Maltrattatamento di animali: è punibile chi mette in pericolo l'incolumità dell'animale stesso
Torna, come ogni domenica, la rubrica curata dall’avv. Oberdan Pantana, “Chiedilo all'avvocato”.
Questa settimana, le numerose mail arrivate hanno interessato principalmente la tutela degli animali tenuti dai rispettivi proprietari in condizioni non conformi. Ecco la risposta dell’avvocato Pantana alla domanda posta da una giovane lettrice di San Severino Marche, che chiede a quali responsabilità può andare incontro colui che costringa il proprio cane a vivere in condizioni inadeguate tali da mettere in pericolo la salute e la vita dell’animale stesso.
Il caso di specie ci offre la possibilità di fare chiarezza riguardo alla triste nonché attuale vicenda inerente al maltrattamento degli animali domestici, quali cani e gatti, che troppe volte, subiscono vere e proprie sevizie e crudeltà da parte dell’uomo, come avviene purtroppo quando gli stessi sono lasciati in isolamento legati ad una catena, con una cuccia non idonea a proteggerli dalle intemperie, all’interno di uno spazio insufficiente alla propria indole, o comunque carente di acqua, cibo e assistenza igienica.
Così come previsto e punito dall’art. 544 ter cod. pen., vengono sanzionati i comportamenti tali da realizzare danni all’animale, comprendendo sia le cosiddette sevizie, intese come tutte le forme di crudeltà verso l’animale e che sono offensive del sentimento di pietà e compassione per gli stessi, sia tutte le condotte capaci di sottoporre l’animale ad azioni insopportabili per le proprie caratteristiche comportamentali. Tale evenienza si rinviene, ad esempio proprio nel momento in cui l’animale venga lasciato solo in un ambiente totalmente inadeguato, sia per quanto riguarda le dimensioni del luogo, sia per la salubrità, situazione questa certamente idonea ad incidere sulle condizioni di salute dell’animale stesso.
A tal proposito, risulta dunque utile riportare una recente pronuncia resa dalla Suprema Corte di Cassazione, in riferimento alla vicenda di un padrone che si era comportato da aguzzino nei confronti del suo pastore tedesco, sottoponendolo a vere e proprie sevizie, obbligando l’animale a utilizzare una cuccia in cemento non funzionale a fronteggiare il freddo, statuendo quanto segue: “ai fini della configurazione dell’art. 544 ter c.p. è sufficiente tenere l’animale in isolamento, per periodi considerevoli di tempo, legato in uno spazio angusto, senza cure igieniche né somministrazioni alimentari, e senza un’adeguata protezione dalle intemperie”(Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza n. 8036/18; depositata il 20 febbraio 2018).
Inoltre, il caso di specie, ci offre la possibilità di richiamare l’art. 727 cod. pen., che punisce la deplorevole condotta di colui che abbandona un animale domestico o un animale che abbia acquisito abitudini della cattività; tuttavia deve essere precisato che nella nozione di abbandono di animali è da intendersi non solo la diretta volontà di abbandonare definitivamente l’animale, ma anche il non prendersene più cura, con la consapevolezza dell’incapacità dello stesso animale di non poter più provvedere a sé come quando era affidato alle cure del proprio padrone.
In merito, la Corte di Cassazione ha asserito quanto segue: “In tema di maltrattamento di animali, il reato permanente di cui all'art. 727 c.p. è integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali” (Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza n. 37859/2014).
Nel consigliare di denunciare prontamente tali gravi reati, commessi ai danni dei nostri amici a quattro zampe, rimango in attesa come sempre delle vostre richieste via mail, dandovi appuntamento alla prossima settimana.
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