di Arianna Pannocchia

Civitanova, l'ultima idea di Iginio Straffi: una scuola internazionale nei locali dell'ex ristorante Orso (FOTO e VIDEO)

Civitanova, l'ultima idea di Iginio Straffi: una scuola internazionale nei locali dell'ex ristorante Orso (FOTO e VIDEO)

Nella conferenza stampa tenutasi questa mattina presso la sala giunta del comune di Civitanova e moderata da Martino Martellini, è stato presentato un progetto educativo che si propone come una novità assoluta nel panorama scolastico locale e regionale: la Marche International School. Questa iniziativa, nata da un’ambiziosa idea di Iginio Straffi, fondatore del gruppo Rainbow, noto come il padre delle Winx, e di sua moglie Joanne Lee, consiste nella prima scuola privata non paritaria di stampo internazionale riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione. La scuola, in un primo momento, sarà caratterizzata da tre classi di scuola dell’infanzia, cinque di primaria e tre di scuola media con l’obiettivo, nei prossimi anni, di ampliare l’offerta didattica alla scuola superiore di secondo grado. La struttura, che aprirà le sue porte nell’anno scolastico 2024/2025, sarà situata nei locali precedentemente occupati dal ristorante 'Orso', e si estenderà su una superficie di oltre 4mila metri quadrati. Una location, dunque, unica che permetterà agli studenti una continua interazione visiva con l’esterno, dove l’azzurro del mare si unisce alle varie sfumature dei campi. Il piano prevede un’espansione significativa che comprende la creazione di vasti spazi verdi, l’istituzione di laboratori all’avanguardia, la costruzione di un campo da tennis, palestre,una piscina al coperto e la realizzazione di un residence. Questo alloggio sarà dedicato agli studenti provenienti da altre città, regioni o da paesi esteri, con l’obiettivo di trasformare l’area in un autentico campus, volto a stimolare un prolifico scambio culturale. A entrare nel vivo della Marche International School, spiegando la genesi di questo progetto e le sue finalità, è stato Straffi stesso: “Dall’esperienza della Liberi Reggiomonte International School a Loreto, basata su un tipo di insegnamento multidisciplinare e innovativo, unito a un’importante offerta di attività sportive, abbiamo pensato di estendere questa esperienza di successo dando vita a una scuola internazionale che dalla materna arriva fino alle scuole superiori con un percorso bilingue. A contraddistinguere quest’offerta didattica un particolare focus sulle discipline sportive e sull’importanza dei libri volto a favorire una crescita sana dei nostri ragazzi, troppo spesso appassionati prevalentemente di videogiochi e App”. Il fondatore della Rainbow ha poi sottolineato come questo progetto didattico non è una mera espressione del business ma un investimento sociale per il futuro dei giovani. A seguire la coordinatrice della MIS, Roberta Palanca che ha illustrato nel dettaglio la struttura della scuola, e i suoi valori su cui si edifica: “l’edificio prevede una reception, che è quasi ultimata, la mensa dove i bambini avranno la possibilità di attingere a un self service per valorizzare la loro autonomia. Importante sarà la zona dell’atrio dove gli studenti potranno fare attività di dibattito e socializzazione, come nelle grandi scuole internazionali. La prima fase prevede la ristrutturazione del piano terra raddoppiando la metratura; un piano di 5mila meri quadri. In seguito, verrà realizzata anche la scuola superiore che seguirà il curriculum Cambridge e lo studentato per i ragazzi stranieri o di fuori regione che vogliono abbracciare questo modello”. “I valori su cui si basa questa realtà - prosegue Palanca - sono l’internazionalità dove l’inglese non viene vissuto come una seconda lingua ma come una forma di comunicazione al pari dell’italiano. Un altro valore è lo sviluppo dei talenti mettendo a disposizione il know-hw della nostra azienda per aiutarli ad esprimere al massimo la loro creatività. Quest’ultima significa sviluppare il pensiero creativo del bambino alla risoluzione di problemi e far vivere al bambino l’arte a 360 gradi, senza limiti. L’approccio di base quello dell’inquiry-based, che coinvolge tutte le materie ed è un approccio dove il bambino viene messo al centro ed è parte attiva dell’apprendimento; viene spronato a farsi domandi, a fare un’analisi a cercare le risposte. L’insegnante non ha mai la risposta prima di aver analizzato quello che è il contenuto e il concetto”. Il preside James Heanley ha messo in luce la natura avanguardistica della Marche International School caratterizzata da un'ottica globale e da una pedagogia basata sulla ricerca: "La MIS  aspira a creare un ambiente in cui ogni bambino sia valorizzato, ispirato e celebrato per il suo potenziale unico". Ospite illustre e ambasciatrice d'eccezione di questo nuovo progetto scolastico, Elisabetta Dami, autrice di narrativa per ragazzi, nonché la 'mamma di Geronimo Stilton', che da anni promuove attivamente, attraverso il suo operato, i valori universali che accompagnano la crescita e l'educazione dei più piccoli. "Sono scrittrice di libri per ragazzi ma loro mi conoscono anche come la 'mammma di Geronimo Stilton' - afferma Dami -. Joanne Lee e Iginio Straffi sono due grandi amici con cui condivido una missione iportante: quella di educare le future generazioni ai valori etici e sono onorata di essere con loro oggi e di diventare ambasciatrice di questa scuola straordinaria". A conclusione un annuncio-sorpresa proprio da parte di Elisabetta Dami la cui Fondazione Geronimo Stilton stanzierà delle borse di studio da 6mila euro ciascuna. Per quanto riguarda la parte istituzionale, a prendere la parola il sindaco Fabrizio Ciarapica il quale ha sottolineato che l'apertura di questa scuola costituità per Civitanova un notevole salto culturale: "Civitanova sta diventando una città sempre più attrattiva e l’apertura di questa scuola come quella di altre attività molto importanti ne sono una conferma. Ringrazio l’imprenditore Iginio Straffi per questa grande opportunità che ci consentirà di fare un salto culturale notevole, ma anche per aver scelto di investire nel futuro dei giovani attraverso l’eccellenza educativa e professionale”. Roberta Balletti, assessore all'Urbanistica, ha poi specificato come questo progetto,da assessore e da mamma, ha suscitato un forte interesse per il fermento culturale che sta portando alla città, con un aumento di nuovi posti di formazione per i più giovani e meno giovani. L'assessore regionale Chiara Biondi, in collegamento da remoto, ha sottolineato come l'offerta proposta da Straffi vada sotto il segno dell'innovazione, che è il pilastro su cui si deve fondare la la didattica rivolta ai giovani studenti. Il primo open day è previsto per sabato 13 aprile e ne seguiranno altri nel corso dello stesso mese e di maggio.

20/03/2024 18:23
A Camerino arriva 'La donna della bomba atomica'. L'intervista a Gabriella Greison: "Vi racconto Leona Woods"

A Camerino arriva 'La donna della bomba atomica'. L'intervista a Gabriella Greison: "Vi racconto Leona Woods"

Domani, 20 marzo, alle ore 11, la sala convegni del Campus dell'Università di Camerino si trasformerà in un palcoscenico d'inedita divulgazione scientifica e narrazione storica. Gabriella Greison, fisica, scrittrice e attrice, a cui si accompagna ormai l'epiteto di "Rockstar della fisica", presenterà il suo spettacolo “La donna della bomba atomica”, tratto dal suo omonimo libro, edito da Mondadori. Il libro di Greison è un viaggio interiore nella vita di Leona Woods, la fisica più giovane del Progetto Manhattan, la quale, nonostante il suo ruolo chiave, in tutti questi decenni, è stata eclissata a causa di una predominanza maschile che ha segnato l'universo e la storia delle scienze fino a oggi. Attraverso un flusso di coscienza, Greison ci porta a rivivere gli eventi che hanno portato alla creazione della bomba atomica, offrendo una prospettiva nuova e profondamente femminile su uno dei momenti più controversi della storia moderna. Lo spettacolo promette di essere un’esperienza immersiva, che non solo racconta la storia di Leona Woods, ma apre anche a una complessa e stratificata serie di riflessioni, a partire dalle implicazioni morali ed etiche della scienza quando viene applicata alla guerra.  Inoltre, sempre presso il polo dell'Università di Camerino, alle 16,30, sarà possibile assistere al seminario tenuto da Greison dal titolo 'La fisica nucleare e i cambiamenti climatici'. Com’è nata l’idea di scrivere “La donna della bomba atomica” e di portarla poi in scena nei vari teatri d’Italia? Ho deciso di raccontare la storia di Leona Woods perché è una storia inedita, ho scoperto io questa storia, e come ne sono rimasta innamorata io, penso che ne rimarranno innamorati in tantissimi. Ho iniziato a pensare a Leona nel 2019, poco prima della pandemia. Leggendo tra le righe di un libro in inglese, in cui si parlava di Arthur Compton, uno dei fisici creatori della fisica quantistica, che sta in posa nella fotografia del 1927 che è la mia ossessione, quella a margine del V Congresso Solvay e che è diventata poi il mio cavallo di battaglia nel primo libro ‘L'incredibile cena dei fisici quantistici’ (2015, Salani). Siccome volevo occuparmi di lui, perche lo sto facendo per ogni personaggio in posa in quella foto, mi sono imbattuta in Leona Woods. In pratica, il nesso è stato che Arthur Compton leggeva la Bibbia a Leona, ogni sera dopo il lavoro al Progetto Manhattan. Fantastico, ho detto! Leggo meglio di Leona e scopro che è fisica nucleare, come me, e che è stato un prodigio, come me, e che la sua battaglia più grande è stata essere riconosciuta per quello che faceva nella sua professione, in un mondo totalmente maschile, come quello della fisica nucleare e quantistica. Quindi mi sono detta: perfetto, è lei il mio nuovo obiettivo. Poi è scoppiata la pandemia e non ho potuto viaggiare, perche per scrivere di lei e raccogliere informazioni avrei dovuto fare un viaggione nell'America più dura, quella del New Mexico, e allora ho rimandato. Nel frattempo ho scritto di altri due fisici presenti in quella foto: sono usciti i libri ‘Ucciderò il gatto di Schroedigner’ (Mondadori) su Erwin Schroedinger, e ‘Ogni cosa è collegata’ (Mondadori) su Wolfgang Pauli. Contemporaneamente ho letto tutto su di lei, in qualsiasi lingua. E l'estate scorsa sono partita per l'America. Ed eccomi qui con un audiolibro su Audible, il libro e lo spettacolo teatrale che ho appena fatto debuttare nei teatri e che girerà il mondo, le date sono sul mio sito www.GreisonAnatomy.com. A livello più tecnico, come avviene nella tua scrittura la trasformazione di una storia scientifica in un’opera narrativa? A livello più tecnico, la risposta va cercata nei miei 20 anni di questo lavoro di scrittura. E da 10 anni in cui pubblico libri1. Questo su Leona è il mio dodicesimo libro. Tutto per me è nato dalle ricerche su una fotografa. Una splendida foto in bianco e nero, scattata nel 1927, 29 personaggi in posa, 17 erano o sarebbero diventati premi Nobel. Una foto da cui sono ossessionata da una vita. Fin da piccola la vedevo in giro, e nessuno sapeva raccontarmela. Poi mi sono laureata in Fisica, con la specializzazione sulla fsica quantistica, e questa foto era sempre negli uffici dei professori più illuminati. Ma non sapevano dirmi cosa pensavano questi uomini in posa, cosa avevano fatto un attimo prima dello scatto o dove avevano cenato subito dopo. Dopo la laurea sono andata a lavorare a Parigi, all’Ecole Polytechnique, il mio capo era Francois Amiranof. All’ingresso dell’Ecole Polytechnique c’era questa fotografa in BN come gigantografa. La mia ossessione per questa foto stava andando alle stelle. E così mi sono messa a fare ricerche, sono andata a Bruxelles dove è stata scattata la foto; per anni mi sono documentata, e fnalmente ho trovato la storia. Ho trovato le parole per raccontarla. E da questa foto ho fatto nascere il mio percorso professionale. Dopo anni di ricerche, dopo tante porte chiuse in faccia, dopo tanti no, fnalmente ho trovato la mia strada. Creandomela, da zero, io stessa. Ci ho messo anni, ma ne è valsa la pena. Il mio primo libro che la raccontava era “L’incredibile cena dei fisici quantistici”, da cui ho fatto nascere il mio primo spettacolo teatrale “Monologo Quantistico” (sempre nel 2014). Questo spettacolo ha girato e gira tantissimo (in 10 anni ha superato 800 repliche), non solo nei nostri confini, ma anche fuori, da Vienna a Zurigo a San Francisco. Il libro ha avuto un boom di ristampe ed è stato a lungo un caso editoriale. Poi sono seguiti altri 11 libri e altri 10 monologhi teatrali. Dunque, per “L’incredibile cena dei fsici quantistici” (è stato il mio libro d’esordio), sono stata un anno a Bruxelles a fare ricerche nell’archivio Solvay, e poi ci ho messo 3 anni per scriverlo. Racconto della cena avvenuta dopo lo scatto di quella fotografa, un lavorone ricostruire tutto! Per “Hotel Copenaghen”, sono stata un anno a Copenaghen, facendo avanti e indietro con l’italia, per fare ricerche. E racconto della grande Scuola di Copenaghen di Niels Bohr. Per “La leggendaria storia di Heisenberg e dei fsici di Farm Hall”, ho fatto ricerche e viaggi in Germania, e poi anche a Farm Hall stessa, vicino a Cambridge. Racconto di Werner Heisenberg, e del suo mondo. Per “Einstein forever” sono stata a Princeton, in America, e in Svizzera, a Zurigo e a Berna. Racconto di Albert Einstein, e della sua eredità. Da ognuno di questi libri ho creato uno spettacolo teatrale, sotto forma di monologo di un’ora e mezza. Per “Ucciderò il gatto di Schrodigner”, il protagonista è Erwin Schrodinger, e le ricerche le ho fatte tra Vienna, America e Tirolo. Per “Ogni cosa è collegata”, il protagonista è Wolfgang Pauli, e le ricerche le ho fatte tra Zurigo, America e Berlino. I miei spettacoli teatrali sulla fsica quantistica sono nati da questi testi. Insomma, ho trovato il mio modo per raccontare la fsica quantistica. Ho trovato una nuova narrativa da dare alla fisica. Racconto la fisica quantistica sotto forma di storie, dopo le ricerche sul posto, i viaggi, gli incontri con le persone chiave, e le ricerche negli archivi (questo è ‘il Metodo Greison’). Con la fotografa scattata nel 1927 con il più grande ritrovo di cervelli della storia che è il mio faro, e da cui ho fatto nascere tutto. Noi stiamo vivendo la Seconda Rivoluzione Quantistica, e quello che stiamo vivendo è un altro grande sconvolgimento delle nostre vite. Così come quando la fsica quantistica è nata, che ha sconvolto le nostre vite portando i telefonini, i chip al silicio e quindi i computer, le tac, i lettori cd e dvd, alla stessa maniera vivremo qualcosa di grandioso, che non immaginiamo neanche.  Nel film ‘Oppeneheimer’ di Nolan la fisica Leona Woods, che ha avuto un ruolo chiave nel progetto Manhattan, viene completamente esclusa. Questa mancanza è spia di quanto ancora oggi, ci sia un’ideologia dominata da un punto di vista maschile? Il fatto veramente eclatante è che Oppenheimer non è diverso dalla maggior parte dei film, dei libri, dei racconti che sono basati su ricostruzioni storiche di fette di scienza (di fisica, in particolare). Perche la maggior parte dei film, dei libri, degli scienziati, dei fisici che raccontano la fisica quantistica, il nucleare, le bombe atomiche, e addirittura la Seconda Guerra Mondiale in generale, sono contro le donne, e sono fatti da uomini che raccontano esclusivamente le gesta di altri uomini. Siamo abituati, siamo desensibilizzati, e quindi nessuno ha detto quello che sto dicendo io, perche per decenni abbiamo visto solo donne al cinema che esistono solo per dare agli importanti protagonisti maschili qualcosa con cui svagarsi. Dopo decenni di film realizzati cosi, ne arriva un altro cosi, quindi nessuno se ne accorge. Anzi, ottiene 13 candidature agli Oscar. Ma mentre Barbie ha oscurato e messo da parte personaggi maschili di gomma, Ken su tutti, un film anti-donne come Oppenheimer, ha messo da parte e cancellato completamente donne molto reali, in carne e ossa, che hanno vissuto vite intere e hanno dato un contributo significativo alla fisica e al nostro mondo. Quel povero Ken messo da parte dal film su Barbie, non è Leona Woods, che a 23 anni ha gia ottenuto il dottorato in fisica ed è stata assunta a lavorare al progetto Manhattan, perchè ritenuta un asso nella rilevazione delle particelle nel vuoto con il trifluoruro di boro. Ken, a differenza di Leona, non era presente alla prima reazione nucleare a catena, e Ken non fece quello che fece Leona, ovvero passare anni interi della sua vita sulla costruzione della pila atomica, divisa tra Hanford, Chicago, l’Argonna Foresta e appunto Los Alamos. Leona Woods non compare in Oppenheimer, ma il film, come tanti film anti-donne, riesce ad assumere una tale aria di autorità a farci supporre che la sua sorprendente mancanza di rappresentanza femminile sia dovuta al suo ammirevole impegno per l'accuratezza storica. Al contrario, sia nell’ambito del cinema che in quello della narrativa, pensi che, in alcuni casi, un’accentuata focalizzazione su certe tematiche femminili, rischia di cadere in un occasionalismo e femminismo stereotipizzante? No, non credo. Ogni conquista va difesa, altrimenti è un attimo tornare indietro. Dallo studio dell’atomo alla bomba atomica. Secondo te oggi la coscienza collettiva ha rielaborato i motivi di questo passaggio che dalla ricerca scientifica giunge alla progettazione di un ordigno auto-distruttivo? Elsa Morante, in ‘Pro o contro la bomba atomica’, scriveva che riguardo a quest’ultima ci si preoccupa più delle conseguenze che delle motivazioni. Infatti il mio libro è la risposta a Elsa Morante.      

19/03/2024 17:00
Il Macerata Opera Festival dedica una serata ai suoi mecenati. "Da scommessa a evento tra i più longevi" (VIDEO e FOTO)

Il Macerata Opera Festival dedica una serata ai suoi mecenati. "Da scommessa a evento tra i più longevi" (VIDEO e FOTO)

Dalla luna che fa da fil rouge attraversando le tre opere della 60esima edizione del Macerata Opera Festival a quella crescente che ha rischiarato la serata di ieri dove, mecenati, sponsor e sostenitori si sono ritrovati come da immancabile tradizione presso la suggestiva cornice del teatro della Società Filarmonico Drammatica. “…E qui la Luna l’abbiamo vicina…” è il verso dalla Bohème di Puccini che traccia proprio la linea programmatica scelta dal sovrintendente Flavio Cavalli e dal nuovo direttore artistico Paolo Gavazzeni per il Macerata Opera Festival, il quale andrà in scena dal 19 luglio all’11 agosto 2024 allo Sferisterio. A entrare nel merito delle dinamiche del Mof, Cavalli, il quale ha sottolineato la rilevanza e l’impatto economico sul tessuto sociale “Il Mof è anche un’entità economica per la città e la provincia; questa manifestazione attira fondi da parte di privati, dello stato, della regione e altri enti pubblici per un importo consistente. Molte di queste risorse vengono devolute a tutto il personale che, con il oro lavoro, rendono grande questa manifestazione. Non solo produce ricchezza il Mof ma spende 760 mila euro per cori e l’orchestra dietro ai quali ci sono delle famiglie”.  Infine, una notizia di buon auspicio, che fa ben sperare: “Le nostre biglietterie hanno già incassato 450 mila euro. Questo lo dico perché è frutto di un lavoro di un team; siamo ritornati agli incassi del 2018/2019”. A salire sul palco, dopo l’intervento del sovraintendente, Giorgio Piergiacomi il quale, otto anni fa, ha dato vita al progetto ‘Cento Mecenati’: “Otto anni fa era una scommessa, oggi è una delle iniziative più longeve che abbiamo a Macerata; è stata una scommessa che ha saputo mutuare la storia e il modello dei Cento Consorti coniugandolo con la scelta del governo di inserire un pacchetto di aiuti a favore della cultura, dei beni culturali e artistici. Non è altro che una forma di spesa pubblica filtrata dall’intervento del mecenate; lo stato premia quei progetti che sono in grado sul proprio territorio di attirare la voglia di mecenatismo”. Poi, il turno del direttore artistico Paolo Gavazzeni che, dopo aver raccontato dell’emozionante esperienza di vedere, per la prima volta, l’arena dello Sferisterio vuota, è passato a raccontare delle sue scelte organizzative: “Con l’aiuto di tuti i collaboratori che lavorano all’Associazione Sferisterio abbiamo pensato a una programmazione più compatta rispetto agli ultimi anni e che andasse incontro anche alle esigenze di vendita. Quello che un sovraintendente o un direttore artistico deve cercare di fare è portare, con la propria sensibilità e percorso artistico, qualche cosa da lasciare nel luogo in cui si trova a lavorare, interpretando la vocazione di quest’ultimo che va pari passo con l’idea di un grande mecenatismo, da cui lo Sferisterio è nato”.  Ha poi concluso: “Se ci sarà qualcosa che non andrà in questo festival, la colpa è mia perché mi hanno fatto fare tutto quello che avevo in mente; in questi mesi non ho sentito il compromesso delle scelte e questo non succede spesso”. A sancire l’intermezzo tra la portata del secondo e quella del dolce, un’interessante intervista in forma di conversazione fra Gavazzeni e il noto soprano marchigiano Marta Torbidoni, dove non sono mancati momenti di risate collettive. Quest’ultima ha ripercorso la sua carriera, che l’ha portata nei teatri e nelle arene più prestigiosi del mondo, fino a oggi, alla stagione lirica del Macerata Opera Festiva in cui, per la prima volta, interpreterà il ruolo di Norma di Bellini.   Il sindaco Sandro Parcaroli che, da mecenate fin dagli albori, ha ricordato la bellezza e l’importanza di sostenere concretamente le arti e la cultura che si genera intorno a quest’ultime, con particolare riferimento alla realtà dello Sferisterio. Quest’ultimo, come ha rammentato il primo cittadino, ha ottenuto il titolo di monumento nazionale e ora si candida per entrare a far parte del patrimonio Unesco. “Io sono mecenate di lungo corso- ha affermato Parcaroli- è qualcosa di emozionante perché quando si arriva allo spettacolo, alla prima opera, quando si spengono le luci, stando dentro la nostra magnifica arena, allora lì ti senti orgoglioso di essere un mecenate; perché hai contribuito a quello spettacolo per il quale giungono da ogni parte d’Italia e non solo”.

16/03/2024 17:03
A Macerata c'è una 'Terra di nessuno': da via Valenti a via del Piccinino tra discariche a cielo aperto e scale dissestate (FOTO e VIDEO)

A Macerata c'è una 'Terra di nessuno': da via Valenti a via del Piccinino tra discariche a cielo aperto e scale dissestate (FOTO e VIDEO)

"Di sopra, la selva da cui spuntano topi e pantecane e che, in alcuni casi, oscura la luce del sole fino a giugno. Di sotto, una strada in condizioni pietose con un manto stradale dissestato, lungo il quale, ogni giorno, è estremamente difficile trovare parcheggio". Questo lo scenario, dalle tinte dantesche, descritto da un residente in un palazzo all’altezza dell’ex distributore di metano, in via Ghino Valenti, a Macerata. Un grido di allarme a nome di gran parte degli abitanti di questa zona che, da molti anni, sono costretti a confrontarsi con una serie di disagi quotidiani, tra lo sconforto dell’abitudine e lo slancio indignato di una volontà di cambiamento. Se si volesse raggiungere a piedi, da via Valenti, la Bocciofila maceratese, c’è una scalinata tanto strategica quanto inagibile, sprofondata nel terreno in alcuni tratti e ricoperta da un manto di vegetazione verde e scivoloso, che costringe a cercare un appoggio alla staccionata, se non fosse che quest’ultima è pericolante e cedevole. Tra salti, slanci e una costante accortezza nel percorrere queste scale diroccate, si arriva finalmente al piazzale della Bocciofila, dove, oltre alle attività diurne dei più anziani, di sera, molti giovani maceratesi si riuniscono tra bevute e dj set. Qui, il suolo è scavato da buche più o meno profonde da cui, in alcuni tratti, spuntano delle pericolose barre di ferro della rete elettrosaldata. Anche in quest’area la staccionata in legno sotto gli alberi è consumata e instabile: “Se uno ci si appoggia potrebbe cadere dalla scarpata” dice un abitante in prossimità della via. Dirigendosi più in là, lungo via Nicolò Piccinino, la bretella che si trova sopra via Valenti e che, da qualche tempo, è stata aperta al transito dei veicoli in ambo i sensi, ci si rende conto di essere letteralmente nella cosiddetta ‘ Terra di nessuno’ nella sua doppia accezione: quella di una lottizzazione privata andata all’asta per fallimento e quella originaria di una 'discarica per rifiuti posizionati tra due feudi'. In quest’ultimo senso, di fronte al complesso di palazzine rimaste incompiute e all’abbandono per il fallimento dell’impresa di Alici Biondi, lo stesso che ha coinvolto la zona dell'ex Foro Boario in piazza Pizzarello, si venuta a creare una discarica a cielo aperto: frigoriferi, taniche con liquidi al loro interno, bombole, un trampolino elastico, mobili logorati, lamiere. Un accumulo di rifiuti che costituisce una condizione di insalubrità, di scarsa igiene e che scaturisce dalla pratica, ancora diffusa, da parte di cittadini terzi, di abbandonare materiale di vario genere. In quest’area adiacente alla strada, chiunque può accedervi e aggirarsi fra il degrado (e ogni tanto fra qualche topo). Contattati il Comandante della Polizia Locale, Danilo Doria, e l’assessore al Decoro Urbano, Paolo Renna, entrambi, con delle pattuglie, sono prontamente intervenuti sul posto per perlustrare la zona e prendere provvedimenti al fine di una risoluzione e messa in sicurezza. A tal riguardo, Renna ha segnalato la situazione al curatore fallimentare il quale si è detto pronto a intervenire a stretto giro. Questo scenario, fatto di rifiuti, vegetazione incolta, ferri arrugginiti, di edifici incompiuti all’asta e in cerca di acquirenti che non si trovano, apre un’ulteriore questione: è possibile che normativamente, in prossimità o nel cuore della città, da decenni, continuino a esserci questi scheletri in cemento, con tutto ciò che comportano a più livelli? Inoltre, nell’ipotesi che non si faccia avanti nessuno per l’acquisto, quale sarà la loro fine, saranno da considerare parte identitaria di una fisionomia urbana?  

14/03/2024 14:20
Tolentino, una (Multi)radio tutta al femminile: Giusi e Oriana, una storia lunga quasi 50 anni (VIDEO e FOTO)

Tolentino, una (Multi)radio tutta al femminile: Giusi e Oriana, una storia lunga quasi 50 anni (VIDEO e FOTO)

Seguendo il filo rosso della Giornata Internazionale della Donna e inoltrandoci nella città di Tolentino, nei pressi di galleria Europa, c’è un luogo, che racchiude una storia unica, da cui risuonano racconti di vita, frammenti di storia, di musica, di passione. Un luogo che è nato da una donna, Oriana Forconi, nel 1975; anno peraltro focale: finisce la guerra in Vietnam, viene fondata la Microsoft, per la prima volta i giochi elettronici entrano nel quotidiano di ogni ragazzo e ragazza ed esce il capolavoro di Monicelli “Amici miei”. Tutto questo, s’impreziosisce se si guarda all’oggi, dove la passione e la professionalità di Oriana sono state vissute, raccolte e portate avanti, con profonda determinazione e lungimiranza da sua figlia: Giusi Minnozzi, la cui risata effervescente e contagiosa, diventata quasi un’imprescindibile cifra stilistica, ogni mattina, dà il buongiorno agli ascoltatori. Questo spazio speciale è Multiradio. Per raggiungere la redazione bisogna salire al sesto piano del palazzo. Una volta aperta la porta, spicca, fin da subito, una stampa con David Bowie la quale, per l'atmosfera del posto, fa riecheggiare alla mente il refrain: “We can be heroes, just for one day”. Una citazione che ben si adatta alla filosofia di questa radio, che da sempre valorizza le persone, le loro storie, le loro sofferenze, i loro sogni. Proseguendo lungo il corridoio, si possono ammirare le foto testimonianti la vita di Multiradio, tra feste, innumerevoli ospiti, eventi speciali. Una galleria di volti e di momenti che hanno segnato l'esistenza di questa radio, diventata una famiglia, una comunità, la quale non smette mai di essere tale. Una delle stanze più suggestive di Multiradio è una stanza-scrigno dove è custodito un tesoro inestimabile: una collezione di circa 8 mila vinili, che hanno inciso la storia della musica. Qui, si può viaggiare nel tempo e nello spazio, ascoltando le melodie e le parole che hanno fatto e fanno tuttora emozionare, riflettere, ballare, cantare generazioni di ascoltatori. Una scelta lavorativa, quella di Giusy, scaturita dalla passione che l’ha portata a inoltrarsi sempre di più nei vari ambiti della radio, da quelli informativi a quelli più tecnici. La stessa passione che, negli anni Settanta, ha dato vita alla radio: “Questo lavoro nasce in primis dalla passione che si è poi tramutata in una scelta lavorativa e di vita; da qui poi ho avuto modo di accedere e approfondire il mondo dell’informazione, la parte più tecnica, le cose in esterna”.  Tornando all’origine, a come Multiradio è nata: “nel 1975, prosegue Giusi, a mia madre, che faceva tutt’altro lavoro, è stata fatta la proposta di acquistare una radio privata, che era sempre una radio libera in quegli anni; ad animare la redazione, infatti, erano dei ragazzi che, appena avevano il tempo libero, venivano qui e facevano la loro trasmissione, di giorno e di notte, con la gioia negli occhi, portandosi persino i 33 giri da casa. Da qui, sempre mia madre, ha riorganizzato la redazione in una vera e propria azienda. Successivamente, c’è stata una fusione con le altre due radio della città e da qui è nata Multiradio”. L’ambito radiofonico nel corso degli anni, ha saputo integrare le nuove tecnologie, come il digitale, lo streaming, i podcast, senza mai perdere il suo fascino e la sua forza, senza mai cristallizzarsi. Così è stato per l'emittente di Tolentino. “Molti- afferma la speaker giornalista- dicevano che la radio fosse morta, che fosse diventata televisione; invece è costantemente rimasta al passo con i tempi. Il mondo cambia, la tecnologia subentra sempre di più, ma l’importante è captare, prendere quel famoso treno; dalle semplici frequenze si è passati, con l’arrivo di internet, allo streaming, al sito, all’applicazione sul cellulare. Così la radio è diventa globale; un giovane dal proprio paesino riesce a lavorare in tutto il mondo. Un anno fa, nonostante i tanti sacrifici, siamo riusciti ad entrare nel Dab, nella radio digitale”. Una radio che, fin dagli inizi, si è distinta per il suo essere particolarmente presente sul territorio: “Noi siamo sempre andati avanti mossi da questa grande passione, con umiltà e professionalità; abbiamo sempre cercato, semplicemente, di comunicare con il territorio, essere radicati in quest’ultimo, e, sicuramente, una particolarità è che abbiamo sempre puntato, nel corso degli anni, all’informazione locale; chi ascolta la radio trova anche una radio commerciale, per adulti, per giovanissimi, per gli amanti di tutti i generi musicali, però, con in più il sapere, gli appuntamenti flash, i focus sul nostro territorio. Credo che questa sia una particolarità che non tutti hanno. Portare avanti una redazione non è così semplice”. Si può indubbiamente dire che Multiradio è una radio che fa la storia, perché la racconta, dando la possibilità a chiunque si mette all’ascolto, di conoscerla, di comprenderla, a partire dalle innumerevevoli e sparse realtà locali, dai frammenti più intimi del quotidiano. È la radio che "Vive Con Te", come recita il claim.    

08/03/2024 10:26
Macerata, Francesco Montanari interpreta il “Cristo di periferia” sul palco dell'IIS Matteo Ricci: tra miracoli e umanità (VIDEO e FOTO)

Macerata, Francesco Montanari interpreta il “Cristo di periferia” sul palco dell'IIS Matteo Ricci: tra miracoli e umanità (VIDEO e FOTO)

Questa mattina, presso l’IIS Matteo Ricci di Macerata, si è tenuta la rappresentazione teatrale di “Cristo di periferia”, un testo scritto e diretto da Davide Sacco, con protagonista Francesco Montanari, attore teatrale e cinematografico noto per molteplici ruoli, tra cui quello del “libanese” in Romanzo Criminale. Lo spettacolo ha coinvolto gli studenti dell’istituto, che hanno assistito a una ‘favola’ contemporanea, tramata di suggestioni, interrogativi e spunti di riflessioni. “Cristo di periferia”, infatti, narra la storia di un giornalista che viene mandato dal suo direttore in un circo di periferia per scrivere un articolo su un “povero cristo” il quale, nella sua roulotte, in un'atmosfera a tinte quasi surreali tra il magico e il miracoloso, trasforma l’acqua in vino e moltiplica i pani e i pesci. Quando il giornalista conosce quest’uomo dei miracoli, la storia, nel suo ritmo inesorabile, disvelerà i toni reali di una narrativa del quotidiano tra luci e paure, sofferenze e risate. Francesco Montanari, con la sua voce, dà vita a questo monologo, un racconto moderno che racconta di fragilità e umanità, che si pone domande sul significato dei miracoli nel nostro tempo, guardando costantemente all’orizzonte di bellezza del mondo tra le sue ombre, senza rinunciare ai sogni. Un racconto di fede, la stessa che sfida il vuoto e crea una continuità tra se stessi e la prospettiva luminosa del futuro. A tal riguardo, è lo stesso regista, Davide Sacco, a parlarcene: “È un testo di speranza e di fede, non una fede divina, ma una fede umana, quella che va in profondità, verso sé stessi e il futuro; quest’ultima è più difficile da avere e più facile da perdere. Per questo motivo, riteniamo che sia particolarmente importante intessere un rapporto diretto reale con tutte le figure generazionali, a partire da quelle più giovani. È un messaggio di incitamento a un grande lasciarsi andare, passo dopo passo, con la propria forza, senza arrendersi”. A restituire una visione intima e allo stesso tempo critica del “Cristo di periferia” nella società contemporanea è Montanari, che pone l’accento sull’esigenza di ripartire da una componente umana, ancora prima che trascendentale: "Quella del ‘povero cristo’ è una religione umana, prima che trascendentale; siamo in una società che ti spinge e ti allena al solipsismo. Credo che il messaggio pragmatico di cui si fa portatore un povero cristo, di qualsiasi appartenenza e bandiera, sia la solidarietà e l’empatia verso l’altro, la capacità di ascolto. Occorrerebbe mettere da parte, per un secondo, il nostro individualismo, e cercare di entrare nell’altro e permettere a quest’ultimo di entrare in te. Poi il riferimento alla rete generata dai social media: “I social network, verso cui sono tutt’altro che contrario, fanno sì che su una pagina hai tanti argomenti e tematiche, che si alternano sullo stesso livello: hai il tuo influencer, il tuo idolo, il cantante, il tuo brand preferito e poi, nello stesso scrollo, c’è la sofferenza umana. Questo conduce al distacco; in questo modo non si ha mai il tempo speculativo reale per assorbire una precisa immagine, un preciso contenuto”. Da qui: “il mio consiglio è che chi è nato nel mondo dei monitor dovrebbe concedersi un tempo matematico dedicato all’umanità perché poi questa cosa si ripercuote nelle relazioni sociali; basta ascoltare ed è lì si dischiude il miracolo”. A suggello dell'evento, le parole della dirigente Rita Emiliozzi, di chi ha permesso che tutta questa rappresentazione venisse messa in scena e fruita, come preziosa occasione di crescita speculativa e formativa, dai ragazzi e ragazze dell’istituto, proprio all’interno dell’auditorium della scuola: “Questo monologo teatrale mi ha emozionata profondamente, ma non avevo dubbi perché conoscevo sia la compagnia, sia il regista e ho avuto modo di sperimentare la loro bravura e la loro capacità di cogliere e raggiungere direttamente i ragazzi e il pubblico in genere”. La dirigente ha poi proseguito ponendo l’accento sull’importanza del teatro e sulla sua imperitura facoltà di veicolare messaggi che parlano d’umanità, tra lacerazioni e unità: “Desideravo con tutta me stessa far vivere l’esperienza del teatro agli studenti, i quali sono pochissimo o per nulla avvezzi a quest’arte. È la forma più sublime di arte per il rapporto che instaura con il pubblico. Oggi, il teatro è stato trasportato all’interno della nostra scuola e i ragazzi hanno così avuto l'opportunità, tramite un dialogo diretto e biunivoco, della disponibilità del regista e dell’attore”.    

05/03/2024 18:30
Frontignano, inverno con poca neve e impianti chiusi: "Ecco come sta cambiando il turismo montano" (VIDEO e FOTO)

Frontignano, inverno con poca neve e impianti chiusi: "Ecco come sta cambiando il turismo montano" (VIDEO e FOTO)

Negli ultimi anni, in maniera alternata, stiamo assistendo a uno scenario invernale di montagna con sempre meno neve; quest’ultimo, oltre ad allontanarsi da quello tradizionale che ammanta di copiosi fiocchi la memoria e i detti popolari, si sta connotando per una predominanza di colori che va dal marrone della terra, passando per il verde degli umidi prati fino a qualche bianco e sparso residuo di neve. Questo l’attuale paesaggio invernale dalle Alpi agli Appennini, in particolar modo. Il cosiddetto cambiamento climatico, che spesso assume quasi le caratteristiche di un ammonimento ripetuto a memoria e automatizzato nella coscienza collettiva (responsabile l’uso massiccio di formule standard dell’informazione), è una realtà effettiva che sta mettendo a dura prova il settore del turismo invernale. Per avere una visuale più approfondita su questa situazione, abbiamo intervistato, presso l’impianto di risalita di Frontignano, Francesco Cangiotti, gestore, insieme a Giacomo Zanchetti, di Bolognola Ski, il comprensorio sciistico dei Monti Sibillini. “Quest’anno- afferma Cangiotti- è stata una stagione invernale nettamente molto negativa perché abbiamo avuto una quasi totale assenza di precipitazioni nevose che non hanno permesso l’apertura delle piste da sci. Infatti, qui a Frontignano abbiamo aperto solo un paio di domeniche il campo scuola e sul versante Bolognola abbiamo potuto fare qualche giornata in più, favorita dall’innevamento programmato; al netto una stagione che presenta un bilancio decisamente negativo”. Dunque, per ovviare a questa mancanza o scarsità di neve naturale e per garantire l’apertura delle piste, attualmente la soluzione a cui gli impianti sciistici fanno sempre più ricorso è l’innevamento programmato, ossia la cosiddetta neve artificiale. La situazione non è isolata: secondo il rapporto “Nevediversa 2023” di Legambiente, l’Italia è tra i paesi più dipendenti dalla neve artificiale, con il 90% di piste innevate artificialmente. A tal riguardo, prosegue Francesco Cangiotti: “Sicuramente la neve programmata dà una garanzia in futuro in termini di apertura; tuttavia un aspetto particolarmente importante è avere una riserva, uno stoccaggio idrico sufficiente per poter sfruttare i periodi di freddo che non sono molti. È un duplice intervento: sull’innevamento e sul realizzare bacini, delle vasche per lo stoccaggio idrico, che non sono solo a servizio dell’innevamento ma, in altri periodi, possono essere utilizzati come una riserva idrica per il bestiame, per l’antincendio e per molte altre funzioni”. (Video e montaggio: Alessandro Vallese Foto: Guido Picchio)   A sua volta, si apre un’ulteriore questione, che potrebbe essere vista come una sfida tecnologicamente e gestionalmente propositiva (oltreché indispensabile) in una prospettiva che scavalca il futuro prossimo e guarda all’orizzonte di un sistema a lungo termine: l’integrazione di pratiche alternative più sostenibili nell’ambito dell’industria sciistica dal momento che, per produrre neve artificiale, sono necessarie ingenti quantità d’acqua, alti consumi di energia e importanti costi privati e pubblici. Nell’ottica di una riformulazione e adattamento a un nuovo modello di turismo montano, la diversificazione delle attività rimane una soluzione sicuramente funzionale: “La nostra gestione- prosegue il gestore di Bolognola Ski- ha cercato di destagionalizzare al massimo i servizi e quindi puntare non solo alla stagione invernale, ma anche a quella estiva con molteplici attività, come nel caso di Frontignano, legate al bike park, al mondo delle biciclette, all’escursionismo”. E per quanto concerne il periodo invernale “stiamo lavorando in particolar modo con i rifugi, dove abbiamo creato alcuni eventi, come le cene; per esempio il sabato sera facciamo questa cena in quota al Rifugio Saliere dove la seggiovia viene utilizzata in notturna per salire e scendere. Quindi cerchiamo di creare delle soluzioni alternative al turismo invernale legato prettamente alla neve, che, tuttora, rappresenta comunque la più grande fetta di mercato, quest’anno, purtroppo, andato perso”. Senza chiudere la porta a quell’intramontabile quanto lenitiva speranza che la neve torni a cadere abbondante e, allo stesso tempo, con la coscienza di un presente che cambia, occorre pertanto una rielaborazione mentale, organizzativa e pragmatica del vivere l’inverno e la montagna. Una rielaborazione che passa attraverso l’interesse di una gestione privata ma che riguarda, in maniera più estesa e più profonda, quello di un’intera comunità e del suo territorio su cui, in questa zona, da otto anni, gravano anche le macerie e lo spopolamento del terremoto. A tal riguardo, dopo aver passeggiato nei pressi sottostanti l’impianto, tra case inagibili, inizi di sentieri e un panorama ammantato da una suggestiva nebbia, abbiamo fatto sosta al ristorante temporaneo “Cotto e Mangiato” di Gianfranco Tombini, proprietario dello storico ‘Hotel Felycita’. Quest’ultimo, dopo anni di chiusura per inagibilità post sisma, sta per tornare a nuova luce: “stiamo iniziando i lavori per ripartire a gonfie vele”, ha annunciato Gianfranco col sorriso e il garbo dei suoi ottant’anni.  

02/03/2024 10:24
Civitanova, da Sanremo a Parigi, passando per l'Arcimboldo d'oro: la pizza di Angelo Mondello conquista tutti

Civitanova, da Sanremo a Parigi, passando per l'Arcimboldo d'oro: la pizza di Angelo Mondello conquista tutti

Angelo Mondello è il noto pizzaiolo cilentano che ha portato la sua arte bianca a Civitanova Marche, dove, insieme a Mauro Aliberti, ha aperto la pizzeria Alto Bordo, rientrata, nel 2023, tra le dieci pizzerie migliori d’Italia. La sua pizza contemporanea, friabile e gustosa, ha conquistato il palato e il cuore di chiunque abbia avuto l’occasione di assaporala; non è un caso che il suo motto, da sempre, è "la pizza regala emozioni". Ha iniziato la sua carriera a Napoli, nella scuola di Luciano Sorbillo, dove ha imparato le basi della pizza napoletana e ha poi proseguito e approfondito il suo percorso presso Fradiavolo . Da qui, ha cominciato a viaggiare e a fare consulenza in tutto il mondo arrivando a cambiare cinque passaporti e portando con sé i segreti dell’arte della pizza in ogni loro sfaccettatura. Da circa una settimana è tornato da Napoli dove ha ricevuto il prestigioso premio Arcimboldo d’oro 2024, un riconoscimento che premia gli artisti del gusto i quali sanno valorizzare i prodotti del territorio, guardando al futuro e restando al passo con i tempi e le tendenze. Il premio è stato consegnato nella Sala Carlo III del Grand Hotel Capodimonte di Napoli, dove si sono riuniti i migliori chef, pizzaioli, pasticcieri e panificatori d’Italia e del mondo. Un altro successo per Angelo Mondello è stato quello di partecipare a Casa Sanremo, l’evento che si svolge al Palafiori di corso Garibaldi durante la settimana del Festival della Canzone Italiana. Qui, negli ultimi anni, si è sviluppata enormemente la zona dedicata alla pizza, gestita dal duo siciliano di Enzo Piedimonte e Carmelo Pistritto, che hanno coinvolto ben 44 pizzaioli provenienti da tutta Italia e dal mondo. Mondello è stato invitato da Casa Sanremo per essere presente sia come pizzaiolo che come giudice, portando la sua famosa pizza ‘Donna Sofia’, che ha mandato in visibilio gli ospiti e i vip presenti e grazie alla quale nel 2022 ha vinto il Trofeo Pulcinella. Come accennato, ha preso parte alla giuria del Trofeo della Pizza, un concorso che ha premiato le migliori pizze realizzate dai partecipanti, valutando la qualità degli impasti, delle farciture e della cottura. Angelo Mondello ha dimostrato ancora una volta la sua maestria e la sua passione per la pizza, facendosi apprezzare da tutti per il suo stile, la sua simpatia e gentilezza. Ma non è tutto. Non ha fatto in tempo a posare l’Arcimboldo d’oro nella sua pizzeria che, in qualità di uno dei dieci pizzaioli migliori al mondo, volerà in direzione della capitale francese per un prestigioso evento di fama internazionale, nonché fiera di riferimento della gastronomia italiana a Parigi: il Parizza. La pizza di ‘Alto Bordo, come dice il nome da Mondello stesso coniato, è unica nel suo genere, partendo dagli impasti, passando per le farciture e finendo con la cottura. Angelo propone sette pizze classiche e dieci speciali e sei gourmet. Un altro capolavoro è la 3 cotture, una pizza che viene cotta prima al vapore, poi fritta in olio e infine finita in forno a legna o a gas, ottenendo una scioglievolezza e una croccantezza uniche. I fortunati che in questi giorni si recheranno presso la pizzeria civitanovese avranno la possibilità di sperimentare gli speciali sapori del nuovo menù, di cui basta citare una sola delle molteplici pizze: capocollo silano, crema di fave e un formaggio feta. Una rosa di pizze gourmet che nasce da lunghe e appassionate conversazioni in famiglia, in particolar modo con il fratello Mario, noto chef in Svizzera. Angelo Mondello è un pizzaiolo che ha saputo trasformare la sua passione in una professione, portando con sé le sue radici cilentane e il suo spirito innovativo. La sua pizza è semplicemente un’esperienza da provare, un viaggio in cui lasciarsi guidare dai profumi e dai sapori in un’amabile sinestesia dei sensi.

01/03/2024 18:15
Macerata, quando è visitabile il canile? "Difficile vedere i cani anche durante l'orario di apertura"

Macerata, quando è visitabile il canile? "Difficile vedere i cani anche durante l'orario di apertura"

Negli ultimi mesi alcuni cittadini si sono lamentati del fatto che hanno trovato difficoltà ad accedere al canile comunale di Macerata nella misura in cui non è stato consentito loro di varcare il cancello durante l’orario di apertura al pubblico perché i cani mangiavano o dormivano, dunque invitati a tornare un’altra volta su appuntamento, in un momento più opportuno. Una inclinazione alla premura e alla tutela del cane che, tuttavia, ha portato una parte di queste persone a desistere e recarsi altrove, adottando un cane in altre strutture analoghe. È il caso della signora Gianna, che ha trascorso una vita a prendersi amorevolmente cura dei cani, arrivando ad adottarne molti da molteplici canili (incluso quello di Macerata) nel lungo corso degli anni. Qualche mese fa, sempre presso il canile in questione, ha accompagnato una sua amica la quale, addolorata per la morte del cane, era desiderosa di accoglierne un altro con lei; nella fattispecie, era alla ricerca di un esemplare anziano dal momento che il dispendio di energie verso un cucciolo non si confaceva alla sua età. Le due donne si sono recate sul posto due volte: "In un primo momento non abbiamo trovato nessuno perché erano cambiati gli orari di visita mentre, la seconda volta, siamo andate nell’orario di apertura al pubblico ma non siamo potute comunque entrare in quanto gli animali erano alle prese con il momento del pasto". Alla fine le stesse sono tornate a casa con un cane anziano ma preso in un altro canile della provincia". Alcuni mesi dopo l’accaduto, sulla pagina Facebook della struttura maceratese, è stato pubblicato un post dove si annunciava la triste morte di un cane anziano, con problemi di salute, che non ha mai trovato chi lo accogliesse con sé. Questa notizia ha catturato l’attenzione e la reazione di Gianna la quale, prontamente, in un commento sotto il post, ha raccontato la sua vicenda sollevando le sue perplessità ed evidenziando l’incongruenza tra il contenuto del post e l'esperienza avuta. A queste parole, ci spiega Gianna, “Il profilo della pagina ‘Canile Enpa Macerata 'Gli amici del cane'  ha risposto adducendo la motivazione per cui l’orario di apertura al pubblico non per forza deve coincidere con la possibilità di vedere i cani perché se questi mangiano o riposano  potrebbero agitarsi facendo abbaiare l’intero canile o indurre persino una torsione dello stomaco". "Per questo motivo, ci hanno detto che sarebbe stato preferibile prendere un appuntamento". Nel voler replicare, l'utente, ci ha riferito che si è vista negata la possibilità di rispondere ulteriormente nei commenti perché bloccata dalla pagina in questione. Inoltre, si è accorta che, poco dopo, la risposta del canile era stata rimossa. Col fine di far chiarezza e portare la questione su un piano di dialogo e di confronto, date le nobili finalità di tutte le parti, gestori e cittadini, ci siamo recati nello scenario bucolico e verdeggiante del canile in contrada Acquesalate, dove le operatrici e gli operatori si dedicano con passione e professionalità al loro mestiere. La risposta su una questione di natura locale, risolvibile con un semplice chiarimento, è stata quella di un rimbalzo a un paio di indirizzi email dell’ente Enpa nazionale. Alla richiesta di poter conversare con un referente, un responsabile, dal vivo o telefonicamente, non ci è stato risposto nulla aprendo così un interrogativo sull'esistenza o meno di referenti Enpa comunali, provinciali o regionali. Dubbio sciolto successivamente, quando abbiamo appreso che il responsabile di struttura è la stessa persona con cui abbiamo parlato al canile e che ci ha rimandato all'indirizzo dell'ufficio stampa. Premesso che anche la non risposta è una libera e lecita scelta, tuttavia, un interrogativo rimane accesso negli animi di quelle persone che hanno trovato più accidentato l’accesso alla struttura: se l’orario, come indica la finalità della parola, è destinato al pubblico, in che misura un ente può decidere se un visitatore 'può "o non può", in quell’arco di tempo, accedere a una struttura comunale?  

16/02/2024 12:25
Unicam in festa, inaugura il 688esimo anno accademico e la sede del Rettorato torna in centro (FOTO e VIDEO)

Unicam in festa, inaugura il 688esimo anno accademico e la sede del Rettorato torna in centro (FOTO e VIDEO)

Si è tenuta oggi nell’auditorium Benedetto XIII l’inaugurazione del 688esimo anno accademico dell’università di Camerino, alla presenza, da remoto, del ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini. Il tema scelto per l’occasione è stato “Persona, Valore, Scienza: il futuro ha solide radici” Simbolicamente, il primo a prendere la parola, a dare il via alla cerimonia  è stato Nicolò Palombi, in rappresentanza delle studentesse e studenti, il quale da subito ha ripreso il tema portante scelto per l’anno accademico: “ ’Persona, Valore, Scienza: il futuro ha solide radici’: queste parole permeanti le strutture del nostro ateneo simboleggiano ciò che più intrinsecamente è UniCam, un’università che pone la persona al centro, fermamente rivolta alle persone che la costituiscono e ne fanno parte. Un’università che, come gli alberi, ha radici profonde che affondano nel tessuto sociale da 688 anni, che toccano le vite di tutti coloro che entrano in contatto con questo ateneo, perché, come suggerisce la parola, UniCam, è unica nel suo genere. Un essere vivente in un unico ecosistema di più università che è in grado di respirare, evolversi, sognare e intimamente capace di guardare al futuro”. Palombi è poi passato a parlare della formazione degli studenti a partire da un aspetto sostanziale, quello della cura delle persone, delle relazioni sociali e dei rapporti, siano essi di amicizia o di amore: “Di amore nel 2024 non si può parlare, si deve parlare perché solo parlandone, riusciamo a discernere ciò che è davvero e ciò che si propaganda per presunto tale. Quel mix letale che porta frustrazione e rancore che a novembre ha strappato la vita a una studentessa come noi”. Successivamente, è intervenuta Simona De Simone, rappresentante del personale tecnico amministrativo: “Le radici del nostro Ateneo affondano nella storia fino al secolo che fu di Petrarca e anche di Dante, siamo al 688esimo anno della nostra storia. Ora più che mai le sfide cui sono chiamate le università valicano i confini nazionali e tutte le anime dell’Ateneo sono impegnate nel superarle. Quest’ultimo consente ai propri dipendenti la possibilità di aggiornamento continuo per la corretta conoscenza degli strumenti necessari alle proprie attività. La nostra UniCam ha inoltre anche un altro grande punto di forza; negli uffici che compongono la struttura amministrativa e gestionale, come nelle strutture di ricerca e didattica, si è creato e vive un forte sentimento di appartenenza che nasce dal confronto quotidiano, sempre sincero. Al valore professionale si aggiunge valore umano, tutto ciò costituisce le nostre radici e forti radici significano ali vigorose”. In rappresentanza del personale docenti e ricercatori, Roberta Censi, la quale ha messo in evidenza quello che è il ruolo dei docenti, la cui didattica deve andare oltre le pareti di un’aula ed essere organica e in costante dialogo con la storia attuale, a partire dalle sue profonde lacerazioni: “Come docente UniCam ho l’onore di lavorare presso la Scuola del Farmaco e dei prodotti della salute, dove cooperiamo nell’affrontare le sfide sanitarie globali, ancora irrisolte con cui le società ancora si confrontano. E lo facciamo con picchi di eccellenza che posizionano la nostra università in contesti nazionali e internazionali di rilievo. Come ricercatori dobbiamo guardare oltre i confini delle aule e dei laboratori; viviamo in un’epoca di profonde contraddizioni in cui il progresso scientifico si scontra con le ombre della storia attuale e la tecnologia avanzata coesiste con tragedie umane senza precedenti, generate da guerre, disparità sociali e di genere, mancanza di accessibilità alle cure mediche Come corpo docente, è nostro dovere non solo trasmettere conoscenze e promuovere il progresso ma anche ispirare, guidare e catalizzare il cambiamento verso la creazione di società più eque”. Infine, Censi si è soffermata sul concetto di talento e del suo potenziale che deve avere una possibilità di espressione socialmente trasversale: “Ogni talento che non riesce ad emergere perché seppellito da macerie o impedito da povertà e bocchi sociali e di genere rappresenta la privazione di una risorsa per la nostra comunità globale e come tale una sconfitta per tutti noi”. Poi, ad avvicendarsi sul palco per prendere la parola, il direttore generale Andrea Braschi che, per la ristrettezza delle tempistiche, è entrato nel vivo del discorso intessendo tre slogan da cui partire al fine di ottenere dei risultati incoraggianti: “il primo è ‘La bottega del sarto’; per alimentare questa comunità è utile mantenere brevi le distanze fra le persone e fra i ruoli e per farlo, è indispensabile uno sforzo continuo per adottare un approccio ‘sartoriale’ verso le persone. In un contesto di regole e prassi consolidate occorre trovare il tempo per affrontare assieme i problemi individuando soluzioni possibili e specifiche. Un altro slogan è ‘ Capitani coraggiosi’: è mai esistito un periodo dove le cose scorrevano lineari e prevedibili? Dubito fortemente, soprattutto nell’università. Questo senso di insicurezza è dovuto a una caratteristica peculiare del nostro sistema; la complessità. Quest’ultima, al contrario della complicazione è una caratteristica positiva. Dobbiamo abbandonaci pienamente alla complessità. Abbiamo bisogno di persone che sappiano prendere decisioni in situazioni incerte e instabili, che sappiano reagire agli imprevisti e alle delusioni e che soprattutto agiscano sempre e comunque per il bene comune”. Ha poi spiegato il terzo appunto che prende il nome di ‘Delitto perfetto’: “Nel lavoro abbiamo sempre l’obiettivo di lasciare la nostra impronta come risultato tangibile del nostro operato. Conoscendo le mie inclinazioni e le mie abilità, ho fatto di tutto per non lasciare alcuna traccia perché nessuno risalga a me; questo modo di relazionarsi non vuol dire fuggire dalle proprie responsabilità o esimersi dal prendere posizioni nette, al contrario, vuol dire un paziente lavoro di semina silenziosa e accompagnamento delle persone per esaltare il loro potenziale”. Simbolicamente a conclusione dei vari interventi, a prendere la parola finale e allo stesso inaugurale, è stato il rettore Graziano Leoni. Quest’ultimo ha ringraziato il precedente rettore, Claudio Pettinari, per i risultati concreti che ha apportato all’Ateneo e che oggi mettono in condizioni di poter guardare al futuro con fiducia. Poi, è passato alle ragioni della tematica scelta per questo nuovo anno accademico: “Le radici lunghe, profonde, portatrici di altra linfa per rinnovare nella continuità; con tutta la squadra UniCam siamo pronti a far sì che quest’ultima consolidi e migliori i suoi risultati e persegua nuovi importanti obiettivi per far fronte alle distanze più attuali con costanza e determinazione. Per far questo abbiamo bisogno che tutti gli interventi di recupero delle nostre strutture siano portati a termine quanto prima. La riapertura dei luoghi simbolo restituirà dignità e splendore alla città di Camerino e renderà tangibili le radici storiche di un’università tra le più antiche d’Italia”.  Tuttavia, nonostante le persistenti condizioni di disagio, “Unicam- prosegue il rettore- conferma di essere attrattiva per un numero di matricole superiori a quelle che registravamo prima del sisma. Allo stesso temo, quest’anno è emersa, più del solito, la difficoltà di trovare alloggi; lo sviluppo della nostra università è anche legato a una disponibilità di alloggi per la comunità studentesca almeno pari a quella che la città offriva prima del sisma. A una aumento consistente di immatricolazioni è corrisposta una mancanza di oltre 1800 posti letto che costituivano la proposta privata. A oggi contiamo 1200 posti letto nelle residenze universitarie che aumenteranno di altre settantacinque unità con il completamento del campus di via del Corso gestito dall’Erdis”. Da qui la necessità di accelerare la ricostruzione privata come priorità non più procrastinabile; a tal riguardo, l’Università di Camerino si sta impegnando in un progetto di studentato diffuso coerente con la realtà di Camerino. Tra gli obiettivi principali del mandato di c’è una prospettiva che guarda al consolidamento di una rete internazionale: “l’internazionalizzazione come leva di crescita e sviluppo perché possa permeare in modo trasversale tutte le attività; la nostra vocazione internazionale è solida, siamo in procinto di presentare due impegnativi progetti in ambito Erasmus; uno per consolidare collaborazioni già in essere e svilupparne di nuove in aree geografiche strategiche come USA, Canada, Giappone. Un altro ci vede consorziati con 11 Atenei nel progetto ‘KreativeEU’, dedicato al patrimonio culturale comune”. Infine le parole conclusive di Graziano Leoni: “Ho cercato di spiegare come, in sintesi, persona, valore e scienza, necessaria per lo sviluppo che deve essere sostenibile, trovino solide radici in UniCam, capaci di trarre il meglio dalla storia e della cultura, farne linfa nutriente e destinarla principalmente a voi che centro di UniCam siete il futuro del mondo. Non abbiate paura di innovare, di sperimentare, di ricercare e costruire il futuro perché un albero con radici profonde non teme il vento. Siate protagonisti dei tempi che vivete, scegliete sempre di essere e mai di apparire perché ‘le radici non sono in un paesaggio, in un paese o in un popolo, ma sono dentro di voi’ come scrive Isabelle Allende. Sappiate apprezzare ciò che vi circonda guardandolo con meraviglia e praticando gentilezza, costruite quel mondo che desiderate, senza lasciare indietro nessuno”. A seguire l’intervento della ministra Anna Maria Bernini: “È iniziata ieri la nostra settimana Stem, che valorizza la formazione non solamente scientifica, tecnologica, matematica, ingegneristica ma valorizza la fusione tra le scienze dure, le scienze umanistiche e umane. Il grande messaggio di questa settimana vuole essere quello di non favorire le materie scientifiche rispetto alle vocazioni umanistiche, che sono parte delle nostre radici e della nostra storia. La forza interpretativa innovativa ed evolutiva è proprio quella di saper essere transdisciplinari, avere sempre la necessità di interfacciarsi e di interagire con materie etiche, bioetiche umanistiche, filosofica; la dimensione antropocentrica della dimensione scientifica passa attraverso un impiego mirato e rinnovato delle scienze umanistiche. Più che mai abbiamo a disposizione un mondo di formazione che ci chiama a una sfida importante che è quella di indirizzare su percorsi nuovi studenti e studentesse che saranno chiamati a fare mestieri e professioni che per certi versi ancora non esistono o in parte”. Sempre a riguardo, la ministra Bernini ha messo l’accento su come l’Università di Camerino abbia adattato i suoi cicli formativi esattamente a quella commistione che prima si diceva tra tecnologie scientifiche evolute ed evolutive (come l’intelligenza artificiale e la costruzione di algoritmi) con il tema dei beni culturali attraverso uno specifico corso di Tecnologia diagnostica sui beni culturali, che è molto in linea con l’orientamento attuale del Miur. A chiusura della cerimonia alle 12,30 c’è stata l’inaugurazione della nuova sede del Rettorato in centro storico, inaugurazione che trasmette un profondo significato simbolico per la città di Camerino e non solo; qui rimarrà finché non si sarà compiuto il restauro dello splendido e storico Palazzo Ducale: “Torniamo in centro per continuare da dove tutto, sette anni fa, sembrava essere finito”. A tagliare il nastro oltre al rettore Leoni, il sindaco Roberto Lucarelli, il commissario alla ricostruzione Guido Castelli, il prefetto Isabella Fusiello, l'assessore Andrea Maria Antonini, il vicepresidente del consiglio regionale Gianluca Pasqui, i consiglieri Romano Carancini e Renzo Marinelli. Queste le parole del commissario Guido Castelli in merito alla ricostruzione: “Dalle norme ai collaudi. Con i piedi per terra , come s’impone quando è in corso una tragedia posso dire che il 2023 è andato bene, il 2024 può essere una svolta per Camerino”.  

06/02/2024 18:10
UniMc celebra il 734° anno accademico con Riccardo Illy. McCourt: "Le discipline umanistiche nucleo dell'Università moderna" (FOTO e VIDEO)

UniMc celebra il 734° anno accademico con Riccardo Illy. McCourt: "Le discipline umanistiche nucleo dell'Università moderna" (FOTO e VIDEO)

Si è svolta questo pomeriggio la cerimonia solenne di inaugurazione del 734° anno accademico dell'Università di Macerata, uno degli atenei più antichi d'Italia. Il fil rouge per l'occasione è stato "Conoscenze, creatività e crescita: il ruolo evolutivo dell'Università", a sottolineare l'impegno dell'istituzione a promuovere la formazione, la ricerca e il trasferimento scientifico, tecnologico e culturale nel territorio e nel mondo. L'ospite d'onore della giornata è stato Riccardo Illy, imprenditore del settore alimentare superpremium, presidente del Polo del Gusto e già presidente della regione Friuli Venezia Giulia e sindaco di Trieste. Illy ha portato la sua testimonianza di successo imprenditoriale e di attenzione alla sostenibilità, alla qualità e alla cultura. Inoltre, durante un workshop tenutosi in mattinata, Illy ha anche dialogato con gli studenti, i docenti e gli imprenditori locali sulle sfide e le opportunità per il futuro dell'agroalimentare, della formazione e dell'innovazione. La cerimonia, che si è tenuta al teatro Lauro Rossi di Macerata, è stata aperta dal corteo degli accademici in toga, che hanno sfilato da piazza Vittorio Veneto fino in piazza della Libertà per poi entrare nel teatro. Durante il tragitto, il corteo si è trovato di fronte a uno striscione in forma di fumetto del collettivo studentesco Depangher sul presunto "doppiogiochismo" dell'ateneo in merito al confronto su tematiche geopolitiche e lavorative. A inaugurare ufficialmente l'evento l'inno nazionale suonato dal Quartetto UniMc e intonato dal Coro d’Ateneo sotto la direzione del maestro Adamo Angeletti. Dopo i saluti istituzionali del rettore John McCourt e del sindaco Sandro Parcaroli, è stato il turno del commissario europeo per l'economia Paolo Gentiloni Silveri, che ha lasciato un videomessaggio: "Il problema oggi non è solo la mancanza di lavoro ma sempre più la carenza di competenze specialistiche in un mercato lavorativo che sta cambiando sotto i nostri occhi con la rivoluzione digitale, l’intelligenza artificiale e una transizione climatica. In questo contesto è necessario investire nello sviluppo del nostro capitale umano; a tal riguardo, una scommessa per l’Europa è quella di mettere al centro della propria azione politica l’attenzione al futuro e ai giovani". A riprendere la parola di nuovo McCourt che è passato a illustrare la relazione inaugurale del nuovo anno accademico: "Oggi con orgoglio e ottimismo inauguriamo il settecentotrentaquattresimo anno accademico dell’Università degli studi di Macerata con la volontà di mettere al centro la creatività, l’imprenditorialità, l’internazionalizzazione e il ruolo dell’ateneo come aggregatore di forze per una crescita sostenibile del territorio. Abbiamo realizzato un lavoro di programmazione senza precedenti in termini di didattica, ricerca e Terza Missione del nostro Ateneo, ascoltando e dialogando con tutte le componenti della comunità UniMc". "Oggi e ogni giorno siamo chiamati come comunità accademica a riflettere sui valori identitari del nostro Ateneo che è volto a promuovere conoscenza, cultura, creatività e innovazione - ha aggunto McCourt - . In questa prospettiva rimaniamo convinti che le discipline umanistiche devono costituire il nucleo di un'università moderna; eppure, da anni, in tutto il mondo, spesso vengono marginalizzate". "Negli ultimissimi anni però si assiste a un’inversione con paesi che guardano sempre di più ai laureati umanistici per trovare nuovi lavoratori preparati e chiamati a risolvere problemi complessi. Abbiamo bisogno di giovani che vogliono cambiare il mondo e che credono, nonostante le tante difficoltà, di poterlo fare”. Infine, dopo aver segnalato un incremento del 7% di iscrizioni all’ateneo maceratese, ha lanciato una stoccata sulle università telematiche: "Siamo sotto attacco delle università telematiche, fabbriche depersonalizzanti di lauree”. Dall’intervento del Rettore a quello di Dario D’Urso, rappresentante degli studenti e delle studentesse: "La sfida principale che le università che promuovono gli studi umanistici e le scienze sociali si trovano di fronte è quella del rapporto col mondo del lavoro che si aspetta laureati formati, pronti, con esperienza spesso in una visione distorta di ciò che viene insegnato nelle aule universitarie. La didattica ha una responsabilità fondamentale nel conciliare questi due orizzonti, colmando questa distanza attraverso l'abbandono di un’impostazione frontale e spostandosi verso uno scambio di conoscenze piuttosto che di nozioni. L’eccellenza va creata attraverso il dialogo e un continuo rinnovamento; soltanto col terreno fertile del dialogo può creare e far fiorire il pensiero critico”.  Subito dopo, è intervenuto Phuc Van Nguyen in rappresentanza delle studentesse e studenti internazionali, a testimonianza dell’indirizzo sempre più improntato agli scambi culturali, economici e dialogici su scala internazionale. Sul palco, come rappresentate del personale tecnico amministrativo e bibliotecario, Domenico Panatta: "Con tutte le sfide che ci troviamo ad affrontare è essenziale ricordare che dietro a ogni risultato, a ogni successo, ci sono persone, studenti, docenti, personale tecnico amministrativo che formano il cuore pulsante di questa università. Dobbiamo coltivare un ambiente che metta le persone al centro, che valorizzi le loro capacità e il loro senso di appartenenza. Il sistema universitario è in continua evoluzione e dobbiamo essere pronti ad affrontare le sfide con determinazione opponendoci al timore di sbagliare, che spesso paralizza la nostra azione quotidiana e l’espressione delle nostre migliori capacità. Questa istituzione deve essere un luogo di innovazione e di audacia intellettuale chiamata a esplorare nuove frontiere, a essere pioniera del progresso, a partire da quello che è il nostro territorio. Affrontiamo dunque il futuro senza farci dominare da pressioni e diffidenze, diamo fiducia ai nostri compagni di viaggio, specialmente i giovani che entrano per la prima volta a far parte dei nostri teams”. Infine, il momento clou della cerimonia è stata la lectio magistralis di Riccardo Illy, che ha condiviso le sue riflessioni sul ruolo dell'Università nella formazione degli imprenditori del futuro, sottolineando la necessità di una maggiore interazione tra il mondo accademico e quello produttivo, di una maggiore apertura all'Europa e al mondo, di una maggiore attenzione alle competenze trasversali. Inoltre, si è soffermato su un'importante analisi socio- economica, individuando tre rivoluzioni: "Tre vere e proprie rivoluzioni si sono accavallate negli ultimi decenni e nessuna di queste può dirsi ancora del tutto compiuta. L’umanità aveva già attraversato delle rivoluzioni (l’ultima fu quella industriale) con il passaggio dalla forza animale a quella meccanica mai aveva affrontato tre rivoluzioni assieme: quella digitale e la globalizzazione dei mercati iniziarono quasi in contemporanea ormai una cinquantina di anni fa e a queste si è sovrapposta recentemente quella energetica". Per quanto concerne la globalizzazione "ha portato negli ultimi decenni una crescita del Pil mondiale che mai si era vista prima con una forte riduzione delle ineguaglianze fra paesi più sviluppati e quelli in via di sviluppo. Tuttavia il rovescio della medaglia della riduzione della povertà e della fame nei paesi più arretrati è stato un aumento delle ineguaglianze nei paesi più sviluppati. Anche grazie allo sviluppo d’impresa nei settori digitali oggi vi è una concentrazione di ricchezza nelle mani di poche persone che ci hanno riportato al medioevo". In merito alla questione energetica, ha fatto riferimento al nucleare: "Oggi le mini centrali nucleari, sviluppate grazie agli studi di Carlo Rubbia e promosse dal suo ex collaboratore Stefano Buono, promettono di contribuire al compimento della rivoluzione energetica”. Poi, è passato a una tematica estremamente nodale negli ultimi tempi, quella dell’intelligenza artificiale: “Il digitale - prosegue Illy - ha assestato un ultimo colpo con l’intelligenza artificiale che avrà senz’altro un grande impatto sul mondo della ricerca e dello sviluppo, simulando ricerche con lo sfruttare tutti i database disponibili nel mondo. Nel mondo del sociale e delle conoscenze non assoggettate a continue verifiche, l’intelligenza artificiale avrà verosimilmente un minore impatto. Gli scienziati che studiano la materia, si stanno rassegnando al fatto che l’intelligenza artificiale non è in grado di distinguere notizie vere da quelle. Questo potrebbe portare a una progressiva sfiducia verso le notizie digitali, veicolate dai social media e potrebbe riportare in auge la mediazione informativa dei giornalisti o addirittura la carta stampata. La carta è più difficile da alterare e chissà che non torneremo al detto carta canta".

05/02/2024 19:30
Festa a sorpresa per i 90 anni di Sandro Trotti: il pittore marchigiano che ha rivoluzionato il paesaggio (FOTO)

Festa a sorpresa per i 90 anni di Sandro Trotti: il pittore marchigiano che ha rivoluzionato il paesaggio (FOTO)

Festa a sorpresa per i novant’anni del Maestro Sandro Trotti che, sabato scorso, ignaro di tutto, si è recato presso l’Hotel Garden di Porto San Giorgio, luogo caro all’artista, che ha avvinto la sua affezione per bontà culinaria e clima familiare. D’improvviso, il coup de théatre: un sussulto di meraviglia mista a incredulità nell’animo di Trotti, che è stato affettuosamente accolto e avvolto da una numerosa cerchia di persone. Quest’ultime, provenienti dagli ambiti più disparati, dal mondo della cultura, a quello dell’arte nelle sue molteplici declinazioni, fino a quello dell’imprenditoria, sono giunte da ogni parte della regione (e non solo), mosse da una comune sorgente carsica che parla di profonda amicizia. Una nota dovuta, per far comprendere il desiderio e la gioia alla base di questi festeggiamenti, riguarda la cornice dell’Hotel Garden i cui fuochi della cucina sono stati accessi ad hoc per questa occasione; anche qui, una cucina messa in funzione per amicizia, quella che lega il proprietario a Sandro.   La festa è stata anche un prezioso momento per ripercorrere la vita e le opere di Trotti, il pittore marchigiano che, raggiunta la soglia dei 90 anni, è tutt’oggi immerso in un turbinio d’inesauribile ispirazione, improntato costantemente alla riscoperta e alla sperimentazione. A tal riguardo, nel suo operato, la parola ‘cultura’ torna al suo etimo originario di ‘còlere’, ossia ‘coltivare’, e si fonde con l’altra parola chiave che è ‘creatività’.L’artista ha creato un nuovo modo di pensare e operare, attingendo dalle varie discipline dell’umano sapere e indirizzando la sua ricerca pittorica verso l’astrattismo e le sperimentazioni su diversi materiali, dal vetro alla plastica, passando per quelli che Emilio Villa definì i “crates”, ossia trame geometriche che si sovrappongono alla superficie pittorica, come una scrittura di luce, un’architettura di segni. Si è confrontato anche con la plasticità della terza dimensione tramite la scultura e successivamente tramite le diverse tipologie di installazioni. Trotti ha ridisegnato un intero sistema per rendere il paesaggio più chiaro, più attrattivo comunicando così un’attitudine poetica e meditativa, che si esprime in una specifica scelta dei colori e atmosfere. Inoltre, è un artista che non ha trascorso la sua vita chiuso nel suo studio, ma ha sempre dimostrato una sensibilità, una volontà di creare una connessione con l’Altro, con tutto ciò che lo circonda, a partire dalla comunità del suo territorio natìo; per questo motivo ha donato molteplici sue opere a diversi comuni delle Marche, mettendo così a disposizione un archivio, una testimonianza aperta d’inestimabile valore. Un pensiero, che prende i tratti di una sincera gratitudine, giunge da Pina Gentili, direttrice del Centro Studi Marche nonché amica di Sandro Trotti: “ho avuto l’opportunità di frequentarlo e ho compreso, fin da subito, che avevo incontrato un uomo proiettato verso nuove sfide. In virtù del suo percorso, abbiamo deciso di premiarlo nel 2016, in Senato, come ‘Marchigiano dell’anno’ ”.  Infine, conclude la Gentili “ha una passione sempre rinnovata per la conoscenza, che lo porta a confrontarsi con altre forme di linguaggio, con le pagine di opere letterarie e poetiche, in un continuo e prolifico dialogo. È una persona che a 90 riprende in mano i libri del Canaletto e si sofferma a osservare i suoi scorci sui canali di Venezia nei quali rivede l’acqua dell’Adriatico, il suo muoversi, tremare e riverberarsi. Ha una forza in più, non ha limiti, ha una cultura infinita”.  

02/02/2024 09:40
Macerata, tra le meraviglie e i segreti dei costumi di scena: il favoloso mondo di 'Arianna Sartoria' (FOTO)

Macerata, tra le meraviglie e i segreti dei costumi di scena: il favoloso mondo di 'Arianna Sartoria' (FOTO)

Il Carnevale è una festa che celebra la fantasia e la trasgressione. È il momento in cui si può indossare una maschera e diventare qualcun altro, per un giorno o per una notte. Ma da dove nascono le maschere e i costumi che animano le strade e i palcoscenici durante il carnevale? Qual è il segreto che si cela dietro la loro creazione? Per scoprirlo, bisogna addentrarsi all'interno delle sartorie per abiti da scena e teatro; luoghi magici, che parlano d’un mondo antico, dove si intrecciano tradizione e incursioni contemporanee. Qui, abili sarte e sarti trasformano i tessuti in opere d'arte, dando vita a personaggi e storie di singolare fascino, provenienti dalla storia del teatro italiano e internazionale. A tal riguardo, oggi, questa tipologia di attività continua a custodire, tramandare e alimentare un inestimabile patrimonio culturale, realizzando costumi per spettacoli teatrali, opere liriche, film e rievocazioni storiche. In queste speciali officine del ricamo e del cucito, attraverso specifiche tecniche e materiali di pregiatissima qualità (seta, velluto, broccato, pizzo, piume ecc.) si ricreano gli abiti e gli accessori di ogni epoca e stile, dal Medioevo al Rinascimento, dal Barocco al Liberty, dal Novecento alle incursioni Pop e persino Punk. È il caso di ‘Arianna Sartoria’, uno scrigno di maestria artigianale incastonato nella zona industriale di Piediripa. A riavvolgere il filo della storia, fino all’origine di quest’attività, è il titolare Jonny Giancamilli: “L’inizio della nostra sartoria affonda le sue radici in un piccolo negozio di Corridonia, dove vendevamo articoli da regalo. La passione per quest’ambito era già presente nella nostra famiglia, grazie a mia madre, Elvia Mengoni, e mia nonna. Così abbiamo iniziato a realizzare vestiti di carnevale per bambini, che hanno avuto un grande successo. Da quel momento, abbiamo deciso di dedicarci completamente alla sartoria, trasformando il nostro negozio in un laboratorio sartoriale e creativo”. Poi, arrivano gli anni Ottanta e, con questi, la fortunata collaborazione con alcuni costumisti teatrali e cinematografici famosi, in particolare con Giancarlo Colis, docente all’Accademia di Belle Arti di Macerata. Nel frattempo, sempre in quegli anni: “Mia madre- continua Giancamilli-, ha ottenuto l’abilitazione di sarta professionista, indirizzando così l’attività verso una specializzazione nel settore del teatro e dello spettacolo. Da allora, realizziamo costumi per opere teatrali, film, rievocazioni storiche e molto altro”. Oggi, grazie alla presenza di uno staff altamente qualificato, che è rappresentato da Arianna, Martina, Patrizia e Cheirck, l’attività si distingue a livello nazionale per collaborazioni importanti nel mondo dello spettacolo, a partire dalla lirica, e in quello delle rievocazioni storiche. In virtù di questo motivo, può vantare un repertorio di oltre 10.000 costumi che coprono tutti i periodi e che vengono utilizzati in numerose manifestazioni. Tornando alle atmosfere variopinte e danzanti del Carnevale, a raccontare la parabola di questi festeggiamenti e del loro cambiamento nel corso degli anni è Arianna, sarta professionista che lavora da quasi vent’anni nell’omonima sartoria maceratese: “Il modo di vivere il Carnevale è cambiato di generazione in generazione; con internet molte persone che desiderano mascherarsi approfittano di siti cinesi o Amazon per acquistare degli abiti. Una gran parte si indirizza solo sugli accessori tipo parrucche, occhiali grandi ecc”. A essere cambiata, prosegue Arianna “è soprattutto la clientela; prima in negozio venivano tanti giovani di vent’anni adesso dai trent’anni in su. Per quanto riguarda i costumi più in voga, c’è molta richiesta di abiti storici per i quali un tipo di clientela adulta è disposta volentieri a spendere di più, puntando sull’originalità. Soprattutto va di moda lo Steampunk; si tratta della rivisitazione di un abito storico in stile punk, con ingranaggi e accessori vari. Ora, dal Carnevale ci stiamo spostando in particolar modo agli abiti per lo spettacolo, che comunque sono richiesti per questa festa”. Infine, il passeggiare e perdersi tra i molteplici abiti da scena, tra le affascinanti stoffe adagiate sugli scaffali, tra le costellazioni di accessori sparse in giro, qui, diventa un’occasione alternativa di attraversamento e riscoperta del passato che, dialogando con il tempo presente, va a intessere l’intreccio di una storia unica. Alla base di quest’ultima, c’è una costante che permette di gettare luce sul futuro, anche quando su questo si proiettano delle ombre velate d’incertezza: “Lo sviluppo futuro può essere enorme ma può essere che fra tre mesi non ho più nulla: ci sono grosse prospettive per quanto riguarda l’organizzazione di eventi attraverso la cooperazione di reti e mestieri. Alla base ci deve sempre stare il saper fare”. È proprio attraverso il ‘saper fare’, e il suo tramandarsi di generazione in generazione, che la parola ‘filo’, essenza indispensabile per la tessitura, il cucito, il ricamo, va a coincidere con l’antico significato greco di “-filia”, ossia “amore per..”.          

31/01/2024 11:00
Macerata, Paola Caridi ospite a "I giorni della Merla": il 'fuoco' della narrazione sul Medio Oriente. L'intervista

Macerata, Paola Caridi ospite a "I giorni della Merla": il 'fuoco' della narrazione sul Medio Oriente. L'intervista

Il festival “I giorni della Merla” è un omaggio alla meraviglia della narrazione, che si rinnova e si trasmette di generazione in generazione, come il colore nero delle merle, secondo la leggenda. A Macerata, il festival in questione è anche un’occasione per incontrare autori e autrici che hanno saputo raccontare storie di fuoco, di passione, di resistenza, di trasformazione. Storie che bruciano sotto le braci, come quelle del Medio Oriente, una regione martoriata da conflitti senza fine, ma anche ricca di cultura, di storia, di umanità. Paola Caridi, giornalista e saggista, domenica 28 gennaio alle ore 17.30, presso il teatro Filarmonica di Macerata, ci porterà nel cuore di questo mondo complesso, con il suo libro “Hamas. Dalla resistenza al regime” (Feltrinelli), in cui ripercorre la storia di uno dei movimenti islamisti più controversi e influenti della scena politica palestinese. Un’opera che si basa su una rigorosa ricerca documentaria, ma anche su una profonda conoscenza diretta del territorio e delle sue dinamiche. Caridi ha vissuto a lungo in Medio Oriente, prima al Cairo e poi a Gerusalemme, dove ha fondato e diretto Lettera22, un’agenzia di stampa specializzata in politica estera. Ha seguito da vicino gli eventi che hanno segnato la storia di Hamas, dalla sua nascita nel 1987 come ramo palestinese dei Fratelli Musulmani, alla sua ascesa al potere nel 2006: “ è proprio dopo la vittoria alle elezioni politiche del 2006- afferma la Caridi- che inizia la slavina che conduce a oggi: l’embargo internazionale al governo di Hamas, la presa del controllo di Gaza da parte del movimento islamista, la completa e totale chiusura di Gaza per 16 anni da parte di Israele e, con alterne vicende, dell’Egitto sul confine meridionale della Striscia. Il consenso bisogna inserirlo in questa storia complessa e, soprattutto, inserirlo nella realtà di un territorio occupato da Israele dal 1967 (Gaza, Gerusalemme est e Cisgiordania). Le dinamiche politiche non sono quelle che si vivono in un territorio indipendente, in uno Stato indipendente”. Circa il ruolo della cosiddetta “comunità internazionale”, l’autrice fornisce una prospettiva che getta luce su una serie di attori e fattori che spesso vengono trascurati: “è un termine vago che usiamo per definire spesso la sua parte occidentale. In gioco, invece, sono entrati attori internazionali che, spesso, non abbiamo considerato di peso. Quello che ha chiesto e ottenuto il Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia, di porre la sua attenzione su un possibile intento genocidiario a Gaza da parte di Israele, indica che le dinamiche nella comunità internazionale stanno cambiando profondamente. In questo contesto, l’Unione Europea si è dimostrata finora debole e senza compattezza: il suo ruolo, invece, poteva essere importante come facilitatore”. Quando si parla di un contesto di guerra inevitabilmente si genera una riflessione sostanziale tra il concetto di 'umano' e quello di  'disumano'. A tal riguardo Paola Caridi conduce il pensiero a una terza dimensione, quella della ‘de-umanizzazione’: “ la questione centrale è la de-umanizzazione, ciò considerare l’Altro, l’Altra come non-umano. Più della disumanità la questione di fondo è non considerare umano chi ritieni il tuo nemico. Se non lo si considera umano, diventa ‘semplice’ ucciderlo. O, come si dice nel linguaggio deumanizzante della sicurezza, neutralizzarlo”. A dialogare con Paola Caridi ci sarà Helena Janeczek, scrittrice e amica, che ha affrontato il tema della guerra e della memoria in due libri di grande successo: “La ragazza con la Leica” (Guanda), vincitore del premio Strega 2018, in cui ha raccontato la vita e le fotografie di Gerda Taro, la prima fotoreporter di guerra, morta durante la guerra civile spagnola; e “Lezioni di tenebra” (Guanda), in cui ha narrato la sua storia di figlia di genitori ebrei polacchi, sopravvissuti alla Shoah e rifugiati in Germania. Due libri che sono anche due viaggi nel tempo e nello spazio, alla ricerca di una verità storica e personale, tra le ombre del passato e le luci del presente.  L’incontro tra Paola Caridi e Helena Janeczek sarà moderato dalle curatrici del festival, Loredana Lipperini e Lucia Tancredi, che hanno scelto di muovere le braci della narrazione per liberare il racconto di fuochi che furono e fuochi che bruciano ancora.

27/01/2024 18:33
Pollenza, il vivaio delle mille e bio diversità: un viaggio alla scoperta degli ecosistemi grazie ad Amap

Pollenza, il vivaio delle mille e bio diversità: un viaggio alla scoperta degli ecosistemi grazie ad Amap

Non tutti sanno che in provincia di Macerata, nel territorio del Comune di Pollenza, esiste un vivaio singolare, diverso da quelli comunemente noti; un luogo il quale, una volta varcata la soglia, non può che attrarre il passo e l’attenzione dei visitatori che scopriranno un universo di micro e macrocosmi. Si tratta del vivaio forestale regionale “San Giovanni Gualberto” gestito dall’Amap (Agenzia per l'Innovazione nel Settore Agroalimentare e della Pesca Marche, ex Assam). E’ solo uno dei quattro vivai forestali dislocati nella nostra regione, gli altri sono a Senigallia, Sant’Angelo in Vado e Amandola. Chi arriva al cancello, dalla didascalia che campeggia sull’insegna d’ingresso, riceve immediatamente un’informazione contenente un’importante chiave di lettura: “Centro di tutela della biodiversità”. Dunque, da subito, ci si rende conto che si sta per accedere a una realtà molto più vasta e stratificata di quel che apparentemente sembra; qui, infatti, non si trovano piante ornamentali coltivate ad hoc per scopi estetici ma viene custodito e moltiplicato il patrimonio genetico di tutte le piante autoctone di origine forestale. Queste rappresentano la memoria e la diversità del nostro territorio e sono elencate nel “Libro regionale dei Boschi da seme”. Per questo motivo l’Amap fornisce gratuitamente il materiale vivaistico agli Enti Pubblici interessati alla realizzazione di aree verdi fruibili dalla collettività per fini ricreativi, ambientali e didattici. A essere agevolati sono anche i privati che possono acquistarle, contribuendo così a diffondere la biodiversità. Solo a titolo di esempio, negli otto ettari di spazio è reperibile una vasta gamma, un tripudio di varietà forestali, fra queste: Pino, Tiglio, Corbezzolo, Leccio, Olmo, Acero, Frassino, diverse tipologie di piante arbustive e di rose, dai colori e screziature unici. Numerose varietà di Melo autoctono sconosciute ai più (basti pensare alla sola Mela Limoncella, Mela rosa Marchigiana, Cerina e tante altre), Ciliegio, Pero ecc. Con una serie di tecniche specifiche e particolarmente affascinanti per tutti i processi che comportano, per tornare alle essenze forestali, i semi di queste piante vengono raccolti all’interno delle aree iscritte al “Libro regionale dei boschi da seme”, successivamente sono portati presso i vivai, puliti, selezionati, seminati e infine rinvasati per poi essere venduti o ceduti. Per comprendere l’importanza e le implicazioni di tutto questo sistema che ne permette la conservazione genetica, di cui il vivaio forestale è il laboratorio a cielo aperto, il “tavolo da lavoro”, basti pensare che un paesaggio senza più queste tipologie arboree non solo sarebbe paragonabile a un’umanità senza più storia (e dunque privata dal senso dell’essere al mondo) ma avrebbe anche ripercussioni concrete sulla stessa vita umana poiché sono fra gli attori principali.   Queste specie e varietà infatti, nella loro selvatica bellezza, contribuiscono alla protezione del suolo, alla regolazione del clima, alla fornitura di legname, frutti, resine, funghi e più in generale contribuiscono al mantenimento della biodiversità; un vocabolo che, soprattutto negli ultimi tempi, è molto diffuso e in cui l’essere umano è coinvolto appieno. Ma che cosa significa nello specifico? A spiegarlo è il Dr. Lorenzo Moretti, Agronomo, e responsabile della Progettazione e sviluppo della biodiversità forestale di AMAP, ma incaricato anche di creare networking fra gli Enti, le istituzioni e il tessuto produttivo per la valorizzazione e promozione proprio del patrimonio silvicolo e forestale. “Strettamente connessa al concetto di biodiversità è una dinamicità naturale, che è necessaria per l’evoluzione; mantenere un ecosistema non significa far rimanere tutto com’è, anzi, occorre che sia il più dinamico possibile. Il cambiamento climatico ci impone di adattarci, ma per farlo non possiamo permetterci di ridurre la biodiversità; è la nostra risorsa più preziosa, perché ci offre una molteplicità di opzioni e soluzioni. In alcuni contesti o paesaggi, come ad esempio quello agricolo, nei tempi passati, la tendenza è stata quella di semplificare gli ecosistemi sacrificandone la complessità e la capacità di adattamento agli stress per la massimizzazione della produzione. Non è tutto, prosegue Moretti, con la riduzione della varietà s’incorrerebbe in uno scenario tutt’altro che rasserenante e dagli impatti di enorme portata; ad esempio, quando una patologia vegetale si abbatte su una vasta area coltivata con un’unica specie o in un’area boscata caratterizzata appunto da una unica specie arborea. In questi casi, è molto difficile contenere il patogeno e comunque gli strumenti impiegati non saranno mai risolutivi in tempi brevi. Queste condizioni potrebbero quindi cambiare per sempre l’aspetto e,più alla radice, le interazioni ecologiche di quell’area.” La natura offre molti benefici, spesso invisibili ma indispensabili per il nostro benessere e la nostra sopravvivenza. Questi benefici derivano dai servizi ecosistemici; in base alla tipologia e alla quantità di questi ultimi, alcune aree verdi, sia pubbliche che private, possono essere certificate per la qualità del loro sistema di gestione. Come esempio, si possono riportare le aree boscate dei parchi e delle riserve, o più semplicemente il riferimento di un parco pubblico nel cuore di una città. Esso è un polmone verde che contribuisce a mitigare l’inquinamento atmosferico, a rinfrescare l’ambiente urbano ed è un luogo di svago per i cittadini. Inoltre, i servizi ecosistemici, pur essendo quasi intangibili, hanno un valore economico che può essere stimato e monetizzato. Per esempio, se un filare di alberi sopra una strada impedisce il crollo di una scarpata, il suo valore è sicuramente riferibile a quello che si dovrebbe sostenere per ricreare la stessa condizione. Pertanto, è facilmente comprensibile che il mantenimento di tali strutture, non solo evita il costo del ripristino ma anche quello della perdita di funzionalità della strada e dei disagi per gli utenti. Da qui il fine dell’AMAP attraverso i vivai forestali: “vogliamo preservare le differenze, perché tutelarle significherebbe proteggere il territorio e, di conseguenza, la vita umana”, conclude Lorenzo Moretti. Infine, all’interno dei vivai forestali si ha l’inestimabile occasione di procurarsi “l’attrezzatura”, non solo teorica ma anche pragmatica, necessaria a inoltrarsi in un viaggio esplorativo in giro per il territorio alla scoperta delle realtà forestali. E non solo, indagando a fondo il concetto di biodiversità si può scoprire quanto essa riguarda e subentra nella vita quotidiana di tutti i giorni, dagli aspetti più peculiari a quelli più affascinanti e inaspettati. Un concetto non solamente intellettuale ma una vera e propria concretezza che ogni giorno si può toccare con mano senza rendersene conto. Le piante forestali infatti possono fornire principi attivi e materiali utili a vari settori, da quello della sanità, a quello dell’abbigliamento, al cosmetico passando per quello dele costruzioni e moltissimo altro. Una volta usciti dal cancello, lasciandoselo alle spalle, già il paesaggio che si apre davanti agli occhi apparirà diverso, rinnovato: non più macchie di alberi e arbusti ma sistemi di esistenze che informano di scambi, di messaggi e ri-soluzioni. (Foto: Girolamo Filippo Colonna)

25/01/2024 11:56
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