Inizia da "la Storia di Giulia" il primo appuntamento della rubrica "La strada della Vittime"
Una corretta “lettura” della scena del delitto può indicare il tipo di personalità del soggetto che ha compiuto il delitto, fornendo informazioni concrete agli investigatori per limitare la lista dei sospettati.
Per tentare di spiegare la dinamica e la motivazione di un reato si utilizzano i termini “CRIMINOGENESI” (è quel tipo di spiegazione che vuole individuare il perchè di un determinato reato) E “CRIMINODINAMICA” (come si è sviluppato l’intero progetto criminale).
Attraverso la ricostruzione della criminogenesi e della criminodinamica del reato sarà possibile tentare di comprendere motivazioni e dinamiche che hanno portato alla fattispecie per cui si procede. E la ricostruzione di criminogenesi e criminodinamica passa attraverso la ricostruzione e l'analisi delle relazioni tra i soggetti coinvolti nella vicenda.
La scena del delitto analizzata oggi ci parla del terrore, del dolore infinito che deve aver provato Giulia in 40 minuti di lucida crudeltà e ferocia esplose contro di lei: una lunga inaudita violenza, una morte straziante. Un appuntamento nella casa disabitata della famiglia di lui, con la scusa di valutare alcuni dipinti da vendere. La vittima viene colta alle spalle, colpita ripetutamente con un grosso bastone di legno. Viene trascinata per le scale, tirata per piedi con la testa che sbatte sui gradini: un percorso segnato da schizzi di sangue sulle pareti, sui quadri, da una lunga scia rossa sul pavimento.
Le tracce ci dicono che Giulia è stata uccisa nello scantinato dove, dopo un estremo tentativo di aggrapparsi alla vita, è stata scagliata due volte contro lo spigolo del muro : la vernice rimasta attaccata ai suoi capelli ci racconta dell’impatto violento del suo viso contro quello spigolo. L’impronta del suo piede nudo nello scantinato ci dice che lei ha tentato di rialzarsi: voleva vivere.
Chi era Giulia?
Una donna che si era stancata, che voleva darsi l’ opportunità di una seconda vita.
Stanca di fingere di fronte alla gente, stanca di dover silenziosamente restare al fianco di quello che oramai, questione di giorni, stava per diventare il suo ex marito. Lui l’aveva obbligata ad un ultimo mese di bugie, di eventi ufficiali a cui accompagnarlo. Un mese in cui le aveva vietato di frequentare il nuovo compagno, sino a che non fosse giunta la loro separazione ufficiale.
Giulia era stanca di una relazione in cui l’apparire era l’unica cosa che contava.
La sua vita era ricominciata da quando, dopo anni di silenziosa accettazione, aveva incontrato il suo nuovo compagno, un vecchio amore della scuola. Era tornata ad amare. Lei non aveva mai perso il suo dolce sorriso, la gentilezza d’animo e quei modi miti e discreti che conquistavano tutti; ma ora quel suo fascino, il fascino di una donna sempre e comunque solare, era diventato ancora più splendente perchè lei era tornata ad amare.
E lui questo proprio non lo poteva accettare.
Perchè ha ucciso? Per la “NON CULTURA” DEL POSSESSO
Il punto centrale è proprio non accettare di perdere il “potere” sulla “propria” donna.
Un potere esercitato in forme e modi tali da ingenerare nella donna la convinzione che l’atteggiamento migliore da assumere per il “quieto vivere” sia una totale subordinazione verso il marito.
Alcuni uomini sono legati ad un concetto di famiglia che vede la donna sottomessa e l’uomo con il ruolo dominante. Le radici di tale concezione muovono da retaggi culturali di famiglie patriarcali, nelle quali la donna è considerata un accessorio che da risalto e lustro alla figura maschile, alla sua virilità, alla sua carriera, alla sua posizione sociale.
“Non occorre essere sociologi per capire che l’omicidio di Giulia riproduce episodi sempre più frequenti che appartengono a una cultura di dominio. Ogni tre giorni un uomo uccide una donna che si oppone al suo volere” (Procuratore Generale Gianluca Chiapponi)
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