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Marco Vannini: ricordi e sensazioni della mamma Marina e di papà Valerio

Marco Vannini: ricordi e sensazioni della mamma Marina e di papà Valerio

Torna l'appuntamento con la rubrica settimanale "La Strada delle Vittime", nella quale si affronta l'analisi della casistica criminale con approccio vittimologico:

"La vittima è Marco Vannini, il ventenne ucciso da un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015 nella villetta dei genitori della fidanzata, la famiglia Ciontoli.

Il processo per la sua morte si è definitivamente concluso il 3 maggio scorso con la sentenza della Cassazione che ha confermanto quanto stabilito dalla Corte D’Appello, e ha condannato in via definitiva Antonio Ciontoli a 14 anni di carcere per omicidio volontario con dolo eventuale, la moglie e i figli a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario.

Il papà e la mamma di Marco, Valerio e Marina, hanno atteso fuori dalle aule la sentenza.

“Non sono stata presente alla lettura della sentenza - ha raccontato Marina Vannini, intervistata dai microfoni di Chi l’ha visto - Ho sentito un boato e ho capito che era andata come volevamo noi. Il mio primo pensiero è stato quello di mandare un messaggio sul telefono a mio figlio. Gli ho scritto che era andato tutto come mi aveva detto lui. Perché io me l’ero sognato una settimana fa e me l’ero tenuto solo per me. Era una cosa mia. Perché poi avevo paura che non andava così. Gli ho detto: Marco, il sogno si è avverato”.

Marina condivide con l’intervistatrice un’amara quanto reale considerazione: sembra che in tutto questo iter processuale Marco sia rimasto nascosto.

E’ così. Se è vero che l’attenzione del pubblico viene molto spesso catalizzata dalla figura del reo e dalla curiosità, a volte morbosa, sugli sviluppi delle indagini, è anche vero che proprio per questa ragione, spesso la vittima rimane solo un’ombra sullo sfondo, un oggetto passivo del reato. 

Ci sembra  giusto e doveroso quindi, tra le tante notizie di approfondimento e di cronaca giudiziaria pubblicate sul caso, ricordare chi era Marco Vannini. E quali sono le migliori parole da usare, se non quelle dei suoi genitori che hanno di fronte ai loro occhi, ogni giorno, il suo sorriso meraviglioso.

“Marco era un ragazzo sempre disponibile, sempre pronto ad aiutare tutti. Ma non perchè era il mio Marco, potrebbero pensare che lo dico perchè sono a mamma, ma proprio perchè era così”

La mamma prosegue: “Marco era un ragazzo che aveva tanti sogni nel cassetto, aveva vent’anni quando è stato ucciso”.

“Il sogno più grande di Marco era volare con le Frecce Tricolori” e la mamma è convinta che ci sarebbe riuscito perchè era ambizioso; aggiunge “forse oggi che avrebbe 26 anni il suo sogno si sarebbe realizzato, quindi io lo voglio immaginare così sfrecciare nel cielo con le Frecce Tricolori”.

Anche il papà Valerio si aggiunge al ricordo di Marina e lo immagina così, sfrecciare nel cielo.

Valerio condivideva con il figlio la passione per le moto, uscivano spesso insieme; “un figlio ma anche un fratello, un rapporto molto forte, tanti i bei ricordi di quando uscivano in moto insieme”. 

Le sensazioni di oggi, quando con la testa chiusa nel suo casco sente Marco “come se gli fosse addosso” sono bellissime, dice il papà, “ma la cosa brutta è che purtroppo ci parli ma non ti può risponedere. Solo ricordi, ricordi e sensazioni”. 

Marco è stato l’orgoglio di due genitori che, spiegano,  l’hanno visto crescere bello, buono ed educato.

“Viviamo l’ergastolo della sofferenza” questa la frase del papà di Marco che esprime la tragicità del dolore senza fine in cui vivono i due genitori.

Se la famiglia Ciontoli si fosse attivata per chiedere subito i soccorsi, scrive il giudice nella motivazione della sentenza, Marco si sarebbe potuto salvare.

 

 

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