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Politica San Severino Marche

San Severino, una scuola e tante inutili polemiche

San Severino, una scuola e tante inutili polemiche

1948. Le cifre stanno ad indicare la data della fine dei lavori e sono scritte a terra con listelli di marmo bianco in un collage di pietre di granito ben levigate che caratterizzano tutto l’androne di ingresso. L’edificio è in linea con il perfetto stile fascista. Se alzi appena lo sguardo c’è l’immancabile alta torretta per sventolare, con orgoglio, il vessillo tricolore. Manca solo il faccione con la pelata e, nel cortile, i promettenti virgulti ginnasti di bianco vestiti, alle prese con eroiche e pugnaci evoluzioni alla cavallina.

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Da qualche giorno è al centro dell’attenzione e di una valanga di polemiche. A San Severino non si parla d’altro. È la scuola primaria Alessandro Luzio. A sentire qualcuno è un manufatto che si tiene per scommessa e potrebbe crollare da un momento all’altro, ivi seppellendo un’intera generazione. Secondo altri si tratta di un edificio sicuro anche se non in regola con la normativa antisismica. Il dibattito, ovviamente si svolge nei social network. Filtrato e mediato da chi amministra la discussione. Mi sono incuriosito ed essendo stato invitato dalla giunta comunale a visitare l’edificio, mi sono recato sul posto assieme ad altri giornalisti. Dico la verità: letti gli articoli di stampa mi aspettavo un vecchio palazzo malmesso. Quelli fatti di pietre e sabbia con le travi del tetto ripiegate e le crepe chiuse malamente con la scagliola. Invece è un palazzo di tre piani tutto fatto a mattoni. Dalle fondamenta fino al soffitto. Mattoni duri e solidi. Legati con il miglior cemento e malta di prima qualità. D’altra parte il regime, all’epoca, non badava a spese. Ogni costruzione doveva simboleggiare la forza imperitura dell’impero.

Nei sotterranei le colonne portanti sono da 120. Il terremoto del 24 agosto ha incrinato solo la saldatura tra due riquadri di cartongesso nei tramezzi, al terzo piano. Il contro-soffitto di piccoli pannelli non si è mosso di un millimetro. La scuola ha tre distinte vie di fuga. Le scale di sicurezza hanno i parapetti in cemento armato. Praticamente un bunker. Dopo appena cinque minuti comincio ad annoiarmi. L’ingegnere spiega delle millanta verifiche fatte col microscopio, ma che sia un edificio solido e sicuro lo capisce pure il più profano degli inesperti.

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Quello che non si capisce è la gazzarra che, attorno alla scuola, si è alzata giorno dopo giorno. Tutto parte da una discutibile premessa su una delibera ad opera di un funzionario comunale. Scripta manent dice il detto. E quello scritto – verosimilmente privo di riscontro – ha mandato in tilt un’intera macchina amministrativa. La paura, anzi il terrore del perdurare dello sciame sismico hanno fatto da carburante per alimentare la macchina del panico e della disinformazione.

Le minoranze consiliari, piuttosto che cercare le verità (le declino al plurale) e ristabilire la rotta giusta – intestandosene, peraltro, tutto il merito come si fa in politica, in casi come questi – ha preferito cavalcare l’allarmismo della piazza. Anzi del social network. Concentrandosi solo sull’errore della giunta comunale hanno prodotto un dibattito infarcito di un formalismo cavilloso legato al particolarissimo termine tecnico che ha dettato legge, per giorni, sui quotidiani. Per scontrarsi, infine, contro la concretezza vera e solida della costruzione, di cui tutti abbiamo avuto ragionevole contezza durante il sopralluogo. Potremmo dire l'ennesimo episodio della serie: l’eterna lotta del virtuale contro il reale.

Il social network ha tutto il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni attraverso gli atti ed i fatti di cui è in possesso. Anche e soprattutto per portare avanti la sua battaglia personale contro la sindaca. Non ha il dovere di ricercare nessuna verità se non quella che ritiene più comoda e meglio fruibile. Viceversa i consiglieri comunali hanno questo dovere: ricercare le verità. Oltre gli atti. Oltre le carte. Oltre le delibere. Lo devono solennemente e lealmente, ai loro concittadini che pro tempore rappresentano.

Personalmente, questi consiglieri di minoranza, li boccio tutti senza nessun appello. Non solo da un punto di vista politico, ma pure da quello umano.

Un tema delicato come quello della sicurezza dei bambini non si presta per essere così, dozzinalmente strumentalizzato.

Questo invece hanno fatto, loro malgrado. Affascinati dal social network, hanno inseguito le sue dinamiche, fino al punto di essere - senza più freni - inghiottiti tutti  dal vortice di paura collettiva che, con il loro comportamento, hanno contribuito a creare.

 

Fabrizio Cambriani
Opinionista e polemista, scrive solo per passione. In caso di guerre e/o calamità naturali diventa anche reporter e narratore. Politicamente ormai apolide, è sempre incuriosito e attratto dalle dinamiche relative alle continue trasformazioni sociali. Ama la buona tavola, l'ottima musica e le donne (anche contemporaneamente)...

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