Ratzinger incarnava il vecchio cristianesimo, di cui la civiltà dei consumi non aveva più alcun bisogno, mentre Bergoglio rappresentava quello nuovo, teologicamente corretto, di fatto indistinguibile dalla Weltanschauung consumista e permissiva propria della società dei mercati.
Detto altrimenti, Ratzinger rappresentava l’estrema sopravvivenza del cristianesimo in un mondo che già aveva preteso di liquidarlo inappellabilmente, mentre Bergoglio incarnava il nuovo spirito di una Chiesa post-cristiana, neo-progressista e indistinguibile da una delle tante "agenzie" del mundus e per il mundus.
Ratzinger provava a frenare e a contrastare quella potenza che, per converso, era favorita e propiziata da Bergoglio e dal suo teologizzare col martello. Variando la formula di Nietzsche, Bergoglio fa davvero teologia col martello, dacché decostruisce uno dopo l’altro i cardini della tradizione, i capisaldi del pensiero teologico occidentale e il depositum fidei del cristianesimo.
La sua è, au fond, una "non-teologia" o, se si preferisce, un’"anti-teologia" che, di fatto, "svuota" la teologia nel nome della presunta esigenza di "aggiornarla" e di renderla all’altezza della contemporaneità. Con l’astratto obiettivo dichiarato di una "difesa" della teologia, "papa" Bergoglio produce concretamente la sua decostruzione.
E, per questa via, favorendo l’evaporazione del cristianesimo che pure vorrebbe idealmente contrastare, ottiene il medesimo risultato a cui portano le tendenze sdivinizzanti della civiltà merciforme del nichilismo, vale a dire la liquidazione di ogni teologia e, più in generale, di ogni apertura alla trascendenza, a beneficio della fede nella "certezza sensibile" e nella scienza come unica forma di fede consentita.
Senza esagerazioni, l’umanitarismo deteologizzato e per "anime belle" di Bergoglio finiva per porsi sempre più palesemente come una semplice variante di quella Sinistra fucsia e arcobalenica del Costume che, nel quadro dei reali rapporti di forza, svolgeva stabilmente, ormai da tempo, il ruolo di fedele guardia ideologica della Destra finanziaria e globalista del Danaro.
Tutti i desiderata di quest’ultima, volti a garantirne il dominio su scala cosmopolitica, finivano, infatti, per essere legittimati sul piano culturale, politico e ora anche religioso dal fronte unito dell’arcobaleno, del quale, dal 2013, anche la neo-chiesa era parte integrante.
La sinistra fucsia e neoliberista, precipitato inglorioso dell’evaporazione del comunismo storico novecentesco, finiva così per fondersi – quanto a contenuti e a ruolo “ancillare” rispetto all’ordine mercatista – con il nuovo cristianesimo postmoderno e deteologizzato di papa Bergoglio, esito ultimo dell’evaporazione del cristianesimo e della sua riduzione a discorso di accompagnamento per la globalizzazione infelice.
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