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Lei lo lascia, lui la pugnala a morte: 23 anni fa aveva ucciso la moglie

Lei lo lascia, lui la pugnala a morte: 23 anni fa aveva ucciso la moglie

Torna l'appuntamento con la rubrica settimanale "La Strada delle Vittime", nella quale si affronta l'analisi della casistica criminale con approccio vittimologico. Di seguito proponiamo il caso di questa puntata. 

Durante l'udienza di convalida del fermo, Stefano Fattorelli, veronese 50enne, ha confessato di avere gravemente ferito la sua ex compagna, Sandra Pegoraro, operatrice socio sanitaria all’ Ospedale di Padova. Il Gip ha confermato il fermo per tentato omicidio e disposto la custodia cautelare in carcere dell’uomo che già nel 1999 era stato condannto per l'omicidio della moglie, Wilma Marchi, uccisa con 33 coltellate perchè aveva deciso di lasciarlo.

L’ultima aggressione che ha riaperto le porte del penitenziario all’uomo, risale alla mattina del 10 maggio. Sandra Pegoraro aveva interrotto il loro rapporto per l’eccessiva gelosia di lui, sfociata in comportamenti morbosi e violenti. L’uomo non avrebbe accettato la fine della relazione e martedì scorso si era recato presso l’abitazione dove i due avevano convissuto sino a poco tempo prima, nel quartiere Arcella di Padova.

E’ scoppiata una lite furiosa: le urla e le richieste di aiuto della donna, che in un estremo tentativo di salvarsi la vita è riuscita a scappare dall’appartamento e scendere le scale verso l’androne comune dello stabile, hanno allertato alcuni vicini di casa che, accorsi, l’hanno trovata a terra con ferite multiple di arma da taglio alla schiena ed una al torace, all’altezza dei polmoni: colpi inferti per uccidere.

Immediato l’intervento dei soccorritori: il rapido trasporto all’Ospedale di Padova ed un’operazione d’urgenza le hanno salvato la vita, anche se le sue condizioni restano gravi. Si poteva evitare questo ennesimo attentato alla vita di una donna? La risposta sembra quasi scontata, se guardiamo ai precedenti ed alla storia giudiziaria del Fattorelli.

L’uomo, riconosciuto semifermo di mente, venne condannato a 15 anni per l’omicidio della moglie, ridotti a 12 in Appello:  beneficiando di indulto e buona condotta uscì già nel 2007 dopo aver scontato solo la metà della pena. Dopo un percorso di reinserimento non era stato più ritenuto pericoloso per “remissione completa" del disturbo di personalità alla base del vizio parziale di mente riconosciuto dal Tribunale.

Ma non finisce qui, poichè il Fattorelli, mentre era ancora in carcere conobbe una psicologa 54enne, che lo seguiva nel percorso di riabilitazione: una volta uscito dal carcere, iniziò a pedinarla, minacciarla e a stalkerizzarla: telefonate ad ogni ora, sms sempre più minacciosi, scenate in pubblico fino ad arrivare alle minacce di morte: “Ti ammazzerò, lo sai che ne sono capace”.

A quel punto la professionista si decise a denunciarlo. Ciò gli valse una seconda condanna nel 2011 a 2 anni di reclusione per stalking, pena non ancora divenuta definitiva.

L 'articolo 203 codice penale definisce socialmente pericolose le persone che, anche se non imputabili o non punibili, abbiano commesso un reato, quando è probabile che commettano nuovi fatti preveduti dalla legge come reati.

All’esito del percorso di reinserimento e rieducazione in carcere, può esserci stato un errore sulla valutazione della pericolosità sociale del Fattorelli? Si sarebbero dovuti applicare quei provvedimenti speciali previsti per gli autori di reato socialmente pericolosi?

Se nel guardare a questa vicenda si prova un senso di indignazione, di impotenza, di “ingiustizia”, le donne che attribuiscono all’amore una finalità “salvifica” dovrebbero trarne uno spunto di riflessione importante: comportamenti violenti e aggressivi difficilmente evolvono e si trasformano in relazioni positive. In questo tipo di relazioni, in cui la vittima è tale già sin dagli inizi del rapporto, “restare” significa anzi mettere in serio pericolo la propria vita.

 

 

 

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