Quelli del Soccorso Alpino che vigilano le montagne
Confesso che la prima volta che ho preso, dopo il sisma di quella maledetta domenica mattina, la strada che da Visso porta a Castelsantangelo sul Nera ho avuto paura. Già dopo la troticoltura, di qua e di là del nastro d'asfalto si vedevano dei massi che erano caduti dalla montagna sovrastante. Poi, man mano che salivo il numero e le dimensioni delle grosse pietre diventava impressionante. Finché, ad un certo punto non ho visto una frana spaventosa. Era venuto giù un intero pezzo di montagna.
(Renzo Marianelli)
Lo stesso spettacolo si riproponeva nelle valli strette: ad Ussita, a Pioraco, sulla Valnerina addirittura una enorme frana ha deviato il corso del fiume costringendo le autorità a chiudere la principale strada di collegamento. Sassi, pietre, detriti di ogni genere, massi enormi o semplicemente pezzi di fango e terra che, all'improvviso si staccano e precipitano a valle, dopo un volo di decine e decine di metri. Lasciando spesso delle cicatrici indelebili sull'asfalto, così come le granate lasciano piccole buche o scalfitture sul selciato dove esplodono.
(Giancarlo Guglielmi)
Il terremoto non ha solo distrutto abitazioni, spaccato la terra, innalzato corsi d'acqua o abbassato il livello di piccoli paesi dell'entroterra. Ha pure modificato equilibri statici che rendevano sin qui sicuri, quei paesaggi fatti di scogli e pietre. Lo scuotimento energico, lungo e continuo delle montagne ha messo seriamente a rischio quell'equilibrio, apparentemente precario, che ci dava il senso di rassicurante immobilità. Adesso tutto ci sembra più insicuro ed instabile. Quindi pericoloso. Spesso ci capita di guardare in alto ed avere come la sensazione che quella grossa roccia non sia più al proprio posto e che, da un momento all'altro, possa precipitare sulle nostre teste e creare ulteriore distruzione. Mentre i Vigili del Fuoco sono impegnati in operazioni di messa in sicurezza e di recupero di materiali dalle abitazioni, c'è un altro corpo di volontari che si occupa di controllare lo stato delle nostre montagne ed in particolare della sicurezza delle valli. Si tratta del corpo del Soccorso Alpino. Una onlus che tra le sue finalità ha il soccorso in ambiente impervio, la prevenzione ed il monitoraggio e la vigilanza sul territorio.
(Massimo Ilari)
Mettiamola più o meno così e diciamo che in tempo di pace, questi ragazzi lavorano a stretto contatto con il 118 e talvolta traggono in salvo incauti escursionisti che restano isolati tra una slavina e l'altra. Spesso calandosi dagli elicotteri o scendendo in strapiombo, in parete, su una corda doppia. In tempo di terremoto la Regione Marche ha affidato loro un compito particolarmente delicato, ma importantissimo: verificare, dopo le scosse, la sicurezza di interi centri abitati, strade ed infine sentieri dal pericolo di caduta massi. Li seguiamo in azione a Bolognola perché devono verificare la sicura percorribilità della strada che da Fiastra conduce a Bolognola e poi del sentiero che porta alla valle del Fiastrone. Ci diamo appuntamento alle 14,30 a Bolognola, ma siccome hanno dovuto effettuare un intervento di emergenza a Pioraco, con delle reti di contenimento massi che stavamo per tracimare, portano del ritardo. Poi arrivano a bordo del fuoristrada giallo fluorescente. Sono in tre, ma hanno con loro una valigetta preziosissima. Dentro c'è un drone bianco dalle dimensioni di 40 X 40 cm. Loro sono Renzo Marianelli, Massimo Ilari e Giancarlo Guglielmi. Ci spiegano la conformazione delle rocce. Qui è tutto materiale friabile, dicono. In effetti siamo in presenza di un ghiaione enorme con pietre di tutte le dimensioni e quella che appare come roccia saldamente attaccata alla parete, in realtà è un multistrato che potrebbe sbriciolarsi da un momento all'altro. Alle nostre spalle Pizzo tre Vescovi è imbiancato ed il sole che lo sta per accarezzare nel suo tramonto, fa lo stesso effetto di un evidenziatore arancione su di una cartolina da settimana bianca. Renzo inforca il binocolo e da lontano si gode qualche piccola slavina che viene giu a due passi dal rifugio del Fargno; Massimo, munito di una consolle a tracolla, armeggia con il drone e Giancarlo ci spiega dettagliatamente tutta l'operazione. Una volta lanciato, il drone registra un filmato di tutto quello che c'è sotto di lui. Massimo, con gli occhi incollati al tablet, vede lo stato dei massi o dei detriti che eventualmente si sono mossi. Ogni tanto, oltre dalla registrazione video, ferma il drone e scatta una fotografia. Dice che le foto permettono una fedeltà migliore nella visione. Addirittura, ingrandendo, ingrandendo, sono riusciti a vedere e distinguere perfettamente un alveare. Il drone si alza e, in effetti, per il rumore mi rimanda ad uno sciame d'api. Poi, benché col naso all'insù, lo perdo di vista. Allora mi metto a sbirciare nel tablet al centro dei due joystick con cui si manovra il drone. Mi sembra di stare dentro una carta topografica di quelle a colori dell'IGM. Canaloni, balze e forre viste incredibilmente da vicino. Il bianco latte su di uno scoglio risalta in maniera sospetta rispetto a tutto il grigio circostante.
C'è qualche fessurazione dice Massimo. Cioè? Cioè si è staccato qualche masso ed ha "scaricato" nel canalone. Quindi chiedo io? Mi rispondono che il loro compito è quello di registrare tutto e di sottoporre tutti i video ai geologi della Regione Marche. I quali, a loro volta, prenderanno eventuali provvedimenti di messa in sicurezza. Oppure chiederanno ancora al Soccorso Alpino un supplemento di indagine, stavolta direttamente sul posto e di persona. Dipende dalle circostanze. Sta calando la sera e per oggi il controllo delle montagne è finito. Gli ex alpini della val Dobbiadene ci aspettano nel tendone piantato nella piazzetta di Bolognola. Dice che hanno un prosecco fantastico. Per dovere di cronaca non posso perdermelo. Alla prossima. Facciamo quando mi sarà passato il mal di testa...
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