Processo Oseghale, parlano i consulenti della difesa: "Non si può escludere la morte per overdose di Pamela" (VIDEO)
"Non è da escludere una morte di Pamela per overdose". Queste le dichiarazioni della dottoressa Paola Melai, specialista in tossicologia forense, consulente di parte della difesa nel processo che vede imputato Innocent Oseghale per l'omicidio di Pamela Mastropietro.
La Melai, il cui intervento al processo è stato richiesto dai due avvocati del 29enne nigeriano - Umberto Gramenzi e Simone Matraxia - spiega il suo punto di vista riguardo le analisi eseguite sul corpo di Pamela: "Io ho eseguito delle valutazioni in merito alle consulenze accertate dal Dottor Froldi e dai RIS di Roma. La scelta di una minima parte di sangue, secondo il mio parere, lascia dubbi perché viene utilizzata una metodica non specifica, una metodologia che non ha valenza legale".
"Poteva essere eseguita una ricerca mirata, utilizzando una metodologia più specifica - spiega la Dottoressa mettendo in dubbio le analisi eseguite dal Dottor Froldi (leggi qui la deposizione di Froldi) -. Dei 300 microlitri di sangue che il Dottore (Froldi, ndr.) aveva, 100 sono stati utilizzati per vedere se era presente alcool nel sangue e credo che gli altri 200 potevano essere usati per una gastro-spettrometria di massa".
"L'analisi fatta sulla matrice ematica, non può essere accettata come un valore, può essere indicativa solo della presenza o meno di morfina ma non può essere quantitativa - spiega la Dottoressa -. Questo tipo di analisi può dare una possibilità e una probabilità del risultato ma non una certezza. Oltre al fatto che non è stata valutata la variabilità del soggetto: una ragazza giovane, di 50 kg, che aveva determinate caratteristiche. Non possiamo inoltre dire il momento in cui la sostanza è assunta. Poi in 30 anni di esperienza, non ho mai letto che siano stati analizzati campioni lavati con varechina, la quale può aver influito sulla determinazione delle analisi: non ci sono studi che ci dicono che con la varechina si mantiene lo stesso valore della sostanza. Inoltre gli organi erano stati tolti dalla loro normale collocazione e messi in dei sacchetti: questo altera il tutto".
"Dunque queste analisi possono dare una valenza meramente indicativa e qualitativa ma non quantitativa - le conclusioni della Dottoressa Melai -. Sono state rinvenute morfina, caffeina e codeina ma nulla possiamo dire sulla quantità. Siamo certi che la ragazza ha assunto la sostanza stupefacente ma non possiamo dire quanta".
"Il dato di certezza è indispensabile ma in questo caso il dato scientifico tossicologico non può escludere né l'una né l'altra ipotesi - ha concluso la Melai -. Non possiamo quindi fare diagnosi di certezza perché sono valori che sono stati definiti con una metodologia immunoenzimatiche che la comunità scientifica non riconosce con valenza".
"Posso fare dei rapporti con le analisi effettuate, ma non posso dal dato di un organo ricavare il dato ematico: bisognerebbe capire il momento esatto del metabolismo, della condizione del soggetto e di molte altre variabili. È necessario una caratterizzazione particolare del soggetto" ha aggiunto la Dottoressa, contrariamente alla tesi portata in aula la settimana scorsa dal Dottor Froldi peraltro anch'egli presente in aula.
Ciò ha innescato una certa tensione in Assise. Più volte i consulenti dell'accusa (Rino Froldi, Luisa Regimenti, Mario Cingolani, Carmelo Furnari ndr) hanno scosso la testa e mostrato segni di disapprovazione in merito all'analisi riportata dalla tossicologa.
Secondo la Melai si sarebbe potuto scoprire se Pamela fosse morta di overdose tramite analisi differenti rispetto a quelle effettuate da Froldi: "Può quindi esserci stata overdose come può non esserci stata - ha spiegato la Dottoressa -. Il dato ematico certo dell'assunzione di sostanza si poteva fare non con l'analisi immunoenzimatica, ma cercando lo specifico gruppo di sostanza enzimatica (morfina o eroina) con una ricerca mirata che è quella della gascromatografica".
Insieme alla Dottoressa Melai, anche il medico legale Mauro Bacci, consulente della difesa, ha portato la sua relazione in merito alle analisi effettuate, insieme al Professor Cingolani, sul corpo di Pamela Mastropietro.
Durante il suo lavoro, Bacci ha "preso in visione le lesioni indicate come quelle probabili di morte - ha spiegato oggi davanti alla Corte d'Assise non negando che questo è un "caso complesso".
"Le lesioni interne che si trovavano nel fegato sono sei mentre quelle esterne due - ha spiegato Bacci che nella sua relazione è arrivato alla conclusione seguente: "due delle sei lesioni non sono di facile descrizione e sono irregolari."
Sulla vitalità delle lesioni, Bacci ha spiegato che "la letteratura indica cautela nella valutazione di ogni caso concreto" e ha parlato di "profondità scarsa delle lesioni che sono tutte di un centimetro."
Il Dottore Cingolani parla invece, come avvenuto durante la sua deposizione, di "leucociti neutrofili che rappresentano un elemento che depone fortemente per la vitalità delle lesioni".
Dunque due visioni diverse quelle dei due medico legali, mentre l'uno Cingolani, propende per la probabilità delle lesioni vitali, l'altro, Bacci, parla di dubbi in merito alla vitalità e crede che una "valutazione globale del caso potrebbe portare elementi di maggiore certezza."
(SERVIZIO IN AGGIORNAMENTO)
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