di Arianna Pannocchia

In sella alla scoperta di speciali itinerari tra 4 comuni maceratesi: arriva la "Bellezza in bicicletta"

In sella alla scoperta di speciali itinerari tra 4 comuni maceratesi: arriva la "Bellezza in bicicletta"

Sabato 25 maggio è una data che ha rappresentato un momento cruciale per lo sviluppo del territorio della Regione Marche con la presentazione ufficiale del progetto "La Bellezza in Bicicletta" del Gal Sibilla (Guppo di Azione Locale), che ha coinvolto i Comuni di Tolentino, Corridonia, Petriolo e Mogliano. Questo ambizioso Progetto Integrato Locale (PIL), frutto della collaborazione tra enti pubblici e comunità locali, rappresenta una delle prime esperienze di integrazione tra iniziative pubbliche e private nella regione.  Avviato cinque anni fa, il progetto mira a promuovere il cicloturismo attraverso la creazione di una rete di percorsi e servizi dedicati al turismo dolce, in linea con il più ampio progetto Cluster Bike della Regione Marche. I percorsi, ideati per valorizzare le risorse ambientali, culturali ed enogastronomiche locali, includono interventi mirati alla creazione di nuove piste ciclabili, strutture bike-friendly, info Bike Point e totem informativi collegati a una Web App dedicata. Queste iniziative non solo rendono l'entroterra marchigiano più accessibile e accogliente per i ciclisti, ma contribuiscono anche a migliorare la qualità della vita della popolazione locale e ad aumentare l'occupazione. Sempre nella mattinata di sabato, assessori e sindaci dei Comuni coinvolti, accompagnati da giornalisti e blogger, hanno partecipato a una staffetta in sella alle e-bike, organizzata dallo staff di ‘Noi MarcheBikeLife'. Un press tour finalizzato a esplorare alcuni tratti di quattro itinerari che fanno parte del progetto “La Bellezza in bicicletta”. Quattro percorsi, interconnessi tra loro, uniti sotto il segno di una coerenza tematica e geografica: dalle ‘Acque’, all’‘Arte e cultura’, al ‘Sacro’ fino ai ‘Secret places’. Una rete d’itinerari che permette di scoprire le bellezze di una terra ancora in gran parte satellitare rispetto alle mete turistiche principali come la Toscana e l’Umbria. A tal riguardo, era il 1957 quando Guido Piovene nel suo viaggio per tutta l’Italia, regione dopo regione, fino agli angoli più remoti, si fermò nelle Marche. Nel suo viaggio-reportage, “ Viaggio in Italia”, diventato un capolavoro letterario, ha scritto pagine memorabili sul territorio di questa regione: “E’ abitudine dei viaggiatori stranieri, cercando quale delle nostre regioni dia il senso peculiare del nostro Paese, indicare la Toscana e l’Umbria. Credo che questo accada perché di solito le Marche sono fuori dai lori itinerari. Questa regione, infatti, non è conosciuta ai più per visione diretta in proporzione alla sua grande bellezza naturale e artistica. […]” Il ritrovo là dove la piazza è un palcoscenico metafisico: Corridonia Sabato mattina, nella piazza di Corridonia, dove le linee nette delle architetture disegnano un assetto razionalista che si staglia come una sorta di palcoscenico metafisico, si è ritrovato il gruppo di giornalisti e blogger, giunti dalle varie province marchigiane, per scoprire uno dei percorsi del progetto PIL “Bellezza in bicicletta”. Qui, sotto un cielo soleggiato e azzurro, ad accoglierli e coordinarli con calorosa gentilezza sono stati Loredana Miconi, sua sorella Sonia e Mauro Fumagalli, referenti di ‘Noi Marche Bike Life’. Dopo un momento di chiacchiere e conoscenze, ognuno dei presenti ha ricevuto la propria bicicletta elettrica fornita, per l’occasione, da Alex Maurizi e Gianluca Biondi, entrambi gestori di punti noleggio di e-bike, rispettivamente a Mogliano e a Petriolo. Va detto che alcuni, in virtù dei muscoli e della respirazione temprati dall’esperienza, hanno portato con sé le proprie bici muscolari. A officiare la partenza dell’‘allegra brigata’, l’assessore Massimo Cesca e Gemma Acciarresi, affiancati dall’assessore Nelia Calvigioni, i quali si sono uniti per un tratto della pedalata. Quest’ultimi, dopo aver organizzato un benvenuto con tanto di colazione, hanno mostrato ai presenti il nuovo e accogliente Urban Hub al cui interno si trova il totem digitale dove sono contenute tutte le informazioni riguardanti gli itinerari e i servizi del progetto in questione. Concluso il momento conviviale-istituzionale, tutti in sella lasciandosi alle spalle la statua di Corridoni, punto focale immobile di questa scenografia urbana la quale, nonostante le ombre storiche della sua commissione, contraddistingue il Comune di Corridonia per unicità e fascino. Dopo un passaggio tra le viuzze del borgo, ci si dirige alla volta di altri paesaggi tutti da scoprire. «Ed ecco già mutato il mio rumore/s’impunta un attimo e poi si sfrena/ fuori da sonni enormi/ e un altro paesaggio gira e passa» (V. Sereni, Ancora sulla strada di Zenna) Verso il paese che sorge incastonato tra due valli: Petriolo Uscita da Corridonia, la comitiva, fra strade asfaltate e interpoderali costellate da arbusti, ginestre querce e roverelle, si è diretta verso Petriolo trovandosi ad attraversare un panorama che, con il progressivo pedalare, si imprime negli occhi con l’impeto dello stupore; a destra Macerata e i borghi circostanti, poco più in là il caratteristico Monte San Vicino per poi spostare lo sguardo verso sinistra dove si possono ammirare i vigneti della cantina Muròla che si estendono come una tappeto verde dietro cui si stagliano gli Appennini come guardiani silenziosi. Pedalata dopo pedalata, lasciando nei tratti in discesa i freni per godersi un po' di ebrezza e brezza, la ‘compagine su due ruote’ è poi giunta alle porte di Petriolo dove, questa volta, ad accoglierli, nei pressi della nuova e tecnologica stazione di ricarica per e-bike, è stato il sindaco Matteo Santinelli. Qui, l’assessore Cesca ha raccontato che tutt’oggi nelle campagne a confine tra Corridonia e Petriolo abita l’ex responsabile marketing della BBC, ammaliata da questo territorio. Arrivati nel centro storico si fa tappa presso il punto noleggio BikeHello di Gianluca Biondi; significativo è il fatto che è stato tra le prime attività a riaprire dopo il terremoto. Qui, i turisti hanno sia la possibilità di essere indipendenti seguendo gli itinerari tracciati da Gianluca sia di andare in gruppo, seguendo una guida d’eccezione come quest’ultimo. La bellezza della bicicletta è anche quella che scaturisce dalla possibilità di imbattersi non solo in squarci paesaggistici improvvisi ma anche di accedere a scene inaspettate d’intime e quotidiane epifanie: all’improvviso dall’entrata secondaria del Santuario della Madonna della Misericordia esce Mariano Mercuri, un signore profondamente appassionato della storia e dell’arte di Petriolo che ha guidato i ciclo visitatori in un rapido quanto affascinante tour d’eccezione al Museo dei legni processionali. Intanto, fuori, sul lato opposto della strada, un capannello di persone in trepida attesa per uno matrimonio che sta per celebrarsi. Una rapida foto di gruppo sulla scalinata della parrocchia dei SS.Martino e si riparte. “L’Italia nel suo insieme è una specie di prisma, nel quale sembrano riflettersi tutti i paesaggi della Terra […] L’Italia, con i suoi paesaggi, è un distillato del mondo. Le Marche dell’Italia” (Piovene, ‘Viaggio in Italia’) Seguendo le strade che portano al verde rifugio dei Cistercensi: l’Abbadia di Fiastra Lasciato il piccolo Comune di Petriolo, prosegue l’itinerario; questa volta in direzione della Vallata del Chienti con tappa all’Abbadia di Fiastra la cui Riserva naturale narra di una variegata biodiversità riconducibile al cosiddetto bosco planiziario dove regnano, verdeggianti, il Cerro, Carpino bianco, Orniello, Carpino nero, Roverella, Leccio, Quercia e altre specie. Pedalando attraverso strade dove si sprigionano profumi di erbe selvatiche e fiori primaverili, mentre il fiume Fiastra, nascosto più in là, scorre placido, e tagliando per sentieri in mezzo a campi di grano, la carovana è giunta nei pressi del nucleo principale: l’Abbadia cistercense di Chiaravalle col suo chiostro, i suoi archi romanici, dove i monaci meditavano e lavoravano, intrecciando fede e lavoro.  Giunti sul posto, l’appetito inizia a farsi sentire incontrando un tempismo perfetto data la presenza di un lauto banchetto allestito con un’ampia scelta di cibo e bevande che hanno allietato gli spiriti e le pance di tutti. Qui, a raccogliere il testimone di questa staffetta è stato l’assessore al turismo Diego Aloisi in rappresentanza del comune di Tolentino.  Una sosta artistica e storica che diventa una pausa di riflessione dove la radice -ciclo- inerente al mondo della bicicletta pone un correlativo con un più ampio ‘ciclo’; quello in cui passato e presente si toccano e s’intrecciano come gli alberi che danno vista a questo santuario naturale. Dopo il momento di ristoro ognuno ha recuperato la sua bici alla volta di Mogliano. “E’ anche come il fiume senza fine/ che passa e resta; è specchio di uno stesso/ Eraclito incostante, uno e diverso/ sempre, come il fiume senza fine” (J.L. Borges, ‘Arte poetica’) La meta finale fra gli intrecci di un’antica sapienza artigiana: Mogliano Sulla via verso l’ultima tappa, l’‘allegra brigata’, per un medio tratto, ha abbandonato l’asfalto per inoltrarsi su sentieri sterrati, più avventurosi, che offrono la possibilità di osservare il panorama da una prospettiva ulteriore e di assumere un approccio più cosciente del territorio circostante. A tal riguardo, lungo il tragitto, si è passati in una zona dove interi campi vengono destinati alla coltivazione sperimentale del materiale genetico di cereali, foraggere, proteo-oleaginose volte a mantenere, nel tempo, le diverse varietà. Attraversata la strada, le biciclette hanno affrontato una delle ultime salite, giungendo nei pressi di una delle due croci che danno il nome all’omonimo percorso; qui, a raccogliere il testimone di questa staffetta è stata la sindaca di Mogliano, Cecilia Cesetti, che ha da subito dimostrato un’ottima dimestichezza con la bici. Dunque, il gruppo de “ La Bellezza in bicicletta” è pronto a ripartire e a dirigersi verso il centro storico di Mogliano in un luogo speciale che prende il nome di “Intreccio Vivo”; un laboratorio artigianale d’intreccio del vimini e di altri materiali, creato e gestito da un gruppo di giovani ragazzi dove il più grande ha 25 anni. A spiegarci questa realtà, che produce in serie limitata anche per Hermés e Bugatti, è Alex Maurizi, ventiquattrenne che ha raccolto l’eredità di un mestiere di famiglia, saltato per due generazioni, unendo sapientemente la tecnica allo spirito imprenditoriale. All’interno di quest’officina dell’intreccio è inoltre possibile noleggiare le e-bike con lo scopo di fornire un mezzo attraverso il quale conoscere, sotto più aspetti, le realtà peculiari del territorio. Dopo questa digressione immersiva nelle trame di Intreccio Vivo, i ciclo viandanti, hanno fatto l’ultimo sprint finale arrivando in piazza dove ad accoglierli c’era la pro loco del Comune che ha gentilmente offerto salumi, formaggi, bruschette e un piatto di pasta per tutti. Finito il pranzo, lasciate le bici in piazza, l’itinerario è proseguito a piedi, per una manciata di metri, verso il teatro dedicato al dio delle arti: Apollo. "Mia terra, mia labile strada, / sei tu che trascorri o son io?/ Che importa? Ch’io venga o tu vada,/ non è un addio!" (Pascoli, ‘La bicicletta’) La “Bellezza in bicicletta” al Teatro Apollo Infine, nel primo pomeriggio, presso il caratteristico teatro settecentesco di Mogliano, si è tenuta la conferenza per la presentazione ufficiale del progetto “ La Bellezza in bicicletta” a cui hanno partecipato in un primo tempo le istituzioni con il presidente del Gal Sibilla, Stefano Giustozzi, gli assessori Massimo Cesca il quale ha informato i presenti dell’info bike point a San Claudio e dell’ Urban Hub al pian terreno del municipio. L’assessore al Turismo, Diego Aloisi, ha fatto riferimento al percorso ciclo pedonale che parte dal suggestivo Castello della Rancia fino al cuore verde dell’Abbadia di Fiastra. La sindaca di Mogliano, Cecilia Cesetti, ha tracciato un excursus sul progetto legato al recupero delle fonti storiche Acquevive, Calcaticcio e Grande, progetto che ha coinvolto anche Petriolo, rappresentato dal sindaco Matteo Santinelli, con la Fonte Buona e le sue acque solfuree. Poi, il turno di chi ha fatto parte della rete progettuale e operativa: Loredana Miconi e Mauro Fumagalli di ‘Noi Marche Bike Life’, che si sono occupati rispettivamente di mettere in rete e su App tutti i servizi e-bike utili ai turisti e di costruire itinerari che possano cucire tutte le bellezze e le unicità del territorio. Sul palco anche Elena Santilli, responsabile area Cultura & Experience Design di Expirit, che, seguendo le linee carsiche della filologia, ha individuato le quattro aree tematiche degli itinerari: Acque, Arte e cultura, Sacro e Secret places. Un lungo lavoro portato avanti anche da un nutrito team di professionisti di Expirit, tra cui Simona Angeletti, responsabile della Comunicazione. Infine l’architetto Alessandra Panzini, che, oltre a moderare l’evento, è stata la Facilitatrice dello Sviluppo locale di tutto il progetto. Quest’ultima ha spiegato i fabbisogni da cui si è poi sviluppato il progetto, ossia quelli di “Promuovere il turismo e-bike nel territorio in questione e, in maniera collaterale, promuovere un territorio come sistema integrato per la crescita del turismo e per lo sviluppo della ricettività orientata al bike. Il costo totale d’investimento è stato di oltre 1 milione e 426 mila euro con il contributo di 1 milione e 125 mila per un totale di 13 interventi finanziati: 8 interventi pubblici e 5 interventi privati”. Così, finita la presentazione, si è conclusa una giornata che lascia aperto uno stradario di itinerari tutti da percorrere, scoprire e riscoprire in sella alle proprie bici.

29/05/2024 20:00
"Scienza in Festa", l'Abbadia di Fiastra da una prospettiva inedita grazie all'università di Camerino (FOTO e VIDEO)

"Scienza in Festa", l'Abbadia di Fiastra da una prospettiva inedita grazie all'università di Camerino (FOTO e VIDEO)

Questa mattina, nel cuore dell’Abbadia di Fiastra, tra le mura storiche impreziosite dagli affreschi della Sala delle Tenute, si è svolta la conferenza stampa per la presentazione della prima edizione di “Scienza in Festa” organizzata da Unicam; una due giorni, il 15 e 16 giugno, che celebra la scienza portandola dalle aule direttamente sul territorio tra laboratori interattivi, conferenze, seminari, presentazioni di libri che aprono nuovi orizzonti, mostre che raccontano storie di scoperte e passeggiate tra la variegata natura della riserva naturale, vista da una prospettiva inedita. La conferenza, coordinata da Egizia Marzocco, responsabile della Comunicazione e Ufficio stampa dell’Università di Camerino, ha visto gli interventi del Magnifico Rettore Graziano Leoni, Francesco Sabatucci Frisciotti Stendardi, presidente della Fondazione Carima di Paolo Carpera della Fondazione Giustiniani Bandini, Alessandro Gnucci, presidente dell’Associazione culturale Next, Claudio Pettinari, docente Unicam ed ex Rettore, Giovanna Salvucci, presidente della Casa della Memoria, Mauro Sclavi, sindaco di Tolentino. "Oggi è una giornata veramente importante- ha esordito Graziano Leoni- perché presentiamo quest’evento che è alla sua primissima edizione e che rappresenta un momento centrale per l’Università di Camerino. L’obiettivo primario è quello di interagire con il territorio e la sua popolazione: in questo modo, un evento come “Scienza in Festa” diventa uno strumento divulgativo, di festosa condivisione volto anche a stimolare dei processi cognitivi che sono diversi da quelli che si hanno normalmente dietro a un tavolo, un banco". "Penso che questo Public Engagement sia la missione più importante che le Università oggi hanno davanti - ha proseguito Leoni -. Stiamo notando, come Rettori, un preoccupante allontanamento dell’opinione pubblica dall’Università e tutto questo può essere colmato rendendo consapevoli le persone di quello che si fa dentro l’università: purtroppo il messaggio oggi non passa con tanta facilità. Una due giorni, 15 e 16 giugno che si propone di dare a tutti quel qualcosa in più, per comunicare, a quante più persone possibili, quello che è interno a una ricerca, a che cosa serve quest’ultima e infine a che cosa serve un’università”. A proseguire il filo della presentazione, Paolo Cardera il quale ha ribadito il consolidato rapporto che lega la Fondazione Giustiniani Bandini a UniCam, ponendo l’accento sullo spirito e l’approccio innovativo di quest’evento che porta la scienza fuori dalle aule universitarie. Dalle prime file è poi intervenuto Mauro Sclavi che ha ricordato il segno apportato dai cistercensi quando, stabilitosi presso l’Abbadia di Fiastra, hanno portato sapienza, tecnica e scienza e ribadito l’importanza di tutte le Fondazioni, Università, Enti, Associazioni, studiosi che contribuiscono a mantenere vivo uno spazio dove bellezza e scienza sono l’uno il risvolto dell’altro e insieme costituiscono la salvezza di un intero patrimonio umano. Venendo alla declinazione semantica del binomio “Scienza/Festa” che caratterizza il titolo di questa due giorni, a dare la chiave di lettura è stato lo stesso Alessandro Gnucci: “Come Associazione Next riteniamo fondamentale il ruolo della scienza come luogo che può essere anche divertente; abbiamo pensato alla ‘Scienza in Festa’ in cui le famiglie, i bambini possono venire e appassionarsi, capire che la scienza non è una cosa difficile che deve rimanere dietro le cattedre ma deve essere continuamente utilizzata per divertirsi e divertire. Qui risiede l’importanza dell’Università, che è il luogo in cui si fa la scienza.  Il nostro obiettivo è quello di riuscire ad appassionare i giovani a questo tema, che è estremamente importante, all’interno anche di un contesto dove c’è un contatto incredibile con la natura che è funzionale a comprendere la simbiosi che intercorre quest’ultima e l’essere umano”. Riguardo alla contestualizzazione, in senso diacronico e dialogante con il presente, del luogo in cui si svolgerà l’evento,fornendo una visione che unisce a doppio filo storia e scienza è stata Giovanna Salvucci: "Voi oggi vi trovate nelle stanze in cui diversi ricercatori, scienziati si sono confrontati per tre anni, magari parlando di neuropsichiatria, come Pincherle, oppure parlando di Matematica e Fisica: persone che per il loro antifascismo hanno dovuto abbandonare gli studi e essere rinchiusi qui per tre anni e veder rovinata la loro carriera per aver difeso le loro idee". "Grazie all’UniCam stiamo portando avanti il progetto di digitalizzazione di tutti i documenti degli internati dell’Abbadia di Fiastra quindi grazie alla Scienza, alla Computer Science della Facoltà d’Informatica dell’UniCam che aiuta a velocizzare i nostri studi - ha aggiunto -. Grazie all’intelligenza artificiale possiamo confrontare e riconoscere le persone presenti nelle foto che stiamo ricevendo in questi anni, possiamo riconoscere i timbri delle lettere invece di stare noi manualmente noi a digitare: da questo vista UniCam è preziosa per la Casa della Memoria ma anche da un punto di vista della Scienza. Riconosciamo che la Scienza significa libertà”. A spiegare l’importanza del coinvolgimento del pubblico al di fuori dai confini più strettamente accademici è stato Claudio Pettinari: “All’interno del nostro Ateneo, tre anni fa, abbiamo creato l’area del Public Engagement  con lo scopo di riuscire a coinvolgere tutta la cittadinanza, dai bambini fino alle generazioni che sono più in là con l’età perché ‘sapere’ è tutto, non solo sapere scientifico: devono essere coinvolte tutte le discipline. Inoltre, per lavorare felici c’è bisogno della passione; se cala quest’ultima le attività non le porti avanti e cerchi vie più brevi come  possono essere quelle di certi influencer che veicolano male un contenuto scientifico creando un ulteriore distanziamento nell’opinione pubblica dalla vera essenza della scienza. L’importante è che si comprenda che senza passione e senza impegno non si va verso nulla”.      

24/05/2024 19:05
Treia, branco di lupi avvistato più volte nelle campagne: che cos'è il 'lupo confidente' e come comportarsi (VIDEO)

Treia, branco di lupi avvistato più volte nelle campagne: che cos'è il 'lupo confidente' e come comportarsi (VIDEO)

Nelle Marche, e non solo, capita sempre più di frequente avvistare branchi di lupi che scorrazzano nelle vicinanze delle abitazioni o nei campi e boschi in prossimità delle strade interpoderali dove spesso le persone si recano per passeggiare o dedicarsi a una corsa. Molteplici sono stati gli avvistamenti nell'ultimo periodo nelle campagne di Treia e l'ultimo risale a qualche giorno fa, in zona Schito, quando un giovane lavoratore ha visto spuntare dal grano ancora verde quattro lupi che si aggiravano indisturbati sotto un tiepido sole primaverile, in pieno giorno.   La presenza di questi affascinanti predatori che popolano le nostre campagne, arrivando anche in prossimità dei centri urbani e persino delle spiagge, apre una questione più generale sulla necessità di una convivenza informata e rispettosa che tuteli l’essere umano da una parte e una specie protetta, come quella del lupo, dall’altra. Ma come sono arrivati a popolare habitat diversi da quello più prettamente appenninico e ad avvicinarsi sempre di più all’uomo? E come bisogna comportarsi nel caso in cui s’incontra un lupo? Lo abbiamo chiesto al comandante del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agro- Alimentare e Forestale di Macerata, Simone Di Donato: “Come Arma Forestale stiamo formando il personale perché ci sarà sempre una maggiore interazione tra l’uomo e i lupi. Innanzitutto, come prima cosa, occorre individuare, attraverso la certificazione degli esperti zoologi, le caratteristiche che distinguono il ‘canis lupus familiaris’ dal lupo puro; potrebbero esserci anche degli ibridi dati dall’incrocio con i cani”. Per quanto concerne la storia della diffusione di questa specie animale, gli anni Settanta hanno segnato una fase d’importante cambiamento: “Dall’inizio degli anni '70- prosegue Di Donato-, quando i lupi erano circa 300 esemplari, si è assistito a un importante incremento riproduttivo: oggi sono circa 3000 i lupi che popolano tutta la zona appenninica. Questo è il risultato diretto di una maggiore tutela ambientale. Un tempo, la caccia al lupo era incentivata economicamente; fino agli anni Settanta, i cacciatori ricevevano 150.000 lire per ogni lupo abbattuto. Inoltre, va ricordato che il lupo, con il suo ruolo di super predatore e bioregolatore, è una figura chiave nell’equilibrio ecologico. La presenza di questo animale influisce profondamente sull’ambiente circostante, fino a modificare addirittura il corso dei fiumi. Predando specie animali, come i caprioli, che si nutrono degli apparati radicali delle piante lungo i fiumi, il lupo favorisce un più ampio e variegato sviluppo della vegetazione, che a sua volta, incide sul tracciato dei fiumi. Deve esserci”. Tuttavia, l’espansione demografica umana, con il conseguente aumento di quelli che vengono definiti gli “attrattivi” per le specie selvatiche, ha fatto sì che quest’ultime si sono ritrovate a consumare fonti di cibo alternative e più facilitate, a portata “di fauci”, come i rifiuti prodotti degli uomini. Questa vicinanza ha dato vita a nuove sfide nella gestione della convivenza tra uomo e lupo. A tal riguardo, “l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA)- spiega il Comandante Di Donato- sta attualmente elaborando un protocollo per la gestione dei cosiddetti “lupi confidenti”, tipologia che, non temendo più l’uomo, si avvicina alle abitazioni di quest’ultimo. Nello specifico, Il ‘Lupo confidente’ è un termine utilizzato per descrivere un lupo solitamente giovane in fase di dispersione, che ha lasciato il proprio branco originario per cercare nuovi territori dove stabilirsi e, eventualmente, formare un nuovo gruppo. Questi lupi sono esemplari che, avendo acquisito una certa autonomia, si avventurano anche in zone abitate dall’uomo, attratto da fonti di cibo facilmente accessibili come rifiuti, animali domestici, colonie feline o pollai. Per rendersi conto della loro forza, basti pensare che un lupo può sbranare un cane in pochi secondi; ha una potenzialità cinque volte il peso del cane e un apparato muscolare molto più forte. Va detto anche che avvengono più morti a causa di cani come Pitbull o Rottweiler ma non si può affatto parlare di ‘rischio zero’ con i lupi”. A proposito di rischio, la valutazione di quest’ultimo legata ai lupi e alla loro interazione con gli esseri umani coinvolge diversi parametri e protocolli. Quando un lupo diventa potenzialmente pericoloso per l’uomo, ci sono alcune situazioni da considerare: la prossimità alle abitazioni a meno di 30 metri per diversi giorni, il comportamento dell’animale nel caso in cui questo consente ripetutamente agli esseri umani di avvicinarsi a una distanza inferiore a 30 metri; potrebbe essere spia di un interesse o mancanza di timore verso l’uomo. Se è il lupo stesso ad avvicinarsi più volte sempre alla stessa distanza di qualche decina di metri, allora è un ulteriore segnale di allerta. “In caso di pericolosità accertata- conclude Simone Di Donato- è possibile intraprendere diverse azioni; ad esempio, si ricorre a un collare gps per monitorarne gli spostamenti. Tuttavia, se il lupo diventa troppo pericoloso, potrebbero essere necessarie misure come l’allontanamento. A tal proposito l’Arma Forestale sta mettendo in campo alcune iniziative tra cui quella della creazione di squadre di dissuasione con proiettili di gomma. Queste squadre sono ancora in fase embrionale e richiedono un vaglio attento delle azioni da intraprendere nei confronti di una situazione che in futuro sarà da gestire perché il lupo c’è e occorre imparare a conviverci”. Pertanto, a livello preventivo, le indicazioni sono quelle di evitare di “addomesticare” un lupo dandogli da mangiare, di tenere l’immondizia in appositi contenitori e di mettere al sicuro i propri animali domestici e da cortile. Nella rara situazione in cui avvenga un incontro ravvicinato, la prima raccomandazione è quella di fermarsi e iniziare a far rumore il più possibile, anche battendo le mani. Occorre evitare gli eccessivi allarmismi ma non si può nemmeno sottovalutare il rischio d’interazione con il lupo, rispettando quel discrimine naturale tra essere umano e essere predatore selvatico.

24/04/2024 17:10
Macerata, ‘CircolaMente’ e la rivoluzionaria ‘Città Amica’: dalla fragilità alla comunità. Ecco di cosa si tratta (VIDEO)

Macerata, ‘CircolaMente’ e la rivoluzionaria ‘Città Amica’: dalla fragilità alla comunità. Ecco di cosa si tratta (VIDEO)

La tragica vicenda consumatasi il giorno di Pasqua nelle campagne di Corridonia, dove un anziano ha messo fine alla vita della moglie affetta da Alzheimer per non vederla più soffrire, impone la necessità di aprire un focus sulla realtà complessa di questa malattia e sulle conseguenze che essa comporta per i familiari. Una patologia la quale, nonostante l’indiscutibile difficoltà e sofferenza che genera, molto spesso è resa ulteriormente più ostacolata a causa di una mancanza di informazione e formazione.  In questo contesto, emerge, più che mai, il bisogno di una rete di supporto capillare e costante che, a Macerata, trova la sua realizzazione nella sede di ‘CircolaMente’. Quest’ultima è il luogo d’incontro della comunità vicina alle persone con demenza, situato in via dei Velini, dove l’innovativo e pionieristico progetto della ‘Città Amica’ prende vita.  A introdurlo è la stessa presidentessa dell’Associazione Nazionale Alzheimer Uniti Italia, Manuela Berardinelli: “da diversi anni stiamo portando avanti, a livello nazionale, il progetto della ‘Città Amica’ che amiamo definire con la P maiuscola perché più che un progetto è proprio un cambio di mentalità, è un modo di porsi verso la persona fragile. Teniamo presente che in Gran Bretagna ci sono circa 350 Dementia Friendly Community e noi l’abbiamo iniziato, a livello sperimentale come Alzheimer Uniti Italia, a Macerata: ad oggi in Italia ci sono quattordici città che seguono il nostro modello”. Come per tutte le ‘Città’, il cuore pulsante è rappresentato dalla piazza, dal luogo di incontro, di scambio, dove le storie personali trovano rispondenza in quelle collettive; è in questo contesto che: “ è fondamentale- afferma Berardinelli- avere quella che noi chiamiamo la ‘piazza col tetto’; ossia il luogo in cui ci si incontra per il gusto di stare insieme perché la ‘Città Amica’ altro non è che la riscoperta di una comunità. Una comunità vera dovrebbe sempre avere un atteggiamento di comprensione e aiuto verso la persona fragile e, come dico sempre, il Covid ci ha fatto scoprire che ognuno di noi può essere tale”. Grazie a questo progetto ogni individuo è riconosciuto, valorizzato e sostenuto. È un approccio che non solo aiuta chi è affetto da demenza, che per molti anni può continuare a vivere la socialità seppur con un’attenzione alla malattia, ma che rinnova e arricchisce anche l’intero tessuto sociale: “Molto spesso- prosegue Manuela Berardinelli- quando avviene la diagnosi, per ignoranza o per protezione, questa non viene accolta per cui avere intorno una società che sa riconoscere il bisogno, lo sa intercettare nelle strade e sa come intervenire è fondamentale. Non solo per la persona con demenza ma per ciascuno di noi: se è vero, come è vero, che la salvaguardia della persona in quanto tale deve essere una condizione di qualsiasi società che voglia essere una comunità”. A tal riguardo, particolarmente evocativo è il logo, rappresentato da un abbraccio, da un’intera comunità che abbraccia la persona fragile la quale, in questo caso, è quella affetta da demenza, ma può essere chiunque; ognuno è mosso dalla necessità di riscoprirsi parte di un insieme. Al centro dell'azione di CircolaMente vi è un impegno tangibile e costante verso la sensibilizzazione e la formazione della comunità attraverso molteplici programmi educativi rivolti a varie categorie professionali e alla cittadinanza in generale.  A entrare nel dettaglio della formazione è la dottoressa Susanna Cipollari, neuropsicologa e coordinatrice nazionale del Progetto ‘La Città Amica’: “a Macerata abbiamo iniziato questo percorso ormai da 5 anni, formando le categorie esposte al pubblico e che possono essere utili al momento del bisogno. Il progetto coinvolge un ampio spettro di professionisti: dalle forze dell’ordine ai commercianti, dai ristoratori agli addetti comunali e delle poste. La formazione dovrebbe riguardare tutti”.  La persona affetta da demenza o Alzheimer, dall’oggi al domani non può più fare delle cose che, se da una parte sono indubbiamente rese più complicate dalla malattia, dall’altra sono ostacolate da una mancanza di informazione e di sensibilizzazione verso l’esterno.  A dimostrarlo sono i questionari che vengono sottoposti a CircolaMente prima di cominciare il percorso di formazione. Quest’ultimi sono stati studiati e realizzati da tutta un’equipe altamente specializzata per fare il punto zero e capire che cosa effettivamente si conosce della malattia.  Per comprendere come una visione comune e generalizzata possa costituire dei limiti sia per la persona malata sia per coloro che le stanno accanto, basti analizzare le risposte di un’intervista finalizzata a conoscere il grado di socialità che hanno le persone con demenza. Ciò che viene fuori è che al massimo vanno in chiesa. Vengono impedite loro tutte le attività che fino al giorno prima facevano, per un senso di protezione ma anche e soprattutto per disinformazione: “La formazione a 360 gradi - prosegue Susanna Cipollari-diventa quindi essenziale per creare una comunità più accogliente e inclusiva, dove la persona con demenza torna a essere protagonista della propria vita; per esempio può fare ancora degli acquisti, se trova un addetto o una cassiera che è un po’ più attenta, più disponibile”. Pertanto, se si cambia approccio verso la persona affetta da demenza, ci si rende conto che, nonostante la malattia, si apre una prospettiva diversa che oltrepassa i più stretti confini domestici e va in direzione di uno spazio inaspettatamente più esteso; è il caso dell’iniziativa, senza precedenti, che ha riguardato la ‘Vacanza al mare delle persone con demenza’. Un’iniziativa in un primo momento per nulla presa in considerazione e che è sorta sul desiderio espresso da una persona che, nonostante i suoi novantuno anni, desiderava ardentemente vedere il mare per la prima volta: “sembrava quasi impossibile-dichiara Susanna Cipollari- ma dopo aver verificato con i familiari, abbiamo scoperto che era un desiderio autentico. Questa è la dimostrazione che, come scrive Battiato, ‘ I desideri non invecchiano mai, nemmeno con l’età’”. Il progetto ha preso vita nel 2021, in piena pandemia, a Cesenatico, località romagnola nota per la sua ospitalità, in concomitanza con l’Alzheimer Fest. Per l’occasione è stata organizzata un’equipe, composta da psicologi, infermieri, educatori e operatori socio-sanitari, pianificando nel minimo particolare una routine quotidiana con momenti al mare e laboratori pomeridiani.  “È stata impegnativa- spiega la dottoressa Cipollari- ma con la giusta organizzazione pensata sulle persone e sulle loro storie di vita, al millimetro, abbiamo visto che la vacanza è possibile e abbiamo riscontrato anche dei grandi benefici; persone che erano totalmente apatiche e depresse, dopo la vacanza, si sono riattivate e questa riattivazione è durata più settimane. Non ci sono stati disturbi comportamentali e soprattutto abbiamo riscontrato un altro aspetto: che i ricordi emozionali rimangono”.  A tal riguardo, anche senza ricordare il nome del luogo della vacanza, i partecipanti hanno chiesto, a distanza di tempo, di poter tornare nella stessa località dove erano stati, dimostrando di conservare, dal punto di vista delle emozioni, dei ricordi vividi dell’esperienza vissuta. La fondatrice e presidentessa Manuela Berardinelli, in merito all’iniziativa della vacanza, ha tenuto a ricordare con particolare orgoglio che il presidente Mattarella in persona, chiamandola al suo numero, le ha espresso tutta la sua ammirazione e il suo plauso, riconoscendo l’importanza di un approccio inedito in Italia che valorizza la continuità e l’attenzione alle storie di vita individuali.  Tornando alla formazione, l’aula centrale all’interno della sede di CircolaMente in cui vengono svolti i corsi, è intitolata a Girolamo Colonna, per la Fondazione omonima con sede a Macerata, che, fin dagli albori dell’associazione, ha costantemente sostenuto e finanziato importanti iniziative come ‘Caffè Alzheimer’, rendendo così possibile una rete di sostegno che pone al centro, integrandola nel tessuto comunitario, la persona più fragile: “non è solo il discorso di sostegno economico-precisa Berardinelli-è stata una Fondazione che ci ha sempre accompagnato”.  Un altro progetto che la Fondazione, da subito, si è detta pronta a sostenere, ma che ancora non ha trovato realizzazione, è quello dei ‘Percorsi della Città Amica’; con l’aiuto dell’architetto Darvo di Firenze sono stati identificati e proposti miglioramenti per le vie cittadine di Macerata, rendendole più fruibili non solo per chi soffre di demenza, ma anche per ipovedenti e altre situazioni di difficoltà. “Siamo un esempio da seguire per tante città”, prosegue Berardinelli, “se riusciamo ad attuarlo noi poi gli altri ci seguono. Credo senza ombra di dubbio che potremmo essere i primi in Europa a realizzare il progetto dei Percorsi della Città Amica”. Tra gli altri progetti in cantiere il ‘Pronto Soccorso della Città Amica’, la ‘Cassa della Città Amica’ ecc., progetti che si scontrano, a volte, con la burocrazia ma, conclude la presidente, “confidiamo nel fatto che le progettualità, quando sono a servizio della persona, poi vengono condivise da tutti”. In quest’ambito della formazione CircolaMente porta avanti anche il discorso della prevenzione rivolto a tutti gli over 65, facendo uno screening della memoria e organizzando dei laboratori che si dettagliano in quattro ambiti: la nutrizione, l’attività fisica, la socialità e l’attività cognitiva.  “La prevenzione- afferma la dottoressa Cipollari- gioca un ruolo cruciale, poiché un intervento tempestivo può fare la differenza: a disposizione c’è un ampio ventaglio di terapie, sia farmacologiche che non. Tra queste, la socializzazione emerge come strumento prezioso, insieme alla stimolazione cognitiva e a interventi psicosociali mirati, che mostrano significativi benefici, specialmente quando sono personalizzati. Agire in tempo è fondamentale; così facendo, l’evoluzione della malattia rallenta sensibilmente, consentendo molti anni in cui è possibile avere una buona qualità di vita”.

13/04/2024 12:58
Tolentino, viaggio in anteprima nel regno del design: Interno Marche è la nuova perla di Moschini (FOTO)

Tolentino, viaggio in anteprima nel regno del design: Interno Marche è la nuova perla di Moschini (FOTO)

Nella villa tardo liberty che per sessant’anni è stata la sede della Nazareno Gabrielli e di Poltrona Frau sta per aprire Interno Marche, il "design experience hotel" pensato e voluto dal Cavalier Franco Moschini, legato a doppio filo con l’edificio di viale Cesare Battisti. Rinasce così l’edificio che dai primi del ‘900 ha reso Tolentino un punto di riferimento per la pelletteria dopo quattro anni di cantiere e un intervento di recupero e trasformazione degli spazi che ne ha restaurato gli affreschi, modulato i grandi spazi di opificio novecentesco, integrato le antiche vasche di concia e li ha messi in dialogo con i lavori dei più grandi designer italiani e internazionali. Le 30 camere dell’hotel sono difatti dedicate alla storia del design internazionale e ai suoi protagonisti con 25 camere e 5 suite long stay. Le camere sono tutte diverse una dall'altra e ispirate, ciascuna, allo stile del progettista a cui sono intitolate oltre che a 5 movimenti stilistici che hanno attraversato l’ultimo secolo: Arts & Crafts, Secessione Viennese, il Movimento Moderno, il Pop e il Radical. Michele De Lucchi, Marc Newson, Gae Aulenti, Vico Magistretti, Giò Ponti e Achille Castiglioni sono solo alcuni dei designer rappresentati attraverso ambientazioni, linee e pezzi iconici. A essere raccontati sono i principali interpreti del design che hanno collaborato e contribuito al successo delle aziende presiedute da Franco Moschini nel corso della sua lunga vita imprenditoriale. Stanza dopo stanza, oggetto dopo oggetto – sono oltre 400 i pezzi iconici che trovano spazio in Interno Marche – l'hotel trasmette le atmosfere di autori dagli anni '40 del secolo scorso fino ai giorni nostri.  Interno Marche si sviluppa su due piani più la torretta di Villa Gabrielli a cui si aggiungono un giardino da oltre 1.500 m2 e una dependance di nuova costruzione in cui si trovano le 5 suite per i soggiorni più lunghi (alcune di esse dotate anche di cucina). Lobby, sala colazione e lounge bar trovano spazio nella grande sala a 3 campate che fu il cuore pulsante della produzione mentre il bistrot restaurant, – materie e sapori del territorio rivisitati in chiave contemporanea dallo chef Marco Faiella – la SPA e la palestra si trovano al piano terra. L’opificio Bistrot e lounge bar, sarà aperto – a pranzo e a cena – anche ad ospiti dall'esterno mentre SPA e palestra saranno ad esclusivo uso degli ospiti dell'hotel. Interno Marche è un luogo legato a doppio filo alla storia e alla comunità di Tolentino, a partire dalla sua vocazione manifatturiera. Per questo, dal 15 al 20 aprile, la comunità locale potrà visitare l’hotel in anteprima e prenotare un tavolo al bistrot. L’intento è quello di mantenere saldo il legame con la città, che potrà così iniziare da subito a vivere questo spazio sotto una nuova luce.  Il nome dell'hotel vuole essere un richiamo alla collocazione geografica in cui la struttura sorge – l'interno della regione Marche, appunto – e all’interior design di cui l’hotel è essenza. Ma fa anche riferimento al genius loci dell’industrioso territorio di Tolentino, caratterizzato da sempre da un grande fermento ideologico e culturale. Dichiara Carlo De Mattia, CDO della Moschini Spa: “Interno Marche nasce innanzitutto per dare l’opportunità a questo territorio di essere conosciuto e riconosciuto da un vasto pubblico, nazionale e internazionale, grazie anche al supporto della Fondazione Design Terrae, che ha curato il progetto di comunicazione e coordinato gli allestimenti artistici della struttura. Questo luogo è pensato come espressione del bello, buono e ben fatto di questa comunità e che pertanto, a cui si sente profondamente legato”. La Moschini ha deciso, ormai da tempo, di affidare un compito così delicato nella cura di un progetto come questo a uno studio architettonico giovane dei dintorni, nella fatti specie l'ORAstudio. Non a caso la maggior parte delle maestranze che hanno lavorato a questo progetto appartengono al territorio. Alla base c’è una precisa volontà: quella di dare spazio a giovani professionisti che si sono trovati a confrontarsi con nomi importanti.  A tal riguardo, Cristiana Antonini e Claudio Tombolini di ORAstudio, responsabili del progetto architettonico e di interior design, affermano: “Essere stati scelti per questo incarico è stato per noi un orgoglio e una responsabilità e ci ha dato l'opportunità di valorizzare un edificio simbolo della nostra città e di trasformarlo in qualcosa di unico. Siamo intervenuti in quello che è stato un contenitore di storia del nostro territorio perché – con Interno Marche – divenga un contenitore di storie legate al mondo del design. Abbiamo adottato un modello di ‘ricostruzione sostenibile’ che rende Interno Marche il primo hotel al mondo a beneficiare della doppia certificazione di sostenibilità Gbc Historic Building e Leed V4 for Hospitality. Questo dimostra che si può fare un intervento di architettura contemporanea in un edificio storico, coniugando il lato estetico e poetico con quello tecnico come testimoniato da certificazioni di valore internazionale”.  Conclude Franco Moschini: “Paesaggio, patrimonio storico e artistico e capacità manifatturiera sono stati fattori che, in vari modi, hanno indirizzato, supportato e guidato il mio “fare”. L’ultimo progetto in ordine di tempo, quello che più raccoglierà l’eredità di una storia, è proprio questo hotel: sarà un luogo unico, da cui partire per il racconto vivo di un territorio a cui è ancorato. Un luogo in grado di conservare i ricordi ma allo stesso tempo di guardare al futuro usando il design di prodotto come fil rouge”.

05/04/2024 19:15
Macerata, Confindustria affronta la ‘34esima modifica del Superbonus': ricostruzione post sisma a rischio (FOTO)

Macerata, Confindustria affronta la ‘34esima modifica del Superbonus': ricostruzione post sisma a rischio (FOTO)

Nella cornice della sala riunioni delle associazioni di categoria, si è svolta questa mattina una conferenza stampa cruciale organizzata da Confindustria, che ha visto la partecipazione di figure chiave nel settore dell’edilizia e dell’architettura. Tra i presenti, Enrico Crucianelli, presidente Ance, Paola Passeri, presidente Collegio Geometri Macerata, Giovanni Salvucci, Anaepa Confartigianato Loredana Camacci Menichelli, vicepresidente dell’Ordine degli Architetti e Matteo Petracci del Cna settore edilizia, che hanno affrontato un tema di bruciante attualità: la “34esima modifica del Superbonus e il rischio che corre la ricostruzione”. Prima di entrare nel vivo dei vari interventi tecnici, dove verranno evidenziate le conseguenze e gli effetti collaterali di questa modifica che vede la scadenza del Superbonus alla fine del 2024 e una mancanza di parametri e somme certe, questa, in estrema sintesi è la premessa: in un processo edilizio, la certezza del budget è un elemento imprescindibile. Senza questa, non è possibile strutturare alcun intervento. Per quanto concerne la ricostruzione post-sisma, fin dall’inizio, ha mostrato che il contributo massimo, calcolato su una somma per metro quadro in base al tipo di danno, non è mai stato adeguato. L’esplosione dei prezzi, seguita alla pandemia e al conseguente Superbonus, ha reso necessario l’aumento dei contributi. Tuttavia, anche questo incremento non è riuscito a soddisfare le necessità a causa di una situazione diversificata: per edifici con danni minori si sono potute fare scelte diverse, ma per i danni gravi il contributo non è mai stato sufficiente, seppur fondamentale. Di fronte a questa incertezza, il settore ha dovuto adattarsi, cercando di conciliare due meccanismi con dinamiche e regole profondamente diverse: il ‘Contributo parametrico’ iniziale e il ‘Superbonus’, subentrato in un secondo momento. Una soluzione sembrava essere stata trovata, ma ora, con la modifica del Superbonus valido, al momento, fino alla fine del 2024, sorge la domanda: come si procederà? A prendere per primo la parola durante la conferenza, moderata da Manuela Berardinelli,è stato il presidente Ance Enrico Crucianelli: "Voglio innanzitutto riconoscere e ringraziare l’operato del commissario Castelli perché ha dimostrato  la volontà di portare avanti la ricostruzione con determinazione. Tuttavia bisogna dire che questo provvedimento sconta una scarsa chiarezza sulle nuove pratiche e su quelle già presentate. In particolare, in merito a quest’ultime, va chiarito se vanno a concorrere o meno dentro questo plafond di 400 milioni che è stato dedicato al cratere per il 2024.Proprio sulla questione del plafond dell’anno corrente non vi è alcuna nota su quello che succederà nel 2025: se sarà necessario e se ci sarà un altro plafond dedicato al Superbonus. Tutto questo non può che determinare una totale incertezza e quest’ultima si va a ripercuotere sulle aziende che si trovano a dover prendere delle decisioni in merito alla contrattualizzazione di interventi che vanno oltre l’anno in corso. Conseguenza di tutto questo è il blocco delle progettazioni”. “Riteniamo- prosegue Crucianelli- che questo intervento sia negativo e per certi versi immotivato per la ricostruzione: se, come appare chiaro, la volontà dei legislatori è quella di mettere in sicurezza i conti pubblici non possiamo non rilevare che l’entità del super bonus relativa agli ormai ambiti residuali non può incidere in maniera importante sui conti dello Stato. L’auspicio principale è quello che venga stracciato l’articolo 1 e riteniamo fondamentale un aumento del contributo adeguato, una misura tale da garantire la non necessità di accollo da parte dei committenti: questa deve essere la via maestra”. Poi, il turno di Paola Passeri: “ L’ennesimo stop, dal 2016, è caduto come un fulmine a ciel sereno in un momento in cui i progetti erano decollati e la ricostruzione era nel pieno.  Il Commissario Castelli ha fatto molto nell’ultimo periodo però è vero che, di nuovo, ci ritroviamo a dover capire quello che dobbiamo fare sia per quanto riguarda le pratiche che sono già state presentate, perché non abbiamo certezze se riusciamo a portarle a termine nel 2025, sia per quanto riguarda quelle che devono partire e per le progettazioni in corso che non sono ancora state presentate” “Oggi- dichiara Passeri-non si sa se questo plafond messo a disposizione potrà essere esaustivo. Occorre un’ulteriore proroga: non possiamo parlare di un Superbonus se ci sarà fino al 2024 perché le pratiche che iniziano oggi, per la ricostruzione pesante, richiedono tempi più lunghi. La richiesta che viene fatta è di avere certezze; occorre riportare le persone nelle abitazioni, nell’entroterra e per questa finalità dobbiamo avere una situazione chiara, definita. Oltre a chiedere il mantenimento del superbonus chiediamo che ci debba essere l’aumento del costo parametrico adeguato. Oggi la committenza deve sapere qual è il costo dell’opera e quello dell’accollo. La grande precarietà che ha creato in questo momento l’uscita di questo decreto è data dall’incertezza di una scelta di progettazione unitamente alla committenza”. Giovanni Salvucci è intervenuto a dare una visione dal punto di vista delle piccole e medie imprese del settore artigiano: “si sconta ancora di più, rispetto alle grandi aziende, l’incertezza normativa e la difficoltà a trovare cessionari per il credito d’imposta che impedisce alle imprese di firmare contratti di appalto. Le difficoltà che abbiamo è la cessione da parte dell'impresa al sistema bancario; c'è una lotta quotidiana per accaparrarsi qualche piccolo plafond che manifestano problemi di natura fiscale da parte delle banche. La chiusura di quest’ultime comporta per le imprese di dover cercare alternative al sistema bancario quindi a enti gestionali non bancari di scarsa affidabilità e di costi enormi che costringono così l’impresa a doverli ribaltare sul committente”. “Il limite dei 400 milioni- conclude Salvucci- potrebbe non essere sufficiente; oggi tutti i progettisti, tutti i committenti accelerano i tempi per accaparrarsi un parte dei 400 milioni creando una lotta intestina fra imprese, committenti, progettisti per riuscire ad arrivare prima. E’ un limite che crea ulteriore incertezza alle imprese. Il nostro problema è quello di poter proseguire nella stipula dei contratti in una situazione in cui il sistema si era adeguato a livello di progettazione, di ufficio ricostruzione, di lavoro intenso e produttivo; oggi questo decreto ha creato e sta creando incertezze enormi”. Loredana Camacci Menichelli ha fatto leva sulla necessità di un contributo unico: “ è chiarissimo che serve adeguare il contributo della ricostruzione; è vero che nei progetti già avviati è importante il mantenimento del Superbonus ma, di sicuro, è fondamentale poter avere un contributo unico perché la gestione di due sistemi paralleli e con normative differenti (il contributo parametrico e quello del superbonunus), crea un aggravio e complicazioni inutili e in alcuni casi ingiustificate. La segnalazione che abbiamo fatto come ordine per poter dare continuità ai colleghi di lavorare al meglio, ai committenti di arrivare al completamento della ricostruzione e alle imprese di garantire la certezza di tutta la procedura, è che serve una costanza nel mantenimento delle norme che siamo chiamati a rispettare”. Infine a chiudere il ciclo della conferenza Matteo Petracci il quale, oltre ad associarsi alle preoccupazioni esposte dagli precedenti partecipanti, ha aggiunto una nota sulla Legge di Bilancio: “La Legge di Bilancio del 2024 ha aumentato dall’8 all11 % la ritenuta d’acconto sui corrispettivi che arrivano alle aziende in relazione agli interventi che beneficiano di bonus fiscali; anche questo incide pesantemente”. Tornando sul tema ricostruzione Petracci ha messo in luce la necessità di una tempistica più lunga in rapporto all’entità dei lavori: “ La ricostruzione è un investimento di lungo periodo e quindi ha bisogno di chiarezza e certezza che sono elementi necessari; se noi parliamo di 2025, rispetto ai tempi di intervento edilizio, è una prospettiva corta, una ricostruzione col fiato corto, nonostante l’impegno che il commissario Castelli ha profuso in questo periodo per perfezionare quello che Legnini aveva precedentemente avviato Dopo il 2025 che cosa succederà? Chi fa un progetto di vita in queste condizioni? Le regioni direttamente coinvolte nel cratere si devono far sentire; ricordo che le Marche sono la regione più colpita dal sisma per cui, in questo caso, ci si aspetta che quest’ultima prenda posizione rispetto a un intervento del governo che penalizza pesantemente i tempi della ricostruzione. Il silenzio della Regione Marche è incomprensibile. Auspichiamo che Palazzo Raffaello si faccia sentire”.

04/04/2024 19:40
La primavera e i suoi fiori, dal garofano verde al convolvolo: ecco i più ricercati nei vivai e dai fioristi (FOTO)

La primavera e i suoi fiori, dal garofano verde al convolvolo: ecco i più ricercati nei vivai e dai fioristi (FOTO)

Con l’arrivo dell'equinozio di primavera, si assiste al rinascere della natura, a un risveglio che si manifesta nel tripudio variopinto e profumato dei fiori che sbocciano. Ovunque, lungo i bordi dei campi, tra i fili d’erba dei giardini fino alle altezze dei balconi, spunta un incendio cromatico che celebra con garbo la vita e la rinascita.   I petali si schiudono in un’esplosione di sfumature; dal tenue rosa dei ciliegi in fiore al giallo intenso dei narcisi che ‘fluttuano’ e ‘danzano’ nella brezza, come scriveva il poeta inglese Wordsworth nella celebre ballata. In questo articolo racconteremo la primavera attraverso due scenari differenti e complementari: i fiorai e i vivai. Entrambi questi spazi raccontano la storia di esistenze floreali che, ogni anno, non smettono di sorprendere, generando così improvvisi spunti di riflessione sullo scorrere della vita e sulle sue piccole illuminazioni di rinascita. Questo servizio non sarà solo un viaggio sensoriale attraverso le bellezze primaverili, ma anche un’indagine su come, nel corso degli anni, siano cambiate le mode e i gusti delle persone, su quali sono le piante e i fiori più ricercati e quali quelli spuntati da poco sul mercato fino agli effetti del cambiamento climatico. Nel cuore di Macerata, il fiorista Il Tramite Fiorito accoglie questo risveglio con una selezione di fiori da interno che incarnano la delicatezza e la raffinatezza della stagione. Un’esplosione di colori attende gli amanti dei fiori al chiuso, con specie accuratamente selezionate per portare un tocco d’intimità in ogni angolo della casa. “Con l’arrivo del sole, le persone sentono subito il bisogno di fiori e di colori. È il sole che risveglia nell’essere umano il desiderio di riscoprire” esordisce Clara, titolare de ‘Il Tramite Fiorito’. “La gente viene da me per i bouquet, per i mazzolini pieni di colore. Se trent’anni fa si optava per composizioni grandi e di impatto, oggi il bouquet valorizza i dettagli, le sfumature; invita a osservare, perché vedere non è lo stesso che guardare. I fiori semplici - fresie, ranuncoli, anemoni, rose di varie tipologie, garofanini, tulipani - sono i fiori della primavera e della Pasqua. Un tempo questi venivano trascurati alla ricerca del fiore ‘importante’, ma l’importanza è soggettiva, dettata dai nostri schemi”. Oggi per quanto riguarda le novità floreali più in voga del mercato, manipolate dall’uomo con il ricorso a ormoni e concimi, c’è il Green Trick, un peculiare garofano verde. Clara, dunque, ogni giorno, con sapienza, originalità e singolare garbo, compone mazzi e bouquet, lasciandosi guidare dalla fantasia e cercando di cogliere il bisogno di chi viene nel suo negozio: “mi faccio guidare dall’istinto, intrecciando magari un po’ di edera, unendo in armonia colori e forme”. Mentre all’esterno, nel vivaio Serini di Piediripa, si dispiegano varietà resistenti, pronte a radicare la loro bellezza nel tessuto vivente dei giardini, dei parchi e nei vasi dei balconi. All’aperto, sotto il cielo che si fa più limpido, le piante da esterno si distendono al sole, mostrando petali robusti e vivaci che sfidano l’ultima brezza fredda. Qui, la primavera è un trionfo di vitalità, un’esibizione di colori che copre un’intera tavolozza. “Inizia il periodo delle piante stagionali” esordisce Stefania con entusiasmo. “Begonie, Gerani, Magnolie, Rose… la primavera è l’esplosione di colore per eccellenza. Abbiamo tutte le varietà di stagione per adornare balconi fioriti e giardini rigogliosi.” Poi, riflettendo sull’impatto del clima, aggiunge: “Il cambiamento climatico ha influenzato notevolmente la produzione vivaistica, negli ultimi anni, le temperature si sono notevolmente alzate. Piante come i limoni e le Bougainvillea, che prima soffrivano a zero gradi, ora prosperano; è da quattro anni che il limone rimane all’aperto senza problemi”. “Anche le piante mediterranee si stanno adattando” continua. “Un tempo il clima era più rigido, ma quest’anno, per esempio, non abbiamo perso un solo geranio durante l’inverno. Anche per quanto riguarda le api; quest’inverno non si sono mai fermate, hanno continuato a volare sui fiori”. Stefania, poi, ci ha parlato dell’evoluzione del mercato: “Il mercato è in continua evoluzione, con l’introduzione di specie nuove. Il Pomelo, la Grevillea, sono solo alcuni esempi di piante che si stanno diffondendo ora”. Concludendo la preziosa e piacevolissima chiacchierata, la titolare, guidandoci attraverso le molteplici e incantevoli varietà di piante e fiori, ci ha mostrato quelle più richieste: “Tra i fiori più amati abbiamo il Convolvolo, la Poligala, le Nemesie, la viola del pensiero. Le Camelie sono in piena fioritura, così come le Calle colorate e la Gerbera, simboli pasquali per eccellenza. E poi le Rose, sempre un classico. C’è stato un vero boom delle piante aromatiche - la Lavanda, il Timo, la Maggiorana, l’Origano. E non dimentichiamo le meravigliose Magnolie da fiore e il Viburno”. A proposito di quest’ultimo, a testimonianza di come il magico mondo dei fiori pervada ogni sfera dell’essere umano, affiora e rifiorisce nella memoria un breve quanto suggestivo verso di Pascoli: “Sono apparse in mezzo ai viburni/le farfalle crepuscolari”.

22/03/2024 12:00
Civitanova, l'ultima idea di Iginio Straffi: una scuola internazionale nei locali dell'ex ristorante Orso (FOTO e VIDEO)

Civitanova, l'ultima idea di Iginio Straffi: una scuola internazionale nei locali dell'ex ristorante Orso (FOTO e VIDEO)

Nella conferenza stampa tenutasi questa mattina presso la sala giunta del comune di Civitanova e moderata da Martino Martellini, è stato presentato un progetto educativo che si propone come una novità assoluta nel panorama scolastico locale e regionale: la Marche International School. Questa iniziativa, nata da un’ambiziosa idea di Iginio Straffi, fondatore del gruppo Rainbow, noto come il padre delle Winx, e di sua moglie Joanne Lee, consiste nella prima scuola privata non paritaria di stampo internazionale riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione. La scuola, in un primo momento, sarà caratterizzata da tre classi di scuola dell’infanzia, cinque di primaria e tre di scuola media con l’obiettivo, nei prossimi anni, di ampliare l’offerta didattica alla scuola superiore di secondo grado. La struttura, che aprirà le sue porte nell’anno scolastico 2024/2025, sarà situata nei locali precedentemente occupati dal ristorante 'Orso', e si estenderà su una superficie di oltre 4mila metri quadrati. Una location, dunque, unica che permetterà agli studenti una continua interazione visiva con l’esterno, dove l’azzurro del mare si unisce alle varie sfumature dei campi. Il piano prevede un’espansione significativa che comprende la creazione di vasti spazi verdi, l’istituzione di laboratori all’avanguardia, la costruzione di un campo da tennis, palestre,una piscina al coperto e la realizzazione di un residence. Questo alloggio sarà dedicato agli studenti provenienti da altre città, regioni o da paesi esteri, con l’obiettivo di trasformare l’area in un autentico campus, volto a stimolare un prolifico scambio culturale. A entrare nel vivo della Marche International School, spiegando la genesi di questo progetto e le sue finalità, è stato Straffi stesso: “Dall’esperienza della Liberi Reggiomonte International School a Loreto, basata su un tipo di insegnamento multidisciplinare e innovativo, unito a un’importante offerta di attività sportive, abbiamo pensato di estendere questa esperienza di successo dando vita a una scuola internazionale che dalla materna arriva fino alle scuole superiori con un percorso bilingue. A contraddistinguere quest’offerta didattica un particolare focus sulle discipline sportive e sull’importanza dei libri volto a favorire una crescita sana dei nostri ragazzi, troppo spesso appassionati prevalentemente di videogiochi e App”. Il fondatore della Rainbow ha poi sottolineato come questo progetto didattico non è una mera espressione del business ma un investimento sociale per il futuro dei giovani. A seguire la coordinatrice della MIS, Roberta Palanca che ha illustrato nel dettaglio la struttura della scuola, e i suoi valori su cui si edifica: “l’edificio prevede una reception, che è quasi ultimata, la mensa dove i bambini avranno la possibilità di attingere a un self service per valorizzare la loro autonomia. Importante sarà la zona dell’atrio dove gli studenti potranno fare attività di dibattito e socializzazione, come nelle grandi scuole internazionali. La prima fase prevede la ristrutturazione del piano terra raddoppiando la metratura; un piano di 5mila meri quadri. In seguito, verrà realizzata anche la scuola superiore che seguirà il curriculum Cambridge e lo studentato per i ragazzi stranieri o di fuori regione che vogliono abbracciare questo modello”. “I valori su cui si basa questa realtà - prosegue Palanca - sono l’internazionalità dove l’inglese non viene vissuto come una seconda lingua ma come una forma di comunicazione al pari dell’italiano. Un altro valore è lo sviluppo dei talenti mettendo a disposizione il know-hw della nostra azienda per aiutarli ad esprimere al massimo la loro creatività. Quest’ultima significa sviluppare il pensiero creativo del bambino alla risoluzione di problemi e far vivere al bambino l’arte a 360 gradi, senza limiti. L’approccio di base quello dell’inquiry-based, che coinvolge tutte le materie ed è un approccio dove il bambino viene messo al centro ed è parte attiva dell’apprendimento; viene spronato a farsi domandi, a fare un’analisi a cercare le risposte. L’insegnante non ha mai la risposta prima di aver analizzato quello che è il contenuto e il concetto”. Il preside James Heanley ha messo in luce la natura avanguardistica della Marche International School caratterizzata da un'ottica globale e da una pedagogia basata sulla ricerca: "La MIS  aspira a creare un ambiente in cui ogni bambino sia valorizzato, ispirato e celebrato per il suo potenziale unico". Ospite illustre e ambasciatrice d'eccezione di questo nuovo progetto scolastico, Elisabetta Dami, autrice di narrativa per ragazzi, nonché la 'mamma di Geronimo Stilton', che da anni promuove attivamente, attraverso il suo operato, i valori universali che accompagnano la crescita e l'educazione dei più piccoli. "Sono scrittrice di libri per ragazzi ma loro mi conoscono anche come la 'mammma di Geronimo Stilton' - afferma Dami -. Joanne Lee e Iginio Straffi sono due grandi amici con cui condivido una missione iportante: quella di educare le future generazioni ai valori etici e sono onorata di essere con loro oggi e di diventare ambasciatrice di questa scuola straordinaria". A conclusione un annuncio-sorpresa proprio da parte di Elisabetta Dami la cui Fondazione Geronimo Stilton stanzierà delle borse di studio da 6mila euro ciascuna. Per quanto riguarda la parte istituzionale, a prendere la parola il sindaco Fabrizio Ciarapica il quale ha sottolineato che l'apertura di questa scuola costituità per Civitanova un notevole salto culturale: "Civitanova sta diventando una città sempre più attrattiva e l’apertura di questa scuola come quella di altre attività molto importanti ne sono una conferma. Ringrazio l’imprenditore Iginio Straffi per questa grande opportunità che ci consentirà di fare un salto culturale notevole, ma anche per aver scelto di investire nel futuro dei giovani attraverso l’eccellenza educativa e professionale”. Roberta Balletti, assessore all'Urbanistica, ha poi specificato come questo progetto,da assessore e da mamma, ha suscitato un forte interesse per il fermento culturale che sta portando alla città, con un aumento di nuovi posti di formazione per i più giovani e meno giovani. L'assessore regionale Chiara Biondi, in collegamento da remoto, ha sottolineato come l'offerta proposta da Straffi vada sotto il segno dell'innovazione, che è il pilastro su cui si deve fondare la la didattica rivolta ai giovani studenti. Il primo open day è previsto per sabato 13 aprile e ne seguiranno altri nel corso dello stesso mese e di maggio.

20/03/2024 18:23
A Camerino arriva 'La donna della bomba atomica'. L'intervista a Gabriella Greison: "Vi racconto Leona Woods"

A Camerino arriva 'La donna della bomba atomica'. L'intervista a Gabriella Greison: "Vi racconto Leona Woods"

Domani, 20 marzo, alle ore 11, la sala convegni del Campus dell'Università di Camerino si trasformerà in un palcoscenico d'inedita divulgazione scientifica e narrazione storica. Gabriella Greison, fisica, scrittrice e attrice, a cui si accompagna ormai l'epiteto di "Rockstar della fisica", presenterà il suo spettacolo “La donna della bomba atomica”, tratto dal suo omonimo libro, edito da Mondadori. Il libro di Greison è un viaggio interiore nella vita di Leona Woods, la fisica più giovane del Progetto Manhattan, la quale, nonostante il suo ruolo chiave, in tutti questi decenni, è stata eclissata a causa di una predominanza maschile che ha segnato l'universo e la storia delle scienze fino a oggi. Attraverso un flusso di coscienza, Greison ci porta a rivivere gli eventi che hanno portato alla creazione della bomba atomica, offrendo una prospettiva nuova e profondamente femminile su uno dei momenti più controversi della storia moderna. Lo spettacolo promette di essere un’esperienza immersiva, che non solo racconta la storia di Leona Woods, ma apre anche a una complessa e stratificata serie di riflessioni, a partire dalle implicazioni morali ed etiche della scienza quando viene applicata alla guerra.  Inoltre, sempre presso il polo dell'Università di Camerino, alle 16,30, sarà possibile assistere al seminario tenuto da Greison dal titolo 'La fisica nucleare e i cambiamenti climatici'. Com’è nata l’idea di scrivere “La donna della bomba atomica” e di portarla poi in scena nei vari teatri d’Italia? Ho deciso di raccontare la storia di Leona Woods perché è una storia inedita, ho scoperto io questa storia, e come ne sono rimasta innamorata io, penso che ne rimarranno innamorati in tantissimi. Ho iniziato a pensare a Leona nel 2019, poco prima della pandemia. Leggendo tra le righe di un libro in inglese, in cui si parlava di Arthur Compton, uno dei fisici creatori della fisica quantistica, che sta in posa nella fotografia del 1927 che è la mia ossessione, quella a margine del V Congresso Solvay e che è diventata poi il mio cavallo di battaglia nel primo libro ‘L'incredibile cena dei fisici quantistici’ (2015, Salani). Siccome volevo occuparmi di lui, perche lo sto facendo per ogni personaggio in posa in quella foto, mi sono imbattuta in Leona Woods. In pratica, il nesso è stato che Arthur Compton leggeva la Bibbia a Leona, ogni sera dopo il lavoro al Progetto Manhattan. Fantastico, ho detto! Leggo meglio di Leona e scopro che è fisica nucleare, come me, e che è stato un prodigio, come me, e che la sua battaglia più grande è stata essere riconosciuta per quello che faceva nella sua professione, in un mondo totalmente maschile, come quello della fisica nucleare e quantistica. Quindi mi sono detta: perfetto, è lei il mio nuovo obiettivo. Poi è scoppiata la pandemia e non ho potuto viaggiare, perche per scrivere di lei e raccogliere informazioni avrei dovuto fare un viaggione nell'America più dura, quella del New Mexico, e allora ho rimandato. Nel frattempo ho scritto di altri due fisici presenti in quella foto: sono usciti i libri ‘Ucciderò il gatto di Schroedigner’ (Mondadori) su Erwin Schroedinger, e ‘Ogni cosa è collegata’ (Mondadori) su Wolfgang Pauli. Contemporaneamente ho letto tutto su di lei, in qualsiasi lingua. E l'estate scorsa sono partita per l'America. Ed eccomi qui con un audiolibro su Audible, il libro e lo spettacolo teatrale che ho appena fatto debuttare nei teatri e che girerà il mondo, le date sono sul mio sito www.GreisonAnatomy.com. A livello più tecnico, come avviene nella tua scrittura la trasformazione di una storia scientifica in un’opera narrativa? A livello più tecnico, la risposta va cercata nei miei 20 anni di questo lavoro di scrittura. E da 10 anni in cui pubblico libri1. Questo su Leona è il mio dodicesimo libro. Tutto per me è nato dalle ricerche su una fotografa. Una splendida foto in bianco e nero, scattata nel 1927, 29 personaggi in posa, 17 erano o sarebbero diventati premi Nobel. Una foto da cui sono ossessionata da una vita. Fin da piccola la vedevo in giro, e nessuno sapeva raccontarmela. Poi mi sono laureata in Fisica, con la specializzazione sulla fsica quantistica, e questa foto era sempre negli uffici dei professori più illuminati. Ma non sapevano dirmi cosa pensavano questi uomini in posa, cosa avevano fatto un attimo prima dello scatto o dove avevano cenato subito dopo. Dopo la laurea sono andata a lavorare a Parigi, all’Ecole Polytechnique, il mio capo era Francois Amiranof. All’ingresso dell’Ecole Polytechnique c’era questa fotografa in BN come gigantografa. La mia ossessione per questa foto stava andando alle stelle. E così mi sono messa a fare ricerche, sono andata a Bruxelles dove è stata scattata la foto; per anni mi sono documentata, e fnalmente ho trovato la storia. Ho trovato le parole per raccontarla. E da questa foto ho fatto nascere il mio percorso professionale. Dopo anni di ricerche, dopo tante porte chiuse in faccia, dopo tanti no, fnalmente ho trovato la mia strada. Creandomela, da zero, io stessa. Ci ho messo anni, ma ne è valsa la pena. Il mio primo libro che la raccontava era “L’incredibile cena dei fisici quantistici”, da cui ho fatto nascere il mio primo spettacolo teatrale “Monologo Quantistico” (sempre nel 2014). Questo spettacolo ha girato e gira tantissimo (in 10 anni ha superato 800 repliche), non solo nei nostri confini, ma anche fuori, da Vienna a Zurigo a San Francisco. Il libro ha avuto un boom di ristampe ed è stato a lungo un caso editoriale. Poi sono seguiti altri 11 libri e altri 10 monologhi teatrali. Dunque, per “L’incredibile cena dei fsici quantistici” (è stato il mio libro d’esordio), sono stata un anno a Bruxelles a fare ricerche nell’archivio Solvay, e poi ci ho messo 3 anni per scriverlo. Racconto della cena avvenuta dopo lo scatto di quella fotografa, un lavorone ricostruire tutto! Per “Hotel Copenaghen”, sono stata un anno a Copenaghen, facendo avanti e indietro con l’italia, per fare ricerche. E racconto della grande Scuola di Copenaghen di Niels Bohr. Per “La leggendaria storia di Heisenberg e dei fsici di Farm Hall”, ho fatto ricerche e viaggi in Germania, e poi anche a Farm Hall stessa, vicino a Cambridge. Racconto di Werner Heisenberg, e del suo mondo. Per “Einstein forever” sono stata a Princeton, in America, e in Svizzera, a Zurigo e a Berna. Racconto di Albert Einstein, e della sua eredità. Da ognuno di questi libri ho creato uno spettacolo teatrale, sotto forma di monologo di un’ora e mezza. Per “Ucciderò il gatto di Schrodigner”, il protagonista è Erwin Schrodinger, e le ricerche le ho fatte tra Vienna, America e Tirolo. Per “Ogni cosa è collegata”, il protagonista è Wolfgang Pauli, e le ricerche le ho fatte tra Zurigo, America e Berlino. I miei spettacoli teatrali sulla fsica quantistica sono nati da questi testi. Insomma, ho trovato il mio modo per raccontare la fsica quantistica. Ho trovato una nuova narrativa da dare alla fisica. Racconto la fisica quantistica sotto forma di storie, dopo le ricerche sul posto, i viaggi, gli incontri con le persone chiave, e le ricerche negli archivi (questo è ‘il Metodo Greison’). Con la fotografa scattata nel 1927 con il più grande ritrovo di cervelli della storia che è il mio faro, e da cui ho fatto nascere tutto. Noi stiamo vivendo la Seconda Rivoluzione Quantistica, e quello che stiamo vivendo è un altro grande sconvolgimento delle nostre vite. Così come quando la fsica quantistica è nata, che ha sconvolto le nostre vite portando i telefonini, i chip al silicio e quindi i computer, le tac, i lettori cd e dvd, alla stessa maniera vivremo qualcosa di grandioso, che non immaginiamo neanche.  Nel film ‘Oppeneheimer’ di Nolan la fisica Leona Woods, che ha avuto un ruolo chiave nel progetto Manhattan, viene completamente esclusa. Questa mancanza è spia di quanto ancora oggi, ci sia un’ideologia dominata da un punto di vista maschile? Il fatto veramente eclatante è che Oppenheimer non è diverso dalla maggior parte dei film, dei libri, dei racconti che sono basati su ricostruzioni storiche di fette di scienza (di fisica, in particolare). Perche la maggior parte dei film, dei libri, degli scienziati, dei fisici che raccontano la fisica quantistica, il nucleare, le bombe atomiche, e addirittura la Seconda Guerra Mondiale in generale, sono contro le donne, e sono fatti da uomini che raccontano esclusivamente le gesta di altri uomini. Siamo abituati, siamo desensibilizzati, e quindi nessuno ha detto quello che sto dicendo io, perche per decenni abbiamo visto solo donne al cinema che esistono solo per dare agli importanti protagonisti maschili qualcosa con cui svagarsi. Dopo decenni di film realizzati cosi, ne arriva un altro cosi, quindi nessuno se ne accorge. Anzi, ottiene 13 candidature agli Oscar. Ma mentre Barbie ha oscurato e messo da parte personaggi maschili di gomma, Ken su tutti, un film anti-donne come Oppenheimer, ha messo da parte e cancellato completamente donne molto reali, in carne e ossa, che hanno vissuto vite intere e hanno dato un contributo significativo alla fisica e al nostro mondo. Quel povero Ken messo da parte dal film su Barbie, non è Leona Woods, che a 23 anni ha gia ottenuto il dottorato in fisica ed è stata assunta a lavorare al progetto Manhattan, perchè ritenuta un asso nella rilevazione delle particelle nel vuoto con il trifluoruro di boro. Ken, a differenza di Leona, non era presente alla prima reazione nucleare a catena, e Ken non fece quello che fece Leona, ovvero passare anni interi della sua vita sulla costruzione della pila atomica, divisa tra Hanford, Chicago, l’Argonna Foresta e appunto Los Alamos. Leona Woods non compare in Oppenheimer, ma il film, come tanti film anti-donne, riesce ad assumere una tale aria di autorità a farci supporre che la sua sorprendente mancanza di rappresentanza femminile sia dovuta al suo ammirevole impegno per l'accuratezza storica. Al contrario, sia nell’ambito del cinema che in quello della narrativa, pensi che, in alcuni casi, un’accentuata focalizzazione su certe tematiche femminili, rischia di cadere in un occasionalismo e femminismo stereotipizzante? No, non credo. Ogni conquista va difesa, altrimenti è un attimo tornare indietro. Dallo studio dell’atomo alla bomba atomica. Secondo te oggi la coscienza collettiva ha rielaborato i motivi di questo passaggio che dalla ricerca scientifica giunge alla progettazione di un ordigno auto-distruttivo? Elsa Morante, in ‘Pro o contro la bomba atomica’, scriveva che riguardo a quest’ultima ci si preoccupa più delle conseguenze che delle motivazioni. Infatti il mio libro è la risposta a Elsa Morante.      

19/03/2024 17:00
Il Macerata Opera Festival dedica una serata ai suoi mecenati. "Da scommessa a evento tra i più longevi" (VIDEO e FOTO)

Il Macerata Opera Festival dedica una serata ai suoi mecenati. "Da scommessa a evento tra i più longevi" (VIDEO e FOTO)

Dalla luna che fa da fil rouge attraversando le tre opere della 60esima edizione del Macerata Opera Festival a quella crescente che ha rischiarato la serata di ieri dove, mecenati, sponsor e sostenitori si sono ritrovati come da immancabile tradizione presso la suggestiva cornice del teatro della Società Filarmonico Drammatica. “…E qui la Luna l’abbiamo vicina…” è il verso dalla Bohème di Puccini che traccia proprio la linea programmatica scelta dal sovrintendente Flavio Cavalli e dal nuovo direttore artistico Paolo Gavazzeni per il Macerata Opera Festival, il quale andrà in scena dal 19 luglio all’11 agosto 2024 allo Sferisterio. A entrare nel merito delle dinamiche del Mof, Cavalli, il quale ha sottolineato la rilevanza e l’impatto economico sul tessuto sociale “Il Mof è anche un’entità economica per la città e la provincia; questa manifestazione attira fondi da parte di privati, dello stato, della regione e altri enti pubblici per un importo consistente. Molte di queste risorse vengono devolute a tutto il personale che, con il oro lavoro, rendono grande questa manifestazione. Non solo produce ricchezza il Mof ma spende 760 mila euro per cori e l’orchestra dietro ai quali ci sono delle famiglie”.  Infine, una notizia di buon auspicio, che fa ben sperare: “Le nostre biglietterie hanno già incassato 450 mila euro. Questo lo dico perché è frutto di un lavoro di un team; siamo ritornati agli incassi del 2018/2019”. A salire sul palco, dopo l’intervento del sovraintendente, Giorgio Piergiacomi il quale, otto anni fa, ha dato vita al progetto ‘Cento Mecenati’: “Otto anni fa era una scommessa, oggi è una delle iniziative più longeve che abbiamo a Macerata; è stata una scommessa che ha saputo mutuare la storia e il modello dei Cento Consorti coniugandolo con la scelta del governo di inserire un pacchetto di aiuti a favore della cultura, dei beni culturali e artistici. Non è altro che una forma di spesa pubblica filtrata dall’intervento del mecenate; lo stato premia quei progetti che sono in grado sul proprio territorio di attirare la voglia di mecenatismo”. Poi, il turno del direttore artistico Paolo Gavazzeni che, dopo aver raccontato dell’emozionante esperienza di vedere, per la prima volta, l’arena dello Sferisterio vuota, è passato a raccontare delle sue scelte organizzative: “Con l’aiuto di tuti i collaboratori che lavorano all’Associazione Sferisterio abbiamo pensato a una programmazione più compatta rispetto agli ultimi anni e che andasse incontro anche alle esigenze di vendita. Quello che un sovraintendente o un direttore artistico deve cercare di fare è portare, con la propria sensibilità e percorso artistico, qualche cosa da lasciare nel luogo in cui si trova a lavorare, interpretando la vocazione di quest’ultimo che va pari passo con l’idea di un grande mecenatismo, da cui lo Sferisterio è nato”.  Ha poi concluso: “Se ci sarà qualcosa che non andrà in questo festival, la colpa è mia perché mi hanno fatto fare tutto quello che avevo in mente; in questi mesi non ho sentito il compromesso delle scelte e questo non succede spesso”. A sancire l’intermezzo tra la portata del secondo e quella del dolce, un’interessante intervista in forma di conversazione fra Gavazzeni e il noto soprano marchigiano Marta Torbidoni, dove non sono mancati momenti di risate collettive. Quest’ultima ha ripercorso la sua carriera, che l’ha portata nei teatri e nelle arene più prestigiosi del mondo, fino a oggi, alla stagione lirica del Macerata Opera Festiva in cui, per la prima volta, interpreterà il ruolo di Norma di Bellini.   Il sindaco Sandro Parcaroli che, da mecenate fin dagli albori, ha ricordato la bellezza e l’importanza di sostenere concretamente le arti e la cultura che si genera intorno a quest’ultime, con particolare riferimento alla realtà dello Sferisterio. Quest’ultimo, come ha rammentato il primo cittadino, ha ottenuto il titolo di monumento nazionale e ora si candida per entrare a far parte del patrimonio Unesco. “Io sono mecenate di lungo corso- ha affermato Parcaroli- è qualcosa di emozionante perché quando si arriva allo spettacolo, alla prima opera, quando si spengono le luci, stando dentro la nostra magnifica arena, allora lì ti senti orgoglioso di essere un mecenate; perché hai contribuito a quello spettacolo per il quale giungono da ogni parte d’Italia e non solo”.

16/03/2024 17:03
A Macerata c'è una 'Terra di nessuno': da via Valenti a via del Piccinino tra discariche a cielo aperto e scale dissestate (FOTO e VIDEO)

A Macerata c'è una 'Terra di nessuno': da via Valenti a via del Piccinino tra discariche a cielo aperto e scale dissestate (FOTO e VIDEO)

"Di sopra, la selva da cui spuntano topi e pantecane e che, in alcuni casi, oscura la luce del sole fino a giugno. Di sotto, una strada in condizioni pietose con un manto stradale dissestato, lungo il quale, ogni giorno, è estremamente difficile trovare parcheggio". Questo lo scenario, dalle tinte dantesche, descritto da un residente in un palazzo all’altezza dell’ex distributore di metano, in via Ghino Valenti, a Macerata. Un grido di allarme a nome di gran parte degli abitanti di questa zona che, da molti anni, sono costretti a confrontarsi con una serie di disagi quotidiani, tra lo sconforto dell’abitudine e lo slancio indignato di una volontà di cambiamento. Se si volesse raggiungere a piedi, da via Valenti, la Bocciofila maceratese, c’è una scalinata tanto strategica quanto inagibile, sprofondata nel terreno in alcuni tratti e ricoperta da un manto di vegetazione verde e scivoloso, che costringe a cercare un appoggio alla staccionata, se non fosse che quest’ultima è pericolante e cedevole. Tra salti, slanci e una costante accortezza nel percorrere queste scale diroccate, si arriva finalmente al piazzale della Bocciofila, dove, oltre alle attività diurne dei più anziani, di sera, molti giovani maceratesi si riuniscono tra bevute e dj set. Qui, il suolo è scavato da buche più o meno profonde da cui, in alcuni tratti, spuntano delle pericolose barre di ferro della rete elettrosaldata. Anche in quest’area la staccionata in legno sotto gli alberi è consumata e instabile: “Se uno ci si appoggia potrebbe cadere dalla scarpata” dice un abitante in prossimità della via. Dirigendosi più in là, lungo via Nicolò Piccinino, la bretella che si trova sopra via Valenti e che, da qualche tempo, è stata aperta al transito dei veicoli in ambo i sensi, ci si rende conto di essere letteralmente nella cosiddetta ‘ Terra di nessuno’ nella sua doppia accezione: quella di una lottizzazione privata andata all’asta per fallimento e quella originaria di una 'discarica per rifiuti posizionati tra due feudi'. In quest’ultimo senso, di fronte al complesso di palazzine rimaste incompiute e all’abbandono per il fallimento dell’impresa di Alici Biondi, lo stesso che ha coinvolto la zona dell'ex Foro Boario in piazza Pizzarello, si venuta a creare una discarica a cielo aperto: frigoriferi, taniche con liquidi al loro interno, bombole, un trampolino elastico, mobili logorati, lamiere. Un accumulo di rifiuti che costituisce una condizione di insalubrità, di scarsa igiene e che scaturisce dalla pratica, ancora diffusa, da parte di cittadini terzi, di abbandonare materiale di vario genere. In quest’area adiacente alla strada, chiunque può accedervi e aggirarsi fra il degrado (e ogni tanto fra qualche topo). Contattati il Comandante della Polizia Locale, Danilo Doria, e l’assessore al Decoro Urbano, Paolo Renna, entrambi, con delle pattuglie, sono prontamente intervenuti sul posto per perlustrare la zona e prendere provvedimenti al fine di una risoluzione e messa in sicurezza. A tal riguardo, Renna ha segnalato la situazione al curatore fallimentare il quale si è detto pronto a intervenire a stretto giro. Questo scenario, fatto di rifiuti, vegetazione incolta, ferri arrugginiti, di edifici incompiuti all’asta e in cerca di acquirenti che non si trovano, apre un’ulteriore questione: è possibile che normativamente, in prossimità o nel cuore della città, da decenni, continuino a esserci questi scheletri in cemento, con tutto ciò che comportano a più livelli? Inoltre, nell’ipotesi che non si faccia avanti nessuno per l’acquisto, quale sarà la loro fine, saranno da considerare parte identitaria di una fisionomia urbana?  

14/03/2024 14:20
Tolentino, una (Multi)radio tutta al femminile: Giusi e Oriana, una storia lunga quasi 50 anni (VIDEO e FOTO)

Tolentino, una (Multi)radio tutta al femminile: Giusi e Oriana, una storia lunga quasi 50 anni (VIDEO e FOTO)

Seguendo il filo rosso della Giornata Internazionale della Donna e inoltrandoci nella città di Tolentino, nei pressi di galleria Europa, c’è un luogo, che racchiude una storia unica, da cui risuonano racconti di vita, frammenti di storia, di musica, di passione. Un luogo che è nato da una donna, Oriana Forconi, nel 1975; anno peraltro focale: finisce la guerra in Vietnam, viene fondata la Microsoft, per la prima volta i giochi elettronici entrano nel quotidiano di ogni ragazzo e ragazza ed esce il capolavoro di Monicelli “Amici miei”. Tutto questo, s’impreziosisce se si guarda all’oggi, dove la passione e la professionalità di Oriana sono state vissute, raccolte e portate avanti, con profonda determinazione e lungimiranza da sua figlia: Giusi Minnozzi, la cui risata effervescente e contagiosa, diventata quasi un’imprescindibile cifra stilistica, ogni mattina, dà il buongiorno agli ascoltatori. Questo spazio speciale è Multiradio. Per raggiungere la redazione bisogna salire al sesto piano del palazzo. Una volta aperta la porta, spicca, fin da subito, una stampa con David Bowie la quale, per l'atmosfera del posto, fa riecheggiare alla mente il refrain: “We can be heroes, just for one day”. Una citazione che ben si adatta alla filosofia di questa radio, che da sempre valorizza le persone, le loro storie, le loro sofferenze, i loro sogni. Proseguendo lungo il corridoio, si possono ammirare le foto testimonianti la vita di Multiradio, tra feste, innumerevoli ospiti, eventi speciali. Una galleria di volti e di momenti che hanno segnato l'esistenza di questa radio, diventata una famiglia, una comunità, la quale non smette mai di essere tale. Una delle stanze più suggestive di Multiradio è una stanza-scrigno dove è custodito un tesoro inestimabile: una collezione di circa 8 mila vinili, che hanno inciso la storia della musica. Qui, si può viaggiare nel tempo e nello spazio, ascoltando le melodie e le parole che hanno fatto e fanno tuttora emozionare, riflettere, ballare, cantare generazioni di ascoltatori. Una scelta lavorativa, quella di Giusy, scaturita dalla passione che l’ha portata a inoltrarsi sempre di più nei vari ambiti della radio, da quelli informativi a quelli più tecnici. La stessa passione che, negli anni Settanta, ha dato vita alla radio: “Questo lavoro nasce in primis dalla passione che si è poi tramutata in una scelta lavorativa e di vita; da qui poi ho avuto modo di accedere e approfondire il mondo dell’informazione, la parte più tecnica, le cose in esterna”.  Tornando all’origine, a come Multiradio è nata: “nel 1975, prosegue Giusi, a mia madre, che faceva tutt’altro lavoro, è stata fatta la proposta di acquistare una radio privata, che era sempre una radio libera in quegli anni; ad animare la redazione, infatti, erano dei ragazzi che, appena avevano il tempo libero, venivano qui e facevano la loro trasmissione, di giorno e di notte, con la gioia negli occhi, portandosi persino i 33 giri da casa. Da qui, sempre mia madre, ha riorganizzato la redazione in una vera e propria azienda. Successivamente, c’è stata una fusione con le altre due radio della città e da qui è nata Multiradio”. L’ambito radiofonico nel corso degli anni, ha saputo integrare le nuove tecnologie, come il digitale, lo streaming, i podcast, senza mai perdere il suo fascino e la sua forza, senza mai cristallizzarsi. Così è stato per l'emittente di Tolentino. “Molti- afferma la speaker giornalista- dicevano che la radio fosse morta, che fosse diventata televisione; invece è costantemente rimasta al passo con i tempi. Il mondo cambia, la tecnologia subentra sempre di più, ma l’importante è captare, prendere quel famoso treno; dalle semplici frequenze si è passati, con l’arrivo di internet, allo streaming, al sito, all’applicazione sul cellulare. Così la radio è diventa globale; un giovane dal proprio paesino riesce a lavorare in tutto il mondo. Un anno fa, nonostante i tanti sacrifici, siamo riusciti ad entrare nel Dab, nella radio digitale”. Una radio che, fin dagli inizi, si è distinta per il suo essere particolarmente presente sul territorio: “Noi siamo sempre andati avanti mossi da questa grande passione, con umiltà e professionalità; abbiamo sempre cercato, semplicemente, di comunicare con il territorio, essere radicati in quest’ultimo, e, sicuramente, una particolarità è che abbiamo sempre puntato, nel corso degli anni, all’informazione locale; chi ascolta la radio trova anche una radio commerciale, per adulti, per giovanissimi, per gli amanti di tutti i generi musicali, però, con in più il sapere, gli appuntamenti flash, i focus sul nostro territorio. Credo che questa sia una particolarità che non tutti hanno. Portare avanti una redazione non è così semplice”. Si può indubbiamente dire che Multiradio è una radio che fa la storia, perché la racconta, dando la possibilità a chiunque si mette all’ascolto, di conoscerla, di comprenderla, a partire dalle innumerevevoli e sparse realtà locali, dai frammenti più intimi del quotidiano. È la radio che "Vive Con Te", come recita il claim.    

08/03/2024 10:26
Macerata, Francesco Montanari interpreta il “Cristo di periferia” sul palco dell'IIS Matteo Ricci: tra miracoli e umanità (VIDEO e FOTO)

Macerata, Francesco Montanari interpreta il “Cristo di periferia” sul palco dell'IIS Matteo Ricci: tra miracoli e umanità (VIDEO e FOTO)

Questa mattina, presso l’IIS Matteo Ricci di Macerata, si è tenuta la rappresentazione teatrale di “Cristo di periferia”, un testo scritto e diretto da Davide Sacco, con protagonista Francesco Montanari, attore teatrale e cinematografico noto per molteplici ruoli, tra cui quello del “libanese” in Romanzo Criminale. Lo spettacolo ha coinvolto gli studenti dell’istituto, che hanno assistito a una ‘favola’ contemporanea, tramata di suggestioni, interrogativi e spunti di riflessioni. “Cristo di periferia”, infatti, narra la storia di un giornalista che viene mandato dal suo direttore in un circo di periferia per scrivere un articolo su un “povero cristo” il quale, nella sua roulotte, in un'atmosfera a tinte quasi surreali tra il magico e il miracoloso, trasforma l’acqua in vino e moltiplica i pani e i pesci. Quando il giornalista conosce quest’uomo dei miracoli, la storia, nel suo ritmo inesorabile, disvelerà i toni reali di una narrativa del quotidiano tra luci e paure, sofferenze e risate. Francesco Montanari, con la sua voce, dà vita a questo monologo, un racconto moderno che racconta di fragilità e umanità, che si pone domande sul significato dei miracoli nel nostro tempo, guardando costantemente all’orizzonte di bellezza del mondo tra le sue ombre, senza rinunciare ai sogni. Un racconto di fede, la stessa che sfida il vuoto e crea una continuità tra se stessi e la prospettiva luminosa del futuro. A tal riguardo, è lo stesso regista, Davide Sacco, a parlarcene: “È un testo di speranza e di fede, non una fede divina, ma una fede umana, quella che va in profondità, verso sé stessi e il futuro; quest’ultima è più difficile da avere e più facile da perdere. Per questo motivo, riteniamo che sia particolarmente importante intessere un rapporto diretto reale con tutte le figure generazionali, a partire da quelle più giovani. È un messaggio di incitamento a un grande lasciarsi andare, passo dopo passo, con la propria forza, senza arrendersi”. A restituire una visione intima e allo stesso tempo critica del “Cristo di periferia” nella società contemporanea è Montanari, che pone l’accento sull’esigenza di ripartire da una componente umana, ancora prima che trascendentale: "Quella del ‘povero cristo’ è una religione umana, prima che trascendentale; siamo in una società che ti spinge e ti allena al solipsismo. Credo che il messaggio pragmatico di cui si fa portatore un povero cristo, di qualsiasi appartenenza e bandiera, sia la solidarietà e l’empatia verso l’altro, la capacità di ascolto. Occorrerebbe mettere da parte, per un secondo, il nostro individualismo, e cercare di entrare nell’altro e permettere a quest’ultimo di entrare in te. Poi il riferimento alla rete generata dai social media: “I social network, verso cui sono tutt’altro che contrario, fanno sì che su una pagina hai tanti argomenti e tematiche, che si alternano sullo stesso livello: hai il tuo influencer, il tuo idolo, il cantante, il tuo brand preferito e poi, nello stesso scrollo, c’è la sofferenza umana. Questo conduce al distacco; in questo modo non si ha mai il tempo speculativo reale per assorbire una precisa immagine, un preciso contenuto”. Da qui: “il mio consiglio è che chi è nato nel mondo dei monitor dovrebbe concedersi un tempo matematico dedicato all’umanità perché poi questa cosa si ripercuote nelle relazioni sociali; basta ascoltare ed è lì si dischiude il miracolo”. A suggello dell'evento, le parole della dirigente Rita Emiliozzi, di chi ha permesso che tutta questa rappresentazione venisse messa in scena e fruita, come preziosa occasione di crescita speculativa e formativa, dai ragazzi e ragazze dell’istituto, proprio all’interno dell’auditorium della scuola: “Questo monologo teatrale mi ha emozionata profondamente, ma non avevo dubbi perché conoscevo sia la compagnia, sia il regista e ho avuto modo di sperimentare la loro bravura e la loro capacità di cogliere e raggiungere direttamente i ragazzi e il pubblico in genere”. La dirigente ha poi proseguito ponendo l’accento sull’importanza del teatro e sulla sua imperitura facoltà di veicolare messaggi che parlano d’umanità, tra lacerazioni e unità: “Desideravo con tutta me stessa far vivere l’esperienza del teatro agli studenti, i quali sono pochissimo o per nulla avvezzi a quest’arte. È la forma più sublime di arte per il rapporto che instaura con il pubblico. Oggi, il teatro è stato trasportato all’interno della nostra scuola e i ragazzi hanno così avuto l'opportunità, tramite un dialogo diretto e biunivoco, della disponibilità del regista e dell’attore”.    

05/03/2024 18:30
Frontignano, inverno con poca neve e impianti chiusi: "Ecco come sta cambiando il turismo montano" (VIDEO e FOTO)

Frontignano, inverno con poca neve e impianti chiusi: "Ecco come sta cambiando il turismo montano" (VIDEO e FOTO)

Negli ultimi anni, in maniera alternata, stiamo assistendo a uno scenario invernale di montagna con sempre meno neve; quest’ultimo, oltre ad allontanarsi da quello tradizionale che ammanta di copiosi fiocchi la memoria e i detti popolari, si sta connotando per una predominanza di colori che va dal marrone della terra, passando per il verde degli umidi prati fino a qualche bianco e sparso residuo di neve. Questo l’attuale paesaggio invernale dalle Alpi agli Appennini, in particolar modo. Il cosiddetto cambiamento climatico, che spesso assume quasi le caratteristiche di un ammonimento ripetuto a memoria e automatizzato nella coscienza collettiva (responsabile l’uso massiccio di formule standard dell’informazione), è una realtà effettiva che sta mettendo a dura prova il settore del turismo invernale. Per avere una visuale più approfondita su questa situazione, abbiamo intervistato, presso l’impianto di risalita di Frontignano, Francesco Cangiotti, gestore, insieme a Giacomo Zanchetti, di Bolognola Ski, il comprensorio sciistico dei Monti Sibillini. “Quest’anno- afferma Cangiotti- è stata una stagione invernale nettamente molto negativa perché abbiamo avuto una quasi totale assenza di precipitazioni nevose che non hanno permesso l’apertura delle piste da sci. Infatti, qui a Frontignano abbiamo aperto solo un paio di domeniche il campo scuola e sul versante Bolognola abbiamo potuto fare qualche giornata in più, favorita dall’innevamento programmato; al netto una stagione che presenta un bilancio decisamente negativo”. Dunque, per ovviare a questa mancanza o scarsità di neve naturale e per garantire l’apertura delle piste, attualmente la soluzione a cui gli impianti sciistici fanno sempre più ricorso è l’innevamento programmato, ossia la cosiddetta neve artificiale. La situazione non è isolata: secondo il rapporto “Nevediversa 2023” di Legambiente, l’Italia è tra i paesi più dipendenti dalla neve artificiale, con il 90% di piste innevate artificialmente. A tal riguardo, prosegue Francesco Cangiotti: “Sicuramente la neve programmata dà una garanzia in futuro in termini di apertura; tuttavia un aspetto particolarmente importante è avere una riserva, uno stoccaggio idrico sufficiente per poter sfruttare i periodi di freddo che non sono molti. È un duplice intervento: sull’innevamento e sul realizzare bacini, delle vasche per lo stoccaggio idrico, che non sono solo a servizio dell’innevamento ma, in altri periodi, possono essere utilizzati come una riserva idrica per il bestiame, per l’antincendio e per molte altre funzioni”. (Video e montaggio: Alessandro Vallese Foto: Guido Picchio)   A sua volta, si apre un’ulteriore questione, che potrebbe essere vista come una sfida tecnologicamente e gestionalmente propositiva (oltreché indispensabile) in una prospettiva che scavalca il futuro prossimo e guarda all’orizzonte di un sistema a lungo termine: l’integrazione di pratiche alternative più sostenibili nell’ambito dell’industria sciistica dal momento che, per produrre neve artificiale, sono necessarie ingenti quantità d’acqua, alti consumi di energia e importanti costi privati e pubblici. Nell’ottica di una riformulazione e adattamento a un nuovo modello di turismo montano, la diversificazione delle attività rimane una soluzione sicuramente funzionale: “La nostra gestione- prosegue il gestore di Bolognola Ski- ha cercato di destagionalizzare al massimo i servizi e quindi puntare non solo alla stagione invernale, ma anche a quella estiva con molteplici attività, come nel caso di Frontignano, legate al bike park, al mondo delle biciclette, all’escursionismo”. E per quanto concerne il periodo invernale “stiamo lavorando in particolar modo con i rifugi, dove abbiamo creato alcuni eventi, come le cene; per esempio il sabato sera facciamo questa cena in quota al Rifugio Saliere dove la seggiovia viene utilizzata in notturna per salire e scendere. Quindi cerchiamo di creare delle soluzioni alternative al turismo invernale legato prettamente alla neve, che, tuttora, rappresenta comunque la più grande fetta di mercato, quest’anno, purtroppo, andato perso”. Senza chiudere la porta a quell’intramontabile quanto lenitiva speranza che la neve torni a cadere abbondante e, allo stesso tempo, con la coscienza di un presente che cambia, occorre pertanto una rielaborazione mentale, organizzativa e pragmatica del vivere l’inverno e la montagna. Una rielaborazione che passa attraverso l’interesse di una gestione privata ma che riguarda, in maniera più estesa e più profonda, quello di un’intera comunità e del suo territorio su cui, in questa zona, da otto anni, gravano anche le macerie e lo spopolamento del terremoto. A tal riguardo, dopo aver passeggiato nei pressi sottostanti l’impianto, tra case inagibili, inizi di sentieri e un panorama ammantato da una suggestiva nebbia, abbiamo fatto sosta al ristorante temporaneo “Cotto e Mangiato” di Gianfranco Tombini, proprietario dello storico ‘Hotel Felycita’. Quest’ultimo, dopo anni di chiusura per inagibilità post sisma, sta per tornare a nuova luce: “stiamo iniziando i lavori per ripartire a gonfie vele”, ha annunciato Gianfranco col sorriso e il garbo dei suoi ottant’anni.  

02/03/2024 10:24
Civitanova, da Sanremo a Parigi, passando per l'Arcimboldo d'oro: la pizza di Angelo Mondello conquista tutti

Civitanova, da Sanremo a Parigi, passando per l'Arcimboldo d'oro: la pizza di Angelo Mondello conquista tutti

Angelo Mondello è il noto pizzaiolo cilentano che ha portato la sua arte bianca a Civitanova Marche, dove, insieme a Mauro Aliberti, ha aperto la pizzeria Alto Bordo, rientrata, nel 2023, tra le dieci pizzerie migliori d’Italia. La sua pizza contemporanea, friabile e gustosa, ha conquistato il palato e il cuore di chiunque abbia avuto l’occasione di assaporala; non è un caso che il suo motto, da sempre, è "la pizza regala emozioni". Ha iniziato la sua carriera a Napoli, nella scuola di Luciano Sorbillo, dove ha imparato le basi della pizza napoletana e ha poi proseguito e approfondito il suo percorso presso Fradiavolo . Da qui, ha cominciato a viaggiare e a fare consulenza in tutto il mondo arrivando a cambiare cinque passaporti e portando con sé i segreti dell’arte della pizza in ogni loro sfaccettatura. Da circa una settimana è tornato da Napoli dove ha ricevuto il prestigioso premio Arcimboldo d’oro 2024, un riconoscimento che premia gli artisti del gusto i quali sanno valorizzare i prodotti del territorio, guardando al futuro e restando al passo con i tempi e le tendenze. Il premio è stato consegnato nella Sala Carlo III del Grand Hotel Capodimonte di Napoli, dove si sono riuniti i migliori chef, pizzaioli, pasticcieri e panificatori d’Italia e del mondo. Un altro successo per Angelo Mondello è stato quello di partecipare a Casa Sanremo, l’evento che si svolge al Palafiori di corso Garibaldi durante la settimana del Festival della Canzone Italiana. Qui, negli ultimi anni, si è sviluppata enormemente la zona dedicata alla pizza, gestita dal duo siciliano di Enzo Piedimonte e Carmelo Pistritto, che hanno coinvolto ben 44 pizzaioli provenienti da tutta Italia e dal mondo. Mondello è stato invitato da Casa Sanremo per essere presente sia come pizzaiolo che come giudice, portando la sua famosa pizza ‘Donna Sofia’, che ha mandato in visibilio gli ospiti e i vip presenti e grazie alla quale nel 2022 ha vinto il Trofeo Pulcinella. Come accennato, ha preso parte alla giuria del Trofeo della Pizza, un concorso che ha premiato le migliori pizze realizzate dai partecipanti, valutando la qualità degli impasti, delle farciture e della cottura. Angelo Mondello ha dimostrato ancora una volta la sua maestria e la sua passione per la pizza, facendosi apprezzare da tutti per il suo stile, la sua simpatia e gentilezza. Ma non è tutto. Non ha fatto in tempo a posare l’Arcimboldo d’oro nella sua pizzeria che, in qualità di uno dei dieci pizzaioli migliori al mondo, volerà in direzione della capitale francese per un prestigioso evento di fama internazionale, nonché fiera di riferimento della gastronomia italiana a Parigi: il Parizza. La pizza di ‘Alto Bordo, come dice il nome da Mondello stesso coniato, è unica nel suo genere, partendo dagli impasti, passando per le farciture e finendo con la cottura. Angelo propone sette pizze classiche e dieci speciali e sei gourmet. Un altro capolavoro è la 3 cotture, una pizza che viene cotta prima al vapore, poi fritta in olio e infine finita in forno a legna o a gas, ottenendo una scioglievolezza e una croccantezza uniche. I fortunati che in questi giorni si recheranno presso la pizzeria civitanovese avranno la possibilità di sperimentare gli speciali sapori del nuovo menù, di cui basta citare una sola delle molteplici pizze: capocollo silano, crema di fave e un formaggio feta. Una rosa di pizze gourmet che nasce da lunghe e appassionate conversazioni in famiglia, in particolar modo con il fratello Mario, noto chef in Svizzera. Angelo Mondello è un pizzaiolo che ha saputo trasformare la sua passione in una professione, portando con sé le sue radici cilentane e il suo spirito innovativo. La sua pizza è semplicemente un’esperienza da provare, un viaggio in cui lasciarsi guidare dai profumi e dai sapori in un’amabile sinestesia dei sensi.

01/03/2024 18:15
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