Prima le scosse di terremoto, poi il fallimento dell’azienda dove lavoravano. Un uno-due micidiale al volto di circa 150 dipendenti della Tombolini. Ma se ad assestare il primo colpo è stata la natura, sul secondo pesa, come un macigno, la responsabilità dell’uomo e della burocrazia. Un cocktail esiziale che ha costretto 150 lavoratori a marciare contro il tribunale (un tempo luogo di giustizia) e contro l’istituto di previdenza sociale.È stato infatti l’INPS a presentare istanza di fallimento contro la Tombolini verso cui vantava crediti di centinaia di migliaia di euro. Il tribunale, accogliendo l’istanza, ha dichiarato il fallimento, mettendo in mezzo ad una strada quasi 150 dipendenti, per la maggior parte donne. L’interesse meritevole di tutela, dunque, è stato il credito dell’istituto e non (l’evangelico) pane quotidiano. Un pane, peraltro reso duro e pure insudiciato dalla polvere e dal fango prodotti dal crollo di solai o tramezzi delle case di queste - doppiamente - sfortunate lavoratrici.Con loro, ed in prima fila i sindaci interessati: Ornella Formica di Colmurano e Paolo Giubileo di Urbisaglia.Una vicenda diventata ormai simbolo di massima ingiustizia (fatti salvi i cavilli propri del latinorum dei giuristi) che grida ovunque vendetta, ma che giorno dopo giorno, si sta spegnendo sotto la somma, colpevole indifferenza di tutte le istituzioni pubbliche. Anche di quelle più alte. Pure ieri la vicenda è stata rappresentata in tutta la sua paradossale drammaticità al premier Renzi, ma niente.Colposamente latitante appare la Regione Marche che avrebbe dovuto intervenire anche suggerendo un provvedimento ad hoc, in sede di conversione del decreto sul terremoto. Invocando, casomai ve ne fosse stato bisogno, perfino il primo articolo della Costituzione a protezione e tutela dei lavoratori terremotati. Invece silenzio.Un silenzio pesante che la dice lunga sul reale interesse della politica per le complicate vicende dell’entroterra.Ad onor del vero, l’unica che sembra aver preso a cuore la situazione delle tantissime operaie è l’Onorevole Irene Manzi, ma abbiamo la sensazione che, come nel caso del cementificio di Castelraimondo, sia stata ancora una volta, lasciata dolosamente sola.È giunto il momento che la politica regionale, piuttosto che balbettare stantii slogan - come continua inutilmente a fare da troppo tempo il governatore Ceriscioli - si muova e lo faccia in fretta.È stucchevole e fuori luogo celebrare nelle calde stanze del Consiglio Regionale pompose giornate contro la violenza sulle donne con tanto di interviste, aperitivi e stuzzichini, quando dopo solo ventiquattro ore, a pochi chilometri da Ancona, ci sono donne che piangono disperate perché la giurisprudenza toglie loro e all'improvviso il pane di bocca. Se i politici regionali non lo hanno ancora capito, è ora che qualcuno, prima o poi glielo dica. Qui in montagna si combatte ogni giorno per guadagnarsi da mangiare. Dei party celebrativi che organizzate in Ancona, francamente, non sappiamo che farcene.Se la politica ha ancora un senso, un ruolo ed una funzione, faccia sentire la sua voce forte e chiara una volta per tutte: in deroga ai cavilli, ma in sintonia con il buon senso, con la doverosa solidarietà alle tante lavoratrici – già piegate dalle scosse di terremoto – faccia in modo che possano al più presto tornare in fabbrica per portare a casa, ai loro figli, il meritato pane quotidiano.Tutto il resto, oltre che incomprensibile, fa rabbrividire…
Questa qui è una brutta vicenda che vede come protagonisti Riccardo Milani, un ragazzo di 32 anni di Pievetorina ed un farabutto qualsiasi, sicuramente italiano, ma di chissà dove.Riccardo ha 32 anni, un anno fa ha perso il lavoro e, giusto un mese fa, con il terremoto, pure la casa. I suoi, per dire, stanno ancora pagando il mutuo del sisma del 1997.Però non si rassegna a trasferirsi giù al mare come hanno fatto tanti suoi conterranei. Adesso è impegnato con il gruppo di protezione civile, quindi ha qualche animale domestico da cui non si vuol separare. Eppoi le case, da queste parti, si cominciano a trovare solo da Tolentino in giù. Per giunta a prezzi proibitivi.Riccardo cerca allora una roulotte su quei siti specializzati in annunci di vendite. Ha sentito dire che i modenesi (vittime pure loro qualche anno fa del sisma) sono particolarmente solidali con i terremotati ed allora si mette in cerca da quelle parti.Qualche canaglia deve avere avuto la sua stessa idea e ne ha approfittato per imbastirci sopra una truffa.Riccardo ed il truffatore si sentono per telefono, si scambiano opinioni, concordano il prezzo. Il ragazzo riceve pure sul cellulare le foto degli interni della roulotte. Sono in quattro in famiglia e c’è posto per tutti.Il prezzo, per le ottime condizioni e per un mezzo del 2011 è di favore: cinquemila euro. Addirittura il furfante si offre di portare la roulotte fino a Senigallia.Una volta che si sono accordati sul prezzo, cominciano a capitare imprevisti: la moglie del furfante ha qualche problema di salute e bisogna rinviare di un giorno. Il giorno successivo c’è un altro imprevisto. Poi ne capita un altro. Da martedì fino a sabato è un fiorire di complicazioni. Nel frattempo Riccardo ha effettuato il suo pagamento attraverso una post – pay.Sabato sera poi, il truffatore stacca il telefono definitivamente e di lui si perde ogni traccia.Io a Riccardo lo avevo conosciuto tempo fa a Pievetorina. Ci avevo parlato un po', mi raccontava della sua situazione e della volontà di restare lì. Perché quello - diceva - era il suo paese e non voleva andarsene. Allora dormiva in tenda e faceva già freddo.Ieri l’ho rivisto davanti alla caserma dei Carabinieri di Castelraimodo. Stava per fare la denuncia. Era tutto imbacuccato, col giubbotto giallo fluo della protezione civile. Mi ha raccontato quello che gli è successo. Di come non abbia ancora per dormire e in più sia senza il becco di un quattrino.Volevo chiedergli come ci fosse cascato così ingenuamente, ma mi ha fermato subito e mi ha detto: “Lo so che sono stato un cretino, che non dovevo fidarmi ciecamente. Però pensi che, in questi casi, nessuno si approfitterebbe di un terremotato. E poi quando hai bisogno, dopo mesi di stanchezza e di vita precaria non ci stai più nemmeno tanto con la testa. Ti fidi e ti affidi…”Non ho avuto la forza di chiedergli più niente. Ci siamo solo stretti forte la mano per un altro arrivederci. Era buio, pioveva fitto e faceva un gran freddo. Lui avrebbe compilato il suo verbale e poi sarebbe tornato di nuovo a dormire in tenda. Col freddo e all’umidità.Il suo sogno di una roulotte, ha incrociato i disegni criminali di un dannato figlio di puttana che adesso vorrei volentieri avere tra le mani per una buona mezz’oretta…
Sono tante le persone che sto conoscendo e tante le cose che ho visto nei giorni trascorsi con la gente nei luoghi disastrati. Un’umanità composita, ma ricchissima di storie. Piccole, magari apparentemente insignificanti, in condizioni normali. Ma che assumono un valore straordinario ed inestimabile in situazioni particolari come questa del terremoto. Storie che, vivendole in prima persona, ti entrano dentro la carne viva. Ti accompagnano, di ritorno in macchina, nell’ormai sbiadita luce della sera e ti inducono a riflettere su di un sacco di cose.Quella che sto per raccontare è una di queste ed è capitata proprio l’altro giorno a Castelsantangelo. Siamo lì già dal mattino presto perché vorremmo vedere e documentare le condizioni della strada che sale fino al valico e quindi condurre a Castelluccio. Chiediamo ai vigili e pazientemente aspettiamo che il nostro “angelo custode” ci prenda in consegna, come ogni volta, per accompagnarci in quella zona rossa. Incontriamo pure i geologi della Sapienza, immersi fino alla vita nelle acque del Nera. Ci salutiamo, lei mi fai i complimenti per il pezzo dell’altra volta (stavolta si lasciano fotografare), quindi vado a “molestare” i tecnici della regione appena dieci metri più in alto, intenti nella stessa operazione.I vigili del fuoco ci danno appuntamento per le 14.30. Con puntualità svizzera siamo lì all’orario convenuto, ma la sorpresa e l’amarezza prendono subito il sopravvento. Con il cambio turno, sono cambiate pure le modalità. Insomma per oggi salta tutto. Imbarazzati i vigili del fuoco ci dicono che c’è un recupero oggetti nella parte alta del paese e se i proprietari ci autorizzano possiamo assistere. Partiamo dal campo base con tre mezzi: noi con i vigili del fuoco e loro in automobile. Un loro conoscente ha portato pure un furgone per portare via gli oggetti più grandi. La strada più breve è impraticabile per pericolo di crolli, quindi occorre passare dalla frazione di Nocria. Al volante della campagnola c’è Claudio di Pistoia, nemmeno trent’anni, al suo fianco Tomislav di Prato, solo un paio di anni di meno. Saliamo su per la strada, di qua e di là i grossi massi caduti dalla montagna ci costringono ad una specie di gimkana. In alto svetta il Monastero di san Liberatore, completamente inagibile. Da nemmeno troppo lontano da dove ci fermiamo, possiamo vedere un notevole crollo del muro di cinta. Poi parte la processione silenziosa verso la casa, e guidata dai vigili del fuoco. I proprietari sono lì per la prima volta e non sanno, se non dai racconti di qualche amico, come è conciata la loro abitazione. Sono marito e moglie piuttosto anziani, c’è la loro figlia con il marito ed il loro figlio quindicenne. Tre generazioni che camminano sull’erba bagnata, scavalcano recinti e scansano pietre per poter recuperare qualche bene. Noi restiamo indietro in disparte. Una secca svolta a sinistra e ci appaiono due abitazioni costruite in aderenza. Alla prima è crollato interamente il tetto. Il crollo ha provocato danni pure alla seconda casa. Ma la seconda casa – che sarebbe poi quella dei signori – è completamente sventrata. Praticamente manca la facciata davanti. Si vede il letto ed il pavimento sottostante è visibilmente pericolante. Aspettiamo dai vigili l’ordine di dietro front. In queste condizioni già sostare nei pressi dell’edificio può essere pericoloso. La signora anziana ha i capelli biondi ed indossa un piumino imbottito beige. Dice che a lei interessano solo due fichi di alabastro. Sono un ricordo importante. Ha la voce rotta e quando comincia a raccontare quello che per lei rappresentano, si commuove. C’è un silenzio pesante, la tensione emotiva, si taglia con il coltello. Ci guardiamo negli occhi con i vigili del fuoco, poi Claudio di Pistoia ci fa un cenno come a dire: “aspettate” ed in un balzo è dentro al primo piano. È un susseguirsi di sguardi, espressioni, volti che non pronunciano una sillaba. Abbiamo tutti netta la sensazione che pure il suono di una parola potrebbe far crollare da un momento all’altro tutto l’edificio. Solo il click della macchina fotografica rompe, ogni tanto, quel surreale silenzio che ci ha stretto a tutti un nodo alla gola.Quindi Claudio esce e si dirige verso Tomislav. Parlottano tra di loro poi, assieme e contemporaneamente, scompaiono dentro quel buco nero che li ingoia.Si sentono rumori, i passi degli scarponi rimbombano. Ecco Tomislav con un comodino. Esce impolverato, cammina tra le pietre e lo appoggia sul giardino. Rientra dentro, chiede alla signora dove deve andare. Nell’armadietto che gli è stato indicato non trova niente. Però – dice – è caduto ed il contenuto potrebbe stare per terra. Claudio è salito al secondo piano. Cerca un album fotografico con un portamatite. Entrambi degli inizi del secolo scorso. Sta bene attento a non appoggiarsi sul pavimento. Da fuori si vede tutto. E sappiamo che se dovesse venire anche una piccola scossa, per quei due ragazzi potrebbe essere fatale.Le scosse nel silenzio delle zone rosse fanno paura. Sono un colpo secco che vibra, più o meno lungo. Poi ti paralizzi per un po’ come un cane da caccia. Aspetti di sentire un rumore di ciottoli che cadono e l’odore di polvere di pietra. Per esorcizzare la paura, riprendi a camminare e ci fai qualche battuta sopra. Loro due però stanno ancora dentro, accidenti... E pensi che dovrebbero starci il meno possibile. E allora mandi al diavolo le regole, le direttive impartite, le disposizioni di sicurezza da rispettare. Ci guardiamo negli occhi con il ragazzo del furgone e ci mettiamo pure noi a lavorare. Un passamano veloce e silenzioso. Con i vigili che ci ordinano di allontanarci, mentre continuano a passarci sedie e scatole di plastica.Infine eccolo Tomislav con i due fichi di alabastro. Claudio, di sopra ha trovato pure l’album fotografico e la scatola di legno. Escono tutti impolverati, ma sorridono.La signora si lancia al collo di Tomislav per abbracciarlo in un pianto dirotto. Tutti guardano altrove, si sentono solo i singhiozzi ed il tirare su con il naso. Fa freddo e cielo è coperto da una leggera foschia.Poi la signora prende l’album fotografico. È uno di quelli vecchi con la copertina di pelle e le pagine nere. “Questo è il primo proprietario di questa casa – ci dice, indicando la prima foto, adesso che si è pure calmata un po' – questo è il secondo e quindi il terzo che è mio padre. I fichi di alabastro sono il ricordo di mio bisnonno per l’acquisto di questa casa ed io sentivo il dovere di trasmettere questi oggetti a quelli che vengono dopo di me.” Il nipote gironzola lì attorno e, da quell’altezza forse ignaro di tutto, guarda il panorama di sotto di un paese devastato dalle scosse di terremoto. Sua madre raccoglie una pietra dalle macerie e se la mette in borsa. Strappo un ramo di rosmarino piantato proprio vicino alle mura castellane crollate e le dico che potrebbe piantarlo a Roma e riportalo qui il giorno che avrà riparata la casa. Mi sorride e mi dice che forse il rosmarino non attecchisce una volta strappato dalla terra.Le rispondo che se anche non è vero, ci deve credere: qui oggi, grazie a Caudio di Pistoia e Tomislav di Prato ho visto il passato diventare futuro. La speranza va coltivata. A volte ne vale la pena...
Sembra che la crisi sismica, iniziata il 24 agosto e tuttora in corso, abbia interessato oltre mille chilometri quadrati. Le elaborazioni effettuate dal CNR-IREA, utilizzando la tecnica dell’interferometria radar differenziale hanno rilevato, in tutta la sua estensione (circa 1100 chilometri quadrati), il campo di deformazione originato dal terremoto. Ripeto: mille e cento chilometri quadrati di Italia centrale deformati dai numerosissimi terremoti di diversa intensità.In questa porzione di Italia vi sono paesi interamente disastrati (quelli nell’epicentro) e città – anche a distanza di decine e decine di chilometri - con edifici seriamente compromessi o lesionati. A fronte di questa catastrofe naturale unica nel suo genere, per modalità e sviluppo, almeno nel corso degli ultimi tre secoli, i tecnici autorizzati e legittimati a compilare le verifiche AEDES sono appena seimila unità. Un numero irrisorio rispetto al territorio interessato e alla gran mole di lavoro che si prevede.Senza la valutazione attraverso la scheda AEDES, non si può effettuare nessun intervento. Dalla compilazione dell’intero quadro di insieme dipende non solo la qualità della ricostruzione (che dovrà tenere conto di un adeguato miglioramento sismico di tutti gli edifici), ma soprattutto della rapidità nel ricostruire praticamente il cuore del centro Italia.Seimila tecnici a verificare più di 1100 chilometri quadrati, percorrendo valli impervie con una viabilità ridotta al minimo è, più o meno, come se volessimo fare guerra alla Cina di due miliardi di abitanti.Pare che la Regione Marche, considerata la palese gravità della, peraltro lampante situazione, abbia proposto alla Protezione Civile Nazionale una eccezionale “infornata” di tecnici che possano, in poco tempo acquisire queste competenze, attraverso i corsi professionali che attestino l’abilitazione AEDES. Lo farebbero casomai, in collaborazione con gli ordini professionali e con l’Università Politecnica di Ancona. Il corso è di più o meno sessanta ore e sono organizzati dalla Protezione Civile di Roma. Stando però ad affidabili indiscrezioni, pare che la Protezione Civile Nazionale sia decisamente contraria a questa eventualità. Eventualità, lo ripeto fino alla noia, che velocizzerebbe di moltissimo le verifiche, quindi la ricostruzione. Mi risulta inoltre che su questo tema si stia concretizzando una trattativa sotterranea tra le parti: Protezione Civile e organi dello Stato. Una eventuale prova di quella che, secondo me, è una vera e propria contrapposizione, l’ho avuta nella riunione con tutti gli amministratori dell’altro giorno a Tolentino. Gli uomini di Fabrizio Curcio sono usciti per ultimi e tutti assieme come a voler dimostrare, all’esterno, tutta la loro compattezza.Avendo avuto nel passato esperienza di pubblico amministratore, so benissimo che andare a mettere becco nei corsi di formazione professionale altrui è sconsigliato, oltre che pericolosissimo.Dove c’è formazione professionale girano quattrini, benefit e prebende. Sono, per la maggior parte, gestiti da un Olimpo ristretto e chiuso, la rendicontazione, se arriva, lo fa sempre dopo qualche lustro. Questo in linea di massima ed in condizioni di ordinaria amministrazione.Qui stiamo parlando invece, casomai qualcuno non lo avesse ancora capito, di una situazione di straordinaria ed inedita gravità. Mi auguro che le voci che ho raccolto, benché plurime ed autorevoli, si rivelino del tutto infondate.Tuttavia come giornale, così come abbiamo fatto per altre notizie allarmistiche che montavano sul web (come ad esempio il credito di imposta), sarà nostra premura – non appena ne avremmo l’occasione – di contattare il diretto interessato, cioè il capo dipartimento Fabrizio Curcio – e chiedergli personalmente conto della situazione e del suo pensiero in proposito.
Il commissario straordinario per la ricostruzione Vasco Errani ha incontrato questo pomeriggio all'Hotel 77 di Tolentino i sindaci e gli amministratori della provincia di Macerata per illustrare il decreto. Siamo riusciti a scambiare alcune battute con Errani al termine della lunga riunione, soprattutto per fare chiarezza in merito a una questione sulla quale in questi giorni si sta creando molta confusione: il credito d'imposta utile al pagamento dei lavori per la ricostruzione."E' stata una riunione molto importante e anche positiva. Stiamo avviando la ricostruzione, gestendo ancora l'assistenza. Tuttavia" ha sottolineato Errani "stiamo già impostando la ricostruzione: le scuole, le imprese, e cominceremo anche con le abitazioni e i danni lievi.Il credito d'imposta è uno strumento relativo ai rapporti fra Ministero dell'Economia, Cassa depositi e prestiti, Agenzia delle Entrate: un cittadino terremotato, danneggiato, presenta il progetto attraverso il professionista e l'impresa che deve essere iscritta alle white list e deve avere l'approvazione dell'Ufficio Ricostruzione. Dopo di che va in banca e la banca pagherà il saldo all'impresa che costruisce. Il cittadino non deve fare null'altro: tutto in bianco e in maniera assolutamente trasparente.E' chiaro che per valutare i lavori stiamo costruendo un nuovo prezziario che fa la sintesi dei diversi territori, perchè come sapete il terremoto riguarda quattro regioni".
Confesso che la prima volta che ho preso, dopo il sisma di quella maledetta domenica mattina, la strada che da Visso porta a Castelsantangelo sul Nera ho avuto paura. Già dopo la troticoltura, di qua e di là del nastro d'asfalto si vedevano dei massi che erano caduti dalla montagna sovrastante. Poi, man mano che salivo il numero e le dimensioni delle grosse pietre diventava impressionante. Finché, ad un certo punto non ho visto una frana spaventosa. Era venuto giù un intero pezzo di montagna.(Renzo Marianelli) Lo stesso spettacolo si riproponeva nelle valli strette: ad Ussita, a Pioraco, sulla Valnerina addirittura una enorme frana ha deviato il corso del fiume costringendo le autorità a chiudere la principale strada di collegamento. Sassi, pietre, detriti di ogni genere, massi enormi o semplicemente pezzi di fango e terra che, all'improvviso si staccano e precipitano a valle, dopo un volo di decine e decine di metri. Lasciando spesso delle cicatrici indelebili sull'asfalto, così come le granate lasciano piccole buche o scalfitture sul selciato dove esplodono.(Giancarlo Guglielmi)Il terremoto non ha solo distrutto abitazioni, spaccato la terra, innalzato corsi d'acqua o abbassato il livello di piccoli paesi dell'entroterra. Ha pure modificato equilibri statici che rendevano sin qui sicuri, quei paesaggi fatti di scogli e pietre. Lo scuotimento energico, lungo e continuo delle montagne ha messo seriamente a rischio quell'equilibrio, apparentemente precario, che ci dava il senso di rassicurante immobilità. Adesso tutto ci sembra più insicuro ed instabile. Quindi pericoloso. Spesso ci capita di guardare in alto ed avere come la sensazione che quella grossa roccia non sia più al proprio posto e che, da un momento all'altro, possa precipitare sulle nostre teste e creare ulteriore distruzione. Mentre i Vigili del Fuoco sono impegnati in operazioni di messa in sicurezza e di recupero di materiali dalle abitazioni, c'è un altro corpo di volontari che si occupa di controllare lo stato delle nostre montagne ed in particolare della sicurezza delle valli. Si tratta del corpo del Soccorso Alpino. Una onlus che tra le sue finalità ha il soccorso in ambiente impervio, la prevenzione ed il monitoraggio e la vigilanza sul territorio.(Massimo Ilari)Mettiamola più o meno così e diciamo che in tempo di pace, questi ragazzi lavorano a stretto contatto con il 118 e talvolta traggono in salvo incauti escursionisti che restano isolati tra una slavina e l'altra. Spesso calandosi dagli elicotteri o scendendo in strapiombo, in parete, su una corda doppia. In tempo di terremoto la Regione Marche ha affidato loro un compito particolarmente delicato, ma importantissimo: verificare, dopo le scosse, la sicurezza di interi centri abitati, strade ed infine sentieri dal pericolo di caduta massi. Li seguiamo in azione a Bolognola perché devono verificare la sicura percorribilità della strada che da Fiastra conduce a Bolognola e poi del sentiero che porta alla valle del Fiastrone. Ci diamo appuntamento alle 14,30 a Bolognola, ma siccome hanno dovuto effettuare un intervento di emergenza a Pioraco, con delle reti di contenimento massi che stavamo per tracimare, portano del ritardo. Poi arrivano a bordo del fuoristrada giallo fluorescente. Sono in tre, ma hanno con loro una valigetta preziosissima. Dentro c'è un drone bianco dalle dimensioni di 40 X 40 cm. Loro sono Renzo Marianelli, Massimo Ilari e Giancarlo Guglielmi. Ci spiegano la conformazione delle rocce. Qui è tutto materiale friabile, dicono. In effetti siamo in presenza di un ghiaione enorme con pietre di tutte le dimensioni e quella che appare come roccia saldamente attaccata alla parete, in realtà è un multistrato che potrebbe sbriciolarsi da un momento all'altro. Alle nostre spalle Pizzo tre Vescovi è imbiancato ed il sole che lo sta per accarezzare nel suo tramonto, fa lo stesso effetto di un evidenziatore arancione su di una cartolina da settimana bianca. Renzo inforca il binocolo e da lontano si gode qualche piccola slavina che viene giu a due passi dal rifugio del Fargno; Massimo, munito di una consolle a tracolla, armeggia con il drone e Giancarlo ci spiega dettagliatamente tutta l'operazione. Una volta lanciato, il drone registra un filmato di tutto quello che c'è sotto di lui. Massimo, con gli occhi incollati al tablet, vede lo stato dei massi o dei detriti che eventualmente si sono mossi. Ogni tanto, oltre dalla registrazione video, ferma il drone e scatta una fotografia. Dice che le foto permettono una fedeltà migliore nella visione. Addirittura, ingrandendo, ingrandendo, sono riusciti a vedere e distinguere perfettamente un alveare. Il drone si alza e, in effetti, per il rumore mi rimanda ad uno sciame d'api. Poi, benché col naso all'insù, lo perdo di vista. Allora mi metto a sbirciare nel tablet al centro dei due joystick con cui si manovra il drone. Mi sembra di stare dentro una carta topografica di quelle a colori dell'IGM. Canaloni, balze e forre viste incredibilmente da vicino. Il bianco latte su di uno scoglio risalta in maniera sospetta rispetto a tutto il grigio circostante.C'è qualche fessurazione dice Massimo. Cioè? Cioè si è staccato qualche masso ed ha "scaricato" nel canalone. Quindi chiedo io? Mi rispondono che il loro compito è quello di registrare tutto e di sottoporre tutti i video ai geologi della Regione Marche. I quali, a loro volta, prenderanno eventuali provvedimenti di messa in sicurezza. Oppure chiederanno ancora al Soccorso Alpino un supplemento di indagine, stavolta direttamente sul posto e di persona. Dipende dalle circostanze. Sta calando la sera e per oggi il controllo delle montagne è finito. Gli ex alpini della val Dobbiadene ci aspettano nel tendone piantato nella piazzetta di Bolognola. Dice che hanno un prosecco fantastico. Per dovere di cronaca non posso perdermelo. Alla prossima. Facciamo quando mi sarà passato il mal di testa...
Pensi al Contram e la mente va a quei grossi pullman che incontri ogni giorno per strada, carichi di studenti o di pendolari che viaggiano avanti e indietro dalla montagna verso il mare e viceversa. Oggi, quando si pensa a Contram il discorso è molto più ampio. A seguito dell'emergenza terremoto, la sede di Contram è diventata il cuore pulsante di Camerino, il punto dove tutti i cittadini vanno a chiedere informazioni, dove sono stati allestiti ambulatori medici e prima accoglienza. Gli autisti di Contram sono allo stesso momento lavoratori infaticabili e psicologi pronti a dare una parola di conforto a gente disperata. I meccanici di Contram lavorano non più solo per i mezzi dell'azienda ma anche per quelli di soccorso di pompieri, protezione civile e carabinieri che hanno avuto problemi. Dentro l'Ufficio Movimento c'è gente che non dorme da giorni, costretta a gestire un'emergenza tanto improvvisa quanto difficile, con orari e coincidenze da far combaciare ogni santo giorno. Così, con un Cicerone d'eccezione come Marco Moscatelli, proviamo a capire come funziona questa azienda, la cui opera risulta fondamentale in giorni tanto difficili.La prima tappa è d'obbligo presso l'ufficio di Stefano Belardinelli, il presidente di quella che potremmo definire il Contram 2.0. Ha trasformato quello che era uno sperduto consorzio pubblico di montagna in una società per azioni che produce servizi ed efficienza ed in più riesce a fare utili. In un Paese di carrozzoni sempre in perdita, come l'Italia è già un record, ma se prendi il caso specifico dell'emergenza terremoto, ti rendi conto che c'è qualcosa che va oltre al core businnes del trasposto. Anche nell'emergenza- ti spiega Belardinelli - l'azienda ha seguito un piano preordinato e dettagliato. Già nell'immediatezza della terribile scossa del 26 ottobre, Contram ha messo a disposizione i suoi mezzi per il provvisorio ricovero notturno dei tanti sfollati. Poi si è messa a disposizione della Protezione Civile con le modalità e le procedure ad essa assegnate in caso di emergenza. La sua sede è diventata snodo logistico per tutto il territorio e gli automezzi, da quel giorno, stanno ancora facendo la spola dalle località marittime dove si trovano moltissimi sfollati. Belardinelli ci tiene a sottolineare di come tutti i dipendenti abbiano risposto positivamente all'emergenza e di come abbiano quasi raddoppiato i turni di lavoro. Ne approfitta per ringraziarli uno ad uno e conclude con una provocazione che ci lascia riflettere. "Un giorno - ci dice - potrebbe accadere che un'azienda come questa venga acquistata, per esempio, dai francesi. Una società di capitali con sede a Parigi o a Lione avrebbe tutte queste attenzioni e sensibilità verso la popolazione ed il territorio? Non lo so - continua - però tra i criteri e le caratteristiche essenziali, in caso gara io metterei pure un piano particolareggiato per la gestione delle emergenze come lo abbiamo noi."Il nostro viaggio in Contram prosegue incontrando Adriano Compagnucci e Mauro Casali, autisti dell'azienda che fin dal primo momento si sono adoperati per cercare di aiutare la gente terremotata in ogni modo. "Le persone non sapevano dove andare" raccontano "e le abbiamo accompagnate all'Holiday di Porto Sant'Elpidio dove c'era lo smistamento degli sfollati. I primi giorni sono stati veramente difficili. Adesso la situazione si è stabilizzata, la gente si è organizzata, anche se a tutti manca tanto la loro quotidianità: si sentono fuori dal mondo. Noi e i nostri colleghi, per quanto possibile, abbiamo sempre cercato di aiutarli e tranquillizzarli, anche se certo non è facile". Adriano e Mauro raccontano commossi le storie che rimarranno per sempre nella loro mente, dall'anziana di 96 anni portata via dalla fila dopo ore e ore in cui non aveva nè mangiato nè bevuto, alla mamma con due bambini piccoli che non riusciva a svegliare la figlioletta alla fine del lungo viaggio che le aveva portate fino a Tortoreto, fino alla donna che tutte le mattine parte da Porto Recanati dove si trova alloggiata e torna verso Camerino per accudire le sue dodici mucche. Immagini di un piccolo mondo antico che prova, malgrado tutto a resistere.Nel suo piccolo ufficio, davanti a una scrivania sommersa di carte e documenti, il direttore, l'ingegner Massimo Luce, malgrado l'enorme mole di impegni, ci accoglie con straordinaria gentilezza e garbo. E coglie l'occasione per elogiare orgogliosamente quanto fatto negli anni da Contram e che oggi consente di poter gestire un'emergenza senza pari nel corso degli anni. "Da più di vent'anni, riusciamo ad avere utili ad ogni chiusura di bilancio. E riusciamo a fare utili perchè la nostra è una azienda che ha poche persone negli uffici e tante in produzione: abbiamo duecento dipendenti e duecento mezzi. Questo ci consente anche di essere un'azienda a dimensione umana: se fosse più grande perderebbe sicuramente efficienza e contatto umano. In Contram i vertici conoscono per nome tutti i dipendenti. Riusciamo a sentire i problemi della gente e lavoriamo a contatto con loro cercando le soluzioni migliori. In tutto questo gioca a nostro sfavore la grande vastità del territorio che riusciamo a presidiare comunque con tanti depositi sparsi nei punti maggiormente strategici. Contiamo sette depositi grandi e una decina di depositi secondari. In questa situazione di emergenza, devo fare un grosso plauso a tutti gli autisti e al personale degli uffici perchè tutti, anche chi aveva grossi problemi, si sono messi a disposizione e per tutta l'azienda questo è motivo di orgoglio".Il "cuore" di Contram è l'Ufficio Movimento. Qui, sotto la impeccabile guida di Franco Pongetti, Valerio Palazzi, Angelo Paganelli e Valentina Gagliardi, quotidianamente gestiscono orari ed emergenze. Mentre chiediamo qualcosa a Pongetti, ci sentiamo quasi a disagio. Non per la gentilezza con la quale si mette a nostra disposizione, ma perchè ci rendiamo conto di star sottraendo tempo prezioso a una persona che avrà dormito sì e no tre ore a notte nelle ultime settimane. "Dalla scossa del 26 ottobre, anche i nostri pullman erano diventati dei dormitori. A Pievebovigliana, Visso, Fiuminata, San Severino, abbiamo messo a disposizione i mezzi per far riposare la gente. Il giorno dopo è iniziata l'evacuazione degli studenti e abbiamo istituito corse verso Ancona e Roma. Poi ci siamo organizzati per portare gli sfollati verso la costa. Tutto questo fino alla tremenda scossa di domenica mattina. Da lì in poi è stato potenziato il servizio in tutti i paesi con corse per l'evacuazione da Visso, Castelsantangelo, Camerino, Caldarola, Pievebovigliana, Fiastra, Acquacanina, Tolentino. Successivamente, è stato costituito un servizio navetta per riportare le persone verso i loro luoghi di origine. Ad oggi questo servizio è stato raddoppiato con due corse giornaliere che vengono gestite tramite le prenotazioni che vengono fatte la sera prima negli alberghi. Uno sforzo enorme, anche con la riapertura delle corse giornaliere per gli studenti da Ancona e da Ascoli verso Camerino. Tutto questo, mantenendo inalterati i servizi di linea: pur in questa situazione di emergenza, nessuna corsa è stata soppressa. Abbiamo personale che ha rinunciato alle ferie pur di poter dare il proprio contributo e abbiamo provveduto anche ad alcune assunzioni: tutti stanno collaborando con grande spirito di servizio e collaborazione, dimostrando enorme attaccamento alla propria terra e all'azienda". L'ultima tappa del nostro viaggio in Contram ci porta nell'officina. Incontriamo il responsabile Pietro Menghi, anche lui comprensibilmente indaffarato, ma felice di mostrarci i suoi uomini. Fra odore di pneumatici e chiazze di olio sul pavimento, ci racconta di come l'officina Contram in questi giorni sia diventata un punto di riferimento per tutti i mezzi di soccorso che hanno avuto problemi. "Abbiamo aggiustato sette macchine, alcune della protezione civile, altre dei vigili del fuoco, altre dei carabinieri". E i vostri mezzi? "Solo manutenzione ordinaria..." dice Menghi mostrando un sorriso orgoglioso. E come non esserlo di fronte a un lavoro tanto importante per un territorio martoriato dal terremoto?
A me quello che fa più impressione di quanto sta avvenendo con il terremoto sono i rumori. Per esempio del crollo sordo e cupo del capanno davanti casa che usavo come ripostiglio. Oppure quello forte e acuto delle tegole che cadevano sulla veranda, dal tetto sovrastante. Ma più di tutti, mi rimbomba negli orecchi quello degli scarponi dei Vigili del Fuoco. È un toc toc cadenzato ed ininterrotto.Risuona forte, nel silenzio surreale dei paesi fantasma che ho visitato, assieme al suono acciottolante dei pezzi di tegole che, quegli scarponi scansano davanti ai loro passi. Forte e deciso, quando camminano sui detriti sassosi che schiacciano e, andando avanti, riducono in poltiglia. Sono passi pesanti di una via crucis che parte dalla piazzetta di una valle ancora vivibile, ancorché in tende o container e si inerpica, dritto per dritto, su cocuzzoli spettrali, ormai ridotti in cumuli di pietre dove pure le croci delle chiese, in un immaginario calvario, sono rovinate a terra, dalle loro sommità ove l'uomo le aveva amorevolmente piazzate. E lì giacciono abbandonate, alla mercé di un vento freddo e sacrilego che le percuote in un vortice di fogliame e breccia. Li indossano, questi scarponi, uomini speciali che mai smetterò di ringraziare anche a nome dei tanti concittadini, che la sventura del terremoto, ha unito. Ieri mattina ho sentito il dovere di farlo di persona a Visso, al sottosegretario, presso il Ministero degli Interni Giampiero Bocci, un caro e vecchio amico. L'ho fatto anche a nome di tutto il mondo dell'informazione, per sottolineare e metterlo al corrente della disponibilità, la pazienza, e la squisita cortesia che tutti i Vigili del Fuoco, ma in particolare i funzionari di Macerata, mettono quotidianamente a nostra disposizione. Poi sono tornato alla via crucis degli scarponi che camminavano le strade di Ussita. Stavolta per documentare un sopralluogo finalizzato ad effettuare un eventuale, possibile trasloco.Succede, che sin dal mattino presto, la richiedente si mette in fila davanti al gabbiotto dei Vigili del Fuoco, poi procede alla formale richiesta e, giunto il suo turno viene accompagnata (una volta indossato l'elmetto protettivo), da due agenti in piena zona rossa. In questo caso si trattava di una madre con suo figlio. Di mezza età lei, molto giovane lui. Chiediamo ai vigili, ma soprattutto ai due interessati il permesso di poter documentare. Il villino è a due passi dalla piazzetta, in località Pieve. Proprio nella parte di sopra è venuto giù tutto. La chiesa ha un buco enorme sulla facciata principale. Per accedere al villino occorre fare un centinaio di metri di salita. Si entra in un piccolo giardino recintato da noccioli. C'è pure un agrifoglio. Sul vialetto due alti pini incorniciano il panettone del monte Bove appena innevato. Un panorama mozzafiato adesso, figuriamoci con dappertutto il bianco della neve invernale o col tramonto in arancione di mezza estate. Per terra, solitaria, una margherita dal gambo incerto prova a resistere al vento freddo dell'inverno che soffia infido. Dentro il garage hanno ammassato già degli oggetti. Un alpenstock è uno zaino appesi alla parete attirano la mia attenzione. Fabrizio ed Alessandro sono i Vigili del Fuoco di Livorno incaricati per l'operazione. Fanno una breve riunione con tutti per stabilire le modalità: prima andranno da soli al primo e poi al secondo piano, quindi, a seconda delle condizioni che troveranno, si potrà eventualmente procedere al recupero degli oggetti. I militari salgono ai piani e dopo qualche minuto tornano al piano terra. Fabrizio dice che al primo piano il pavimento presenta rilievi e avvallamenti. Può salire una sola persona ed in tutta fretta recuperare il possibile. Al secondo piano invece non può salire nessuno. Il pavimento è completamente distaccato dalle pareti laterali e c'è pericolo che crolli tutto. Sale la signora assieme a Fabrizio. Noi aspettiamo tutti di sotto. La signora riempie ad ogni viaggio tre o quattro sporte di plastica. Suo figlio ha steso dei lenzuoli per terra per raccogliere ogni cosa. Lampade, vasi, qualche quadro. Oggetti di una quotidianità domestica che adesso mi sembra di non rispettare con la mia curiosità. Mi sento fuori posto e mi viene naturale voltarmi dall'altra parte e mettermi a discutere del più e del meno con l'altro Vigile del Fuoco. Una casa distrutta comporta pure una privacy, una intimità - per quanto domestica - violata. I Vigili del Fuoco ci sono abituati e sanno come comportasi, io non ne sono in grado. I lenzuoli si chiudono con dei nodi alle estremità. Diventano sacchi che vengono caricati in macchina. Uno, due viaggi, poi la porta del garage si chiude come un sipario nel suo ultimo spettacolo. La processione di elmetti variopinti riprende la via del ritorno. Nel silenzio del crepuscolo si distingue solo il rumore degli scarponi che scansano pezzi di coppi e spaccano pietruzze bianche riducendole in polvere.
Aggiornato dal servizio del TG2 del 13/11/2016 "Torniamo nelle zone del terremoto dove le scosse non danno tregua"Sono due giorni che cerco disperatamente un pretesto per tornare a Castelsantangelo sul Nera, ma sono due giorni che, al bivio di Visso, prendo la strada per Ussita. C'è qualcosa che, per quanto riguarda il fiume Nera, non mi persuade. L'altro giorno ho provato a fare qualche domanda sul perché la portata fosse aumentata in maniera così esagerata. Quelli del posto glissavano, i Vigili del Fuoco non si sbilanciavano più di tanto, i tecnici del Comune ammonivano nel non diffondere notizie allarmistiche. Nessuno però spiegava cosa fosse realmente successo.(Il fiume Nera tre giorni fa al centro di Castelsantangelo) (Il fiume Nera stamattina) Bocche rigorosamente cucite pure dopo il sopralluogo del Genio Civile. La parola d'ordine è che il livello del fiume si è alzato, ma tutto è sotto controllo. Eppure se si piazzano dei sacchetti di sabbia sul bordo del letto del fiume, come hanno fatto l'altro giorno, qualcosa che non va ci deve pur essere. Se dentro il selciato della piazza principale del paese (oggi chiusa perché pericolante), sgorgano zampilli d'acqua, la situazione non è del tutto normale. Se qualche centinaio di metri prima dell'ingresso del paese, l'asfalto si spacca - dalla montagna verso il fiume - e dalle fessure sgorgano copiosi rivoli d'acqua c'è poco da stare tranquilli. Se poi aggiungiamo che l'ammonimento a non creare allarmismi è finalizzato a tranquillizzare un paese praticamente distrutto dal sisma (proprio oggi ho visto che demolivano case nella piazza) e quasi totalmente disabitato, qualcosa non torna di sicuro, almeno in termini di logica. Poi, all'improvviso arriva il pretesto che cercavo. Leggo sulla stampa che i sindaci di qualche Comune (Castelsantangelo compreso) non vogliono i container. Preferiscono che i loro concittadini restino in altre località fin quando non siano definitivamente piazzate le casette di legno. Mi arrampico finalmente fino a Castello per chiedere conto al sindaco Mauro Falcucci di questa scelta, che francamente, mi sembra incomprensibile. Ma in realtà, vado per vedere il Nera. Il sindaco lo incontro nel container adibito a Municipio. I Vigili del Fuoco volontari di Trento stanno costruendo un tetto di legno. Il freddo stamattina si fa sentire pungente. La neve in montagna scende di giorno in giorno. Per stasera è prevista a quota 800. Con il sindaco ci salutiamo e ci abbracciamo. Il terremoto del '97 lo abbiamo vissuto tutti e due come amministratori pubblici. Vado subito al sodo senza fargli perdete tempo prezioso.Sindaco ho letto che sei tra quelli che hanno rifiutato i container, perché?Non è vero, i container mi servono subito per gli allevatori ed i coltivatori. La neve eccola qui, sta arrivando e ne hanno bisogno adesso. In quota non c'è più acqua per il bestiame. Il sisma ha cambiato pure l'ubicazione delle sorgenti.Sì, ma io mi riferivo non a quelli degli imprenditori agricoli, ma per tutti gli altri.Guarda che quelli non erano container per nuclei familiari. Ma ad uso collettivo.Cioè?Cioè se sei una famiglia di quattro persone vanno pure bene, ma se sei in due o peggio da solo devi convivere dentro quello scatolone con sconosciuti. Un bagno per quattro persone che si conoscono appena. Una convivenza forzata per tutto l'inverno. Non sono sicuro nemmeno che dentro ci si possa cucinare o siano solo adibiti a dormitorio. Non, non è possibile. Tra l'altro la continua e prolungata precarietà ha innescato aspettative molto diverse nelle persone che non questa promiscuità.Se è così avete perfettamente ragione, però guarda che secondo me questa cosa non si è capita bene e potrebbe creare delle tensioni con qualche altro sindaco.Noi lo abbiamo spiegato bene e siamo pronti a farlo ancora, le nostre esigenze, peraltro sono note dalla fine di agosto e non dalla fine di ottobre. Adesso ci aspettiamo concretezza e rapidità e non dibattiti.Messaggio ricevuto forte e chiaro. Ci diamo un arrivederci a presto e esco dal municipio-container, perché proprio sul ponticello lì davanti ho visto un fuoristrada bianco e due persone che stanno monitorando il fiume. Sono due geologi dell'università La Sapienza di Roma, scienze della terra. Una geologa é immersa al centro del fiume con tanto di cosciali e sta effettuando delle misurazioni sul livello. Tutto attorno la terra è diventata un acquitrino. Pozzanghere con acqua alta fino a dieci centimetri. Eppure sono giorni che non piove. Là, nel ponticello più a valle, dove solo l'altro ieri c'erano solo dei sacchetti, oggi stanno scavando quella che appare una vera e propria trincea, per piazzarci dei giganteschi sacchi di sabbia. Ne parlo con i due studiosi. Mi dicono che stanno qui perché sono anni che stanno monitorando il Nera. "Ed il livello che cresce in continuazione? - chiedo io - Mi dicono che con il terremotati a volte capita che l'alveo dei fiumi si possa alzare. Stamattina mi hanno detto che la terra qui si è abbassata di 70 cm - cerco di farli sbottonare il più possibile. Mi rispondono che all'altezza di Castelsantangelo, in realtà la terra si è abbassata solo di venti centimetri. Ma sono sempre tanti. Per cui realizzo ad alta voce che se la terra si è abbassata, significa che le sorgenti si sono alzate di venti centimetri. Ma qui mi fermano e mi dicono che non è tutto così automatico e consequenziale. La scienza ha bisogno di letture, misurazioni, test, ecc. che bisogna essere prudenti con il nesso causa-effetto e bla bla bla... Poi mi chiedono il perché di tanta curiosità e gli racconto dell'omertà palpabile ricevuta dei giorni prima. Li ringrazio per la disponibilità (a parte il non voler farsi fotografare) e li saluto. Poi, più tardi succede che li incontro di nuovo, a pranzo, al Vecchio Mulino e mi dicono che dopo di me è arrivato pure il TG2 della RAI che ha fatto loro le stesse domande. A questo punto, se è vero che il fenomeno sta riscontrando attenzioni di livello nazionale, sarà il caso che qualcuno fornisca delle notizie ufficiali e risponda a qualche domanda. Ovviamente per non alimentare ulteriori allarmismi....
Sto visitando i piccoli centri straziati dal terremoto e raccogliendo storie e testimonianze dei pochissimi che lì sono sono rimasti. Oppure di quelli che se ne sono temporaneamente andati, ma sono tornati per svuotare le proprie case, ormai inagibili. Stanno tutti in fila davanti al container o al furgone. Aspettano pazientemente il loro turno al freddo (già da ieri mattina ad Ussita, in quota c'era neve), riempiono l'automobile dei propri oggetti, poi se ne vanno in silenzio. Protagonisti assoluti, in questa fase, i Vigili del Fuoco, che ho cercato di osservare da vicino. Entrano nelle case pericolanti e restituiscono ai proprietari i loro oggetti personali. Detta così pare facile, ma ci sono situazioni in cui è già pericoloso aprire un portone perché crolli giù tutto. Mi interessa stare con loro anche quando non sono operativi. All'ora di pranzo, per esempio, vanno tutti al "Vecchio Mulino" a Casavecchia di Pievetorina. Uno, due, a volte pure tre turni. Tavoli che si svuotano e, in un attimo si riempiono. Vengono da tutta Italia.Serena ha cominciato a collezionare le strisce della provincia di provenienza. Serena è la proprietaria, assieme a sua sorella Silvia. Ha il viso acqua e sapone incorniciato da capelli lunghi e rossi. Sorride e non si ferma mai un istante a riposare. Un giovanissimo vigile del fuoco di Biella, l'altro giorno, per poterle parlare un po' - l'ho visto io - si è dovuto mangiare quattro piatti di mezze maniche alla carbonara. Mi piace guardarli da vicino i vigili del fuoco. Sono tre generazioni (nonno, padre e figlio) che, a tavola, parlano, si confrontano, scherzano, ma che materialmente, da soli, reggono in piedi tutta questa malferma Nazione. Se poi li ringrazi, ti guardano quasi sorpresi e ti rispondono: "dovere"! L'emergenza ha cambiato pure la geografia dei paesi. La principale strada di collegamento ha preso il posto della piazzetta. Ormai diventata inagibile, in piena zona rossa, è presidiata a distanza dai militari armati. Il municipio sta dentro due tende e l'ufficio postale in un tavolo accanto al camion dei pompieri. Per accedere a Visso e quindi a Ussita e Castello c'è bisogno di un pass. Servono un timbro e due firme. Poliziotti al check point controllano minuziosamente il permesso sul cruscotto delle auto di chi passa. È tutto militarizzato. Forse fin troppo. L'altro giorno, per esempio, ho assistito ad una scena che mi ha fatto molto riflettere. La racconto perché vorrei riflettessero pure le cosiddette autorità. Dunque siamo a Visso al comando dei Vigili del Fuoco. Entra un signore che vorrebbe un pass per recarsi a Castelsantangelo sul Nera. È un commerciante di generi alimentari, prodotti tipici locali, in particolare. L'agente gli chiede in quale località precisa si debba recare e da quale fornitore. Lui farfuglia qualcosa , ma si capisce che a quella domanda non vuol rispondere. Il pompiere insiste, facendogli presente che è nel suo interesse comunicarglielo. In caso di pericolo o di necessità saprebbero come rintracciarlo. La discussione diventa una trattativa in piena regola. "Io te lo direi pure - dice, ad un certo punto, il commerciante - ma sono sicuro che il mio fornitore non vuol farvi sapere dove sta. Ha paura che lo portiate via da dove si trova adesso". A sentire quelle parole mi si apre un mondo e con esso un uragano di interrogativi. Qualcosa nella comunicazione e nelle informazioni non ha funzionato. Ci sono allevatori che, pur di sfuggire alla burocrazia, si sono dati alla macchia manco fossero partigiani che dovessero scappare da un rastrellamento nazista. Perché qualche nostro concittadino ha la percezione che, dopo la sventura del terremoto, lo Stato lo stia braccando e perseguitando? Era tanto difficile prevedere ragionevoli eccezioni alla severa regola delle evacuazioni di questi piccolissimi centri? Non conoscere, ma soprattutto non rispettare le sensibilità (per quanto bizzarre possano apparire) di questi piccolissimi imprenditori che chiamiamo affettuosamente montanari non è già una sconfitta in partenza sulla faticosa strada della ricostruzione? Domande retoriche che non avrei mai voluto porre. Mi auguro che si provveda al più presto e con tutta la ragionevolezza possibile a riparare questo vulnus che ha ferito gravemente il tessuto sociale. Un'altra gravissima circostanza da segnalare e a cui occorre porre subito rimedio è quella della lievitazione abnorme dei prezzi dei camper e delle roulotte. Me lo hanno raccontato a Pieve Torina. Ho visto con i miei occhi roulotte vecchie di anni e decisamente sudicie e malmesse vendute, dopo il terremoto a 6/7mila euro. O camper pronti per la rottamazione, ma rimessi, miracolosamente, in vendita ai senzatetto che si ostinano a non voler lasciare il loro paese. Mi hanno pure detto di una roulotte noleggiata per 100 euro al giorno (con 80 euro dormi e fai colazione in un hotel 4 stelle) per un'intera settimana, solo perché il poveretto non poteva assolutamente allontanarsi dai suoi animali. A chi dovrebbero rivolgersi le vittime di queste vere e proprie estorsioni? Esiste un garante dei terremotati - stiamo parlando di circa trentamila persone, stavolta - a cui possano arrivare questo genere di segnalazioni affinché non si ripetano mai più? La Regione Marche, nella sua facoltà ed autonomia legislativa potrebbe sin da subito provvedere almeno a questa minima, ma fondamentalmente tutela. Con i mezzi di comunicazione moderni, social network compresi, tanti soprusi e tante ingiustizie potrebbero essere risparmiate.Facciamo in modo che lo facciano e più in fretta possibile...
Il dopo terremoto è una macchina ormai consolidata e di comprovata funzionalità. Osserviamolo attentamente dal punto di vista di un presbitero. Mentre tutto il resto del genere umano si preoccupa e si occupa di strappare alla morte uomini, donne e talvolta anche innocenti bambini imprigionati tra le macerie polverose, un presbitero, con apposito elmetto da terremoto - equiparato ormai a paramento sacro - si precipita in una delle tante chiese, opportunamente corredate, da immancabili canoniche. In caso di terremoto multiplo e che colpisce più territori (capita raramente, ma talvolta è possibile) questo gravoso ufficio è riservato, in prima persona, al vescovo della diocesi.Esse chiese e canoniche sono ovviamente pericolanti da molti anni. Costruite senza un briciolo di cemento. I muri ed i solai sono fatti di paglia e fango. Gli ornamenti sacri (quando non sono stati colpevolmente trafugati e venduti per quattro soldi ad improbabili antiquari) di scarsa fattura. Il presbitero, dunque, si reca in dette fatiscenti chiese accompagnato dalle telecamere delle immancabili TV diocesane. Quindi, chiamate a raccolta le pochissime fedeli ormai rimaste, le quali si presentano in nero e piangenti a causa delle ferale situazione, con gesti drammatici e parole disperatissime invoca l'immediata riparazione del preziosissimo e venerato immobile. Detta riparazione dovrà avvenire in deroga a qualsiasi norma vigente, ma dovrà rigorosamente rispettare le caratteristiche antisismiche. Possibilmente dovrebbe essere sottratta cubatura all'edificio di culto, così da donarlo alla canonica che casualmente, nel progetto già predisposto da un solerte e pio professionista, essa canonica verrà trasformata in lussuosa e confortevole struttura ricettiva, con tanto di piscina a latere. A sentire la televisione o a leggere i giornali parrebbe all'ignaro telespettatore (o lettore), lontano dai luoghi terremotati , che la precipua esigenza degli sfollati tutti, sia quella di celebrare le funzioni religiose (dalla lodi mattutine a compieta) dentro la riparande chiese. Se taluni irresponsabili ed infedeli terremotati dovessero esprimere malauguratamente timide ed infondate perplessità, in ordine alle priorità che l'autorità costituita ha assegnato ai luoghi di culto e non già agli opifici rasi al suolo o alle abitazioni distrutte, dall'onda d'urto del sisma, sarà cura del direttore di Radio Maria (l'unica stazione radiofonica che si sente pure dentro le grotte di Frasassi) condurli a migliori e miti consigli. Esso direttore (presbitero anche lui) tra un padrenostro ed un'avemaria, farà spiegare agli attenti fedeli come e qualmente le numerose e sempre più intense scosse di terremoto siano la giusta e meritata punizione che il buon Dio ha riservato agli uomini, quaggiù sulla terra, a cagione della loro dissolutezza. In particolare per ciò che attiene ai costumi ed alle riprovevoli abitudini sessuali. È storicamente provato, dai numerosi archivi storici disseminati su tutto il territorio nazionale, che la composita ad affiatata task force dei presbiteri sia l'unica macchina organizzativa - verticistica e minuziosamente organizzata - che tragga inestimabili ricchezze ed indicibili fortune dagli eventi sismici che hanno attraversato, come una spina dorsale, nel corso dei secoli, tutta la penisola. Prosit...
Io gli sciacalli li ho visti in azione. Proprio a pochi giorni dalla terribile scossa di terremoto di domenica mattina che ha stravolto tutte le nostre terre. Gli sciacalli li ho visti in azione in pieno giorno. Dalla riviera me ne tornavo a casa in montagna. Cioè, non tornavo proprio a casa perché casa non ce l'ho più.I muri si sono licenziati (mi hanno detto che si dice così) ed il tetto è crollato. Il tetto l'ho visto proprio mentre veniva giù, quella domenica mattina. Ho sentito un gran rumore di mattoni, ma in realtà erano tegole che cascavano per terra. Poi una nuvoletta di fumo. Che in realtà, poi era polvere. Comunque non voglio divagare perché stavo parlando degli sciacalli.Ecco, me ne tornavo a Pioraco perché dovevo andare in comune a ritirare con urgenza un documento. Ho scoperto poi che si trattava dell'ordinanza di sgombero. Due fogli in cui mi si dice che la casa è inagibile e me ne devo andare immediatamente previa affissione dell'ordinanza sul portone. Non pensavo di incontrare gli sciacalli sulla strada del ritorno. Eppure è accaduto. E gli sciacalli, quelli che ho visto io, stavano proprio lungo la strada principale che dal placido mare conduce alle tormentate (nel senso di sottoposte a tormenta) montagne. Ora io qualche libro di avventura da ragazzo l'ho pure letto e so che lungo la strada talvolta poteva capitare di incontrare i briganti. Soprattutto nel meridione e poi un paio di secoli fa. Ma gli sciacalli no. Quelli mai. Però anche i briganti vestivano, parlavano e si comportavano da briganti. Cioè fermavano una carrozza, derubavano i malcapitati, violentavano una donna, cercavano di botte il vetturino è morta lì. Gli sciacalli che ho visto io invece se ne stavano tranquillamente seduti in macchina. Non avevano armi e nemmeno attrezzi da scasso. Manco un grimaldello. Sinceramente non ci ho fatto caso, ma potevano tranquillamente fare i cruciverba. Perché il lavoro proprio da sciacallo in verità lo faceva uno scatolone. Per un attimo, ma è stato solo un momento, perché passavo veloce in macchina, ho avuto la sensazione che gli sciacalli indossassero una divisa. Con tanto di cappello. Di quello che solitamente portano le guardie municipali. Adesso che ci penso però, nell'automobile in cui stavano seduti gli sciacalli c'era scritto proprio polizia municipale o qualcosa del genere. E infatti mi sono detto: "ma che ci fa la polizia municipale all'altezza dell'uscita di Montecosaro, con quello scatolone che sembra proprio un autovelox, dopo tre giorni dal terremoto"?Io sono furbo, mica ci sono cascato... quelli non potevano essere agenti di polizia municipale veri. Quelli erano sciacalli travestiti da guardie. L'ho capito subito, non ho esitato nemmeno un attimo. Può esistere, secondo voi, un capo delle guardie municipali di un qualsiasi comune di Marche, Umbria, Lazio e anche Abruzzo che ordinerebbe agli agenti sottoposti di installare su una piazzola di sosta l'autovelox così da multare i terremotati che fanno la spola dal mare alle montagne?Ma quando mai? Ovvio che la risposta è no. Anzi un graduato coscienzioso, si preoccuperebbe di recarsi nei paesi terremotati a dare una mano ai volontari. Quindi state attenti tutti quanti. Anzi lo dico pure al prefetto così si attrezza: fate attenzione, lungo la superstrada mare-monti, talvolta si piazzano degli sciacalli travestiti da guardie municipali. Hanno uno scatolone che assomiglia all'autovelox e fanno finta di multare le automobili dei terremotati che passano....
In un momento di estrema ed inedita difficoltà come quello che stiamo tutti attraversando, la politica regionale, nonostante i disagi e le diffuse imperfezioni, sta dando il meglio di sé. Lo debbo ammettere in tutta onestà, in quanto l’ho sperimentato da molto vicino. Dobbiamo, inoltre, riconoscere al nostro Angelo Sciapichetti, assessore regionale alla Protezione Civile, un impegno che va al di là delle sue forze. Impegno umano prima che istituzionale, il suo, che lo porta a tenere sempre in primo piano l’agenda quotidiana delle priorità. Malgrado il susseguirsi delle scosse e, con esse, della tenuta psicologica dei moltissimi senzatetto.Con la scossa del 26 ottobre, a Pioraco, presso lo stabilimento cartario del Gruppo Fedrigoni, è venuto giù il tetto di un intero capannone, seppellendo e rovinando irrimediabilmente i due impianti produttivi. Non ci sono scappati morti solo per miracolo, ma il colpo alla produzione sarà di quelli che lasceranno il segno. Non scherziamo, qui stiamo parlando non di una piccola impresa locale (con il doveroso rispetto che tutte esse meritano) ma di un marchio che appartiene alla galassia delle ormai sempre più rare eccellenze nazionali. Un’azienda leader nel settore con fatturato a nove zeri e fabbriche in tutti i continenti e che a Pioraco dà lavoro ad oltre centocinquanta dipendenti. Sciapichetti ha compreso subito la gravità della situazione e già nel pomeriggio del 27 ottobre, assieme al presidente della Provincia, Antonio Pettinari, si è immediatamente recato a Pioraco per mettersi a disposizione dell’Azienda. Qui, gli alti dirigenti gli hanno rappresentato la pressante esigenza della massima celerità nel poter accedere al più presto nei locali, così da poter portar via le tonnellate di macerie. La mattina di sabato 29, il gruppo cartario aveva già l’autorizzazione sul tavolo. Poi domenica mattina c’è stata l’Apocalisse. Sciapichetti, però non ha mai declassato la priorità cartiera. Anzi martedì mattina ha preso per mano Vasco Errani, il presidente Ceriscioli con tutto il suo staff ed assieme a loro si è portato di nuovo a Pioraco, in fabbrica, per fare il punto della situazione, assieme ai sindaci dei comuni limitrofi. Il messaggio simbolico della riunione operativa era forte e chiaro: l’economia di molti piccoli comuni dell’alta valle del Potenza si regge sulla cartiera di Pioraco e l’Istituzione Regione Marche, in quel preciso momento, doveva essere fisicamente dentro quella fabbrica. Qui Errani, assieme al suo braccio destro Roberto Oreficini (un piacevole ritorno che per competenza ed esperienza ha, decisamente, una marcia in più degli altri) hanno immediatamente preso atto della situazione e, in tempo reale, dato disposizioni agli uffici regionali sul da farsi, così da perdere meno tempo possibile.La sensazione è che Angelo Sciapichetti sia riuscito, in questi giorni, a prendere in mano la situazione molto meglio di Ceriscioli. Lo dico senza nessuna venatura polemica, ci mancherebbe altro. D’altra parte, conosce il territorio ed i suoi amministratori molto meglio del suo presidente. Molte circostanze le ha pure vissute nel sisma precedente come esponente politico e, forte di questa esperienza, sa dove andare immediatamente a mettere le mani. Eppure tutto questo non basta. Si rivela ben poca cosa a fronte delle imminenti e future difficoltà da affrontare.Nel suo appassionante, ma al tempo stesso anche lucido e spietato editoriale di ieri, (leggi qui) il direttore Scorcella ha perfettamente centrato il punto della questione: il timore di un oblio per i terremotati e per tutto il territorio. Un crescente disinteresse che si riverbera nel silenzio e nell’assenza dell’Unione Europea e dei suoi rappresentanti. Non c’è traccia di umana compassione in Juncker e nei suoi burocrati. Non c’è spirito di solidarietà tra le nazioni. Soprattutto di quelle dell’est Europa che fino al 1989, grasso che cola, se mangiavano patate e barbabietole.La novità, casomai, è che questa indifferenza vale anche in caso di calamità naturali e non solo di default bancari. Tuttavia, a questo punto, non serve recriminare, né piangerci addosso. Dobbiamo prenderne atto e arrangiarci da soli. Serve, in una parola, andare oltre la buona volontà e l’impagabile, ed al tempo stesso prezioso, spirito di servizio di cui è stato fin qui esempio per tutti quanti l’assessore Sciapichetti.Serve uno slancio della politica, propriamente intesa. Servono progettualità e coscienza di insieme. Servono le migliori professionalità, necessitano le élite. Senza nessuna pregiudiziale politica.Occorre, al contempo, esorcizzare sin da subito quello spirito di irragionevole autosufficienza che già serpeggia e sta diventando palpabile giorno, dopo giorno.Questo è il momento in cui bisogna chiamare in campo i migliori, riservisti compresi. Quelli, per esempio, che affrontarono prima l’emergenza e poi la ricostruzione del ’97. C’è un intero territorio da ricostruire e un tessuto sociale da ricucire e riparare con cura e pazienza.Ad Angelo Sciapichetti, in quanto rappresentante locale del governo regionale e ad Irene Manzi, in qualità di parlamentare locale, spetta il compito di chiamare a raccolta questa sorta di task force aperta. Possibilmente il prima possibile. Come organo di informazione locale, chiediamo loro di farsi promotori di questa iniziativa epocale (temo che stavolta l'aggettivo sia appropriato), così che dall'emergenza si possa andare anche oltre il terremoto.Questo giornale, ovviamente, è pronto sin d’ora a collaborare in questa direzione.
La Fondazione Aristide Merloni è un patrimonio unico ed insostituibile delle Marche, unanimemente riconosciuto. Viene fondata nel 1963 per incoraggiare lo sviluppo di nuove piccole imprese nel fabrianese. Nel 1974, grazie all’estro e alla rarissima intelligenza di un uomo come Nino Andreatta, fa il decisivo salto di qualità teorizzando, in quel di Ascoli Piceno la “via adriatica allo sviluppo”.Si rilevava, cioè come la crescita industriale in Italia, da nord verso sud, si indirizzasse in preferenza attraverso le Marche, lungo la direttrice adriatica. Nasce, sempre in quel periodo, la rivista “Economia Marche” che da allora fino ad oggi è un riferimento sicuro e costante per studiosi ed analisti. Nel 1986 presenta per la prima volta la classifica delle principali imprese marchigiane. Da allora la Fondazione Merloni, con la collaborazione della facoltà di Economia della Politecnica delle Marche e del Censis, diventa una fucina di ricerche e pubblicazioni. Di tutto prestigio gli economisti che hanno dato il loro prezioso contributo a questi importanti studi. Oltre al già citato e compianto Nino Andreatta, Romano Prodi, Angelo Tantazzi, Giacomo Vaciago, Enrico Letta, e moltissimi altri. Quest’anno l’appuntamento è giunto al trentesimo anno. Per l’occasione erano presenti Romano Prodi e Diego Della Valle, oltre naturalmente al presidente Francesco Merloni che ha fatto gli onori di casa. Diego della Valle in quanto best performer per sviluppo e redditività della sua impresa; Romano Prodi in qualità di economista che già nel passato – come ha giustamente ricordato Merloni - proprio a Fermo, contribuì ad indirizzare le politiche di modernizzazione ed internazionalizzazione nel settore calzaturiero, facendo registrare un notevole successo agli imprenditori marchigiani del settore. L’incontro ha seguito sostanzialmente due direttrici: se da una parte sono state sottolineate le eccellenze e le ottime prestazioni di talune imprese, è toccato a Prodi, nelle sue conclusioni, evidenziare ed analizzare i punti particolarmente deboli e le criticità che potrebbero sopravvenire a fronte delle leggerezze di ordine politico, in particolare con il commercio estero.Ma non è di questo che intendo parlare, anche perché, in tutta franchezza, di economia ed impresa ci capisco poco. Quello che invece voglio, con sconcerto, segnalare è la totale assenza ingiustificata del governo regionale ad un appuntamento importante come questo. Le sedie riservate alla giunta regionale sono colpevolmente rimaste vuote. Nessuno, tra i magnifici sette componenti ha sentito l’esigenza di presenziare, almeno per qualche minuto, alla cerimonia. Un’assenza che si è visibilmente notata e che, verosimilmente lascerà un segno. Credo, peraltro, che sia la prima volta in trent’anni che accade una cosa del genere. Unico presente del Consiglio Regionale il suo presidente, Tonino Mastrovincenzo, che se non altro, ha salvato la faccia a tutta la politica. Però si è sorbito, suo malgrado, le lamentele di molti (tra tante anche le mie) a cagione delle altrui assenze. Eppure in sala erano presenti un ex presidente, Gian Mario Spacca e due ex assessori: Marco Luchetti e Pietro Marcolini. Ma a questo punto la domanda da porsi, senza girarci tanto attorno, è la seguente: si tratta di una semplice disattenzione, oppure di una scelta deliberata? Per esempio: l’assessora alle attività produttive, la commercialista Bora, aveva cose più importanti da fare, tipo andare dell’estetista, oppure la giunta regionale delle Marche del contributo delle Fondazione Merloni allo sviluppo economico della regione può tranquillamente farne a meno? Ecco, a noi per farci un’idea più completa, da questo governo regionale basterebbe una risposta a questa semplice domanda. Per quanto riguarda invece il pensiero di molti tra i presenti, sull’operato della giunta regionale mi limito ad un episodio. Mi sono fermato a chiacchierare per cinque minuti con il mio amico Marco Luchetti che non vedevo da diverso tempo. Mentre entrambi convenivamo sul fatto che, senza dubbio, smettere di fumare fa ingrassare significativamente, si sono avvicinate a lui cinque persone con diverse alte funzioni, tutte lamentandosi del presidente Ceriscioli e del suo operato.Quello che in definitiva tutti hanno percepito da questo episodio è la sconsiderata assenza del governo regionale in una occasione che vedeva protagonista tutto il mondo produttivo del tessuto regionale. Una cesura colposa ed unilaterale di cui è unicamente responsabile l'inutile presidente Ceriscioli con la sua inutile banda di inutili assessori...
Ho seguito con sgomento e preoccupazione, nel corso degli ultimi giorni, il montare delle polemiche sull’esclusione di molti comuni dalla prima fascia, all’indomani dell’approvazione del decreto legge sul terremoto. Proteste, peraltro tutte provenienti dai ranghi della destra. Dapprima un vociare di sottofondo, poi come in un crescendo rossiniano, urla e strilli sempre più sguaiati. Sentite e lette le motivazioni, queste urla, non so perché, mi hanno molto ricordato il ragliare degli asini di Pinocchio. Mi ero (erroneamente) persuaso che in occasioni drammatiche come questa, soprattutto in politica, dovesse valere il senso di responsabilità, così da evitare penose e riprovevoli strumentalizzazioni. Mi sono sbagliato, pazienza. A volte capita…Però mi riservo tutto il diritto di dire che questa classe dirigente che sta all’opposizione è di pessima qualità. Un livello talmente basso che troverebbe una valida, agguerrita concorrenza pure nei peggiori bar di provincia. Con un pressappochismo disarmante, hanno affermato e messo per iscritto cose inesatte. Hanno paventato pericoli inesistenti. Sentite cosa ha detto la vice coordinatrice regionale di Forza Italia, Barbara Cacciolari: “Un errore clamoroso che si ripercuoterà sulla ripresa futura di questi piccoli centri, considerando che per la maggior parte vivono di turismo ed è essenziale poter riparare le seconde case. Viene inoltre a mancare la possibilità di sostegno finanziario alle attività economiche nei centri fuori dal cratere...” In una frase così breve due grossolane inesattezze date alla stampa con disarmante nonchalance. Intanto i soldi per poter riparare le seconde case sono previsti anche fuori dalla prima fascia. Almeno nella misura del 50%. Addirittura del 100% se l’abitazione lesionata è ubicata nel centro storico. Quanto alle attività economiche, i risarcimenti sono del 100% sia dentro che fuori fascia.Da premio Nobel per la faccia tosta la capogruppo in Regione di Forza Italia, Jessica Marcozzi. In data 6 settembre, in occasione della 39esima seduta del Consiglio Regionale ammoniva i tecnici nel vigilare con la massima attenzione, in particolare su Tolentino, onde gestire con mira ed oculatezza i flussi di capitali che sarebbero, da lì a breve, confluiti nelle Marche. Il tutto poiché, a Tolentino, erano state fatte ben 1700 domande di sopralluoghi e l’elevato numero era a lei sospetto. Oggi la Marcozzi ha cambiato radicalmente opinione. A sentire lei, Tolentino (esclusa, per combinazione, dalla prima fascia) sarebbe un cumulo di macerie, sorvolata da lugubri corvi neri. Ed il governo, del grido di dolore di migliaia di sfollati, se ne fotte allegramente. L’ha buttata invece tutta in politica il coordinatore regionale di Forza Italia, il senatore Ceroni. Secondo lui il governo ha usato criteri esclusivamente partitici. Gli amici in prima fascia, gli avversari fuori. Quindi, indossato il basco da guerrigliero, messo in bocca l’avana ed imbracciato lo schioppo da caccia del povero nonno, Ceroni si è trasformato nel Cé della Faleria (lo ricordate nell’altra puntata?) e messosi alla testa di un copioso numero di sindaci si dice pronto finanche a “reazioni inusuali.”La verità vera è che il povero Ceroni deve ancora digerire il colpaccio del suo collega di partito Baldelli, anche lui eletto nelle Marche, ma di Roma che in un fiato è riuscito a far destinare 47 milioni di euro ai terremotati. Roba che Ceroni se la sogna di notte e rosica come un tricheco bastonato.Dunque gli uomini e le donne di opposizione compilano, ai giornali, la loro personale lista di comuni che, sempre secondo loro, dovrebbero rientrare in prima fascia. Praticamente tutti, nel raggio di novanta chilometri. Ma poiché sono sfortunati, ironia della sorte, ne hanno dimenticato uno: il minuscolo Monte San Martino.Siccome qualche gancio nei Palazzi ancora ce l’ho, mi è stato detto, con tutti i condizionali d’obbligo che la circostanza richiede, che Monte San Martino è l’unico che dovrebbe rientrare in prima fascia. Pare – ma il condizionale è ancora d’obbligo - che per un mero errore formale non sia stato inserito. Ecco, se qualcuno, piuttosto che tenere conferenze stampa, si fosse mosso come ho fatto io, per chiedere informazioni all’interno della Protezione Civile, adesso avrebbe una notizia interessante da dare agli abitanti di Monte San Martino.Un discorso a parte, in questa cornice, merita il governo regionale. È gravemente mancato nella comunicazione. Un peccato decisamente imperdonabile di questi tempi. Soprattutto dove in un qualsiasi, inutile ente pure il gatto ha l’ufficio comunicazione. Già da lunedì pomeriggio, in Regione, avevano il testo del decreto. Avrebbero dovuto immediatamente mettere in moto l’ufficio legislativo per realizzare un report dettagliato dell’intero articolato. Quindi convocare subito sindaci, amministratori e stampa per spiegarlo, adattandolo ai casi particolari e concreti del territorio. Il TG3 regionale, come minimo, ci avrebbe dovuto aprire il giornale. Quindi lo avrebbero dovuto veicolare sui social. Di tutto questo – ma stiamo parlando del minimo sindacale della comunicazione istituzionale – non hanno fatto assolutamente niente. Per giorni non hanno nemmeno risposto alle critiche che, quotidianamente, piovevano loro addosso. Un comportamento colpevolmente omissivo che sarà difficile da recuperare.Tra tutti, solo il segretario regionale del PD, Francesco Comi ha ben compreso la gravità di questo deficit di comunicazione e si è precipitato ad organizzare incontri con gli amministratori sul territorio.Il Presidente Ceriscioli, invece ancora annaspa…
Pare che questo venerdì sera, in occasione dell’assemblea provinciale del Partito Democratico, verrà eletto il nuovo segretario. Si tratterebbe del terzo in poco più di un anno. Quello di segretario provinciale, non a caso, è un lavoro particolarmente usurante e pericoloso che, stando a pettegolezzi sicuramente di parte, il governo vorrebbe mettere nel decreto che anticipa di gran lunga la pensione di anzianità.Visti i precedenti con le elezioni provinciali va detto che, molto poco sportivamente, questi qui del PD hanno approfittato della mia assenza fisica, per comporre, nel più assoluto riserbo, una situazione che stava diventando esplosiva sotto ogni punto di vista. Mi dichiaro subito sconfitto (ovviamente a tavolino) e faccio tesoro della lezione: la prossima volta sarò più attento, ma anche più spietato. Tuttavia, nonostante la distanza e la temporanea predisposizione più per le vacanze che non per la politica, qualche notizia sono riuscito a strapparla così da poterla offrire in anteprima ai nostri lettori.Senza girarci tanto intorno e senza nessun suspense, pare che il prossimo segretario provinciale del Partito Democratico, sia Francesco Vitali. Cioè l’attuale presidente dell’assemblea. Non a caso votato da tutti in occasione della sua elezione. Chi si aspettava dunque sanguinose rese dei conti o tremende vendette da parte del segretario regionale Comi, rimarrà amaramente deluso. Francesco Comi, piuttosto che usare il mitra (intesa come arma), ha preferito mettersela in testa, scegliendo di fare il vescovo. Un ecumenismo, il suo, che apparentemente stride con le recenti vicende, delle provinciali che hanno lacerato, irrimediabilmente, il partito.Occorre ricordare infatti - e sarebbe utile che qualche prezzolato commentatore della mutua lo facesse - che Comi, in qualità di segretario regionale aveva firmato, assieme agli altri segretari della coalizione regionale, un documento a favore del presidente uscente Pettinari. Documento sdegnosamente respinto ai mittenti dal segretario Novelli e dal senatore Morgoni. Il resto è storia nota: Novelli e i Morgoni boys hanno preso una sonora legnata sui denti. Anzi, ad onor del vero, la legnata l’hanno interamente scaricata sulle spalle di Ornella Formica, poveretta, e sui presunti, interni traditori.Comi, a questo punto, forte dell’appoggio dei vertici nazionali - anch’essi, per inciso (compreso lo stesso Renzi), severamente ammoniti dal senatore Morgoni, proprio dalle pagine di questo giornale, poteva liberarsi di un colpo solo del gruppetto dei dissidenti. Poteva tranquillamente metterli nelle condizioni di stare fermi un giro e di non nuocere ulteriormente. Se lo avesse fatto, imponendo del tutto legittimamente un suo candidato, nessuno poteva rimproverargli assolutamente niente. Invece ha scelto la strada istituzionale. Quella del candidato unitario: Francesco Vitali, il presidente votato da tutti. Ma non prima di aver tentato fino all’ultimo momento di dissuadere Novelli dal proposito di dimettersi. In realtà qui gli ostacoli diventavano insormontabili: intanto di ordine formale, poiché ci risulta che Novelli abbia inviato per raccomandata A/R al segretario regionale e poi a tutta l’assemblea, le sue dimissioni irrevocabili. Poi, da un punto di vista sostanziale, a parte l’unica doverosa difesa d’ufficio dell’assessore regionale Sciapichetti, che lo aveva fortemente voluto come segretario, tutta la direzione era intenzionata a chiudere in fretta e furia il disastroso capitolo Novelli. Il blitz di Comi, per imporre un suo uomo, diventava quasi un atto dovuto e, diciamolo pure in tutta franchezza, noi della stampa ce lo aspettavamo da un momento all’altro.Conoscendo un po’ Comi credo che emergenze come il terremoto, la campagna referendaria, la gestione sanitaria ed infine la questione finanziaria del partito, lo abbiano convinto a soprassedere e a tendere la mano all’esiguo manipolo di dissidenti che ha dentro il partito. Verosimilmente venerdì sera Comi, proporrà all’assemblea il nome di Francesco Vitali come candidato unitario ed istituzionale. Vedremo i numeri che il candidato porterà a casa. Ma sin da adesso posso anticipare che Vitali ha dalla sua Macerata, Civitanova, Recanati e Tolentino. Qualche resistenza, paradossalmente, potrebbe arrivare da Montecassiano (suo comune di residenza), Monte San Giusto, Potenza Picena e qualche altro comune dei Morgoni boys. Venerdì sera vedremo, insomma, come risponderanno alla mano tesa di Comi i dissidenti del PD provinciale maceratese.Personalmente conosco Francesco Vitali da oltre venti anni e di lui posso dire che è una persona particolarmente seria ed estremamente prudente. Magari non ha l’eloquio brillante e spigliato che vanno tanto di moda adesso, ma ha una capacità di ascolto e di sintesi fuori del comune. Non è nemmeno uno che si nasconde. Nelle sue scelte ci mette la faccia e si assume responsabilità, sempre in totale autonomia. Non a caso, era tra i firmatari del documento critico verso la gestione delle elezioni di are vasta da parte della segreteria provinciale. Da amministratore è stato sindaco di Montecassiano ed assessore provinciale, con incarico di vicepresidente nell’amministrazione Silenzi.Ha tutta la stoffa del temporaneo traghettatore, destinato poi ad assumere il ruolo definitivo.Se fosse votato all’unanimità sarebbe un bel segnale di ripartenza del Partito Democratico, dopo un brutto stop.Staremo a vedere cosa e soprattutto come deciderà l'assemblea...
A meno di improbabili colpi di scena dell’ultimo minuto, cala definitivamente la tela sul cementificio di Castelraimondo. Tra qualche giorno settantuno dipendenti non avranno più un lavoro, né un reddito per campare le loro famiglie. Un’altra realtà produttiva e fonte di sostentamento per molti che chiude e lascia il territorio montano sempre più povero e spoglio.Eppure si tratta di un epilogo previsto in tempo utile per potervi porre, eventualmente rimedio. Un finale annunciato probabilmente ad orecchi sordi o che, come minimo, non hanno prestato ascolto alle numerose grida di allarme che si levavano da ogni parte. Un caso di lassismo e di trascuratezza da manuale. Ciò nonostante le condizioni per approfondire il dossier c’erano tutte. Le informazioni frammentarie e parziali che trapelavano, avrebbero richiesto un contatto serrato con la proprietà. Con le diverse proprietà che nel corso di questo ultimo anno si sono avvicendate. Le organizzazioni sindacali, con i rappresentanti locali dei lavoratori, in verità, lo hanno richiesto - inascoltati - sin da subito. Ma il loro unico interlocutore istituzionale, ossia la giunta regionale ha fatto orecchi da mercante. Il presidente Ceriscioli ha scelto di non metterci la faccia. Negli ultimi due incontri era altrove. Impegni inderogabili. Mentre gli uomini della Cementir di Caltagirone negavano ai sindacalisti sbalorditi, ogni possibile, ragionevole apertura, lui non c’era. Deliberatamente sceglieva di non stare accanto alle maestranze che in quell’attimo perdevano lavoro e salario. Al suo posto inviava la sua assessora ed un funzionario regionale. Sono sicuro che lui, uomo di sinistra (almeno a parole), che disertava tutti i tavoli di confronto, non deve aver fatto una buona impressione ai lavoratori.Per la verità, lo avevamo visto decisamente più a suo agio alle prese con olive e aperitivi nel party estivo organizzato dalla figlia di quello stesso Caltagirone, Azzurra. Allora la razza padrona chiudeva, tra gli applausi ed i complimenti degli astanti, una testata giornalistica e la signora in questione ebbe a dire che quelli che venivano licenziati non erano giornalisti. Che, casomai, l’impertinente intervistatrice si informasse meglio. Ceriscioli lì, quel giorno c’era, eccome! Sorrideva soddisfatto alle telecamere, tra uno Spritz ed un Martini e la sua unica preoccupazione era come togliersi un fastidiosissimo pezzetto di prezzemolo tra i denti.Della disperazione rabbiosa dei lavoratori, quindi il governatore Ceriscioli non sa. Come non sa del profondo senso di impotenza e frustrazione che pervade quel corpo intermedio che si chiama sindacato, che tante volte ha assorbito anche pesanti conflitti. Non sa nemmeno che oltre al lavoro, questi disoccupati qui hanno perso ogni residuo di fiducia nelle istituzioni. Che si sono sentiti carne da macello. Merce di scambio di quart’ordine. Infatti non ci vuole uno scienziato per capire che uno non compra uno stabilimento perché progetta di non riaprirlo mai. Casomai lo compra per cambiargli destinazione d’uso. E se lo fa è solo perché qualcuno gli ha dato delle solide ed affidabili garanzie. Il tutto sulla pelle di settantuno, ignare famiglie.In realtà le colpe vanno distribuite equamente e non tutte addossate al presidente della giunta regionale. Il locale Partito Democratico, mentre i lavoratori sfilavano in piazza, sotto gli occhi tra l’annoiato ed il rassegnato dei presenti, si guardava compiaciuto e soddisfatto l’ombelico. Il loro dibattito verteva tra il post- Pettinari ed il referendum costituzionale. Incontri a tal proposito si susseguivano incessanti e partecipati. Dentro i salottini, sotto i neon e al fresco dell’aria condizionata si dibatteva dei massimi sistemi. Fuori, per le strade montava la rabbia di quelli che tra pochi giorni non avranno più soldi nemmeno per mangiare. Credo che la distanza tra una classe dirigente ed i suoi concittadini si misuri tutta, qui ed oggi, in questa desolante, ma veritiera rappresentazione. Dopodiché si arriva all’ormai famoso “mangino brioches” di Maria Antonietta, preludio alla rivoluzione.Se è vero che “si muore soprattutto quando in nome della salvezza dell’economia si giustificano scelte che calpestano la dignità delle persone e si negano a queste diritti fondamentali,” come ha saggiamente scritto Mons. Nunzio Galantino, allora noi siamo già morti da tempo e non ce ne siamo nemmeno accorti. Tanto eravamo presi a discutere d’altro…
1948. Le cifre stanno ad indicare la data della fine dei lavori e sono scritte a terra con listelli di marmo bianco in un collage di pietre di granito ben levigate che caratterizzano tutto l’androne di ingresso. L’edificio è in linea con il perfetto stile fascista. Se alzi appena lo sguardo c’è l’immancabile alta torretta per sventolare, con orgoglio, il vessillo tricolore. Manca solo il faccione con la pelata e, nel cortile, i promettenti virgulti ginnasti di bianco vestiti, alle prese con eroiche e pugnaci evoluzioni alla cavallina.Da qualche giorno è al centro dell’attenzione e di una valanga di polemiche. A San Severino non si parla d’altro. È la scuola primaria Alessandro Luzio. A sentire qualcuno è un manufatto che si tiene per scommessa e potrebbe crollare da un momento all’altro, ivi seppellendo un’intera generazione. Secondo altri si tratta di un edificio sicuro anche se non in regola con la normativa antisismica. Il dibattito, ovviamente si svolge nei social network. Filtrato e mediato da chi amministra la discussione. Mi sono incuriosito ed essendo stato invitato dalla giunta comunale a visitare l’edificio, mi sono recato sul posto assieme ad altri giornalisti. Dico la verità: letti gli articoli di stampa mi aspettavo un vecchio palazzo malmesso. Quelli fatti di pietre e sabbia con le travi del tetto ripiegate e le crepe chiuse malamente con la scagliola. Invece è un palazzo di tre piani tutto fatto a mattoni. Dalle fondamenta fino al soffitto. Mattoni duri e solidi. Legati con il miglior cemento e malta di prima qualità. D’altra parte il regime, all’epoca, non badava a spese. Ogni costruzione doveva simboleggiare la forza imperitura dell’impero.Nei sotterranei le colonne portanti sono da 120. Il terremoto del 24 agosto ha incrinato solo la saldatura tra due riquadri di cartongesso nei tramezzi, al terzo piano. Il contro-soffitto di piccoli pannelli non si è mosso di un millimetro. La scuola ha tre distinte vie di fuga. Le scale di sicurezza hanno i parapetti in cemento armato. Praticamente un bunker. Dopo appena cinque minuti comincio ad annoiarmi. L’ingegnere spiega delle millanta verifiche fatte col microscopio, ma che sia un edificio solido e sicuro lo capisce pure il più profano degli inesperti.Quello che non si capisce è la gazzarra che, attorno alla scuola, si è alzata giorno dopo giorno. Tutto parte da una discutibile premessa su una delibera ad opera di un funzionario comunale. Scripta manent dice il detto. E quello scritto – verosimilmente privo di riscontro – ha mandato in tilt un’intera macchina amministrativa. La paura, anzi il terrore del perdurare dello sciame sismico hanno fatto da carburante per alimentare la macchina del panico e della disinformazione.Le minoranze consiliari, piuttosto che cercare le verità (le declino al plurale) e ristabilire la rotta giusta – intestandosene, peraltro, tutto il merito come si fa in politica, in casi come questi – ha preferito cavalcare l’allarmismo della piazza. Anzi del social network. Concentrandosi solo sull’errore della giunta comunale hanno prodotto un dibattito infarcito di un formalismo cavilloso legato al particolarissimo termine tecnico che ha dettato legge, per giorni, sui quotidiani. Per scontrarsi, infine, contro la concretezza vera e solida della costruzione, di cui tutti abbiamo avuto ragionevole contezza durante il sopralluogo. Potremmo dire l'ennesimo episodio della serie: l’eterna lotta del virtuale contro il reale.Il social network ha tutto il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni attraverso gli atti ed i fatti di cui è in possesso. Anche e soprattutto per portare avanti la sua battaglia personale contro la sindaca. Non ha il dovere di ricercare nessuna verità se non quella che ritiene più comoda e meglio fruibile. Viceversa i consiglieri comunali hanno questo dovere: ricercare le verità. Oltre gli atti. Oltre le carte. Oltre le delibere. Lo devono solennemente e lealmente, ai loro concittadini che pro tempore rappresentano.Personalmente, questi consiglieri di minoranza, li boccio tutti senza nessun appello. Non solo da un punto di vista politico, ma pure da quello umano.Un tema delicato come quello della sicurezza dei bambini non si presta per essere così, dozzinalmente strumentalizzato.Questo invece hanno fatto, loro malgrado. Affascinati dal social network, hanno inseguito le sue dinamiche, fino al punto di essere - senza più freni - inghiottiti tutti dal vortice di paura collettiva che, con il loro comportamento, hanno contribuito a creare.
Irene Manzi è la parlamentare maceratese eletta nel Partito Democratico. È segretaria della settima commissione, quella che si occupa di cultura, scienza ed istruzione. Prima di essere eletta deputata è stata vicesindaco ed assessore alla cultura di Macerata. Laureata in giurisprudenza è diventata prima appassionata, quindi studiosa di storia. In particolare di quella risorgimentale. Ha, inoltre, frequentato per due anni il Dottorato di ricerca in Storia e Teoria delle Costituzioni moderne e contemporanee presso l’Università di Macerata.Collabora con prestigiosi istituti di ricerca quali l’Associazione Mazziniana Italiana, l’Istituto per la storia del Risorgimento Italiano, la Deputazione di Storia Patria e l’Istituto per la storia del Movimento di Liberazione nelle Marche. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni quali tra i quali, il volume “La Costituzione della Repubblica Romana del 1849”, ed i saggi, contenuti nei volumi collettanei, “Patrioti e repubblicani nelle Marche tra Otto e Novecento”, “Garibaldi eroe moderno”, “Le Marche in età giolittiana”, “La primavera della nazione”, “Le Marche e la Grande Guerra”. Ho inoltre pubblicato alcuni articoli di argomento storico e giuridico nelle riviste “Il Pensiero Mazziniano”, “Il giornale di storia costituzionale”, “Guida al diritto” ed “I tribunali amministrativi regionali”. È dipendente dell’amministrazione regionale, manco a dirlo, presso il servizio beni ed attività culturali.Le abbiamo rivolto alcune domande relative all'attualità locale.Onorevole Manzi, è di ieri la notizia delle assoluzioni o del proscioglimento di tutti gli imputati del PD per le spese pazze in Regione. Un commento in proposito.La soddisfazione è innanzitutto sul piano personale prima che politico. Sono sicura che molti di questi colleghi, toccati nel vivo della loro onorabilità, non abbiano vissuto un periodo facile della loro vita. Le considerazioni politiche, tuttavia, confermano il fatto che la giunta Spacca ed il PD, nella scorsa legislatura regionale, hanno operato con estrema correttezza ed oggi possono tranquillamente camminare a testa alta. Da adesso sono state fugate definitivamente tutte le nubi.Sul segretario regionale Comi pendeva una spada di Damocle che in qualche maniera ne limitava i movimenti. Da oggi cambia tutto e Comi può occuparsi del partito. Quali sono le emergenze?Adesso c’è bisogno di un PD forte ed autorevole guidato da un segretario altrettanto forte. Non tanto per motivazioni politiche, ma per la sopravvenuta emergenza del terremoto. Il partito Democratico governa molti dei livelli interessati e c’è bisogno di un raccordo continuo e particolare tra i parlamentari, la Regione ed i comuni interessati dal disastro. Questa è la vera priorità da affrontare. Successivamente potremmo parlare pure di questioni interne al partito.A proposito di terremoto, so che a breve incontrerà Vasco Errani. Cosa le rappresenterà?Questo è il momento in cui non si deve lavorare da soli, ma bisogna fare squadra. Penso innanzitutto alla rappresentanza parlamentare marchigiana. Temo che la raffigurazione della situazione, in molti dei comuni colpiti, non sia stata valutata in tutta la sua pesante gravità. Mi riferisco al numero degli sfollati, alle attività produttive che si sono fermate, ai beni ed il patrimonio culturale lesionati, agli edifici scolastici inagibili. Ci sarà bisogno di un coordinamento continuo tra i vari ministeri interessati. Errani ha questo compito e va soprattutto sollecitato ad agire in questo senso. Questo è quello che faremo assieme ai colleghi parlamentari.Mi consenta una domanda polemica: se avesse avuto incarichi in Regione avrebbe utilizzato le già comprovate professionalità e le esperienze di figure come Vito D’Ambrosio, Mario Conti e Roberto Oreficini per l’emergenza terremoto?Intanto dico subito che a livello regionale c’è una struttura valida e capace che sta gestendo positivamente l’emergenza. Però dobbiamo pure ricordare che l’esperienza nel ’97 fu assolutamente positiva sia in fase di emergenza che in quella di tutta la ricostruzione, in tutte le sue fasi. Un esempio di riqualificazione del territorio montano. Oggi si parla tanto del completamento della statale 77, ma mi pare giusto rammentare che la Varanese fu adeguata, con i fondi del terremoto, sensibili alle istanze che provenivano dai comuni montani. Io penso che sia importante fare riferimento a quelle esperienze positive e alle figure che sono state appena citate. Non lo dico io, ma gli amministratori che stanno sul territorio che ne hanno memoria storica. Proprio l’altro giorno se ne parlava a San Ginesio a proposito della messa in sicurezza e della gestione del patrimonio culturale durante il ’97.Passiamo alle recenti vicende tutte interne al Pd e alle polemiche. È volato molto fango, ma a lei sembra non l’abbia raggiunta nemmeno una goccia.Qui il fango è arrivato a tutti. Io, per quanto mi riguarda, cerco in tutti i modi di non farmi sporcare. Si è persa una grossa occasione, almeno mediaticamente, per tacere. Tra l’altro esistono le sedi opportune per analizzare il voto e discuterne pacatamente. Come gruppo dirigente provinciale avevamo assunto l’impegno di evitare assolutamente di parlarne sulla stampa l’uno contro l’altro. Sono una nativa democratica che non ha mai conosciuto le liturgie dei partiti di una volta. Casi come questi però mi fanno rimpiangere il centralismo democratico vecchia maniera. La discrezione in questi passaggi è necessaria soprattutto per il doveroso rispetto delle persone. In questa circostanza mi è parso che si sia fatta offesa a tutti ed in particolare ad Ornella Formica. Una caciara indistinta, incomprensibile agli occhi dei cittadini, all’indomani del terremoto. Davvero non se ne sentiva il bisogno. A questo PD preferisco di gran lunga quello che si occupa di cose concrete. Quello, per capirci, che ho visto l’altro giorno all'opera a San Ginesio con i suoi quadri dirigenti in testa, ad occuparsi del post terremoto.Lei è anche presidente del comitato per il SI’ al referendum a Macerata. Quali sono le sensazioni in proposito?Dal mio punto di vista osservo un gran numero di persone che deve ancora farsi un’idea e capire fino in fondo il senso ed il contenuto della riforma. Compatibilmente con gli impegni post sisma, si promuovono incontri a tale scopo. Nell’ultimo di pochi giorni fa, presso la CNA, si è fatto questo e si è privilegiato l’aspetto di merito piuttosto che la mera propaganda.
Il più grande suicidio di massa della storia avvenne in Guyana (Sudamerica) il 18 novembre 1978. Ben 912 persone si tolsero la vita, persuase dal loro guru, Jim Jones che era ormai in procinto di essere arrestato. Jones, quando capì che il suo “regno” era agli sgoccioli, convinse i suoi adepti ad ingerire una fiala di cianuro e quindi a spararsi un colpo di pistola alla testa.
Il senatore del Partito Democratico, Mario Morgoni, all’indomani della disfatta patita alle elezioni provinciali, sta seguendo – politicamente si intende - passo, passo le orme di Jim Jones. Come guru è di gran lunga meno popolare di Jones perché i suoi adepti si fermano a quota 38. Essi adepti però hanno firmato un documento nel quale individuano come colpevoli della sconfitta non già loro medesimi, ma “alcuni sindaci e amministratori del PD” (nella prima stesura, poi edulcorata, si leggevano addirittura i nomi di Carancini, di Fiordomo e Silenzi). Poi i perfidi alleati (Bianchini, Favia e Carrabs) che non hanno rispettato gli ordini tassativi del guru. Quindi il presidente Ceriscioli che improvvidamente ha cercato di tenere unita la sua maggioranza, piuttosto che assecondare le volontà infallibili del guru e dei suoi adepti. Inoltre Antonio Pettinari che si è candidato nonostante la terribile fatwa di Morgoni. Infine tutti quelli di centrodestra che sciaguratamente non hanno votato il candidato del PD come ha fatto invece il bravo Capponi: unico avversario serio e capace di interloquire con la setta. Di conseguenza – si legge ancora nel documento – occorre una verifica immediata in regione. Perché è ovvio che se quelli di centrodestra non votano la Formica e quelli della segreteria PD non sanno fare manco le addizioni, si apre un problema tutto politico. Mancava solo l’ordine di invasione alla Polonia affinché il documento diventasse un serio caso psicopatologico-clinico-forense da tenere sotto controllo con la massima attenzione. A latere, si segnalano le dimissioni del segretario provinciale Novelli, a distanza di dieci giorni dalla sconfitta. Però meglio tardi che mai, che con certi figuri non si è mai sicuri come va a finire.
Tutto questo teatro dei pupi, ovviamente è avvenuto sotto gli occhi sgranati ed increduli di cittadini comuni, molti dei quali alle prese con il post terremoto. Pensate la scena: esterno giorno passano le immagini di distruzione. Carriole di macerie. Volontari e vigili del fuoco che lavorano tutti infangati, vecchi che raccolgono le loro povere cose dentro abitazioni distrutte. In sottofondo salgono voci di persone che litigano sempre più forte. Urlano, insultandosi a squarciagola su di chi sia la colpa della sconfitta ad una elezione di secondo grado. Sono quelli del Partito Democratico della provincia di Macerata. Non tutti, per fortuna. Solo una piccola parte, ma quella più rumorosa che va sui giornali e trascina tutti nel fango mediatico. Evidentemente a costoro degli sfollati che dormono in tenda non gliene frega una beata fava. La loro priorità è la verifica di maggioranza in Regione. Avevo scritto tempo fa che questi comportamenti mi facevano schifo. Sono stato redarguito per il linguaggio pesante che ho usato allora. Oggi ribadisco: mi fanno schifo due volte. Anzi mi fanno proprio vomitare.
Non hanno il senso elementare delle priorità. Ma non mi meraviglio più di tanto. In fondo da una generazione di amministratori cresciuta ad omogeneizzati e video games non ci si può aspettare la percezione del senso delle cose reali. Per loro tutto è virtuale. Anche la realtà che li circonda, specie se si manifesta nella sua brutale crudezza. Si nutrono solo del loro cieco e sordo cinismo. Senza bussola e senza direzione. Si atteggiano a nuova classe dirigente, ma sono capaci solo di impartire ordini da comandanti. Un club esclusivo di frustrati incapaci di dialogare nemmeno con sé stessi. Immaturi che non sanno assumersi in prima persona le loro responsabilità. Il colpevole - come in questo caso - è sempre altrove. Bambini insomma che giocano a fare i politici, quando il loro posto sarebbe sui banchi di scuola. A disegnare al massimo aste e tondi. Una somma di fallimenti generazionali plurimi che si incontra. Si annusa, si piace, si mette assieme e assieme ordisce trame. Ordina. Impone. Mette veti. Dichiara. Scrive. Giudica. Non ascolta. Non legge. Non si informa. Non si confronta. Non media. Non arriva a compromessi. Semplicemente perché ne è del tutto incapace.
Mi chiedo se non gli faccia paura sapere che tra gli amministratori della provincia solo il 33% si riconosce nel campo del centrosinistra. Che i tanto dileggiati loro avversari dell’UDC stanno lì al 27% e dove li hanno affrontati li hanno suonati dovunque. Altro che strumenti di precisione per misurali…
Che se a livello nazionale, nel centrodestra trovassero un vero leader, loro sarebbero spazzati via come paglia in un uragano. Tuttavia piuttosto che tremare davanti a questi numeri e prendere seri e urgenti provvedimenti nei territori, per recuperare credibilità e consensi, non trovano di meglio che costruire il futuro insultando ed insolentendo il prossimo: nella fattispecie sindaci e alleati.
A questo giornale, per dire, non mandano più nemmeno i loro comunicati stampa. Beninteso, sapere che ci detestano è per noi motivo di vanto ed orgoglio che rivendichiamo con forza. Una medaglia che ci appendiamo all'occhiello ed ostentiamo con tronfia immodestia. Non vogliamo avere niente a che fare con questa paccottiglia di umanità varia e talvolta disperata che non trovando meglio da fare si è data, con palese insuccesso, alla politica.
Quello che invece facciamo è un appello a tutte le forza sane del Partito Democratico. Per il bene di tutta la politica: mettete da parte le vostre divisioni e fate fronte comune contro questa esigua minoranza capace solo di strillare contro, ma inadatta a costruire. Cacciateli via subito e poichè sono pericolosi sia per se stessi che per gli altri, metteteli in condizione di non nuocere più.
Lo dico ai vari Comi, Carancini, Fiordomo, Manzi, Silenzi, Montesi e ai tanti che stanno nell'ombra, ma che sarebbero disposti ad impegnarsi in prima persona.
Il tempo dell’attendismo e della tattica, fin qui perseguito, ha prodotto questo mostro di risultato. Ascoltate piuttosto l’appello lanciato da Renato Pasqualetti: c’è un territorio tutto da ridisegnare e una politica tutta da riscrivere. Per questo c’è bisogno di un Partito Democratico forte ed autorevole che sappia confrontarsi con tutti e non di una falange perennemente armata. Peraltro non si capisce bene contro chi...