Stop alla cannabis light, a Macerata chiude lo shop: "Non sappiamo cosa fare, col Governo Meloni niente più confronto"
Una gelata improvvisa si è abbattuta sul comparto della Cannabis Light, rischiando di ridefinire in modo drastico l’orizzonte operativo di un settore che negli ultimi anni ha registrato una crescita continua ed esponenziale.
Con una formulazione che non distingue tra usi leciti e illeciti, l'articolo 18 del nuovo DDL Sicurezza, entrato in vigore il 12 aprile di quest’anno, introduce un divieto generalizzato su tutte le attività connesse alle infiorescenze della canapa, comprese importazione, lavorazione, distribuzione e vendita, estendendo il blocco anche a prodotti derivati come estratti, resine e oli.
Il testo del governo propone così una ri-equiparazione normativa della Cannabis Light – contenente THC in quantità inferiore allo 0,2% – alla cannabis con principio attivo, rientrante tra le sostanze stupefacenti regolamentate dal Testo Unico. Una scelta che comporta l'assoggettamento dell’intera filiera (agricoltori, commercianti attivi nella coltivazione e distribuzione) a un regime sanzionatorio, anche in assenza di finalità illecite, e che pone interrogativi sulla proporzionalità delle misure e sulla coerenza con il diritto europeo del libero scambio tra gli Stati membri.
A esprimere perplessità su questo impianto normativo è Alessandro Luca Marconi, titolare del punto vendita CbWeed in via Crispi a Macerata, che evidenzia le conseguenze immediate per chi opera nel comparto: "Ci ha stupito quanto questo decreto sia stato fulmineo; un decreto-legge, quando viene fatto, ha normalmente 24 ore di tempo dall’applicazione, salvo altre indicazioni. Venerdì sera, 11 aprile, lo hanno messo in Gazzetta, anche abbastanza tardi in serata ed era applicativo dal 12, probabilmente dalla mezzanotte".
Questa tempistica serrata ha lasciato gli operatori senza indicazioni operative chiare su come gestire la merce già presente in negozio: "Non sappiamo che cosa dobbiamo fare con il materiale che è rimasto. È tutto molto vago. Il consiglio dei legali: mettete tutto nella scatola, chiudete in attesa di un maggiore chiarimento. A chi è rimasto qualcosa non può farci nulla".
Nel caso in cui si decida comunque di vendere la Cannabis light, sebbene nella maggior parte dei casi la componente penale tenda a decadere in seguito all’accertamento dell’assenza di efficacia drogante, le sanzioni e i provvedimenti amministrativi rimarrebbero comunque impattanti. Per questo motivo, molti operatori, come Alessandro, hanno preferito sospendere l’attività, nell’ottica di evitare contestazioni, sequestri e un aggravio delle responsabilità legali.
“All’interno dell’Unione Europea - mette in evidenza Marconi - vige il libero scambio e questo decreto va a violare tutto ciò. Inoltre, c’è un paradosso di base da parte del Governo che sosterrebbe l’agricoltura e i prodotti nazionali: in questo caso, dov’è la tutela del made in Italy? Qui non la stiamo vedendo!”.
Una riflessione che appare tanto più rilevante se inserita nel quadro economico di un settore che, nonostante le difficoltà normative, continua a mostrare segnali di vitalità e sviluppo. Secondo gli operatori del comparto, la Cannabis Light rappresenta oggi una filiera in espansione, con un numero crescente di imprese e lavoratori coinvolti.
Come osserva il titolare di CbWeed Macerata: "Nonostante i continui tentativi a delegittimare il settore della Cannabis Light, quest’ultimo rimane in crescita; siamo passati da circa 15 mila addetti al settore a 30mila: togliendo la vendita delle infiorescenze tolgono la metà del valore del comparto".
I dati confermano questa tendenza. In Italia si contano circa 800 aziende attive nella coltivazione e 1.500 impegnate nella trasformazione della cannabis light, con un fatturato annuo complessivo stimato intorno ai 500 milioni di euro, con circa 11.000 posti di lavoro diretti, in pianta stabile e 30mila stagionali, da maggio a dicembre. A questi si aggiunge una stima più recente, pubblicata nel marzo 2025 su International CBC, secondo cui l’intera industria italiana della cannabis light supporterebbe circa 22.000 posti di lavoro a tempo pieno, evidenziando un impatto occupazionale ben più ampio.
L’incertezza normativa che grava sul settore della cannabis light non si limita alla sola commercializzazione delle infiorescenze, ma si estende anche agli estratti e derivati, generando ulteriori ambiguità interpretative e dubbi sull’omogeneità della normativa.
In particolare, la gestione delle sostanze a base di CBD (cannabidiolo), la cui origine può variare tra naturale, sintetica o semi-sintetica, apre scenari di difficile lettura giuridica e commerciale. La distinzione tra i diversi tipi di CBD, infatti, sembra fondarsi non tanto su parametri chimico-farmacologici, quanto su aspetti formali legati alla fonte di estrazione.
"Per quanto riguarda gli estratti della Cannabis - sottolinea il titolare di CbWeed Macerata - esiste un escamotage che rende il quadro ancora più problematico: gli oli, infatti, sarebbero tecnicamente illegali se ricavati dalle infiorescenze. Il CBD contenuto in tali prodotti risulterebbe vietato solo se proveniente da Cannabis Light; se, invece, il medesimo principio attivo non derivasse da questa fonte - e fosse ad esempio di origine sintetica - non ricadrebbe nelle restrizioni del decreto. Una situazione paradossale e incoerente, che rende ancora più difficile operare nel settore”.
Marconi aggiunge un’ulteriore riflessione critica sulla gestione politica del comparto: "Prima di questo Governo, veniva convocato un tavolo tecnico con gli operatori del settore; con l’attuale esecutivo, invece, quel confronto non esiste più".
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