Convivenza di fatto: cosa prevede il contratto e quali sono i diritti riconosciuti ai conviventi
Torna come ogni domenica la rubrica curata dall’avv. Oberdan Pantana "Chiedilo all'Avvocato". Questa settimana, le numerose mail arrivate hanno interessato principalmente la tematica relativa alla convivenza e la sua regolamentazione giuridica. Ecco la risposta dell’avv. Oberdan Pantana, alla domanda posta da una lettrice di Porto Recanati che chiede: "I conviventi di fatto possono regolare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune?".
Il contratto di convivenza è un accordo grazie al quale una coppia di conviventi, che non sono uniti in matrimonio e che non formano un'unione civile, disciplinano gli aspetti patrimoniali del loro rapporto. I contratti di convivenza, in risposta alla nostra lettrice, sono possibili da quando, il 5 giugno 2016, sono entrate ufficialmente in vigore le nuove regole sulle unioni civili e le convivenze di fatto, introdotte nel nostro ordinamento dalla legge Cirinnà, n. 76/2016.
Il comma 50 della legge menzionata dispone infatti che: "I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza."
Un aspetto importante da segnalare riguarda la legge da applicare ai contratti di convivenza. La legge Cirinnà prevede infatti che agli stessi si applichi la legge nazionale comune dei conviventi, se però i conviventi hanno una diversa nazionalità, allora la legge da applicare è quella del luogo in cui la convivenza è localizzata in via prevalente.
I contratti di convivenza consentono alle coppie conviventi di disciplinare, come abbiamo visto, gli aspetti patrimoniali del loro rapporto. I diritti che possono vantare i conviventi però non sono legati solo a quanto stabilito da detti contratti, ma anche dalla disciplina generale prevista per le coppie di fatto.
Chi convive gode infatti di alcuni diritti: il diritto reciproco di visita del convivente, assistenza e accesso alle informazioni personali in caso di malattia o ricovero ospedaliero; i permessi lavorativi retribuiti se si assiste l'altro convivente; la designazione dell'altro convivente come proprio rappresentante per le decisioni sanitarie in caso di incapacità; il diritto di subentro nel contratto di locazione della casa di comune residenza intestato al convivente defunto; infine, il diritto agli alimenti nel caso in cui la convivenza venga a cessare.
Con i contratti di convivenza le parti disciplinano principalmente il regime patrimoniale della coppia, che può essere di comunione legale, comunione convenzionale o separazione dei beni. I conviventi, come previsto dal comma 4, possono modificare il regime patrimoniale scelto in qualunque momento, purché la modifica rispetti la forma scritta e venga autenticata da avvocato o notaio, che provvederanno anche all’iscrizione all’anagrafe.
Ci sono altri dati obbligatori da indicare nell'accordo. Il comma 53 stabilisce che, oltre al regime patrimoniale, il contratto debba contenere l’indicazione della residenza della coppia e le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in proporzione alle risorse e capacità lavorative di ciascun convivente.
Con i contratti di convivenza inoltre si possono anche disporre trasferimenti immobiliari. Lo prevede il comma 60, secondo cui: "Resta in ogni caso ferma la competenza del notaio per gli atti di trasferimento di diritti reali immobiliari comunque discendenti dal contratto di convivenza."
I contratti, secondo il comma 51, devono essere redatti per iscritto, come atto pubblico o scrittura privata, anche per quanto riguarda modifiche o risoluzioni successive.
Avvocati e notai hanno un ruolo molto importante in questi contratti. Sono i garanti della correttezza dell’accordo, in quanto ogni sottoscrizione, modifica o cessazione deve avvenire con la loro autenticazione delle firme.
Una volta stipulato il contratto di convivenza, avvocati o notai sono tenuti a trasmetterne copia entro 10 giorni al Comune di residenza dei conviventi, per procedere all’iscrizione nell’anagrafe, rendendo così il contratto opponibile ai terzi.
Come già ricordato, la forma scritta è essenziale: la mancata osservanza comporta la nullità del contratto. La nullità può verificarsi anche in altri casi: se il contratto è concluso da un minore, un interdetto o da chi è stato condannato per l’omicidio (anche tentato) del coniuge dell’altro convivente. Il contratto è nullo anche se stipulato tra non conviventi, oppure in presenza di un altro contratto di convivenza, un’unione civile o un vincolo matrimoniale.
I contratti di convivenza si possono risolvere per accordo tra le parti, recesso unilaterale, matrimonio o unione civile tra i conviventi o con terzi, oppure per morte di uno dei due. Se la coppia ha adottato il regime di comunione legale, la risoluzione del contratto comporta lo scioglimento del regime e, se compatibili, si applicano le stesse regole previste per lo scioglimento della comunione legale nel matrimonio, come da codice civile, sezione III, capo VI, titolo VI del libro primo.
Rimango in attesa come sempre delle vostre richieste via mail, dandovi appuntamento alla prossima settimana.
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