È ufficialmente in corso a Sarnano la sperimentazione del progetto Smart Village, un’iniziativa innovativa rivolta agli anziani over 75 residenti nei territori dell’entroterra marchigiano. L’obiettivo è migliorare la qualità della vita delle persone anziane, prevenire eventi acuti invalidanti e supportarle nel mantenimento dell’autonomia e della vita attiva nel proprio contesto sociale.
Il progetto si sviluppa in quattro fasi chiave: arruolamento degli utenti, screening multidimensionale, assegnazione dei dispositivi e attivazione dei servizi, e monitoraggio dei parametri. Nella provincia di Macerata sono stati attivati cinque hub di riferimento. In particolare, l’hub di Sarnano coordina le attività nei comuni di Gualdo, Penna San Giovanni e Monte San Martino. Sette pazienti sono stati selezionati dai medici di medicina generale: 3 residenti a Sarnano, 2 a Gualdo e 2 a Penna San Giovanni.
Dal 6 al 20 maggio, presso gli ambulatori delle Terme comunali di Sarnano, gli utenti prenderanno parte alla fase di screening multidimensionale che prevede cinque visite specialistiche (cardiologica, fisiatrica, nutrizionale, psicologica e sociale) per valutare complessivamente lo stato di salute e benessere degli anziani coinvolti.
Successivamente, ogni partecipante riceverà un kit di dispositivi di automonitoraggio per rilevare parametri vitali come pressione arteriosa, frequenza cardiaca, elettrocardiogramma, saturazione, temperatura corporea, peso, e le cadute accidentali. A questi si aggiungeranno attività sociali e di promozione della salute, realizzate in rete con le realtà locali.
Ogni utente sarà supportato da un mediatore digitale, una figura professionale che lo affiancherà nelle misurazioni e nel mantenimento dei contatti con familiari e servizi. I medici di medicina generale, infine, controlleranno da remoto i parametri rilevati per un’assistenza continua e personalizzata.
L’Ast di Macerata ha attivato un nuovo Percorso Diagnostico Terapeutico (PDTA) per le patologie della tiroide, coordinato dall’Unità Operativa di Medicina Nucleare, diretta dalla Dr.ssa Francesca Capoccetti.
Oggi, 25 maggio, si celebra la giornata mondiale della tiroide, con la finalità di porre sotto i riflettori l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce.
La tiroide, infatti, è un organo che incide significativamente sul benessere di ogni individuo, eppure spesso le patologie tiroidee sono sottovalutate o ignorate, provocando diagnosi tardive, complicanze e ripercussioni sulla qualità della vita delle persone che ne sono affette.
Le principali patologie che coinvolgono la tiroide sono l’ipotiroidismo, l’ipertiroidismo e i noduli tiroidei, tra cui i tumori e ognuna di loro, pur avendo peculiari caratteristiche, ha un grande impatto sulla salute pubblica.
Il nuovo PDTA dell’Ast è nato su indicazione della Direzione Generale e Sanitaria con l’obiettivo di offrire ai pazienti un percorso strutturato, multidisciplinare e personalizzato, volto alla diagnosi precoce, al trattamento efficace e al follow-up delle principali malattie tiroidee.
Rappresenta, quindi, un modello organizzativo innovativo, che coinvolge attivamente diversi professionisti: medici nucleari, anatomopatologi, anestesisti, chirurghi, diabetologi, fisiatri, fisici medici, oculisti, oncologi, radiologi, otorinolaringoiatri, patologi clinici, radiologi interventisti, radioterapisti oncologi, terapisti del dolore, Medici di Medicina Generale e tecnici sanitari e infermieri.
“La presa in carico del paziente avviene in modo centralizzato presso l’U.O.C. di Medicina Nucleare e integrata con tutte le specialistiche presenti nell’Ast e con i Centri di Riferimento Regionali, garantendo tempi rapidi di accesso agli esami diagnostici, valutazioni cliniche multidisciplinari e terapie mirate, inclusi i trattamenti radiometabolici con iodio-131 personalizzati – ha spiegato la Primaria della Medicina Nucleare dell’Ospedale di Macerata Dr.ssa Francesca Capoccetti.
Sin dal 2003, con l’istituzione del Centro Regionale di Terapia Radiometabolica, il Reparto di Medicina Nucleare dell’Ast di Macerata è centro di Riferimento per la gestione dei pazienti regionali ed extra regionali affetti da patologia tiroidea, peraltro in costante aumento, sia per quanto riguarda le forme benigne come il gozzo e l’ipertiroidismo, che per quelle oncologiche”.
Negli anni sono stati trattati numerosi pazienti soprattutto extra regionali (circa il 20%), che hanno scelto l’azienda sanitaria maceratese per la presenza di tutte le branche specialistiche dedicate, che garantiscono al cittadino le diverse possibilità diagnostiche e terapeutiche oggi a disposizione, ma principalmente perché l’approccio terapeutico medico nucleare è basato sull’esecuzione di piani personalizzati, creati su studi dosimetrici, cha garantiscono il massimo effetto terapeutico a fronte del minor detrimento possibile”.
“Con questo PDTA si è voluto offrire ai cittadini un percorso clinico chiaro, sicuro e omogeneo, basato sulle più recenti linee guida nazionali e internazionali. – ha affermato il Direttore Generale dell’Ast di Macerata Dr. Alessandro Marini.
L’Ast di Macerata si conferma come Centro di Riferimento per la gestione integrata delle patologie tiroidee, con un approccio fondato sulla centralità del paziente attraverso la collaborazione tra professionisti e l’utilizzo delle tecnologie più avanzate in ambito diagnostico e terapeutico”.
Un lungo serpentone colorato di moto ha invaso Piazza IV Novembre ad Ancona, davanti al Monumento ai Caduti del Passetto, per la quindicesima edizione del motoraduno per i bambini del Salesi, organizzato dall’associazione 2 Wheels 4 Benefit.
Sono state 500 le due ruote giunte da tutte le Marche e partite da Petriolo (100 più dell’anno scorso) per compiere la loro missione di solidarietà nei confronti dei piccoli ricoverati presso il Dipartimento Materno Infantile dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche.
Anche quest’anno l’associazione di motociclisti ha devoluto l’intero incasso ricavato dalle iscrizioni al motoraduno, 18mila euro, a sostegno delle attività e dei progetti di ricerca scientifica che la Fondazione Ospedale Salesi ETS mette in campo quotidianamente per il benessere dei bambini ricoverati e delle loro famiglie.
I coloratissimi e rombanti bolidi dopo aver attraversato il Viale della Vittoria, attirando moltissimi curiosi, hanno raggiunto Piazza IV Novembre. Una delegazione di centauri con le loro caratteristiche giacche di pelle, accompagnati dagli operatori della Fondazione Ospedale Salesi ETS, sono entrati nei reparti dell’Ospedale dove hanno portato doni e tanta gioia ai piccoli ricoverati.
Anche quest’anno il grande cuore dei motociclisti, sia dell’associazione organizzatrice che dei partecipanti, ha permesso di arrivare ad una donazione record.
"Siamo profondamente grati all’associazione che da quindici anni è al nostro fianco per i bambini del Salesi - dichiara il vicepresidente della Fondazione Ospedale Salesi ETS, Saverio Sabatini - il loro prezioso sostegno contribuisce a sostenere i nostri progetti e le nostre attività finalizzati a migliorare la qualità di vita in ospedale, ad umanizzare le cure e donare momenti di allegria e spensieratezza ai bambini ricoverati, contribuendo a spezzare la routine della degenza ospedaliera". Ad attendere i motociclisti in piazza anche i consiglieri della Fondazione Ospedale Salesi ETS Danilo Falappa e Fabrizio Burzacchini.
"Anche quest’anno, con grande entusiasmo ed orgoglio, rinnoviamo il nostro sostegno alla Fondazione Ospedale Salesi ETS. Siamo giunti alla quindicesima edizione del motoraduno", ha ricordato Matteo Fermani, presidente dell’associazione 2 Wheels 4 Benefit.
"Quando abbiamo iniziato, diciassette anni fa (due edizioni sono saltate a causa della pandemia di Covid), eravamo poco più che ragazzi. Oggi molti di noi hanno una famiglia, dei figli, e questo ci fa percepire ancora di più il valore e l'importanza di questa iniziativa - ha aggiunto Fermani -. Entrare nei reparti, incontrare i bambini, ci ha toccato fin da subito il cuore: è un'esperienza che ci ricorda il senso della vita. Per questo, da anni, organizziamo con orgoglio questo evento, con l’obiettivo di portare un momento di gioia e leggerezza ai piccoli pazienti del Salesi".
"L’Ospedale è un’eccellenza a livello nazionale - ha concluso - e ci è sembrato giusto poter offrire il nostro contributo. Un grande ringraziamento al personale della Fondazione Ospedale Salesi ETS per il supporto nell'organizzazione dell'evento e ai partecipanti all’evento perché il loro contributo è fondamentale e non solo dal punto di vista economico. Senza i motociclisti non potrebbe esistere l’evento".
È mezzogiorno, sei al lavoro, e lo stomaco comincia a brontolare. Ma è davvero fame? O è solo l’abitudine a mangiare a quell’ora?
La fame non è solo un segnale biologico, ma un linguaggio complesso del nostro corpo, che intreccia ormoni, cervello, emozioni e anche le nostre abitudini quotidiane. Capire perché abbiamo fame (e che tipo di fame proviamo!) può aiutarci a mangiare meglio e a prenderci più cura di noi stessi.
Per prima cosa, dobbiamo definire il concetto di fame. Questa è un segnale naturale e indispensabile: è il modo con cui il nostro corpo ci dice che ha bisogno di energia.
La fame, quella fisiologica, si presenta gradualmente: una lieve sensazione di vuoto, un calo di energia, forse un po’ di irritabilità. È il corpo che ci avvisa di aver bisogno di carburante. Questo meccanismo è orchestrato da una rete di messaggeri chimici, tra cui spicca la grelina, l’ormone prodotto dallo stomaco quando è vuoto. La grelina invia un segnale all’ipotalamo, una piccola ma potentissima area del cervello, attivando il desiderio di cercare e consumare cibo. Quando mangiamo, entrano in gioco altri ormoni: la leptina, prodotta dal tessuto adiposo, ci comunica che siamo sazi; l’insulina, oltre a regolare la glicemia, contribuisce anch’essa alla percezione di sazietà; altri messaggeri intestinali, come il peptide YY e il GLP-1, completano il quadro, spegnendo gradualmente il senso di fame.
Ma non tutte le forme di fame nascono dallo stomaco. Spesso, capita di rivolgerci al cibo per trovare conforto in momenti di stress, noia, solitudine o tristezza. Questa è quella che chiamiamo fame emotiva: un’esperienza comune, che fa parte del modo in cui molte persone imparano a gestire emozioni intense o situazioni difficili. Anche se questo tipo di fame non si spegne sempre con il cibo, riconoscerla è un primo passo importante verso un rapporto più consapevole con ciò che mangiamo e con noi stessi. A volte, poi, il bisogno può diventare più impulsivo e automatico: ci ritroviamo a mangiare senza averlo pianificato, quasi senza accorgercene. È una risposta del cervello che cerca benessere attraverso qualcosa di accessibile e familiare.
Ogni volta che mangiamo qualcosa che ci piace, il nostro sistema di ricompensa si attiva e rilascia dopamina, associando quella sensazione positiva al cibo consumato. Il problema è che questo meccanismo può sfuggire al controllo, facendoci desiderare certi alimenti anche in assenza di vera fame. Non si tratta di debolezza: è una risposta neurobiologica che tutti abbiamo. Comprendere queste dinamiche con gentilezza, senza giudizio, ci permette di affrontarle in modo più sereno e di prenderci cura di noi in maniera più completa.
Riconoscere le diverse forme di fame è il primo passo per instaurare un rapporto più sano con il cibo. Fermarsi un attimo prima di mangiare, ascoltare il corpo e chiedersi se si ha davvero fame o se si cerca qualcosa d’altro, può fare la differenza. Anche prestare attenzione a come e quando mangiamo (senza distrazioni, gustando ogni boccone) aiuta il cervello a registrare meglio il pasto, migliorando il senso di sazietà. Dormire bene, muoversi regolarmente e gestire lo stress sono altri alleati preziosi per mantenere in equilibrio i segnali della fame.
In fondo, imparare a distinguere la fame del corpo da quella del cuore non significa rinunciare al piacere di mangiare, ma riscoprirlo in modo più autentico e consapevole. Perché ascoltarsi, davvero, è il primo passo per prendersi cura di sé.
Domani, 23 maggio, all'Hotel Cosmopolitan di Civitanova Marche, a partire dalle 8:30, si terrà il Congresso interregionale della Società Italiana di Chirurgia Colo-Rettale (SICCR) Marche-Umbria. L’evento, dal titolo “Colonproctologia: chirurgia specialistica, approccio olistico, intelligenza artificiale”, sarà dedicato alle malattie del colon, del retto e dell’ano, con particolare attenzione alle nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche.
Organizzato dall’Unità Operativa Complessa di Chirurgia dell’ospedale costiero, diretta dal dottor Stefano De Luca, il congresso è un appuntamento di rilievo, accreditato Ecm, che vedrà la partecipazione di esperti provenienti da tutta Italia. Il confronto riguarderà patologie sia benigne — come stipsi, incontinenza, emorroidi, ragadi, fistole e prolassi — sia maligne, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei pazienti e l’efficacia delle cure.
Da circa vent’anni, l’ospedale di Civitanova vanta un’Unità di Coloproctologia (UCP), attualmente guidata dalla dottor Sara Bartola, rappresentante regionale nella rete nazionale della Società Italiana di Chirurgia Colorettale. Grazie alla sinergia con la Direzione Sanitaria dell’Azienda Sanitaria Territoriale di Macerata, l’Ucp dispone di tecnologie all’avanguardia per la diagnosi e il trattamento delle patologie di questo settore specialistico.
“Le patologie benigne, pur numerose, e quelle maligne, per gravità, incidono profondamente sulla qualità della vita — ha spiegato il dottor Stefano De Luca, Primario di Chirurgia —. È fondamentale un approccio multidisciplinare che, oltre a integrare le più recenti innovazioni tecnologiche, ponga al centro la persona, con attenzione al suo vissuto personale.”
L’Ucp di Civitanova si distingue proprio per questo approccio olistico, che coinvolge diversi reparti della struttura sanitaria, con l’obiettivo di offrire cure sempre più efficaci e personalizzate.
Due nuove strumentazioni robotiche sono state donate all’Unità Operativa di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’Ospedale di Comunità di Treia, diretta dal dottor Giorgio Caraffa, e inaugurate stamattina alla presenza di autorità civili, militari e religiose.
Sono intervenuti, infatti, il vice presidente e assessore alla sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini, la consigliera regionale Anna Menghi, il presidente della Provincia Sandro Parcaroli, il sindaco di Treia Franco Capponi e il parroco don Francisco Parraga.
Le donazioni sono frutto della generosità della ditta Cucine Lube di Treia, presente il presidente Luciano Sileoni e di un privato cittadino che è voluto restare nell’anonimato.
Le apparecchiature robotiche donate servono a supporto dell’attività di recupero delle abilità del paziente con esiti neurologici e ortopedici e arricchiscono il patrimonio terapeutico del fisioterapista, senza tuttavia sostituirlo.
“Il primo strumento è il sistema Glorhea, un’apparecchiatura utilizzata per la riabilitazione dell’arto superiore - spiega il primario della Riabilitazione dell’Ospedale di Comunità di Treia, Giorgio Caraffa. -
E’ composta da un guanto robotizzato morbido con tendini artificiali collegati ad un sistema robotico, che permette il movimento guidato della mano del paziente così da indurre movimenti fisiologici delle dita e potenziare i cambiamenti neuroplastici a livello cerebrale.
Il guanto riabilitativo mobilizza le articolazioni delle dita mentre contemporaneamente il paziente osserva sullo schermo una simulazione 3D della mano in movimento.
La seconda strumentazione donata dalla ditta Lube di Treia è utilizzata per la riabilitazione dell’arto inferiore, si tratta del sistema Gait Trainer composto da un tapis roulant dotato di un piano strumentato, che monitora e registra la lunghezza, la velocità e la simmetria del passo permettendo un feedback visivo e documentando i risultati ottenuti - spiega il dottor Caraffa.
Lo strumento è dotato di un sistema di dispesatura (il NxStep), che consente di sopportare il peso completo e parziale senza compromettere la corretta cinematica dell'andatura, offrendo l'opportunità di una riabilitazione precoce e fornendo al contempo un ambiente sicuro per il paziente e il terapista.
I terapisti possono concentrarsi in questo modo sul trattamento del loro paziente, facilitando manualmente le fasi del passo”.
“Desidero ringraziare i donatori per la loro generosità – ha dichiarato il direttore generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini – e sottolineare le grandi professionalità e competenze presenti nel Reparto di Riabilitazione di Treia che permettono il recupero completo delle abilità motorie del paziente.
Le tecnologie donate insieme alla programmazione aziendale degli investimenti e delle attività sanitarie ci permette di garantire ai cittadini una rete di assistenza integrata ed efficace, capace di rispondere adeguatamente alle necessità di cura della popolazione”.
“Vorrei ringraziare tutti i miei collaboratori – ha esordito Giorgio Caraffa – e in particolare il sindaco di Treia Franco Capponi per l’impegno profuso in passato per mantenere alto il nome della nostra struttura e l’imprenditore Luciano Sileoni per l’amicizia fraterna e la vicinanza da sempre dimostrata per la sua città e per l’Ospedale di Comunità”.
“La Riabilitazione di Treia è un presidio pubblico e non dobbiamo dimenticarlo, rappresenta la prossimità della Sanità ai cittadini, quello che stiamo realizzando e che dobbiamo mantenere grazie al lavoro e all’abnegazione di tutti i soggetti coinvolti” – ha affermato la consigliera regionale Anna Menghi.
“Sono tanti i feedback positivi che mi arrivano sull’Ospedale di Treia, questo a dimostrazione dell’eccellenza delle cure erogate attraverso l’amore e la dedizione dimostrata da tutti gli operatori sanitari– ha dichiarato il vice presidente della giunta e assessore alla Sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini.
Rivendico come giunta regionale gli investimenti fatti sull’Ospedale di Comunità di Treia, in particolare aver destinato le risorse del PNRR, ora abbiamo, infatti, un cantiere in corso e i lavori procedono secondo cronoprogramma per la Casa e Ospedale di Comunità.
E prosegue “Diversamente rispetto al passato dove si voleva costruire un Ospedale unico e centralizzato, noi abbiamo impostato la nostra strategia politica sulla sanità di prossimità.
La Riabilitazione di Treia è un esempio di come un sistema sanitario che funziona è capace di essere attrattivo per i pazienti e per gli imprenditori, come Sileoni della Lube, che decidono di investire in tecnologie robotiche per innalzare il livello dell’offerta sanitaria erogata ai cittadini nell’ambito del principio di sussidiarietà orizzontale, sollecitata anche a livello costituzionale”.
Ci sentiamo spesso stanchi, con una fastidiosa sensazione di pesantezza addominale o dolori ricorrenti, e tendiamo a dare la colpa allo stress, al cambio di stagione o semplicemente all’età. Ma se alla base di questi disturbi ci fosse un “fuoco silenzioso” che arde dentro di noi ogni giorno? È ciò che molti scienziati definiscono infiammazione cronica di basso grado: uno stato persistente e silente dell’organismo che, nel tempo, può favorire l’insorgenza di patologie come diabete, obesità, disturbi cardiovascolari e persino malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.
La buona notizia è che, secondo numerose ricerche scientifiche, ciò che mangiamo ogni giorno può davvero aiutare a spegnere questo fuoco. L’infiammazione, infatti, è una risposta naturale e utile del nostro corpo, attivata per proteggerci da infezioni o traumi. Tuttavia, quando questa risposta diventa continua e sproporzionata, può provocare danni ai tessuti e creare le condizioni ideali per lo sviluppo di malattie croniche. Studi pubblicati su riviste internazionali come Nature Reviews Immunology e The Lancet hanno evidenziato come un’alimentazione squilibrata, ricca di zuccheri e grassi industriali, possa alterare profondamente la composizione del microbiota intestinale, contribuendo a mantenere attivo uno stato infiammatorio nel tempo.
Una revisione recente pubblicata sul British Medical Journal ha identificato alcuni alimenti di largo consumo che possono contribuire in modo significativo all’infiammazione cronica, specialmente se assunti con regolarità. Tra questi vi sono gli zuccheri raffinati, presenti in dolci, bibite e snack confezionati; i cereali ultra-raffinati, poveri di fibra; gli oli vegetali ad alto contenuto di omega-6, come quello di mais o girasole; le carni lavorate e insaccate, così come l’alcol in eccesso. Non si tratta di demonizzare questi cibi, ma di limitarne il consumo e fare spazio a scelte alimentari più sane e bilanciate.
Fortunatamente, la natura ci mette a disposizione numerosi alleati contro l’infiammazione, molti dei quali appartengono alla nostra tradizione mediterranea. Non servono alimenti esotici o di moda: ciò che fa davvero la differenza sono le abitudini quotidiane. Frutta e verdura colorata, ricca di polifenoli e antiossidanti, pesce azzurro come alici, sgombro e sardine, fonte preziosa di omega-3, noci e semi oleosi, olio extravergine di oliva, spezie come curcuma e zenzero, legumi e cereali integrali sono tutti cibi capaci di nutrire l’intestino e modulare i processi infiammatori in modo naturale.
Uno studio condotto dall’Università di Harvard e pubblicato su JAMA Internal Medicine ha dimostrato che chi segue regolarmente un’alimentazione ricca di alimenti vegetali e povera di cibi ultra-processati presenta livelli più bassi di marcatori infiammatori nel sangue, come la proteina C-reattiva, un indicatore chiave dello stato infiammatorio sistemico.
L’alimentazione anti-infiammatoria non è una moda passeggera né una dieta rigida: è un ritorno consapevole a una cucina semplice, stagionale, varia e gustosa. È adatta a ogni età e può migliorare l’energia, la digestione, l’umore e persino l’aspetto della pelle. Sempre più medici sottolineano che uno dei modi migliori per ridurre l’infiammazione non si trova in farmacia, ma nel frigorifero. Cambiando ciò che mettiamo ogni giorno nel piatto, possiamo davvero agire alla radice dell’infiammazione, migliorando il nostro benessere in modo concreto e duraturo.
Dopo il positivo riscontro dello scorso anno, giovedì 22 maggio, alle 16:30, presso la Sala Polivalente dell'Ircr Macerata di piazza Mazzini 34 si terrà la seconda edizione di "Salviamoci la pelle!", appuntamento dedicato alla prevenzione dei tumori della pelle.
L’iniziativa prevede screening dermatologici gratuiti dalle 16:30 alle 18:30 seguiti da un convegno informativo aperto a tutta la cittadinanza. Tra i relatori, ci saranno i dottori Marco Sigona, specialista dermatologico; Daniele Dusi, specialista dermatologico e dermochirurgo e Paolo Lupetti, specializzando in dermatologia. L'incontro rappresenta una preziosa occasione per ricevere una valutazione specialistica dei nei e delle lesioni cutanee sospette e per approfondire le corrette abitudini di prevenzione, soprattutto in vista della stagione estiva.
La partecipazione agli screening è gratuita con prenotazione obbligatoria (è possibile chiamare il 342-1945653 dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 14:00). "Iniziative di questo tipo rientrano pienamente nello spirito del progetto dell’Assessorato 'Attivi si nasce' che proprio in queste settimane vede il suo sviluppo in 'Attivi si nasce… in salute', ciclo di incontri dedicati al benessere psicofisico della persona - ha detto il vice sindaco e assessore alle politiche sociali, Francesca D'Alessandro -. Questo appuntamento tutto dedicato alla pelle si inserisce perfettamente nel calendario delle attività finalizzate a incentivare la consapevolezza e il benessere dei cittadini di tutte le età. Un ringraziamento ai professionisti che interverranno per la loro attenzione e disponibilità".
"Siamo costantemente al fianco delle associazioni del territorio per promuovere momenti di prevenzione, socialità e informazione a favore di tutta la comunità - ha aggiunto Amedeo Gravina, presidente Ircr Macerara -. Eventi come questo dimostrano quanto sia importante fare rete e collaborare per la salute e il benessere di tutti i cittadini".
L'iniziativa è promossa da Ircr Macerata in collaborazione con il Comune di Macerata, A.d.m. Associazione Dermatologica Maceratese, Isdin, BioNike e Sidco - Società Italiana di Dermatologia Chirurgica, Oncologica, Correttiva ed Estetica.
Un’importante novità nella lotta ai tumori cutanei arriva dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche: presso la clinica di cermatologia di Torrette, diretta dalla professoressa Oriana Simonetti, è operativo il Total Body Mapping (TBM), uno strumento diagnostico innovativo destinato a cambiare radicalmente la prevenzione e la gestione delle neoplasie della pelle, in particolare del melanoma.
Il TBM è una tecnologia avanzata che consente la mappatura completa e automatica di tutte le lesioni cutanee presenti sul corpo del paziente, grazie a una fotocamera ad alta definizione. In pochi minuti è possibile ottenere un quadro dettagliato e preciso della situazione dermatologica del paziente, facilitando diagnosi più tempestive e interventi più mirati.
“Siamo molto felici di comunicare che la nostra struttura si è dotata di questo macchinario molto importante – spiega la prof.ssa Oriana Simonetti –. La prevenzione, e di conseguenza l’intervento precoce, rappresenta il paradigma fondante delle nostre attività. Il nostro obiettivo principale resta la salute dei pazienti”.
Il melanoma è una delle forme tumorali cutanee più aggressive e tra le più comuni tra i giovani adulti, oltre a colpire frequentemente in età avanzata. In questo scenario, la disponibilità del TBM rappresenta un grande passo avanti: solo pochi centri nelle Marche dispongono di questa tecnologia, e quello di Torrette si distingue per la sua capacità di unire tecnologia d’avanguardia e approccio clinico personalizzato.
Il sistema si rivela particolarmente utile per il monitoraggio continuo e approfondito dei pazienti a rischio, come quelli con numerose lesioni neviche o coloro che si sottopongono a terapie immunosoppressive. Attraverso controlli periodici, il TBM consente di individuare lesioni nuove o modificate, contribuendo a una diagnosi precoce fondamentale per l’efficacia dei trattamenti.
L’acquisizione del TBM risponde a un bisogno crescente: offrire strumenti sempre più efficaci nella lotta contro i tumori della pelle e garantire al paziente un percorso di cura personalizzato, preciso e rapido. La Clinica di Dermatologia dell’AOU delle Marche si conferma così un punto di riferimento regionale nella dermatologia oncologica.
In occasione della Festa della Mamma mi è venuto quasi spontaneo riproporre un articolo realizzato in collaborazione con il dottor Giorgio Mancini geriatra, che ben evidenzia le problematiche delle persone che si avviano verso l’anzianità o che la stanno vivendo. Tante sono le mamme, un grande augurio per loro.
L’attuale speranza di vita, molto più lunga rispetto al passato, crea nuove aspettative ed opportunità anche per chi è entrato nella cosiddetta "terza età" il cui limite gli studiosi e i geriatri tendono ad innalzare sempre di più oltre i 65 anni convenzionali.
Negli ultimi decenni, le stagioni sono cambiate, le condizioni atmosferiche e climatiche sono mutate a causa di un impercettibile ma continuo riscaldamento del pianeta che ha prodotto inverni miti, estati torride, autunno e primavera sempre meno spesso connotati dalle loro tipiche caratteristiche.
Al pari delle stagioni dell’anno solare, anche quelle della vita umana stanno mutando con un continuo allungamento della vita stessa e significativi elementi di assoluta novità, impensabili fino a non più di 50 anni fa.
Che ci siano connessioni nell’evolversi dei due fenomeni può essere un’idea suggestiva, benché mancante di un reale fondamento scientifico. Piace però evidenziare il continuo mutamento di tutte le cose, il "Panta rei" dei filosofi greci, che ha avuto la sua riprova nella storia, nei fenomeni fisici tangibili come nello spirito, nella vita nel suo complesso, i cui meccanismi non sono e forse non saranno mai svelati fino in fondo.
Dopo questa premessa speculativa, la nostra pagina vuole occuparsi dell’evolversi delle stagioni dell’esistenza umana, di come si può allungare la vita e, soprattutto, di come viverla bene e con soddisfazione fino alla fine.
L’aumento della speranza di vita dipende da numerosi fattori: l’avanzamento della tecnologia che, tra le altre cose, ha permesso di tutelare l’igiene di un elemento essenziale come l’acqua; la conseguente diminuzione delle infezioni e i grandi progressi strumentali e farmacologici della medicina; le regolamentazioni sociali nel lavoro, la diffusione della cultura della prevenzione nella salute.
La vita media che si allunga, non per tutti ma per molti, pone oggi il problema di individuare il fattore capace di amalgamare tutte le sue stagioni per colmarla di benessere e appagamento in tutte le sue fasi, che renda ogni momento degno e piacevole da vivere sia da giovani che da anziani, ovviamente con le dovute proporzioni.
L’elemento capace di lenire i logorii fisici, psicologici e spirituali può essere anche l’amore. È questo un concetto che racchiude in sé tante immagini, ma, volendo trovare una definizione seppur incompleta e riduttiva, possiamo dire che l’amore è l’insieme di sensazioni in grado di stimolare al massimo le nostre risorse fisiche e mentali, coinvolgendoci in un’attrazione viscerale verso qualcuno o qualcosa.
Durante l’infanzia impariamo a riconoscere l’amore percependo quello che gli altri nutrono nei nostri confronti; chi non ne ha ricevuto da bambino fatica ad elargirne una volta cresciuto. Adolescenza e giovinezza segnano la scoperta dell’attrazione fisica, che ad un certo punto si trasforma in amore verso qualcuno e l’aspetto carnale del sentimento ci scuote fino a rapire e totalizzare la nostra mente.
Poi crescendo l’amore può continuare a rivolgersi ad una persona in particolare ma si espande, in forme diversificate, verso i figli, le persone care, il lavoro, i nostri interessi…
In tarda età solitamente figli e nipoti sono oggetto di amore, o meglio, per restare alla definizione, sono ciò che stimolano le capacità vitali. Ma, parlando dell’allungamento della vita e dei suoi risvolti, una considerazione particolare merita anche l’aspetto sessuale dell’amore. Esso si basa sullo stimolo ormonale innescato dalla natura per indurre la riproduzione della specie.
Tale stimolo va decrescendo nell’uomo, ma può protrarsi fino alla tarda età, anche se l’atto in sé diviene sempre più difficoltoso per questioni “tecniche” dovute all’invecchiamento del sistema circolatorio. Nella donna, invece, l’impulso sessuale subisce un improvviso calo con l’arrivo della menopausa.
Questo almeno era lo schema storicamente accettato, ma già da qualche tempo le cose hanno preso una piega ben diversa. Per l’uomo la farmacologia ha individuato il modo per superare le difficoltà circolatorie garantendo un deciso incremento della vita sessualmente attiva.
Nella donna il meccanismo è decisamente più sottile e sofisticato: una donna in menopausa può sperare di vivere ancora molti anni e ciò la spinge ad attivare una serie di interventi a livello psicologico e comportamentale per piacersi, per piacere, per essere desiderata sempre più a lungo.
Un mix di sensazioni e desideri che va a compensare lo stimolo ormonale venuto a mancare. Anche per la donna comunque la farmacologia sta muovendo i suoi passi per permettere una vita sessuale ancora appagante.
Tuttavia, la possibilità di vivere bene e a lungo la propria silver age è influenzata sia per l’uomo che per la donna da diversi altri fattori che possono essere quelli genetici, le occasioni sentimentali, la conservazione di un buono stato di salute con stili di vita appropriati.
Ne parliamo con il dott. Giorgio Mancini, già direttore dell’U.O. di Geriatria dell’Ospedale di Macerata, oggi consulente del centro medico "Associati Fisiomed" e sempre molto impegnato nella ricerca dei migliori modi per la preservazione della salute degli anziani.
Dott. Mancini, come tutelare la salute delle persone nella terza età ed oltre?
"Bisogna affidarsi anzitutto a quanto la scienza e la medicina hanno messo in campo negli ultimi anni. Da sempre comunque l’attività fisica è la miglior forma di prevenzione e, in alcuni casi di cura. Svolta in forma lieve e moderata, non teme controindicazioni e apporta benefici a tutti gli organi. L’Active Aging è un messaggio molto positivo, eppure solo il 10-15% degli anziani pratica regolarmente attività fisica".
Che tipo di attività fisica consiglia?
"Basta camminare per stimolare tante funzioni vitali, ma vanno bene anche il nuoto, la bicicletta, il giardinaggio, il ballo. Siamo nati per muoverci e, assecondando questa nostra predisposizione in tutte le fasi della vita, possiamo sperare di vivere più a lungo senza disabilità".
E l’attività intellettiva?
"Il Premio Nobel Rita Levi Montalcini diceva 'il cervello non va mai in pensione'. Ogni giorno perdiamo circa cinquantamila cellule nervose, ma ne possediamo miliardi. Quelle che restano mantengono la loro connessione ed efficienza se coltiviamo interessi che ci piacciono: lettura, musica, radio, televisione, computer, teatro, cinema, vita sociale, volontariato.
È bellissimo donare agli altri un po’ di ciò di cui abbiamo usufruito. È importante che gli anziani poi continuino ad interfacciarsi con i giovani, per esempio per trasmettere loro i segreti di tanti mestieri, per consegnare alle nuove generazioni le chiavi per realizzare il loro futuro tra passato e presente, tra esperienza e tecnologia".
E l’amore? È davvero possibile aspirare ad una vita sessualmente attiva anche nell’anzianità?
"Attualmente ci sono molte condizioni che possono dare una risposta affermativa: miglioramento delle condizioni generali degli uomini e delle donne, gli ausili farmacologici sempre e comunque da utilizzare sotto controllo medico, una più grande possibilità di vita sociale ed individuale soddisfacente. Naturalmente l’approccio di ogni persona all’attività più intima della condizione umana è alla base di questa frontiera che non ha preclusioni per l’età".
L’alimentazione è importante?
"Certamente e non solo per gli anziani. Cibi e prodotti semplici e genuini influiscono positivamente sul processo di invecchiamento e sulla prevenzione di gravi patologie come i tumori. La dieta mediterranea, quella autentica dei nostri nonni, è di gran lunga preferibile ad altri regimi, mode e tendenze alimentari. Per vivere più a lungo e bene dovremmo limitare le quantità per non appesantire l’organismo. Cereali, latte, pesce, poca carne, frutta e verdura a volontà e, di tanto in tanto, un buon bicchiere di vino rosso: non serve altro".
Per concludere, dott. Mancini?
"Occorre raggiungere e conquistare un equilibrio interiore, stare in pace con se stessi e con gli altri, realizzare una sintesi di tutte le potenzialità fisiche, psichiche, affettive, intellettive proprie della persona. Quando poi subentrano malattie serie non dobbiamo accanirci su quanto perso, ma piuttosto ricercare le cure più appropriate per sostenere il corpo e le funzioni ancora valide. Un mio convincimento, che cerco anche per quanto possibile di applicare nella mia vita professionale, è la possibilità che l’organizzazione sanitaria pubblica dia un’assistenza domiciliare quando l’anziano è piuttosto fragile e viene colpito da malanni non tanto gravi.
La tendenza è sempre quella di ricorrere all’ospedalizzazione; si rischia di peggiorare sia lo stato fisico che psicologico del paziente. Se il medico lo ritiene opportuno l’assistenza a domicilio è sicuramente molto preferita ed apprezzata dalla persona fragile. Per gli organizzatori della nostra sanità sia un punto su cui riflettere".
Lo scorso giovedì 8 maggio, presso il Centro sociale “G. Cavalieri” di Montecosaro Scalo, si è tenuto l’incontro pubblico dal titolo provocatorio “La sanità è in salute!”, promosso dallo Spi Cgil con il patrocinio del Comune. Una serata di confronto aperta alla cittadinanza per riflettere sullo stato della sanità pubblica, con particolare riferimento alla situazione marchigiana.
A introdurre i lavori è stato Reano Malaisi, ex sindaco di Montecosaro e rappresentante del Laboratorio delle Idee, che ha fornito un’ampia panoramica storico-politica del sistema sanitario regionale. Malaisi ha evidenziato le trasformazioni del servizio sanitario pubblico, ponendo l’accento sulla crescente difficoltà della sanità pubblica nel mantenere standard adeguati, anche a causa della pressione esercitata dal privato.
A seguire, l’intervento di Maria Teresa Carloni dello Spi Cgil di Macerata ha riportato l’attenzione sulla normativa sanitaria attualmente in vigore e sulla riorganizzazione dei servizi territoriali, con l’obiettivo di affiancare strutture più piccole a quelle ospedaliere. Carloni ha però segnalato un dato allarmante: nelle Marche, circa il 9% della popolazione rinuncia alle cure, principalmente per motivi economici o a causa delle lunghe liste d’attesa.
Il quadro si è ulteriormente arricchito con il contributo del dottor Tommaso Claudio Corvatta, medico di base, che ha denunciato la crisi profonda della medicina di prossimità. Oltre alla carenza di medici, Corvatta ha sottolineato la crescente distanza tra il medico di famiglia e il paziente, nonché l’eccessiva burocratizzazione del sistema sanitario, che vede crescere il numero di figure amministrative a scapito di quelle cliniche. «Senza medici – ha dichiarato – non può esserci sanità, anche se le strutture sono pronte e le attrezzature moderne».
L’incontro si è concluso con un acceso dibattito tra il pubblico, a conferma dell’interesse e della preoccupazione diffusa tra i cittadini. Diversi gli spunti emersi su come la politica possa e debba intervenire per restituire dignità e funzionalità alla sanità pubblica.
Domenica 11 maggio si celebra la quarta Giornata nazionale per la promozione del neurosviluppo, un appuntamento pensato per sensibilizzare la popolazione – in particolare gli adulti – su un tema ancora poco conosciuto ma di crescente rilevanza.
In occasione dell’iniziativa, l’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile dell’Ast di Macerata, diretta dalla dottoressa Alessandra Amadi, aprirà al pubblico degli ambulatori con funzione di infopoint, attivi nella giornata di lunedì 12 maggio, dalle 13 alle 15, per offrire informazioni sui disturbi del neurosviluppo, sui servizi sanitari di riferimento e sulle modalità di accesso.
Gli infopoint saranno allestiti presso la Neuropsichiatria Infantile dell’ospedale di Macerata e nelle sedi UMee (Unità Multidisciplinari Età Evolutiva) del Poliambulatorio di Tolentino, Civitanova Marche, Potenza Picena e del Distretto di Camerino.
Il neurosviluppo rappresenta il complesso processo di crescita che, a partire dal concepimento, conduce a uno sviluppo armonico – emotivo, motorio, cognitivo e sociale – attraverso l’interazione tra componenti genetiche, neurobiologiche e ambientali specifiche per ogni fase dell’età evolutiva.
Come ricorda un noto proverbio africano, “Ci vuole un intero villaggio per far crescere un bambino”. Un messaggio che sottolinea l’importanza di un contesto collettivo attento al benessere di ogni individuo.
«I disturbi del neurosviluppo – spiega la dottoressa Amadi – sono molto aumentati negli ultimi anni, ma restano ancora poco conosciuti. Possono manifestarsi fin dai primi anni di vita o nella fase iniziale della scolarizzazione, come nel caso dei disturbi del linguaggio, del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), della disprassia, dei disturbi dell’apprendimento, dello spettro autistico e delle disabilità intellettive. Ma possono emergere anche in adolescenza, associati a disturbi internalizzanti (ansia, depressione, ritiro sociale) o esternalizzanti (comportamenti rabbiosi, fughe, autolesionismo)».
La gestione di questi disturbi richiede un importante impegno sanitario, sociale ed economico. L’intervento deve essere continuativo, adattato alle diverse fasi evolutive, e attivato il prima possibile per ottenere risultati efficaci.
«Individuare precocemente questi disturbi – aggiunge Amadi – permette di attivare percorsi di abilitazione nelle cosiddette “finestre evolutive”, riducendo i rischi di cronicizzazione. È fondamentale che genitori, insegnanti, educatori, operatori sanitari e sociali conoscano le caratteristiche del neurosviluppo per incrementare i fattori protettivi e ridurre quelli di rischio».
La dottoressa sottolinea inoltre come, nel territorio dell’Ast di Macerata, il numero delle richieste di valutazione sia in costante crescita: «Sempre più bambini e adolescenti si rivolgono ai nostri Servizi Umee per una presa in carico. Le valutazioni vengono effettuate da équipe multidisciplinari composte da neuropsichiatra infantile, psicologo-psicoterapeuta, assistente sociale e altre figure professionali. L’approccio è globale, secondo il modello bio-psico-sociale».
Le Umee svolgono attività di informazione, prevenzione, diagnosi e progettazione abilitativa, spesso già a partire dalla scuola dell’infanzia. L’iniziativa è stata accolta con favore anche dalla Direzione generale dell’Ast: «Ringrazio la dottoressa Amadi – ha dichiarato il direttore generale Alessandro Marini – per aver promosso questa giornata di informazione anche nelle UMee del territorio. Sensibilizzare la cittadinanza sul neurosviluppo significa promuovere il benessere dei nostri figli, assicurando loro interventi tempestivi e adeguati».
Sulla stessa linea anche l’assessore regionale alla Sanità e vicepresidente della Giunta, Filippo Saltamartini: «Come Regione continuiamo a investire nella cultura della prevenzione. I giovani rappresentano il nostro patrimonio più prezioso. Iniziative come questa ci permettono di guardare alla prevenzione in maniera concreta, soprattutto per quanto riguarda i disturbi del neurosviluppo. La diagnosi precoce è fondamentale: per questo stiamo potenziando le UMEE delle Marche con nuove assunzioni, al fine di garantire risposte adeguate alle famiglie».
È stata sottoscritta l’intesa tra la Regione Marche e le organizzazioni sindacali della medicina generale per la definizione dell’utilizzo dei fondi contrattuali residui, nell’ambito del percorso di transizione verso il nuovo modello organizzativo basato sulle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT). A disposizione ci sono 8,5 milioni di euro derivanti da residui contrattuali, che saranno prioritariamente destinati a incentivare i Medici di Medicina Generale che, negli anni 2023 e 2024, hanno aderito agli istituti di rete e gruppo.
Ulteriori risorse saranno finalizzate al sostegno dell’assunzione di collaboratori di studio e infermieri. Prorogato inoltre fino al 31 gennaio 2026 l’incentivo economico previsto per l’impegno proattivo dei medici nella campagna vaccinale. “Questo accordo rappresenta un ulteriore passo concreto nel lavoro che abbiamo messo a terra in questi anni per la ricostruzione di una sanità territoriale più vicina ai cittadini,” ha dichiarato il presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli -.
Oggi, grazie all’attivazione delle Aggregazioni Funzionali Territoriali, al potenziamento dei Punti Salute e delle Farmacie dei Servizi, al finanziamento delle borse di studio per i medici di medicina generale e a una riforma complessiva del sistema, stiamo restituendo centralità ai territori e alle comunità locali. Il nostro obiettivo è riequilibrare l’offerta sanitaria garantendo servizi a tutti i cittadini”.
“Un risultato importante – ha dichiarato l’assessore alla Sanità, Filippo Saltamartini – che premia il lavoro tra istituzioni e rappresentanze sindacali e che rafforza il ruolo strategico della medicina generale all’interno della riforma sanitaria marchigiana. Questo accordo rappresenta un passo concreto nella direzione della valorizzazione della medicina territoriale, con l’obiettivo di offrire ai cittadini un’assistenza più capillare, efficiente e centrata sui bisogni reali della popolazione”. Le AFT, costituite da gruppi di 3 a 10 medici di base operanti in sede unica o in rete, rappresentano uno dei pilastri del nuovo assetto organizzativo, in particolare nelle aree interne e disagiate, garantendo una presa in carico integrata dei bisogni sanitari e socio-sanitari.
L’accordo prevede inoltre la possibilità per le Aziende Sanitarie Territoriali (AST) di attivare progetti per migliorare l’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico, la copertura vaccinale, e l’adesione agli screening oncologici e alle campagne di prevenzione. Questa intesa costituisce un tassello fondamentale nel percorso del nuovo Accordo Integrativo Regionale (AIR) in fase di definizione, e permette alla Regione di sostenere ulteriori progetti di rafforzamento dei servizi di prossimità, da attuare attraverso successivi accordi. L’obiettivo complessivo è rafforzare la sanità del territorio, per ridurre gli accessi impropri nei Pronto Soccorso, abbattere le liste di attesa e colmare il vuoto determinato da una errata programmazione del passato nella formazione dei medici di base.
Giovedì 8 maggio, alle ore 21, presso il Centro sociale “G. Cavalieri” di Montecosaro Scalo, si terrà l’incontro pubblico dal titolo “La sanità è in salute!”, un momento di informazione e confronto aperto alla cittadinanza sui temi legati alla sanità pubblica.
L’iniziativa, promossa dallo Spi Cgil con il patrocinio del Comune di Montecosaro, nasce dalla volontà di accendere i riflettori su questioni di grande attualità e impatto sociale, come le lunghe liste d’attesa, la carenza di medici, le difficoltà nell’accesso ai servizi e il futuro della medicina territoriale.
A intervenire saranno Reano Malaisi, del Laboratorio delle Idee ed ex sindaco di Montecosaro, Maria Teresa Carloni dello Spi Cgil di Macerata, e il medico di base Tommaso Claudio Corvatta, che porteranno il loro contributo da diverse prospettive: politica, sindacale e sanitaria.
L’appuntamento si propone come un’occasione per ascoltare esperienze, raccogliere spunti, porre domande e avviare un dialogo costruttivo tra istituzioni, operatori sanitari e cittadini. Un invito alla partecipazione attiva, in un momento in cui il sistema sanitario pubblico si trova ad affrontare sfide sempre più complesse.
La Regione Marche è la prima in Italia ad aver introdotto lo screening glicemico obbligatorio per tutti i minori di età compresa tra 0 e 17 anni che accedono ai pronto soccorso del territorio, indipendentemente dal motivo del ricovero. L’iniziativa è stata approvata dalla Giunta Regionale su proposta del vicepresidente e assessore alla Sanità, Filippo Saltamartini.
Grazie a un semplice stick glicemico effettuato al triage, sarà possibile individuare tempestivamente casi sospetti di Chetoacidosi Diabetica (DKA), una delle complicanze più gravi del diabete di tipo 1 in età pediatrica.
La DKA è causata quasi sempre da un ritardo nella diagnosi e può portare a gravi danni neurologici permanenti o, nei casi più gravi, alla morte. Studi recenti confermano che i bambini con DKA non diagnosticata subiscono alterazioni nello sviluppo cerebrale e una riduzione delle capacità cognitive, con un rischio più elevato di complicanze metaboliche nel lungo periodo.
"La Regione Marche è la prima in Italia ad adottare in modo sistematico questa misura preventiva, che rappresenta un modello virtuoso auspicato da tutte le principali società scientifiche e dalle associazioni dei pazienti - ha detto il vicepresidente Saltamartini -. Tra il 2004 e il 2019 in Italia sono stati registrati numerosi casi di morte e danni neurologici irreversibili, molti dei quali attribuiti a ritardi nella diagnosi o a una gestione clinica inadeguata".
Lo screening prevede un prelievo capillare rapido e indolore al momento del triage, con un costo stimato di appena 0,10 euro a test. Nel 2022, gli accessi pediatrici ai Pronto Soccorso delle Marche sono stati oltre 73.000, con una spesa complessiva annua stimata inferiore agli 8.000 euro. L’intervento è stato pienamente condiviso con il Comitato Diabetologico Regionale e con il Coordinamento degli Enti del Sistema Sanitario Regionale.
La nuova procedura sarà obbligatoria a partire dal trentesimo giorno successivo all’adozione della delibera, nei primi giorni di giugno, e rappresenterà uno standard operativo regionale.
L’iniziativa si inserisce in un più ampio piano di prevenzione che vede il Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica impegnato nella diagnosi, nel trattamento e nella gestione del diabete infantile, offrendo anche formazione continua al personale sanitario e supporto costante alle famiglie. Fondamentale, inoltre, sarà la diffusione della conoscenza dei sintomi del diabete per favorire diagnosi precoci e ridurre drasticamente il rischio di DKA.
"La Regione Marche pone la salute dei bambini al centro della propria azione trasformando un intervento semplice in uno strumento fondamentale di prevenzione e sicurezza" conclude Saltamartini.
La reumatologia è una delle specialità più complesse della scienza medica, tante sono le patologie riconducibili in più comparti fisiologici del nostro corpo. Alcune patologie sono alquanto frequenti, qualcuna rara, parecchie hanno un percorso già molto definito e sicuro di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, altre ancora oggetto di una profonda ricerca per raggiungerlo.
Ne parliamo con il Prof. Walter Grassi, già direttore della Clinica Reumatologica dell’Università Politecnica delle Marche con sede nell’Ospedale “Carlo Urbani” di Jesi.
Il Prof. Grassi clinico, ricercatore, docente universitario rispettato ed autorevole nella comunità scientifica nazionale ed internazionale ha messo a disposizione la sua cultura e la sua esperienza del centro medico “Associati Fisiomed” nella nuova sede del gruppo a Sforzacosta di Macerata.
Con a disposizione la migliore tecnologia diagnostica e gli ambulatori riabilitativi di ultimo aggiornamento il Prof. Grassi effettua il suo lavoro di consulto ambulatoriale, ma non solo, è anche consulente per le strategie organizzative, referente per l’aggiornamento degli operatori sanitari interni e del territorio, infine partecipa alla comunicazione medico-scientifica sicura ed autorevole per i cittadini che vogliono approfittare dei nuovi progetti di "Associati Fisiomed" che non sono solo attenti alla diagnosi e cura ma anche alla prevenzione.
La sanità privata del futuro che ambisce e lavora per un ruolo attivo di valenza sociale nella protezione della salute della comunità.
Prof. Grassi cosa sono esattamente le malattie reumatiche?
"La definizione non è facile in quanto con il termine 'reumatico' si definisce in modo molto generico una moltitudine di patologie molto diverse per sintomatologia e gravità. Formicolii, tumefazione dolorosa di un tendine o di una articolazione, cefalea, lesioni cutanee, stanchezza estrema, difficoltà respiratorie, problemi intestinali, occhio secco, dolore lombare, problemi cardiaci, perdita della vista, gravi problemi renali sono solo alcune delle manifestazioni che possono caratterizzare le diverse malattie reumatiche. Anche decorso e gravità sono molto variabili. Si va da condizioni di dolore meccanico intermittente a malattie croniche progressive che causano danni irreversibili non solo a livello muscolo-scheletrico ma anche cardiovascolare, renale e polmonare, con drammatica compromissione non solo della qualità ma anche della aspettativa di vita".
Perché non dovremmo sottovalutare le malattie reumatiche?
"Le malattie reumatiche non dovrebbero essere sottovalutate perché possono determinare una progressiva e irreversibile compromissione della integrità anatomica dei tessuti colpiti dai processi infiammatori o degenerativi, che sono alla base di queste malattie. Purtroppo nella cultura popolare l’aggettivo “reumatico” non suscita una reazione spontanea di ansia/allarme comparabile con quella di termini quali “oncologico”, “neurologico” o “cardiovascolare”. Il dolore “reumatico” viene considerato erroneamente come una sorta di inevitabile processo legato alla senescenza. Purtroppo questa comune tendenza a considerare le malattie reumatiche come i “dolori della nonna” è alla base di pericolosi ritardi diagnostici, con potenziali gravissime ripercussioni sullo stato di salute. Uno strano mal di schiena, manifestazione di esordio della spondilite anchilosante, può essere banalizzato per molti anni fino a quando ci si accorge che la malattia ha bloccato irreversibilmente i movimenti di flessione e estensione della colonna vertebrale, determinando così uno stato di grave invalidità, che avrebbe potuto essere efficacemente prevenuto se il sintomo iniziale non fosse stato sottovalutato".
Quali sono le sfide più difficili nella diagnosi delle malattie reumatiche?
"La sfida principale per ogni medico per il reumatologo in particolare, è quella della diagnosi precoce. 'Nell’Arte della Guerra', celeberrima opera di Sun Tzu (VI-V secolo a.C.) viene sottolineato che 'La rapidità è l’essenza della guerra'. Questo antico motto riportato nel più antico testo esistente di arte militare ha un valore fondamentale in Medicina. Il modo più efficace per combattere un nemico è individuarlo precocemente e conoscerne la pericolosità e le intenzioni.
Si tratta di una sfida non facile, dal momento che le manifestazioni iniziali delle malattie reumatiche più gravi possono essere alquanto insidiose e possono sfuggire all’attenzione, specie in presenza di una concomitante polipatologia, di un panorama di sintomi molto variegato o in soggetti che assumono farmaci capaci di interferire con le manifestazioni cliniche della malattia reumatica dominante. Il laboratorio e la diagnostica per immagini sono un più che valido aiuto nello sciogliere le riserve di ordine diagnostico-differenziale, anche se paradossalmente, in uno scenario di diagnostica ipertecnologica, viene sempre più valorizzato il ruolo della cosiddetta 'Medicina Narrativa' che non è altro che il risultato del dialogo medico-paziente volto a definire le caratteristiche dei sintomi in termini di intensità e decorso.
Si può guarire da una malattia reumatica?
"Come in guerra o nello sport, a volte si vince, a volte si perde e spesso si pareggia. Fra le malattie reumatiche nelle quali possiamo aspirare a una piena vittoria figurano la gotta e la polimialgia reumatica. Si tratta di malattie caratterizzate da una devastante intensità di sofferenza. Il dolore di un attacco acuto di gotta è tra i più intensi che un essere umano possa sopportare, mentre una polimialgia reumatica in fase di conclamata espressività clinica porta chi ne è colpito a una condizione di devastante disperazione, con impossibilità a muoversi e a compiere le normali attività della vita quotidiana.
Se prontamente riconosciute e adeguatamente trattate queste due malattie guariscono rapidamente e completamente! Grazie ai progressi della terapia farmacologica anche le temute artriti croniche (artrite reumatoide, artrite psoriasica, spondilite anchilosante) possono essere efficacemente contrastate e bloccate, rallentando o evitando le gravi deformità articolari che si manifestavano inesorabilmente nel recente passato. Fra le condizioni più difficili da trattare figurano alcune malattie autoimmuni come la sclerosi sistemica, le vasculiti e il lupus eritematoso sistemico e, non ultima, la fibromialgia, che determina una drammatica compromissione della qualità della vita e nei confronti della quale non disponiamo ancora di un trattamento sistematicamente efficace".
Quali sono i suoi obiettivi per l’immediato futuro?
"Partecipare con sempre maggiore impegno ad una buona divulgazione medico-scientifica per la prevenzione, un servizio ad Associati Fisiomed molto ben organizzato con supporto anche ad iniziative di comunicazione di alto livello. La fibromialgia, patologia sempre più frequente alla mia attenzione, merita un particolare impegno ed uno stimolo per studi sempre più efficaci con ricerca di soluzioni che possano essere utili per riconquistare una buona qualità della vita".
L’importanza di intervenire in tempo in caso di emergenza. Una consapevolezza che la Pro loco di Cessapalombo ha ben chiara e per la quale ha organizzato un corso gratuito di manovre pediatriche e BLS (Basic Life Support): lezioni di primo soccorso per apprendere le tecniche di rianimazione cardiopolmonare e altre procedure per sostenere le funzioni vitali di una persona in emergenza, soprattutto in caso di arresto cardiaco.
«La sicurezza non è mai troppa, soprattutto quando si tratta dei più piccoli - dice il presidente della Pro loco, Matteo Vergari -. Per questo motivo, la nostra associazione, in collaborazione con il comitato della Croce Rossa Italiana di Tolentino, ha deciso di organizzare un corso informativo gratuito sulle manovre pediatriche e il BLS».
L'appuntamento è per domani (sabato 3 maggio) alle ore 16, al palazzetto dello sport di Cessapalombo. Durante l'incontro, aperto a tutta la cittadinanza, i volontari della Croce Rossa illustreranno e dimostreranno le principali manovre salvavita da adottare in caso di soffocamento o arresto cardiaco, con particolare attenzione ai bambini, ma anche agli adulti.
L’iniziativa rientra nel più ampio progetto “Sicuri Insieme”, promosso dalla Pro loco, che ha come obiettivo quello di diffondere la cultura della prevenzione e del primo soccorso. Nell’ambito di questo progetto, la Pro loco di Cessapalombo ha anche donato due defibrillatori con teche riscaldate al Comune, che sono già stati installati nelle frazioni di Villa di Montalto e Monastero. Un gesto concreto per rendere il territorio ancora più sicuro e pronto ad affrontare le emergenze.
L’importanza di conoscere queste tecniche è dimostrata anche da storie vere, come quella di un bambino di 10 anni che ha salvato la nonna grazie alle manovre apprese a scuola: un esempio che mostra quanto sia fondamentale la formazione, anche in giovane età.
Il corso è completamente gratuito e aperto a tutti, senza necessità di prenotazione. È un’opportunità preziosa per imparare tecniche salvavita fondamentali, rivolto a genitori, nonni, insegnanti, educatori, babysitter e a chiunque voglia essere utile in caso di emergenza.
Il Rotary Macerata rinnova il suo impegno a favore della prevenzione sanitaria, promuovendo una giornata dedicata allo screening diabetologico gratuito. L’appuntamento è per domenica 4 maggio, dalle ore 9.00 alle 18.00, nella splendida cornice dell’Abbadia di Fiastra.
L’iniziativa, organizzata con la collaborazione della Croce Rossa Italiana - Comitato di Macerata, vedrà la presenza del dottor Brandoni, direttore dell’U.O. di Diabetologia della AST di Macerata che coordinerà le attività sanitarie della giornata.
Per l’occasione sarà disponibile il Camper Rotary, un’unità mobile appositamente attrezzata per attività di prevenzione, messo a disposizione dal Distretto 2090 del Rotary International. La struttura mobile consentirà di offrire uno screening efficiente e riservato, rivolto a tutta la cittadinanza, con l’obiettivo di sensibilizzare sulla prevenzione del diabete e favorire la diagnosi precoce. Ci sarà anche un’ambulanza della Croce Rossa Italiana.
L’iniziativa si inserisce nelle attività di servizio del Rotary a sostegno della salute pubblica, rafforzando la sinergia con le realtà sanitarie del territorio e offrendo un contributo concreto al benessere della comunità.
"Al passo con l’ostetrica" è il titolo dell’iniziativa organizzata dall'Ast di Macerata, con il patrocinio del comune di Macerata e dell'ordine regionale della professione di Ostetrica, per lunedì 5 maggio in occasione della Giornata internazionale delle ostetriche, dove si svolgerà una passeggiata insieme alle sanitarie del reparto di ginecologia dell'ospedale maceratese presso l’Abbadia di Fiastra, con ritrovo alle ore 15 di fronte al Parco della Vita.
"La finalità dell’evento è quella di focalizzare l’attenzione sul ruolo chiave di questa professionista sanitaria nella tutela e promozione della salute della donna, nell’intero suo ciclo vitale", spiega Fabia Pioli, ideatrice dell’iniziativa e coordinatrice ostetrica del Reparto di Ginecologia e Ostetricia di Macerata, diretto dal dottor Mauro Pelagalli.
"Vorrei sottolineare come l’ostetrica cammina a fianco delle donne durante tutto l’arco dell’esistenza, a partire dalla nascita passando per l’età adolescenziale con l’educazione sanitaria e sessuale, arrivando alla maternità e allattamento, per poi concludere con la senilità, senza dimenticare l’aspetto rilevante della prevenzione delle malattie oncologiche della sfera genitale femminile - aggiunge Pioli -. Vorrei ringraziare la presidente del comitato regionale della Croce Rossa, Rosaria Del Balzo Ruiti, che per questa occasione ci ha messo a disposizione gratuitamente un’ambulanza".
L’evento è suddiviso in tre fasi, con un primo momento simbolico previsto per le ore 10, nel giardino antistante l’ingresso dell’ospedale di Macerata, dove avrà luogo la piantumazione di un melograno, simbolo di prosperità, longevità e buona salute.
Con l’occasione sarà apposta una targa per ringraziare la generosità della famiglia Angeletti, che ha contribuito economicamente all’organizzazione di questa iniziativa, come segno di riconoscenza verso le ostetriche di Macerata per l’assistenza data in occasione di due gravidanze.
Il secondo momento della giornata prevede la partenza, alle ore 15, dall’Abbadia di Fiastra per una camminata dolce, intervallata da step intermedi, dove alle partecipanti sarà spiegato il lavoro dell’ostetrica con lezioni dimostrative pratiche che riguardano le varie fasi della gravidanza e del parto, dell’allattamento fino alla senilità senza trascurare il post intervento chirurgico.
Non mancheranno momenti di promozione di corretti stili di vita e alimentazione, mentre uno spazio sarà dedicato all’iniziativa "Nati per leggere", grazie alla collaborazione della dottoressa Lucia Tubaldi e della coordinatrice Anastasia Vita.
Il pomeriggio si concluderà con una ginnastica dolce e un piccolo ristoro a base di succhi di frutta biologici, miele e marmellate. "Ringrazio la dottoressa Fabia Pioli per aver voluto condividere con i cittadini la Giornata internazionale delle ostetriche per diffondere l’importanza di questa figura sanitaria come valore sociale per la collettività, oltre a garantire e promuovere la salute delle donne", afferma il direttore generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini.
"Le ostetriche e gli ostetrici hanno un ruolo molto prezioso nel sistema sanitario regionale, in quanto accompagnano e affiancano le donne nei momenti più importanti e delicati della loro vita: la gravidanza, il parto e il post-parto - le parole del vicepresidente della Giunta e assessore alla sanità, Filippo Saltamartini -. Desidero rivolgere un sentito ringraziamento a questi professionisti che con passione, dedizione e umanità si prendono cura della salute dei neonati e delle donne, occupandosi anche di prevenzione e promozione della salute, portando la loro competenza negli ospedali, nei distretti, nei consultori e a domicilio".
"Come Regione continuiamo a lavorare per valorizzare questi professionisti, investendo in formazione e cercando di garantire idonee condizioni di lavoro affinchè possano espletare la loro attività nel migliore dei modi", conclude Saltamartini.
Secondo l’ultimo Rapporto del Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 2024, nelle Marche, persistono alcuni elementi da attenzionare. La percentuale di persone di minore età in povertà relativa è del 21,2%. I minori in situazione di sovraffollamento abitativo rappresentano il 40,4%.
Se consideriamo i minorenni vittime di abusi, i reati per maltrattamento contro familiari e conviventi segnalati sono 464 (erano 375), che corrisponde all’1,84% del totale nazionale. Infine, dal punto di vista educativo, è significativo che, nella regione Marche, ben il 66,7% delle classi della scuola primaria (statale) non abbia il tempo pieno, registrando un divario, in negativo, della media riscontrabile nel resto della penisola (59,3%).
Anche dalla considerazione di questi elementi di criticità il capoluogo dorico ospiterà una vera e propria casa dei diritti dei più piccoli. È a questo scopo che nasce il Centro semiresidenziale socio-educativo “Sogni Appesi” che si propone di accogliere in forma diurna bambini e giovani che vivono temporanee situazioni di disagio in un ambiente che ripropone, per organizzazione e qualità della relazione, il calore e l’affetto di una famiglia.
L'originale struttura, fortemente voluta dall’Associazione MetaCometa, attiva dal 1998 a livello nazionale nel sostegno e nell’accoglienza di minori mediante l’affido familiare e nei percorsi educativi basati sulla tradizione pedagogica salesiana, sarà inaugurata venerdì 9 maggio alle ore 18:00 ad Ancona in di Via del Fornetto 109.
"L’abbiamo immaginato e realizzato come un servizio diurno, uno spazio in cui i giovani possano costruire un futuro solido, dando loro punti di riferimento, affetto e opportunità di crescita, sostenendo la loro famiglia di origine e favorendo l’integrazione con il territorio - ha affermato Martina Osimani, referente della comunità semiresidenziale -. Ogni stanza del centro ha un nome che prende ispirazione dalla montagna: come un alpinista che si prepara duramente per raggiungere la cima, così il giovane ancora adolescente s'allena alla scalata della vita, a tratti difficile ma anche ricca di soddisfazioni quando si hanno gli strumenti giusti per affrontare il tortuoso sentiero", ha ribadito la Osimani.
"Ogni desiderio, ogni sogno del ragazzo - prosegue Martina Osimani - è anche nostro; perciò, offriamo tutta la vicinanza di cui siamo capaci, assieme all’esperienza di adulti e professionisti, affinché questi giovani non siano lasciati da soli ad affrontare il cammino di crescita, e soprattutto perché non permettano alle intemperie incontrate di distruggere le cose belle costruite o da costruire nel tempo".
L’evento inaugurale - aperto alle autorità istituzionali, politiche, religiose - mira anche ad evidenziare la possibilità che il capoluogo dorico diventi un’autentica capitale regionale contro il disagio di giovani e bimbi.