Meschini e i vini della Fattoria Colmone della Marca: "Vi racconto quando l' ‘1,618’ finì sulle tavole del G20”
Giovanni Meschini è il titolare di Fattoria Colmone della Marca, unica azienda produttrice della Doc ‘I Terreni di San Severino Marche’, vino che ha avuto grandi riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale. La relazione del vino con la famiglia Meschini risale dagli anni ’60, quando Piero, il padre di Giovanni, appena sposato, era andato in Piemonte a lavorare come responsabile di un vigneto di Barolo e di Nebbiolo.
Giovanni, la conoscenza ti è stata trasmessa da tuo padre. Quali sono i valori che ti ha lasciato?
“Io sono nato lì, in Piemonte, tra i filari. Chiaramente questa regione era molti anni avanti in termini sia di gestione di vigneti che di lavorazione. A me piace definire la nostra cantina come una piccola realtà piemontese delocalizzata nelle Marche. Mio padre ha trasmesso alla nostra famiglia questa passione per il vino e ci ha trasferito i suoi valori: il rispetto della terra, la passione e la dedizione al vigneto per poter avere un prodotto di altissima qualità, poi da vinificare, in cantina”.
Come mai hai fatto questa scelta di vita, di proseguire in questo settore?
“Per me è stata una scelta coraggiosa perché ho lasciato molti anni fa, la Poltrona Frau, per dedicarmi alla cantina, e ho sempre vinificato dagli inizi degli anni 2000. La scelta di vita è stata facile perché il settore del vino è un mondo affascinante, ricco di creatività ma anche di tradizione, dà grandi soddisfazioni”.
Hai mai avuto dei dubbi?
“Dubbi? Ne ho avuti a volte, ma la scelta di proseguire poi è stata naturale, ormai sono più di 20 anni che portiamo avanti Fattoria Colmone e le Marche in tutto il mondo”.
Hai degli eredi a cui trasmettere l’impegno per questa attività di famiglia?
“Ho due figli maschi, il maggiore sta facendo carriera all’estero, e quindi è uno dei ‘cervelli’ che è andato a lavorare lontano dall’Italia, mentre il minore è ancora un po’ piccolo, ma ho speranza che possa proseguire la storia di famiglia nel vino. Diciamo che tutti e due i miei figli si sono inseriti nella cantina, aiutano quando ho bisogno e questo è motivo di grande orgoglio e soddisfazione. È un po’ quello che ci hanno insegnato i nostri genitori, abbiamo sempre lavorato fin da piccoli nel ristorante di famiglia ed io sto cercando di far lavorare loro nella cantina in modo che questa passione possa crescere anche nei miei ragazzi”.
Quale consiglio ti senti di dare ad un giovane che vorrebbe intraprendere questo percorso?
“Il consiglio che posso dare ad un giovane è di fare le cose con passione, nel rispetto delle tradizioni, ma tenendo sempre un occhio aperto e diretto all’innovazione perché comunque sono stati fatti grandi passi in avanti e la qualità del vino è migliorata tantissimo”.
San Severino Marche è tra i comuni colpiti dal sisma, quanto è stato difficile affrontarlo? Poi nel 2020 è arrivata anche la pandemia da Covid…
“In quel momento ero anche vice sindaco, mi ricordo che sono stati momenti durissimi, San Severino Marche è stato uno tra i comuni con il più alto numero di sfollati, abbiamo avuto l’aiuto della protezione civile e dei vigili del fuoco. Molto spesso per supportare la popolazione abbiamo cercato di farli sentire a casa, più che in missione. Questi volontari venivano invitati anche dalle famiglie e dai ristoranti, questo creava uno spirito di squadra molto forte. La pandemia è stata micidiale, svegliarsi un giorno, a fine febbraio… con dei rumors relativi a questo virus e poi, a marzo, mese in cui clienti di tutto il mondo hanno chiuso. Vivevamo in una grande incertezza, non c’era idea di cosa sarebbe potuto capitare, l’azienda comunque è riuscita a sopravvivere a momenti davvero duri, ora stiamo ricostruendo. In realtà anche il mercato internazionale ha subito delle grosse trasformazioni, molti importatori e distributori hanno sofferto i danni della pandemia e non ce l’hanno fatta, questo ha richiesto una ricostruzione dell’organizzazione commerciale in giro per il mondo anche per noi”
Qual è la specialità della Fattoria Colmone della Marca?
“La specialità di Fattoria Colmone è sicuramente la DOC, è la più piccola d’Italia, ‘I Terreni di San Severino Marche’ con la denominazione Moro che noi produciamo ormai dal 2006, con la quale abbiamo portato in giro per il mondo il nome delle Marche e del nostro comune. È una DOC unica per le caratteristiche che il Monte Pulciano acquisisce alle nostre altitudini, quindi ci rende unici nel nostro genere, da qui prende vita anche l’1,618. Ma un’altra delle caratteristiche, quella che forse all’inizio ci ha fatti diventare famosi nel mondo, è stata la vinificazione del bianco delle uve di San Giovese e Merlot che produciamo ormai da 20 anni. Sono delle vinificazioni molto particolari che sono state apprezzate in molti ristoranti stellati, dal Canada agli Stati Uniti fino al Giappone”.
Il tuo vino, il ‘1,618’ in edizione limitata, è finito sulle tavole del G20 a Roma, te l’aspettavi questo brillante traguardo? Puoi raccontarci questa esperienza? Perché questo nome?
“La storia dell’1,618 è bellissima. Mi fu detto ‘Perché non partecipi e non mandi i vini per il G20?’, io risposi ‘Ma dai, con tutte le cantine importanti è difficile che scelgano una realtà piccola come la nostra’ ed invece con grandissima sorpresa, ricevetti una telefonata ‘Guardate, il Dott. Cernilli, uno dei fondatori del Gambero Rosso, è considerato dunque uno dei grandi esperti del vino italiano, vi ha scelto, devi mettere il vino in macchina e portarlo senza fermarti mai a Roma. Una grande emozione. Ho saputo che il vino è stato molto apprezzato, talmente tanto che il sommelier del primo ministro, che a quel tempo, era Mario Draghi. Egli si era interessato al vino e a prenderlo in considerazione per tenerlo nelle cantine del primo ministro. Il numero è interessante perché 1,618 è il numero aureo, o proporzione divina, rappresenta l’armonia in natura. Le piramidi sono state costruite con questa ratio, così come il Partenone o l’Uomo Vitruviano di Dante, le galassie sono regolate da questa ratio, così come le spirali delle chiocciole o il rapporto tra ape maschio e ape femmina all’interno di un’arnia, è dunque un numero magico. Il più grande complimento che si può fare ad un vino è dire che è armonico”.
Oltre alle visite guidate, la tua famiglia punta anche su iniziative di carattere didattico culturale e ricreativo, come la vendemmia didattica, puoi parlarcene?
“Facciamo spesso visite guidate sia ai nostri clienti italiani che ai turisti, offriamo delle degustazioni, il posto è incantato, siamo in cima ad una delle più belle colline delle Marche, con una vista a 360° che lascia senza parole. Cerchiamo quindi di divulgare quello che facciamo, sicuramente le degustazioni sono il modo migliore per introdurre le persone alle caratteristiche ed ai dettagli che normalmente non riuscirebbero a percepire, almeno per la maggior parte degli enoappassionati. La vendemmia didattica invece è una novità, abbiamo appena aderito, sarà un’ulteriore opportunità per avere persone che possano comprendere meglio qual è la passione che ci anima e quanta cura mettiamo nella selezione dei nostri prodotti”.
Progetti in cantiere?
“Il vino offre la possibilità di esprimere la propria creatività, la nostra produzione è sotto molti punti di vista atipica, facciamo dei vini che quasi solo noi produciamo, o perlomeno la maggior parte di essi. L’ultimo nato è il Petit Vermut, un Vermut artigianale ottenuto dal nostro vino di Petit Verdot, ed abbiamo in cantiere un progetto per realizzare un metodo classico sempre ottenuto da Blanc De Noir, quindi da Petit Verdot, che in realtà non è altro che una vinificazione in bianco come fanno del resto con il Pinot Noir per lo Champagne”.
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