Giusy Mazzalupi è un’etologa formata all'Università di Pisa dove ha insegnato ai master di Etologia e di Medicina Comportamentale. È una studiosa di bioetica ed è la titolare dell’azienda agraria "Tenuta San Leonardo".Puoi raccontarci un po’ la storia della Tenuta San Leonardo - Villa Dubios?“L’azienda nasce in Umbria a Montefalco nel 2005, ed è stata poi trasferita a Fiuminata in provincia di Macerata, mio paese d'origine. L’azienda è dal 2024 anche azienda agrituristica e vivaistica, iscritta al registro ruop della Regione Marche. Vengono coltivate soprattutto rose antiche e rose inglesi, una grandissima passione da sempre sin dai tempi di Montefalco, una varietà molto adatta in zone come Fiuminata e dintorni dove le giornate sono scandite dal sole ma anche ore di ombra originata dai molti alberi. Alle rose sono dedicati molti corsi formativi, loro gestione, cura, potatura ecc…”L’agriturismo “Villa Dubios” è a gestione familiare e rispecchia la vostra filosofia di vita… vuoi parlarcene?“L’agriturismo "Villa Dubios" dell'azienda agraria “Tenuta San Leonardo” è un piccolo agriturismo, che intende riprendere l’idea originaria dell’agriturismo ovvero un'integrazione di reddito dell’azienda agricola, un aiuto per l’imprenditore agricolo, dove le persone si sentono a casa, riscoprendo quel senso di comunità che purtroppo si sta perdendo. Spesso un ristorante in campagna viene frainteso per un agriturismo, quando sono realtà assolutamente distinti. Esso offre agli ospiti cibo di produzione propria o acquistata da altre aziende agrarie, nel nostro caso siamo molto attenti anche all'aspetto etico”.
Nel vostro menù c’è una particolarità, niente carne… da cosa nasce questa scelta? E qual è la vostra offerta?“Nel nostro agriturismo non cuciniamo carne, sia io che la mia famiglia siamo da tantissimi anni vegetariani per una scelta precisa. Non potrebbe essere diversamente essendo un’etologa ho acquisito scientificamente la consapevolezza di come e quanto gli animali comprendono, del loro livello cognitivo, della loro percezione del dolore sarebbe inconcepibile per me mangiarli e i miei figli sono cresciuti in questo clima culturale seguendomi in molti ambienti che riflettono questa mia stessa sensibilità.Proponiamo piatti che rappresentano la nostra storia di famiglia dai molto piatti insegnati da mia suocera di Mogliano, piatti della mia infanzia a Fiuminata, moltissimi piatti umbri avendo vissuto molti anni a Montefalco: vini marchigiani e umbri di qualità; Verdicchio, Rosso Piceno, Montefalco Rosso e Sagrantino. Pecorini con miele e composte di nostra produzione, focacce, cresce. Bruschette con olio di Mogliano e olio di Montefalco. Gnocchi al Sagrantino, ravioli ai formaggi, burro e salvia, tagliatelle al tartufo, ai funghi, lasagnette con le verdure, zuppe ecc… Parmigiana di verdure secondo stagionalità, melanzane, gobbi, finocchi gratinati con besciamella e farinata di ceci. Tra i dolci sempre tutto fatto in casa tiramisù, zuppa inglese, crema catalana e tozzetti con le mandorle”.Agriturismo sì, ma non solo… è presente un “Garden Rose”. Com’è nata questa idea? Perché proprio giardino di rose? Raccontaci di ciò…“In azienda si può visitare il giardino espositivo di rose inglesi, tantissime varietà della collezione di Davide Austin, si possono acquistare o prenotare se non disponibili. Si può prenotare una visita anche solo per avere delle consulenze in materia di giardinaggio o cura delle proprie piante. Uno spettacolo dalla primavera all’autunno dove si può anche mangiare all'aperto vivendo un’esperienza sensoriale unica”.Avete anche un giardino/vivaio giusto?“In agriturismo possono essere acquistati i miei libri sempre sull'etologia. Si può partecipare ai tanti eventi culturali organizzati dall’azienda in tema di etologia e di gardening. Animali e piante che sembrano temi così differenti hanno molti più punti in comune di quanto si possa pensare, tanto che ora si parla sia di Etologia animale che di Etologia vegetale in quanto anche le piante hanno dei loro tipici comportamenti. Provano emozioni, hanno memoria tanto che la scienza parla oggi di intelligenza delle piante ed è proprio questo ambito di interesse che negli ultimi anni mi ha portato a dedicarmi alla produzione e studio delle piante per approfondire questi studi”.
Da voi è possibile anche seguire dei corsi…“In azienda sempre coerentemente con tutto ciò che ho fatto, studiato ed insegnato nella mia vita, mi dedico a molte altre attività connesse tra cui la formazione, in primis corsi di Etologia, per cercare di far comprendere maggiormente il comportamento degli animali con cui conviviamo, sia per facilitarne la relazione e comunicazione cercando di garantirne un sano benessere non solo fisico ma anche e soprattutto etologico, ma anche per evitare morsicature o aggressioni proprio a causa di una mancanza di conoscenza dei segnali di avvertimento che ci inviano gli animali soprattutto i nostri animali domestici come i cani”.
L’Asd Gagliole C5, splendida realtà nell’entroterra maceratese, ha espugnato il campo della Bayer Cappuccini vincendo 10-7, conquistando così il pass per la finalissima del playoff regionale. I ragazzi di mister Mirko Rossini hanno sfoderato una prestazione importante sia dal punto di vista tecnico che mentale, nonostante le diverse defezioni, riuscendo ad avere la meglio su una squadra competitiva. Da sottolineare l'esordio in prima squadra dei tre Under 17 Pisoni, Cerqueti e Agrioli che nel finale di match sono scesi in campo, facendo dunque la loro figura.
Nel primo tempo la squadra rossoblù va subito sul 3-0 (in gol Ocharan (2) e Pereira). Nel secondo tempo i “galletti”mettono la quinta e prendono il largo. Ferjani segna una tripletta, seguito dalla rete di Ocharan, Pereira e Casoli (2 reti). Nel finale la Bayer Cappuccini accorcia la distanza, fissando il risultato sul 7-10.
BAYER CAPPUCCINI-ASD GAGLIOLE C5 7-10 (0-3 pt)
BAYER CAPPUCCINI: Polzoni, Albani, Nazarolf, Renki, Serantoni, Silmi, Bonfigli, Iesari, Di Bernardo, Luciani, Cericola, Antinori. All. Salvi
ASD GAGLIOLE C5: Tamburrino, Occhiuzzo, Calisti, Pereira, Casoli, Di Ronza, Ferjani, Ocharan, Agrioli, Pesoni, Savi. All. Rossini
Arbitri: V.P. Bavaro di Ancona e C. Frelli di Macerata
Reti: 6’ e 7’ Ocharan, 18’ Pereira // 1’ st Ferjani, 3’ st Serantoni, 3’ st Ferjani, 4’ st Ocharan, 6’ st Pereira, 7’ st Ferjani, 9’ st Casoli, 10’ st Silmi, 11’ st Casoli, 15’ st Serantoni, 19’ st Serantoni, 19’ st Bonfigli, 19’ st Serantoni, 19’ st Serantoni
“Ci aspettiamo che le persone siano invogliate a venirci a trovare, oltre che per le manifestazioni, ci stiamo attrezzando per la ricezione. Stiamo lavorando per dare la possibilità di pranzare e di pernottare a Gagliole”, a parlare è l’assessore all’Istruzione, alla Cultura, al Turismo ed ai Servizi Sociali del Comune di Gagliole Catia Eliana Gentilucci.
Il “Castrum Galli” e la “Festa della Braciola” sono i due eventi più ricorrenti, che da anni richiamano molte persone. In questo 2025 Gagliole quindi si sta organizzando per rendere sempre più vivo il proprio borgo.
“Gagliole in uno scatto” è il concorso con iscrizione gratuita per gli amanti di fotografia o per le persone che raggiungeranno questo territorio durante gli eventi in programma. I vincitori saranno premiati a fine settembre. L’assessore Gentilucci si è così espresso: “Si tratta di un concorso fotografico sulle bellezze di Gagliole, abbiamo un belvedere straordinario sui Sibillini, il nostro obiettivo è invogliare la gente a scegliere il nostro paese“.
In aprile ci sarà anche “L’appetito vien camminando”, per l’appunto in questo caso si cammina e mangia in allegria alla scoperta del territorio. “La montagna accessibile” è la manifestazione che si terrà il 14-15 giugno, dedicata alle persone con disabilità, sono due giorni di attività escursionistiche e di trekking cittadino. Da sottolineare infatti che Gagliole è un borgo accogliente. Prevediamo anche una bella grigliata nel nostro rifugio sui prati. Dopo il manifesto della primavera, che durerà fino a giugno, avremo quello dell’estate fino a giugno, e poi il manifesto dell’autunno che va fino a novembre”.
L’Agriturismo Fattoria di Cignano è il trionfo della tradizione in cucina, immersa in un panorama mozzafiato in uno dei luoghi più suggestivi delle Marche, splendido lo skyline di Camerino. Mario Bottega, 44 anni, è il titolare dell’Agriturismo Fattoria, dopo gli studi a Perugia e una breve parentesi all’estero, ha deciso di rimanere qui per continuare l’attività di famiglia.
Di generazione in generazione vi prendete cura del vostro territorio… “l’Agriturismo Fattoria Cignano nasce nel 2004 con l’intento e la volontà di fornire ed avviare un’attività suppletiva alla tradizionale attività agricola presente da diverse generazioni cercando di essere un punto di riferimento di “campagna”. L’idea è infatti quella di creare una casa di campagna per chi cerca tranquillità e pace evadendo un po’ dal caos delle città.
L’attività agrituristica dispone quindi di sei camere e di una sala ristorante. Ormai l’attività compie vent’anni, penso che ormai sia piuttosto consolidata. Abbiamo affrontato diverse difficoltà, prima fra tutte il terremoto che ha decisamente cambiato il tutto sia a livello lavorativo che sociale. L’azienda ha subito dei danni in vari fabbricati ma ci siamo rimboccati le maniche cercando sempre di rimanere ben saldi nel territorio, tentando di rimettere in sesto quello che è stato possibile per poi andare avanti. L’altra problematica affrontata è stata quella relativa al Covid e a ciò che ha comportato”.
Qual è l’offerta per i vostri clienti?
“La nostra offerta è all’insegna della semplicità sia per quanto riguarda la parte puramente ricettiva, ripeto cerchiamo di essere un angolo di campagna per chi cerca pace. Abbiamo parte della clientela che proviene da Roma e Milano e a caccia proprio di una piccola oasi di relax cercando di evadere da ciò che le metropoli comportano. Per quanto riguarda la parte della ristorazione facciamo una cucina il più tradizionale possibile con un occhio di riguardo a quella che è la stagionalità”.
La specialità della cucina?
“Facciamo una cucina all’insegna della tradizione e della tipicità, come primi non possono mancare i vincisgrassi, piatto forte della domenica, o gli gnocchi al ragù di papera e la pappardella al cinghiale. D’estate dal nostro orto possiamo offrire gli strozzapreti con le zucchine ed i fiori di zucca. Come secondo il coniglio in porchetta ed il capretto”.
Progetti in cantiere?
“L’idea principale sarebbe quella di ampliare la parte ricettiva, il problema come accennato prima, è la lenta ricostruzione post sisma e gli oneri finanziari a carico che fanno rallentare un po’ il tutto”.
Un imponente maschio di cervo con palchi in velluto è stato avvistato nella giornata di ieri (sabato 4 aprile) da Maria Teresa Tapanelli in un giardino, poco distante dal centro storico di Fiuminata.
“Mi sono accorta del cervo in quel giardino - ha raccontato Maria Teresa Tapanelli - perché erano le 7 del mattino ed il mio cane abbaiava tantissimo. Non capivo inizialmente cosa avesse visto, così sono uscita sul terrazzo per capire, ho visto che guardava in quella parte, così l’ho inquadrata e ho notato questo spettacolo. Qualche anno fa ne vidi un altro - ha proseguito la signora - era entrato nel mio giardino di casa, ma era più piccolo. Non avevo ancora il cane e la recinzione del giardino era più bassa di quella attuale. Praticamente era entrato ma non riusciva più ad uscire, così gli aprii il cancello per liberarlo. Dalle mie parti è normale imbattersi in capriolo o cinghiali, ma non in cervi, uno spettacolo che non può passare inosservato”.
La pagina Facebook Camoscio Sibillini - Promozione del Territorio, ha svelato che si tratta dei cervi fuggiti dai recinti di Valleremita di Fabriano, che hanno colonizzato l’intero Appennino Umbro-Marchigiano.
Il movimento internazionale del CoderDojo è nato anche nel piccolo comune di Gagliole, grazie all’iniziativa dell’assessore all’Istruzione, alla Cultura, al Turismo ed ai Servizi Sociali Catia Eliana Gentilucci.
“Mio figlio partecipò ad un incontro del CoderDojo di Pisa - ha raccontato Gentilucci -, me ne parlò, un giorno andai per capire meglio e da lì decisi che doveva essere portato anche qui”. In questi laboratori si insegnano le basi della programmazione a blocchi, si tratta di un semplice approccio, per dare libero sfogo alla creatività.
Visto il successo riscontrato al primo incontro del Coder Club Gagliole, 11 i ragazzini presenti, questo progetto, totalmente gratuito, proseguirà. Il secondo appuntamento ci sarà domenica 6 aprile, dalle 15 alle 18.30, presso il Centro Sociale di Gagliole, il laboratorio è gratuito e dedicato a giovani coder dai 7 ai 13 anni. Essi per partecipare dovranno portare computer, acqua e merenda, accompagnati da un genitore. Per informazioni ed iscrizioni è possibile scrivere alla mail a coderdojo.gagliole@gmail.com.
L’assessore del Comune di Gagliole ha poi aggiunto: “I ragazzini sono stati veramente felici nel corso del pomeriggio trascorso insieme per progettare. In questo appuntamento di aprile sarò io la speaker, spiegherò loro come si fa a scrivere e ad animare una storia con il programma Scratch (un applicativo per spiegare ai bambini come si possono creare animazioni tipo videogiochi al computer). Speriamo in ogni caso che il gruppo di bambini cresca, crediamo molto nella crescita dei giovani di questo territorio”.
A maggio invece, l’appuntamento con il Coder Club Gagliole è fissato per sabato 24 alle ore 15.
La Fattoria Fucili, situata in località Agello a San Severino Marche, è gestita da Francesco e dai suoi genitori. Si trovano alle falde del Monte San Vicino, coltiviamo cereali e foraggi, allevano suini e bovini, e hanno un laboratorio per la trasformazione e la vendita diretta di carni e salumi.
Puoi raccontarci la storia della Fattoria Fucili?
“La nostra azienda nasce dai bisnonni, poi da mio nonno che fino agli anni ’70 lavorava con l'aiuto di alcuni mezzadri che vivevano in una vecchia casa colonica di nostra proprietà, allevavano bovini marchigiani, suini e producendo cereali e vino. Poi, mio padre Pacifico, finiti gli studi superiori ha preso a condurre direttamente l'azienda nel 1972, continuando a specializzarsi nell'allevamento bovino ed introducendo la meccanizzazione per coltivare i nostri terreni, fino a fine anni ’90 abbiamo allevato principalmente bovini venduti a macellerie del circuito locale, poi ad inizio anni 2000 ho deciso di entrare a gestire l'azienda e abbiamo investito nella trasformazione ristrutturando il vecchio casolare colonico e creando laboratorio e punto vendita aziendale di carni e salumi".
"L'attività è sempre cresciuta e nel 2017 anche mio fratello Fabio ha deciso di gestire insieme a me e ai nostri genitori l'azienda, abbiamo fatto ulteriori investimenti come la nuova stalla innovativa per i maiali allevati nel rispetto del massimo benessere animale ed ambientale su paglia. Dal 2020 siamo aperti con il nostro punto vendita aziendale anche nel mercato coperto di Campagna Amica a Macerata con moltissimi clienti affezionati. Purtroppo poi nel 2022 mio fratello si è ammalato e lo scorso 24 marzo 2024 ci ha lasciati... Ma in sua memoria stiamo portando avanti il nostro sogno continuando ad investire in azienda”.
Qual è la tua “giornata tipo” in azienda?
“Giornata tipo dipende... il lunedì ci alziamo verso le 7, sistemiamo gli animali, "vestiamo" le lonze, poi si prosegue con i lavori di routine aziendale fino alla sera. Il martedì sveglia alle 5,45 per portare i maiali al mattatoio, poi pulizia della stalla dei suini con il cambio della lettiera in paglia, pomeriggio-sera "smontiamo" i maiali che ci riconsegnano. Il mercoledì sveglia alle 6, io vado a Macerata al mercato, e i miei iniziano a preparare le carni dei maiali. Nel pomeriggio insacchiamo salsicce e salumi. Il giovedì, meteo permettendo, si lavora nei campi e si fa manutenzione alle attrezzature, il venerdì lo stesso, poi pomeriggio e sera vado a fare le consegne di salumi a qualche cliente commerciale e a privati tra San Severino Marche e Tolentino. Sabato mattina di nuovo al mercato a Macerata e al pomeriggio nel punto vendita aziendale così come la domenica perché in quei giorni vengono a trovarci la maggior parte dei clienti, siamo sempre aperti”.
Quali sono i vostri prodotti? E… la “chicca” della Fattoria Fucili?
“I nostri prodotti sono tutti i salumi della tradizione marchigiana: salame morbido (che non possiamo chiamare ciauscolo perché non aderiamo per scelta al disciplinare Igp voluto dai grandi produttori di salumi delle Marche che prevede uso di conservanti e provenienza di carni anche da fuori regione), salame lardellato, salame magro, salame di fegato, lonzino, capocollo, guanciale pancetta, culatello e prosciutti con osso. La coppa di testa solo nel periodo autunno-inverno che insieme al salame di fegato sono le nostre chicche. Poi con i bovini che alleviamo facciamo pacchi di carne famiglia con i vari tagli assortiti”.
Dal campo alla tavola, il tutto senza alcun uso di conservanti, giusto?
“Coltiviamo i nostri campi con uno scarsissimo uso di prodotti chimici e destini o la maggior parte dei cereali e foraggio per alimentare i nostri animali. Poi nei laboratori non utilizziamo né conservanti né coloranti”.
Un evento da voi realizzato che vi è rimasto particolarmente nel cuore?
“In realtà molti eventi, l’inaugurazione l’1 maggio 2007, poi il 10 agosto 2010 festa della trebbiatura tradizionale per amici e clienti con giochi e rinfresco per tutti…”.
Obiettivi per il futuro?
“L’obiettivo è quello di riuscire a continuare a garantire prodotti sani e di qualità ai nostri clienti, e se capita al sottoscritto, metter su famiglia visto che sia il lavoro ma anche le soddisfazioni qui non mancano... nonostante tutto…”
Una fortissimo nubifragio di acqua e grandine si è abbattuto ieri sera sull’entroterra maceratese, danni a Fiuminata, in particolare nel cuore della frazione di Castello dove si sono verificati forti allagamenti.
Tra le abitazioni più colpite quelle di fronte alla chiesa di San Giovanni Battista. I tombini non riuscivano più a ricevere l’acqua, la grandine ed il fango proveniente dalla strada SP256 e per questo motivo sono state allagate alcune cantine. Gli abitanti di Castello si sono subito adoperati nella notte, e tuttora stanno proseguendo, per ripulire i propri edifici coadiuvati dagli operatori comunali inviati dal sindaco di Fiuminata Vincenzo Felicioli .
La Cantina Fattoria Duri nasce in località Colleluce, a San Severino Marche, per dare seguito al lavoro già svolto da Rino Duri, venuto a mancare nel 2002, attualmente la conduzione dell’azienda è affidata al figlio Dante. Egli ha svolto studi in giurisprudenza e ha acquisto esperienza di vendita nel settore di edilizia per interni ad alto livello, ma il legame con la terra è sempre stato forte, soprattutto con la viticoltura, praticata in famiglia almeno dal lontano 1867.
Dante è cresciuto aiutando la sua famiglia in tutti i lavori necessari in vigna e cantina, imparando così ad amare questo lavoro e la Vernaccia Nera. Ha da sempre creduto dal valore di questo vitigno e nelle sue potenzialità anche grazie al suo sapere unico ed alla versatilità straordinaria. Infatti la Vernaccia Nera si presta molto bene a diverse tipologie di vinificazione. Dante Duri ha scelto di non spumantizzare e produrre solo vini fermi perché così ha conosciuto i vini creati da suo padre e dagli anziani del territorio. La Vernaccia Nera è un vitigno autoctono antichissimo, per secoli è stato vinificato come vino fermo da pasto e come vino passito per le stragrandi occasioni. Dante è ripartito da questa certezza, con un piede nel passato, guardando però al futuro. Così è nata la sua prima etichetta proposta “Il Piccato”, un vino rosso passito da uve di Vernaccia Nera uscito nel settembre 2012.
Il vigneto è stato realizzato nel 2006, conservando comunque quello del 1961. Può svelarci come è composto e come funziona?
Questo vigneto l’ho conservato perché è innanzitutto testimone della viticoltura applicata dai nostri anziani ma soprattutto perché ha un grande valore proprio per le uve prodotte. Infatti è noto che un vigneto acquisisca la maturità adulta solo dopo i 30-35 anni e più è vecchio il vigneto e più sono buone le uve perché le radici di queste viti così antiche scendono più in profondità, riescono a nutrirsi meglio di minerali più difficilmente raggiungibili dalle viti giovani che hanno radici superficiali. Questo si riconosce all’assaggio perché questi vini ottenuti da viti così antiche sono maggiormente sapidi e saporiti.
Dal vigneto del 1961 otteniamo due vini: un bianco ed un rosso, che sono dei blend, rispettando la composizione dei vari vitigni presenti in vigna. Il bianco è principalmente composto da uve di Trebbiano, poi ci sono un paio di vitigni aromatici. Abbiamo un po’ di Malvasia e un po’ di Garofanata. Il rosso è ugualmente un blend, composto principalmente da uve di Sangiovese, poi vi sono un altro paio di vitigni, il Ciliegiolo e una parte di uve di Merlot».
Qual è il punto di forza della Cantina Fattoria Duri?
«Il punto di forza aziendale avendo solo due ettari, è sicuramente il grande lavoro manuale che si applica in tutte le fasi di allevamento della vite e di produzione di queste uve. Da noi non esiste la raccolta meccanizzata, la vendemmia viene fatta a mano controllando ogni singolo grappo e togliendo con le forbicine, con attenzione certosina, tutti gli acini d’uva rovinati. Questo ci porta ad avere poi delle uve il più possibile perfette e sane per abbattere poi in cantina l’uso di solfiti e ottenere quindi più puliti, più profumati, che rispettino le caratteristiche del vitigno».
Tra i vostri prodotti qual è secondo lei la chicca? E… perché?
«Noi ora siamo arrivati a ben nove diverse etichette, per noi questi vini prodotti sono come dei figli. Se lei facesse una domanda ad un padre o ad una madre, dicendo quale dei suoi figli è il preferito, penso che nessun genitore le saprebbe rispondere. Tutti i nostri vini sono da noi amati ed apprezzati. Li abbiamo creati e siamo soddisfatti delle nostre proposte. Siamo stimati soprattutto per lo sforzo, per la volontà che mettiamo nel proporre in tante diverse tipologie di vinificazione, perché siamo già arrivati a sette diversi vini fermi ottenuti da uve di Vernaccia Nera e le persone del mondo del vino apprezzano molto questa nostra volontà di far conoscere in ogni modo le diverse vinificazioni possibili ed attuabili da questo vitigno.
La nostra ultima proposta è per noi un grande risultato perché siamo appena usciti con il “Collelucus”, un vino già certificato come Doc Serrapetrona, ma ottenuto da una vendemmia tardiva di questi grappoli, lasciati finire di maturare in vigna fino alla fine di novembre. Devo dire che all’uscita di questo vino in bottiglia abbiamo riscontrato unanimi consensi anche per aver proposto una tipologia di vino veramente originale perché una vendemmia tardiva nella zona della Vernaccia Nera credo non sia ancora stata fatta e dà dei sentori davvero particolari. Nel complesso è un vino rotondo, molto corposo e strutturato, che rispecchia ed esalta le caratteristiche del vitigno».
Ha dei progetti in cantiere?
«Credo che abbiamo raggiunto date le nostre dimensioni un numero di etichette già ampio così come siamo messi ora. Penso dunque che il nostro proposito migliore per il futuro sia consolidare questi prodotti, sfruttare al meglio la nostra esperienza per realizzarli ancora meglio nelle future annate e farli conoscere a più persone possibili».
Paolo Liberati è un artista originario di Pioraco, fin da bambino ha imparato a usare il traforo per costruire piccole riproduzioni grazie a suo padre Nelson. Ora abita in provincia di Padova, ma ha sempre Pioraco, suo paese natale, nel cuore. Il Museo della Carta e della Filigrana di Pioraco, da qualche tempo a questa parte, ospita tutte le sue opere.
Una passione quella della costruzione di opere in miniatura, nata anche grazie a tuo padre giusto? È un po’ una tradizione di famiglia…
“La passione per le miniature è nata fin da bambino guardando e imparando da mio padre, anche lui grande appassionato di lavori con il traforo. Poi nel tempo e cambiando vari materiali tra cui il compensato, il rame, il plexiglas, l'argilla e l'argento, sono approdato per puro caso alla carta. I primi lavori sono stati molto semplici poi pian piano, affinando sempre di più le tecniche, sono arrivato alle riproduzioni attuali”.
Sono molteplici i punti caratteristici di Pioraco da te riprodotti in miniatura, quante ore impieghi all’incirca per la sua realizzazione? Qual è stato quello che ti ha dato più soddisfazione?
“Tutti gli angoli di Pioraco sono una cartolina e ricostruirli in miniatura è per me una sfida continua. Tra i tanti che ho fatto, il primo "La chiesa di San Francesco con l’attiguo convento francescano e il ponte Marmone” è stato il più difficile ed è quello che mi ha dato più soddisfazione. I tempi di realizzazione dipendono molto dalla grandezza e dalla minuziosità dei particolari, variano dai 30 ai 90 giorni circa, lavorando 3/4 ore al giorno. Io abito a Vigonza, un paese in provincia di Padova da circa 45 anni ma Pioraco è sempre nel mio cuore e questi lavori, nel loro piccolo, me lo ricordano continuamente”.
Qual è l’ultima opera da te fatta?
“Gli ultimi due lavori, sono la chiesa del S.S. Crocefisso che si trova sotto lo Scoglio del Paradiso e l'hotel "Il giardino con l’attiguo ristorante bar”. Il primo è al museo insieme a tutti gli altri scorci, mentre il secondo è in bella vista nella hall dell'hotel originale. È un regalo che ho fatto a mio cugino Andrea e a sua moglie Rita. Il prossimo lavoro sarà la chiesa di San Vittorino, dove mi sono sposato nel lontano 1979, con la casa parrocchiale e il palazzo del Sacro Cuore. È in lavorazione e spero di portarlo al museo quanto prima”.
Le tue miniature sono esposte nel museo di Pioraco, quanta soddisfazione ti dà ciò?
“Ringrazio tantissimo il sindaco di Pioraco Matteo Cicconi ed i responsabili del museo che mi hanno dato la possibilità di esporre le mie ‘creazioni’ di cui sono molto orgoglioso. Mi fa tanto piacere che i visitatori del museo le possano ammirare”.
Alessia Parascandola è il capitano del Cus Camerino C5 Femminile, squadra che milita in Serie C, quest’anno al suo primo campionato. Alessia è stata catapultata nel mondo del calcio a 5 quando aveva 14 anni. Prima di allora era in una scuola calcio femminile, una volta sciolta la società la signora che le faceva da mister l’ha inserita in una squadra di calcio a 5 di serie D per farla continuare. Le compagne di squadra erano tutte più grandi, anche di molto. Le hanno dunque spiegato come funzionava, anche perché prima di allora lei puntavo al calcio a 11, le ha viste giocare, ha poi iniziato con loro e da allora non ha mai voluto smettere.
Sappiamo bene che pur essendo nel 2025, l’accostamento donna-calcio, scatena spesso gente frustrata. Che ne pensi a riguardo? Sei mai stata colpita da questo pregiudizio?
“Per fortuna no, ma comunque penso che queste persone debbano iniziare ad aprire gli occhi e andare oltre le banali etichette. Non ci sono sport ‘per uomini’ o ‘per donne’, lo sport è per tutti. È un concetto semplice. Le capacità non sono legate al sesso della persona. Spero che un giorno non ci saranno più pregiudizi di questo tipo”.
Che cosa vuol dire essere il capitano della squadra? Come si motivano le tue compagne?
“Certamente è una responsabilità, quella di intervenire quando ce n’è bisogno, sia in partita sia all’interno della squadra. Penso che il capitano debba essere il primo a mettere in gioco tutto quello che ha e ad impegnarsi per ottenere risultati. Deve essere un po’ l’esempio, ecco. Spesso questa cosa mette pressione, non si vuole deludere nessuno, tantomeno se stessi, ed è proprio questo che porta a dare sempre il massimo. Un modo efficace per motivare le mie compagne è promettendo di offrire da bere, ma anche un discorsetto pre partita funziona”.
Il Cus Camerino C5 Femminile è una realtà in crescita, come dimostrano i numeri nel corso del campionato. Puoi parlarcene?
“La squadra ha avuto un miglioramento esponenziale. All’inizio, essendo una squadra nuova, c’era poca intesa. Alcune ragazze avevano poca esperienza o addirittura nulla. Nella prima metà del campionato il nostro portiere non riusciva a venire alle partite, perciò abbiamo dovuto ricoprire il ruolo io ed un’altra ragazza. C’erano tante cose da migliorare. Il mister Caramanti ha fatto un lavoro enorme con noi, ci ha sempre sostenute e ha creduto in noi, spiegandoci pazientemente quello che dovevamo fare, come e perché. Stessa cosa il mister Marini. Ci siamo impegnate tutte per portare a casa dei risultati. Nonostante gli esiti negativi delle partite, le reti di differenza sono diminuite e non è una cosa da sottovalutare. Significa che il miglioramento c’è stato e ci sarà ancora. Abbiamo capito che siamo alla pari di tutte le altre squadre in campionato, basta solo essere concentrate, dare il massimo e crederci. La strada da fare è tanta, ma abbiamo il potenziale per riuscirci”.
A livello personale, qual è il tuo obiettivo?
“Onestamente non ho un vero e proprio obiettivo. Al momento voglio solo continuare ad imparare, migliorare e a prendere tutto ciò che questo sport mi offre, dalle esperienze alle emozioni, sia negative che positive”.
Barbara Rocci è la titolare di ‘Le api di Serena e Sofia’, azienda nata nel 2018 a San Severino Marche, in località Granali 80, da una semplice passione per la vita di campagna e tutto ciò che la circonda. Un desiderio di avvicinamento alle cose più semplici e naturali, tanto da dare a questa idea il nome delle figlie.
Barbara, com’è nata ‘Le api di Serena e Sofia’? Com’è sbocciata questa passione per le api?
“Le api sono insetti piccolissimi ma con un’organizzazione unica, conoscere il loro comportamento e le loro attitudini lascia sbalorditi… e non si finisce mai di imparare! Il territorio settempedano, esteso ma fatto di piccole aziende agricole che non praticano un'agricoltura intensiva, soprattutto a causa della naturale conformazione dei terreni, è sembrato fin da subito ideale per il nostro concetto… amare le piccole cose che rendono unici certi sapori, seguendo al massimo i ritmi della natura. Siamo quindi partiti da cinque arnie, divenute ben presto il doppio, ed ora abbiamo tra le ottanta e le centoquaranta arnie, a seconda delle condizioni ambientali e delle stagioni".
La tua ‘giornata tipo’?
“La ‘giornata tipo' inizia molto presto, in estate le temperature permettono di scendere in apiario già poco dopo l’alba, sentire il ronzio delle bottinatrici che partono per il raccolto è meraviglioso. Bisogna aprire tutte le casse, e specialmente in alcuni periodi dell’anno è molto importante controllare che alla famiglia non manchi nulla. Il pericolo di sciamature in aprile, l’infestazione da varroa, le scorte per la famiglia e la covata sono sempre da tenere sotto controllo. Queste operazioni si protraggono spesso a lungo, bisogna procedere al ritmo dell’arnia, che spesso non coincide con quello dell’apicoltore. Prendersi il giusto tempo è quindi molto importante. Si procede poi con la raccolta del polline nelle trappoline apposite e via verso il prossimo apiario. L’apicoltura è impegno, a volte anche più di quanto ci si aspetti”.
Miele millefiori ma… non solo. Puoi parlarci un po’ dei vostri prodotti?
“La nostra produzione è incentrata sul miele millefiori e sul polline. Il nostro areale permette una buonissima biodiversità. Si inizia con le primissime fioriture primaverili, principalmente nocciolo e mandorlo, per terminare con le fioriture di edera ed inula a fine settembre. Il nostro millefiori contiene una enorme quantità di profumi e sapori differenti, dalle note fruttate fino a quelle più strutturate, e può contare su una enorme varietà di fioriture (dal ciliegio all’acacia, al tiglio, alla mora selvatica, dall’erba medica alla malva fino al girasole). Nel corso degli anni la produzione si è allargata fino alla realizzazione di candele in pura cera d’api, per noi un importante sviluppo che porta anche alla sensibilizzazione su quanto sia importante l’utilizzo di materiali naturali”.
Guardando ‘Le api di Serena e Sofia’ balzano subito all’occhio le candele, qual è il segreto per la realizzazione di queste meraviglie? Quale soggetto ha riscontrato maggior successo tra i tuoi clienti?
“La cera d’api non produce fumo, brucia lentamente e ha un odore naturale di miele, ma soprattutto è un elemento totalmente prodotto dalle api, al contrario delle candele in paraffina. Perfino gli stoppini che utilizziamo sono in cotone, quindi le nostre candele sono completamente naturali. Per la loro produzione utilizziamo i panetti di cera che provengono dalla smielatura (quindi principalmente cera di opercolo) e li fondiamo in un apposito fondicera. Questo permette di ottenere una cera pulita ma al tempo stesso di lavorarla sempre a temperatura costante e senza sbalzi termici. Viene poi colata negli stampini e lasciata raffreddare. Nel periodo natalizio i soggetti sacri sono sempre molto apprezzati, tanto che abbiamo prodotto anche degli stampi specifici con presepi e sacre famiglie. Per battesimi e comunioni invece, la clientela ama molto le candele a forma di animaletti o di orsacchiotti, sono sempre molto belli da vedere. Ne abbiamo a decine, tutti molto simpatici! Realizziamo candele in decine di formati e fantasie differenti, dalla candelina per bomboniere fino alle candele da collezione, con molti stampi creati direttamente da noi in modo da offrire anche pezzi unici alla clientela”.
Un aneddoto legato alla tua attività?
“Un aneddoto che ricordo sempre con piacere ed un pizzico di soddisfazione è stato quando abbiamo dovuto…. montare le catene in estate! È successo in agosto, quando dopo un forte acquazzone, il campo in cui stavamo controllando le arnie è diventato un acquitrino, non riuscivamo a venirne fuori. Prima di affondare nel fango, abbiamo provato a montare le catene per avere più presa sulle ruote motrici, e con un po’ di pazienza ne siamo venuti fuori… avevamo il fango fino alla testa, ma ce l’avevamo fatta”
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Le api di Serena e Sofia nasce nel 2018 da una semplice passione per la vita di campagna e tutto ciò che la circonda. Un desiderio di avvicinamento alle cose più semplici e naturali, tanto da dare a questa idea il nome delle nostre figlie.
Le api sono insetti piccolissimi ma con una organizzazione unica, conoscere il loro comportamento e le loro attitudini lascia sbalorditi… e non si finisce mai di imparare!
Il territorio settempedano, esteso ma fatto di piccole aziende agricole che non praticano una agricoltura intensiva, soprattutto a causa della naturale conformazione dei terreni, è sembrato fin da subito ideale per il nostro concetto… amare le piccole cose che rendono unici certi sapori, seguendo al massimo i ritmi della natura. Siamo quindi partiti da 5 arnie, divenute ben presto il doppio, ed ora abbiamo tra le 80 e le 140 arnie, a seconda delle condizioni ambientali e delle stagioni.
La giornata tipo inizia molto presto, in estate le temperature permettono di scendere in apiario già poco dopo l’alba, e sentire il ronzio delle bottinatrici che partono per il raccolto è meraviglioso.
Bisogna aprire tutte le casse, e specialmente in alcuni periodi dell’anno è molto importante controllare che alla famiglia non manchi nulla. Il pericolo di sciamature in aprile, l’infestazione da varroa, le scorte per la famiglia e la covata sono sempre da tenere sotto controllo. Queste operazioni si protraggono spesso a lungo, e bisogna procedere al ritmo dell’arnia, che spesso non coincide con quello dell’apicoltore. Prendersi il giusto tempo è quindi molto importante. Si procede poi con la raccolta del polline nelle trappoline apposite, e si procede verso il prossimo apiario.
L’apicoltura è impegno, a volte anche più di quanto ci si aspetti…
Un aneddoto che ricordo sempre con piacere ed un pizzico di soddisfazione è stato quando abbiamo dovuto…. montare le catene in estate. È successo quando in agosto, dopo un forte acquazzone, il campo in cui stavamo controllando le arnie è diventato un acquitrino, e non riuscivamo a venirne fuori. Prima di affondare nel fango, abbiamo provato a montare le catene per avere più presa sulle ruote motrici, e con un po' di pazienza ne siamo venuti fuori… avevamo il fango fino alla testa, ma ce l’avevamo fatta!
Una triste notizia per Pioraco e per l’intero entroterra maceratese. Addio a Laila Svampa, si è spenta a 78 anni la padrona di casa della "Trattoria da Laila" presente nella "Piccola Svizzera delle Marche". Laila, lavorava in questa attività, prima situata nel centro storico, e poi spostata in seguito al sisma del 1997, in località Piè di Gualdo da circa 38 anni. Una cucina, la sua, sempre all’insegna della tradizione, ma allo stesso tempo con un pizzico di innovazione, grazie ai suoi splendidi piatti. A inizio anno la “Trattoria da Laila” ha inoltre rinnovato il proprio locale per migliorare il servizio a disposizione dei suoi tanti affezionati clienti.
“Perdiamo una grande figura, un punto di riferimento importante per Pioraco - ha detto con commozione il sindaco di Pioraco Matteo Cicconi -, per il territorio e per i tantissimi turisti che hanno sempre recensito con grandi qualità. È un profondo dolore anche a livello personale, per l’amicizia e la stima reciproca provata in questi anni di conoscenza. Con la sua 'Trattoria da Laila' ha portato in alto il nome di Pioraco. Resterà nella nostra memoria anche grazie a questa sua eredità culinaria che ci ha lasciato. Un forte abbraccio e condoglianze a tutta la famiglia, tutta la popolazione si stringe a questo dolore". Il funerale si terrà domani 4 marzo alle ore 15 presso la chiesa di San Vittorino di Pioraco.
L’Asd Gagliole C5 è una realtà molto ambiziosa presente nell’entroterra maceratese. La società rossoblù, da due anni, dopo aver creato la squadra Under 17, sta lavorando anche sui giovanissimi del territorio. La comunità è piccola, ma l’attenzione dal punto di vista educativo e sociale, è piuttosto alta. Lo sguardo dell’Asd Gagliole è pertanto rivolto ai futuri calcettisti. L’Under 17 del Gagliole è iscritta al campionato regionale di calcio a 5, i tesserati sono 20, di cui 2 ragazze. Dai dirigenti allo staff, tutti sono molto giovani; Alfonso Panella è l’allenatore della squadra, Gabriele Negroni è l’allenatore in seconda e preparatore dei portieri.
Aurora Piatanesi è la responsabile organizzativa del settore giovanile, queste le sue parole: “È davvero bello vedere ripopolarsi il centro sportivo di Gagliole, sono contenta del gruppo che siamo riusciti a creare in questi due anni. Siamo come una famiglia, c’è un legame profondo tra i calciatori, gli allenatori e le famiglie, è emozionante. Prima ancora che dal punto di vista tecnico, questi giovani stanno crescendo a livello umano, attraverso lo sport si creano relazioni che vanno oltre il gioco del calcio a cinque. Le sensazioni sono molteplici: la gioia di un gol, la tensione di una partita importante, la frustrazione di un errore, ma anche la soddisfazione di una crescita costante”.
Tanta la soddisfazione negli occhi di Aurora Piatanesi mentre parla dei suoi ragazzi: “Vederli impegnarsi, allenarsi con passione e determinazione, anche nei momenti di difficoltà, dà speranza per il futuro. L’aspetto più bello che si respira forse è proprio quello dell’entusiasmo che hanno. Ogni passo in avanti è come una vittoria, ciò ti gratifica. Il settore giovanile aiuta a costruire qualcosa di duraturo, è un percorso di crescita personale e collettivo al tempo stesso, che va oltre il campo. È stata una grande soddisfazione vedere i nostri giovani assistere alle partite casalinghe della prima squadra, il Gagliole per l’appunto è come una famiglia, si sta creando un forte legame”.
Festa grande a Pioraco, in località Piè di Gualdo: la palestra scolastica, fulcro della “Cittadella dello Sport”, torna aes sere pienamente fruibile. Quest'ultima è costata circa 1 milione di euro, in parte ottenuti mediante un finanziamento del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e in parte con i fondi dell’amministrazione comunale.
Il palazzetto dello sport, intitolato a Vito Onesta, per tutti “Giorgione”, scomparso a 65 anni nel 2017, va a inserirsi in un contesto che ha vissuto una vera e propria evoluzione in questi anni; attualmente è in grado di offrire servizi sportivi a 360°, per gli appassionati di qualunque sport. La palestra, dunque, rivede la luce tornando a disposizione degli studenti e dei cittadini, trattandosi di un impianto sicuramente centrale per una comunità come quella piorachese.
È stato lo stesso sindaco Matteo Cicconi a sottolinearlo: “Come iniziare al meglio questa giornata, se non con un inno allo sport, quale elemento per fare comunità, la nostra specialmente è stata distrutta anche dal terremoto del 2016. Auspichiamo che di queste giornate per Pioraco ce ne siano ancora delle altre”.
Da qualche anno un massiccio restyling sta interessando gli impianti sportivi di Pioraco e, pertanto, ora è possibile giocare a tennis, a padel, a bocce, a beach volley, a basket, a calcio e a calcetto. Si può inoltre svolgere ginnastica all’aperto, nell’area fitness, accanto al campetto di calcio A5.
Pubblico delle grandi occasioni presente al taglio del nastro insieme ai sindaci delle comunità limitrofe e al Corpo Bandistico “Alta Valle del Potenza” che ha allietato il pomeriggio. Sul palco, oltre al padrone di casa, il vice presidente del consiglio regionale Marche Gianluca Pasqui, il consigliere regionale Renzo Marinelli, il presidente della Provincia di Macerata Sandro Parcaroli, il presidente del CONI Marche Giovanni Battista Torresi ed il presidente del CUS Camerino Stefano Belardinelli che hanno evidenziato l’importante valore sociale dello sport anche per quanto concerne i cittadini dell’entroterra maceratese.
Cicconi ha conferito il riconoscimento di “Gambero d’Oro” all’imprenditore Claudio Cioli, il quale è stato inoltre premiato dall’assemblea legislativa, nella persona di Pasqui, con un quaderno simbolico delle Marche. Al termine della cerimonia inaugurale festa in maschera con ricco buffet a disposizione di tutti i presenti.
Giovanni Meschini è il titolare di Fattoria Colmone della Marca, unica azienda produttrice della Doc ‘I Terreni di San Severino Marche’, vino che ha avuto grandi riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale. La relazione del vino con la famiglia Meschini risale dagli anni ’60, quando Piero, il padre di Giovanni, appena sposato, era andato in Piemonte a lavorare come responsabile di un vigneto di Barolo e di Nebbiolo.
Giovanni, la conoscenza ti è stata trasmessa da tuo padre. Quali sono i valori che ti ha lasciato?
“Io sono nato lì, in Piemonte, tra i filari. Chiaramente questa regione era molti anni avanti in termini sia di gestione di vigneti che di lavorazione. A me piace definire la nostra cantina come una piccola realtà piemontese delocalizzata nelle Marche. Mio padre ha trasmesso alla nostra famiglia questa passione per il vino e ci ha trasferito i suoi valori: il rispetto della terra, la passione e la dedizione al vigneto per poter avere un prodotto di altissima qualità, poi da vinificare, in cantina”.
Come mai hai fatto questa scelta di vita, di proseguire in questo settore?
“Per me è stata una scelta coraggiosa perché ho lasciato molti anni fa, la Poltrona Frau, per dedicarmi alla cantina, e ho sempre vinificato dagli inizi degli anni 2000. La scelta di vita è stata facile perché il settore del vino è un mondo affascinante, ricco di creatività ma anche di tradizione, dà grandi soddisfazioni”.
Hai mai avuto dei dubbi?
“Dubbi? Ne ho avuti a volte, ma la scelta di proseguire poi è stata naturale, ormai sono più di 20 anni che portiamo avanti Fattoria Colmone e le Marche in tutto il mondo”.
Hai degli eredi a cui trasmettere l’impegno per questa attività di famiglia?
“Ho due figli maschi, il maggiore sta facendo carriera all’estero, e quindi è uno dei ‘cervelli’ che è andato a lavorare lontano dall’Italia, mentre il minore è ancora un po’ piccolo, ma ho speranza che possa proseguire la storia di famiglia nel vino. Diciamo che tutti e due i miei figli si sono inseriti nella cantina, aiutano quando ho bisogno e questo è motivo di grande orgoglio e soddisfazione. È un po’ quello che ci hanno insegnato i nostri genitori, abbiamo sempre lavorato fin da piccoli nel ristorante di famiglia ed io sto cercando di far lavorare loro nella cantina in modo che questa passione possa crescere anche nei miei ragazzi”.
Quale consiglio ti senti di dare ad un giovane che vorrebbe intraprendere questo percorso?
“Il consiglio che posso dare ad un giovane è di fare le cose con passione, nel rispetto delle tradizioni, ma tenendo sempre un occhio aperto e diretto all’innovazione perché comunque sono stati fatti grandi passi in avanti e la qualità del vino è migliorata tantissimo”.
San Severino Marche è tra i comuni colpiti dal sisma, quanto è stato difficile affrontarlo? Poi nel 2020 è arrivata anche la pandemia da Covid…
“In quel momento ero anche vice sindaco, mi ricordo che sono stati momenti durissimi, San Severino Marche è stato uno tra i comuni con il più alto numero di sfollati, abbiamo avuto l’aiuto della protezione civile e dei vigili del fuoco. Molto spesso per supportare la popolazione abbiamo cercato di farli sentire a casa, più che in missione. Questi volontari venivano invitati anche dalle famiglie e dai ristoranti, questo creava uno spirito di squadra molto forte. La pandemia è stata micidiale, svegliarsi un giorno, a fine febbraio… con dei rumors relativi a questo virus e poi, a marzo, mese in cui clienti di tutto il mondo hanno chiuso. Vivevamo in una grande incertezza, non c’era idea di cosa sarebbe potuto capitare, l’azienda comunque è riuscita a sopravvivere a momenti davvero duri, ora stiamo ricostruendo. In realtà anche il mercato internazionale ha subito delle grosse trasformazioni, molti importatori e distributori hanno sofferto i danni della pandemia e non ce l’hanno fatta, questo ha richiesto una ricostruzione dell’organizzazione commerciale in giro per il mondo anche per noi”
Qual è la specialità della Fattoria Colmone della Marca?
“La specialità di Fattoria Colmone è sicuramente la DOC, è la più piccola d’Italia, ‘I Terreni di San Severino Marche’ con la denominazione Moro che noi produciamo ormai dal 2006, con la quale abbiamo portato in giro per il mondo il nome delle Marche e del nostro comune. È una DOC unica per le caratteristiche che il Monte Pulciano acquisisce alle nostre altitudini, quindi ci rende unici nel nostro genere, da qui prende vita anche l’1,618. Ma un’altra delle caratteristiche, quella che forse all’inizio ci ha fatti diventare famosi nel mondo, è stata la vinificazione del bianco delle uve di San Giovese e Merlot che produciamo ormai da 20 anni. Sono delle vinificazioni molto particolari che sono state apprezzate in molti ristoranti stellati, dal Canada agli Stati Uniti fino al Giappone”.
Il tuo vino, il ‘1,618’ in edizione limitata, è finito sulle tavole del G20 a Roma, te l’aspettavi questo brillante traguardo? Puoi raccontarci questa esperienza? Perché questo nome?
“La storia dell’1,618 è bellissima. Mi fu detto ‘Perché non partecipi e non mandi i vini per il G20?’, io risposi ‘Ma dai, con tutte le cantine importanti è difficile che scelgano una realtà piccola come la nostra’ ed invece con grandissima sorpresa, ricevetti una telefonata ‘Guardate, il Dott. Cernilli, uno dei fondatori del Gambero Rosso, è considerato dunque uno dei grandi esperti del vino italiano, vi ha scelto, devi mettere il vino in macchina e portarlo senza fermarti mai a Roma. Una grande emozione. Ho saputo che il vino è stato molto apprezzato, talmente tanto che il sommelier del primo ministro, che a quel tempo, era Mario Draghi. Egli si era interessato al vino e a prenderlo in considerazione per tenerlo nelle cantine del primo ministro. Il numero è interessante perché 1,618 è il numero aureo, o proporzione divina, rappresenta l’armonia in natura. Le piramidi sono state costruite con questa ratio, così come il Partenone o l’Uomo Vitruviano di Dante, le galassie sono regolate da questa ratio, così come le spirali delle chiocciole o il rapporto tra ape maschio e ape femmina all’interno di un’arnia, è dunque un numero magico. Il più grande complimento che si può fare ad un vino è dire che è armonico”.
Oltre alle visite guidate, la tua famiglia punta anche su iniziative di carattere didattico culturale e ricreativo, come la vendemmia didattica, puoi parlarcene?
“Facciamo spesso visite guidate sia ai nostri clienti italiani che ai turisti, offriamo delle degustazioni, il posto è incantato, siamo in cima ad una delle più belle colline delle Marche, con una vista a 360° che lascia senza parole. Cerchiamo quindi di divulgare quello che facciamo, sicuramente le degustazioni sono il modo migliore per introdurre le persone alle caratteristiche ed ai dettagli che normalmente non riuscirebbero a percepire, almeno per la maggior parte degli enoappassionati. La vendemmia didattica invece è una novità, abbiamo appena aderito, sarà un’ulteriore opportunità per avere persone che possano comprendere meglio qual è la passione che ci anima e quanta cura mettiamo nella selezione dei nostri prodotti”.
Progetti in cantiere?
“Il vino offre la possibilità di esprimere la propria creatività, la nostra produzione è sotto molti punti di vista atipica, facciamo dei vini che quasi solo noi produciamo, o perlomeno la maggior parte di essi. L’ultimo nato è il Petit Vermut, un Vermut artigianale ottenuto dal nostro vino di Petit Verdot, ed abbiamo in cantiere un progetto per realizzare un metodo classico sempre ottenuto da Blanc De Noir, quindi da Petit Verdot, che in realtà non è altro che una vinificazione in bianco come fanno del resto con il Pinot Noir per lo Champagne”.
Elisa Orpello, 28 anni, è un'imprenditrice agricola dell’entroterra maceratese, la sua attività si divide tra Camerino e Pieve Torina. Il suo è un giovane esempio, di chi non lascia la sua terra, nonostante le difficoltà, ma anzi punta su di essa con decisione, per rivitalizzarla. Orpello è inoltre la delegata provinciale di Coldiretti Giovani impresa Macerata.
Elisa, nel 2018 hai fatto una scelta di vita, iniziando a lavorare nell’azienda agricola di famiglia. Nei paesi dell’entroterra stiamo assistendo ad un forte spopolamento, ancora di più dopo il sisma del 2016, la tua scelta dunque è stata in controtendenza. Come mai hai optato per la permanenza e per un conseguente investimento nel tuo territorio di origine?
"Proprio il terremoto mi ha fatto capire il forte legame che c’è tra me ed il mondo agricolo, in quanto ci siamo trovati costretti a restare, anche orgogliosamente, in questo territorio per curare e badare ai nostri animali. Da lì pian piano è maturata in me la decisione di aprire quel cassetto in cui tenevo chiuso il mio sogno per fargli prendere forma".
Puoi raccontarci di che cosa ti occupi in particolare?
"Insieme a mio padre ci siamo divisi bene i compiti, ognuno ha il suo ruolo ben definito. Io mi occupo principalmente dell’agriturismo e del punto vendita, mio padre invece dell’allevamento dei bovini, dei suini e dei molteplici lavori necessari in campagna. L’azienda infatti nasce come allevamento di bovini di razza marchigiana, linea vacca vitello in biologico, poi l’ho incrementata con l’allevamento di suini, con l’annesso locale di trasformazione e con il punto vendita. Ed in seguito ho aperto l’agriturismo".
Dal 2023 sei la nuova delegata di Giovani Impresa Macerata eletta dal movimento giovanile di Coldiretti. Come stai vivendo questa esperienza?
"In ottobre per la categoria ‘Campagna Amica’ sono stata premiata all’Oscar Green Coldiretti".
Lo scorso anno hai deciso ulteriormente di puntare sul territorio maceratese aprendo l’agriturismo ‘Raggio di Sole’. È un sogno realizzato? Ti sei prefissata degli obiettivi?
"Il progetto è stato incrementato dal terremoto, esso mi ha aperto un altro ramo imprenditoriale a cui non avevo pensato in precedenza, che è quello dell’agriturismo. Il ‘Raggio di Sole’ mira ad accogliere i turisti che vengono nelle Marche perché oltre a far apprezzare i bei territori di cui ne è ricca, e ad assaporare le nostre tradizioni, vuole dare l’opportunità di far conoscere il mondo agricolo anche a chi vive in città, il quale a volte non ha la fortuna di vivere la tranquillità e la lentezza del naturale ritmo. Vedo infatti che ad oggi molti dei clienti che hanno avuto l’opportunità di soggiornare nel nostro agriturismo hanno apprezzato soprattutto lo stretto contatto con il mio mondo".
Massimo Midei dopo aver gestito per 25 anni il bar ‘La Piazzetta’, cuore pulsante della comunità e luogo di aggregazione nel centro storico di Sefro, ha recentemente abbassato la saracinesca lasciando un profondo vuoto in tutti i cittadini, a due anni dalla chiusura di un’altra storica attività, il forno della famiglia Biordi.
Midei ha raccontato come iniziò la sua avventura in questo piccolo paese dell’entroterra maceratese: "Io abitavo a Santa Marinella, sono venuto a Sefro nel 1988, per una settimana, poi invece mi sono fermato una vita. Inizialmente ho preso un’attività tipo tabacchi davanti all’Hotel Ristorante Da Faustina, vendeva anche un po’ di giornali. Poi, il locale dove si trovava attualmente il bar ‘La Piazzetta’, venne ristrutturato. Negli anni ’90 dunque mi sono spostato lì, avevo sigarette, giornali e riviste. In seguito, ho pensato quindi di aprire anche il bar, era divenuta dunque un’attività completa. Nel 1995 l’ho venduta e questo nuovo proprietario c’è stato per 10 anni, in seguito l’ho ricomprata e nel 2006 l’ho riaperta, assestandola e l’ho chiusa domenica sera".
Il gestore del bar ha inoltre spiegato i motivi che l’hanno portato a chiuderlo: "Ho 64 anni, tra due anni andrò in pensione, ho provato a venderlo, ho aspettato anche un mese in più, ed invece nessuno l’ha voluto comprare. Mi dispiace, ho ridato indietro le mie licenze personali. Entro lunedì-martedì, chiudo la porta e consegno le chiavi. Qui non abbiamo i giovani - ha aggiunto - per esigenze varie, sono andati altrove. Purtroppo lo spopolamento sta colpendo soprattutto l’Appennino, le persone o vanno verso l’Adriatico o verso il Tirreno".
"Tutti sono sempre venuti al bar - ha detto con orgoglio Massimo Midei -, il più bel ricordo di questi anni è quello del paese. Questo è stato un bar dove abbiamo litigato, dove ci siamo divertiti, era un centro di aggregazione. Ho visto crescere tre generazioni, neonati di due mesi che oggi sono uomini e hanno moglie e figli. Facevo anche da asilo nido, i genitori mi lasciavano i bambini da guardare, da pronto soccorso, perché ero sempre reperibile e poi ritiravo i pacchi dei corrieri, arrivavano tutti da me. C’era vita, ora la piazza è vuota, non c’è una macchina né nessuno in giro, purtroppo è finita, è stata un’avventura".
Il proprietario del bar ‘La Piazzetta’ ha ricordato gli splendidi 25 anni di attività, per lui un divertimento: "Mio figlio Giorgio, nato nel 1992, l’ha cresciuto il paese, quelli erano anni d'oro, c'era molta più gente a Sefro. Ho sempre vissuto qui dentro al bar, mi è sempre piaciuto. Lo dico spesso a mia moglie, tra qualche anno potrei scrivere un libro su quante ne ho viste. Per me è stata un’esperienza di vita, ma oggi, negli ultimi tre anni in particolare, abbiamo perso parecchio come anche altri paesi limitrofi. Prima eravamo tutti una famiglia, un’unita comunità, erano altri tempi. A Sefro devi venire appositamente, non è di passaggio".