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La Mafia non uccide i bambini: falso - Il caso del piccolo Giuseppe Di Matteo

La Mafia non uccide i bambini: falso - Il caso del piccolo Giuseppe Di Matteo

Torna l'appuntamento con la rubrica settimanale "La Strada delle Vittime", nella quale si affronta l'analisi della casistica criminale con approccio vittimologico. 

18 dicembre 2020, la notizia: “Arrestato di nuovo a Custonaci Giuseppe Costa” .

Giuseppe Costa era libero da tre anni, dopo essere stato in carcere dal 1997 al 2017. E’ stato arrestato nuovamente 10 giorni fa dai Carabinieri del Comando provinciale di Trapani e dagli uomini della Direzione investigativa antimafia, per associazione a delinquere di tipo mafioso.

“L’uomo, durante la sua lunga detenzione, ha ricevuto il sostegno economico del sodalizio mafioso senza mai collaborare con gli inquirenti“, sottolineano i Carabinieri e la Dia.

Subito dopo la scarcerazione, ha rinsaldato le sue relazioni con i vertici dei mandamenti di Trapani e Mazara del Vallo e assunto il ruolo di controllore e tutore degli interessi di Cosa nostra su un impianto di calcestruzzi della provincia trapanese. 

Il nome di  Giuseppe Costa ci riporta indietro nel tempo, al terribile ricordo dell’uccisione di uno dei 108 bambini vittime innocenti di mafia: Giuseppe Di Matteo.

Vogliamo ricordare la storia di questo ragazzino, a pochi giorni di distanza dalla costituzione del Presidio maceratese di “Libera – Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie”,  intitolato a Ciro Colonna, un’ altra giovane  vittima innocente di camorra.

Giuseppe Di Matteo aveva 14 anni,  un carattere solare, amava la vita, la sua più grande passione erano i cavalli.

Era il figlio del pentito Santino, ex affiliato di Cosa Nostra che, arrestato nel giugno del 1993 iniziò a raccontare al magistrato Giuseppe Pignatone tutto ciò che sapeva sugli attentati di mafia.

Da collaboratore di giustizia stava svelando gli affari di Cosa nostra e, soprattutto, stava rivelando i nomi di chi c’era dietro la strage di Capaci.

Minacciato per questo, si era rifiutato di ritrattare le accuse mosse ai Capi di Cosa nostra;  ne seguì la terribile rappresaglia contro suo figlio.

In quel maledetto 23 novembre del 1993 il ragazzo si trovava proprio nel maneggio ove regolarmente andava a trascorrere quache ora spensierata tra i suoi amati cavalli, quando veniva avvicinato da un gruppo di uomini (mafiosi) che si presentavano a lui come agenti della DIA; lo inducevano a seguirli dicendogli che lo avrebbero portato dal padre, che non vedeva da tempo perchè collaboratore di giustizia. Lui era felice e diceva, seguedo gli uomini  “Papà mio , amore mio”, secondo quanto rivelò successivamente uno dei partecipanti al sequestro, Gaspare Spatuzza.

Quel povero bambino non avrebbe più rivisto nè il padre nè i suoi affetti più cari, ma sarebbe morto solo, tra i suoi aguzzini.

Fu proprio uno dei Killer a raccontare le modalità del sequestro e come, senza un minimo di pietà, di umanità, in modo atrocemente macabro, fu ucciso il povero Giuseppe.

Il rapimento avvenne il 23 novembre 1993 , l’uccisione l’11 gennaio 1996 dopo 769 giorni di prigionia.

E’ impossibile anche solo provare ad immaginare lo sconvolgimento del povero ragazzino che, oggi sappiamo, solo, terrorizzato, ha vissuto per tutto il 1994 spostato in masserie ed edifici disabitati;  sino a quando nel 1995 fu rinchiuso in un vano sotto il pavimento di un casolare bunker, ove rimase sino alla sua uccisione. Questa ultima cella fu costruita in muratura proprio da Giuseppe Costa, presso la sua abitazione.

Giuseppe fece una fine orribile. Venne strangolato ed il suo corpo disciolto in una vasca di acido nitrico. Un corpo che, descrivera’ successivamente uno dei Killer, la lunga prigionia e l’immobilità protratta per due anni avevano reso “molle, era tenero sembrava di burro”

Un gesto vigliacco, atroce, contro un soggetto vulnerabile, per una rappresaglia contro il padre.

Il piccolo Giuseppe era innocente, era solo figlio di un uomo che aveva deciso di cambiare vita.

Sappiamo che la mafia è presente nel territorio italiano sin dai tempi della nascita dell’Italia unita, ma per decenni se ne è parlato come di un fenomeno legato alla tradizione siciliana. Finalmente negli anni 60 qualcosa cambia e persone coraggiose, spesso a costo della vita,  decidono di combatterla vedendo che è arrivata anche al cuore del potere politico.

La vittoria più grande per quel bambino oggi, è la costituzione dell’Associazione “Libera”, una su tutte, che vede riuniti tanti giovani che non vogliono dimenticare, che vogliono lottare per cambiare le cose, e puntare i riflettori sulla realtà della criminalità organizzata che inquina da oramai oltre trent’anni anche il nostro amato territorio marchigiano.

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