimo, la suprema minaccia per il paradiso occidentale. E le masse tecnonarcotizzate e teledipendenti si prestano con ebete euforia a questa recita di isteria collettiva, esibendosi in altrettante tragicomiche variazioni dei due minuti d'odio di orwelliana memoria.

Quando l’ordine del discorso imbocca la via della “reductio ad hitlerum” (come la appellava Leo Strauss) dell’avversario, occorre davvero iniziare seriamente a preoccuparsi. Non è una novità, invero. Quante volte, di grazia, in questi anni è stata evocata la figura di Hitler in riferimento a quelli che di volta in volta l’Occidente a trazione atlantista ha individuato come suoi nemici, vale a dire quasi sempre come ostacoli rispetto alla americanizzazione del mondo pudicamente detta globalizzazione? Abbiamo rapidamente visto negli anni Hitler prendere corpo in Saddam e in Milosevic, in Gheddafi e in Assad.

L’osceno canovaccio era sempre il medesimo e nondimeno i più, artatamente manipolati, continuavano a prestargli fede, senza accorgersi della manipolazione ideologica in atto. Non deve dunque destare maraviglia il fatto che ora compaia un nuovo Hitler nella lista, Vladimir Putin. Era, au fond, la cosa più prevedibile del mondo. Il dispositivo perverso di hitlerizzazione dell’avversario presenta una serie di conseguenze non trascurabili, delle quali voglio qui evidenziarne solo alcune.

La hitlerizzazione dell’avversario nega in forma apriorica ogni possibile via del negoziato, della diplomazia e della possibile risoluzione pacifica delle contese. Con l’avversario si può trattare pacificamente, cercando accordi diplomatici. Con Hitler bisogna invece necessariamente intraprendere la guerra totale, senza mediazione possibile. In tal guisa, la hitlerizzazione dell’avversario diventa un pericoloso strumento per giustificare la guerra totale, vuoi anche la guerra mondiale che troppo spesso è stata disinvoltamente evocata da più parti in queste settimane.

Lo schema del nuovo Hitler rende sempre giustificabili i disastri più osceni, presentati di volta in volta come risposte dolorose ma necessarie al male assoluto. È una vecchia e collaudata pratica del potere il far credere che la contraddizione e il nemico siano al di là del muro, nello spazio esterno rispetto alla società totalmente amministrata dal potere stesso: in tal guisa, sempre defocalizzando lo sguardo rispetto alle contraddizioni interne alla nostra società, si produce una unificazione fittizia dell'interno, chiamato a cooperare in funzione della resistenza al nemico esterno, di cui magari, come oggi (ma lo stesso vale per Emmanuel Goldstein), si dice che è pronto a invadere la nostra civiltà.

Come nel romanzo di Orwell, vi è sempre e comunque Emmanuel Goldstein dietro a ogni contraddizione, dietro a ogni stortura, dietro a ogni male, così accade oggi nell'ordine discorsivo dominante, che sempre e di nuovo indica Putin - il novello Emmanuel Goldstein - come il responsabile di ogni male. Qualcuno osa dissentire rispetto all'Unione Europea della vestale dei mercati apatridi Ursula von der Leyen? Deve esserci dietro la longa manus di Putin. Qualcuno osa criticare le politiche imperialistiche a stelle e strisce? Deve essere un agente segreto inviato da Putin in occidente.

Qualcuno ha il coraggio di mettere in discussione gli assetti della sempre più asimmetrica globalizzazione neoliberale? Di necessità, è un subdolo infiltrato della Russia di Putin. Rileggere Orwell può davvero giovare a un risveglio collettivo dall'incantesimo ipnotico della società dello spettacolo e della manipolazione millimetrica delle coscienze. Spegnete radio e TV, leggete Orwell. Chi ve lo sta suggerendo è, naturalmente, una spia mandata da Emmanuel Goldstein...si è prodotta una scena degna della caverna di Platone: schiavi che amano le proprie catene.

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