di Barbara Trasatti Instagram:@barbaratrasatti

10 anni di Picchio News: quando essere social era visionario

10 anni di Picchio News: quando essere social era visionario

Ieri sera a Villa Koch di Recanati si è celebrato un traguardo che vale più di un semplice compleanno aziendale. Picchio News ha festeggiato 10 anni di attività, ma soprattutto 10 anni di visione. Fu una scommessa. Una scommessa che oggi, guardando la proiezione delle avventure di Guido Picchio fotoreporter tra gli applausi degli amici, possiamo dire di aver vinto.  QUANDO I SOCIAL ERANO UNA SFIDA, NON UN OBBLIGO  Dieci anni fa essere “social” nel giornalismo era quasi rivoluzionario. Facebook era ancora considerato “roba da ragazzini”, Instagram muoveva i primi passi, TikTok non esisteva nemmeno. Mentre i media tradizionali guardavano con sospetto questi “nuovi” strumenti, Picchio News scelse di abbracciarli completamente. Non come appendice del giornale, ma come cuore pulsante della comunicazione. E non fu una scelta facile: significava imparare linguaggi nuovi, inventare formati inesistenti, rischiare di essere presi per “poco seri”. Il risultato? Oggi siamo qui, a festeggiare non solo 10 anni di vita, ma 10 anni di innovazione continua. L’EVOLUZIONE DI UN LINGUAGGIO  Ieri sera, rivedendo le immagini delle avventure di Guido Picchio, abbiamo ripercorso non solo la storia di Picchio News, ma l’evoluzione di un intero modo di fare informazione. Da quando documentavamo eventi con foto statiche, a quando abbiamo iniziato le prime dirette, fino ad arrivare alle stories, alle video notizie ai reel, ai contenuti multimediali di oggi.  Perché essere social, per Picchio News, non è mai stato “stare al passo coi tempi”. È sempre stato “anticipare i tempi”.  E Guido Picchio, con la sua originalità e voglia di vivere con leggerezza, è stato il simbolo perfetto di questo approccio: curioso, autentico, sempre pronto allo scoop ma mai pesante. Esattamente quello che dovrebbe essere un media social.  LA DIFFERENZA TRA CHI CI CREDE E CHI SI ADEGUA La festa di ieri sera è il risultato di 10 anni di relazioni autentiche, di contenuti onesti, di presenza costante ma mai invadente. È la prova che quando i social li usi con passione e non per obbligo, il risultato si vede. E si sente. IL VALORE DELLE RELAZIONI VERE  La serata di ieri ha dimostrato una cosa che spesso si dimentica nell’era digitale: dietro ogni social media di successo ci sono relazioni umane vere. I volti sorridenti di Villa Koch non erano follower anonimi, ma amici, collaboratori, lettori che in questi 10 anni sono diventati parte della famiglia Picchio News.  Questo è il segreto che molti non capiscono: i social funzionano quando non sono solo social, ma quando sono espressione di una comunità reale. E Picchio News, in 10 anni, ha costruito esattamente questo: una comunità. LA RICETTA DEL SUCCESSO SOCIAL DI LUNGO PERIODO  Come si costruisce un media social che dura 10 anni senza perdere autenticità: 1 dose massiccia di passione genuina per quello che fai; curiosità infinita verso le persone e le loro storie; coraggio di sperimentare quando tutti pensano che sia una follia; coerenza nel tempo, indipendentemente dalle mode del momento; rispetto per il proprio pubblico (mai prenderlo in giro); capacità di innovare rimanendo fedeli ai propri valori; zero paura di sembrare “diversi” dalla massa Mescolate con tanto lavoro e servite caldo per 10 anni consecutivi. Risultato: una festa come quella di ieri sera, dove chi c’era si è divertito davvero! LA MORALE DEI 10 ANNI  Ieri sera, tra le luci di Villa Koch e gli applausi degli amici, una cosa era chiara: Picchio News non ha solo attraversato 10 anni di cambiamenti digitali, li ha anticipati. E questo non per caso, ma per scelta. Per la scelta di credere che dietro ogni schermo ci fossero persone vere, con storie vere da raccontare e da ascoltare.  I prossimi 10 anni? Iniziano oggi. Con la stessa curiosità, la stessa passione, la stessa voglia di raccontare il mondo che cambia. Ma con 10 anni di esperienza in più. E con la certezza che quando credi davvero in quello che fai, il tempo ti dà sempre ragione.  Auguri Picchio News. Auguri a noi tutti. E che la festa continui!  

13/09/2025 12:34
Back to work social: quando il rientro  diventa performance

Back to work social: quando il rientro diventa performance

È settembre e i social si riempiono della stessa scena: scrivania perfettamente ordinata, caffè fumante accanto al MacBook, agenda aperta su "nuovi progetti", didascalia motivazionale su "fresh start" e "new goals". Il back to work 2025 è diventato uno spettacolo teatrale dove tutti recitano il ruolo del professionista motivato che riparte alla grande. Ma dietro questa messa in scena cosa c'è davvero? E soprattutto: questa performatività del rientro aiuta davvero a ripartire o è solo l'ennesima pressione sociale travestita da motivazione? Settembre è diventato il gennaio bis: stessa pressione sociale, stessi propositi irrealistici, stessa delusione quando la realtà si scontra con l'immagine perfetta che abbiamo costruito online. L'ANSIA DA RIENTRO "Come sono preparato per settembre", "I miei obiettivi per l'autunno", "La mia routine mattutina per la produttività": i social di settembre sono un manuale di self-help collettivo dove tutti fanno gli esperti di organizzazione personale. Ma questa gara a chi riparte meglio genera più ansia che motivazione. Perché quando vedi tutti gli altri apparentemente super organizzati e motivati, e tu stai ancora cercando di capire dove hai messo l'agenda, ti senti automaticamente in ritardo sulla vita. Il rientro vero non è su Instagram. È fatto di mattine difficili, progetti che non decollano subito, abitudini che faticano a consolidarsi. Ma questo sui social non lo vedi mai. LA DIFFERENZA TRA RIPARTIRE E FINGERE DI RIPARTIRE Chi riparte davvero: Non annuncia ogni piccolo cambiamento Lavora sui processi più che sull'estetica È costante nel tempo, non solo a Settembre Sa che i cambiamenti richiedono tempo Non ha bisogno di validazione sociale per ogni passo Chi finge di ripartire: Documenta tutto nei minimi dettagli Si concentra sull'aspetto "instagrammabile" dei cambiamenti Fa grandi annunci ma poca sostanza Smette dopo le prime difficoltà Ha bisogno di approvazione esterna per continuare La differenza è sottile ma fondamentale per chi vuole costruire un cambiamento reale, non solo apparente. IL MITO DELLA PERFEZIONE I Social ci hanno convinto che per essere produttivi bisogna avere tutto perfetto e documentato. Ma la creatività e la produttività vera nascono spesso dal caos, dall'imperfezione, dal processo, non dal risultato finale da condividere su Facebook. L'OPPORTUNITÀ NASCOSTA DEL VERO RIENTRO Ecco il punto che molti perdono: Settembre può essere davvero un nuovo inizio, ma solo se smetti di recitarlo e inizi a viverlo. I Social possono essere alleati del cambiamento, ma devono essere usati strategicamente, non compulsivamente. Come usare i social per un vero top start: 1. Condividi processi, non solo risultati 2. Sii onesto sulle difficoltà, non solo sui successi 3. Crea contenuti che aiutano gli altri, non che li intimidiscono 4. Usa i Social per creare contatti positivi 5. L'autenticità nel raccontare il proprio rientro crea connessioni vere e motiva davvero, invece di generare solo invidia o competizione tossica. LA RICETTA DEL BACK TO WORK FAKE Come trasformare settembre in un altro mese di frustrazione mascherata da motivazione: 1. 50 foto della scrivania ordinata in angolazioni diverse 2. Lista di obiettivi impossibili da raggiungere in 3 mesi 3. Routine mattutina copiata da influencer motivazionali 4. Agenda riempita di impegni "produttivi" ma poco realistici 5. Confronto costante con altri "super organizzati" sui Social 6. Abbandono della "motivazione" alla prima difficoltà Mescolate con perfezionismo tossico e servite freddo quando la realtà non corrisponde all'aspettativa. Risultato garantito: senso di fallimento entro fine ottobre. IL PARADOSSO DELLA MOTIVAZIONE CONDIVISA Più condividi la tua motivazione sui social, più rischi di perderla. La vera motivazione non ha bisogno di essere costantemente alimentata dai like. È intrinseca, sostenibile, privata quando serve. Si nutre di risultati reali, non di approvazione virtuale. LA STRATEGIA DEL RIENTRO INTELLIGENTE Il back to work efficace sui Social non elimina la documentazione, ma la rende strategica: 1   Condividi il "perché", non solo il "cosa" 2. Mostra l'imperfezione del processo, non solo i successi 3. Crea contenuti utili per chi sta affrontando le tue stesse sfide 4. Usa i social per connetterti, non per competere 5. Documenta con costanza, non solo nei momenti perfetti Questo approccio costruisce un personal brand autentico e aiuta davvero chi ti segue, invece di intimidirlo. Le persone stanno diventando più brave a riconoscere l'autenticità dalla performance. Chi saprà raccontare il proprio rientro in modo genuino e utile avrà un vantaggio competitivo su chi continua a recitare la perfezione motivazionale. Il mercato premia chi ispira davvero, non chi intimorisce con la propria apparente super-organizzazione. LA MORALE SETTEMBRINA Settembre può essere un vero nuovo inizio, ma solo se smetti di metterlo in scena e inizi a viverlo. I social non sono nemici del cambiamento reale, sono strumenti. Come tutti gli strumenti, il risultato dipende da come li usi. La vera produttività è fatta di costanza silenziosa, errori che insegnano, processi che migliorano gradualmente. È meno spettacolare della scrivania perfetta, ma infinitamente più efficace. E se proprio vuoi documentare il tuo back to work, fallo per aiutare gli altri a sentirsi meno soli nel processo, non per dimostrare quanto sei bravo a ripartire. Perché alla fine, il rientro migliore è quello che non ha bisogno di essere dimostrato a nessuno. Solo vissuto.

06/09/2025 11:00
Social elettorali: basta sagre, iniziate a parlare di programmi

Social elettorali: basta sagre, iniziate a parlare di programmi

Campagna elettorale 2025: i social dei candidati sono diventati il festival del folklore politico. Sagre, feste di paese, selfie sorridenti, strette di mano infinite. Ma dove sono finiti i programmi? Le proposte concrete? Le idee per il futuro? I social elettorali si sono trasformati in una vetrina permanente dove l’unica cosa che conta è essere visti.  E i cittadini? Stanchi di vedere politici che si comportano come influencer.  IL GRANDE INGANNO DELLA VICINANZA  “Essere vicini alla gente” è diventato sinonimo di “farsi fotografare ovunque ci sia una festa”. Mercatini, sagre, inaugurazioni: ogni evento è buono per un selfie e un post. I cittadini non hanno bisogno di un candidato che sa sorridere alle feste. Hanno bisogno di qualcuno che sappia gestire sanità, trasporti, lavoro, ambiente. Ma di questo, sui social elettorali, non c’è traccia.  L’EPIDEMIA DEL SELFIE ISTITUZIONALE  Scenario tipo di ogni candidato 2025: foto con il sindaco di turno, selfie con gli organizzatori della festa, video mentre assaggi prodotti tipici. Il risultato? Profili social tutti uguali. Cambiano le facce, restano identici i contenuti.Ma soprattutto: zero rispetto per l’intelligenza degli elettori, che a furia di vedere sempre la stessa minestra rifrittta, hanno smesso di seguire i candidati sui social.  COSA VOGLIONO DAVVERO I CITTADINI  Sorpresa: la gente sui social vuole capire:  - Come risolverai il problema del traffico - Cosa farai per l’ospedale che non funziona - Quale sarà la tua strategia per il lavoro - Come gestirai le risorse della regione - Quali sono le tue priorità concrete  I social sono lo strumento perfetto per spiegare programmi complessi in modo semplice.  IL PARADOSSO DELL’ACCESSIBILITÀ  “Dobbiamo essere accessibili” è la scusa per giustificare contenuti banali e ripetitivi. Ma essere accessibili non significa essere superficiali.  Si può spiegare un programma sanitario complesso con un video di 60 secondi ben fatto. Si può parlare di economia regionale senza addormentare nessuno. Si può essere seri senza essere noiosi. Il problema non è la complessità dei temi, è la pigrizia comunicativa di chi preferisce il selfie facile al video che richiede preparazione.  LA RICETTA DEL CANDIDATO SOCIAL PERFETTO  Come sprecare una campagna elettorale sui social:  - 80% di contenuti su sagre, feste e inaugurazioni - 15% di foto con “la gente comune” (sempre sorridente) - 4% di slogan generici senza contenuti (“Insieme per il futuro!”) - 1% di accenni vaghi al programma (solo se proprio costretti) - 0% di risposte concrete alle domande dei cittadini - Stessa strategia di comunicazione di tutti gli altri candidati Mescolate con totale mancanza di personalità e servite tiepido agli elettori stanchi. Risultato: disaffezione politica e astensionismo record. L’OPPORTUNITÀ SPRECATA  I social sono l’opportunità più grande che la politica abbia mai avuto per parlare direttamente ai cittadini. Senza filtri giornalistici, senza mediazioni, senza limiti di tempo. Puoi spiegare, educare, coinvolgere, rispondere. E invece cosa fanno i candidati? Li usano come un album fotografico delle loro uscite pubbliche. Uno spreco colossale di potenzialità.  Chi saprà usare i social per comunicazione seria avrà un vantaggio competitivo enorme sugli altri. Ma evidentemente nessuno se n’è ancora accorto.  IL CASO DEGLI INFLUENCER POLITICI CHE FUNZIONANO  Nel mondo esistono politici che sui social spiegano le loro proposte, educano i cittadini, rispondono alle domande, creano dibattiti costruttivi. E guarda caso: sono quelli che ottengono più consenso duraturo.  Non è magia, è strategia comunicativa intelligente. È rispetto per l’intelligenza degli elettori. È utilizzare gli strumenti digitali per quello che sono: mezzi di comunicazione, non album di ricordi. LA MORALE ELETTORALE  Una campagna elettorale sui social dovrebbe educare, informare, coinvolgere. Dovrebbe elevare il dibattito pubblico, non abbassarlo al livello della cronaca mondana. I cittadini meritano di più. Meritano candidati che usano i social per spiegare come vogliono governare, non per documentare dove sono stati invitati a cena. E chi lo capirà per primo avrà già vinto. Non solo le elezioni, ma soprattutto il rispetto degli elettori. Perché alla fine, la vera vicinanza alla gente si misura nella capacità di risolvere i loro problemi reali. E questo, sui social, si può raccontare benissimo. Se sai come fare.

30/08/2025 11:37
Estate senza filtri: la ribellione dei veri

Estate senza filtri: la ribellione dei veri

“Body positive”, “real is beautiful”, “no filter”: l’estate 2025 è stata invasa da questi hashtag. Sembra che tutti abbiano deciso di mostrarsi “autentici”, senza ritocchi, con imperfezioni in bella vista. Ma siamo sicuri che questa rivoluzione anti-filtro sia davvero autentica? O è solo l’ultimo trend da cavalcare per sembrare più credibili?  Spoiler: spesso è la seconda. E qui iniziano i problemi.  L’AUTENTICITÀ  Paradosso dell’estate: mai visti così tanti post “senza filtri” così perfettamente studiati. Cellulite strategicamente in bella vista, capelli “naturalmente” fatti in casa, makeup “no makeup” che richiede più prodotti del trucco da sera.  Il risultato? L’autenticità è diventata un altro personaggio da interpretare. E come tutti i personaggi fake, si riconosce a chilometri di distanza. Il problema non è voler apparire naturali. Il problema è fingere di essere naturali quando non lo si è. IL BUSINESS DELLA SINCERITÀ  Influencer che mostrano la pancia non perfetta per vendere integratori dimagranti. Creator che postano acne e brufoli per promuovere prodotti skincare. Personal trainer che mostrano cellulite per attrarre più clienti.  L’autenticità è diventata una strategia di marketing. E quando l’autenticità diventa strategia, smette di essere autentica. Ma attenzione: questo non significa che sia tutto falso. Significa che bisogna saper distinguere tra chi è genuinamente autentico e chi fa cinema dell’autenticità. LA TRAPPOLA DELL’ESTREMO OPPOSTO  Dopo anni di filtri esagerati e corpi impossibili, molti sono caduti nell’estremo opposto. Dal “tutto perfetto” al “tutto imperfetto”. Ma anche l’imperfezione studiata è una perfezione, solo di segno contrario. Il vero equilibrio non è nel mostrare tutto o nascondere tutto. È nel sapere cosa condividere, quando e perché. È autenticità strategica, non esibizione compulsiva. E qui casca l’asino: la maggior parte delle persone non sa dove sia questo equilibrio.  IL RICONOSCIMENTO DELL’AUTENTICITÀ VERA  Come si riconosce l’autenticità vera da quella finta?  L’autenticità vera: - Non si annuncia (“Eccomi senza filtri!”) - È coerente nel tempo, non a spot - Non cerca like attraverso l’imperfezione - Racconta storie, non vende prodotti L’autenticità finta: - Ha sempre un hashtag di accompagnamento - Compare solo quando conviene - È perfettamente imperfetta - Ha sempre un tornaconto commerciale La differenza è sottile ma fondamentale per chi costruisce un personal brand sui social.  LA RICETTA DELL’AUTENTICITÀ FINTA  Come trasformare la naturalezza in ennesima strategia fallimentare: - 1 imperfezione studiata nei minimi dettagli - 3-4 tentativi per la foto “spontanea” perfetta - Caption motivazionale sull’accettazione di sé - Hashtag #nofilter su foto chiaramente ritoccate - Scopo commerciale nascosto dietro la “sincerità”  Mescolate con buone intenzioni sbagliate e servite a un pubblico stanco delle solite pose. Risultato garantito: ennesima performance che nessuno crede più! L’OPPORTUNITÀ MANCATA Ecco il punto: l’autenticità sui social non è solo possibile, è la strategia più efficace che esista. Ma deve essere VERA autenticità, non il suo teatrino. Le persone hanno sviluppato un radar per la falsità. Sanno riconoscere chi è autentico e chi recita l’autenticità. E premiano il primo, puniscono il secondo. Il mercato oggi premia chi sa essere genuinamente sé stesso.  IL PARADOSSO DEL SUCCESSO Chi ha davvero successo con l’autenticità? Chi non la sbandiera come una bandiera. Chi semplicemente è, senza bisogno di dimostrarlo ogni tre post. Questi creator hanno capito che l’autenticità non è un contenuto, è un modo di comunicare. Non è cosa dici, è come lo dici. Non è mostrare imperfezioni, è essere coerenti con i propri valori. E soprattutto hanno capito che l’autenticità vera costruisce fiducia. E la fiducia, nel 2025, vale più di cinquemila follower fake. LA STRADA GIUSTA ESISTE La buona notizia? Il futuro appartiene ai veri. Si può costruire una presenza social autentica ed efficace. Si può essere sé stessi e ottenere risultati. Si può essere credibili e aumentare la propria visibilità. La chiave è capire che l’autenticità sui social non significa condividere tutto, ma condividere bene. Non significa essere sempre perfetti o sempre imperfetti, ma essere sempre coerenti. LA MORALE SOCIAL L’autenticità non è un trend da seguire, è un modo di essere. Non si può fingere a lungo termine. O sei autentico o non lo sei. I social sono solo uno strumento. Come tutti gli strumenti, il risultato dipende da come li usi. E questo, credetemi, fa tutta la differenza del mondo. Tra chi subisce i social e chi li sa usare. Tra chi recita un personaggio e chi costruisce un brand. Tra chi insegue l’ultimo trend e chi ne crea di nuovi. L’autenticità sui social si può imparare. Basta sapere come fare.

23/08/2025 11:18
Ferragosto: la competizione del "chi si diverte di più" sui social

Ferragosto: la competizione del "chi si diverte di più" sui social

Si è spenta l’ultima story di Ferragosto e possiamo finalmente fare i conti. Come ogni 15 Agosto che si rispetti, i social sono stati teatro della più grande competizione estiva: chi posta la vacanza più invidiabile vince. Mare contro montagna, grigliata contro ristorante stellato, casa contro Formentera. Il verdetto? La giornata più “rilassante” dell’anno si è trasformata nel più stressante giorno dell’estate. IL BILANCIO DEL GRANDE TEATRO Ieri mattina alle 8:00 è iniziata ufficialmente la maratona del “guarda come mi sto divertendo meglio di te”. Stories a raffica fino a mezzanotte, post studiati nei minimi dettagli, video “spontanei” girati diciassette volte. Il risultato? Milioni di italiani che hanno passato più tempo a documentare il loro divertimento che a divertirsi davvero. Ora che la polvere social si è posata, la domanda sorge spontanea: ma alla fine, chi si è divertito davvero? LA GUERRA DELLE LOCATION Mare vs Montagna: la battaglia più antica dell’estate italiana, combattuta ieri a colpi di geotag e hashtag. Da una parte il “team mare” con tramonti arancioni, aperitivi in spiaggia e corpi abbronzati perfettamente inquadrati. Dall’altra il “team montagna” con panorami mozzafiato, aria pulita e pose zen sui sentieri. In mezzo, i poveri “team casa” che hanno fatto sparire completamente per non sembrare sfigati. Spoiler del risultato finale: ha vinto chi era troppo occupato a godersi il momento per postarlo. L’ASSURDO DELLA GRIGLIATA La grigliata di Ferragosto 2025 è diventata un set cinematografico. Ogni fase doveva essere immortalata: preparazione della carne (story obbligatoria), accensione del barbecue (reel con musica epica), momento “conviviale” (foto di gruppo con sorrisi plastificati). Il paradosso? Bistecche carbonizzate perché tutti erano impegnati a trovare l’angolazione perfetta, e conversazioni interrotte ogni tre minuti da “aspetta, devo fare una storia di questo momento magico”. IL MITO DEL RELAX INSTAGRAMMABILE “Relax mode on” hanno scritto nelle caption, mentre erano impegnati nella produzione di contenuti dalle 7 del mattino alle 11 di sera. Perché anche il dolce far niente, nel 2025, deve essere curato, editato e condiviso. Sdraio al mare? Libro sulla sabbia? Story. Cocktail al tramonto? Reel con trending audio. Il relax è diventato il lavoro più faticoso dell’estate. I DISPERSI DIGITALI DEL 15 AGOSTO E chi è rimasto a casa? Completamente svanito dai social. Il Ferragosto 2025 ha creato una nuova specie: i “fantasmi digitali del 15 agosto”. Non hanno postato nulla per non ammettere la loro “sconfitta”, ma hanno passato la giornata a scrollare le vite perfette degli altri. Il risultato? Si sono persi anche il loro Ferragosto casalingo, troppo occupati a invidiare quello degli altri. LA MATEMATICA DELL’INFELICITÀ Equazione del Ferragosto 2025: più stories posti, meno presente sei. Più dimostrare di divertirti, meno ti diverti davvero. È matematica sociale spicciola, ma evidentemente non così ovvia per chi ieri ha trasformato una giornata di festa in un part-time da content creator. LA RICETTA PER IL FERRAGOSTO PIÙ STRESSANTE Ingredienti per trasformare una giornata di relax in ansia da prestazione: - 1 location “instagrammabile” (possibilmente costosa) - 50+ stories nell’arco di 16 ore (ritmo industriale) - 3-4 outfit per diversificare i contenuti - Cibo fotogenico prima che buono - Amici disposti a fare da fotografi gratis - Hashtag strategici studiati in anticipo - Ansia costante per la conta dei like in tempo reale Mescolate tutto e servite bollente sui social. Effetto collaterale garantito: incapacità totale di vivere il momento presente. Ma chi ha vinto la gara del Ferragosto più bello? Semplice: chi non sapeva nemmeno che ci fosse una gara. Chi ha vissuto i momenti invece di documentarli. Chi si è divertito senza bisogno di dimostrarlo a nessuno. Il Ferragosto perfetto non finisce mai nelle stories. Resta nei ricordi, non negli insights. E soprattutto: non ha bisogno di like per essere stato fantastico. L’APPUNTAMENTO CON IL FUTURO La prossima volta, invece di chiederci “come faccio a mostrare che mi sto divertendo”, proviamo a chiederci “come faccio a divertirmi davvero”. E poi possiamo anche postarlo!    

16/08/2025 09:40
Amicizie a scadenza: perché i rapporti durano quanto una story

Amicizie a scadenza: perché i rapporti durano quanto una story

Ventiquattro ore. È questo il tempo di vita di una Instagram Story. Coincidenza vuole che sia anche la durata media di molte amicizie nell’era dei social. Benvenuti nell’epoca delle relazioni usa e getta, dove bloccare qualcuno è più facile che dire “scusa”. IL GRANDE BLUFF DELLE CONNESSIONI Mai così tanti contatti in rubrica, mai così pochi numeri da chiamare in caso di emergenza. I nostri smartphone traboccano di “amici”: WhatsApp, Instagram, TikTok, LinkedIn. Eppure quando serve davvero qualcuno, scopriamo che la maggior parte sono solo figurine sullo schermo.Il paradosso della generazione iperconnessa: 5000 amici su Facebook, 1000 follower su Instagram, zero persone disposte ad aiutarti per un trasloco. Qualcosa non quadra. L’ARTE DEL BLOCCO PREVENTIVO Una volta per litigare con un amico serviva coraggio. Guardarsi negli occhi, alzare la voce, sbattere una porta. Oggi basta un click e via: blocco su WhatsApp, unfollow su Instagram, rimozione completa e puff! Come se quella persona non fosse mai esistita. Il bello (si fa per dire) è che spesso il “crimine” è ridicolo: ha messo like alla foto del tuo ex, non ha risposto entro tre ore, ha condiviso un post che non ti è piaciuto. Reati che una volta si risolvevano con una battuta, oggi si puniscono con la cancellazione totale. E così il tasto “blocca” è diventato il nuovo “vaffa”. Più elegante, meno rumoroso, ma più definitivo. LA SINDROME “ZERO DRAMMI” “Non ho tempo per i drammi” è il nuovo mantra. Traduzione: non ho voglia di fare la fatica di capire perché una persona si comporta in un certo modo. È più comodo premere delete e passare al prossimo. Questa filosofia da self-help da quattro soldi ci ha convinto che ogni momento di tensione sia “tossico”, che ogni disaccordo sia “energia negativa da eliminare”. Risultato? A forza di fare “pulizie energetiche”, ci ritroviamo con la casa vuota. IL FAST FASHION DELLE RELAZIONI Le amicizie social seguono le stesse logiche di Shein: consumo veloce, qualità scarsa, sostituzione immediata. Aggiungi, interagisci, ti annoi, rimuovi. Il ciclo di vita di un’amicizia 2.0 è più breve di quello di una tendenza su TikTok. LA NOSTALGIA DEL LITIGIO VERO C’era un tempo in cui litigare con un amico era normale. Ti arrabbiavi, non ti parlavi per una settimana, poi uno faceva il primo passo e tutto tornava come prima. O meglio di prima. Il conflitto rafforzava il legame invece di spezzarlo. Oggi la prima incrinatura è spesso l’ultima. Non c’è tempo per elaborare, per capire, per perdonare. Il mondo pullula di nuove connessioni da fare, perché perdere tempo a riparare quelle danneggiate? IL MITO DELL’AMICIZIA INSTAGRAMMABILE I social ci mostrano solo amicizie perfette: cene sorridenti, weekend da sogno, solo commenti positivi. Così ci aspettiamo che anche le nostre siano sempre: senza conflitti, senza momenti morti, senza la noia della quotidianità. Ma l’amicizia vera non è un contenuto curato. È fatta anche di silenzi imbarazzanti, opinioni diverse, periodi di lontananza. È umana, quindi imperfetta. LA RICETTA PER L’ISOLAMENTO PERFETTO  Ingredienti per rimanere soli nell’era dell’iperconnessione:  - 1 kg di aspettative impossibili sugli altri - Una manciata di tolleranza zero per i conflitti - Dito pronto al tasto “blocca” - Paura di investire emotivamente (quanto basta) - L’illusione che esista sempre qualcuno “migliore”  Mescolate tutto con una buona dose di narcisismo digitale. Lasciate riposare in una bolla di autoreferenzialità. Servite freddo con contorno di solitudine. L’EPIDEMIA DELL’USA E GETTA  Abbiamo trasformato le persone in contenuti usa e getta. Non intrattengono più? Next. Non rispondono abbastanza velocemente? Next. Hanno un’opinione diversa dalla nostra? Next. Questa mentalità del “sempre meglio di” ci sta rendendo incapaci di apprezzare quello che abbiamo. Siamo sempre in cerca dell’amicizia perfetta, come fossimo su un’app di incontri. LA CURA ANALOGICA Forse è il momento di tornare a trattare le amicizie come facevano i nostri genitori. Con investimento a lungo termine, con la consapevolezza che le persone attraversano momenti diversi, con l’accettazione che non tutto deve essere perfetto sempre. Prova questo esperimento: la prossima volta che un amico ti delude, invece di bloccarlo, chiamalo. Scoprirai che dietro ogni comportamento “strano” c’è spesso solo una persona che sta passando un brutto momento.  LA MORALE SOCIAL In un mondo dove tutto scorre veloce come una Story, le amicizie vere sono quelle che resistono agli algoritmi. Non quelle perfette da postare, ma quelle autentiche da vivere. Non quelle senza conflitti, ma quelle che sanno attraversarli. Le persone non sono contenuti. Non hanno bisogno di essere sempre interessanti, sempre disponibili, sempre positive. Hanno solo bisogno di essere umane. E l’umanità, per definizione, non è mai perfetta. Ma è l’unica cosa che vale davvero la pena conservare.      

09/08/2025 15:00
“Chic & Social” – Tutti parlano di detox, ma nessuno si disconnette

“Chic & Social” – Tutti parlano di detox, ma nessuno si disconnette

“Quest’anno stacco tutto, giuro”. È il mantra dell’estate. Lo diciamo mentre mettiamo l’automatic reply alla mail, chiudiamo il portatile e… accendiamo Instagram! Perché diciamolo: nessuno si disconnette davvero. Il detox digitale è diventato come la dieta: ci pensi, la prometti, la rimandi… e poi ti consoli con un reel. Vogliamo staccare… ma anche no Ogni estate arriva il pensiero nobile: “Basta, mi godo il momento.” Poi succede questo: ● un tramonto bellissimo ● una cena in riva al mare ● un outfit che “merita” E boom: telefono in mano. Perché vivere qualcosa senza mostrarlo ci sembra quasi inutile. Ci fa più paura il silenzio o l’invisibilità? La verità? Il detox spaventa. Perché se non posti: nessuno ti vede, nessuno reagisce, nessuno ti cerca? Senza contenuto, sembri scomparire. Ma è davvero così… o siamo solo troppo abituati a cercare conferme in uno schermo? Il vero detox non è spegnere tutto. È scegliere cosa raccontare e cosa no. È prendersi il tempo di vivere, senza sentirsi in colpa se non si condivide tutto. Vuoi documentare la tua vacanza? Fallo. Ma fallo per te, concedendoti anche la libertà di tenere qualcosa solo per te. (Spoiler: nessuno ti toglierà il feed se salti un giorno di stories.) Quello che non devi scrivere con: “Ragazzi, mi prendo una pausa.” Ma che semplicemente fai. Perché il vero benessere digitale non si annuncia. Si pratica. E magari… si gode di più. E tu? Hai mai provato a staccare sul serio? Hai mai resistito alla tentazione di condividere qualcosa solo per il gusto di tenerlo per te? Nel prossimo episodio di Chic & Social parliamo di chi… non si ferma mai. “L’influencer in ferie non si ferma mai (e nemmeno noi)”. Tra post, reel e “buongiornissimo” anche a Ferragosto, perché ci sentiamo tutti in dovere di documentare tutto? Per chi lo facciamo davvero? Ne parliamo ad Agosto, sotto l’ombrellone (e con il telefono in mano, ovviamente).

02/08/2025 15:12
Quando la politica si presenta in ciabatte

Quando la politica si presenta in ciabatte

28/29 Settembre 2025: le Marche tornano al voto. E con esse, puntuale come un orologio svizzero rotto, arriva il festival dell’orrore comunicativo che accompagna ogni campagna elettorale italiana. Un carnevale di cattivo gusto dove aspiranti candidati si presentano con la stessa cura estetica di un selfie alle 6 del mattino dopo una notte brava. L'ESTETICA DEL DISASTRO Facciamo un gioco: chiudete gli occhi e immaginate un candidato politico del 2025. Ora apriteli e guardate i manifesti che tappezzeranno le nostre città. Sorpresi? No, delusi. Foto pixelate che sembrano estratte da una fototessera degli anni ’80, scontorni fatti con Paint da un nipote di buona volontà, slogan scontati e ripetitivi. "Vi candidate, ma vi presentate male" non è solo un ossimoro: è la fotografia impietosa di una classe politica che ha scambiato l'autenticità con l’approssimazione, la spontaneità con l’improvvisazione, tanto con i social si può fare tutto! IL MITO DEL "TANTO CHI SE NE ACCORGE" Ecco il primo grande errore: pensare che l'estetica sia superflua. Che un manifesto mal fatto, un video girato alla meno peggio e una foto usata 15 anni fa non influiscano sulla percezione del candidato. Sbagliato. Clamorosamente sbagliato. Nel 2025, quando ogni teenager sa usare filtri più sofisticati di un fotografo professionale degli anni ’90, presentarsi con materiali scadenti equivale a dire ai propri elettori: "Non ho investito abbastanza in questa campagna da renderla decente. Perché dovrei investire di più nella vostra Regione?".  L’AUTOGOL DELLA DIALETTALITÀ Poi c’è il capitolo video. Ah, i video elettorali! Quell'universo parallelo dove la regia è un optional e il suono sembra registrato dentro una lavatrice in centrifuga. E quando il candidato parla? Ecco che emerge la cadenza dialettale, usata non come elemento di autenticità, ma come scudo per nascondere l’incapacità di articolare un discorso fluido in italiano standard. Eh però i video funzionano e quindi vanno fatti! Non fraintendete: il dialetto è patrimonio culturale. Ma usarlo in un messaggio politico del 2025 per sembrare “più vicini al popolo” è come presentarsi a un colloquio di lavoro in giacca e cravatta… con le ciabatte ai piedi. LA SINDROME DEL "FAI DA TE" Il problema di fondo è la sindrome del “tanto lo facciamo in casa”. Grafiche delegate al cugino “che se ne intende”, video girati dal figlio “che ha studiato comunicazione”, social media gestiti dalla segretaria “che è brava con Facebook”. Il risultato? Un’armata Brancaleone digitale che si presenta agli elettori con la credibilità estetica di una pubblicità di materassi in una TV locale. L'EQUAZIONE MORTALE Comunicazione approssimativa = Competenza approssimativa. È matematica spicciola, ma evidentemente non così scontata per chi si candida a governare una Regione di un milione e mezzo di abitanti. Quando un elettore vede un manifesto mal fatto, non pensa “che simpatico, è genuino”. Pensa: “Se non riesce nemmeno a curare la sua immagine, come farà a curare i nostri interessi?” IL PARADOSSO DELLE RISORSE “Non abbiamo budget per la comunicazione”, è la scusa più gettonata. Ma allora come si spiega che gli stessi partiti spendano migliaia di euro in gazebo, palloncini e gadget vari, ma non investano 500 euro per una foto decente del candidato fatta da un fotografo professionista? È una questione di priorities: si privilegia la quantità sulla qualità, la presenza fisica sulla presenza digitale, dimenticando che nel 2025 la prima impressione avviene online, non in piazza. LA MORALE DELLA FAVOLA Cari candidati delle Marche 2025, vi do un consiglio da chi mastica campagne elettorali da sempre: investite in comunicazione. Non è vanità, è rispetto. Verso voi stessi e verso chi vi dovrebbe votare. Perché alla fine, se ti presenti male, parti male. E se parti male, finisci peggio. La dignità comunicativa non è un lusso: è il biglietto da visita minimo per chiedere la fiducia di un milione e mezzo di marchigiani. Non deludeteci. Di nuovo.

30/07/2025 09:45
Amori social d’estate: reali o solo da Instagram?

Amori social d’estate: reali o solo da Instagram?

Lui, lei (o chi vuoi tu), tramonto, mojito in mano. Sguardi intensi, frase tipo “Io & Te, punto”, musica in sottofondo e coreografia da reel. Sembra amore. Ma è anche… contenuto. Perché oggi le coppie nascono, crescono e a volte muoiono dentro un social.E l’estate, con la sua luce perfetta e i corpi rilassati, è il palcoscenico ideale. Ma la domanda resta: ci amiamo davvero… o ci stiamo solo piacendo online?  Love story o social story? Le nuove coppie sono: coordinate nei look; affiatate nei contenuti; romantiche nelle caption e perfette nei commenti reciproci sotto ogni post. Eppure… basta uscire dai reel per chiedersi: cosa c’è davvero dietro a quella complicità da copertina? Uno shooting? Un’idea editoriale condivisa? O forse solo… la stagione estiva?  L’amore ai tempi degli insights Perché oggi l’amore è anche questo: fare foto insieme = contenuto; pubblicarle = visibilità; non farlo = crisi?E c’è pure chi misura l’intensità di un legame con la frequenza dei tag. “Non mi ha messo nelle storie = non mi ama abbastanza”.  Ma quindi è tutto finto? No. Ma non è tutto vero. L’amore esiste anche tra un selfie e l’altro. Ma l’amore vero: non ha bisogno di essere postato ogni giorno, non si racconta solo a colpi di reel, non svanisce se il telefono resta in modalità aereo. Se vuoi mostrarlo, fallo. Ma non per farlo sembrare perfetto. Solo per condividerlo. E se sei single? Nessun dramma, anzi. Nessun confronto, nessuna recita forzata, nessun “facciamo il reel della vacanza” con finta spontaneità. Solo libertà, ironia, e magari qualche storia divertente con te come protagonista. A volte il miglior amore estivo è… con te stesso (e il gelato alla nocciola). E tu? Hai mai vissuto un amore più da social che da realtà? Hai mai visto una coppia perfetta online… che poi era in crisi appena tolti i filtri? Raccontamelo nei commenti — anche in forma anonima, giuriamo! Nel prossimo episodio di Chic & Social affrontiamo un mito estivo: Tutti parlano di detox, ma nessuno si disconnette. Quante volte abbiamo detto: “Quest’anno mollo tutto, solo mare e pace”? Spoiler: spoiler già fatto. Non succede mai. E forse, non vogliamo davvero che succeda. Ne parliamo presto.

26/07/2025 13:32
“Chic & Social” – La sindrome da like estivo: ci sentiamo meglio solo se ci guardano?

“Chic & Social” – La sindrome da like estivo: ci sentiamo meglio solo se ci guardano?

Estate: tempo di selfie, pose strategiche e sorrisi abbaglianti. Ma sotto la superficie luccicante, c’è un fenomeno che colpisce (quasi) tutti: la sindrome da like estivo. Sì, proprio quella sensazione che ti spinge a controllare il telefono dopo ogni post per vedere chi ha messo cuore, chi ha visualizzato, chi ha ricondiviso. Il sole scalda la pelle, ma è l’attenzione degli altri che scalda l’autostima. O almeno così crediamo. Selfie, fragilità e bisogno di conferma Perché lo facciamo? Perché l’estate mette in mostra tutto. Anche le insicurezze. Se posti un selfie e nessuno commenta… ti senti invisibile. Se il costume nuovo non fa il boom di reazioni… ti viene il dubbio: “Mi starà male?” Se non pubblichi nulla per un giorno… pensi che il mondo si dimenticherà di te. Non è solo vanità. È un po’ di fragilità. Chi dice che è solo narcisismo… mente. O non ha mai provato quel micro-brivido da “vediamo chi ha guardato le mie storie”. I social d’estate funzionano così: si mostrano i corpi, ma si nascondono le paure. Eppure, sotto ogni reel da spiaggia e ogni boomerang con l’aperitivo, c’è un bisogno più profondo: quello di sentirsi visti. E se ci rilassassimo (davvero)? L’estate dovrebbe essere leggerezza, non ansia da performance. I social possono raccontare i momenti belli, senza diventare un termometro dell’autostima. Se posti un selfie, fallo per piacere tuo, non per aspettare like. Se ricevi meno reazioni, ricorda: non sei un algoritmo, sei una persona. Se hai bisogno di conferme… magari prova a cercarle fuori dallo schermo. Il like non fa l’estate. Né la bellezza. Né la felicità. Ci piace raccontare la versione migliore di noi, soprattutto quando siamo in vacanza. Ma ricordiamoci che la vera estate si vive, non si misura in numeri. Chi ti vuole bene, ti guarda anche senza schiacciare un cuore. E se non lo fa… non importa. Il mare non conta i like. E tu? Ti è mai capitato di vivere una giornata bellissima e rovinarla controllando i like ogni cinque minuti? Parliamone, stavolta senza filtri (ma con l’SPF30 sempre). Nel prossimo episodio di Chic & Social parliamo di un altro grande classico dell’estate: “Amori social d’estate: reali o solo da feed?” Le nuove coppie sembrano nate per i reel, non per la vita. Quanto conta l’estetica rispetto alla realtà? Scoprilo con me, anche se sei single. 

19/07/2025 16:43
Stories bollenti, cervelli spenti? L’estate social tra mojiti e vuoti di contenuto

Stories bollenti, cervelli spenti? L’estate social tra mojiti e vuoti di contenuto

Scrolla. Scorri. Swipe a destra, a sinistra, di nuovo in alto. E cosa trovi? Spiagge perfette, cocktail colorati, corpi abbronzati (a volte abbronzatissimi), pose “casuali” da rivista di moda sotto l’ombrellone. Benvenuti nell’estate social: le stories sono bollenti. Il contenuto? Boh. Perché sì: tra una spruzzata di crema solare e un tuffo, la testa sembra l’unica parte che nessuno mostra (e forse accende). Estate: più pelle, meno pensiero Nei mesi freddi ci riempiamo di post motivazionali, frasi profonde, caroselli di consigli e opinioni. Appena arriva giugno? Tutto evapora come una granita lasciata al sole. Resta solo: Dove sei in vacanza, con chi sei in vacanza, quanti aperitivi hai fatto in vacanza. Cervelli spenti o contenuti leggeri? Non è una colpa divertirsi — anzi. Non è un crimine condividere un tramonto, un mojito, un bikini nuovo. Ma se il feed diventa solo questo, il rischio è sempre lo stesso: “Siamo davvero così o ci siamo spenti?” Un feed pieno di niente Sotto il sole sembriamo tutti più belli, più sorridenti, più sereni. Un po’ come con l’abbronzatura. Ma se spegni l’audio delle stories e leggi le caption… quante dicono qualcosa di interessante? Dove sono finite le idee? Le riflessioni? Le battute intelligenti? Forse siamo solo in pausa. O forse ci siamo convinti che l’estate vada raccontata in superficie. Come la pelle. Come riaccendere il cervello (anche in costume) Basta poco: Metti una frase vera sotto una foto da spiaggia. Racconta un aneddoto buffo, non solo un #vibes. Condividi un pensiero, una domanda, anche leggera — purché tua.  Non serve diventare filosofi da sdraio. Ma ogni tanto, un contenuto che faccia pensare, anche tra uno spritz e un selfie, è un bel colpo di scena. E tu? Sei team “stories bollenti” o “contenuti con testa”?Raccontamelo nei commenti, con cervello acceso — e crema solare. Nel prossimo episodio di Chic & Social parliamo di un effetto collaterale estivo: “La sindrome da like estivo". Selfie, insicurezze e voglia di conferme: è solo vanità… o fragilità che non vogliamo chiamare per nome? Ne parliamo insieme, senza filtri.

12/07/2025 16:16
“Chic & Social” – Se non lo posti, ci sei stato davvero?

“Chic & Social” – Se non lo posti, ci sei stato davvero?

Sei in vacanza. Sei su una spiaggia bellissima, acqua trasparente, sole giusto, sabbia fine. Vivi il momento? Forse. Ma prima: scatta la foto. Poi: geolocalizza. Poi: carica la storia. Poi: controlla se qualcuno ha visto. Benvenuta nell’estate 2025, dove la domanda vera non è “Dove vai?” ma: “L’hai postato?” Offline: leggenda metropolitana Ci raccontiamo di voler staccare: “Quest’anno vacanza detox, niente social, solo io e il mare”. Spoiler: dopo 10 minuti stiamo già postando i piedi sulla sdraio. Perché? Perché l’estate non esiste se non la rendiamo “ufficiale” online. Se non c’è un post: Sei davvero partito? Il tramonto è stato così bello? Qualcuno ti invidierà?  Postare per esistere (e per non dimenticare) Forse non è solo vanità. A volte postiamo per dire: “Guarda che sto bene". A volte per non dimenticare. A volte per sentirci visti, anche a chilometri di distanza. Il feed diventa diario. Ma a forza di fare il diario, viviamo a metà? Vivi adesso, racconta dopo Non serve diventare eremiti digitali. Non serve demonizzare le foto. Serve solo una cosa: vivere prima, postare dopo. Il tramonto è lì per te, non per i follower. Il tuffo è tuo, non di chi metterà il cuore sotto la storia. Se la memoria è piena, pazienza: la testa, se la alleni, conserva di più. Un piccolo esperimento: stacca il Wi-Fi Un giorno. Due ore. Anche solo trenta minuti. Guarda il mare, parla con chi è accanto a te, leggi una pagina di libro. Poi, se vuoi, raccontalo. Ma sappi che senza quel post… sì, ci sei stato davvero. E tu? Riesci a vivere un giorno di vacanza senza la tentazione di dire “guardate dove sono”? Hai mai lasciato offline un momento perfetto? Confessalo nei commenti, senza geolocalizzarti. Nel prossimo episodio di Chic & Social ci spostiamo dal mare alle stories: “Stories bollenti e cervelli spenti?” Tra cocktail, pelle abbronzata e pose studiate… è rimasto spazio per contenuti che ci fanno anche pensare? Ne parliamo, promesso, con cervello acceso.    

05/07/2025 15:04
Pelle in mostra, emozioni no: la fragilità che i social non raccontano

Pelle in mostra, emozioni no: la fragilità che i social non raccontano

Estate. Tempo di pelle scoperta, corpi esposti, costumi in bella vista e pose studiate. Scorri il feed e vedi addominali, bikini, piedi nella sabbia, pose “casuali” davanti allo specchio. Sembriamo tutti più liberi, più leggeri, più audaci. Ma solo con il corpo. Perché quando si tratta di parlare davvero, di mostrare chi siamo sotto la superficie… la libertà evapora più in fretta di un ghiacciolo al sole. Ci spogliamo per finta: i corpi si mostrano, le emozioni no Siamo diventati bravissimi a condividere: l’outfit perfetto per l’aperitivo in spiaggia; il tramonto al momento giusto; il selfie “senza trucco” ma con luce strategica. Ma poi, quando si tratta di dire come stiamo davvero, cala il silenzio. Tutti muti o poche parole dette con timore. Come se fosse più scandaloso scrivere “sono fragile” che postare una foto in costume con la caption “libera e selvaggia” Perché è più facile mostrare la pelle che aprire la bocca? Perché ci hanno insegnato che mostrarsi fisicamente è forza. Ma mostrarsi emotivamente è debolezza. Eppure è l’esatto contrario. Il corpo si può filtrare, sistemare, inclinare. Le emozioni no. Quelle, se le mostri, sono vere. E fanno paura. La verità? D’estate ci spogliamo… ma restiamo mascherati Ci nascondiamo dietro emoji e canzoni in sottofondo. Scriviamo caption ironiche per non dire nulla davvero. E se stiamo male? Postiamo il mare. Che “fa bene all’anima”, ma intanto non dice niente di noi. La nuova intimità è invisibile E se provassimo a fare il contrario? A spogliarci un po’ con le parole, non solo con le immagini? A dire che siamo felici senza doverlo dimostrare. A raccontare un momento difficile senza paura del giudizio. A essere sinceri — anche solo in una caption. Perché in fondo, la verità è più sexy di qualsiasi filtro. E tu? Mostri più la pelle o il cuore sui social? Ti sei mai spogliato/a davvero… anche solo con una frase? Raccontamelo, anche in costume (ma con sincerità). Nel prossimo episodio di Chic & Social parliamo di un altro dilemma estivo: “Se non lo posti, ci sei stato davvero?” Le vacanze offline esistono ancora o oggi serve una foto geolocalizzata per sentirsi reali? Scoprilo con me, anche senza Wi-Fi!

28/06/2025 16:10
“Chic & Social” – Postare la vacanza è meglio di farla?  Finalmente estate

“Chic & Social” – Postare la vacanza è meglio di farla? Finalmente estate

Ci siamo: ombrelloni, cono gelato, tramonti, piedi nella sabbia, libri mai letti, selfie sulla sdraia. E poi: “Aspetta, scattami una foto mentre guardo il mare, ma come se non me ne accorgessi.” Ecco. È lì che succede. Il confine tra vivere un momento e raccontarlo si sfuma. E la domanda arriva puntuale come il tormentone di stagione: stiamo vivendo la vacanza o stiamo solo costruendo il contenuto? Vacanza vera o vacanza da feed? Ci facciamo il bagno… ma prima una foto. Facciamo un brindisi… ma aspetta, “non bere che faccio una storia”. Il mare è bellissimo… ma dobbiamo trovare l’angolazione giusta per mostrarlo. E se il telefono si scarica? Panico. Senza una storia salvata nelle “Summer Highlights”, il viaggio è come se non fosse esistito.  Perché sentiamo il bisogno di postare tutto? Forse perché: Vogliamo sentirci parte di qualcosa; Vogliamo far vedere che stiamo bene; Vogliamo che qualcuno veda, commenti, invidi o almeno metta un cuore; La vacanza postata è una vacanza “validata”. E se non c’è nessuno che guarda… è successa davvero? Ma allora… dobbiamo smettere di condividere? NO. Non serve diventare eremiti digitali. Il problema non è condividere. Il problema è se condividiamo più di quanto viviamo. Una storia ogni tanto? Meritatissima. Il tramonto? Goditelo, poi se vuoi scatta. Ma ogni giorno, ogni piatto, ogni costume nuovo… serve davvero postarlo? Un piccolo esperimento estivo (che non si cancella in 24 ore). Prova così: Vivi un momento. Solo per te; Non prendere in mano il telefono (sì, ce la puoi fare); Poi chiediti: se non lo racconto, ha meno valore? Se la risposta è “NO”… allora quello era un vero momento. E quelli, di solito, restano dentro. Non solo nei feed. E tu? Sei del team “lo condivido” o “me lo tengo”? Quante storie hai fatto in queste prime vacanze di giugno… e quante hai vissuto per davvero? Parliamone, sotto l’ombrellone. Ma senza filtro! Nel prossimo episodio di Chic & Social ci spingiamo ancora più in là (e un po’ più in basso): tutti mezzi nudi, ma attenti a non essere troppo sinceri. D’estate si mostra tutto… tranne le emozioni. Ma perché ci fa così paura spogliarci davvero? Anche solo con le parole.

21/06/2025 16:44
“Chic & Social” – La gentilezza sui social è sopravvalutata? Forse sì, ma anche no

“Chic & Social” – La gentilezza sui social è sopravvalutata? Forse sì, ma anche no

 C’era una volta l’educazione. Poi sono arrivati i commenti. E infine le tastiere, che rendono tutti esperti, giudici, polemici e… cattivissimi. La verità? Sui social, la gentilezza è vista spesso come debolezza. Chi è diretto “dice le cose in faccia”. Chi risponde con garbo “non ha carattere”. Chi dissente con eleganza “non fa abbastanza rumore”.  Ma davvero funziona così? O abbiamo solo smesso di distinguere tra essere gentili e farsi mettere i piedi in testa? Perché la gentilezza viene snobbata (ma cliccata lo stesso) Perché non fa notizia: lo scontro attira più dello scambio. Perché il like premia l’estremo, anche se non lo ammettiamo. Perché la voce più alta (scritto in maiuscolo!) è quella che passa, non quella più sensata. Eppure… Hai mai letto un commento intelligente in mezzo a una rissa virtuale e pensato: “Ecco, questo è il tono che vorrei vedere di più online”? La gentilezza colpisce, ma non urla. E forse per questo ci dimentichiamo quanto sia potente.  Gentili, sì. Ma non fessi. Essere gentili non vuol dire non avere opinioni. Vuol dire saperle esprimere senza distruggere. Senza umiliare. Senza trasformare ogni discussione in un’arena. Gentile non vuol dire passivo. Educato non vuol dire invisibile. Silenzioso non vuol dire senza spina dorsale.  La vera provocazione? Restare eleganti anche quando gli altri non lo sono. È difficile? Sì. Premia subito? No. Ma nel tempo, chi sa parlare con stile viene ricordato. Chi urla, invece, viene silenziato. Prima o poi.  E tu? Hai mai provato a rispondere con gentilezza in una discussione accesa? Ti è mai capitato di cambiare tono per “farti notare”? Raccontamelo nei commenti (anche se educati, vanno benissimo lo stesso!). Nel prossimo episodio di Chic & Social, arriva l’estate e con lei… la grande domanda: “Postare la vacanza è meglio di farla?” Siamo davvero capaci di vivere un tramonto senza storie o ci serve condividerlo per sentirlo vero? Ne parliamo, sotto l’ombrellone.

14/06/2025 14:44
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