Nella mattinata di oggi, nella splendida cornice di Piazza Giacomo Leopardi a Recanati, si è svolta la cerimonia celebrativa del 167° anniversario dalla fondazione della Polizia di Stato. Presenti le massime autorità civili e militari, il Questore di Macerata, il Dottor Antonio Pignataro; il Prefetto della Provincia, Iolanda Rolli; una rappresentanza di appartenenti alla Polizia di Stato e dell’A.N.P.S.
Nella mattinata, il Questore e il Prefetto di Macerata hanno deposto una corona di alloro al monumento dedicato ai caduti della Polizia di Stato presso la Caserma “Pasquale Paola” di Macerata. A Recanati, è proseguita la cerimonia con la lettura dei messaggi del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella; del Ministro dell’Interno Matteo Salvini e del Capo della Polizia, Franco Gabrielli.
“[…] Esprimo profonda gratitudine a tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato, che, per il nostro Paese, sono sinonimo di democrazia e convivenza […] e, a sessant’anni dall’istituzione dell’allora Corpo di Polizia femminile, desidero indirizzare un particolare pensiero alle donne che, a pieno titolo e a tutti i livelli, operano nella Polizia di Stato, svolgendovi un ruolo fondamentale” queste le parole del messaggio del Capo dello Stato Sergio Mattarella. "Il patrimonio di idealità e valori cui si ispira la Polizia di Stato, trae alimento dal lavoro quotidiano di uomini e donne impegnati ad accudire un senso di comunità talvolta minacciato o lacerato dalla paura, dai fenomeni di violenza e dalle fragilità sociali. Essi tutelano il bene della sicurezza inteso non solo come prevenzione e repressione di reati, ma anche come intensità e qualità delle relazioni fra le persone.”
“Sono onorato, da ministro dell’Interno - ha detto Salvini - di poter confermare la volontà del governo di assumere migliaia di nuovi poliziotti. Per ora abbiamo stanziato circa 2,5 miliardi di euro: oltre alle assunzioni, ci sono nuovi strumenti operativi e nuove uniformi. Un’azione concreta e che, più di mille parole, dimostra la volontà di valorizzare e rispettare chi indossa una divisa" il messaggio inviato dal Ministro dell’Interno in occasione delle celebrazioni. Salvini, nel suo messaggio, ha poi ricordato quanti sono caduti nell'adempimento del proprio dovere e ha espresso apprezzamento per il lavoro di “prossimità e vicinanza” che la Polizia di Stato svolge ogni giorno.
Anche il Capo della Polizia di Stato Franco Gabrielli, nel suo messaggio, ha voluto ricordare l’anniversario dell’istituzione del Corpo di Polizia femminile, osservando come “le donne ricoprano oggi il 35% dei ruoli dirigenziali a fronte della loro presenza all’interno della Polizia di Stato, che è del 15%.” È stata poi sottolineata l’importanza della sicurezza che “oggi deve rappresentare un valore condiviso, che si attua anche grazie alla fatica silenziosa della Polizia di Stato, capace di rispondere alle esigenze della comunità.”
Il Questore di Macerata, dopo i ringraziamenti, ha sottolineato l’importanza “della Polizia di Stato e dei primi posti che occupa nelle statistiche, come organo rappresentante la sicurezza per i cittadini. Una lavoro in cui ognuno di noi mette la propria passione, seguendo il motto ‘Esserci sempre’.”
Il Questore ha parlato di un territorio, quello maceratese, che è passato “dalla Provincia della paura alla provincia delle rispose; soprattutto per quanto riguarda lo spaccio di sostanza stupefacente che, ogni giorno, miete vittime. Lo Stato ha vinto – ha proseguito il Questore – e la Polizia di Stato è fatta di uomini e donne efficienti, in possesso di un valore aggiunto in grado di garantire la sicurezza dei cittadini di Macerata, una città che è stata attraversata, di recente, da due fatti straordinari come la morte di Pamela Mastropietro e il raid di Luca Traini.”
“La lotta contro il male appartiene a ognuno di noi e la sicurezza è un patrimonio da condividere con tutti gli amministratori locali, che non devono mai abbassare la guardia” ha concluso il Questore Pignataro non senza rivolgere un particolare saluto agli studenti presenti: “Voi avete la responsabilità di migliorare la nostra società con maggiore umanità e legalità, nell’osservanza delle regole della convivenza, valori che avete dimostrato nonostante la giovane età.”
Il Questore Pignataro e il Prefetto Rolli hanno infine consegnato gli attestati di encomio e lode al personale della Polizia di Stato che si è distinto in operazioni di particolare rilievo.
L’encomio solenne per essere intervenuti nell’immediatezza dell’evento sismico e nonostante le continue scosse di terremoto e le avverse condizioni meteo con alto senso del dovere e sprezzo del pericolo, partecipando così a tutte le fasi del soccorso e mettendo in salvo diverse persone a: Primo Dirigente, il Dottor Andrea Innocenzi; al Sostituto Commissario Coordinatore Alberto Valentini; al Sostituto Commissario Maruzio Marcoaldi; all’Ispettore Superiore Leonardo Bonfitto; al Vice Ispettore Roberto Feliziani; al Sovraintendente Capo Coordinatore Fabrizio Silenzi; ai Sovraintendenti Capo Rinaldo Alessandrini, Massimiliano Monari e Gianluca Romagnoli; ai Sovraintendenti Massimiliano Burzacca, Fausto Minichelli e Anna Rita Priori; agli Assistenti Capo Coordinatori Piergiorgio Cruciani, Mauro Grassetti, Flaviano Luciani, Giuseppina Pinna, Graziano Rogante e agli Assistenti Capo Gionata Compagnucci e Pierluigi Zippilli.
Sono stati poi concessi encomio al Sovraintendente Leonardo Della Mora e lode all’Assistente Capo Barbara Chiavaroli perché hanno evidenziato notevole intuito investigativo e determinazione operativa in un’attività di polizia giudiziaria conclusasi con l’arresto di un individuo, resosi responsabile di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e il sequestro di circa 4 chili di hashish e marijuana.
È stata inoltre concessa lode all’Assistente Capo Andrea Foresi per aver evidenziato spiccate capacità professionali e determinazione operativa durante un’attività di polizia giudiziaria che si è conclusa con l’arresto di un soggetto resosi responsabile di detenzione di sostanza stupefacente con conseguente sequestro di 6,5 chili di cocaina. Nella stessa operazione sono stati concessi due encomi.
La Polizia di Stato ha elaborato, nel corso dell’anno, un progetto dal titolo “PretenDiamo Legalità – a scuola con il Commissario Mascherpa”, finalizzato alla promozione della cultura della legalità. Nella provincia maceratese sono state coinvolte le scuole primarie e secondarie, che hanno partecipato ad una serie di incontri con il personale della Polizia di Stato. Gli incontri hanno cercato di accrescere il senso civico dei ragazzi e a far comprendere loro che solo il rispetto delle regole e delle leggi permette di esercitare la libertà individuale.
Dopo il lavoro svolto da un’apposita commissione composta da rappresentanti del mondo della scuola, del volontariato e del giornalismo, che ha attentamente valutato i tantissimi lavori svolti dalle scuole di tutta la provincia, questa mattina sono stati premiati gli studenti risultati vincitori del concorso a livello provinciale e sono stati omaggiati da Pierpaolo Clementoni, la nota ditta di giocattoli di Recanati, che ha omaggiato i ragazzi con delle scatole da gioco.
La scuola risultata vincitrice per la primaria è l’Istituto Comprensivo “Enrico Fermi” di Villa Potenza, a Macerata: la Classe 5, sez. unica Scuola “Anna Frank”, si è aggiudicata il progetto con il gioco da tavolo “REGOLANDIA”.
La scuola risultata vincitrice per scuola secondaria di primo grado è l’Istituto Comprensivo “Baldoni” di Recanati, con la Classe 2°C, scuola media San Vito, con il DVD “IMPARA A FARE LA SCELTA GIUSTA…E CAMBIERAI IL MONDO”.
I lavori prodotti verranno inviati a Roma per partecipare alla fase nazionale.
Un inizio di Consiglio Comunale infuocato quello che si è tenuto oggi pomeriggio a Macerata. Tutto parte da una interpellanza della consigliera Anna Menghi che, in qualità di rappresentante del Comitato che prende il suo nome, ha “ritenuto di presentarla su una questione che ha fatto dibattere le forze politiche e la Città per circa dieci anni”, quella relativa alla Piscina di Fontescodella.
“Quando l’Amministrazione Comunale era guidato da Giorgio Meschini, e l’attuale Sindaco Carancini era capogruppo, era stato emanato un bando, relativo a una vicenda “torbida”: quella dell’assegnazione dei lavori relativi alla costruzione della piscina, lavori affidati poi alla società Fontescodella Spa – ha proseguito la consigliera Menghi -. Un mese dopo l’assegnazione degli stessi, arrivò una lettera al Comune dove il Consorzio chiedeva un milione di euro in aggiunta. Io dissi al Sindaco Meschini che, se fossimo andati avanti, sarei andata in Procura, e lui si fermò.”
“Con l’insediamento del Sindaco Carancini, in cinque anni c’è stata una rimodulazione del bando e questa è diventata una vicenda pesante per la Città – ha continuato la consigliera di opposizione -. Il Comune e l’Università si sono fatti carico di pagare quote di interesse di un mutuo di cui non si è poi mai vista la realizzazione.”
“L’Ingegner Tristano Luchetti, Dirigente dell’Ufficio Urbanistica, ha firmato la transazione, ma credo che sarebbe stato giusto un passaggio in Consiglio Comunale – ha proseguito la Menghi -. Noi chiediamo quindi al primo cittadino se lui, o chi per lui, nel suo studio, hanno mai rappresentato la Ditta Paci o le aziende a lui legate, in quanto Amministratore Delegato della Fontescodella Spa. Chiediamo inoltre se il Sindaco considera conveniente questa transazione per il Comune o per l’Università che non risulta nemmeno coinvolta nonostante reclami i soldi. Non crede Sindaco che questa vicenda meritava una approvazione in Consiglio Comunale? Crediamo di essere davanti a una storia di mancata realizzazione che merita un chiarimento.”
Il primo cittadino Romano Carancini, in Consiglio Comunale, ha risposto alla consigliera Menghi spiegando di non aver mai assistito Fabio Paci o una società a lui legata in questi dieci anni. “Io sono un unico professionista e il mio studio fa capo a me, non è uno studio associato e la Fontescodella Spa è una società di capitale con un propria personalità giuridica – le parole del Sindaco -. Quella relativa alla piscina è una questione che l’Amministrazione da me guidata si è ritrovata nel 2010 e il contratto era stato formalizzato nel 2009.”
“Nel 2013 il Consiglio aveva rivisto le caratteristiche dell’impianto, proprio alla luce delle problematiche, e aveva riconvertito il progetto – prosegue Carancini nella ricostruzione delle vicende legate alla piscina -. Il Consiglio aveva poi anche denunciato il fatto ad ANAC, e quest’ultima non lo aveva riconosciuto colpevole, invitandolo ad accelerate le tempistiche.”
“Quella firmata dall’Ingegner Luchetti è una transazione conveniente per il Comune non in base a una valutazione arbitraria – ha spiegato il Sindaco -: c’è infatti una delibera comunale di Giunta, avviata dalla proposta di transazione fatta dalla società Fontescodella secondo le norme del codice degli appalti. Un parere legale è stato poi indispensabile per addivenire a una soluzione. La proposta formulata teneva conto di ‘voci di danno’ e l’Amministrazione Comunale ha ritenuto conveniente accettarla per l’incertezza relativa a un procedimento giudiziario e per un problema temporale. Il Comune ha quindi ritenuto di accettare l’offerta fatta da Fontescodella di 704 mila euro.”
“Un pagamento – ha poi spiegato nel dettaglio il primo cittadino – che verrà così regolarmente esborsato al Comune: 280 mila euro all’atto della sottoscrizione e, a seguire tre rate di 141 mila euro da pagare entro il 30 marzo 2019 (già pagata), il 30 giugno 2019 e il 30 novembre 2019.”
Carancini ha concluso parlando di un “tradimento nei confronti dell’Amministrazione Comunale che aveva creduto nel progetto” e dicendo di sentirsi addosso “le colpe per aver creduto nel progetto. La Giunta comunale si assume la responsabilità di ciò che fa e quindi anche della transazione.”
La replica della consigliera Menghi, che più volte ha appellato il primo cittadino come ‘avvocato’ e non come ‘Sindaco’, come richiesto dallo stesso Carancini anche al Presidente del Consiglio che voleva un richiamo all’ordine, non è stata priva di attacchi al vetriolo. Attacchi che hanno innervosito il primo cittadino tanto da arrivare ad appellare la consigliera Menghi ‘cocca’.
“A noi Sindaco, risulta che la sua coniuge Betty Torresi, che esercita nel suo studio, abbia difeso la SNC Paci nel 2014: una sentenza ancora in pendenza di giudizio presso la Corte di Ancona – ha replicato la Menghi -. Come capirebbe un “buon padre di famiglia”, animo con il quale una Giunta dovrebbe amministrare la propria Città, lei capisce che 704 mila euro coprono in minima parte i danni che il Comune ha ricevuto e pagano quindi solo una parte del danno oggettivo che la Città di Macerata ha subito."
“A un anno dal termine della sua Amministrazione – ha concluso la consigliera di opposizione – come mai ha chiuso una vicenda così ‘torbida’? Ritengo sia grave che la moglie del Sindaco difenda un’Azienda dei Fratelli Paci perché questo per noi è un grave problema politico."
"Generale" è l'operazione illustrata questa mattina dal Procuratore della Repubblica Giovanni Giorgio, dal Questore Antonio Pignataro e dal Commissario Capo della Squadra Mobile Maria Raffaella Abbate. Le indagini sono state avviate dalla Questura di Macerata successivamente alla morte per overdose di Tamara Giorgetti, avvenuta nel luglio 2018, a Macerata. La giovane era stata trovata senza vita all'interno della propria abitazione in via Illuminati. Da quel momento, è iniziata la fitta attività di indagini indirizzata a dare un volto e un nome allo spacciatore che aveva venduto la dose alla 28enne.
"Sono stati raggiunti da misura di custodia cautelare tre soggetti - ha spiegato il Procuratore Giorgio -. La povera Tamara era deceduta in seguito a un mix di eroina e cocaina e, la fitta attività investigativa della Questura, ha permesso di individuare molte persone consumatrici di sostanze stupefacenti e, partendo da queste, si è risaliti agli spacciatori. Nell'indagine ha collaborato anche una ragazza, deceduta poco dopo aver rilasciato le proprie dichiarazioni, per cause non inerenti gli stupefacenti."
"È stata individuata, in base alle testimonianze dei consumatori, una fitta presenza di cittadini nigeriani che hanno connotato la loro presenza a Macerata e provincia con l'attività di spaccio - ha proseguito il Procuratore -. Un'attività svolta comunque, sul territorio provinciale, da soggetti extracomunitari, comunitari e italiani." A questo proposito, il Procuratore Giorgio ha commentato che si "parla a sproposito di mafia nigeriana in quanto il mercato esiste perché c'è domanda."
Ehiedu Cosmas, classe 1997, è il primo soggetto fermato dalle forze dell'ordine. Già noto alle autorità, "il cittadino nigeriano è stato fermato in Germania, in virtù del mandato di arresto europeo - ha spiegato Giorgio -. L'arrestato è ora rinchiuso nel Carcere di Rebibbia a Roma. Il secondo soggetto fermato è Eremeuno Aaron, di 23 anni, di cittadinanza nigeriana: per procedere all'arresto di quest'ultimo soggetto è necessario il nullaosta della magistratura tedesca. Si tratta di uno spacciatore professionista che, secondo le risultanze investigative, è lo stesso soggetto che ha ceduto la sostanza stupefacente a Tamara Giorgetti"
"Questa operazione tangile dimostra che lo Stato ha vinto sulla criminalità, soprattutto grazie al merito del Procuratore Giovanni Giorgio" il plauso del Questore Pignataro. Complimenti che sono arrivati anche dal Prefetto di Macerata, presente durante la conferenza stampa, Iolanda Rolli.
"L'indagine, iniziata a seguito della morte per overdose di Tamara Giorgetti - ha spiegato la Dottoressa Abbate -, ha permesso di individuare tre soggetti che avevano venduto la sostanza stupefacente sul territorio provinciale, per un totale di 700 cessioni. Ieri la Polizia è intervenuta presso l'abitazione di Safhi Abdel Monumain, 47enne di origine marocchina, residente presso il River Village di Recanati. L'uomo, alla vista degli uomini in divisa, ha opposto resistenza, aiutandosi anche con il suo rottweiler. I poliziotti sono riusciti a fare ingresso nell'abitazione, provvista anche di una barra metallica e di un sistema meccanico che bloccava l'apertura della porta alla base, e si sono subito diretti nel bagno. Con l'aiuto di un guanto, gli operatori sono riusciti a rinvenire 8 dosi di cocacina confezionate e un bilancino di precisione, occultati poco prima nello scarico del bagno. La Polizia ha sequestrato anche 9.750 euro, provento dell'attività di spaccio, dato che l'uomo non ha saputo giustificare la provenienza del denaro."
L’indagine vede coinvolte anche altre due persone che, al momento, sono ricercate.
Innocent Oseghale rompe il silenzio. Al termine della sesta udienza del processo per l'omicidio di Pamela Mastropietro, l'imputato ha letto una lettera come dichiarazione spontanea in inglese, tradotta dell'interprete.
"Ho già detto in precedenza cosa è successo riguardo alla morte di Pamela quando ho parlato con i suoi familiari - ha esordito l'imputato -. Era il 30 gennaio del 2018 e un mio amico mi aveva chiamato e mi aveva chiesto di recarmi ai Giardini Diaz perché aveva bisogno di marijuana. Mentre aspettavo seduto su una panchina si è avvicinata a me una ragazza che mi ha chiesto un accendino e mi ha offerto una sigaretta che poi ho accesa. Lei mi chiese se avevo della roba e Io le dissi che avevo marijuana, ma a lei interessava l'eroina."
"Poi si è avvicinato il mio amico, gli ho dato la marijuana e Pamela mi ha implorato di aiutarla nella ricerca dell'eroina e mi ha seguito - ha continuato Oseghale-. Lei mi implorò di aiutarla e mi offrì una prestazione sessuale in cambio di un aiuto nel reperimento dell'eroina. Poi siamo andati a Fontescodella, dove abbiamo consumato un rapporto sessuale senza protezione. Dopo ciò, io mi sono adoperato per il reperimento dell'eroina. Ho chiamano Awelima che mi ha suggerito di sentirei Desmond. Ho chiamato allora quest'ultimo che mi disse che era all'Eurobet in via Roma e di andare li. Desmond mi disse che ci potevamo trovare in via del Velini, a metà strada, e io e Pamela ci siamo recati lì per avere la sostanza. Ci siamo incontrati, Desmond ha dato l'eroina a Pamela e lei ha dato trenta euro a Desmond. Poi Pamela mi chiese di poter venire con me”.
"Demsond si fermò al negozio di articoli africani mentre eravamo tutti insieme, poi io e Pamela abbiamo proseguito insieme verso la mia abitazione. Mentre stavamo andando a casa ci siamo fermati al supermercato e abbiamo acquistato latte e briosche, perché non avevo nulla per la colazione del giorno dopo - ha proseguito il suo racconto l'imputato -. Lei mi disse che voleva preparare qualcosa da mangiare e quindi abbiamo acquistato anche della pasta che lei avrebbe preparato uno volta a casa. Poi mentre andavamo verso casa lei mi chiese se avevo una siringa e io le dissi di no. Passando davanti alla farmacia, Pamela è entrata ad acquistarla mentre io l'aspettavo fuori. Uscita dalla farmacia ho visto che Pamela ha salutato qualcuno che era in un'automobile parcheggiata lì davanti" - a questo punto del racconto la madre di Pamela è uscita dall'aula, senza poi farvi rientro.
"Dopo un po' Antony mi disse di andare ai Giardini Diaz e io risposi di no perché ero con una ragazza. A quel punto io e Pamela siamo andati a casa e, una volta dentro, lei si accorse di una foto in cui era ritratta la mia famiglia e fu felice di sapere che ero papà - ha continuato l'imputato -. Entrati nell’appartamento io ho preparato del latte e lei ha appoggiato la valigia in cucina e poi mi chiese dove era il bagno. Una volta uscita dal bagno,Pamela mi domandò se avevo un cucchiaio e io risposi di sì: a quel punto si sedette su una sedia della cucina e iniziò a preparare l'eroina. Io avevo già preparato il latte e lei mi disse che l'avrebbe preso più tardi. Dopo aver assunto eroina mi disse che aveva necessità di rilassarsi e di dormire allora le chiesi perché si stava comportando così dato che, in un primo momento, mi aveva detto che avrebbe preparato della pasta. Lei rispose che prima voleva rilassarsi e poi avrebbe cucinato la pasta. Pamela è quindi andata nella camera da letto che io condividevo con la mia famiglia, ma io non volevo dormisse lì, quindi l'ho portata nella camera degli ospiti. A quel punto ho preso il portatile e ho messo della musica come lei mi aveva chiesto. Mentre stavo cercando di mettere la musica, ho sentito un tonfo e sono andato a vedere cosa era successo. Lei era a terra e le fuoriusciva qualcosa dalla bocca. A quel punto l'ho presa in braccio e l'ho messa nel letto."
"Poi ho chiamato Antony per raccontargli la vicenda e chiedergli come comportarmi. Lui mi suggerì di cospargerla con acqua per vedere se si poteva riprendere. Io seguii il consiglio e Pamela aveva ripreso a respirare - ha continuato -. Poco dopo ho ricevuto una chiamata da un mio amico che mi chiedeva della marijuana e, dato che lei sembrava stare meglio, sono uscito per consegnare l'erba al mio amico. Una volta tornato a casa ho visto che la ragazza non si muoveva più ed era gelida. Allora chiamai Antony per raccontargli l'accaduto e gli ho detto che la ragazza non respirava più. Lui mi disse che non ne potevamo parlare per telefono e mi disse di vederci all'Eurobet e così facemmo."
"Una volta che ci siamo incontrati gli raccontai che Pamela non respirava, che era fredda e che avevo capito di essere in un mare di guai - ha continuato Oseghale -. Antony mi disse che non poteva aiutarmi e che doveva andare dalla sua famiglia. Mi disse di provare ancora con l'acqua o di chiamare un'ambulanza. A quel punto ho iniziato a spaventarmi seriamente perché non riuscivo a svegliarla in alcun modo. Ho pensato allora di uscire, di andare nel negozio cinese e acquistare una valigia, ma lei non ci entrava. Nel frattempo la mia compagna mi chiamava continuamente e io ho iniziato ad agitarmi. Dato che il corpo di Pamela non entrava in valigia, ho pensato di farlo a pezzi e sono andato in cucina per cercare qualcosa."
"Io non avevo un'auto e l'unico modo per portarlo fuori dalla mia abitazione era di procedere al depezzamento - ha raccontato nei particolari Oseghale -. Mentre stavo facendo questo il corpo iniziava ad emanare un cattivo odore. Allora ho chiamato un tassista che conoscevo e gli ho detto di aspettarmi davanti all'abitazione in via Spalato. Prima dell'arrivo del tassista, dato che il pavimento era sporco, l’ho lavato con un sapone che avevo in casa. A quel punto ho messo il corpo di Pamela in due valigie e mentre le portavo fuori casa usciva il sangue. Il tassista mi chiese dove volevo andare e io gli dissi a Sforzacosta. Nel frattempo la mia compagna continuava a chiamarmi ripetutamente e io gli risposi che ci saremmo sentiti più tardi perché avevo da fare. Mentre mi sono distratto al telefono con la mia compagna il tassista era arrivato oltre, quasi a Pollenza, allora gli dissi di fermarsi al primo posto in cui poteva. Uscii dalla macchina, appoggiai le valigie e il tassista mi riportò a Macerata facendomi scendere davanti al bar Nino. Ho pagato il tassista con venti euro e mi sono diretto a casa a piedi mentre il mio telefono continuava a squillare. La mia compagna mi chiese cosa stavo facendo dato che ero così impossibilitato a rispondere e a quel punto le mandai un video per farle vedere che stavo camminando verso casa."
"Abbiamo poi fatto un'altra videochiamata e lei mi diceva che ero in compagnia di una prostituta, ma io gli dissi che ero impegnato nella mia attività di vendita della marijuana - ha continuato l'imputato -. Una volta arrivato a casa ho messo nella lavatrice le lenzuola nel letto dove Pamela era stata e dopo averle lavate le ho stese nel corridoio. Poi la mia compagna mi ha chiamato di nuovo perché non era convinta dei chiarimenti che le avevo dato e io la tranquillizzai dicendole che l’indomani sarei andato da lei."
"Davanti ai famigliari della vittima voglio dire che io non ho ucciso Pamela. Lei è morta a casa mia, ma io non l'ho uccisa: ci tengo a dirlo ai suoi familiari. Voglio pagare per il crimine che ho commesso ma non per ciò che non ho fatto. Questo è quanto ho da dire in merito" ha concluso Oseghale.
Dopo la deposizione della Dottoressa Melai (clicca qui per leggerla), i consulenti della Procura e della parte civile Mastropietro, rispettivamente Rino Froldi (tossicologo florense, ndr) e Carmelo Furnari (tossicologo florense, ndr), hanno avuto un confronto con la consulente della difesa.
"Se io avessi fatto un'indagine mirata, come suggerito dalla Dottoressa Melai, la quantità di sangue rinvenuta sui resti di Pamela sarebbe stata inidonea a dare una risposta certa - la risposta del Dottor Froldi -. Inoltre la gascromatografia non sarebbe stata possibile in una quantità come quella che è stata ritrovata: avrei rischiato di non ottenere nulla."
"La letteratura manualistica, che si basa sul dato scientifico consolidato, ci dice che con le analisi dell'umor vitreo è possibile risalire alle quantità delle sostanze che si trovano nel sangue - ha spiegato Froldi -. Questi sono dati che assolutamente acquisiti, non si può dire che non seguono la letteratura."
"La letteratura è inoltre concorde su come, in caso di depezzamento di cadavere, l'umor vitreo sia l'unico dato utilizzabile - ha aggiunto Furnari - e la concentrazione trovata è tanto bassa tanto da escludere l'overdose."
"La candeggina - come affermato dalla dottoressa Melai - non può aver agito sull'encefalo, che è stato rinvenuto nella scatola cranica, ovvero nella sua posizione naturale - ha concluso Furnari -. Io perciò ritengo impossibile che la candeggina possa aver influito sulla scatola cranica e quindi sull'umor vitreo."
Spunta un nuovo testimone nel processo a Innocent Oseghale, unico accusato per il brutale omicidio di Pamela Mastropietro. A dichiararlo è Marco Valerio Verni, zio di Pamela e avvocato della famiglia Mastropietro: "Secondo noi avrebbe potuto aprire una nuova fase del processo. Mi è stato segnalato da un giornalista la scorsa settimana e io per dovere l'ho subito inoltrato alla Procura, che lo ha ritenuto inattendibile sotto alcuni punti di vista. A nostro avviso includerlo nel dipartimento sarebbe stato giusto: avrebbe aggiunto una responsabilità in più a carico di Desmond Lucky visto che - secondo la versione di quest'ultimo teste - proprio lui reggeva Pamela mentre le venivano inferte le coltellate mortali".
Il teste sarebbe un ex poliziotto - come riportato dal quotidiano "La Verità" - e avrebbe raccolto una dichiarazione di colpevolezza fatta da Oseghale: "In ogni caso dispiace che questa persona venga fuori adesso, all'ultimo secondo, senza che prima sia stata mai ascoltata dagli inquirenti. Poi mi chiedo perchè non siano stati fatte le intercettazzioni ambientali anche nella cella di Oseghale oltre che in quella di Desmond Lucky e Lucky Awelima. Questo accorgimento avrebbe consentito alla Corte di avere qualche elemento in più.
Riguardo alla presenza di complici, l'avvocato Verni precisa: "Noi riteniamo che Oseghale fosse comunque in compagnia di qualcuno. I consulenti della difesa stanno facendo quello per cui sono pagati, non mi sorprendono le loro dichiarazioni".
"Non è da escludere una morte di Pamela per overdose". Queste le dichiarazioni della dottoressa Paola Melai, specialista in tossicologia forense, consulente di parte della difesa nel processo che vede imputato Innocent Oseghale per l'omicidio di Pamela Mastropietro.
La Melai, il cui intervento al processo è stato richiesto dai due avvocati del 29enne nigeriano - Umberto Gramenzi e Simone Matraxia - spiega il suo punto di vista riguardo le analisi eseguite sul corpo di Pamela: "Io ho eseguito delle valutazioni in merito alle consulenze accertate dal Dottor Froldi e dai RIS di Roma. La scelta di una minima parte di sangue, secondo il mio parere, lascia dubbi perché viene utilizzata una metodica non specifica, una metodologia che non ha valenza legale".
"Poteva essere eseguita una ricerca mirata, utilizzando una metodologia più specifica - spiega la Dottoressa mettendo in dubbio le analisi eseguite dal Dottor Froldi (leggi qui la deposizione di Froldi) -. Dei 300 microlitri di sangue che il Dottore (Froldi, ndr.) aveva, 100 sono stati utilizzati per vedere se era presente alcool nel sangue e credo che gli altri 200 potevano essere usati per una gastro-spettrometria di massa".
"L'analisi fatta sulla matrice ematica, non può essere accettata come un valore, può essere indicativa solo della presenza o meno di morfina ma non può essere quantitativa - spiega la Dottoressa -. Questo tipo di analisi può dare una possibilità e una probabilità del risultato ma non una certezza. Oltre al fatto che non è stata valutata la variabilità del soggetto: una ragazza giovane, di 50 kg, che aveva determinate caratteristiche. Non possiamo inoltre dire il momento in cui la sostanza è assunta. Poi in 30 anni di esperienza, non ho mai letto che siano stati analizzati campioni lavati con varechina, la quale può aver influito sulla determinazione delle analisi: non ci sono studi che ci dicono che con la varechina si mantiene lo stesso valore della sostanza. Inoltre gli organi erano stati tolti dalla loro normale collocazione e messi in dei sacchetti: questo altera il tutto".
"Dunque queste analisi possono dare una valenza meramente indicativa e qualitativa ma non quantitativa - le conclusioni della Dottoressa Melai -. Sono state rinvenute morfina, caffeina e codeina ma nulla possiamo dire sulla quantità. Siamo certi che la ragazza ha assunto la sostanza stupefacente ma non possiamo dire quanta".
"Il dato di certezza è indispensabile ma in questo caso il dato scientifico tossicologico non può escludere né l'una né l'altra ipotesi - ha concluso la Melai -. Non possiamo quindi fare diagnosi di certezza perché sono valori che sono stati definiti con una metodologia immunoenzimatiche che la comunità scientifica non riconosce con valenza".
"Posso fare dei rapporti con le analisi effettuate, ma non posso dal dato di un organo ricavare il dato ematico: bisognerebbe capire il momento esatto del metabolismo, della condizione del soggetto e di molte altre variabili. È necessario una caratterizzazione particolare del soggetto" ha aggiunto la Dottoressa, contrariamente alla tesi portata in aula la settimana scorsa dal Dottor Froldi peraltro anch'egli presente in aula.
Ciò ha innescato una certa tensione in Assise. Più volte i consulenti dell'accusa (Rino Froldi, Luisa Regimenti, Mario Cingolani, Carmelo Furnari ndr) hanno scosso la testa e mostrato segni di disapprovazione in merito all'analisi riportata dalla tossicologa.
Secondo la Melai si sarebbe potuto scoprire se Pamela fosse morta di overdose tramite analisi differenti rispetto a quelle effettuate da Froldi: "Può quindi esserci stata overdose come può non esserci stata - ha spiegato la Dottoressa -. Il dato ematico certo dell'assunzione di sostanza si poteva fare non con l'analisi immunoenzimatica, ma cercando lo specifico gruppo di sostanza enzimatica (morfina o eroina) con una ricerca mirata che è quella della gascromatografica".
Insieme alla Dottoressa Melai, anche il medico legale Mauro Bacci, consulente della difesa, ha portato la sua relazione in merito alle analisi effettuate, insieme al Professor Cingolani, sul corpo di Pamela Mastropietro.
Durante il suo lavoro, Bacci ha "preso in visione le lesioni indicate come quelle probabili di morte - ha spiegato oggi davanti alla Corte d'Assise non negando che questo è un "caso complesso".
"Le lesioni interne che si trovavano nel fegato sono sei mentre quelle esterne due - ha spiegato Bacci che nella sua relazione è arrivato alla conclusione seguente: "due delle sei lesioni non sono di facile descrizione e sono irregolari."
Sulla vitalità delle lesioni, Bacci ha spiegato che "la letteratura indica cautela nella valutazione di ogni caso concreto" e ha parlato di "profondità scarsa delle lesioni che sono tutte di un centimetro."
Il Dottore Cingolani parla invece, come avvenuto durante la sua deposizione, di "leucociti neutrofili che rappresentano un elemento che depone fortemente per la vitalità delle lesioni".
Dunque due visioni diverse quelle dei due medico legali, mentre l'uno Cingolani, propende per la probabilità delle lesioni vitali, l'altro, Bacci, parla di dubbi in merito alla vitalità e crede che una "valutazione globale del caso potrebbe portare elementi di maggiore certezza."
(SERVIZIO IN AGGIORNAMENTO)
Al via la sesta udienza del Processo di primo grado che vede imputato Innocent Oseghale per l'omicidio di Pamela Mastropietro. Nella giornata odierna deporranno i consulenti chiamati dalla difesa: il professore Mauro Bacci, ordinario di medicina legale, e la professoressa Paola Melai, specialista in tossicologia forense. Le loro dichiarazioni saranno raccolte congiuntamente dal giudice della Corte d'Assise Roberto Evangelisti.
Il processo si svolgerà a porte chiuse per "garantire il sereno svolgimento del dibattimento e tutelare la giovane vittima (art. 472, 473 codice di procedura penale)". Ammessa la sola presenza dei giornalisti al fine di consentire l'esercizio del diritto di cronaca.
L’ex Ospedale di Montecassiano, in seguito al sisma, aveva ospitato le scuole comunali della Città. Il Direttore dell’Area Vasta 3, il Dottor Alessandro Maccioni, e il primo cittadino di Montecassiano, Leonardo Catena, hanno annunciato oggi, nel corso di una conferenza stampa, la presentazione del nuovo progetto. Il primo piano dell’ex Ospedale, inaugurato dopo un lungo restauro nel 2010, verrà infatti destinato a una struttura terapeutica per malati psichici: il progetto prevede l’allestimento di 20 posti letto e vedrà la luce sul complesso conventuale abbandonato dai francescani.
“Parliamo di una struttura nuovissima che è stata pensata per una attività a servizio della psichiatria – così il Direttore dell’Area Vasta 3, il Dottore Alessandro Maccioni, sulla destinazione d’uso dei locali al primo piano dell’ex Ospedale -. Una struttura ex novo che dà la massima dignità ai pazienti che devono fare questo tipo di percorso; un progetto di alta qualità sia medica sia infermieristico-assistenziale.”
“Verrà quindi rifatto tutto il reparto di psichiatria che passera da sette a 16 posti letto, come previsto dalla norma - ha proseguito Maccioni parlando di una struttura il cui costo annuo di gestione è di un milione 240 mila euro -. ll Comune di Montecassiano ha poi realizzato il parcheggio funzionale alla struttura che conta circa 50 posti auto”.
“Una vicenda che si è protratta per alcuni anni e che oggi vede la sua conclusione: per questo credo sia doveroso ringraziare tutta l’Area Vasta 3 e il Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli – il commento del primo cittadino di Montecassiano, Leonardo Catena -. È una giornata storica per la nostra Città perché da oltre 40 anni l’edificio non veniva utilizzato: siamo riusciti, insieme alla Direzione dell’Area Vasta 3, a sbloccare i lavori e concluderli per un progetto eccellente.”
“Da qui a poche settimane, o al massimo qualche mese, riapriremo un presidio socio sanitario che mancava da troppo tempo a Montecassiano – ha proseguito Catena -. Questo progetto ci permette anche di trattare il tema in modo non stigmatizzante e ci dà modo di parlare della malattia psichiatrica correttamente. Inoltre stiamo anche lavorando per integrare al presidio psichiatrico altri servizi che sono già in cantiere.”
“Quello odierno è un risultato straordinario per Montecassiano, che è stato possibile grazie alla tenacia di tutti gli attori coinvolti e ora aspettiamo con ansia che il servizio prenda avvio – ha concluso il primo cittadino -. Ci tengo a sottolineare anche il fatto che siamo rimasti coerenti rispetto al progetto originario, che non è mai stato snaturato.”
“La locomotiva è partita, sta sul giusto binario e indietro non si torna – con queste parole ha chiosato il Direttore Maccioni spiegando che il progetto -, presentato negli scorsi giorni in Regione, verrà approvato velocemente, d’intesa con il Presidente Ceriscioli, e quindi nella seconda metà dell’anno, i locali dell’ex Ospedale di Montecassiano, potranno assolvere alla loro nuova funzione.”
Trenta anni di esperienza nell’installazione di sistemi di sicurezza e una pluriennale e continua ricerca di tecnologie innovative: questa la forza della Technogourp International Srl di Corridonia di Maurizio Marinangeli.
“L’assistenza è sempre al centro del nostro lavoro – ci racconta il titolare – e, sin dalle prime valutazioni per la realizzazione degli impianti, poniamo una meticolosa e particolare attenzione ai futuri aspetti di pronto intervento. Proprio grazie alla nostra centrale operativa di controllo tecnico dei sistemi installati e a una strutturata organizzazione interna, gestiamo la manutenzione e il pronto intervento degli impianti 24 ore su 24.”
Sono oltre 4000 i clienti che si affidano alla Technogourp International Srl, che realizza, in base alle varie necessità, diversificati sistemi rapportati alle esigenze aziendali e di settore: dai gruppi del lusso al privato, dall’azienda all’ente pubblico.
La progettazione, la produzione e il supporto avvengono principalmente con la collaborazione di ditte italiane ma, in alcuni casi, si creano delle relazioni anche con realtà europee che forniscono il materiale e che andrà poi a essere installato dai tecnici esperti della Technogourp International Srl.
“La nostra azienda offre anche la formazione del personale; il customer service e la customer satisfaction oltre alla manutenzione e alla gestione dei dati archiviati tramite un data base che può inviare report periodici ai clienti tramite telefono, e-mail e SMS – spiega Marinangeli -. Ogni impianto di videosorveglianza e di allarme inoltre, viene progettato insieme al cliente dopo vari sopralluoghi in loco da parte dell’ufficio tecnico, che servono a stabilire tutte le necessità e le esigenze del sito da "proteggere”: un’attenzione quindi eslusivamente dedicata alle diversificate situazioni che ci si possono presentare.”
“Inoltre, il nostro saper fare e la continua formazione e ricerca, ci hanno permesso di ottenere importanti riconoscimenti e il rilascio delle relative certificazioni di conformità per le nostre installazioni: la UNI ES ISO e le certificazioni SOA OS5 e OS30 – ci racconta il titolare -. Un lavoro, il nostro, che richiede corsi di aggiornamento continui, soprattutto visto il veloce progresso tecnologico che ogni giorno compie passi da gigante.”
La Technogourp International Srl produce, in base alle esigenze dei vari clienti, impianti antifurto; antintrusione e antiscasso da interno e da esterno; sistemi antirapina e antitaccheggio; impianti di rilevazione fumi, antincendio e relativi sistemi di spegnimento automatico; impianti TVCC e di videosorveglianza; infrastrutture in fibra o su rete wireless; sicurezza delle reti informatiche e troubleshooting; sistemi di centralizzazione allarmi e creazione di centrali operative; sistemi di controllo accessi integrati; sistemi conta persone; gestione integrata delle segnalazioni mediante software cartografici e sistemi di difesa passiva. Il tutto volto sempre alla sicurezza del cliente.
“Nell’ultimo periodo c’è stato un flusso molto ampio di richieste per il rilascio del permesso di soggiorno denominato UE per soggiornanti di lungo periodo, in particolare da parte di soggetti di etnia cinese. I cittadini cinesi venivano da noi per fare la domanda della carta di soggiorno, allegando anche la certificazione del superamento del test di conoscenza della lingua italiana ma, davanti agli uffici immigrazione, non erano in grado di parlare e comprendere gli interlocutori del Commissariato. A quel punto è scattato in noi un campanello d’allarme e abbiamo scoperto che gli attestati di lingua erano stati prodotti falsamente scaricandoli da internet dai siti web di due Istituti, uno a Perugia e uno a Milano, entrambe estranei al fatto. I certificati erano poi redatti con l’utilizzo di prestampanti e consegnati come documenti ufficiali” così il Vice Questore Maurizio Marcucci, nell’illustrare l’operazione denominata “TEST”.
“Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo è un titolo previsto dall’art. 9 del Testo Unico immigrazione rilasciato a chi soggiorna in maniera stabile e continuativa in uno dei Paesi Membri dell’Unione Europea – ha spiegato Marcucci -. Per ottenere la carta di soggiorno bisogna essere in possesso di determinati requisiti: soggiornare regolarmente in Italia da almeno cinque anni; avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale che è pari a 5.800 euro lordi; essere in possesso di un idoneo alloggio; non aver riportato condanne per gravi specifici reati e superato un test di conoscenza della lingua italiana ai sensi dell’art. 2 bis dello stesso Testo unico.”
I certificati attestanti la conoscenza della lingua italiana vengono rilasciati da Istituti riconosciuti e abilitati dal Ministero dell’Interno e, con il nuovo Decreto Salvini, sono necessari anche per l’ottenimento della cittadinanza. I vantaggi del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo sono molteplici: in primis si evita un dispendio di denaro in quanto non si procede più al rinnovo del permesso di soggiorno e, in secondo luogo, è possibile viaggiare nei paesi di area Schengen, trasferendosi in questo modo liberamente nei paesi europei.
"I cinque cittadini cinesi, tutti lavoratori e residenti nella provincia di Macerata, sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria per il reato di cui all’art. 5 comma 8 DLG 286/98 per produzione di documentazione falsa finalizzata all’ottenimento di carte di soggiorno e sono in corso ulteriori indagini volte alla verifica di altre decine di situazioni analoghe" ha concluso Marcucci.
Davanti al reparto schierato dell’Aeronautica Militare di Loreto, si è svolto, questa mattina, il 96esimo anniversario della costituzione della forza armata italiana. Dopo il picchetto d’onore dei vari reparti, il Comandante del Centro di Formazione Aviation English di Loreto, il Colonnello Davide Salerno, accompagnato dal suo vice, il Colonnello Luca Massimi, hanno assistito, insieme ai presenti, all’alzabandiera e hanno poi intonato l’Inno di Mameli. Una cerimonia toccante che si è tenuta, contemporaneamente, in ogni parte d’Italia e alla quale hanno partecipato, nella città marchigiana, le delegazioni di tutte e cinque le province delle nostra Regione. Dopo la deposizione della corona d’alloro in onore ai caduti dell’Aeronautica Militare, il Colonnello Salerno ha letto il messaggio del Generale di squadra aerea Alberto Rosso, Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare.
“Ufficiali, sottoufficiali, graduati, militari di truppa, e tutti voi presenti, oggi celebriamo con orgoglio e con senso di appartenenza il 96esimo Anniversario della Costituzione dell’Aeronautica Militare […]. In questo momento che ci vede raccolti, desidero inchinarmi ai nostri caduti che sono morti in pace e in guerra, fulgidi esempi per noi e per il nostro agire quotidiano. […] Il 28 marzo del 1923 c’è stata la necessità di dotare la nazione di una organizzazione militare dal potere aereo e […] le capacità umane e il progresso tecnologico sono diventati un nostro tratto peculiare e un fattore identitario. Oggi come allora, basandosi su tale patrimonio di valori, l’Aeronautica Militare è una risorsa strategica, che agisce in sinergia e con unità di intenti insieme alle forze terresti e navali.”
“La passione, l’orgoglio e l’umiltà di sempre sono le caratteristiche che contraddistinguono la nostra grande famiglia azzurra […]. L’Aeronautica Militare, con la sua professionalità, competenza, generosità, senso del dovere e credibilità rimarrà sempre autorevole all’interno delle alleanze nazionali e internazionali e, proiettandosi verso il futuro, assolverà sempre al suo compito: assicurare al paese la sicurezza dal cielo e per il cielo. A voi rivolgo il mio saluto e ‘buon compleanno Aeronautica Militare’.”
Dopo il messaggio del generale Alberto Rosso, letto dal Colonnello Davide Salerno, un Tenente dell’Aeronautica Militare ha recitato la preghiera dell’aviatore.
In occasione della celebrazione, abbiamo anche avuto l’onore di visitare Villa Bonci, oggi chiusa al pubblico. L’edificio, costruito agli inizi del 1900 dal Tenore Alessandro Bonci, venne donato alla chiesa e poi all’Aeronautica Militare, ed era destinato a scuola per gli orfani dell’Aeronautica Militare.
"Quella adottata oggi dal teste Awelima e Desmond credo sia stata una strategia processuale lecita e consentita: chiudersi nel silenzio o nel negazionismo. Lecita ma spesse volte è tipicita di chi ha tanto da nascondere e qualche volta è anche colpevole" - così Marco Valerio Verni, legale della famiglia Mastropietro, al termine della quinta udienza per l'omicidio di Pamela.
Sulla deposizione della criminologa Bruzzone, Verni ha commentato che la "Dottoressa ha messo in evidenza aspetti importanti della psiche di Pamela, che noi dicevamo da tempo, e che oggi abbiamo potuto rappresentare davanti alla Corte. Pamela era una ragazzina che, purtroppo, non era nella piena capacità di scegliere i suoi comportamenti, spesso dettati da cambi d'umore repentini, da stati di bisogno e di necessità. In tale senso è stato importante il passaggio della Bruzzone sull'uso della siringa, che Pamela non aveva mai utilizzato e che simboleggia il suo totale abbandano rispetto a ciò che accadeva al suo esterno. Questi passaggi - ha proseguito Verni -, uniti a quelli della scorsa volta, contribuiscono a porre una pietra tombale sullo sviluppo di questp processo e sul ripristino della verità per quanto riguarda Pamela che, soprattutto all'inizio, è stata fatta passare per ciò che non era; i suoi comportamenti promiscui non erano frutto di una scelta libera e consapevole, ma da questa sua patologia grave. Credo che quella di oggi sia stata un'altra udienza molto positiva, ma per obiettività aspettiamo la prossima in cui ascolteremo i consulenti della difesa."
"Abbiamo apprezzato anche la richiesta del Presidente (scorsa udienza, ndr.) di far tornare i consulenti dell'accusa per un eventuale confronto che ci dovrà essere tra le parti - ha commentato Verni -. Diciamo che siamo amaramente soddisfatti; preferivamo non essere qui a discutere di questo ma ci siamo e, per come è andata oggi, siamo contenti."
Sulle deposizioni dei tre teste Verni ha osservato che "si tratta di tre persone che sono in Italia da anni e che sono finiti in Associazioni di accoglienza. Dopo cinque anno ancora non parlano italiano: sarebbe interessante quindi capire come i soldi pubblici elargiti alle associazioni vengono poi effettvamente spesi, perché assistire oggi alla deposizione di tre persone che avrebbero dovuto conoscere almeno basicamente la lingua italiana, e vederli invece parlare quasi a gesti, ci fa porre alcune domande."
"Penso poi che oggi la Procura, che ringrazio, abbia recepito la nostra richiesta di contestare la calunnia a Oseghale nei confronti di Awelima e Desmond perché delle due l'una: o i due (Awelim e Desmond, ndr.) sono colpevoli e quindi la Procura ne avrebbe dovuto chiedere il rinvio a giudizio o, avendone richiesto l'archiviazione sulla scorta del fatto che non si trovano tracce che li collegano a casa di Oseghale al momento dell'efferato delitto, qualcuno li ha tirati dentro questo processo falsamente, ossia Oseghale. Il nostro ordinamento prevede delle misure e delle contromisure e speriamo che finalmente oggi, come ha dichiarato Desmond, si proceda per calunnia nei confrtonti di colui che, a questo punto, l'ha portato in questo processo in maniera infondata."
"Oggi è stato anche confermato un dato ormai assodato da tempo: la presenza di oppiacei nel capello e nella bile e quindi assunzione di sostanza nei due mesi precedenti - ha osservato il legale -. Come è possibile questo se Pamela era in comunità? Vorrei ricordare che in una struttura limitrofa di quella comunità morì una persona di overdose. Ci auguriamo quindi che a livello politico, dato che sono state fatte anche delle interrogazioni regionali, l'autorità che avrebbe dovuto fare delle ispezioni in quella struttura, finalmente sia chiamata a rispondere: se effettivamente dei controlli sono stati fatti vogliamo sapere quali sono gli esiti. Ciò che è accaduto a Pamela deve portare alla luce tutto ciò che c'è di marcio e che ruota intorno a questa storia."
"Infine, lasciatemi concludere con una questione che alcuni non vogliono sentire: la mafia nigeriana. Dalle carte processuali emerge in più parti la parola 'minaccia', la parola 'associazione organizzata criminale', 'spaccio', 'prostituzione'. Così come i dati extraprocessuali portano tutti a individuare la possibilità che ci sia questa presenza a Macerata e nelle Marche. Determinate carte quindi dovrebbero andare al vaglio degli organi competenti, in questo caso la Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona, per le opportune valutazioni del caso - ha osservato Verni -. Ripeto, non è una sfiducia nella Procura di Macerata, ma è semplicemente l'ovvia conseguenza del fatto che il nostro ordinamento prevede uffici specializzati per andare ad analizzare questo tipo di fenomeni: questo si dovrebbe fare per rendere onore a Pamela, al martirio di questa ragazzina. Penso che, andando oltre Pamela e partendo da essa, si deve far venire alla luce, o tentare di far venire alla luce, tutto ciò che questo martirio può consentire che questo venga fuori. Lo dobbiamo per Pamela e per tutta la brava gente, che non è contraddistinta dal colore della pelle, ma semplicenete dall'essere bravo o cattivo."
"Quella di Pamela Mastropietro era una condizione cognitiva e relazionale totalmente compromessa" - così la criminologa Roberta Bruzzone, teste della parte civile rappresentata dal legale Marco Valerio Verni.
"C'è una corposissima letteratura in merito al disturbo borderline, che può essere come una schizofrenia attenuata che compromette l'intero spettro cognitivo, delle scelte: i suoi processi di relazione con la realtà diventano psicotici" - la relazione della criminologa che ha potuto studiare la condizione della vittima nei sei mesi precedenti al decesso.
"Pamela, all'interno della comunità, ha subito un peggioramento. - ha spiegato la Bruzzone - Nei suoi confronti era necessario un trattamento precedente che Pamela non ha seguito. Si sono verificate rabbia, instabilità, sessualità promiscua. Ha agito come un detonatore avendo un rifiuto di quel contesto perché non era in grado di gestirlo. Parliamo di un soggetto profondamente degradato e con una personalità profondamente deficitaria".
"In questo senso la tossicodipendenza diventa una sorta di cura - ha proseguito la criminologa -. C'era una totale ingestibilità all'interno della comunità e quindi per lei l'unica soluzione era quella di scappare, nella sua totale incapacità di giudizio critico."
"Una perizia psichiatrica ordinata dal sostituto procuratore di Roma nell'ottobre del 2017 conferma il soggetto come una persona circonvenibile e incapace di intendere e di volere - ha spiegato la Bruzzone -. Ne sono una testimonianza anche gli atti di autolesionismo, la promiscua sessualità e i tratti paranoici".
"Il test MMPI, che Pamela fece il 25 gennaio, è una fotografia del funzionamento della mente - ha proseguito la criminologa -. Il test, arrivato post mortem, ha mostrato la genuinità delle risposte e ha evidenziato comportamenti ostili, quote ansiose, metodo acritico, disturbi formali del pensiero, incapacità di distinguere tra realtà interna ed esterna. Una persona quindi totalmente destabilizzata e assuefatta dalla sostanza: la fuga era l'unico modo per uscire da un contenitore persecutorio".
"C'è quindi una sospensione della capacità critica e se il soggetto entra in angoscia acuta, chiunque incontra viene investito da qualità sovranaturali e il soggetto entra in totale dipendenza dalla persona che incontra - ha spiegato la Bruzzone -. Non si è quindi in grado di valutare le condizioni di chi ci sta davanti e ogni richiesta che ci viene fatta cerchiamo di assecondarla perché abbiamo paura di perdere quel supporto."
Lo stesso tassista Alonso che incontrò Pamela la mattina del 30 gennaio per soli dieci minuti circa dichiarò che "a seguito della conversazione ho capito che la ragazza non fosse totalmente lucida né nel pieno delle capacità perché parlava a rilento".
"Questo sta a significare che, anche chi non ha particolari strumenti, è in grado di notare in modo evidente l'instabilità del soggetto - ha concluso la criminologa -. Pamela non era in condizioni di prestare consenso in merito all'uso di sostanze stupefacenti o richieste sessuali: era in stand by sotto il profilo cognitivo e decisionale, prova di raziocinio e di capacità critica. Anche il fatto che si sia iniettata eroina, cosa che prima di quel momento non aveva mai fatti, lo testimonia. Era quindi facile manipolare la sua persona e la sua era una condizione riconoscibile e immediata da chiunque ha un paio di occhi e un paio di orecchie, senza specifiche capacità di psicologia o psichiatria".
Sono attualmente in carcere per spaccio di droga con una condanna rispettivamente di sei e otto anni. Parliamo di Desmond Lucky e Awelima Lucky, comparsi questa mattina davanti alla Corte d'Assise come teste del processo dell'omicidio di Pamela Mastropietro.
"Conosco Oseghale ma non sono mai andato a casa sua - la testimonianza di Awelima -. Lui mi ha chiamato la mattina del 30 gennaio ma io stavo dormendo, perché stavo poco bene, e non ho proseguito la conversazione". Anche Desmond ha confermato di conoscere Oseghale ma di "non essere mai stato a casa sua".
"L'ho conosciuto in un'agenzia di scommesse e l'ho chiamato il 30 mattina una volta soltanto per una questione di gioco (scommesse, ndr)" la testimonianza di Desmond.
I colloqui tra Awelima e Desmond in cella presso il carcere di Montacuto ad Ancona, sono stati posti sotto intercettazioni ambientali e sono agli atti. Colloqui che sono stati tradotti dal dialetto nigeriano, lingua utilizzata dai due per comunicare: "Parliamo in modo tale che nessuno ci comprenda".
Intercettazioni che sono state completamente smentite dai teste che hanno più volte negato quanto è stato rilevato dalle stesse o hanno risposto di non ricordare quanto agli atti.
"Lui mi disse che una ragazza dormiva da lui e quando ci siamo sentiti sentivo che la ragazza piangeva. Mi ha chiamato, io sentivo che qualcuno russava, e mi ha detto se volevo fare sesso con una bianca e io risposto che non mi piaceva" intercettazioni che sono state negate dal Awelima che ha detto, davanti alla Corte, di non ricordare.
Durante l'interrogatorio Awelima ha anche detto (in inglese), visibilmente agitato, "Non sono mai andato a casa di Oseghale, non sapevo nemmeno dove abitava, non ho mai visto casa sua con i miei occhi ma solo in tv quando ho appreso la triste notizia. Io non ho fatto niente, non ho commesso niente".
Dichiarazioni che però vengono smentite dalle intercettazioni ambientali in carcere con il compagno di cella Desmond. "Dove abitava lui non si poteva sospettare che ci abitasse uno di colore [...] io avevo già visto la vasca da bagno - dice Awelima in base alle intercettazioni telefoniche e poi - "era meglio se lui la buttava fuori città, anche al mare" così Awelima parlando con Desmond, dichiarazioni che il teste, oggi, ha detto di non aver mai detto.
E ancora "se qualcuno fosse morto a casa tua, tu cosa avresti fatto? Per questo l'ha tagliata, come facevano loro in epoca loro" parole sempre smentite da Awelima.
Durante le intercettazioni, Desmond avrebbe anche detto al suo compagno di cella "le ha anche tolto il cuore" e il teste avrebbe risposto "perché non l'ha mangiato? Poteva mangiarlo. La testa avrebbe dovuto buttarla ma il cuore lo poteva mettete in frigo e lo mangiava piano piano" parole sempre smentite da Awelima.
In merito a una conversazione tra i due, sempre in cella, Awelima, sulla disarticolazione e sul depezzamento del corpo di Pamela dice "Mi vengono i brividi. Oseghale conosce bene il corpo di una donna, lo faceva prima, sapeva bene dove andare, lui lo sa fare" anche queste parole smentite dal teste. Lo stesso Desmond, intercettato in carcare ha detto "è una cosa che ha già fatto più volte" anche questo smentito in udienza.
Durante le intercettazioni in carcere, Desmond ha dichiarato, che "quella mattina (30 gennaio, ndr.) gli ho dato la droga (Oseghale, ndr.) e lui ha subito spento il telefono e l'ha lasciato spento per due ore": dichiarazione, anche questa, smentita in aula.
Desmond, in cercare chiese a Oseghale perché lo aveva accusato ingiustamente e oggi, il teste, ha dichiarato che l'imputato gli rispose che era falso quanto gli era stato riferito. In aula oggi Desmond, davanti alla Corte, ha confermato di voler agire nei confronti di Oseghale per il reato di calunnia.
Il teste, sempre intercettato, ha dichiarato, in merito al corpo di Pamela, "che questo è un gioco da bambini, noi abbiamo fatto cose terribili", parole sempre smentite. Anche in merito al fatto che la compagna di Oseghale, Michela Pettinari, abbia dichiarato di conoscere i due, entrambi hanno smentito ciò dicendo di non averla mai incontrata.
È iniziata questa mattina, alle 9:30, la quinta udienza del processo di primo grado che vede imputato il nigeriano Innocent Oseghale per l'omicidio di Pamela Mastropietro.
I teste di questa mattina, tutti presenti, sono la criminologa Roberta Bruzzone, la biologa e specialista in Genetica Medica la Dottoressa Marina Baldi, Desmond Lucky, Lucky Awelima e Anyanwu Anthony, inizialmente indagati insieme a Oseghale.
Il Giudice Roberto Evangelisti ha deciso di iniziare l'udienza con le deposizioni, trascritte e tradotte dall'interprete Federica Paccaferri, di Anyanwu, Desmond e Awelima.
Anyanwu, il primo teste a essere sentito, assistito dal legale Paolo Cognigni, essendo le indagini a suo carico in fase procedurale ha la facoltà di non rispondere. Facoltà di cui non si è voluto fare carico.
"Conosco Innocent Oseghale, l'ho conosciuto perché abbiamo fatto parte dello stesso progetto all'interno del GUS e ho parlato con lui il 30 gennaio: l'ho chiamato io perché avevo un problema con il GUS di Ancona" - così Anyanwu che, rispetto agli interrogatori precedenti, resi ai Carabinieri nel corso delle indagini, oggi ha mostrato molte discrepanze con quanto dichiarato.
Durante i tre interrogatori successivi al 30 gennaio, il teste aveva dichiarato che Oseghale gli aveva riferito di essere "ai Giardini Diaz con una ragazza e che stava rientrando a casa, dove non c'era la moglie ad attenderlo. Oseghale, in un secondo momento, mi disse che la ragazza stava dormendo, che aveva fatto sesso con lei e che lui stava uscendo per mangiare qualcosa".
Successivamente al 30 gennaio, il telefono di Anyanwu, è stato posto sotto controllo e, come osservato dalla Procura, nella mattina del 10 febbraio, il teste chiamò un suo amico, dicendo "ieri i Carabinieri sono venuti a prendermi per un controllo. Siccome hanno visto il mio numero sul telefono dell'idiota [...]. Io ero al punto Snai e lui mi disse che era ai Giardini Diaz con una donna bianca. Allora gli ho detto di stare attento a frequentare altre donne oltre sua moglie". Una circostanza questa confermata dal teste.
Anyanwu in merito alla telefonata avuta con Oseghale il 30 gennaio riferì durante gli interrogatori: "Oseghale mi disse che la ragazza non si svegliava e io gli chiesi quanta roba gli avesse dato: lui rispose che non era tanta. Io pensavo le avesse dato del cibo indiano e che alla ragazza avesse fatto male. Allora gli consigliai di chiamare l'ambulanza o di gettarle dell'acqua sul viso o immergerla in una vasca".
In aula, alla domanda su cosa significasse la parola "roba" il test non ha confermato che si potesse trattare di sostanza stupefacente.
Il teste ricorda di aver incontrato Oseghale il giorno precedente al 30 gennaio ma smentisce quanto detto dall'imputato che si siano incontrati per la marijuana perché Anyanwu ha spiegato "io non fumo marijuana".
La sera del 30 gennaio, come riportato dai tabulati telefonici, alle 20:44, Anyanwu ha cercato di contattare Oseghale, "senza alcuna risposta" e, alle 22:11 l'imputato ha invece cercato di contattare il teste sempre "senza alcuna risposta". Due chiamate della durata rispettivamente di 52 e 18 secondi che il teste non ricorda e che, come spiegato dalla difesa dell'imputato, potrebbero essere riferite alla segreteria telefonica.
Secondo le celle dei tabulati telefonici, durante queste due chiamate, l'imputato si trovata nella zona di Sforzacosta mentre il teste nella cella che aggancia via Spalato. Anyanwu chiamò Oseghale il 31 mattina e l'imputato gli disse che "la ragazza aveva lasciato la casa".
Una giornata baciata dal sole quella che ha accolto i tantissimi fedeli accorsi quest'oggi a Loreto, in Piazza Giovanni XXIII, per assistere alla messa celebrata da Papa Francesco, arrivato in mattinata, da Roma, in elicottero.
Il Santo Padre, dopo essere arrivato a Montorso, si è diretto presso il Santuario della Santa Casa, con dieci minuti di anticipo rispetto al cronoprogramma. Papa Francesco, proprio nella Santa Casa, ha osservato alcuni minuti di preghiera al cospetto della statua della Madonna prima di procedere con la celebrazione.
Una delegazione appositamente scelta ha potuto assistere alla messa celebrata da Bergoglio all'interno del Santuario della Santa Casa di Loreto. Un passo del Libro del Profeta Isaia, un passo della Lettera agli Ebrei e il passo dell'Annunciazione del Vangelo Secondo Luca: queste le letture della celebrazione.
Il Santo Padre ha poi proseguito, come da programma, con la Firma del documento della Lettera ai giovani e con il saluto agli ammalati. La sua uscita dalla Santa Casa e il suo ingresso in Piazza Giovanni XXIII sono stati accolti da un fragoroso applauso dei fedeli, arrivati da ogni parte d'Italia, che lo hanno salutato calorosamente.
Sul Sagrato del Santuario, Sua Eccellenza Monsignor Fabio Dal Cin ha portato il saluto di tutti al Santo Padre: "[...] Hai fatto una cosa buona a venire! - così ha esordito l'Arcivescovo in onore della prima visita del Pontefice nella Santa Casa -. [...] Ci sono fedeli, sacerdoti, religiosi, di Loreto e delle diocesi delle Marche [...]. Ci sono le famiglie, anche quelle che hanno iniziato il cammino di spiritualità proposto dal santuario, e quelle segnate dal terremoto che attendono di tornare nella propria casa: in questo angolo di Terra Santa tutte trovano la grazia di ricominciare e fortificano la propia vocazione missionaria. Ci sono i ragazzi e i giovani che dal Sì di Maria attingono forza per accogliere il disegno di Dio nella loro vita. Santo Padre: grazie di aver scelto la Santa Casa per firmare il documenti sui giovani, frutto del Sinodo a loro dedicato per aver voluto che il Centro Giovanni Paolo II di Loreto, ne diventi luogo di concreta attuazione: e lì ogni giovane si senta a casa."
"Cari fratelli e sorelle, buongiorno - così invece ha esordito il Santo Padre -. Le parole dell'angelo Gabriele a Maria 'Rallegrati, piena di grazia', risuonano in modo singolare in questo Santuario, luogo privilegiato per contemplare il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio. Qui, infatti, sono custodite le mura che, secondo la tradizione, provengono da Nazaret, dove la Vergine Santa pronunciò il suo 'sì', diventando la madre di Gesù." Papa Francesco ha poi salutato tutte le autorità presenti, in particolare i "Frati Cappuccini, ai quali è affidata la custodia di questo insigne Santuario tanto caro al popolo italiano. Li ringrazio specialmente per il prezioso ministero del confessionale e chiedo loro di aprire la Santa Casa in trada serata e la notte quando ci sono gruppi di giovani a pregare."
Bergoglio ha rivolto la sua particolare attenzione "ai giovani, alle famiglie, ai malati." "La Santa Casa è la casa dei giovani, perché qui la Vergine Maria, la giovane piena di grazia, continua a parlare alle nuove generazioni, accompagnando ciascuno nella ricerca della propria vocazione. Per questo ho voluto firmare qui l'Esortazione apostolica frutto del Sinodo dedicati ai giovani. Si intitola "Christus vivit - Cristo vive". Nell'evento dell'Annunciazione appare la dinamica della vocazione espressa nei tre momenti che hanno scandito il Sinodo: l'ascolto della Parola e del progetto di Dio, il discernimento e la decisione. [...] Penso a Loreto come a un luogo privilegiato dove i giovani possono venire alla ricerca della propria vocazione, alla scuola di Maria. Un polo spirituale a servizio della pastorale vocazioneale. [...] La Casa di Maria è anche la casa della famiglia. Nella delicata situazione del mondo odierno, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna assume un'importanza e una missione essenziali. È necessario riscoprire il disegno tracciato da Dio per la famiglia, per ribadirne la grandezz e l'insostituibilità a servizio della vita e della società. Per questo ogni famiglia, nelle sue diverse componenti, trova qui accoglienza, ispirazione a vivere la propria identità. [...] La Casa di Maria è la casa dei malati. Qui trovano accoglienza quanti soffrono nel corpo e nello spirito e la Madre porta a tutti la misericordia del Signore di generazione in generazione. La malattia ferisce la famiglia e i malati devono essere accolti dentro la famiglia. La casa e la famiglia sono la prima cura del malato nell'amarlo, sostenerlo, incoraggiarlo e prendersene cura. Ecco perché il sanutuario della Santa Casa è simbolo di ogni casa accogliente e santuario degli ammalati."
"Cari fratelli e sorelle! - ha continuato Papa Francesco -. A voi e a quanti sono legati a questo Santuario, Dio, per mezzo di Maria, affida una missione in questo nostro tempo: portare il Vangelo della pace e della vita ai nostri contemporanei spesso distratti, presi dagli interessi terreni o immersi in un clima di aridità spirituale. C'è bisogno di persone semplici e sapienti, umili e coraggiose, povere e generose. Insomma, persone che, alla scuola di Maria, accolgono senza riserve il Vangelo nella propria vita."
"La Vergine Santa aiuti tutti, specialmente i giovani, a percorrere il cammino della pace e della fraternità fondate sull'accoglienza e sul perdono, sul rispetto dell'altro e sull'amore che è dono di sé. La nostra Madre, stella luminosa di gioia e di serenità, doni alle famiglie, santuari dell'amore, la benedizione e la gioia della vita. Maria, sorgente di ogni consolazione, porti aiuto e confronto a quanti sono nella prova" così ha concluso Bergoglio prima dell'Angelus e prima si salutare i fedeli a bordo della Papamobile.
Sono sei i produttori al mondo di lavelli da cucina in materiale composito in dispersione acrilica e tra questi troviamo una delle eccellenze maceratesi, con sede a Montecassiano, la Plados dell’Ingegner Bertini e dell’Ingegner Bugiolacchio.
Creata nel 1991 dai due soci, rispettivamente ex Teuco Guzzini ed ex Telma Guzzini, l’Azienda è leader nel settore di lavelli da cucina in quarzo e granito, con un mercato che si estende per oltre il 50% all’estero, dall’Europa, all’America, fino a raggiungere l’Australia.
“A Montecassiano abbiamo la produzione vera e propria mentre a Montelupone c’è l’impianto per la produzione delle materie prime e il laboratorio di ricerca e sviluppo di nuovi materiali – ci spiegano Riccardo ed Edoardo, i giovanissimi figli di uno dei due proprietari della Plados, Sandrino Bertini -. Noi acquistiamo le cariche minerali da selezionati fornitori mondiali, poi il segreto del prodotto d’eccellenza lo fa la ricetta.”
“Il quarzo e il granito – proseguono – vengono legati insieme dalla resina acrilica e questo procedimento avviene a Montelupone, negli stabilimenti della Delta, azienda facente parte del gruppo Plados. Il prodotto, che in principio è liquido, viene poi trasferito a Montecassiano e, tramite un sofisticato sistema, viene iniettato negli stampi, che sono circa 120, i quali danno la forma e le dimensioni ai vari lavelli. Una volta stampato, il lavello viene poi trasferito agli altri reparti, che provvedono alle successive lavorazioni, quali sbordatura, foratura, finitura e packaging del prodotto.”
“La rubinetteria, gli elettrodomestici e una vasta gamma di accessori, acquistati su nostre richieste specifiche di design e indicazioni progettuali, vengono poi da noi commercializzati e ciò serve per completare la nostra offerta commerciale” – continuano Riccardo ed Edoardo.
Una produzione annua che arriva fino a 160mila lavelli e che viene esportata in circa 50 paesi al mondo. L’Azienda, che si sviluppa su 20 mila metri quadri, conta 110 dipendenti e include anche una sede all’estero, in Serbia, è certificata come PMI innovativa.
Sulla crisi del settore edilizio e, contestualmente, dell’arredo della casa, Riccardo ed Edoardo ci spiegano che “dal 2010 il numero di fabbricanti di cucine componibili è dimezzato e quindi sono rimasti i cosiddetti ‘grandi’ produttori. Diciamo che crescendo loro cresciamo anche noi, soprattutto grazie ai partner più importanti come possono essere Lube e Scavolini.”
Ma qual è la differenza tra un lavello fatto in materiale composito e un prodotto in acciaio inox o ceramica o piuttosto in resina poliestere? “Il prodotto è molto facile da pulire, è resistente agli impatti, antigraffio, antimacchia, antibatterico e igienico. La Plados vanta inoltre il brevetto internazionale “ARIAPURA”: parliamo di quei lavelli provvisti di nanoparticelle di biossido di titanio che, in presenza di luce naturale o artificiale, attivano il fenomeno della fotocatalisi, processo simile alla fotosintesi clorofilliana degli alberi, il quale distrugge i cattivi odori e trasforma le sostanze inquinanti presenti nell’ambiente cucina in innocui sali minerali. Il lavello proposto al mercato con i marchi Plados e Telma è quindi antinquinante, antibatterico e autopulente.”
L’Azienda è inoltre beneficiaria dei finanziamenti del Fondo Europeo a sostegno dei processi di innovazione aziendale e utilizzo di nuove tecnologie e ha ricevuto la visita del Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli e di una delegazione della Commissione Europea pochi giorni fa. L’impresa Delta di Montelupone ha infatti elaborato un programma di investimento focalizzato sullo sviluppo di nuovi materiali compositi per lavelli da cucina e finalizzato all’applicazione dei risultati della ricerca, per i quali l’impresa è titolare di brevetti internazionali.
Abbiamo incontrato il Direttore del Dipartimento di Dipendenze dell’Area Vasta 3, che comprende i Sert di Macerata, Civitanova Marche e Camerino, il Dottor Gianni Giuli, per cercare di osservare da vicino una realtà che, per i più, è considerata un tabù ma che, per gli esperti, dovrebbe invece essere maggiormente conosciuta proprio perché così si può fare prevenzione e si può cercare, tutti insieme, di combatterla.
“Il Dipartimento di Dipendenze dell'Area Vasta 3 conta circa 1.500 pazienti – spiega il Direttore Giuli -: utenti che dal 2002 al 2017 sono raddoppiati. La maggior parte delle persone che sono in cura al Sert sono eroinomani poi ci sono gli alcolisti e i giocatori d’azzardo. La situazione reale, in termini di numeri però, è ben diversa: per una persona che si cura al Sert ce ne sono quattro fuori che usano la sostanza o che hanno delle dipendenze e non si rivolgono a noi. Questa è la media nazionale ed è un dato che possiamo confermare anche con le nostre unità di strada che evidenziano come l’uso di sostanze stupefacenti sia elevato nei luoghi di aggregazione: moltissimi infatti affermano di aver fatto uso di droghe almeno una volta nell’ultimo anno.”
“Andando a osservare la nostra provincia nel dettaglio, la costa, e quindi nello specifico Civitanova Marche, è sempre stata la zona critica: in primis per la questione relativa all’Hotel House, dove c’è una sacca di disagio importante e dove parte lo spaccio di sostanze stupefacenti, mentre le zone interne sembrano avere un minore impatto del fenomeno” – spiega il Direttore -. Credo che dopo la morte di Pamela (Mastropietro, ndr.) si siano accesi i riflettori su questa situazione, che interessa tutto il territorio maceratese, che è sempre stata grave nella nostra provincia e che noi da tempo denunciavamo.”
Secondo i dati relativi all’anno 2017, i consumatori sono principalmente maschi con un rapporto di 4 a 1 rispetto alle donne, rapporto che diminuisce se parliamo di alcool, di cui rimangono i maggiori dipendenti gli uomini ma con un rapporto 2 a 1. L’età media della tossicodipendenza è di 30 anni mentre se parliamo di gioco d’azzardo l’età media si alza verso gli over 40 e 50 e lo stesso discorso vale per la cocaina e per l’alcool. Ad oggi, l’utente é cambiato – spiega il Dottor Giuli -: mentre quest’ultimo prima era ‘puro’ e quindi utilizzata un solo tipo di droga, per lo più eroina, oggi ne consuma più di una. In questi termini gli stessi spacciatori si sono ‘attivati’ e non vendendo più solo una sostanza ma tutte: questo è un dato allarmante soprattutto se pensiamo che moltissimi giovani si avvicinano al mondo della droga e dalla marijuana possono arrivare con facilità all’eroina.”
Proprio uno dei dati più allarmanti evidenziato dal Dottor Giuli è l’utilizzo della sostanza stupefacente nei giovanissimi. L’età del primo incontro con la droga é sempre più precoce, “Noi abbiamo avuto utenti anche di 12 anni che hanno fatto uso di eroina: in seguito a questi fenomeni, diventati sempre più frequenti, abbiamo aperto un ambulatorio in un luogo diverso dal Sert, in cui la privacy rimane molto stretta e dove facciamo la diagnosi precoce, perché prima si interviene e maggiori sono le probabilità di successo. In questi casi – avverte Giuli – è fondamentale il coinvolgimento della famiglia.”
“Il primo uso, in generale, è sempre quello legato all’alcool che, a 12 anni, è una droga a tutti gli effetti – ci spiega il Direttore -. I minori infatti non hanno l’alcol deidrogenasi, l’enzima che metabolizza l’alcool, diversamente dagli adulti: nel dodicenne quindi la bevanda ha un effetto psicoattivo immediato. Il secondo approccio con lo sballo è la cannabis che, in questo momento, sta vivendo un ‘momento’ particolare. Mi spiego meglio. Con la vendita della cannabis light i giovani
pensano sia normale fare uso di cannabinoidi. Non voglio entrare in polemica, ma anche la sostanza light rimane cannabis e rappresenta a tutti gli effetti l’uso di una sostanza stupefacente, anche se a bassissimo dosaggio.”
“Dico alle famiglie di essere attente a questa problematica; nel passaggio tra elementari e medie, il contatto con la sostanza, in termini di conoscenza, è pari al 100%. Non bisogna far finta che il problema non ci sia ma bisogna affrontarlo. Le famiglie devono essere attente ai segnali , come a esempio l’abbassamento del rendimento scolastico, o l’eccessiva sonnolenza diurna, bisogna sapere cosa questi dicono. L’attenzione a queste tematiche però deve essere un discorso che vale per tutti gli educatori in generale, allenatori, docenti, tutti dobbiamo agire perché nessun ambiente è esente dall’uso di sostanze stupefacenti.”
“Mi rendo conto che spesso capita che non si affronta il problema per paura, ma noi non dobbiamo avere paura perché maggiormente si affronta la situazione e meglio è – spiega il Direttore -. Il nostro compito è quello di sviluppare la capacità critica dei giovani e giovanissimi senza parlar loro di stupefacenti. Stiamo portando avanti progettazioni di prevenzioni che partono dalle scuole elementari, dove cerchiamo di interagire con i ragazzi per riuscire a sviluppare alcune abilità cognitive-relazionali, emotive e psicologiche che siano in grado di dotare i giovani di una capacità critica decisionale. Se noi riusciamo in questo, i giovani, quando sarà il momento, sapranno dire ‘no’. Non possiamo far finta di nulla: noi non fermeremo mai i flussi di sostanze, dobbiamo invece diminuire la domanda, è questo il lavoro di prevenzione e di relazione che dobbiamo fare. Il progetto “Built the future”, che abbiamo ideato con il Comune di Macerata e che si sta svolgendo nelle scuole, va proprio in questo senso.
Sulle terapie del Sert, il Dottor Giuli è molto chiaro. “Io non parlo mai di guarigione. La tossicodipendenza è una malattia cronica recidiva: se il nostro cervello prova la sostanza e gli piace, mette quella condizione positiva nella sua memoria e lì rimane, viene “immagazzinata”. Questa memoria biologica dura per tutta la vita, non si cancella più: questa è la verità scientifica . Il cervello però è plastico e una giusta terapia, psicologica e farmacologica, lo può far tornare a una condizione quanto più distante dalla sostanza. Il metadone è un farmaco che stabilizza la dipendenza e permette ai pazienti di affrontare la problematica, come il trattamento residenziale quale è la comunità terapeutica , ma in determinati momenti della vita il rischio del riuso c’è sempre purtroppo. È importante quindi lavorare sulla psicologia della persona, facendogli vedere una parte di vita che magari non ha mai visto perché occupata dalla sostanza. I nostri sono sempre percorsi integrati in cui collaborano medici, psicologi, assistenti sociali: si discute tutti insieme sui vari casi e si decide il percorso in base alla tipologia del paziente. Proprio perché la patologia da dipendenza è grave, è importante che vengano convogliate tutte le forze per un’attività di prevenzione reale: chiunque deve prendersi le proprie responsabilità e fare in modo di operare un cambiamento sul territorio.”
“In merito all’alcolismo, si parla di bere a rischio quando c’è una situazione in cui la dipendenza non appare. Per intenderci, quel comportamento di abuso che possiamo definire ‘abbuffata del fine settimana” . Il bere a rischio poi può rimanere così o può invece cambiare e diventare una dipendenza quando l’abuso diventa giornaliero2 – ha spiegato il Dottor Giuli.
“Sul gioco d’azzardo, a mio parere, c’è stato un vero e proprio progetto industriale della criminalità organizzata e dello Stato che dal 2006 al 2010 hanno investito e aumentato il mercato del 490%: c’è quindi una disponibilità di gioco capillare . Sono inoltre duplicate e centuplicate le modalità del gioco, in cui c’è un meccanismo di vincita e perdita molto veloce – osserva Giuli -. Non abbiamo dati certi perché c’è una fascia di popolazione che gioca e non è patologica, mentre un’altra lo è: ma è difficile identificare quest’ultima. Il comportamento diviene patologico quando si concentra tutto il tempo della giornata lì e quando si investe più di quello che si ha e si arriva all’indebitamento. La disponibilità di gioco inoltre aumenta la possibilità di malattia e proprio per questo credo che ci dovrebbero esserci delle limitazioni degli orari e delle fasce di orario protette - il monito del Direttore -. Anche perché il discorso della cura è molto complicato e non ha per il momento linee guida chiare, allo stato attuale sembra che ciò che funziona di più sono i gruppi di auto mutuo aiuto. Anche in questo caso è prioritario che ci sia un trattamento di tipo psicologico e psicoterapico.”
“Le sostanze varieranno, ce ne saranno sempre di nuove e se vediamo i dati degli ultimi anni dovremmo dire che abbiamo totalmente perso la battaglia ma non bisogna arrendersi: dobbiamo essere sul territorio, fare prevenzione, coinvolgere tutti gli attori. Se possiamo fare anche solo una minima cosa la dobbiamo fare: con la capacità critica e con la cultura si cambiano le cose ed è nostro compito continuare a puntare su questo” ha concluso Giuli che, proprio parlando di prevenzione, cultura e informazione, ha voluto ricordare l’uscita nelle sale cinematografiche, in questi giorni, del film “La mia seconda volta”, che racconta la storia di Giorgia Benusiglio che, dopo aver assunto una pasticca di ecstasy ha rischiato di morire e ha poi subito un trapianto di fegato ed è riuscita a salvarsi. Nel film uno degli attori è Simone Riccioni, che si è sempre impegnato su tematiche sociali. Invito tutti ad andare a vedere questo bellissimo film.
Marco, questo è il nome di fantasia che gli abbiamo voluto dare, assume eroina da quando ha vent’anni e ora ne ha trentasei. Ha un lavoro, conduce una vita ordinaria con il sostegno del SERT di Macerata ma non riesce a fare a meno dell’eroina una volta a settimana. Marco ha visto morire un amico di overdose ma, nonostante questo, racconta di non riuscire ad abbandonare la sostanza.
Una condizione la sua, nella quale si trovano molti giovani (e non solo). Grazie alla collaborazione del direttore del SERT di Macerata, il Dottor Gianni Giuli, vi abbiamo voluto raccontare con una video-intervista la sua testimonianza.