Alla luce dell'evento straordinario che ha visto un bambino nascere in auto lungo la strada tra Sforzacosta e Macerata, a seguito di un imprevisto che ha impedito ai genitori di raggiungere l'ospedale in tempo (leggi qui), il dottor Francesco Magliacano, vicedirettore del reparto di Ostetricia e Ginecologia di Macerata, ha fornito indicazioni preziose su come comportarsi quando il parto non può attendere l'arrivo in una struttura sanitaria. La vicenda, che ha avuto un lieto fine con mamma e figlio in ottima salute, ha messo in luce l'importanza di una preparazione anche per le situazioni più inattese.
Il dottor Magliacano ha raccontato come la donna sia arrivata in reparto dopo aver già partorito in auto, elogiando la prontezza del padre nell'allertare il 118 e la sua saggia decisione di non tagliare il cordone ombelicale. Questa scelta si è rivelata determinante per il benessere sia del neonato che della madre, arrivati in ottime condizioni in ospedale, dove è stata poi seguita la naturale conclusione del parto.
"Mentre il 118 stava arrivando, la donna ha partorito in macchina- racconta il dottor Magliacano - . Successivamente, la donna è stata trasferita nel nostro reparto. Al suo arrivo, si presentava in buone condizioni generali e ostetriche; anche il neonato è stato prontamente assistito e risultava in ottimo stato di salute. Infine, abbiamo praticato l'assecondamento fisiologico, attendendo che la placenta si staccasse. Il padre è stato molto intelligente a non tagliare il cordone".
(Nella foto:dott.ssa Gloria Pierucci, dott. Francesco Magliacano, ostetrica Alessandra Petillo. Al momento del parto era presente l'ostetrica Michela Mennecozzi)
Il primo e più importante consiglio del dottor Magliacano è di chiamare immediatamente i soccorsi e mantenere la calma. Spiega che, nella maggior parte dei casi, c'è tempo sufficiente per un parto sicuro.
"La prima cosa da fare è chiamare immediatamente i soccorsi, cercando allo stesso tempo di mantenere la calma", ha spiegato. "Salvo situazioni di particolare urgenza, c’è tutto il tempo per partorire in sicurezza. La placenta, infatti, non si stacca subito: in genere occorrono 15-20 minuti. Per questo è importante non recidere il cordone ombelicale. Finché c’è battito, il flusso di sangue tra mamma e bambino continua, è bene mantenerlo. Solo quando l’arteria smette di pulsare si può procedere al taglio".
Una volta nato il bambino, sempre in condizioni in cui si è impossibilitati a raggiungere l’ospedale, è essenziale che la mamma si distenda, si svesti e pratichi il contatto "pelle a pelle", noto anche come bonding. Questa pratica è vitale per evitare un distacco improvviso tra il bambino e la madre, favorendo in questo modo un legame immediato.
"Il contatto ‘pelle a pelle’- prosegue il dottor Magliacano- viene esteso anche al papà. Ad esempio, durante un cesareo, una volta che il bambino nasce e viene preso in carico dal pediatra, attiviamo subito questa pratica anche con il padre, mentre l’intervento chirurgico prosegue. È una procedura che fa parte dei nostri protocolli e riflette la nostra filosofia di umanizzazione del parto: l’intervento degli operatori è ridotto al minimo indispensabile, per permettere al neonato di restare fin da subito a stretto contatto con entrambi i genitori".
Il reparto di Ostetricia e Ginecologia di Macerata, guidato dal primario Mauro Pelagalli, è all'avanguardia nell'applicazione di metodologie che rendono l'esperienza del parto il più naturale e rispettosa possibile, come il "cesareo dolce", dove il bambino emerge autonomamente, coinvolgendo attivamente anche il padre.
Non siamo ancora giunti alla data che certifica nel calendario l’entrata ufficiale dell’estate, ma le temperature e il sole di questi giorni ci danno la sensazione che l’estate sia già nel suo pieno.
C’è chi sta molto all’aria aperta per lavoro, chi lo fa per praticare sport, chi ama passeggiare nella natura, chi si dedica alla cura di orti e giardini e poi ci sono loro, gli appassionati della tintarella, che non perdono tempo a infilare il costume e godere della tranquillità della spiaggia.
Qualunque sia il vostro modo di rapportarvi a lui, è sempre bene ricordare che il sole può essere un grande alleato della salute, purché si mettano in pratica già da ora tutte le regole valide per una corretta esposizione solare. Regole ormai note, certo, ma vale la pena di ricordarle per evitare pericolose scottature.
È infatti il caso di ribadire che le ustioni solari non provocano solo un semplice fastidio passeggero: la pelle ha buona memoria e, prima o poi, presenta il conto con antiestetiche rughe o macchie (nella migliore delle ipotesi), o sviluppando patologie ben più serie.
Cosa fare, quindi?
Innanzitutto possiamo iniziare dalla tavola, predisponendo la cute alla stagione estiva, idratandola e fornendole le sostanze necessarie per difendersi dalle aggressioni dei raggi UV. È dunque importante bere molta acqua e consumare quotidianamente alimenti ricchi di vitamine, sali minerali e sostanze antiossidanti.
Tra questi spiccano sicuramente gli ortaggi, in particolare quelli ricchi di betacarotene, che stimolano la formazione della melanina: carote, zucca, pesche, albicocche, melone e, in generale, frutta e verdura di colore giallo o arancio.
Ma anche il rosso e il verde devono andare di moda nei nostri piatti: consumiamo kiwi e agrumi per il loro contenuto di vitamina C e facciamo il pieno di rucola, pomodori, peperoni, fragole, ciliegie e anguria.
Infine, è sempre bene assumere la giusta quantità di grassi “buoni”, dalle spiccate proprietà antiossidanti, mangiando regolarmente pesce azzurro, frutta secca e privilegiando come condimento olio extravergine di oliva di qualità.
Qualora non sia possibile introdurre regolarmente queste sostanze attraverso l’alimentazione, il medico potrà consigliare uno specifico integratore (ne esistono molti in commercio) da iniziare ad assumere prima dell’esposizione solare.
Seguire i suddetti consigli alimentari non è però sufficiente a preservare l’integrità della pelle quando l’azione dei raggi UV è particolarmente intensa. Ce lo conferma il dottor Massimo Cioccolini, specialista in dermatologia, consulente a Macerata del gruppo medico “Associati Fisiomed”:
Dottor Cioccolini, come e perché proteggere la pelle dal sole?
I raggi ultravioletti provocano danni quali disidratazione, invecchiamento precoce, eritemi, ustioni e, soprattutto, possono essere causa di fenomeni degenerativi che producono lesioni precancerose e tumori cutanei veri e propri.
È pertanto molto importante adottare delle misure di protezione se ci si vuole esporre al sole in maniera adeguata: è bene esporsi nelle prime ore del mattino o del tardo pomeriggio, evitando le ore centrali della giornata, in cui i raggi UV sono più aggressivi.
Un ulteriore accorgimento è la protezione attraverso filtri solari di adeguata gradazione, tenendo conto del proprio fototipo (colore di pelle, occhi e capelli). Per legge vengono considerati prodotti solari tutti quelli in grado di fornire una protezione dai raggi UVB e UVA superiore a 6, ma in estate anche chi ha la pelle tendenzialmente scura dovrebbe adottare un fattore di protezione tra 20 e 30, mentre per gli incarnati chiari l’SPF più adeguato non si colloca sotto 50.
Va inoltre ricordato che la protezione solare va applicata generosamente dopo ogni bagno o doccia e anche in caso di cielo lievemente coperto o se si staziona prevalentemente all’ombra, poiché tali condizioni non annullano totalmente l’azione dei raggi solari.
Ci parli dei nei. Quando va eseguito il controllo?
Per i nei va fatto un discorso a parte. Sono lesioni estremamente delicate, in quanto la radiazione solare può innescare importanti fenomeni degenerativi ed essere una delle cause della trasformazione dei nei in tumori estremamente aggressivi: i melanomi.
È pertanto consigliabile una visita dermatologica di controllo dei nei, in cui lo specialista li prende in esame singolarmente con il dermoscopio, uno strumento in grado di valutare con buona precisione caratteristiche ed eventuale pericolosità di ciascun neo.
Sarà poi il dermatologo a stabilire la periodicità dei successivi controlli: in genere una volta l’anno, o più frequentemente – ogni 3/6 mesi – se il paziente presenta nei a rischio di degenerazione.
Può sorprendere, ma è possibile aumentare di peso anche senza mangiare di più, soprattutto durante periodi di forte stress. Questo accade perché lo stress attiva meccanismi fisiologici ben precisi, capaci di alterare il metabolismo, l’appetito e il modo in cui il corpo accumula energia.
Quando siamo sotto stress – che sia di tipo emotivo, lavorativo o familiare – il nostro cervello attiva una risposta antica, ereditata dai nostri antenati: la cosiddetta risposta “lotta o fuggi” (fight or flight). In questo stato, le ghiandole surrenali (due piccole ghiandole poste sopra i reni) rilasciano ormoni come cortisolo e adrenalina, che preparano l’organismo ad affrontare un pericolo. Il paradosso è che oggi il pericolo non è più un predatore nella savana, ma il traffico del rientro, il parcheggio introvabile al supermercato alle 18:30 o le venti e-mail a cui rispondere prima di cena. Eppure, per il nostro cervello, è come se fossimo ancora in pericolo di vita.
E quando lo stress diventa cronico – cioè si protrae per giorni, settimane o mesi – questo sistema inizia a lavorare contro di noi.
Il cortisolo, in particolare, è al centro del legame tra stress e aumento di peso. Livelli elevati e prolungati di questo ormone aumentano l’appetito (soprattutto verso cibi ricchi di zuccheri e grassi, i cosiddetti “comfort food”), favoriscono l’accumulo di grasso viscerale – quello che si deposita attorno agli organi interni, più pericoloso per la salute – e riducono la massa muscolare e il metabolismo basale.
In pratica, il corpo si comporta come se fosse in carestia, anche se siamo circondati dal cibo.
Ma non è tutto: quando siamo cronicamente stressati, dormiamo peggio, ci muoviamo meno e il metabolismo rallenta. Lo stress continuo manda in tilt il sistema che regola la comunicazione tra cervello e ghiandole endocrine, rendendo l’organismo meno sensibile all’insulina. Questo squilibrio può portare a un aumento della glicemia e, nel tempo, elevare il rischio di diabete e sindrome metabolica.
Anche l’intestino risente dello stress. Il cosiddetto “secondo cervello” – cioè il sistema nervoso enterico – comunica costantemente con il cervello centrale. In situazioni di stress prolungato, la flora intestinale (microbiota) si altera, si infiamma e diventa meno efficiente nell’assorbire i nutrienti. Il risultato? Gonfiore, stanchezza cronica e ulteriore aumento di peso.
La buona notizia è che il legame tra stress e peso non è una condanna. Ridurre lo stress può migliorare sia il benessere psicologico che quello fisico. Anche una camminata quotidiana di mezz’ora può abbassare i livelli di cortisolo, così come tecniche di rilassamento come la meditazione e la respirazione consapevole aiutano a contenere la produzione degli ormoni dello stress. È importante anche seguire un’alimentazione equilibrata, evitando diete drastiche e preferendo cibi ricchi di fibre, vitamine e grassi “buoni”, come il pesce azzurro, la frutta secca e l’olio extravergine d’oliva. Infine, dormire almeno sette ore per notte è essenziale per regolare gli ormoni che controllano l’appetito, come leptina e grelina.
Conoscere il legame tra stress e aumento di peso ci aiuta a guardare al nostro corpo con maggiore comprensione e meno giudizio. Non è solo una questione di forza di volontà: è il modo in cui l’organismo cerca di adattarsi a una vita che spesso corre troppo in fretta. Ma, con piccoli gesti quotidiani e un po’ di consapevolezza in più, possiamo ritrovare equilibrio, salute e benessere.
Un pomeriggio all’insegna della prevenzione, della solidarietà e dell’alta tecnologia quello andato in scena ieri presso l'Unità Operativa di Dermatologia dell'ospedale di Macerata. Grazie alla sinergia tra la Fondazione Girolamo Colonna, l'Azienda Sanitaria Territoriale e il Banco di Solidarietà di Macerata, si è tenuto un screening gratuito dei nei con videodermatoscopio digitale, rivolto a pazienti in condizioni di fragilità economica.
L'iniziativa, voluta e promossa dal direttore della Dermatologia, Marco Sigona, ha rappresentato l’inizio di un percorso più ampio di prevenzione oncologica, che mira a diventare un appuntamento periodico: "Questa prima giornata è solo l’inizio. Vogliamo replicare l’iniziativa nei prossimi mesi – ha dichiarato Sigona – per offrire a sempre più persone la possibilità di una diagnosi precoce, fondamentale nella lotta al melanoma".
Lo screening ha coinvolto 12 pazienti selezionati secondo i criteri della Fondazione Colonna, con particolare attenzione a chi, per motivi economici o sociali, ha maggiore difficoltà ad accedere a cure specialistiche. Centrale in questo progetto, la recente donazione del videodermatoscopio digitale al reparto da parte della Fondazione, rappresentata dalla presidente Gabriela Contigiani.
"Desidero ringraziare la Fondazione per questo contributo significativo - ha sottolineato il Direttore Generale dell’Ast di Macerata, Alessandro Marini -. Questa tecnologia d’avanguardia ci consente diagnosi sempre più accurate e precoci, aumentando le possibilità di cura e guarigione per i nostri cittadini".
Il melanoma cutaneo, tra i tumori maligni più insidiosi, è in costante aumento negli ultimi anni. Tuttavia, come ricordato dallo stesso Sigona, una diagnosi precoce può garantire una sopravvivenza prossima al 100%. Da qui l’importanza di sottoporsi, specialmente dopo i 40 anni, a visite dermatologiche periodiche con mappatura dei nei.
"Il videodermatoscopio digitale permette di analizzare nei sospetti con altissima precisione – ha spiegato il primario – e di monitorarli nel tempo, confrontando immagini salvate in un database dedicato, per cogliere eventuali cambiamenti". Un ringraziamento particolare è stato rivolto anche ai dottori Daniele Dusi e Paolo Lupetti, che hanno contribuito attivamente alla giornata di screening.
L'ambulatorio di Prevenzione e Dermatologia Oncologica di Macerata è da tempo riconosciuto a livello regionale come centro di eccellenza, anche per l’applicazione della biopsia del linfonodo sentinella nei casi di melanoma ad alto spessore.
L'evento di ieri segna un nuovo importante passo per una sanità sempre più attenta, accessibile e tecnologicamente avanzata, capace di coniugare prevenzione, equità e innovazione.
Un caso clinico di eccezionale complessità si è trasformato in una storia a lieto fine grazie all’intervento straordinario eseguito all'Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche. Protagonista una bambina di appena quattro anni, affetta da una rara e grave malformazione del midollo spinale che metteva a rischio la sua capacità di camminare e le funzioni fisiologiche di base. Dopo un delicatissimo intervento durato sei ore, Naira (nome di fantasia) è tornata a casa, sta bene, cammina con regolarità e non ha più bisogno del pannolino.
Il caso, trattato presso il presidio materno-infantile Salesi, ha richiesto l’intervento di un team multidisciplinare composto da ortopedici, neurochirurghi, anestesisti, neuroradiologi e personale specializzato. Un lavoro sinergico che ha permesso di affrontare una doppia malformazione midollare con altissimo rischio neurologico, tra cui la possibilità di una paralisi permanente.
DIAGNOSI - La bambina era affetta da diastematomielia, una rara malformazione congenita in cui il midollo spinale si presenta diviso in due da una formazione ossea anomala. In questo caso, lo sperone osseo divideva letteralmente il midollo spinale e lo ancorava verso il basso attraverso una sezione filamentosa, impedendone il normale sviluppo e causando una progressiva scoliosi.
"Siamo intervenuti in una zona di conflitto tra la durezza dell’osso e la fragilità del tessuto midollare", spiegano la dottoressa Monia Martiniani della Clinica di Ortopedia dell’Adulto e Pediatrica - diretta dal Prof. Antonio Pompilio Gigante - e il dottor Roberto Trignani, della Divisione di Neurochirurgia con interesse pediatrico. "L’alternativa era non fare nulla e assistere a un peggioramento irreversibile delle condizioni della piccola".
IL TEAM - In sala operatoria si sono alternate mani esperte: i chirurghi Martiniani e Leonard Meco per la parte ortopedica, Trignani e Michele Luzi per la neurochirurgia. "La natura aveva diviso ciò che doveva essere unito - racconta Trignani -. Abbiamo sezionato il filo che tirava il midollo verso il basso e rimosso lo sperone osseo. Era come liberare una corda in tensione: un gesto che comportava un rischio neurologico altissimo, ma inevitabile".
Fondamentale anche il supporto del blocco operatorio del Salesi, del team anestesiologico, del neuropsicologo e degli infermieri specializzati. L’intervento è stato possibile anche grazie alle tecnologie d’avanguardia presenti nell’AOU delle Marche, una delle poche strutture in grado di eseguire operazioni così complesse in ambito pediatrico.
IL FUTURO - Fino a pochi mesi fa, Naira inciampava spesso, cadeva, non camminava con stabilità e non era in grado di controllare i bisogni fisiologici. A causa della malformazione era costretta a portare ancora il pannolino a 4 anni. I genitori si sono trovati davanti a una scelta difficile: affrontare un’operazione ad altissimo rischio o lasciare che la patologia progredisse senza rimedio. Hanno scelto il coraggio, sostenuti da un’equipe medica che ha messo al centro la piccola paziente.
Oggi, a due mesi dall’intervento, la bambina ha ricominciato a camminare normalmente, non perde più l’equilibrio e riesce a trattenere i bisogni. Resta sotto monitoraggio continuo, ma i risultati clinici sono straordinari. "Ora si può guardare al futuro – afferma Martiniani –. Continueremo a seguirla fino a quando sarà possibile intervenire anche sulla scoliosi. Ogni giorno guadagnato è un passo verso una crescita migliore".
ECCELLENZA SANITARIA - L’intervento su Naira rappresenta un modello di eccellenza non solo per la Regione Marche, ma per l’intero Centro Italia. L’AOU delle Marche conferma così la propria vocazione nel trattamento delle patologie ad alto rischio in ambito pediatrico. "Questo tipo di chirurgia vertebrale infantile – sottolinea Martiniani – è uno dei fiori all’occhiello della nostra sanità: un unicum interregionale capace di offrire cure altamente specialistiche con esiti positivi".
Un esempio concreto di come la collaborazione tra discipline, l’uso delle migliori tecnologie disponibili e la centralità del paziente possano trasformare un intervento ad altissimo rischio in una speranza concreta di guarigione.
Quando i cittadini e le associazioni di volontariato elargiscono donazioni alle strutture pubbliche, come gli ospedali, significa che ne riconoscono l’eccellenza come centri di cura e il valore sociale per la salute collettiva e il gesto di generosità è finalizzato a promuoverne la crescita o elevare la qualità dell’assistenza sanitaria erogata alla popolazione.
Così è stato per il reparto di oncologia dell’Ospedale di Civitanova, diretto dal dottor Giovanni Benedetti, che stamattina ha ringraziato ogni donatore con una conferenza stampa alla quale sono intervenuti il vice presidente della Giunta e assessore alla sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini, il vice sindaco di Civitanova Claudio Morresi, i consiglieri regionali Pierpaolo Borroni e Francesco Micucci, oltre al direttore generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini e al direttore sanitario Daniela Corsi.
Un’occasione toccante per ringraziare ogni associazione e privato cittadino per aver contribuito a migliorare l’assistenza ai pazienti oncologici del reparto, grazie alle donazioni di arredi e strumentazioni elettromedicali, tra le quali un ecografo e tre sonde, per un valore totale che ammonta a circa trentamila euro.
Le elargizioni sono state offerte dalla Onlus Casa Accoglienza maceratese, dalla Fondazione Girolamo Colonna, dall’Unione Montana dei Monti Azzurri, dalla Galizio Torresi S.R.L. di Morrovalle, dalla Geoteam Associati Studio Tecnico e Fly Engineering di Tolentino, dalla Walk Active Camminata metabolica di Civitanova e dalle famiglie Gironelli e Feliziani.
“Vorrei esprimere il mio più sincero ringraziamento per queste significative donazioni, ma in modo particolare vorrei sottolineare il valore di ogni persona che è dietro al bellissimo gesto di generosità di oggi, perché essere vicini a chi soffre ha un valore prezioso e profondo per la collettività", ha dichiarato il direttore generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini.
"Ringrazio i donatori, ma soprattutto i componenti della mia equipe, medici e personale sanitario e le volontarie del Reparto, perché è grazie alle loro professionalità e umanità, che abbiamo meritato il riscontro di generosità che celebriamo oggi", ha affermato il primario dell’Oncologia di Civitanova Giovanni Benedetti.
"È una bella pagina quella che scriviamo oggi - ha esordito il vicepresidente della Giunta e assessore alla Sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini -. Vorrei ricordare come il Sistema Sanitario Regionale delle Marche ha investito, solo negli ultimi anni, oltre 27 milioni di euro in tecnologie avanzate, tuttavia è fondamentale questa integrazione tra privato e pubblico. Questa giornata avrebbe potuto intitolarsi 'La speranza che cresce con la carità, la solidarietà e la professionalità del sistema sanitario pubblico'. Un insegnamento prezioso per tutti noi, perché le patologie neoplastiche possono essere contrastate e i trattamenti possono anche portare alla guarigione, soprattutto quando c’è una rete di affetti, sensibilità umana e grandi professionalità".
Solo una Regione su tre, in Italia, chiude i conti della sanità in attivo. Le Marche sono tra queste. A sottolinearlo è il presidente della Regione Francesco Acquaroli, che in un post pubblicato sui social ha commentato un articolo del Corriere della Sera dedicato al bilancio delle gestioni sanitarie regionali.
«Abbiamo tenuto i conti in ordine senza aumentare le tasse per i cittadini marchigiani», ha scritto Acquaroli, rivendicando il risultato come frutto di una gestione attenta e responsabile.
Il presidente ha evidenziato anche il quadro degli investimenti in corso sul territorio: «Stiamo costruendo numerosi nuovi ospedali e realizzando importanti investimenti in quelli esistenti, su tutto il territorio regionale». Un lavoro, secondo Acquaroli, che si affianca a un rafforzamento dell’assistenza di prossimità: «Abbiamo rafforzato i servizi sui territori, con oltre 30 Punti Salute già aperti, le farmacie dei servizi, le aggregazioni dei medici di medicina generale, le case e gli ospedali di comunità in realizzazione».
Altro fronte su cui la Regione ha deciso di puntare è quello della formazione, con un sostegno costante alle nuove leve della sanità: «Abbiamo finanziato ogni anno con 3 milioni le borse di studio per medici di medicina generale e specialisti», ha ricordato il presidente. «I numeri confermano che la buona politica fa la differenza», ha concluso Acquaroli.
La Corte dei Conti ha sottolineato, tuttavia, un ritardo nel recupero delle liste d’attesa: le risorse disponibili sono state utilizzate solo per circa il 30%. La spesa sanitaria pro capite resta nella media nazionale, anche leggermente inferiore (circa 2 160–2 190 € pro capite), mentre la sanità privata si attesta sotto la media italiana.
Qualche settimana fa ho accompagnato il mio amico Daniele Travaglini all’Università Federico II di Napoli, dove ha tenuto una lezione ai medici specializzandi in Chirurgia Vascolare, corso presieduto e gestito dal professore Gennaro Quarto. Egli ogni anno propone per i suoi studenti lezioni impartite dai professionisti del settore con più esperienza e che si distinguono per la loro attività clinica nei territori dove lavorano. Davvero un metodo molto inclusivo di conoscenze ed esperienze.
Il professor Quarto correda il suo impegno didattico con una particolare attenzione all’informazione e comunicazione, ed ha concesso anche a me, giornalista medico, di integrare la lezione con considerazioni su come comunicare le nozioni scientifiche per inserirle in una generale cultura della salute aperta a tutti.
Il dottor Travaglini fa parte di questo progetto virtuoso per la sua enorme esperienza di flebologo, per la stima che gode il suo lavoro nella regione Marche. Una settimana fa si è svolto a Pisa il congresso nazionale della SIF (Società Italiana di Flebologia), dove è stato ricordato il professor Roberto Bisacci, scomparso qualche anno fa.
Docente di Chirurgia Vascolare all’Università di Perugia, marchigiano anche lui, di Montegranaro, era amico fraterno e maestro del dottor Travaglini. A Pisa, in suo onore, sono stati consegnati riconoscimenti a studi meritevoli svolti da giovani ricercatori e in questo ambito è stato premiato uno studio coordinato dal dottor Matteo Travaglini. Sono stati anche proposti progetti di collaborazione tra diversi presidi scientifici, alcuni da sviluppare nelle Marche.
Per celebrare questi eventi, ed essendo arrivata la stagione calda particolarmente impegnativa per il nostro circolo sanguigno, mi piace riproporre una conversazione con il dottor Daniele Travaglini riguardante le nostre vene e su come prevenire i rischi e curare le patologie che possono compromettere il loro funzionamento.
Dott. Travaglini, quali sono i fattori di rischio per lo sviluppo di flebopatie?
"I fattori di rischio dovuti essenzialmente a stili di vita sono l’obesità, la sedentarietà, il fumo e l’uso eccessivo di sale. Altro fattore di rischio importante è connesso alla genetica; la familiarità nelle flebopatie è da tenere in gran conto essendoci un riscontro molto frequente. È da considerare, per osservazioni obiettive e studi epidemiologici, che le donne hanno una predisposizione maggiore per questo tipo di patologie. Si calcola che il rapporto donna/uomo sia di 3 a 1. Particolarmente frequenti soprattutto nelle donne in gravidanza e in quelle che fanno uso di contraccettivi orali".
Come prevenire l’insorgenza di una flebopatia?
"Esaminando i fattori di rischio, possono essere facilmente individuati gli elementi della prevenzione: una corretta alimentazione con uso moderato del sale, un’attività fisica misurata e costante, non fumare ed esaminare la casistica specifica nell’ambito familiare per sentirsi pronti ad ogni piccolo indizio sintomatico. L’eccessiva esposizione al sole nei mesi estivi con alta temperatura può essere un altro elemento aggravante".
Come curare queste patologie e quali sono i rischi se vengono trascurate?
"L’esame da effettuare per analizzare lo stato delle nostre vene e controllare l’evoluzione di eventuali stati della patologia e i risultati della terapia è l’ecocolordoppler. Il rischio maggiore è la formazione di trombi, che avviene soprattutto nelle flebopatie profonde. Quando è riscontrata una flebopatia è compito del medico flebologo ridurre sia il rischio suddetto, sia il peggioramento dello stato iniziale, che può riservare disagi funzionali ed anche estetici. La terapia per eliminare il trombo della vena è prevalentemente farmacologica, per mezzo di farmaci anticoagulanti. È inoltre indispensabile usare dei tutori (calze) elastici, che velocizzano il flusso sanguigno, supplendo all'ostruzione del vaso e ripristinando una corretta circolazione. Il farmaco di prima linea per combattere la Trombosi Venosa Profonda è l'eparina, con i suoi derivati di base e di uso comune. La moderna medicina ha sviluppato già da anni farmaci anticoagulanti comodamente assumibili per via orale, da prendersi però sotto stretto controllo medico.
In ambito chirurgico, per le varici, ci sono trattamenti endovascolari, che mirano a chiudere i vasi senza eliminarli fisicamente. Essi si dividono in trattamento con radiofrequenza e trattamento laser. Entrambe le tecniche, termoablative, sono mirate all’occlusione del tronco safenico. Sono procedure mini-invasive, cioè non prevedono ferite chirurgiche. Possono essere eseguite in anestesia locale con/senza tumescenza, praticata dallo stesso operatore che esegue la termoablazione, risultando molto adatte a un trattamento realmente ambulatoriale".
Quali sono le nuove frontiere della riabilitazione vascolare?
"Una delle pratiche riabilitative vascolari e soprattutto flebologiche era ed è ancora la passeggiata lungo la riva del mare con acqua salata ed ondulata che arriva fino al bacino. Da sempre anche la terapia termale ha avuto attenzione al trattamento vascolare con camminamenti in acqua minerale. I principi riabilitativi sono gli stessi della passeggiata in riva al mare, ma in questo caso è tutto più mirato ed organizzato e l’acqua può offrire l’azione di più minerali.
Negli ultimi anni un bel percorso di studio e ricerca è stato fatto tra la SIF (Società Italiana di Flebologia) e Federterme per arrivare a degli ulteriori protocolli sperimentali. Qui nelle Marche vi sono stati il primo confronto di collaborazione e la prima applicazione dei principi della ricerca".
L'inaugurazione del Punto Salute di Montecassiano segna un’importante risorsa per la comunità locale. Questa struttura rientra tra le 50 realtà regionali dedicate alla prevenzione e all’assistenza non emergenziale, con particolare attenzione ai pazienti cronici e alle fasce più fragili. Fatto molto importante è che per quanto riguarda la gestione e il funzionamento di questo presidio non è previsto alcun costo diretto per i contribuenti di Montecassiano.
Questo è quanto dichiara il gruppo di Obiettivo Comune: "Abbiamo messo al primo posto il dialogo con tutti gli attori coinvolti, credendo che le esigenze dei cittadini siano le uniche che contano, al di là di qualsiasi appartenenza politica. Criticare un servizio prima che entri in funzione, o utilizzare carenze passate per non riconoscere un progresso, distoglie l'attenzione dai veri bisogni. Per questo, chiediamo all'amministrazione comunale di Montecassiano di mantenere un dialogo costante e costruttivo, affinché le promesse sulla sanità siano mantenute e il Punto Salute possa crescere a beneficio di tutti. La salute è un diritto e una priorità, non argomento di strumentalizzazione".
Cosa succede nel nostro corpo quando mangiamo? La risposta può sembrare semplice: digeriamo il cibo, assorbiamo i nutrienti e li utilizziamo per produrre energia. Ma negli ultimi anni, la scienza ha scoperto che il legame tra alimentazione e salute è molto più profondo. Oggi sappiamo che ciò che mangiamo è in grado di comunicare con il nostro organismo, influenzando direttamente il modo in cui le nostre cellule si comportano.
È questa l’idea alla base della nutrigenomica, una disciplina relativamente recente che studia come l’alimentazione possa modulare l’attività del nostro corpo, a partire dalle istruzioni contenute nel DNA. Per comprenderla meglio, possiamo immaginare i geni come una sorta di manuale operativo: sono loro a fornire le indicazioni su come ogni cellula deve funzionare. Il cibo, attraverso le sue componenti, può influenzare quando e quanto queste istruzioni vengono seguite.
Non si tratta di cambiare il nostro patrimonio genetico – quello resta lo stesso per tutta la vita – ma di regolare il modo in cui i geni vengono attivati o “letti”, un po’ come si regola l’intensità della luce con un dimmer: la lampadina è sempre la stessa, ma possiamo decidere di aumentare o ridurre la luminosità.
Tra i modelli alimentari più studiati al mondo, la dieta mediterranea emerge come una delle strategie più efficaci per trasmettere all’organismo i segnali giusti. Non è un caso che da decenni sia oggetto di attenzione scientifica: si basa su un equilibrio nutrizionale semplice ma ben radicato, che include cereali integrali, verdure fresche, legumi, frutta, olio extravergine di oliva, pesce e un consumo moderato di carne.
Questa combinazione di alimenti non solo nutre, ma modula attivamente le funzioni cellulari. Studi condotti anche in Italia hanno dimostrato che chi segue uno stile alimentare ispirato alla dieta mediterranea tende ad avere un organismo più equilibrato, con minori livelli di infiammazione cronica e un metabolismo più efficiente. Si tratta di benefici misurabili anche a livello clinico: riduzione del rischio cardiovascolare, miglior controllo del peso, e una maggiore resistenza allo stress ossidativo.
In pratica, alcune sostanze presenti negli alimenti tipici della dieta mediterranea – come i polifenoli dell’olio d’oliva, gli omega-3 del pesce e gli antiossidanti contenuti in frutta e verdura – agiscono come segnali che parlano direttamente alle nostre cellule. Questi segnali aiutano l’organismo a mantenere l’equilibrio, sostenendo le funzioni vitali senza innescare reazioni di stress o meccanismi di difesa non necessari.
Questi effetti non si vedono solo a lungo termine, ma si riflettono anche nel benessere quotidiano: chi segue una dieta bilanciata riferisce più energia, sonno di qualità migliore e una maggiore capacità di affrontare lo stress.
La nutrigenomica, insomma, non ci parla solo del futuro della medicina, ma soprattutto del presente delle nostre abitudini. Le scelte che facciamo ogni giorno – cosa mettiamo nel carrello della spesa, come cuciniamo, cosa portiamo in tavola – influenzano in modo profondo il nostro organismo, fino al livello cellulare.
Una dieta ricca di alimenti ultra-processati, zuccheri aggiunti e grassi di bassa qualità tende ad attivare segnali di emergenza: infiammazione, accumulo di grasso, affaticamento cronico. Al contrario, un’alimentazione varia e ricca di alimenti vegetali e poco trasformati, invia segnali positivi: equilibrio, protezione, energia.
In quest’ottica, la nutrigenomica ci invita a considerare il cibo non soltanto come fonte di energia, ma come un mezzo attraverso cui guidare e sostenere il buon funzionamento dell’organismo.
La Croce Rossa di Petriolo ha una nuova casa. Domani (domenica 8 giugno), alle 17, sarà inaugurata la nuova sede dell’unità locale di Petriolo (comitato di Macerata) in via Castelletta.
L’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Matteo Santinelli, ha contribuito con 24mila euro a fondo perduto per i lavori di adeguamento dei locali (la struttura è privata). “Abbiamo voluto fortemente che il nostro gruppo, numeroso e compatto, formato da una ventina di volontari, restasse sul territorio – ha spiegato il primo cittadino -. Confermiamo la nostra attenzione all’aspetto sociosanitario per le fasce più deboli e vulnerabili. Si tratta di un servizio fondamentale per tutto il comprensorio. La Croce Rossa di Macerata, che ha assorbito l’unità locale, ha preso a cuore la nostra situazione. E questo per noi è motivo di orgoglio. Ringraziamo la presidente regionale della CRI Rosaria Del Balzo Ruiti e il presidente del comitato di Macerata Raffaele Belogi, che saranno presenti anche al taglio del nastro”.
La nuova sede si trova in un punto strategico tra Corridonia, Mogliano, Urbisaglia e i Comuni limitrofi; è dotata di deposito per i mezzi, di ampi spazi adatti alla sua funzione sociosanitaria e anche per ospitare corsi di formazione.
La vecchia sede della CRI, in via Regina Margherita, sarà oggetto di lavori di demolizione e ricostruzione. Quella di domani sarà una festa per la comunità con musica e dj set, dimostrazioni di intervento, panini con porchetta e buffet di dolci e bibite gratis per tutti. L’evento è stato possibile grazie anche alla generosità di Tecnofficina di Salvucci Gionata.
Questa mattina è stato inaugurato a Montecassiano, presso la sede del Distretto sanitario locale, il nuovo ambulatorio IFeC Punto Salute. Alla cerimonia hanno partecipato il vicepresidente e assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini, il direttore generale dell’Azienda Sanitaria Territoriale di Macerata Alessandro Marini e il sindaco di Montecassiano Leonardo Catena.
Il Punto Salute di Montecassiano prevede la presenza di un’infermiera del servizio domiciliare e sarà aperto il lunedì e il mercoledì mattina, dalle 7.45 alle 12.15, andando a integrare l’attività dell’ambulatorio infermieristico già operativo presso il Distretto.
L’iniziativa fa parte di un più ampio progetto regionale che conta già 27 punti salute, concepiti per compensare la carenza di medici di medicina generale. Nelle Marche, infatti, su un fabbisogno di circa 1.250 medici, mancano attualmente circa 200 professionisti. Il modello Punto Salute offre prestazioni quali elettrocardiogrammi, holter pressori e cardiaci, saturimetrie e altre analisi preliminari, spesso con il supporto della telemedicina.
“Questi presidi – ha spiegato Saltamartini – rappresentano un’alternativa concreta per garantire servizi sanitari vicini ai cittadini e prevenire accessi impropri ai pronto soccorso. A Montecassiano operano quattro medici di base e un pediatra, e il nuovo Punto Salute favorirà l’accesso alle prestazioni”.
Il direttore Marini ha sottolineato il valore della telemedicina integrata nel servizio, che consente di gestire casi con il supporto a distanza di specialisti, offrendo un aiuto concreto ai medici di famiglia. “Stiamo progressivamente trasformando il sistema sanitario regionale da un modello centrato sull’ospedale a uno basato sulla presa in carico territoriale, più adeguato alla gestione delle cronicità e dei bisogni della popolazione anziana”.
L’infermiere di famiglia e di comunità (IFeC) rappresenta un ruolo chiave: agisce in autonomia, collaborando con medici e servizi territoriali, per garantire assistenza infermieristica a medio-bassa complessità, promuovere la salute e supportare l’autogestione dei pazienti.
Tra le prestazioni disponibili nel Punto Salute di Montecassiano figurano elettrocardiogrammi, holter, spirometrie, densitometrie ossee, misurazioni dei parametri vitali, somministrazione di terapie iniettive, gestione di cateteri e medicazioni di vario tipo.
L’accesso è libero nei giorni e orari indicati, con prenotazioni gestite dall’infermiera tramite Cup, su prescrizione del medico di medicina generale.
La Cucine Lube Civitanova apre il volley mercato estivo con un innesto dal respiro internazionale, puntando su gioventù, talento e prospettiva. Il club vicecampione d’Italia ha ufficializzato l’arrivo dello schiacciatore ricevitore Noa Duflos-Rossi, astro nascente della pallavolo francese, che ha firmato un contratto triennale con la società marchigiana. Un investimento ambizioso che conferma la filosofia cuciniera: costruire il futuro affiancando l’esperienza all’energia e al potenziale delle nuove leve.
Originario di Sète, città portuale nel sud della Francia, Noa Duflos-Rossi è figlio d’arte: il padre Patrick, oggi allenatore, è stato protagonista nella nazionale transalpina. Alto 198 cm e prossimo alla maggiore età – compirà 18 anni il 10 settembre – Noa ha già lasciato un segno importante nella scena internazionale giovanile. Con la maglia della Francia ha conquistato l’argento europeo U19 nel 2022, il titolo mondiale di categoria nel 2023 e quello continentale nel 2024, venendo premiato come miglior schiacciatore e mvp del torneo.
Formatosi nel prestigioso Centre National du Volley-Ball, l’equivalente francese del Club Italia, Duflos-Rossi ha collezionato anche un bronzo nazionale nel 2023/24 con la squadra federale Elite Avenir, prima di affrontare la sua prima vera stagione nella massima serie con lo Spacer’s Toulouse Volley, terzo classificato in Coppa nazionale. Le sue qualità non sono sfuggite nemmeno ad Andrea Giani, commissario tecnico della nazionale maggiore francese, che lo ha inserito nella lista della Volleyball Nations League, a conferma del potenziale fuori dal comune.
"Giocare in Italia, con la maglia della Lube, è un sogno che si avvera - ha dichiarato Duflos-Rossi -. Sono felice di entrare a far parte di un club così prestigioso. Mi ha colpito il progetto di crescita che mi è stato presentato e voglio dare tutto me stesso per migliorarmi, onorare questi colori e far gioire i tifosi. È la mia prima esperienza fuori dalla Francia, ma mi sento pronto".
Entusiasta anche il direttore generale Beppe Cormio, che ha seguito a lungo il giovane talento prima di portarlo in Italia: "Noa è uno dei giovani più promettenti in circolazione. Gioca già con personalità nella massima serie francese e ha vinto tutto nelle nazionali giovanili. Ha i requisiti per diventare un fuoriclasse, ma dovrà lavorare sodo e restare umile. È bravo in seconda linea e ha qualità offensive notevoli. Se seguirà i consigli dello staff e si farà guidare, potrà diventare uno degli ingaggi più importanti degli ultimi anni".
Con Duflos-Rossi, la Lube conferma la propria visione a lungo termine: crescere insieme ai giocatori, valorizzando i migliori giovani italiani e internazionali. Una scommessa sul talento, ma soprattutto sulla formazione, che nel caso del giovanissimo Noa potrebbe rivelarsi presto vincente.
Inaugurato stamattina il nuovo reparto angiografico al quinto piano dell'ospedale di Macerata. Dopo i lavori edili ed impiantistici di circa 800 mila euro, che hanno interessato una superficie complessiva di circa 360 mq, l’Ast di Macerata in un unico piano ha a disposizione due sale angiografiche dedicate l’una alla cura delle patologie aritmologiche e alla prevenzione della morte cardiaca improvvisa, l’altra alla patologia coronarica e alle cardiopatie strutturali, quale ad esempio la stenosi valvolare aortica.
Il progetto concretizza il connubio necessario per trattare i pazienti affetti da patologie cardiovascolari e che necessitano dl terapia medica e invasiva, garantendo efficienza nella logistica e ottimizzazione della comunicazione tra le diverse figure impiegate quotidianamente nella cura.
“Nella nostra Azienda possiamo vantare la presenza di un polo cardiovascolare di eccellenza, in grado di garantire standard elevati di assistenza ai pazienti e al contempo un tasso di mortalità inferiore alla media nazionale. Ringrazio per questo i primari Mario Luzi e Francesco Pellone con le loro équipe per essere in grado di alzare sempre l’asticella della qualità delle prestazioni erogate ai cittadini", ha dichiarato il direttore generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini.
Numerose le autorità presenti alla conferenza stampa, oltre al direttore generale Alessandro Marini e al direttore sanitario Daniela Corsi, tra le quali il sindaco di Macerata Sandro Parcaroli accompagnato dalla vice Francesca D’Alessandro e dagli assessori Paolo Renna alla sicurezza, e Oriana Piccioni al bilancio, il Vescovo di Macerata Nazzareno Marconi, il dottor Pietro Pinciaroli in rappresentanza dell’Ordine dei Medici e il comandante della polizia locale Danilo Doria.
"Ringrazio la Regione Marche per gli investimenti di questi ultimi due anni e vorrei ricordare come siamo passati dal 2010 con interventi ogni tre giorni a settimana al 2015 quando è stato attivato l’H24 in reperibilità. Ogni anno nella sala angiografica dedicata alla Cardiologia Interventistica-Emodinamica si trattano in media 1200 pazienti affetti da patologia coronarica, di cui circa il 50% richiedono interventi di angioplastica anche complessi", ha affermato il dottor Francesco Pellone.
"Trattiamo 210 infarti tempo dipendenti e di questo ringrazio tutta la mia equipe per il grande lavoro svolto, Macerata ha la mortalità media inferiore in Italia e credo che questo sia un risultato importante. Possiamo vantare nell'ospedale la presenza di quattro sale di Emodinamica, la sala dell’Elettrofisiologia forse è meno nota ai più, tuttavia ha una funzione vitale in quanto è in grado di riconoscere la presenza di patologie, quali ad esempio la fibrillazione atriale, che se non diagnosticate in tempo possono essere fatali", ha spiegato il primario della cardiologia Mario Luzi.
"Credo che dobbiate essere orgogliosi dei risultati che state ottenendo in termini di crescita del numero delle prestazioni erogate e di qualità delle cure che siete in grado di offrire ai cittadini - ha affermato l'assessore alla sanità Filippo Saltamartini - la testimonianza del vostro encomiabile lavoro è tangibile, perché la regione Marche ha ottenuto anche quest’anno la quota premiale per la garanzia dei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza), ma siamo anche Regione Benchmark e primi in Italia, dopo la Provincia di Bolzano, per tecnologie elettromedicali più nuove".
La nuova Palazzina del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’Ast di Macerata, all’interno del Dipartimento di Salute Mentale, ristrutturata con un intervento di circa 4 milioni di euro per opere di adeguamento sismico ed efficientamento energetico con Fondi Por Fesr 2014/2020, è stata inaugurata stamattina alla presenza delle autorità intervenute, fra le quali il vicepresidente e assessore alla Sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini, il sindaco di Macerata Sandro Parcaroli, il vescovo monsignor Nazzareno Marconi, il colonnello Ferdinando Mazzacuva della Guardia di Finanza, la prorettrice dell’Università di Macerata professoressa Natascia Mattucci.
Al finanziamento regionale l’Ast di Macerata ha aggiunto fondi propri per interventi di dettaglio funzionali alle esigenze del Reparto e per l’acquisto di arredi. Si tratta di un edifico moderno e funzionale alle esigenze di cura del paziente, dotato di spazi ampi e luminosi che si sviluppa su due piani, al cui interno trovano posto anche idonei locali per ospitare i minori.
Al piano terra è svolta l’attività del Centro di Salute Mentale, dove troviamo gli ambulatori, ma anche l’attività territoriale che viene realizzata al domicilio del paziente da parte di medici e infermieri. Sempre al piano terra si trova il Centro Diurno, dove si realizzano interventi riabilitativi in regime di semiresidenzialità. Mentre al primo piano è ubicato il Reparto dove viene svolto il trattamento in regime di ricovero delle acuzie psichiatrie, con 12 posti letto estensibili a 16.
“Vorrei ringraziare la Regione Marche attraverso l’assessore Baldelli per il finanziamento dei lavori di questa palazzina, ma anche il nostro Ufficio Tecnico per tutto il lavoro svolto dietro le quinte. La nuova palazzina S.P.D.C. non è soltanto una struttura nuova, ma innovativa perché spazi e ambienti sono stati pensati in funzione del paziente, secondo il principio di umanizzazione delle cure, e degli operatori sanitari che vi lavorano – ha dichiarato il direttore generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini.
“Nelle antiche regole monastiche c’è una parte dedicata a come costruire il monastero, è importante allora aver pensato alla realizzazione di questa struttura sulla base delle esigenze di chi dovrà venire a curarsi – ha esordito il vescovo di Macerata monsignor Nazzareno Marconi che ha benedetto la struttura. “La nuova Palazzina della Psichiatria vuole essere un luogo che cura, – ha affermato il direttore del Dipartimento di Salute Mentale Stefano Nassini – sappiamo, infatti, come ci ricorda l’Oms che non c’è salute senza salute mentale".
"Assistiamo oggi ad un aumento della domanda di disagio sociale con un aumento anche del tasso di suicidi. Le persone che si rivolgono al nostro Centro rappresentano una popolazione eterogenea e noi dobbiamo offrire loro percorsi di cura individualizzati, sulla base delle specificità di ciascuno. Se oggi aumentano i problemi di salute mentale, è vero anche che abbiamo cure efficaci a disposizione per gestire le acuzie nel miglior modo possibile, garantendo sicurezza a operatori e pazienti e riducendo le aggressività”.
“Come Regione Marche abbiamo investito sulla prossimità della salute per i cittadini e per questo abbiamo costituito le Aziende Sanitarie Territoriali per rispondere adeguatamente ai loro bisogni di cura e assistenza sanitaria – ha dichiarato il vicepresidente della Giunta e assessore alla Sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini.
"Dallo Studio che come Regione abbiamo commissionato alle Università Politecnica delle Marche e Bicocca di Milano sulla domanda sanitaria delle Marche, è emerso che dopo le liste di attesa, le problematiche relative alla psiche erano quelle in aumento. Con il nuovo Piano Socio Sanitario approvato abbiamo previsto, di conseguenza, un potenziamento di queste strutture per dare risposte proprio ad un bisogno emergente e fondamentale di salute mentale, che è alla base di tutto. Continuiamo a lavorare per reperire e formare psicologi, psichiatri e neuropsichiatri infantili, perché sono professionisti che svolgono un ruolo fondamentale nell’aiutare le persone, soprattutto i giovani, ad affrontare il disagio sociale emergente e le complesse sfide poste dalla società in cui viviamo”.
La sanità che verrà... non lo sappiamo perché le stagioni della vita, della politica, delle idee e delle ideologie stanno acquisendo una dinamica particolarmente veloce, volubile ed intrisa di tutte le variabili sociali, tecnologiche, economiche.
Un principio è certo ed indiscutibile: tutti hanno il diritto di difendere il bene più prezioso della vita, la salute. In una società culturalmente avanzata, democraticamente organizzata ed umanamente consapevole questo principio deve essere intangibile ed ogni sforzo da parte di tutti è doveroso perché sia rispettato.
È evidente che nonostante l'assoluta razionale priorità le difficoltà siano tante e spesso acuite anche da scelte politico-amministrative che non danno i risultati sperati o addirittura perché la salute viene considerata un bene commerciale e non un valore umano vitale.
Fatta questa premessa doverosa dobbiamo anche riconoscere che il Servizio Sanitario Nazionale Italiano è tra i più trasversali e universali al mondo permettendo un accesso gratuito o quasi a tutti i migliori servizi sanitari a tutti i cittadini ed anche residenti in Italia.
Il problema è che il servizio pubblico non ce la fa più, fa fatica a fare fronte alle esigenze legittime di una popolazione sempre più anziana, maggiormente vulnerabile, e con l'ausilio di una assistenza e di una tecnologia in continua evoluzione nella diagnosi e cura della malattia.
Proprio in questo convulso contesto la comunicazione sanitaria, l'educazione alla salute e quindi la prevenzione sta assumendo un ruolo sempre più centrale.
In una visione così variegata è opportuno pensare che il Servizio Pubblico ha bisogno di collaborazione, integrazione, solidarietà organizzativa da tutte quelle strutture anche private che abbiamo però la finalità di facilitare i cittadini e le istituzioni perché la salute sia al centro degli obiettivi.
Le strutture sanitarie private di sicuro hanno un obiettivo economico ma se ligie ai principi fondamentali del loro servizio lo devono amalgamare al raggiungimento di un risultato generale. Ed ecco allora l'auspicata unione di intenti, la diminuzione di alcune malattie con la pace, concordia e interazione della ricerca.
La spesa per la prevenzione può essere molto vantaggiosa anche a confronto della possibilità di limitare patologie e cure. Il futuro della Sanità dovrebbe essere incentrato proprio sulla collaborazione tra pubblico e privato, dove il privato non è convenzionato ma integrato, dove può dare un contributo decisivo nella rincorsa continua a una tecnologia sempre più avanzata e in continua evoluzione, dove l'istituzione di spazi organizzativi e utilizzo di professionalità per la comunicazione e cultura della salute per la prevenzione abbia tempi e modalità veloci ed efficaci.
Le strutture private devono condividere intuizioni e progetti con le istituzioni pubbliche. Di sicuro un simile modello ridurrebbe la spesa perché favorirebbe una unica visione della necessità del territorio con ruoli ben distribuiti a secondo delle capacità dimostrate e condivise. Un'utopia?
Ci sono già personalità politico-amministrative e tecnici della Sanità pubblica che lavorano a un progetto unitario, ci sono imprenditori della sanità privata che non ambiscono solo a una favorevole convenzione dei servizi ma propongono un modello attento alle urgenze dei cittadini e alla comunicazione e prevenzione.
Far incontrare le loro intuizioni potrebbe essere l'embrione di un Servizio Sanitario nuovo, necessario per garantire la protezione della salute a tutti indistintamente come è scritto nella nostra Costituzione.
Sono stati effettuati per la prima volta nella Regione Marche nell’Unità Operativa di Oculistica dell’Ospedale di San Severino, diretta da Vincenzo Ramovecchi, i primi trapianti di endotelio corneale artificiale su due pazienti marchigiani.
“Gli interventi sono riusciti alla perfezione – ha affermato il Primario Vincenzo Ramovecchi - si tratta di una nuovissima tecnica che prevede l’utilizzo, nell’ambito del trapianto di cornea, di un tessuto artificiale sintetizzato in laboratorio al posto di quello delle cornee umane prelevate da cadavere". In Italia fino ad oggi i trapianti di endotelio artificiale sono stati effettuati soltanto in altri tre Centri: 3 a Cagliari, 2 a Brescia e circa 20 a Bologna.
"Il principale vantaggio dell’endotelio artificiale – aggiunge il Dr. Ramovecchi - è quello di evitare sia il rigetto del trapianto che lo scompenso corneale, due complicanze possibili e non infrequenti del trapianto di endotelio corneale di origine umana, che possono portare al fallimento del trapianto stesso". L’U.O.C. di Oculistica di San Severino Marche è attualmente il centro dove si effettua il maggior numero di trapianti di cornea della Regione Marche, oltre ad essere Centro di riferimento regionale per la diagnosi e cura del cheratocono, una patologia della cornea che provoca il suo assottigliamento e sfiancamento (ectasia) fino a determinare una protrusione conica, con progressiva compromissione della vista.
Il Reparto diretto dal dottor Ramovecchi è anche centro riconosciuto a livello nazionale per la chirurgia del glaucoma con tecniche innovative e mini invasive. Il glaucoma è una patologia progressiva che colpisce il nervo ottico con compromissione del campo visivo ed è causata dall’aumento della pressione dell'occhio. Sul fronte delle liste di attesa il Direttore dell’Oculistica Ramovecchi ha sottolineato come “La nosta Unità Operativa è impegnata nell’abbreviare le tempistiche di attesa per le visite oculistiche e colgo l’occasione per ringraziare le dottoresse Martina Mennecozzi, Elena Lucerna e Nora Patrizietti per il loro prezioso supporto finalizzato al raggiungimento di questo obiettivo”.
Il Reparto di Oculistica di San Severino si conferma un’eccellenza regionale per la cura delle malattie dell’occhio e l’utilizzo di tecnologie innovative - ha dichiarato il Direttore Generale dell’Ast di Macerata Dr. Alessandro Marini -. Il mio ringraziamento all’equipe diretta dal Primario Vincenzo Ramovecchi per l’importante traguardo raggiunto, che conferma l’elevata caratura professionale dei medici che lavorano all’interno della nostra Azienda”.
E’ stata inaugurata stamattina la nuova Tac a 160 strati acquistata per l’ospedale di Civitanova Marche e funzionante presso il reparto di radiologia diretto dal dottor Carlo Santurbano. La nuova apparecchiatura di tomografia computerizzata di ultima generazione apre la strada a diagnosi più rapide, accurate e a misura dei pazienti. Si tratta della Canon Aquilion a 160 strati, uno dei sistemi più moderni e avanzati nel campo della diagnostica per immagini.
Alla conferenza stampa erano presenti il vicepresidente della regione Marche e assessore alla sanità Filippo Saltamartini, il consigliere regionale Pierpaolo Borroni, il sindaco di Civitanova Fabrizio Ciarapica, il direttore generale dell’Ast di Macerata Alessandro Marini e il direttore sanitario Daniela Corsi.
"La nuova Tac utilizza un approccio innovativo basato su un sistema avanzato di intelligenza artificiale che consente di analizzare i tessuti in modo dettagliato e di ottenere immagini con una nitidezza superiore, mantenendo una dose di radiazioni tra le più basse della categoria, grazie agli innovativi sistemi tecnologici", ha dichiarato il primario della Radiologia di Civitanova Carlo Santurbano.
"Ringrazio la regione Marche per le risorse destinate all’acquisto della nuova Tac e il gruppo di progetto che ha lavorato dietro le quinte per permetterne l’acquisto e la successiva installazione. L’introduzione di questa nuova tecnologia rappresenta un importante passo avanti per la sanità del territorio perché è capace di offrire prestazioni diagnostiche rapide, accurate e sicure, in linea con i più elevati standard internazionali", ha dichiarato il direttore generale dell'Ast di Macerata Alessandro Marini.
La nuova Tac fa parte di un importante piano di ammodernamento del parco tecnologico dell'azienda sanitaria, che proseguirà nel 2025 e che prevede investimenti per oltre 1.5 milioni di euro.
"Esprimo grande soddisfazione per questo macchinario che va a vantaggio non solo dell’ospedale di Civitanova, ma di un intero territorio. E’ un percorso nell’innovazione che la regione sta portando avanti per intervenire meglio nella diagnosi e cura dei cittadini che si rivolgono al nostro Servizio Sanitario – ha affermato il sindaco di Civitanova Marche Fabrizio Ciarapica -. Ringrazio i medici che ogni giorno con grande competenza e impegno garantiscono la qualità delle prestazioni sanitarie erogate”.
"C’era una volta l’Ospedale unico, mentre oggi si manifesta grazie all’acquisto della nuova Tac la nostra intenzione di potenziare l’Ospedale di I livello di Civitanova con nuove tecnologie – ha esordito l’Assessore alla Sanità Filippo Saltamartini. – Il nuovo Piano Socio Sanitario, gli investimenti in edilizia sanitaria che stiamo portando avanti in particolare nella sanità territoriale con i cantieri iniziati delle Case e Ospedali di Comunità dimostrano la volontà della nostra Regione di investire risorse importanti per garantire ai cittadini il pieno diritto alla Salute. Vorrei ricordare come a livello nazionale siamo la prima Regione cui è stata attribuita la quota premiale per i Lea, Livelli Essenziali di Assistenza, garantiti alla popolazione e questo ottimo risultato è frutto della competenza, impegno e dedizione che ciascuno di voi impiega ogni giorno nel lavoro che svolge”.
Dopo il caso sollevato da Matteo Ricci, candidato presidente della regione Marche per il Pd, all'ospedale di Macerata, riguardante Francesco Migliorelli, paziente ricoverato in Osservazione Breve Intensiva (Obi) per alcuni giorni e rimasto 6 giorni senza posto letto, interviene il direttore generale dell'azienda sanitaria territoriale, Alessandro Marini. Il dg prende posizione sulla vicenda, rivendicando il buon esito del percorso clinico seguito e invitando a distinguere tra la libertà di critica e il rispetto per il lavoro svolto nelle corsie ospedaliere.
"Gradirei che in questa vicenda emergesse il buon esito del lavoro svolto dagli operatori sanitari nella cura prestata al paziente - ha dichiarato Marini -. Il paziente è stato accolto in pronto soccorso, ricoverato in Osservazione Breve Intensiva in un letto tecnico e sottoposto ai trattamenti e accertamenti necessari, in funzione delle sue condizioni cliniche. I giorni trascorsi in Obi - aggiunge - sono stati fondamentali per stabilizzare il quadro e individuare il reparto più idoneo per il ricovero. Questo è un percorso clinico previsto e applicato in tutta Italia, non un’anomalia".
Marini, pur riconoscendo la legittimità delle critiche, mette in guardia contro una narrazione generalizzata e dannosa. "Distinguiamo - osserva - il piano delle necessità di cura da quello della libertà di espressione. Determinate azioni, pur comprensibili in altri contesti, una volta rilanciate sui social finiscono per trasmettere un’immagine distorta delle strutture ospedaliere, sminuendo l’impegno di chi vi lavora ogni giorno per affrontare e superare difficoltà reali”.
Il direttore generale ricorda inoltre che esistono procedure precise per tutelare la sicurezza delle strutture e del personale. "Le strutture e gli operatori sanitari sono esposti a forti pressioni, e talvolta anche a episodi di violenza. In presenza di comportamenti ritenuti incongrui o potenzialmente lesivi, i dirigenti hanno il dovere di effettuare segnalazioni alle autorità competenti, lasciando a queste la valutazione degli eventuali sviluppi".
Infine, Marini contestualizza le criticità legate ai tempi di permanenza in pronto soccorso e al cosiddetto "boarding". "La questione dei posti letto e della gestione dei pazienti in attesa di ricovero è una criticità nazionale, non esclusiva di Macerata o delle Marche. Parliamo di un problema che affligge il sistema sanitario da almeno vent’anni e che oggi si intreccia con una carenza di personale e l’aumento della domanda di cure".
Nelle Marche tecnologie e innovazioni tecnologiche, come i sistemi di monitoraggio della glicemia con sensori, cambiano la gestione del diabete. Clinici ed esperti del settore sanitario ne hanno discusso ad Ancona nel corso dell’evento “Diabetes Innovation Days: Tecnologie e innovazione nella regione Marche” organizzato da Abbott. Al centro del dibattito, l’utilizzo dei sensori per il monitoraggio della glicemia anche nei pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento insulinico non intensivo, alla luce delle nuove possibilità prescrittive introdotte nella Regione Marche.
"La Regione, con una delibera rivoluzionaria, ha ridefinito e ampliato i criteri di accesso ai sistemi di monitoraggio del glucosio con sensori, in linea con le linee guida nazionali e internazionali - sottolinea il dottor Massimiliano Petrelli, referente della Rete diabetologica della Regione Marche, che spiega -. A differenza di altre regioni, ora questi sistemi possono essere prescritti anche ai pazienti con diabete che fanno l’insulina una sola volta al giorno, a pazienti che non hanno il diabete ma patologie che impattano sui livelli glicemici come ad esempio la fibrosi cistica o altre malattie rare, e li possiamo anche utilizzare, per un periodo limitato di tre mesi, nei pazienti diabetici in terapia ipoglicemizzante orale o con disliglicemia".
L’incontro ha evidenziato il ruolo sempre più centrale delle tecnologie nella gestione del diabete, con particolare attenzione all’impatto che queste innovazioni possono avere sulla qualità della vita dei pazienti e sull’efficienza del sistema sanitario: "Con i sensori per il monitoraggio della glicemia i team diabetologici hanno un’arma in più per controllare il diabete, ridurre le ospedalizzazioni, gli accessi al pronto soccorso e le complicanze del diabete come la retinopatia, la nefropatia e la dialisi. Il futuro del controllo glicemico è sicuramente dei sensori", afferma Massimiliano Petrelli.
I dispositivi di monitoraggio della glicemia con sensore, come FreeStyle Libre di Abbott, eliminano la necessità di pungere le dita e offrono alle persone con diabete i dati e le conoscenze di cui hanno bisogno per aiutarle a vivere una vita più sana. Sono composti da un piccolo sensore che si applica facilmente sulla parte posteriore del braccio e che è in grado di inviare automaticamente il dato ogni minuto direttamente al proprio smartphone, anche senza necessità di una scansione.
Con una rapida occhiata al cellulare, le persone con diabete possono prendere decisioni più informate e più velocemente fornendo ai team diabetologici un’arma in più per controllare il diabete e le sue complicanze apportando modifiche allo stile di vita o alle terapie.
I numeri del diabete, anche nella nostra regione, fanno parlare di una vera e propria pandemia. Nelle Marche la prevalenza della malattia, pur essendo più bassa di quella nazionale, è cresciuta di circa il 40% negli ultimi vent’anni e oggi circa il 5,5% della popolazione ha il diabete.
Come conferma il dottor Petrelli: "Attualmente nelle Marche abbiamo circa 82 mila pazienti con diabete, ma questa è solo la punta dell'iceberg, perché molte persone hanno già il diabete ma non sanno di averlo perché non fanno i controlli glicemici. Circa 68 mila pazienti sono seguiti dai centri diabetologici, che in regione sono 15 più un centro specifico per la diabetologia pediatrica, e gli altri sono seguiti dai medici di medicina generale".